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OTTAVA SERIE

AVVERTENZA

l. Questo volume, ultimo dei tre dedicati alla documentazione del 1938, inizia con il 12 settembre, giorno in cui il discorso di Hitler al congresso nazionalsocialista di Norimberga apre la fase conclusiva della crisi dei sudeti, e termina con la fine dell'anno.

Per tutto il mese di settembre, la scena internazionale è dominata da quella crisi ed è quasi esclusivamente ad essa che si riferisce la documentazione pubblicata nella prima parte del volume. Questo materiale non mira a ricostruire l'andamento della crisi stessa ma, seguendo i criteri adottati nel volume precedente, a fornire degli elementi utili per meglio individuare i fattori che influiscono sulla posizione del governo italiano e ne determinano le iniziative.

D'altra parte, il ruolo dell'Italia ora cresce notevolmente d'importanza. Innanzitutto, è Mussolini che con la sua Lettera a Runciman pone sul tappeto il problema delle rivendicazioni polacche e ungheresi, una presa di posizione che incide sull'atteggiamento dei governi di Varsavia e di Budapest, fino a quel momento rimasti praticamente inattivi, e che trasforma la crisi dei sudeti in crisi cecoslovacca. Né Londra, né Parigi accolgono con favore un'iniziativa che, oltre a prevedere altre amputazioni dello Stato cecoslovacco, complica ulteriormente una crisi dalla quale si desidera uscire quanto prima possibile. E nemmeno Berlino ne è soddisfatta. Ma dal punto di vista italiano la mossa sembra offrire dei vantaggi notevoli che le rappresentanze diplomatiche italiane non mancano di sottolineare: apre la prospettiva di rafforzare l'amicizia con un'Ungheria ingrandita grazie all'appoggio ricevuto dall'Italia; mette un cuneo tra Parigi e Varsavia; soprattutto consente all'Italia di avere un ruolo non secondario in una crisi uscita così dall'ambito sudetico.

Ancora più importante, per i riflessi immediati che ha sulla posizione dell'Italia, è il seguito di dichiarazioni che Mussolini fa nei discorsi pronunciati durante la sua visita nelle Venezie per affermare che, nel caso di un conflitto europeo, il posto dell'Italia è fin da quel momento fissato a fianco della Germania.

Il materiale d'archivio non consente di rispondere in modo soddisfacente all'interrogativo, che gli storici si sono posti da tempo, di come Mussolini possa prendere -pubblicamente-l'impegno di portare il Paese in un conflitto che ha motivazioni estranee ai suoi interessi diretti con un intervento che agli occhi di tutti gli italiani avrebbe come unica spiegazione la solidarietà con la Germania nazista in una guerra di regime. E l'atteggiamento di Mussolini è ancora più difficile da comprendere tenuto conto che, estendendo la guerra al Mediterraneo, i nazionali spagnoli e il corpo di spedizione italiano in Spagna rimarrebbero esposti ad un intervento francese (che, secondo notizie raccolte e confermate da più parti, sarebbe già in preparazione).

La spiegazione più accreditata in sede storiografica è che Mussolini si spinga tanto innanzi perché convinto che Francia e Gran Bretagna, «Paesi in decadenza e demograficamente vecchi», non oseranno affrontare la prova di una guerra. Una convinzione che può essere rafforzata dalla dichiarata volontà di Londra e di Parigi di compiere tutto il possibile per evitare un conflitto e da quanto comunica l'ambasciata a Berlino che, basandosi soprattutto sulle informazioni ricevute da von Ribbentrop, continua ad inviare notizie improntate ad ottimismo circa la possibilità di una soluzione diplomatica (e continua a farlo ancora per qualche giorno dopo il fallimento dell'incontro di Godesberg). Ma, come risulta dalla documentazione qui pubblicata, le notizie inviate dalle principali rappresentanze diplomatiche italiane, Berlino compresa, -e che giorno per giorno vengono ritrasmesse a Mussolini durante la sua visita nell'Italia settentrionale-dànno per sicuro che, in caso di attacco tedesco alla Cecoslovacchia, la Francia rispetterà i suoi impegni di alleata e che la Gran Bretagna si porrà al suo fianco. La «certezza» di Mussolini che le Potenze occidentali resteranno in qualsiasi caso inerti non si fonda, dunque, né trova sostegno, sulle notizie e sulle previsioni che provengono dalle rappresentanze diplomatiche e sembrerebbe basarsi soltanto sul «dogma» della debolezza morale delle decadenti democrazie.

Ma l'atteggiamento del capo del governo italiano non muta neppure quando un conflitto tra Germania e Potenze occidentali appare ormai inevitabile. Anzi, il 27 settembre, egli prende l'iniziativa di un incontro italo-tedesco (poi annullato quando viene concordata la conferenza di Monaco) allo scopo di fissare i termini di un'intesa politica con Berlino e per creare degli organi militari di collegamento. Le istruzioni che redige per Ciano in vista dell'incontro-che erano conservate nelle cmie di Gabinetto -sono andate perdute e non ci è dato, quindi, di sapere con esattezza quale posizione Mussolini intendesse assumere di fronte ai tedeschi ma il fatto stesso che quell'incontro venisse richiesto porta ad escludere che egli pensasse di deviare dalla linea di piena solidarietà verso la Germania tìn lì seguita.

La documentazione d'archivio non fornisce altri elementi circa le intenzioni di Mussolini. La limitata importanza delle misure militari prese fino a quel momento fa comunque ritenere che il capo del governo italiano non pensi ad un intervento immediato e a confermarlo vi è il fatto che, secondo quanto risulta anche dal Diario di Ciano, ancora il 27 settembre egli dà disposizione «per un inizio di mobilitazione, sufficiente ad assicurare in un primo tempo la neutralità armata». Un atteggiamento che appare basato sulla convinzione di avere ancora del tempo davanti a sé perché -lo osserva Mussolini -se anche scoppia un conflitto tra le grandi Potenze, le linee fortificate costruite lungo la frontiera franco-tedesca impediranno, almeno per diverso tempo, uno scontro (ciò che, in effetti, è quanto avverrà un anno dopo, nella fase iniziale della seconda guerra mondiale). Come orientamento generale, Mussolini ritiene poi--lo dice al principe d'Assia perché lo riferisca a Hitler-che di fronte ad un cont1itto franco-tedesco l'Italia debba restare neutrale per non provocare l'intervento britannico ma che debba intervenire se la Gran Bretagna si schiera a fianco della Francia perché allora il conflitto assumerebbe il carattere di una guerra delle democrazie contro le dittature.

I convulsi avvenimenti che, il 28 settembre, portano alla decisione di riunire la conferenza di Monaco sono noti da tempo attraverso varie fonti tra le quali spiccano il Diario di Ciano e le memorie dell'allora ministro-consigliere a Berlino, Magistrati, queste ultime presumibilmente basate su una «Relazione» redatta dallo stesso Magistrati su richiesta di Ciano che, conservata nelle carte di Gabinetto, è stata resa completamente illeggibile dall'umidità. Qui si pubblica, oltre alla «Cronaca dei giorni 2829-30 settembre» redatta da Ciano -documento già noto che, salvo alcuni particolari, coincide con le pagine del Diario -un importante rapporto inviato qualche giorno più tardi dall'ambasciatore Attolico «a futura memoria» di quanto da lui fatto in quella drammatica giornata sulla base delle istruzioni che mano a mano gli giungevano da Roma. Documento assai notevole per i particolari che dà sullo svolgersi degli avvenimenti e segnatamente sul susseguirsi delle reazioni di Hitler con il quale l'ambasciatore ebbe, in poco più di tre ore, quattro colloqui decisivi. E notevole anche per alcune valutazioni dell'ambasciatore Attolico, secondo il quale, ad esempio, l'iniziativa di Mussolini per una soluzione negoziata non sarebbe stata accolta a Berlino se in precedenza lo stesso Mussolini non avesse manifestato, anche pubblicamente, la sua piena solidarietà verso la Germania.

All'indomani di Monaco, le rappresentanze diplomatiche italiane sottolineano con ampiezza il plauso suscitato dall'azione che Mussolini ha svolto nella fase culminante della crisi e l'accresciuto prestigio che gliene è derivato. Ma non pongono nel dovuto risalto le preoccupazioni che vengono manifestate un po' dappertutto circa le intenzioni del governo italiano. È diffusa infatti l'impressione-e la stampa internazionale se ne fa eco -che il Duce ora voglia porre sul tappeto le rivendicazioni italiane e che intenda farlo con rapidità ad evitare che, con il trascorrere del tempo, possa perdere di valore il credito guadagnato presso Hitler con l'appoggio datogli durante la crisi cecoslovacca o che, come sviluppo della distensione creata dagli accordi di Monaco, si verifichi un riavvicinamento tra la Germania e le Potenze occidentali, tra Berlino e Parigi soprattutto.

Sono preoccupazioni che appaiono fondate. Dalla documentazione d'archivio non emergono, infatti, elementi a sostegno della tesi che, dopo Monaco, Mussolini, usando come primo passo la messa in vigore dei Patti di Pasqua, guardi seriamente ad un riavvicinamento a Londra con funzione equilibratrice nella politica europea e per la posizione internazionale dell'Italia. Un miglioramento dei rapporti con Londra è desiderato ma solo sul piano tattico: in Mussolini prevale la volontà di realizzare dei vantaggi concreti grazie all'appoggio di Berlino in un quadro europeo dove il rapporto di forze è mutato e la Germania è divenuta la prima Potenza d'Europa e dopo lo spettacolo di debolezza-a cui Mussolini è particolarmente sensibile -dato dalle Democrazie di fronte alla crisi cecoslovacca.

È in questo quadro che va considerata la crisi dei rapporti con la Francia susseguente alla manifestazione del 30 novembre alla Camera italiana. Alla crisi è stato attribuito lo scopo di porre degli ostacoli a quel ravvicinamento franco-tedesco che sta per avere la sua consacrazione formale nella Dichiarazione che von Ribbentrop si appresta a sottoscrivere, il 6 dicembre, a Parigi: fallito il tentativo di impedire in extremis la firma di quel documento o di modificarne il testo per renderlo del tutto innocuo, Roma vuole chiarire che considera un pronunciato avvicinamento tedesco alla Francia inconciliabile con la politica dell'Asse.

In realtà-il materiale qui pubblicato ne dà conferma -la crisi dei rapporti con la Francia ha un significato ed una portata ben maggiore, è l 'espressione di una politica di permanente contrapposizione a Parigi che, andando molto oltre i contrasti derivanti dalla guerra spagnola, pone le rivendicazioni verso la Francia al centro del programma d'azione del governo fascista. Su questa linea si pone-in dicembre-la denuncia degli accordi italo-francesi del gennaio 1935, ai quali si vuole togliere validità ad evitare che possano essere presi come base per la discussione dei problemi coloniali e, in primo luogo, del problema tunisino. Ciò che Roma attende, e lo testimonia l'attenzione con cui viene seguito l'atteggiamento del governo tedesco in proposito, è che la Germania ponga sul tappeto la questione coloniale, così da consentire all'Italia di avanzare le proprie rivendicazioni agganciandole a quelle di Berlino. La crisi con la Francia costituisce, dunque, una svolta che implica la prospettiva di legami ancora più stretti con il III Reich per realizzare i suoi obiettivi.

Il mutato equilibrio europeo derivante dal successo tedesco nella crisi cecoslovacca e l'atteggiamento tenuto dall'Italia durante la crisi stessa hanno dei riflessi importanti sui rapporti all'interno dell'Asse.

La solidarietà dimostrata dall'Italia apre la strada ad una ripresa del negoziato per l'alleanza che era stato avviato e subito accantonato durante la visita di Hitler in Italia del maggio precedente ed è proprio a Monaco che von Ribbentrop consegna al collega italiano un progetto di trattato che ora prevede la partecipazione del Giappone. I documenti relativi a questo negoziato sono noti da tempo attraverso gli studi di Mario Toscano ma la documentazione qui pubblicata risulta assai utile per comprendere come è visto da Roma il quadro entro il quale si svolge la trattativa e per individuare alcuni motivi che sono alla base dell'atteggiamento tenuto dal governo italiano in questa fase del negoziato. Qui si pubblicano, inoltre, alcuni documenti sui contatti avvenuti-all'insaputa dei tedeschi-tra Roma e Tokio attraverso le Marine dei due Paesi, un materiale che lascia solo intravedere i termini della trattativa perché alcuni tra i documenti più significativi che erano conservati nelle carte di Gabinetto del ministero degli Esteri sono andati perduti e le ricerche effettuate nell'Archivio Storico della Marina e nell'Archivio Centrale dello Stato non hanno dato esito.

Nei rapporti tra le Potenze dell'Asse la crisi cecoslovacca lascia, però, anche delle ombre consistenti. Innanzi tutto, a Roma si nota con irritazione come durante tutta la crisi il governo tedesco si sia astenuto dall'informare circa le sue intenzioni e che anche quando un conflitto tra le grandi Potenze era apparso imminente abbia dato solo una risposta vaga alla richiesta di essere informati pervenuta da parte italiana. Un atteggiamento che fa sorgere degli interrogativi circa il ruolo che, in futuro, potrà essere riservato all'Italia nel quadro dell'Asse ora che la Germania è tanto cresciuta di potenza.

Motivi di malcontento vengono anche, dopo Monaco, dal delinearsi di una distensione tra Parigi e Berlino che, nonostante la posizione negativa del governo italiano, porta alla dichiarazione franco-tedesca del 6 dicembre e sembra porre in modo preoccupante-anche per l'atteggiamento tenuto a Parigi da von Ribbentrop nei suoi colloqui con gli esponenti francesi, di cui l'ambasciatore Guariglia viene a conoscenza-il problema dei limiti entro i quali si può fare assegnamento sulla solidarietà della Germania.

E altri motivi di grave preoccupazione vengono dalla penetrazione germanica nell'Europa danubiano-balcanica che, ora, è condotta con un ritmo e un'efficacia anche maggiori di prima e, sempre, senza nessun coordinamento con Roma. Le rappresentanze diplomatiche italiane segnalano con insistenza quanto gravi siano, nell'Europa sud-orientale, le ripercussioni dei nuovi equilibri nati dalla crisi cecoslovacca e il diffondersi della tendenza ad accettare la pesante tutela prima economica e poi politica della Germania come un fatto considerato non più evitabile nella convinzione che questa zona d eli 'Europa, dove la presenza economica ed il peso politico delle Democrazie occidentali si va progressivamente riducendo, sia ormai destinata ad essere dominata dal III Reich.

Questa nuova realtà si ripercuote anche sui rapporti tra gli Stati balcanici. Il caso politicamente più rilevante è dato dalla «controsvolta» che avviene nella politica bulgara con l'incontro Stojadinovié-Kiosseivanov del 31 ottobre a Nis: l'accordo di Salonicco, che due mesi prima la Bulgaria aveva concluso con gli Stati dell'Intesa Balcanica e che tanto clamore aveva suscitato, perde ora gran parte del suo significato politico, mentre riprende vigore ed efficacia l'intesa tra Sofia e Belgrado e si riaccende~elemento di turbativa particolarmente pericoloso nel momento in cui i problemi delle nazionalità tornano in primo piano ~il revisionismo bulgaro indirizzato verso la Dobrugia romena.

Di fronte a questo evolversi della situazione, che Palazzo Chigi è in grado di seguire sulla base di una grande larghezza di informazioni, l'Italia non appare in grado di giuocare un ruolo significativo e neanche di difendere le sue posizioni politiche ed economiche.

L'unico caso in cui Roma sembra, almeno in un primo momento, agire con efficacia è quello dell'appoggio dato all'Ungheria nelle sue rivendicazioni verso la Cecoslovacchia. La documentazione degli archivi italiani è a questo proposito molto ampia e costituisce, dati gli stretti rapporti allora esistenti tra Roma e Budapest, una fonte di tutto rilievo per le vicende che portano all'Arbitrato di Vienna del 2 novembre, dove il punto di vista italiano, più favorevole all'Ungheria, prevale su quello tedesco, orientato a limitare le perdite territoriali della Cecoslovacchia sulla quale la Germania intende ora instaurare un controllo esclusivo.

Ma l'appoggio italiano va incontro a dei limiti dettati dalla politica d eli' Asse: non si estende alla richiesta ungherese di ottenere l'annessione della Rutenia Subcarpatica che creerebbe una frontiera comune con la Polonia, desiderata a Budapest come a Varsavia con l'obiettivo di rafforzare la propria posizione per meglio resistere alla pressione della Germania. Di fronte a questo problema, l'atteggiamento di Mussolini ha un'evoluzione significativa. Agli inizi di ottobre~ Ciano lo registra nel suo Diario~ il capo del governo italiano si dichiara favorevole al confine comune ungaro-polacco; ma a metà mese fa sapere a Berlino che l'Italia non è interessata alla questione; una settimana più tardi ordina a Ciano di prendere «netta posizione» contro la rivendicazione ungherese perché la stampa francese ne sottolinea la portata antitedesca. Significativo è anche l'atteggiamento del capo del governo italiano quando, a metà novembre, gli ungheresi manifestano l'intenzione di effettuare un'azione di forza nella Rutenia Subcarpatica. Mussolini, inizialmente, assicura il suo appoggio e dà addirittura ordine di inviare delle squadriglie di aerei da caccia per la difesa di Budapest ma quando apprende che Berlino è contraria affianca subito l'iniziativa della Wilhelmstrasse per bloccare gli ungheresi. Le ripercussioni a Budapest sono profonde.

È per certi aspetti analogo quanto avviene nei rapporti con la Polonia. A Varsavia ~l'ambasciatore Arone lo fa presente a più riprese~ una frontiera con l'Ungheria è considerata tanto importante da far dire ai polacchi che, se quell'obiettivo non fosse realizzato, il bilancio della crisi cecoslovacca si chiuderebbe in passivo per la Polonia nonostante la tanto desiderata annessione di Teschen. E, come a Budapest, anche a Varsavia si ritiene, inizialmente, di poter fare assegnamento sull'appoggio dell'Italia, nella convinzione che sia interesse anche dell'Italia porre un argine alla potenza tedesca. Desta quindi delusione e sorpresa l'inerzia di Palazzo Chigi, un'inerzia che viene interpretata-e non solo a Varsavia -come un appiattimento sulle posizioni della Germania, la rinuncia dell'Italia ad avere un ruolo di grande Potenza nell'Europa Centro-Orientale.

D'altra parte, con l'aggravarsi della crisi itala-francese si diffonde l'impressione-le rappresentanze italiane non mancano di segnalarlo da diverse capitaliche l'Italia tenda a ridurre il suo impegno nel!' Europa orientale e sud-orientale per concentrarsi nel confronto con la Francia: in questa luce, l'indebolimento delle posizioni italiane non appare dovuto soltanto all'accresciuta potenza della Germania dopo il successo ottenuto nella crisi cecoslovacca e ai condizionamenti derivanti dali' Asse ma è visto come la conseguenza di una scelta operata da Roma nelle priorità della sua politica estera, che di per sé rende vano sperare in una funzione equilibratrice dell'Italia. Una conclusione che ha ripercussioni immediate sull'atteggiamento degli Stati danubiani e balcanici e che per l'Italia ha riflessi di non poco conto sul piano generale.

La crisi cecoslovacca ha ripercussioni importanti anche sulla guerra civile spagnola. Nel momento culminante della crisi, quando un conflitto tra le grandi Potenze sembra imminente, Franco assicura Londra e Parigi che resterà neutrale se Francia e Gran Bretagna adotteranno la stessa posizione nei confronti della guerra spagnola. È l'unico modo che ha dinanzi a sé per evitare, in caso di conflitto generale, un intervento francese che travolgerebbe i Nazionali (e con essi i volontari italiani) ma a Roma l'indignazione è vivissima e si grida al tradimento, una reazione in larga misura emotiva, dovuta, però, anche al fatto che con il suo impegno di neutralità Franco rende inoperanti alcuni tra i più importanti impegni presi con il trattato italo-spagnolo del 28 novembre 1936 ed espone così alle critiche chi-come Ciano--ha da sempre sostenuto la necessità di un impegno a fondo nella vicenda spagnola per i vantaggi, anche strategici, che ne sarebbero poi venuti alla posizione dell'Italia nel Mediterraneo.

L'episodio lascia una traccia nei rapporti tra Roma e Burgos ma non sembra che da parte italiana se ne tragga un'indicazione circa i limiti che Franco intende porre, in modo permanente, alla sua solidarietà verso le Potenze dell'Asse e che verranno in luce nel corso della seconda guerra mondiale.

D'altra parte, la prospettiva di una guerra generale ormai probabile: a non lunga scadenza e prevedibilmente estesa al Mediterraneo data la solidarietà manifestata dall'Italia verso la Germania, fa sì che ora Franco consideri un'assoluta necessità giungere nel più breve tempo possibile ad una conclusione vittoriosa della guerra. Di qui la sua decisione di rivolgersi a Berlino -non a Roma! -per ottenere le armi necessarie all'offensiva tìnale, anche a costo di sacrificare quelle risorse economiche spagnole-specie minerarie-che fino a quel momento aveva difeso con tanta tenacia dall'invadenza tedesca.

Di tuttociò gli italiani vengono a conoscenza solo parzialmente, hanno notizia di quelle forniture -di cui si compiacciono come dimostrazione dell'impegno di Berlino a continuare l'appoggio ai Nazionali-ma non dell'esatta entità delle contropartite ottenute dai tedeschi. A Roma, non sembra si abbia la percezione che la presenza economica tedesca in Spagna raggiunge ora un livello tale da condizionare tutta l'economia spagnola, ciò che sicuramente non faciliterà il desiderato sviluppo dei rapporti economici tra Italia e Spagna e che comporterà ripercussioni anche sul piano politico. Tanto più che l'aiuto della Germania viene dato non molto dopo che Mussolini ha deciso il ritiro di diecimila volontari per consentire l'entrata in vigore dei Patti di Pasqua (ma anche perché a Roma si teme che il logorio subito dai volontari da più tempo impegnati in Spagna possa portare ad una seconda Guadalajara).

Alla fine dell'anno, la guerra civile spagnola giunge comunque alla svolta decisiva. L'offensiva lanciata il 30 ottobre dai Nazionali sul fronte dell'Ebro indebolisce le capacità di resistenza dei governativi e quando -il 23 dicembre -le truppe di Franco passano nuovamente all'attacco si delinea per la prima volta la possibilità di una loro vittoria definitiva a breve scadenza.

2. I documenti qui pubblicati provengono nella quasi totalità dall'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri e più precisamente dai seguenti fondi: raccolta dei telegrammi in partenza serie R. e P.R., compresi i telegrammi Gabinetto segreto non diramare; telegrammi Ufficio Stampa (che costituivano una serie a sé); archivio di Gabinetto serie 1923-1943; archivio Affari Politici serie 1931-1945; archivi delle ambasciate ad Ankara, Berlino, Londra, Mosca, Parigi e presso la Santa Sede; archivio «De Felice» (carte Grandi). Alcuni documenti sono tratti dall'Archivio Centrale dello Stato, dall'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito e dell'Archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare (come di consueto, in questo caso la loro provenienza è stata indicata in nota).

Ancora una volta, la lacuna più grave di questa documentazione è data dalla mancata redazione da parte di Ciano di promemoria relativi ai colloqui da lui avuti. In questi casi si è rinviato, quando possibile, ai corrispondenti documenti pubblicati nelle raccolte ufficiali degli altri Paesi e sono state riportate anche le annotazioni in proposito contenute nel Diario di Ciano, di solito molto sintetiche ma indicative degli aspetti di un colloquio considerati da lui come i più interessanti. Al Diario di Ciano si è fatto altresì riferimento quando -in stretta connessione con la documentazione qui pubblicata-ne vengono delle indicazioni circa la posizione di Mussolini e di Ciano, i loro orientamenti ed i motivi alla base delle loro iniziative, elementi difficili da accertare altrimenti anche per l'estrema scarsezza di «documenti interni» (appunti di funzionari, promemoria degli Uffici, ecc.) contenuti nell'archivio.

In questo volume, come già in quelli immediatamente precedenti, sono state riprodotte le sottolineature fatte sui documenti da Mussolini, qui indicate da una riga al di sotto delle parole, esattamente come nell'originale.

Come già segnalato nel volume precedente, è stato ritrovato nelle Carte di Gabinetto un fascicolo contenente gli elenchi dei documenti che-scelti personalmente da Ciano -venivano inviati giornalmente in visione a Mussolini, i cosiddetti «Rapporti al Duce». Per il periodo qui considerato, il fascicolo presenta molte lacune (vi sono 56 elenchi su 111 giorni). Si è ritenuto utile segnalare in nota quando un documento qui pubblicato è compreso in quegli elenchi.

3. Il dott. Andrea Edoardo Visone, direttore dell'Archivio Storico, ha dato la sua preziosa collaborazione per la scelta archivistica di base. La dott.ssa Ada Roberti ha effettuato le ricerche presso l'Archivio Centrale dello Stato e negli archivi militari, ha redatto l'indice sommario, la tavola metodica e l'indice dei nomi, curato le appendici e realizzato la messa a punto finale del volume per la pubblicazione. Mi sono inoltre avvalso dell'intelligente collaborazione del dott. Luca Micheletta della Facoltà di Scienze Politiche dell'Università «La Sapienza» di Roma. A tutti esprimo il mio vivo ringraziamento.

GIANLUCA ANDRÉ

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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XVII

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ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

=Africa Orientale Italiana

= corrente anno

= corrente mese

= Comando Truppe Volontarie

=documento

=documenti

=edito

=Eccellenza Vostra

=pervenuto

=prossimo venturo

=Regio

= scorso anno

=Società delle Nazioni

=Servizio Informazioni Militare

= Stato Maggiore

= segreto non diramare

=telegramma

= telespresso

=Ufficio Spagna

= ultimo scorso

=Vostra Eccellenza

=volume

=Vostra Signoria


DOCUMENTI
1
1

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4429/363 R. Norimberga 1 , 12 settembre 1938, ore 10,50.

La situazione ieri sera dava segni di chiaro peggioramento e ciò sotto l'influenza dei due fatti seguenti:

l) dichiarazioni domenicali di Chamberlain alla stampa2;

2) nuovi tumulti e feriti occorsi.

Circa le dichiarazioni di Chamberlain, si era, anche nei circoli diplomatici, unanimi a deplorarle, sia per la loro forma e per il loro intento evidentemente intimidatorio, sia per la evidente inopportunità del momento stesso.

Anche l'ambasciatore di Inghilterra riconosceva che per lo meno esse erano state fatte 48 ore troppo presto. Quanto ai nuovi incidenti, essi sono deplorati, sia per se stessi, sia soprattutto come prova della insostenibilità della situazione e della palese ingiustizia dei procedimenti e dei sistemi cecoslovacchi. Si tratta, infatti, di tumulti occasionati da dimostrazioni ceche permesse in territorio sudeto, mentre dimostrazioni tedesche in territorio ceco sono assolutamente proibite.

Tutti prevedono che i due fatti nuovi sopra menzionati possano seriamente, e naturalmente in senso non favorevole, influire sulla linea che il Flihrer adotterà questa sera nel suo attesissimo discorso 3• Le azioni, quindi, degli ottimisti erano ieri sera ed anche stamane in serio ribasso.

L'ambasciatore inglese è partito da Berlino ieri sera alquanto scoraggiato ma tuttavia fiducioso della possibilità di nuovi sforzi conciliativi, ché egli ritiene che Runciman si appresta quanto prima (15 corrente) a formulare proposte proprie indipendentemente da qualunque negoziato fra cechi e sudeti, proposte che, riferite al governo

inglese, potrebbero dare a questo l'occasione per una nuova azione diplomatica di più larga portata (coinvolgente, cioè, anche altre nazioni oltre quelle più direttamente interessate) e che la Francia sarebbe più o meno praticamente costretta ad accettare 4•

l 1 L'ambasciatore Attolico si trovava a Norimberga per il congresso del partito nazionalsocialista.

l 2 L'Il settembre, in una dichiarazione ai rappresentanti della stampa, Chamberlain aveva ribadito che la Gran Bretagna non sarebbe potuta restare estranea ad un conflitto che avesse minacciato la sicurezza della Francia ed aveva poi ricordato gli sforzi del governo britannico per eliminare nel governo germanico ogni idea di poter realizzare una guerra contro la Cecoslovacchia senza il pericolo di un intervento «prima della Francia e dopo della Gran Bretagna». Il testo della dichiarazione di Chamberlain è in BD, vol. II, appendice II l.

l 3 Vedi D. 4.

2

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4443/311 R. Shanghai, 12 settembre 1938, ore 12 (per. ore 20,30).

Ho veduto ieri il ministro plenipotenziario Tani ed ho avuto con lui lungo colloquio sulle questioni economiche di comune interesse.

Egli mi ha ripetuto con insistenza quanto aveva detto a primo segretario (mio telegramma n. 303 1) circa presentazioni credenziali Taliani al governo del Generalissimo che Giappone considera come ormai liquidato o ridotto livello governo provinciale.

Ha aggiunto che tale notizia avrebbe prodotto vivo risentimento negli ambienti Giappone e ha espresso timore che persino esecuzione noto accordo commerciale possa essere compromesso. Fusione due governi provvisori è imminente e nuovo governo cinese controllerà con appoggio Giappone un territorio più vasto di quello che controllerà Generalissimo con appoggio sovietico.

Gli ho risposto che ciò non era di nostra competenza e che governo giapponese ha altro modo di fare conoscere a quello italiano suo pensiero in proposito.

Ho aggiunto che sarebbe intanto interesse comune liquidare noto incidente Shanghai. A tale riguardo Tani è sembrato poco ben disposto ed anche addetto commerciale ha riscontrato un certo irrigidimento da parte Giappone. Comunque ho insistito per una sollecita definizione in particolare per quanto riguarda incidenti bandiera italiana.

Comunicato anche a Tokio.

3

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELEFONO 4434/62] R. Londra, 12 settembre l 938, ore l 5, l O.

Noto fiduciario 1 di Chamberlain ha domandato di vedermi stamani di urgenza e mi ha detto di essere stato incaricato dal Primo Ministro di farmi la seguente comunicazione: Negli ultimi giorni governo inglese ha fatto pervenire a Berlino tre note sue-

2 1 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 447. 3 1 Adrian Dingli.

cessive, nelle quali, sia pure usando un linguaggio molto misurato, non si lascia dubbio sull'atteggiamento dell'Inghilterra qualora governo tedesco decidesse un intervento armato in Cecoslovacchia e cioè che l'Inghilterra non potrebbe rimanere estranea a un conflitto armato nel quale la Francia fosse costretta a intervenire.

Primo Ministro dubita che tali note non siano state portate a conoscenza del Fiihrer: egli ha anzi l'impressione che i suoi consiglieri cerchino di evitare che il Fiihrer sia edotto di quella che è la posizione del governo britannico. Primo Ministro desidera che ciò sia portato a conoscenza del Duce, per il caso che il Duce volesse informarne direttamente Hitler prima che egli pronunci il suo discorso stasera a Norimberga.

Ho risposto a fiduciario di Chamberlain che naturalmente non potevo esimermi dal comunicare a V.E. quanto egli mi aveva detto. Gli facevo però osservare che a parte estrema delicatezza argomento, e a prescindere dal contenuto e dal merito della comunicazione e da quello che sarebbe stato giudizio del Duce e di V.E., nella comunicazione medesima vi era un dato materiale di fatto e cioè l'impossibilità che presente telegramma possa giungere Roma tempo utile. Ho aggiunto ogni buon fine che mi sembra genere di comunicazione dovesse, in ogni caso, essere tàtta ufficialmente, sia per tramite Foreign Office a questa ambasciata, ovvero per tramite ambasciata di Inghilterra a Roma2 .

l 4 Questo telegramma fu ritrasmesso a Mussolini, allora nel Friuli.

4

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T.4441/365 R. Norimberga 1 , 12 settembre 1938, ore 21,50.

Prime impressioni discorso di chiusura del Congresso 2 .

Discorso molto forte, che, per quanto non contenga nulla di irreparabile, né di ultimativo, va tuttavia considerato come un ultimo (dico ultimo) e preciso appello. Per la prima volta il Fiihrer ha espressamente dichiarato che i sudeti possono fare, per la difesa e conquista dei loro diritti, sicuro e integrale assegnamento sulla forza armata della Germania.

Nessuna proposta concreta e specifica è stata affacciata. L'idea del plebiscito è stata appena fatta intravedere. Essa rimane, tuttavia, nello sfondo. Da rilevare assenza di un qualunque accenno alle dichiarazioni fatte ieri da Chamberlain3 .

alla data del 12 settembre).

3 2 Mussolini lasciò subito cadere l'idea di Chamberlain come «un'assurdità» (CIANO, Diario,

4 1 L'ambasciatore Attolico si trovava a Norimberga per il congresso del partito nazionalsocialista.

4 2 Pronunciato da Hitler il 12 settembre. Testo in Relazioni Internazionali, pp. 646-648.

4 3 Vedi D. l, nota 2.

5

IL PROFESSOR ENDERLE AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 12 settembre 1938.

II signor Alami, fiduciario del Mufti, ha scritto, inoltrando la lettera tramite il R. Consolato in Damasco, per indicare un suo nuovo recapito e far presente in termini convenzionali che:

l) il Mufti ha cercato di addivenire inutilmente ad un accordo con gli inglesi, ma che date le attuali circostanze e lo sviluppo assunto dal movimento arabo in Palestina è deciso a continuare nell'insurrezione anziché cedere alla pressione inglese, con fatali rinunzie;

2) lo stesso Mufti invoca, pertanto, ancora una volta il nostro aiuto, per estendere la rivolta in Transgiordania, assicurando che il momento attuale è particolarmente favorevole e che non rimpiangeremo mai una decisione positiva.

Poiché il signor Alami sollecita una risposta, qualora si ritenesse opportuno fornire al Mufti altri aiuti, si potrebbe fargli sapere che invii subito in Italia un fiduciario, come egli stesso si proporrebbe di fare 1•

6

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVAJO 3831/1535. Mosca, 12 settembre 1938 (per. il 19).

Con la partenza di Litvinov per Ginevra l'attività diplomatica in questa capitale, normalmente già molto scarsa, è diventata quasi inesistente, essendo venuta a mancare l'unica persona del mondo ufficiale sovietico con la quale i rappresentanti stranieri possono di tanto in tanto intrattenersi sulle grosse questioni internazionali. Pel momento tutto si riduce a scambi di vedute ed a conversazioni accademiche tra colleghi, i quali -non sempre esattamente informati della politica del loro stesso governo-finiscono il più delle volte per discutere in base a semplici induzioni, a notizie di stampa ed a preconcetti o simpatie personali.

Nonostante questa premessa, che intende attribuire a quanto riferirò più sotto un valore molto relativo, credo utile segnalare a V.E. le correnti di opinioni che ho potuto rilevare nell'ambiente del Corpo diplomatico di Mosca.

Intanto è convinzione quasi unanime che l'U.R.S.S., contrariamente alle dichiarazioni pacifiste della propaganda sovietica, vede con favore, se pure non cerca di fomentarla, l'eventualità di una guerra europea. È naturale del resto che il governo di Mosca, il quale non ha mai rinunciato, né potrebbe rinunciare, al programma bolscevico della rivoluzione mondiale, consideri un conflitto fra le grandi nazioni europee come la premessa necessaria per il successo di tale programma. Una guerra europea, che fosse lunga ed accanita, con l'inevitabile distruzione su larga scala di uomini e di ricchezze e con la spasmodica tensione di tutte le energie delle nazioni in lotta, lascerebbe alla fine entrambe le parti -vincitori e vinti -spossati fisicamente ed esauriti economicamente. Sarebbe così creato il «clima morale» più adatto per acuire i malcontenti sociali, provocare lotte intestine e sollevare le masse lavoratrici contro i «governi borghesi»: compito questo che la Terza Internazionale, diretta ed approvvigionata da Mosca, si tiene sempre pronta ad intraprendere quando il momento sia giudicato favorevole.

Su questo punto, ripeto, sono d'accordo i rappresentanti di quasi tutti i Paesi, compresi quelli che nel momento presente simpatizzano, per ragioni contingenti, colla politica di Mosca.

Sulle probabilità di una guerra europea, le previsioni sono diverse. Ho già riferito qualche giorno fa 1 che Litvinov mi ha dichiarato di considerarla inevitabile, e tale affermazione può spiegarsi facilmente col semplice fatto che i dirigenti del Cremlino la desiderano per fini particolari della loro politica.

Della stessa opinione si mostrano però anche i funzionari delle ambasciate d'Inghilterra e di Francia, dove da qualche tempo si va dicendo apertamente che la politica di Hitler ha condotto la situazione europea ad un punto tale da rendere ormai impossibili i compromessi conciliativi e le soluzioni pacifiche. Può darsi che tale attitudine, in contrasto colle dichiarazioni ufficiali dei governi di Parigi ed anche più di Londra, abbia soprattutto lo scopo di fare impressione sui colleghi tedeschi; sta di fatto però che persone serie e moderate delle due rappresentanze dichiarano con apparente convinzione che i loro Paesi si tengono pronti ad entrare nel conflitto, ormai inevitabile.

A loro volta, mentre i diplomatici si mantengono più riservati, i militari dell'ambasciata di Germania prevedono la guerra a breve scadenza.

Quanto alle decisioni che prenderebbe l'U.R.S.S. qualora il conflitto fra Germania e Cecoslovacchia per i sudeti avesse a sfociare in una guerra, esistono fra i diplomatici di Mosca due correnti di opinioni.

Mentre entrambe sono d'accordo che Mosca non si muoverà se non si muoveranno prima Parigi e Londra, vi è una corrente la quale prevede che anche in tal caso

il governo sovietico si asterrà dal partecipare a fondo al conflitto europeo. Potrà bensì mandare rifornimenti alla Cecoslovacchia e inviarle il rinforzo di qualche centinaio di aeroplani; con le sue forze navali nel Baltico, e specialmente coi sottomarini, potrà anche disturbare le comunicazioni tedesche con gli Stati scandinavi e quindi i suoi rifornimenti di guerra: però non si impegnerà in pieno con le sue forze di terra. L' Armata Rossa, che in questi giorni si sta praticamente mobilitando dietro il paravento di «manovre segrete»,verrà probabilmente concentrata lungo le frontiere occidentale e meridionale e vi rimarrà come una minaccia, ma non si affretterà ad attraversare i confini sovietici.

Coloro che professano questa opinione si basano sulle seguenti considerazioni: l) l'interesse dei dirigenti sovietici di lasciare che i belligeranti si dissanguino e si esauriscano, per intervenire poi al momento opportuno, non già come alleati della Cecoslovacchia, ma come banditori della rivoluzione comunista; 2) la situazione interna dell'U.R.S.S. non permette a Stai in di impegnarsi in una guerra che richieda la chiamata sotto le armi delle classi di riserva, della cui lealtà il regime non può fidarsi. Un'azione militare di grande stile fuori del territorio sovietico permetterebbe al malcontento diffuso nel Paese di manifestarsi in forma concreta e di mettere in pericolo la dittatura staliniana; 3) le lacune della preparazione militare, specialmente per quel che riguarda l'organizzazione dei quadri e dei servizi logistici.

Un'altra corrente non esclude invece una partecipazione molto più attiva dell'U.R.S.S. con l'entrata in azione anche del grosso dell'Armata Rossa. Viene fatto al riguardo il seguente ragionamento: nella supposizione che la Germania, limitandosi ad una azione difensiva ad occidente, riesca a trattenere i francesi sul Reno con una parte delle sue forze, il resto dell'esercito tedesco potrà, in un tempo relativamente breve, venire a capo della resistenza cecoslovacca ed occupare il territorio della vicina repubblica. Giunte ai confini della Romania, le forze tedesche saranno inevitabilmente spinte a proseguire per assicurarsi i rifornimenti di materie prime (grano e petrolio) del mercato romeno. Senonché l'occupazione tedesca della Romania rappresenterebbe per l'U.R.S.S. una minaccia gravissima, sia per il pericolo di una successiva invasione dell'Ucraina, sia per i vantaggi strategici che avrebbe la Germania una volta installata sulle rive del Mar Nero. Onde parare a questa minaccia, l'U.R.S.S. si vedrebbe dunque obbligata, fin dal principio di un conflitto europeo, a prendere l'iniziativa di far scendere il proprio esercito in Romania con l'obbiettivo di opporsi all'avanzata tedesca oltre i confini cecoslovacchi. Ove la Romania rifiutasse il passaggio delle truppe rosse, l'U.R.S.S. forzerebbe le frontiere anche per riprendere possesso della vecchia provincia russa della Bessarabia.

Ho esposto queste opposte opinioni degli ambienti diplomatici di Mosca più che altro per segnalare le diverse profezie che si stanno facendo qui sulle intenzioni sovietiche: profezie però che sono più che altro fondate -ripeto -su induzioni e ragionamenti molto soggettivi.

Personalmente, io propendo per l'opinione di quelli che giudicano la situazione interna e le condizioni della preparazione militare dell'U.R.S.S. troppo aleatorie per permettere al Cremlino di ingaggiarsi a fondo nel caso di una guerra europea. Ritengo cioè che Stalin, preoccupandosi sopra ogni altra cosa della sicurezza del proprio regime personale, agirebbe in ogni caso con la massima cautela e non assumerebbe maggiori rischi di quelli che gli fossero imperiosamente imposti dagli sviluppi, politici e militari, della situazione.

5 1 Il documento ha il visto di Mussolini. Sul documento vi è la seguente annotazione: «S.E. il Ministro mi ha dato istruzioni di far sapere all'Alami di inviarci un fiduciario-28 settembre 1938». Per il seguito si veda il D. 296.

6 1 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 486.

7

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4455/622 R. Londra, 13 settembre 1938, ore 17,30.

Discorso del Fiihrer 1 è stato ieri sera ascoltato alla radio da quasi tutto il popolo inglese. L'attesa di tale discorso, sottolineata dalla stampa con titoli come: «Europa attende decisioni di Hitler», «Hitler parlerà: tutta l'Europa sulla punta dei piedi», aveva creato ieri a Londra una atmosfera particolarmente tesa nella quale fluttuavano tutte le possibilità.

Gruppi di persone appartenenti a tutti i ceti sociali andavano addensandosi nelle vicinanze di Downing Street, dove una grande manifestazione organizzata dai laburisti in favore dell'intervento era stata all'improvviso disdetta per personale richiesta del Primo Ministro Chamberlain al capo dell'opposizione Attlee, allo scopo di evitare qualunque gesto che potesse irritare vieppiù la Germania. Ieri sera la folla era tale nei pressi di Downing Street che la polizia ha dovuto intervenire per tutelare l'ordine pubblico.

Verso le ore 22, una edizione speciale dei giornali serali riportava i punti più importanti del discorso di Hitler e le vie di Londra assumevano ieri sera una animazione insolita.

I primi commenti della folla lasciavano trasparire un senso quasi di sorpresa per il discorso del Fiihrer, in quanto esso non conteneva nessun elemento di decisione immediato in un senso o nell'altro come il grosso pubblico si aspettava.

A ciò ha fatto immediatamente seguito un palese sentimento di sollievo perché l'incubo della guerra imminente, sotto il quale l'Inghilterra ha vissuto in questa ultima settimana pareva essere almeno per il momento scongiurato.

Oggi, tanto nella stampa (vedi mio fonogramma 236 2) quanto negli ambienti politici si può constatare un allineamento quasi concorde di uomini, ambienti e gruppi politici di ogni partito, i quali si sono stretti attorno al Gabinetto Chamberlain ed hanno adottato docilmente e scrupolosamente la parola d'ordine impartita nella riunione che ha avuto luogo a Downing Street durante la notte (ed alla quale hanno partecipato, Chamberlain, Halifax, Simon, Vansittart e Cadogan) per esaminare la situazione dopo il discorso del Fiihrer.

7 2 Fonogramma stampa, non pubblicato.

Parola d'ordine è la seguente:

0 ) Discorso di Hitler non diminuisce lo stato di tensione dei giorni scorsi, né esclude pericolo che a seguito incidenti possa determinarsi intervento armato, ma tuttavia lascia chiaramente aperta la porta ad una soluzione pacifica attraverso ripresa e continuazione dei negoziati.

2°) Discorso non contiene alcuna indicazione precisa su quella che potrebbe costituire per la Germania una soluzione soddisfacente del problema cecoslovacco, né d'altra parte il Fuhrer «sembra aver apprezzato sufficientemente le concessioni già offerte dal governo di Praga».

Fin qui, come ho detto, l'allineamento di tutti i giornali e di tutti gli ambienti politici inglesi è concorde. Ma ciò rappresenta soltanto una battuta di aspetto e non già una spinta per fare uscire la situazione dal vicolo cieco in cui rischia doversi trovare in vista della comunicazione fatta ieri sera dal ministro cecoslovacco, Masaryk, ad Halifax secondo la quale le offerte di Praga rappresentano l'estremo limite oltre il quale Praga non sarebbe potuta andare.

Oggi torneranno a riunirsi nuovamente a Downing Street Chamberlain, Halifax, Simon ed Hoare per riesaminare situazione sulla base di informazioni e di chiarimenti richiesti di urgenza a Berlino all'ambasciatore Henderson.

Continua, in una parola, stato generale di perplessità se pure sia fuori dubbio che un senso di temporaneo sollievo sia manifesto dopo discorso del Fuhrer nell'atmosfera politica ed in genere nel pubblico britannico 3 .

7 1 Vedi D. 4.

8

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL COMANDANTE DEL C.T.V., BERTI

T. UFF. SPAGNA SEGRETO 2325. Roma, 13 settembre 1938, ore 18,30.

Vostro n. 1995 1•

V. E. può senz' altro procedere a costituzione divisione secondo ordini del Duce2 ed a predisporre concentramento nei porti di imbarco dei legionari rimpatriandi.

Prego volermi inviare non appena possibile precisazioni circa numero volontari che torneranno in Italia nonché epoca nella quale rimpatrio potrà aver luogo.

lO

7 3 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

8 1 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 497, nota 3.

8 2 Sulla decisione di ritirare i diecimila legionari italiani dalla Spagna si veda ibid., DD. 471, 481,487,497 e 498.

9

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4467/164 R. Parigi. 13 settembre 1938,ore 19,55 (per. ore 21,45).

Prima spontanea reazione discorso Hitler 1 è di sollievo.

Paura del peggio era venuta in questi ultimi giorni progressivamente crescendo. Discorso è giudicato duro e violento. Ma tutti o quasi i giornali si sforzano estrarne elementi rassicuranti, quali soprattutto assenza minacce azione diretta, almeno per l'avvenire immediato ed accettazione implicita negoziati tra Praga e Sudeti, almeno in via provvisoria.

Punto su cui si concentrano discussioni è accenno Hitler al diritto di autodecisione popoli. Si ritiene in generale che il Cancelliere non si sia posto, o non si sia posto ancora, sul terreno del plebiscito e dell'annessione. Soluzione «nel quadro dello Stato cecoslovacco» sembra cioè tuttora possibile.

Tutti i commenti mettono anche in particolare rilievo rinnovata solenne rinunzia Alsazia Lorena2•

Discorso non ha migliorato situazione ma non l'ha, secondo questa opinione pubblica, peggiorata. È da ciò questo senso non di distensione ma di maggiore calma che predomina oggi.

10

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4462/1487-929 R. Praga, 13 settembre 1938, ore 20.

Tedeschi sudeti seguito gravi incidenti verificatisi oggi 1 verso ore 18 posto seguenti condizioni per ripresa trattative: 0 ) revoca stato assedio proclamato stamane in alcune zone sudetiche; 2°) ritiro polizia di Stato da tutti i distretti a maggioranza tedesca e passaggio poteri polizia ad autorità municipali;

IO 1 A partire dalla notte del 12-13 settembre, vi erano stati, in alcuni distretti sudetici, degli incidenti che avevano provocato un numero imprecisato di morti e indotto il governo di Praga a proclamare lo stato d'assedio in quelle località.

3°) gendarmeria ed altre formazioni polizia ridotte proporzioni normali devono mettersi disposizione autorità municipali per ordine pubblico;

4°) tutte formazioni militari devono essere consegnate in caserma.

Qualora predette condizioni non siano accolte e pubblicate entro sei ore, direzione partito declina ogni responsabilità circa ulteriore sviluppo avvenimenti.

9 1 Vedi D. 4.

9 2 Nel suo discorso, Hitler aveva sottolineato che, di sua volontà, il popolo tedesco aveva rinunciato ad una rivincita per l'Alsazia Lorena perché intendeva «porre fine per sempre all'eterno conflitto con la Francia».

11

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4449/S.N. R. Norimberga. 13 settembre 1938 1 .

Confermo impressioni già date ieri sera2 . L'accoglienza generale del discorso è stata buona. Esso ha distrutto impressione che si nutriva in qualche circolo estero nel senso che la Germania volesse un conflitto armato ad ogni costo. Il discorso lascia invece evidentemente la porta aperta ad una pacifica soluzione alla condizione peraltro che Benes conceda quanto gli è stato chiesto in toto o quasi e subito.

D'altra parte, i rappresentanti sudeti dall'accresciuta coscienza nazionale saranno resi più restii ad accettare le misure dell'autorità centrale, ciò che creerà crescente disagio ed attrito eliminabile soltanto con una pronta, dico pronta, concessione dell'autonomia di cui il primo segno dovrebbe essere la restituzione ai sudeti di una poli

. .

zia propna.

È un'ultima opportunità insomma che si offre a Benes passata la quale, egli si troverà di fronte ad accresciute anzichè diminuite esigenze. Temporeggiando egli favorisce ed affretta una netta richiesta di plebiscito.

Accoglienza del discorso nei circoli diplomatici locali è stata in complesso favorevole. Sembra che all'estero il discorso abbia portato come un senso di sollievo.

Nei circo l i diplomatici si nota pure e si commenta in vario senso (con riferimento alle dichiarazioni di Chamberlain domenica sera 3) essere la prima volta che l'Inghilterra ha ammesso di avere con la Francia una alleanza vera e propria. Finora il governo inglese aveva sempre sostenuto di essere legato con la Francia dal solo residuo dei Patti Locarniani. Adesso questa maschera è caduta4•

Il 1 L'ambasciatore Attolico era a Norimberga per il congresso del partito nazionalsocialista. Il

telegramma non ha l'indicazione dell'ora di partenza.

Il 2 Vedi D. 4.

Il 3 Vedi D. l, nota 2.

Il 4 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

12

NOTA N. 20 DELL'INFORMAZIONE DIPLOMATICA

Roma, 13 settembre 1938.

Negli ambienti responsabili romani il discorso del Fi.ihrer 2 viene considerato come un potente contributo alla chiarificazione del problema sudetico. Anzitutto va ricordato che la Cecoslovacchia è una autentica e paradossale creatura della diplomazia di Versailles, dove, dopo aver demolito la vecchia Austria si sentì il bisogno di crearne una nuova con Capitale Praga. Il nuovo Stato ebbe così sette milioni circa di cèchi insieme con tre milioni e mezzo di tedeschi, un milione di magiari, due milioni e mezzo di slovacchi, un forte numero di polacchi e ruteni, senza contare altre aliquote di razze minori come gli ebrei. Un vero mosaico come si diceva una volta dell'Impero degli Asburgo.

L'insieme di queste minoranze che hanno di recente costituito un fronte unico, supera la massa numerica dei cèchi. Non si tratta di minoranze marginali di fronte ad una grande maggioranza omogenea: si tratta di minoranze imponenti per numero con una forte coscienza nazionale in uno Stato che ha appena 20 anni di vita.

In siffatte condizioni Benes sarebbe stato egregiamente consigliato se avesse accettato integralmente e subito i famosi punti di Carlsbad3• Non lo ha fatto perché anche egli -come la vecchia Austria di cui è il massimo erede -è sempre in ritardo di un'idea o di un'ora. In questo momento, dopo il discorso di Hitler, la questione si sposta sul piano concreto del diritto di autodecisione che non può essere negato ai sudeti specialmente da coloro che si fecero i banditori di tale diritto. Vi sono ormai due sole soluzioni possibili: la prima è quella di dare ai sudeti la facoltà di disporre del loro destino, l'altra, nel negare questo diritto.

Dando ai sudetici la possibilità di scindersi da Praga si sceglie la via della giustizia e sopratutto quella della pace; l'altra soluzione è quella del disordine e della guerra.

Il compito di Runciman deve essere diretto oramai a convincere Benes che la saggezza e la convenienza consistono ne li 'accettare la separazione di un arto ormai completamente estraneo alla vita del proprio organismo. O questo o il disordine ero

Secondo quanto risulta dal suo Diario a quella data, il 12 settembre Ciano aveva dato istruzioni ad Attolico di far sapere ai tedeschi che Mussolini era pronto ad andare un passo più avanti dell'ultima Informazione Diplomatica [cioè dell'!nfòrmazione Diplomatica n. 19, vedi serie ottava, vol. IX, D. 494]. Il giorno successivo, Attolico aveva telefonato da Norimberga di avere parlato con von Ribbentrop e che da parte tedesca si chiedeva venisse redatta un'!nfòrmazione Diplomatica per dire che gli «Otto punti di Carlsbad» erano ormai superati e che solo una soluzione radicale, basata sul principio di autodeterminazione, avrebbe potuto porre fine alla crisi cecoslovacca. Di tuttociò non si è trovata documentazione negli archivi italiani.

12 è Vedi D. 4.

nico di una esistenza comune divenuta impossibile con sbocco finale la guerra. Ma che cosa può sperare la Cecoslovacchia dalla guerra? E dovrebbero milioni di giovani di ogni Nazione di Europa precipitarsi nella mischia al solo scopo di mantenere la signoria di Praga sulle popolazioni tedesche dei Sudeti? Questi interrogativi hanno in se stessi la risposta.

Nei circoli responsabili romani si pensa che i bolscevichi di oriente e di occidente possano avere interesse a scatenare una conflagrazione. Ma questo non è l'interesse dell'Europa e del mondo4•

12 1 Questa informazione Diplomatica fu dettata per telefono al capo di Gabinetto, Anfuso, da Mussolini che era allora alla Rocca delle Carninate.

12 1 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 5.

13

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 13 settembre 1938, ore 18.30.

Ho ricevuto il Ministro di Jugoslavia, di ritorno da un congedo trascorso in patria. Dopo avere a nome di Stojadinovié rinnovato l'invito a recarmi in Jugoslavia per una caccia verso i primi di gennaio, secondo gli accordi presi a Venezia, mi ha chiesto il nostro punto di vista circa la situazione creatasi in Europa per la questione sudetica. Ho letto al Ministro l' 1njòrmazione Diplomatica 2 .

Il Ministro mi ha detto allora che Stojadinovié lo aveva incaricato del seguente messaggio: egli intende conformare l'attitudine del suo Governo a quella del Governo fascista. Il Ministro nel trasmettermi tale comunicazione mi ha chiesto, a titolo personale, se noi saremmo entrati in guerra. Ho risposto che era prematuro parlare di questo, dato che la crisi odierna lascia ancora possibilità di soluzioni pacifiche: aggiungevo però che, per quanto noi non si sia legati da impegni militari con la Germania, non avevamo in questi ultimi tempi e durante questa così singolarmente grave vicenda minimamente allentato i vincoli con la Germania e anzi avevamo pubblicamente dato chiare prove della nostra solidarietà col Camerata dell'Asse.

Il Ministro Christié, sempre parlando a titolo personale, mi ha detto che non ritiene che la Jugoslavia possa affiancare la Germania in una guerra. Esclude però che possa metterglisi contro. La Jugoslavia, a suo avviso, conserverà una neutralità molto favorevole ai Paesi dell'Asse e particolarmente all'Italia. Ha tenuto però a sottolineare che queste erano sue impressioni personali: le istruzioni ricevute si limitavano al messaggio sopra trascritto.

Christié mi ha parlato anche dei rapporti con l'Ungheria che sono molto migliorati ed ha sottolineato la necessità che l'Ungheria non prenda per prima le armi contro Praga. Ciò obbligherebbe la Jugoslavia a tener fede ai suoi impegni di Piccola Intesa. Qualora invece l'Ungheria appoggi e segua un intervento tedesco, la Jugoslavia si considererà prosciolta da ogni obbligo. Ho assicurato a Christié che gli ungheresi si asterranno dal prendere l'iniziativa dell'attacco: anche durante i recenti colloqui di Roma3 abbiamo avuto conferma di tale preciso intendimento magiaro.

Il Ministro Christié, parlandomi della situazione interna jugoslava, mi ha detto che la posizione di Stojadinovié si va sempre più rafforzando nel Paese nonostante le ingenti somme che in questo momento Francia e Cecoslovacchia spendono per rafforzare e galvanizzare le opposizioni contro il Presidente.

12 4 Il giorno successivo, l'ambasciatore Attolico telegrafava che von Ribbentrop lo aveva pregato, tramite von Weizsacker, di ringraziare Ciano per I'Infòrmazionc Diplomatica, «che non poteva giungere in migliore momento» e che sarebbe stata fatta oggetto, con adeguato rilievo, di articoli e commenti da parte della stampa tedesca (T. 450 l /369 R. del 14 settembre).

13 1 Ed. in L 'Europa verso la catastrofe, pp. 358-359.

13 2 Vedi D. 12.

14

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA 6485 1 . Berlino, 13 settembre 19382 .

Così da Ribbentrop come dal Principe d'Assia sono stato informato di un breve incontro Assia-Hitler-avvenuto questa mattina-in cui il Principe d'Assia ha riferito personalmente circa la risposta del Capo del Governo al messaggio inviatogli da Hitler3•

Hitler ha mostrato di apprezzare in pieno la risposta ricevuta, dicendo che egli non poteva, da un uomo come Mussolini, aspettarsi una risposta diversa. Ha fatto quindi (sulla base anche di reminiscenze e pensieri di Goethe) alcune considerazioni sul conto del Duce che attestano della straordinaria ammirazione che egli ha per lui.

Il FUhrer è ritornato ancora sull'idea già parecchie [volte espressa] della assoluta necessità che i due [regimi totalitari si] stringano l'uno all'altro, di[cendo che il benessere] di ciascuno è indispensabile al [benessere di entrambi. Ha rico]rdato come ai tempi del[la guerra abissina egli abbia .... ] emesso l'idea che, in [caso la guerra si prolungasse, la Ge]rmania avrebbe do[vuto finire .... ].

[A rendere granitico l'accordo] italo-tedesco [il Fiihrer continuava ad accarezzare l 'idea di] chiedere [al Duce. al momento opportuno. il trasfèri]mento in Ger[mania della popolazione alto-atesina di] origine tedesca. Probabilmente -ha detto in proposito il Fiihrer -qualche decina di migliaia di persone protesteranno

contro la loro avulsione dal territorio dei loro padri, ma le nuove generazioni saranno liete di questo provvedimento che, mentre da una parte renderà alla Germania una parte dei suoi figli, dall'altra costituirà un motivo di accresciuta e definitiva sicurezza dell'Italia.

Tutto questo. però. è stato detto in forma assolutamente colloquiale e senza intenzione di fare alcuna proposta concreta e tanto meno di incaricare il Principe d'Assia di alcun messaggio in proposito.

Circa la questione cecoslovacca il Flihrer non si è pronunciato sopra quelli che potranno essere i suoi intendimenti futuri, in attesa di vedere quale piega prendano le cose.

Il Principe d'Assia si è recato a Kassel, dove rimarrà due o tre giorni, per poi andare a Monaco, sì da rimanere, dato che il Flihrer si reca a Berchtesgaden, «sottomano». Egli desidera di fartelo sapere.

P.S. [ .............. ]4 .

13 3 Del 18-20 luglio precedenti. Vedi serie ottava, vol. IX, D. 315.

14 1 Il documento, danneggiato dali 'umidità, si è potuto ricostruire quasi tutto con esattezza, salvo il post scriptum autografo di Attolico che è del tutto illegibile.

14 2 Manca l'indicazione della data di arrivo.

14 3 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 495.

15

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 9183/1763. Washington. 13 settembre 1938 1 .

Trasmetto ad ogni buon fine il ritaglio di un articolo pubblicato dal Gr. Uff Generoso Pope nel Progresso !taio-Americano de Il' Il settembre, sotto il titolo «Nervi a posto2».

Mi risulta che il punto di vista espresso in tale articolo risponde all'atteggiamento intimo non solo personale del Comm. Pope, ma della maggioranza degli !taioAmericani.

Già i RR. Consoli in New York ed in Chicago mi sono andati segnalando in questi giorni uno stato d'animo molto diffuso di perplessità e di incomprensione per gli ultimi svolgimenti della nostra politica razzista.

Mentre le misure decretate per la eliminazione degli elementi ebraici stranieri dalla guerra in poi, sono apparse non solo al pubblico italo-americano, ma a quello americano in genere e pertìno a quello ebraico giustificate e giustificabili e, salvo in qualche particolare come per esempio la revoca della cittadinanza italiana, non hanno sollevato critiche eccessive, le misure successivamente sancite per la

eliminazione de li 'elemento ebraico dai posti preminenti della vita e della cultura italiana, sono stati accolti come l'inizio di una vera e propria persecuzione antisemita.

Il Comm. Pope, poi, si trova in una situazione personale abbastanza delicata in quanto che ormai da molti mesi, da quando cioè sono incominciate a circolare nella stampa voci di un inizio di politica anti-semita italiana, egli ha ripetutamente asseverato nel suo giornale, con articoli a sua firma, che tali voci non avevano nessun fondamento ed erano il frutto di malevole vociferazioni anti-italiane e antifasciste. A fondamento delle sue affermazioni citava le presunte dichiarazioni che gli sarebbero state fatte in materia personalmente da S.E. il Capo del Governo in occasione di una udienza accordatagli l'anno scorso in Roma.

Ad ogni modo è una questione che va attentamente seguita ed i RR. Consoli, soprattutto in New York ed in Chicago, dove maggiore è l'accentramento degli italoamericani e dove questi vivono nel più diretto contatto con le comunità ebraiche, hanno ricevuto istruzioni di riferire dettagliatamente in proposito dando utili indici sullo stato d'animo prevalente nelle collettività italiane.

14 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

15 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

15 2 Nell'articolo si manifestava una viva preoccupazione per l'eventualità-di cui correva voce -che la comunità ebraica decidesse di attuare il boicottaggio dei prodotti italiani e si auspicava che non venisse meno la stretta collaborazione sempre esistita tra comunità ebraica e comunità italiana.

16

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE. Berlino, 13 settembre 1938]

Rientro ora da Norimberga. Per quanto conosci 2 qui si desidererebbe che quella data, qualora la cosa fosse accettata, non fosse troppo lontana.

Attolico mi dice che tu gli hai tàtto conoscere 3 come, eventualmente, si potrebbe pensare ai primi di ottobre. Ricordando una tua lettera relativa ali' opportunità di degnamente celebrare la data 28 settembre-l'anniversario del Campo di Maggio 4 -ho suggerito ad Attolico che forse si potrebbe ingrandire così l'avvenimento. Mi sembra infatti alquanto difficile, se non pericoloso, mantenerlo segreto. Mi telefonano ora notizie non rassicuranti da Marienbad. Arriveremo al 28 settembre? Hoc est in votis!5

16 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

16 2 Si riferisce ad un possibile incontro tra Mussolini e Hitler (vedi serie ottava, vol. IX, D. 51 0).

16 1 Lo stesso 13 settembre, Ciano aveva telefonato ad Attolico che Musso! ini indicava il l o ottobre come data più adatta per un incontro con Hitler perché in precedenza sarebbe stato occupato dal suo viaggio nelle regioni settentrionali dell'Italia (CIANO, Diario. 13 settembre). 16 4 Riferimento alla grande manifestazione di Berlino durante il viaggio di Mussolini in Germania del settembre 1937.

16 5 Lo stesso giorno, anche l'ambasciatore Attolico scriveva a Ciano una lettera personale per prospettargli l'opportunità che l'incontro avvenisse il 28 settembre. L'ambasciatore aggiungeva che, in attesa di diverse soluzioni, egli avrebbe parlato con i tedeschi solo della data del l o ottobre. La lettera, deteriorata dall'umidità, è in qualche punto illeggibile.

17

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4498/642 R. Tokio, 14 settembre 1938, ore 7,35 (per. ore 16,15).

Segnalo vostra particolare attenzione comunicato odierno del Capo Ufficio Stampa questo ministero degli Affari Esteri ai corrispondenti stampa straniera che ho fatto telegrafare integralmente da Stefani 1•

Comunicato di uguale tenore era stato dato ieri sera anche alla stampa giapponese.

Inconsueta pubblica espressione del punto di vista governativo redatto in termini così espliciti ha suscitato viva impressione negli ambienti politici diplomatici e di stampa.

18

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4483/623 R. Londra, 14 settembre 1938, ore 11,25.

La pausa di «sollievo temporaneo» (questa è la definizione ufficiale data da Downing Street) determinatasi in seguito al discorso del Fiihrer, avantieri sera 12 corrente 1 , è stata ieri sera bruscamente interrotta dalle notizie sugli incidenti avvenuti durante la giornata di ieri in territorio sudeto, e successivamente dalle notizie dello stato di assedio proclamato governo Praga; dalla richiesta (che stampa inglese presenta con la parola "ultimatum") da parte sudeti di revocare tali misure d'ordine eccezionale, del rifiuto cecoslovacco a fare ciò, e della conseguente dichiarazione di sospensione negoziati in corso.

Ieri sera, ad ora tarda, si è sparsa inoltre notizia che governo francese aveva comunicato a quello britannico di aver dato assicurazioni a Praga che Francia avrebbe effettuato mobilitazione immediatamente non appena Cecoslovacchia avesse giudicato necessario effettuare propria mobilitazione, in altre parole che Francia non (dico non) avrebbe atteso effettuare propria mobilitazione in quanto si fosse verifica

Ciano telegrafava, alcuni giorni più tardi, di avere espresso personalmente all'ambasciatore giapponese l'apprezzamento del governo italiano per quella dichiarazione (T. 15248/335 P.R. del 23 settembre). 18 1 Vedi D. 4.

to atto di guerra Germania verso Cecoslovacchia ma avrebbe senz'altro adeguato proprie misure difensive sulle misure difensive che Cecoslovacchia ritenesse eventualmente mano mano di adottare.

Situazione è stata durante la notte definita come «grave» dai portavoce ufficiali di Downing Street e del Foreign Office. Il Consiglio esecutivo del Gabinetto composto di Chamberlain, Halifax, Simon, e Hoare si è riunito d'urgenza ed è rimasto praticamente in seduta sino a mezzanotte.

Primo Ministro ha conferito successivamente con ministro della Guerra, della Marina e dell'Aeronautica, con capi di Stato Maggiore, nonché col ministro Dominions, il quale è in costante contatto telefonico coi rappresentanti Dominions riuniti in questo momento a Ginevra.

Sono state decise misure militari che governo definisce stamane come «ordine precauzionale» e che, a quanto mi riferiscono miei informatori, consistono, per ora, principalmente nei movimenti (già avvenuti da qualche giorno) della flotta britannica nel Mare del Nord.

Stamattina alle prime ore, situazione appare alquanto alleggerita in seguito notizie che governo francese avrebbe richiesto al governo britannico di invitare Runciman a proporre nuovo piano per ripresa negoziati fra Autorità sudete e governo Praga, nonché dalla successiva notizia che governo Praga ha invitato rappresentanti sudeti recarsi Praga in vista possibilità trovare compromesso che permetta ripresa negoziati.

Spirito pubblico a Londra e provincia calmo.

17 1 Nel comunicato si esprimeva piena solidarietà alla Germania nella questione dei sudeti perché dietro la Cecoslovacchia vi erano le macchinazioni del Comintern per la bolscevizzazione dell'Europa. Il Giappone era pronto perciò «ad unire le sue forze a quelle della Germania e dell'Italia per combattere contro l'attività rossa in armonia con lo spirito del Patto Anticominterm>.

19

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4529/251 R. Washington, 14 settembre 1938, ore 12,02 (per. ore 8, l O del 15).

Ritengo mio stretto dovere segnalare che provvedimenti circa ebrei italiani, considerati fra l'altro come anticipo di prossime misure più comprensive, stanno creando in parecchi strati collettività itala-americane un atteggiamento psicologico molto delicato, suscettibile di sviluppi.

Pur non escludendo sentimenti di preoccupazione di carattere materiale ed economico, sono da individuare vari fattori quali: lo -cordiali rapporti finora esistiti fra collettività ebraica ed italiana con il comune sentimento di solidarietà di minoranze osteggiate da anglo-sassoni; 2° -atmosfera generale del Paese; 3°-non ultimo, atteggiamento cattolici di fronte problema razzista.

Spiegazioni ed energici richiami dei RR. Consoli a Chicago e a New York, ove tale situazione più acutamente si manifesta, stanno intanto traendo profitto dallo stato di aspettazione per prossimo discorso Duce e per deliberazioni Gran Consiglio. Disgraziatamente però sentimenti prevalenti non sono solamente di incertezza e perplessità momentanea ma temo di più radicata incomprensione.

In relazione a tale delicata situazione sarebbe intanto forse opportuno affrettare ritorno comm. Vecchiotti a New York 1•

20

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 4497/163 R. Parigi. 14 settembre 1938. ore 13,40 (pe1: ore 14,55 ).

Gravi incidenti cecoslovacchi 1 suscitano qui nuova profonda ondata pessimismo.

Immediati collaboratori di Bonnet con cui ho parlato ieri (quando portata incidenti non era tuttavia ancora nota) davano per certo che il governo francese avrebbe tàtto massime pressioni su Praga per urgente accettazione piano Carlsbad 2 • Confermano in pari tempo che eventuale azione armata tedesca (vivissimamente deprecata) non avrebbe potuto non provocare intervento armato francese.

Quantunque nessuna nuova misura mobilitazione sia stata fino a questo momento adottata, preparativi vari (di cui Ste.fàni dà notizia) destinati ad aumentare e rafforzare efficienza e resistenza bellica nazione sono in corso. Nota dell'li?formazione Diplomatica3 apparsa stamane è certamente interpretata come netta presa di posizione italiana a fianco della Germania. Ma idea plebiscito, ancora ieri vivacemente scartata, comincia albeggiare in alcune zone di questa opinione pubblica. Non è naturalmente oggi ancora possibile dire se e quanta strada potrà percorrere. Non mi pare comunque dubbio che questo governo d'accordo con quello britannico continuerà esercitare sforzo massimo per soluzione pacifica che valga evitare ricorso armi 4•

19 1 Il documento tù inviato in visione a Mussolini.

20 1 Vedi D. IO.

20 2 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 5.

20 1 Vedi D. 12.

20 4 Queste valutazioni erano condivise dall'Addetto Navale a Parigi, capitano di vascello Margottini, che lo stesso giorno comunicava al suo ministero di ritenere possibile, sulla base di quanto era riuscito ad accertare negli ambienti militari, che la Francia accettasse anche un distacco dei sudeti dalla Cecoslovacchia a condizion; che venisse «proposto da Londra e regolato in maniera da non apparire unicamente come una capitolazione davanti alle minacce di Hitler ma soprattutto come l'unico rimedio per sanare uno stato di tàtto ormai divenuto insostenibile». E aggiungeva: «Lo Stato Maggiore francese, ormai che la sua copertura è a posto, è tranquillo, sicuro come è che, eliminata la possibilità di un'otlènsiva di sorpresa che lo potesse cogliere impreparato, l'esito di una guerra lunga non può essere dubbio. La posizione di più completo ed aperto appoggio alle rivendicazioni totali tedesche presa dall'Italia con la nota di ieri dell'Informazione Diplomatica, accoppiata alla situazione di stabilità che caratterizza la frontiera franco-tedesca in dipendenza delle gigantesche opere di ditèsa esistenti dai due lati, fa ritenere contènnato il criterio già comunicato con altro rapporto, che il primo grosso sforzo sarebbe eventualmente rivolto contro l'Italia» (foglio 608 del 14 settembre. Il documento è tratto dall'Archivio de li 'Ufficio Storico della Marina Militare).

21

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4495/98 R. Praga, 14 settembre 1938. ore 15,30.

Ministro Affari Esteri in conversazione avuta stamane mi ha detto:

l) dopo fatti ieri e nota ultimatum sudeti 1 conversazioni sono interrotte2; governo considera non paterne mendicare la ripresa ma è sempre disposto a continuarle;

2) misure eccezionali (Krofta rifiuta usare termine stato d'assedio) prese in alcune località Sudeti sono state consigliate da ragioni di ordine pubblico, da ragioni militari per non vedere, se mai, impediti movimenti verso fortificazioni frontiera, per prestigio stesso governo;

3) misure hanno apportato calma, meno solo punto segnalato mio fonogramma n. 9343;

4) sugli sviluppi situazione regna incertezza; 5) Krotta non l'afferma, ma non esclude che lord Runciman faccia un passo per superare presente punto morto; considera però con scetticismo risultato; 6) circa discorso Hitler4 fa due ipotesi:

a) che lasci adito trattative scopo arrivare piena autonomia Sudeti; b) che voglia plebiscito, al quale questo governo ad ogni modo si opporrebbe anche perché praticamente geograficamente inattuabile. 7) Krofta non ritiene che Germania intenda tentare colpo di forza subito, ma lo teme piuttosto in ottobre;

8) governo si tiene preparato ad ogni eventualità;

9) non si prevedono per il momento altre misure polizia e quelle già disposte regione dei Sudeti saranno ritirate fra qualche giorno se situazione lo permetterà5.

21 1 Vedi D. IO

21 2 La rottura delle trattative era stata resa nota da un comunicato del Partito tedesco dei sudeti di cui il ministro Fransoni aveva subito data notizia con fonogramma 4480/1490-932 R. del 14 settembre.

21 3 Fonogramma 4499/1492-934 R. del 14 settembre. Comunicava che la situazione nella zona dei sudeti era migliorata ma che suscitavano vive preoccupazioni i contlitti ancora in corso tra polizia e popolazione nella zona di confine di Kraslice.

21 4 Vedi D. 4.

21 5 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

22

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4503/1495-937 R. Praga. 14 settembre 1938, ore 18,30.

Stamane alle ore Il ,45 ha avuto luogo ad Asch un colloquio tra Henlein e Gwatkin.

Henlein ha dichiarato che gli ultimi avvenimenti 1 hanno eliminato qualsiasi possibilità di trattare sulle basi sin qui seguite. Egli ha soggiunto che tuttavia, qualora il governo avesse subito accettato e messo in atto le quattro condizioni poste ieri sera dal partito sudetico2 , sarebbe tuttora possibile aprire nuove trattative, ma ciò non più sulle basi degli otto punti di Carlsbad3 , bensì su quella del diritto di autodecisione.

***

Nota-In questo momento pare che negli ambienti governativi non si escluda di poter trattare anche sulla base dell'autodecisione. Si tratta però di notizia assolutamente non controllata.

Per questo avrebbero chiesto che si recasse a Praga Kundt ed un altro deputato. Sembra, d'altra parte, che essi siano già a Praga in attesa che vi siano decisioni circa questo punto e per mantenere contatti con i rappresentanti delle altre minoranze.

23

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4515/117 R. Belgrado, 14 settembre 1938, ore 21, l O (per. ore 21,40).

Stojadinovié che ho visto stamane mi ha manifestato la più completa adesione alle considerazioni e conclusioni prospettate nell'odierna nota dell'Informazione Diplomatica 1 nei riguardi della situazione Cecoslovacchia.

22 2 Vedi D. IO. 22 3 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 5. 23 1 Vedi D. 12.

Mi ha pregato di fare sapere a V. E. che la Jugoslavia è fermamente decisa a rimanere estranea ad un eventuale conflitto ed a mantenersi nelle nostre direttive. Ha dato ordini perché la stampa si attenga atteggiamento obiettivo senza compromettenti accentuazioni di favore.

Opinione pubblica segue avvenimenti con molta calma e con diffuso convincimento che soluzione radicale questione sudeti debba essere pacificamente raggiunta. Sino a questo momento nessuna misura militare risulta essere stata presa2 .

22 1 Vedi D. IO, nota l.

24

LETTERA A RUNCIMAN 1

Quando alcune settimane fa, lasciaste Londra per dirigervi su Praga il mondo non ebbe chiara l'idea su quello che sareste andato a fare e in quale veste e con quale responsabilità. La vostra missione era ufficiale? Non era ufficiale? Tutto ciò rimase come avvolto in una specie di nebbia londinese. La vostra opera era soltanto di mediazione o, a un certo momento, sarebbe stata di arbitro? Comunque voi scendeste a Praga con uno stuolo di collaboratori e su di voi fu concentrata la universale attenzione.

Tutti furono costretti ad ammirare lo zelo col quale vi accingeste alla penosa fatica. Avrete letto in queste settimane decine di memoriali e centinaia di lettere, ricevuto diecine di persone, conferito con i capi di tutte le nazionalità, poiché non esiste soltanto un problema sudeto, ma uno magiaro, uno polacco, uno slovacco: tanti problemi quante sono le nazionalità con le quali a Vcrsaglia fu «inflazionata» la repubblica di Benes.

lo credo che nel vostro intimo siate già arrivato a questa conclusione: come non esiste una nazione cecoslovacca così non esiste uno Stato cecoslovacco. Voi, signor Runciman, non siete capitato in una famiglia dove c'è un minimo di cordialità e di comprensione come fra individui dello stesso sangue. No. l «componenti» della famiglia cecoslovacca sono di razze diverse e non si possono soffrire. Essi non sono animati da una forza centripeta ma da una forza centrifuga. Solo la costrizione li tiene insieme. Se questa costrizione cessasse, il fenomeno di dislocamento della Cecoslovacchia sarebbe inevitabile e irresistibile.

A Versaglia si doveva creare una Boemia-nome storico-con una omogenea popolazione di cèchi: si volle invece gonfiare una Cecoslovacchia-entità mai esistita! -e si creò uno Stato artificioso che recava in sé fin dalla nascita gli elementi della sua debolezza e della sua dissoluzione.

Io credo, signor Runciman, che voi avete visto questa situazione nei termini in cui io l'ho tracciata. E forse, vi siete domandato, che cosa vi restasse da fare. (Si è

24 1 Pubblicata su Il Popolo d'Italia del 14 settembre.

infatti parlato di un vostro ritorno a Londra). No. Dopo il discorso di Hitler2,viene il bello, per voi, o signor Runciman.Voi potete agire e compiere qualche cosa che passerà alla storia. Non è più il tempo dei compromessi. Carlsbad è superato. Bene§ da vecchio parlamentare -ha perduto la corsa. Voi, signor Runciman, dovete semplicemente proporre a Benes il plebiscito non soltanto per i sudeti, ma per tutte le nazionalità che lo domanderanno. Bene§ respingerà il plebiscito? E allora voi gli potreste far sapere che l'Inghilterra ci penserà sette volte sette prima di scendere in guerra semplicemente per conservare uno Stato-finzione mostruoso anche nella sua conformazione geografica, tanto che fu chiamato a volta a volta stato coccodrillo o stato salciccia. Se Londra fa sapere che sta ferma, nessuno si muove. Il gioco -qui -non vale assolutamente la candela anche se è infilata nei candelabri massonici del grande oriente. Se Hitler pretendesse di annettersi tre milioni e mezzo di cèchi, l'Europa avrebbe ragione di commuoversi e muoversi. Ma Hitler non pensa ciò. Chi vi scrive questa lettera è in grado di dirvi-confidenzialmente-che qualora gli venissero offerti tre milioni e mezzo di cèchi, Hitler declinerebbe garbatamente ma risolutamente tanto regalo. Il Ftihrer si occupa e preoccupa dei tre milioni e mezzo di tedeschi e soltanto di loro. Nessuno gli può contestare tale diritto. Nessuno può opporsi all'adempimento di tale dovere. Meno di tutti noi italiani che abbiamo dei precedenti

in materia.

Coraggio, mister Runciman. Proponete il plebiscito, anzi i plebisciti. È un compito magnifico e delicato. Ci sono delle zone compatte dove il plebiscito significherà l'annessione pura e semplice ai popoli fratelli; ci sono delle zone-viceversa-dove le razze si sono terribilmente frammischiate e un taglio netto è impossibile. Qui potrebbe entrare in scena il regime delle cosiddette cantonalizzazioni paritarie o qualche cosa del genere. Il che sarebbe fra l'altro, nella tradizione democratica.

Fissate le zone del plebiscito, rimarrebbero da stabilire la data, le modalità, il controllo che potrebbe essere di carattere internazionale come già avvenne con risultati soddisfacenti nel plebiscito della Saar.

Ho l'impressione, mister Runciman, che questa lettera vi interesserà. A vicenda conclusa ci sarebbe un'altra modificazione semplificativa nella carta geografica di Europa e la eliminazione di un focolaio di disordine e di inquietudine. Praga, pacificamente «deflazionata» sarebbe più forte e più sicura e camminerebbe più spedita poiché non avrebbe più al piede la palla di piombo delle nazionalità ostili. Mentre per l'Italia è praticamente impossibile fare oggi una politica di amicizia con la Cecoslovacchia attuale, ciò sarebbe possibile con la Boemia di domani. Così la nuova situazione politico-territoriale determinerebbe nuovi equilibri e nuove possibilità e soprattutto l'Europa farebbe l'economia di una guerra.

Milioni di uomini pensano che questa economia è strettamente necessaria.

Frontiere tracciate con gli inchiostri da altri inchiostri possono essere modificate.

Altra cosa quando le frontiere furono tracciate dalla mano di Dio e dal sangue degli uomini.

24' Vedi D. 4.

23 2 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

25

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 6504/1907. Berlino, 14 settembre 19 38 (per. il 16).

La sera del 12 u.s., subito dopo il discorso del Cancelliere Hitler alla seduta di chiusura del Congresso nazionalsocialista 1 , Magistrati ha avuto una conversazione con l'ex Presidente del Consiglio di Ungheria, Daranyi, il quale ha soggiornato a Norimberga durante tutta la durata del Congresso stesso.

Daranyi appariva alquanto preoccupato del precipitarsi degli avvenimenti che ponevano l'Ungheria in una situazione particolarmente delicata. Egli, pur mostrando di apprezzare la robustezza del discorso del Cancelliere Hitler, faceva comprendere che Budapest poteva trovarsi da un giorno all'altro dinanzi ad uno stato di cose che avrebbe dovuto finire per affrontare con gravissimi rischi. E ritornava qui sul noto argomento ungherese di non possedere ancora in mano, da parte degli Stati amici, una netta «garanzia» nei confronti della Jugoslavia.

Alla domanda se l'Esercito ungherese fosse veramente oggi in condizione di poter dare un contributo efficace, Daranyi rispondeva che esso era attualmente in piena riorganizzazione, essendo tuttora notevolissima la deficienza di armamento. In via assolutamente riservata faceva conoscere essere oggi in corso trattative segrete tra Budapest e Berlino per l'eventuale cessione da parte della Germania dei fucili già in uso nell'esercito della Repubblica austriaca e che vengono ora sostituiti con modelli in uso nell'Esercito del Reich. Qualora tale cessione di armi avvenisse senza indugio l'Ungheria potrebbe, naturalmente con grande sforzo, riunire un esercito di 4 o 500.000 uomini.

Daranyi, che era accompagnato dalla Consorte, ripartiva per Budapest, dove riferirà al suo Governo le impressioni di Norimberga.

26

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATISSIMO 65 i 2/19 i 0. Berlino, 14 settembre 1938 (per. il 16).

Riassumo qui appresso, per opportuna conoscenza deii'E.V., le notizie qui pervenute circa la situazione cecoslovacca e circa i contatti avuti da questa R. Ambasciata con le Autorità del Reich.

Al mio ritorno da Norimberga, avvenuto verso le 17, ebbi notizia che a Marienbad si erano sviluppati incidenti di notevole gravità dovuti alla circostanza che la popolazione locale aveva chiesto, con riunioni pubbliche, l'immediata partenza dei membri della polizia ceca dalla città.

Verso le 19 I'E.V. mi dava notizia telefonica delle informazioni pervenute da Praga nei riguardi di un ultimatum lanciato dal gruppo direttivo del partito dei tedeschi sudetici al governo di Praga 1 , ultimatum con il quale si richiedeva entro sei ore l'abolizione dello stato di assedio decretato nelle province sudetiche, il ritiro immediato della polizia ceca ed il rientro delle truppe nelle loro sedi normali.

Messomi senza indugio in contatto con il Segretario di Stato von Weizsacker, questi mi confermò la notizia dell'ultimatum. dicendomi però al tempo stesso di non ritenere la situazione giunta ad una svolta decisiva e di non credere all'imminenza di gravi decisioni.

Verso le 22 riuscii a mettermi in collegamento telefonico con il ministro von Ribbentrop, il quale nelle prime ore del pomeriggio si era trasferito da Norimberga a Monaco di Baviera, essendo il Cancelliere Hitler ritornato direttamente alla sua villa di Berchtesgaden.

Il ministro von Ribbentrop mi dichiarò di aver ricevuto solamente in quel momento la notizia del cosidetto ultimatum sudetico e di non essere quindi assolutamente in condizioni di paterne definire la portata e di paterne prevedere le conseguenze. Aggiungeva che con probabilità il comunicato della commissione sudetica doveva essere stato compilato ancora prima dell'arrivo di Henlein da Norimberga e che tutto faceva ritenere che la decisione della commissione era dovuta alla tensione creatasi localmente ed alle nuove violenze ceche ai danni della popolazione.

Alla mia domanda quale significato dovesse essere dato alla frase finale di questo comunicato, relativo al «declino delle responsabilità» da parte dei dirigenti del partito sudetico, von Ribbentrop rispondeva di interpretarla nel senso che, qualora Praga non avesse revocato la misura dello stato di assedio, le popolazioni sudetiche non avrebbero potuto ulteriormente essere controllate dai propri capi. Il ministro concludeva esprimendo la sua impressione che non riteneva imminenti sviluppi pericolosi della situazione c, dietro mia domanda, aggiungeva che non era da escludere la possibilità che il Partito sudetico potesse aprire la strada, con la creazione di una nuova situazione, ad una domanda di plebiscito. Prima di mezzanotte prendevo anche contatto con l'Ufficio Stampa del Ministero degli Esteri, traendo ancora una volta l'impressione che negli ambienti responsabili, a causa anche della circostanza che tutti i principali dirigenti si erano trasferiti solamente nelle tarde ore del pomeriggio da Norimberga a Berlino, facevano assolutamente difetto le informazioni precise sulla situazione. Anche la stampa tedesca non diede nella serata alcuna notizia deli'ultimatum sudetico, mentre questo, alle ore 22, appariva già scaduto!

25 1 Vedi D. 4.

26 1 Vedi D. IO.

27

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 5083/1360. Belgrado, 14 settembre 1938 (per. il 18).

Stojadinovié mi ha detto che l'epoca della sua visita a Sofia non è ancora fissata. Ma da persone vicine al Presidente mi è stata indicata come vagamente probabile quella della metà di ottobre. Dato che la visita stessa non è e non può essere una semplice manifestazione di generica cordialità di rapporti ma deve tener conto della specialissima importanza che, per la situazione della Jugoslavia in Balcania, ha l'assicurare saldamente la posizione di Sofia, ritengo che Stojadinovié voglia preparare, previamente, il terreno di conversazione concrete. Mi consta che qui esistono eccellenti disposizioni per liquidare, nei limiti beninteso della convenienza reciproca, le annose questioni dei beni a cavallo della frontiera e dell'introduzione-con qualche legittima precauzione per la zona macedone -di libri e giornali bulgari. In relazione alle giuste considerazioni fatte presenti dal R. Ministro a Sofia, nel rapporto comunicatomi con telespresso di Vostra Eccellenza n. 23 I 095 del 6 corrente 1 , aggiungo che a questo Ministero degli Esteri mi è stata in varie occasioni, espressa la convinzione che la nostra azione presso il Governo di Sofia non possa essere intesa a favorire un consolidamento diretto ed efficace delle relazioni jugo-bulgare, che, appoggiate a Roma, possono costituire in Balcania, in qualunque evenienza, di fronte ad altri orientamenti, un ottimo e sicuro punto di appoggio dei comuni interessi e di una comune politica2 .

28

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA 1• Berlino, 14 settembre 1938 2 .

Telefonai ieri sera stesso a Ribbentrop la risposta preliminare de te datami circa il noto incontro 3 , menzionando la data dei primi ottobre. Ribbentrop mi disse che ne avrebbe informato chi di dovere 4•

Mi domando ora-e sottopongo questo mio dubbio a te per le tue determinazioni -se non potrebbe essere utile far comprendere che, negli appena 15 giorni che ci separano dall'incontro, sarebbe preferibile evitare colpi di testa e decisioni irreparabili [ ....... ],restando così, il principale scopo dell'incontro.

Nei circoli diplomatici si ha l'impressione sempre più netta che, tenendo i nervi a posto, in ogni caso avrà[....... ] partita vinta l'iniziativa di Chamberlain.

27 1 Ritrasmetteva il telespresso 4210/1633 de\25 agosto da Sofia. Il ministro Talamo vi osservava che, anche dopo l'accordo di Salonicco con gli Stati dell'Intesa Balcanica, l'atteggiamento della Bulgaria sarebbe dipeso dalle iniziative ispirate a maggiore o minore buona volontà prese dai suoi vicini e in particolare dalle iniziative della Jugoslavia che-faceva notare Talamo-«sarebbe forse non inopportuno fin da ora studiare di convogliare parallelamente ai nostri interessi, nella situazione», in vista anche della prevista visita di Stojadinovié a Sofia.

27 2 Ciano così rispondeva (con T. per corriere 15128 P.R. del 22 settembre): «Concordo con le conclusioni della S.V. circa convenienza favorire consolidamento relazioni jugoslave-bulgare. In questo senso dò istruzioni alla R. Legazione a Sofia».

28 1 Il documento è danneggiato dall'umidità.

28 2 Manca l'indicazione della data di arrivo.

28 3 Vedi D. 16.

28 4 Nota del documento: «Ho però l'impressione che la data sarà trovata troppo lontana».

29

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 4542/644 R. Tokio. 15 settembre 1938, ore !,IO (pe1: ore 12, 3O).

Comunicato giapponese di ieri 1 è dovuto rafforzati sentimenti dell'Esercito e della Marina per noi e Germania e al risultato della loro azione su ministro degli Affari Esteri che sembra avere in questi ultimi giorni mutato completamente idee.

Secondo quanto si può finora giudicare dai discorsi alti tùnzionari dei ministeri della Guerra e della Marina altra volta riportati, si crede che se si avesse ora guerra non si potrebbe fare assegnamento su di una immediata entrata del Giappone. Ufficiali Marina si mostrano meno preoccupati circa tale eventualità ma più circospetti nelle loro dichiarazioni. Quelli dell'Esercito invece continuano a dirsi non desiderosi di una guerra europea in questo momento e fiduciosi nostre indicazioni per la soluzione della crisi possano tradursi in realtà.

Ove ciò non avvenisse e si giungesse alle ostilità essi si limiterebbero per ora dare aiuto indiretto suscitando torbidi frontiera russa e si riservano maggiore contributo non appena ciò fosse consentito dalla situazione cinese.

30

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4528/372 R. Berlino, 15 settembre 1938, ore l O.

Situazione al mattino del 15 settembre 1938. Annuncio della visita odierna a Berchtesgaden del Primo Ministro britannico dato a mezzo di una comunicazione del D.N.B. contenente il testo integrale della let

tera diretta da Chamberlain ad Hitler 1 , ha suscitato qui vivissima e favorevole impressione. Sulla stampa esso ha stamane uno straordinario risalto. Solamente il Volkischer Beobachter non lo presenta con titolo di intera pagina, mentre tutti gli altri quotidiani ne fanno vistosissima presentazione.

Annuncio stesso fa passare in seconda linea gravissimi incidenti di ieri a Falkenau2, dove, secondo le notizie odierne, sono fino ad ora caduti in conflitto oltre 50 tedeschi sudetici e 15 agenti della polizia ceca. Notizie stesse recano che il conflitto continua, dato che si attribuisce al capo della Polizia ceca l'intenzione di passare per le armi tutti gli abitanti del villaggio. E incominciata la fuga in Germania di gruppi dei sudetici della zona di confine. Si contano già ad oltre 3.000 i profughi.

Viene confermato che Henlein ha dichiarato ai rappresentanti di Runciman che ormai non si può più parlare di riprendere le antiche trattative e che qualsiasi discussione sugli antichi Otto punti di Carlsbad appare completamente sorpassata per la gravità della nuova situazione.

Ormai, e questa è la nota principale di tutta la stampa tedesca di stamane, non si può parlare altro che di un diritto di autodecisione dei tedeschi sudetici. Articolo odierno del Popolo d'Italia 3 ancora non apparso su questa stampa 4•

29 1 Vedi D. 17.

31

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4535/252 R. Washington, 15 settembre 1938, ore 12,36 (per. ore 11,30 de/16).

Di fronte al susseguirsi degli eventi, pubblico si viene manifestamente concretizzando in una direzione nettamente astensionista anche se non isolazionista.

Per evidente ispirazione di propaganda, si comincia ad agitare in qualche parte spettro di un dominio europeo e mondiale germanico, di minaccia generale, che oltrepassa termini questione sudetica.

Largamente riprodotta con tacito consenso anche quest'oggi nota Informazione Diplomatica 1 talvolta con osservazione che essa oltrepassa in parte stesse richieste germaniche. Intanto si è riaperta la discussione su portata legge neutralità in caso di guerra europea.

Si afferma che ministro degli Stati Uniti a Praga2 avrebbe fatto energici richiami al senso di responsabilità di quel governo.

Molto notati ripetuti colloqui con Segretario di Stato di quest'ambasciatore di Francia3 , rientrato precipitosamente in sede. Presidente Roosevelt ritornato questa sera Washington4 .

30 1 La notizia dell'imminente visita di Chamberlain era stata già data da Attolico la sera precedente per telefono (CIANO, Diario, alla data del 14 settembre). Il testo della lettera di Chamberlain a Hitler è in BD, vol. Il, D. 862.

30 2 Di quegli incidenti l'ambasciatore Attolico aveva già dato notizia per telefono giudicandoli tanto gravi da far ritenere che, se Chamberlain non fosse stato in territorio tedesco, le forze del Reich sarebbero già intervenute. A tarda sera, l'ambasciatore telefonava ancora per comunicare che però a Berlino non si riteneva imminente un'azione in Cecoslovacchia (appunto di Gabinetto del 15 settembre e CIANO, Diario, alla stessa data).

30 3 Vedi D. 24.

30 4 Lo stesso giorno Ciano aveva un colloquio con l'ambasciatore di Germania, von Mackensen, circa i possibili sviluppi della crisi cecoslovacca. Su tale colloquio non è stata trovata documentazione negli archivi italiani ma nel Diario di Ciano vi è, sotto questa data, la seguente annotazione: «Ricevo von Mackensen che viene a ringraziare per l'articolo del Duce Lettera a Runciman. Lo definisce un documento storico. L'ambasciatore è piuttosto pessimista. Dice che se Chamberlain non ha nella sua bisaccia proposte conclusive e rapide, il Fiihrer non potrà non dare aiuto ai Sudeti. Esaminiamo insieme la situazione balcanica in caso di conflitto, ora che è assicurata la neutralità jugoslava. Riteniamo che Grecia e Turchia non si muoveranno». Sul colloquio vi è anche il circostanziato resoconto dell'ambasciatore von Mackensen (in DDT, vol. Il, D. 494), dal quale risulta, tra l'altro, che Ciano iniziò la conversazione dichiarando «con enfasi» che l'Italia sarebbe rimasta a fianco della Germania quali che fossero gli sviluppi della situazione.

32

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4534/630 R. Londra, 15 settembre 1938, ore 13,15.

Mio telegramma n. 628 di ieri 1•

L'annuncio della partenza di Chamberlain per Berchtesgaden e dello scambio di messaggi tra Chamberlain e il Ftihrer è stata accolta ieri sera da parte del pubblico britannico, sulle prime con un senso di incredulità e di stupore, subito dopo con un generale senso di sollievo e poscia da un coro unanime di ammirazione e approvazione per quello che senza eccezione di sorta il pubblico inglese chiama il «coraggioso gesto di Chamberlain».

I giornali di stamane (le cui prime edizioni escono a mezzanotte) hanno dovuto all'ultimo momento distruggere le bozze già preparate degli articoli editoriali e dei titoli, i quali davano una ulteriore nota pessimistica sulla situazione internazionale, e rifare i giornali da cima a fondo.

In molti teatri gli spettacoli sono stati sospesi per la lettura del comunicato radio e il pubblico si è alzato in piedi con applausi e dimostrazioni di simpatia all'indirizzo di Chamberlain. Analoghe dimostrazioni di folla che acclamava Chamberlain si sono avute in Whitehall, in prossimità di Downing Street e all'uscita dei teatri, cinematografi e locali notturni in genere. Un'ondata improvvisa di ottimismo è subentrata all'atmosfera pesante che aveva caratterizzato la giornata di ieri durante la quale un

conflitto appariva in questi circoli politici come quasi inevitabile, dopo che il corso degli avvenimenti non sembrava ormai più controllabile.

Uniche note discordanti stamane nel coro di approvazione generale sono gli acidi commenti antifascisti dei gruppi dell'opposizione liberale e laburista, nonché dei soliti torbidi mestatori di sinistra, i quali, dopo aver parlato di «recente fallimento» della politica di Chamberlain con l'Italia fascista e di «risultato negativo» dei messaggi personali tra Chamberlain e il Duce2 , predicono a Chamberlain il fallimento della sua attuale iniziativa che presentano come il più grande tradimento della democrazia.

Per contro i circoli di Downing Street e dei conservatori fedeli a Chamberlain, allo scopo di neutralizzare e controbattere questa campagna, cercano di mettere nel maggior rilievo possibile la circostanza che Chamberlain si è dapprima consultato con Daladier e poscia ha informato Roosevelt, e che i capi delle due grandi democrazie alleate ed amiche hanno dato subito la loro incondizionata approvazione.

I giornali di stamani non mancano, con grandi titoli, di dare risalto alle corrispondenze delle capitali straniere, specialmente da Parigi e da Roma e dell'accoglimento favorevole che tanto in Francia quanto in Italia l'iniziativa di Chamberlain avrebbe avuto, mentre al contrario essa avrebbe reso Mosca addirittura «furiosa» e provocato a Praga un senso di «generale sbigottimento».

31 1 Vedi D. 12.

31 2 Wilbur J. Carr.

31 3 René Doynel de Saint-Quentin.

31 4 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

32 1 T. 4512/628 R. del 14 settembre. Trasmetteva il comunicato con cui veniva annunciata la prossima partenza di Chamberlain per incontrare Hitler.

33

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, PREZIOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4544/64 R. Bruxelles, 15 settembre 1938, ore 13.35 (per. ore 15,35).

Spaak mi ha detto aver ricevuto tanto dalla Germania quanto dalla Francia formali assicurazioni che in caso di conflitto l'indipendenza del Belgio verrà da essi rispettata. Ha aggiunto che politica di neutralità accentuata, che egli ha iniziato, sarà da lui più che mai rigidamente praticata, attuali circostanze dimostrando quanto essa sia di sicura salvaguardia per il Paese.

A tale riguardo segnalo che delegato belga a Ginevra ha ricevuto istruzioni di riaffermare dinanzi Assemblea noto punto di vista di questo governo circa non obbligatorietà articolo 16.

Presidente del Consiglio mi ha poi ripetuto che nessuna misura militare di carattere eccezionale è stata ritenuta finora necessaria, anche perché effettivi di copertura sono apparsi pienamente sufficienti.

Circa infine odierna iniziativa Chamberlain, Spaak si è mostrato fiducioso 1•

32 2 Riferimento allo scambio di lettere del luglio 1937. Vedi serie ottava, vol. Vll, DD. 136, allegato e 155, allegato.

33 1 11 documento fu inviato in visione a Mussolini.

34

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4540/1498-940 R. Praga, 15 settembre 1938, ore 15,45.

Si ha conferma proclama lanciato da Henlein al popolo sudetico 1• Esso ricorda oppressione ceca e attuale repressione armata costatando impossibilità convivenza. Rileva sforzi inutilmente fatti per onorevole giusta intesa, finisce con parole «Noi vogliamo andare a casa nostra nel Reich».

Verificansi continui nuovi incidenti con vittime. Stato d'assedio esteso altri distretti sudetici. Si ha pure notizia, non contèrmata, di scioperi in Boemia. Nei circoli locali molta preoccupazione per questa situazione e risultati noto colloquio odierno::.

Negli ambienti bancari si considera già opportunità chiedere moratoria.

35

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 4569/645 R. Tokio, 15 settembre 1938, ore 19, 55 (pet: ore 21,30).

Addetto militare giapponese a Berlino 1 ha telegratàto al suo ministero che il governo tedesco avrebbe mutato idea e sarebbe disposto concludere noto patto segreto. Ribbentrop si proporrebbe parlarne con Voi. Militari giapponesi non hanno dimenticato che loro offerta era stata due volte rifiutata da Berlino e spiegano mutamento con mutata situazione e maggiore interesse tedesco per Giappone (oltre che con insistenze di quell'addetto militare giapponese designato ambasciatore a Berlino). Malgrado ciò essi non hanno mutato idea e assicurano che anche U gaki è ormai favorevole.

Non so ancora se militari giapponesi pensino ad un unico patto a tre ovvero a due patti separati e da quanto mi risulta non è stato qui da loro ancora parlato a questa ambasciata di Germania delle precedenti conversazioni fra loro e noi su tale argomento 2 .

34 1 Nel proclama, diffuso il 15 settembre, Henlein aveva reclamato il diritto all'autodecisione per i sudeti ed affermato la loro volontà di tornare in seno al Reich (testo in Relazioni Internazionali, p. 659).

34 2 Riferimento all'incontro 1-litler-Chamberlain a Berchtesgaden (vedi D. 40, nota 1).

35 1 Iroshi Oshima.

35 2 Il documento tù inviato in visione a Mussolini.

36

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA

T. PER CORRIERE 756 R. Roma, 15 settembre 1938.

Vostro n. 083 1•

Questo ambasciatore di Spagna mi ha confermato che il Governo Nazionale è disposto a ricevere il sig. Hemming, aggiungendo che è tuttavia desiderio del generale Franco che il presidente del Comitato di non intervento gli faccia pervenire diretta richiesta al riguardo2 .

Poiché il governo portoghese ha già notificato al Comitato la sua adesione al progetto\ e poiché anche il governo tedesco si è espresso in senso favorevole 4 , ho autorizzato il R. Ambasciatore a Londra5 a comunicare a Lord Plymouth che il governo italiano non ha obiezioni all'eventuale invio del sig. Hemming prima a Burgos e poi a Barcellona con l'incarico e secondo le modalità e i termini indicati nel mio telegramma n. 284 del 3 corrente 6•

Aggiungo che in un memorandum consegnato da lord Plymouth a Grandi 7 è già previsto che il Comitato chiederà direttamente ai governi di Burgos e di Barcellona il loro preventivo nullaosta.

La missione Hemming non avrà naturalmente, compiti di mediazione, e si limiterà a fornire chiarimenti alle due parti sul meccanismo del piano e a rendersi conto delle obiezioni, delle riserve e delle proposte che le due parti hanno formulato.

37

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PlGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE SEGRETO 4577/110 R. Roma. 15 settembre 1938 (per. il 16).

Il cardinale Segretario di Stato mi ha detto di avere saputo da un diplomatico, non francese, che in caso di guerra la Francia s'impossesserebbe del Marocco Spa

36 ~ Grandi aveva riferito con T. 4549/631 R. del 15 settembre che l'incaricato d'affari tedesco aveva effettuato il relativo passo presso Lord Plymouth, precisando che il governo del Reich dava il suo assenso a condizione che la missione Hemming non avesse scopi di mediazione.

gnolo e passerebbe, poi, le sue truppe di colore nella Spagna. La Spagna Nazionale verrebbe quindi attaccata da Sud e da Nord, con il proposito di sbarazzarne il territorio dalle armate nazionali.

Lo stesso porporato mi ha dichiarato di avere saputo che, sempre in caso di guerra, il Canale di Suez sarebbe immediatamente chiuso all'Italia.

36 1 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 493.

36 2 Non si è trovata altra documentazione sul passo compiuto dall'ambasciatore spagnolo a questo proposito.

36 1 Ne aveva dato notizia l'ambasciatore Grandi con T. 4386/617 R. del 7 settembre, precisando che l'ambasciatore Monteiro aveva chiarito a Lord Plymouth che l'assenso del suo governo era subordinato al tàtto che la missione Hemming avesse carattere puramente tecnico, cosa di cui Lord Plymouth aveva dato assicurazione.

36 5 Con T. per corriere 755 R. del 15 settembre.

36 6 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 465, nota 5.

36 7 Non pubblicato. Il testo del promemoria britannico è in DP, n. V, D. 1743, allegato.

38

IL CONSOLE GENERALE A TANGERI, DE ROSSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4682/087 R. Tangeri, 15 settembre 1938 (per. il 19).

Mio telecorriere n. 084 1•

Dall'insieme delle informazioni che sono andato raccogliendo in questi giorni sono sempre più portato a credere che esista stretta relazione fra vasti apprestamenti militari francesi in Marocco, ormai visibilmente e chiaramente diretti contro Marocco Spagnolo, e attività Fronte Popolare franco-spagnolo in Zona Internazionale, e specialmente con complotto militare che abbiamo scoperto e denunciato domenica scorsa2. Non è aftàtto da escludere che franco-spagnoli, profittando tensione europea e preoccupazioni principali Potenze per avvenimenti centro-europei, abbiano voluto tentare diversione questo settore, facendo nascere disordini e rivolte in Marocco Spagnolo che avrebbero giustificato e fàcilitato quell'intervento francese nel Marocco Spagnolo, che francesi hanno inutilmente tentato in questi due ultimi anni di porre in atto con ogni mezzo in base agli accordi franco spagnoli del 1926.

Tale intervento, oltre che permettere ai francesi di controllare Marocco Spagnolo sminuendone il valore bellico e politico, avrebbe indirettamente potuto allentare pressione nazionalisti sui fronti di Spagna c forse anche assicurato alla Francia rettifica confini fra Protettorato Francese e Marocco Spagnolo, da tempo agognata, secondo quanto ha sempre praticato ogni qualvolta ha dovuto prestare concorso spagnoli per assicurare dominio loro zona, come accadde anche dopo guerra Abd ei-Krim.

Ma modificazioni, insospettate e non volute da Francia, corso avvenimenti europei e tempestivo nostro intervento per mandare a monte manovre qua preparate con Rossi spagnoli, rendono ormai impossibile a Francia di porre in atto, almeno per il momento, suoi piani per questo settore.

Resta a vedere adesso come governo francese possa decentemente e senza troppo compromettersi innanzi opinione pubblica locale, che in fondo gli è ostile per avere trascinato Paese prossimo alla guerra per una causa che non sentiva, smontare vasto apparecchiamento bellico Marocco senza conseguire parte almeno dei vantaggi che con esso si immaginava di potere accaparrare.

38 1 T. per corriere 4680/084 R. del 15 settembre. Riferiva che, pur continuando gli apprestamenti militari francesi in Marocco, il tono della stampa francese era divenuto improvvisamente moderato e conciliante.

38 2 Il 12 settembre, la gendarmeria di Tangeri aveva bloccato un gruppo armato di arabi e di «Rossi» spagnoli che si apprestava ad entrare nel Marocco spagnolo con l'apparente intenzione di crearvi dei torbidi che potessero giustificare un intervento francese. Il console De Rossi ne aveva riferito con T. 4420/248 R., 4421/s.N. R., 4442/252 R. e 4447/253 R. del 12 settembre.

39

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 9166/1756. Washington, 15 settembre 1938 1

Con riferimento alle precedenti segnalazioni e da ultimo ai miei telegrammi del IO e 14 corrente, n. 274 e 282 2 , faccio presente che nell'ambiente dei dirigenti commerciali italiani ed itala-americani di New York si è venuto formando, molto probabilmente anche per effetto dell'atmosfera locale, un sentimento esageratamente pessimista circa i risultati di un eventuale boicottaggio che venisse proclamato e propagandato negli Stati Uniti dalle organizzazioni ebraiche contro le merci e la mano d'opera italiana; dico merci e mano d'opera perché nel caso infatti degli italiani è da considerare un boicottaggio di mano d'opera inquantoché gli italiani, naturalmente nella quasi totalità italo-americani, vale a dire cittadini americani, hanno a New York, ed in molto minore misura a Chicago, strette connessioni di dipendenza con imprenditori ebraici.

È difficile avere cifre e bisogna piuttosto fondarsi su informazioni e disgraziatamente anche su impressioni. Certo è che numerosissimi sono gli italiani impiegati da imprenditori ebraici ed a New York si parla di qualche migliaio di impiegati dei grandi Department Stores di proprietà e direzione ebraica e di circa, se non oltre, 50.000 operai ed operaie concentrate soprattutto a Brooklyn, impiegati come tagliatori, sarti, cucitrici, ecc. dalle grandi organizzazioni ebraiche di confezioni.

Nel quadro di tale situazione di fatto non mancano neppure di soffiare sul fuoco elementi antifascisti quali il noto Antonini, che, nemmeno a farlo apposta, appartiene alla organizzazione operaia dei sarti ed ha una situazione politica ed elettorale locale abbastanza importante.

È inutile dire quanto gli interessati si preoccupino di fronte alla prospettiva di un licenziamento, tenendo anche conto della crisi di disoccupazione sempre in atto. Qualche licenziamento è già stato segnalato, ma si tratta di casi sporadici che potrebbero avere come causa ragioni singole personali di carattere economico normale.

Come V.E. rileverà, è molto difficile fare delle previsioni in proposito ma forse un esame più calmo della situazione fa ritenere che un licenziamento in massa di

39 2 Riferimento errato. Si veda in proposito il D. 19.

questi lavoranti non dovrebbe ragionevolmente essere temuto. È una massa specializzata, da tempo dedicata a questo ramo particolare, e i dirigenti ebrei sono troppo abili perché il fanatismo razziale possa indurii a sconvolgere l'organizzazione produttiva delle proprie aziende, e intraprendere, per soli motivi politici, una completa sostituzione di mano d'opera che non potrebbe che avvenire lentamente e con danno.

Intanto, il R. Console Generale in New York svolge a questo proposito azione tranquillizzante.

Come osservazione generale, non può neppure, infine, non tenersi presente che in complesso si tratta di nuclei di cittadini americani, anche se di origine italiana, ormai acquisiti alla vita politica ed economica degli Stati Uniti e i cui legami con la Madre Patria si riducono, e si ridurranno ancor più in avvenire, a puri legami ideali e, se è lecito dirlo, razziali.

Di più immediato ed attuale interesse, dal punto di vista soprattutto economico, si prospetta invece un eventuale boicottaggio di merci.

Anche per questa parte gli importatori italiani ed italo-americani soprattutto di New York dove vive la più grande comunità ebraica degli Stati Uniti (di circa due milioni) si mostrano molto preoccupati e, forse si può ripetere anche qui, esageratamente preoccupati.

Anche se gravi, le conseguenze di un boicottaggio non appaiono da un esame obiettivo della situazione di fatto e sulla base di ragionevoli previsioni, così catastrofiche come da alcuni si teme, quasi che tutta l'esportazione italiana in America fosse monopolizzata tanto nella distribuzione quanto nel consumo dalle comunità israelitiche.

Innanzitutto, occorre tenere presente che gli ebrei degli Stati Uniti si elevano a circa 5 milioni, corrispondono quindi ad una percentuale di appena un 4% scarso sull'intera popolazione. È bensì vero che la partecipazione effettiva degli ebrei al consumo delle nostre merci è di fatto molto maggiore di tale percentuale inquantoché le comunità ebraiche si trovano concentrate in alcuni grossi centri cittadini, soprattutto della costa orientale atlantica dove le nostre esportazioni sono in grande maggioranza destinate ed assorbite. In larghissime zone del sud, del Middle West e del West la penetrazione commerciale italiana è scarsa e quasi completamente da fare; ma, anche volendo fare una media, la massa dei consumatori ebraici è sempre molto bassa in confronto alle masse di consumatori non ebraici, di cui una parte, poi, è di origine italiana. Né è probabile che il boicottaggio attecchisca in larghe zone di popolazione non ebraica, anche se ostile alle misure antisemite.

Dopo queste considerazioni generali e venendo all'esame dei singoli rami di importazione, appare che il settore più esposto è quello dei tessuti.

Il commercio e la distribuzione dei tessuti è prevalentemente, per non dire esclusivamente, in mano a importatori e distributori ebraici. Evidentemente è il settore per noi più vulnerabile, tenendo presente, non solo la situazione attuale, ma anche le prospettive favorevoli che la tendenza dei mercati in questi ultimi mesi rendevano prevedibili per l'immediato futuro. Naturalmente, gli importatori possono cessare di rifornirsi da noi e qualche iniziativa in tal senso, per quanto isolata, sembra che sia già in atto. È il settore più controllato e più controllabile nella sua interezza da elementi ebraici, dato che ebrei sono gli importatori, ebrei sono i trasformatori delle stoffe ed ebrei sono in gran parte anche i distributori. Una volontà deliberata per il boicottaggio della nostra merce potrebbe, almeno in un primo tempo, chiuderci considerevolmente il mercato.

Tuttavia, anche qui si ha l 'impressione che un eccessivo pessimismo non tenga conto di tutti gli elementi della situazione. Giuocano in primo luogo, a quanto mi viene assicurato da questo Assistente Consigliere Commerciale, elementi favorevoli di costo per cui i tessuti italiani tengono fortemente il mercato malgrado la vivace concorrenza locale ed estera. In secondo luogo, non è senz'altro spostabile una domanda verso altri mercati senza ulteriormente aggravare i costi, dato e non concesso poi che, anche a prescindere da questo elemento essenziale, vi sia la possibilità di soddisfare tale improvvisa domanda senz'altro da parte di altri mercati.

Un altro grande ed importante ramo della importazione italiana è costituito dai prodotti alimentari, spesso prodotti alimentari tipici italiani e quindi non facilmente sostituibili. Il consumatore ne è quasi esclusivamente l' italo-americano. È bensì vero che tale commercio è pure in buona parte in mano di importatori e distributori ebrei è anche più frequentemente in mano a ditte miste italo-ebraiche. Sembra ragionevole ritenere che, salvo a voler ammettere una volontà liquidatrice della propria azienda, sia difficile scontare una sostanziale interruzione delle importazioni in tale ramo. Prodotti tipici da un lato, gusti non mutabili del consumatore dali 'altro, dovrebbero rendere gli importatori ed intermediari prigionieri della situazione oggi esistente.

Un contributo importante alla nostra importazione è dato dai cosiddetti prodotti artistici ed in genere dell'artigianato italiano, la cui distribuzione avviene in grande maggioranza per mezzo dei grandi Department Stores di New York e molto meno di Chicago, che sono tutti in mano agli ebrei. Per la prossima stagione sembra che le forniture siano state già commesse: certo non è improbabile che si possa avere in proposito qualche reazione; ma, anche qui, occorre tenere presente che si tratta di prodotti tipici non sostituibili facilmente, la cui eliminazione porterebbe un danno diretto e immediato senza probabili compensi.

Interessi cospicui sono rappresentati dalla nostra Navigazione di linea, e i dirigenti della ltalian Line, per quanto riservati e, credo, incerti nelle previsioni, sono tuttavia pessimisti. Sta di fatto che effettivamente le nostre linee di navigazione erano venute beneficiando indirettamente in questi ultimi anni del boicottaggio ebraico alle linee germaniche, pur tenendo conto che le linee germaniche sono sulla rotta del nord dove concorrono ditte inglesi, francesi ed olandesi. Ma, a quanto mi è stato assicurato, cosa strana a dirsi, molti ebrei preferivano la linea italiana alle linee francesi e inglesi perché trovavano sulle navi italiane un trattamento, per così dire razziale, migliore, senza dire che la linea italiana è anche la più rapida e più comoda per la destinazione della Palestina per dove vi è un notevole movimento di andata e ritorno con gli Stati Uniti.

Strettamente connessa con la questione della navigazione è quella del turismo, che molto probabilmente sarà in parte deviato. È tuttavia difficile fare previsioni precise dato che mancano completamente dati sulla percentuale della partecipazione ebraica tanto ai passaggi sulle nostre navi, quanto al turismo italiano e solo si può dire che tale situazione può essere in parte ancora bilanciata dalla circostanza che in realtà la Linea italiana sulla rotta del Sud e per il Mediterraneo lavora in regime di quasi monopolio e quindi non è improbabile che ad evitare trasbordi e altre incomodità gli ebrei americani diretti nel Mediterraneo, in Palestina e nel Vicino Medio Oriente, continuino a servirsi delle navi italiane.

Abbiamo esaminato sommariamente e a grandi linee la situazione della importazione visibile ed invisibile.

Vi è anche la pagina delle esportazioni americane in Italia e per avere un bilancio completo agli effetti del boicottaggio e della sua difesa non è da tacere che buona parte delle importazioni americane in Italia passa, sotto diversi titoli, per mani ebraiche e quindi è una leva che potrebbe essere contromanovrata per compensare e premere sul settore delle nostre esportazioni.

Nell'esame non si è tenuto conto neppure di eventuali incoraggiamenti e diversa organizzazione del sistema delle nostre importazioni e della loro distribuzione, dato che non è neppure da escludere una eliminazione degli attuali importatori ed intermediari ebraici con un interessamento diretto per altri tramiti al mercato.

Per completare il quadro indicativo della situazione è stata anche presentita quest'ambasciata di Germania per avere informazioni sull'effetto che il boicottaggio ebraico, già in atto ormai da tempo contro le merci germaniche, ha avuto sulla misura degli scambi fra Stati Uniti e Germania. Tali scambi dal 1931 a oggi hanno subìto una enorme falcidia e, come è stato a più riprese riferito, sono discesi a meno della metà. È forse il ricordo di questa esperienza e di queste cifre che rende certuni così pessimisti sulle conseguenze di un eventuale boicottaggio contro di noi.

Le informazioni raccolte presso i colleghi dell'ambasciata germanica ed in epoca non sospetta danno che l'enorme diminuzione subita dal volume degli scambi americano-germanici è dai tecnici giudicata solo in modesta misura dovuta alla questione antisemita. Il crollo subìto da tali scambi è dovuto alla nota mancanza di un trattato di commercio tì·a i due Paesi e quindi all'applicazione delle tariffe massime e in parte anche alle difficoltà burocratiche che regolano le esportazioni germaniche. Secondo tali esperti il boicottaggio non avrebbe invece inciso che per un 15% sulla diminuzione in cifre che peraltro non hanno valore assoluto perché in qualche misura la Germania ha potuto spostare le proprie importazioni agli Stati Uniti da alcuni settori maggiormente colpiti dal boicottaggio ad altri che per ragioni di monopolio o simili erano meno sensibili al boicottaggio stesso e per le condizioni del mercato suscettibili di rafforzamento.

Naturalmente, l'analisi che precede è soltanto indicativa e sulla base delle informazioni più attendibili raccolte mercé anche l'ausilio deii'Ut1icio del Consigliere Commerciale.

Ad ogni modo è sembrato oppotiuno tàre questo largo bilancio di insieme per utile norma nella valutazione complessiva dell'influsso della politica razzista nazionale nei confronti dei rapporti commerciali italo-americani3 .

39 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

39 3 Il documento fu inviato in visione a Musso lini il 6 ottobre.

40

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 463l/0152 R. Berlino, 16 settembre 1938 (per. il 17).

Ripeto qui appresso, ad ogni buon fine, il contenuto della mia comunicazione telefonica a S.E. il Ministro, in data di ieri sera, 15 corr., alle ore 23: «Mi ha chiamato al telefono da Berchtesgaden il Segretario di Stato barone Weizsacker, il quale mi ha, per incarico di Ribbentrop, comunicato quanto segue in merito alla intervista Chamberlain-Hitler1:

l) Il Fi.ihrer ha fatto capire chiaramente e senza alcuna ombra di dubbio a Chamberlain che egli era fermamente deciso ad arrivare ad una soluzione della questione sudetica in un modo o nel! 'altro.

2) Il Fi.ihrer ha chiaramente detto che non è più il caso di parlare di autonomia, questa essendo stata completamente superata dagli avvenimenti; essere quindi ora necessaria la vera e propria secessione territoriale della regione sudeta dal resto della Cecoslovacchia.

3) Chamberlain, pur sotto ogni possibile riserva costituzionale e a titolo personale, ha mostrato una giusta "comprensione" del punto di vista tedesco, impegnandosi di riferirne al Gabinetto.

Chamberlain ha quindi promesso, dopo questa ed altre consultazioni, di incontrarsi nuovamente col Fi.ihrer in località da determinarsi (forse nei pressi di Colonia), nei primi giorni della settimana entrante.

Mentre ho ringraziato Weizsacker della comunicazione di cui sopra, gli ho domandato se egli credesse che, in attesa del prossimo incontro Chamberlain-Hitler, in massima fissato per la settimana prossima, la situazione locale cecoslovacca "potesse reggere". Weizsacker mi ha risposto che, salvo grossi imprevisti, egli riteneva di sì» 2 .

40 1 Incontro di Berchtesgaden del 15 settembre (vedi DDT, vol. Il, D. 487 e ED, vol. Il, D. 895). Per altre notizie date da parte tedesca circa quell'incontro si vedano i DD. 63e 65.

40 2 Con lo stesso corriere, l'ambasciatore Attolico riferiva di aver incontrato l'ambasciatore di Gran Bretagna, Henderson, il quale gli aveva confermato le notizie sull'incontro 1-Iitler-Chamberlain dategli da von Weizsacker, aggiungendo però alcuni dettagli che Attolico riteneva di dover segnalare come interessanti: l) «L'applicazione della progettata secessione non dovrebbe, necessariamente, implicare un plebiscito; 2) non è escluso che il nuovo convegno possa avere basi più allargate del primo, eventualmente comprendendo anche Daladier; 3) Henderson non crede che questo secondo convegno possa avere luogo tanto presto. Si andrà forse verso la metà se non verso la fine della settimana entrante». (T. per corriere 4629/0 l 55 R. del 16 settembre).

41

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 4582/651 R. Tokio. 16 settembre 1938, ore 8,20 (pe1~ ore 15, l 0).

Mio telegramma n. 645 1•

Per quanto posso giudicare da quel pochissimo che mi è dato immaginare da qui circa il complesso problema della nostra politica europea mi sembra che, se ve ne fosse modo, un duplice patto a due sarebbe preferibile a un singolo patto a tre. Ciò darebbe maggior peso ed elasticità alla nostra azione e ci offrirebbe modo di tener conto dei nostri particolari interessi per i quali credo che le clausole navali del patto stesso avrebbero più grande importanza delle militari.

42

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4574/636 R. Londra, 16 settembre 1938, ore 11,30.

Marcato ottimismo che ha caratterizzato giornata di ieri continua ancor più accentuato stamane. L'interesse del pubblico per le notizie ed i particolari dell'incontro fra Chamberlain ed il Fuhrer1 è vivissimo in tutti i ceti della popolazione. Dappertutto il gesto di Chamberlain riscuote sempre più crescenti manifestazioni di riconoscenza e di ammirazione. Speciale risalto viene dato in questi circoli politici alla adesione senza riserve che tutti i governi dei Dominions compresi quelli composti di gruppi ed elementi di sinistra hanno esplicitamente dato all'azione di Chamberlain. Non minor risalto viene dato alle notizie da tutti i Paesi del mondo ed in particolare dagli Stati Uniti che riportano commenti ed elogi di ammirazione per quanto ha fatto il Primo Ministro.

Gruppi antifascisti della Camera dei Comuni e delle sinistre in genere, i quali ieri hanno tentato di seminare dubbi e indebolire posizione di Chamberlain, mostrano sta

42 1 Vedi D. 40, nota l.

mane un atteggiamento assai più prudente. Non è senza particolare significato un episodio verificatosi ieri sera: il famigerato capo laburista Morrison ha indetto un pubblico comizio nel quartiere di Holborn per protestare contro Chamberlain ed è stato sonoramente fischiato dai suoi stessi aderenti, i quali lo hanno costretto a interrompere il suo discorso che Morrison ha ripreso poco dopo smentendo interamente le sue precedenti affermazioni.

Particolare rilievo viene dato in questi circoli politici al fatto, riprodotto in tutti i giornali, che Chamberlain da Berchtesgaden si è messo in diretta comunicazione col Duce.

Lettera aperta a Runciman pubblicata ieri mattina sul «Popolo d'Jtalia 2» e il cui riassunto è giunto a Londra attraverso un dispaccio Reuter alle prime ore del mattino, e cioè troppo tardi per prendere i giornali di ieri, viene stamane ripreso da tutti i giornali conservatori e dell'opposizione i quali danno all'articolo, attribuito unanimemente al Duce, uno spazio eccezionale ed una importanza oltremodo significativa.

Mi risulta che ciò è stato voluto da Downing Street dove fin da ieri nel pomeriggio io ho creduto di dover far giungere testo integrale articolo Popolo d'Italia, da me richiesto e pervenutomi da Milano per via aerea. L'interesse suscitato dalla «Lettera aperta a Runciman» è generale e convincimento che soluzione prospettata dal Duce è l'unica possibile sta facendosi sempre più strada in questi circoli politici.

Mentre telegrafo mi si informa da Whitehall circa una possibile visita di Daladier per domani a Londra. Notizia, che mi riservo di controllare non è tuttavia confermata.

41 1 Vedi D. 35.

43

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4585/81 R. Mosca. 16 settembre 1938, ore 14,10 (pe1: ore 17).

Corrispondenza ginevrina segnalata con mio telegramma Stefani odierno evidentemente ispirata da Litvinov rivela preoccupazioni sovietiche azione Chamberlain possa sboccare in trattative fra Inghilterra e Germania Francia e Italia con esclusione

U.R.S.S.

Questa stampa locale incomincia manifestare timori che Cecoslovacchia venga costretta rinunziare sua politica basata su appoggio Francia ed U.R.S.S.

42 2 Vedi D. 24.

44

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4598/149 R. Varsavia. 16 settembre 1938, ore 15,35 (per. ore l 9).

Ho domandato a questo ambasciatore di Romania quale fondamento avessero le notizie, già smentite dal governo di Bucarest e che ritornavano a circolare dopo l'incontro di Litvinov a Ginevra con Comnen, circa pressioni sovieti onde ottenere il consenso della Romania all'eventuale transito di truppe russe sul suo territorio in soccorso della Cecoslovacchia 1• Il signor Franassovici ha escluso che tali notizie avessero qualche fondamento, aggiungendo che oltretutto gli risultava che il governo francese aveva fatto presente a Mosca opportunità di mantenere nelle attuali circostanze un atteggiamento riservato al fine di evitare «pericolose reazioni». Secondo il mio collega, non era poi probabile, anche se un conflitto dovesse scoppiare, che la Russia almeno in un primo momento vi partecipasse con l'invio di proprie forze in Cecoslovacchia. Questo modo di considerare la posizione sovieti, sempre secondo Franassovici, sarebbe condivisa anche dal governo polacco 2 .

45

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4603/148 R. Budapest, 16 settembre 1938, ore 18,07 (per. ore 21,30).

Ore 15. Preciso atteggiamento governo ungherese quale mi risulta da conversazione stamane al ministero Affari Esteri:

a) In caso che plebiscito fosse accordato solo ai sudeti, il governo ungherese non tollererebbe ciò in alcun modo. Si inizierebbe subito una azione di rivolta nei ter

ritori delle minoranze ungheresi in Slovacchia e l'Ungheria appoggerebbe tali movimenti fino alle ultime conseguenze.

b) In caso di conflitto, l'Ungheria prima d'intervenire rimarrebbe neutrale solo per pochissimo tempo per riguardo all'eventuale atteggiamento della Jugoslavia e soprattutto della Romania di cui ora più specialmente si preoccupano gli ungheresi.

44 1 In questo senso aveva riferito, da Ginevra, Bova Scappa che, pur non essendo in grado di accertare quale esito avessero avuto le pressioni di Litvinov e di Bonnet su Comnen, indicava come sintomatico il fatto che la candidatura di Comnen alla presidenza dell'Assemblea della Società delle Nazioni fosse appoggiata dall'Unione Sovietica e dalla Francia (T. 4417 bis/165 dell' 11 settembre).

44 2 Sull'argomento, l'ambasciatore Arone aveva-il giorno successivo-un colloquio con il segretario generale del ministero degli Esteri polacco, Cecewski, il quale gli confermava che il suo governo, pur non escludendo del tutto un intervento dell'U.R.S.S. in aiuto della Cecoslovacchia, lo riteneva «improbabile almeno in un primo momento». Dubbi suscitava invece, secondo il diplomatico polacco, l'atteggiamento della Romania perché, anche se non vi erano accordi con Mosca, fatti smentire da Comnen a Beck, «non era possibile contare in modo assoluto sulla volontà di resistenza romena di fronte ad eventuali concrete pressioni militari russe» (T. 4636/152 R. del 17 settembre). Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

46

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4600/639 R. Londra. 16 settembre 1938, ore 19,34 (per. ore 21,50).

In base alle istruzioni ricevute, ho comunicato Cadogan che governo fascista, analogamente a quanto è stato fatto ieri da governo tedesco, non ha obiezioni viaggio Hemming Burgos e Barcellona.

47

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 461 [/190 R. Sofia, 16 settembre 1938, ore 20,20 (per. ore 2 del 17).

M io telegramma n. l 98 del 12 corr. 1•

Presidente del Consiglio mi ha detto che ministro di Romania2 era venuto ad informarsi su atteggiamento Bulgaria in caso complicazioni e che egli gli aveva confermato intendimenti neutralità.

Ministro di Romania gli aveva replicato che analogo atteggiamento avrebbe tenuto Romania e nella circostanza gli aveva dichiarato che governo romeno non avrebbe consentito, in nessun caso, passaggio forze sovietiche.

Nondimeno, nel riferirmene Presidente del Consiglio mi ha detto che non mutava convinzione già espressami, cioè che Romania «lascerebbe fare» e che ciò avrebbe potuto costarle rinunzia alla Bessarabia.

47 1 Nota del documento: «Riferimento errato. Probabilmente trattasi del telegr. n. 185 del 14 corr.». Il ministro Talamo aveva riferito con T. 4490/185 R. del 14 settembre su un colloquio avuto con il presidente del Consiglio bulgaro, Kiosseivanov, il quale, fra l'altro, gli aveva espresso la convinzione che un intervento sovietico si sarebbe concretato nell'invio di materiale, specie aereo, attraverso il territorio romeno. Kiosseivanov -precisava Talamo -«non crede che Romania abbia effettivamente e risolutamente negato attraversamento ma abbia anzi lasciato intendere che, pur non accordandolo formalmente, non si opporrebbe in tàtto. Tale convinzione deriva dalla sua conversazione con questo incaricato d'affari sovietico che gli avrebbe detto esplicitamente attraversamento avrebbe luogo "nel punto più stretto", cioè presumibilmente attraverso Bucovina verso regione subcarpatica». Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

4 7 2 Radu Crutzescu.

48

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4630/0150 R. Berlino, 16 settembre /938 (per. il 17).

Apprendo avere ieri il Quai d'Orsay dichiarato all'ambasciatore del Belgio a Parigi 1 che, in caso di intervento armato della Germania in Cecoslovacchia, la Francia, pur prendendo immediatamente tutte le misure militari preparatorie del caso, non entrerebbe in guerra se non dopo: a) una convocazione delle Camere; b) una risoluzione del Consiglio della S.d.N. che riconoscesse l' «aggressione» tedesca.

Quanto all'Inghilterra, essa non solo seguirebbe, e a più forte ragione, la stessa procedura della Francia ma per di più cercherebbe, in un primissimo tempo, di localizare il conflitto.

Non riuscendovi, entrerebbe anche essa2 .

49

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4628/0 !54 R. Berlino. 16 settembre /938 (pe1: il 17).

L'Addetto Militare Aggiunto ha oggi segnalato al proprio Ministero la partenza per il fronte di reggimenti di S.S. in pieno assetto di guerra, di repatii di aviazione, ecc.

Il fatto è sicuro, ma tuttavia non può essere assunto ad indice di un 'azione imminente. Lo stesso colonnello Badini, infatti, recatosi immediatamente al ministero della Guerra, ha avuto bensì notizia di progressivi «addensamenti» alla frontiera cecoslo

48 = Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

vacca, ma anche conferma che nulla è previsto prima, in ogni caso, della settimana entrante. Si tratterebbe, come si vede, sempre della solita data già da me più volte segnalata, del 20 settembre 1•

In ogni modo ritengo, anche dopo opportune informazioni assunte presso il sottosegretario Woermann, che, nella nuova situazione politica creata dall'incontro Chamberlain-Hitler e in attesa della seconda intervista, che tutti danno come probabile per martedì o mercoledì prossimo (nelle vicinanze di Colonia), nessun colpo di testa da parte tedesca sia da attendere, ciò peraltro a condizione che non accada localmente qualche incidente così grosso da mettere la Germania nella necessità di reagire immediatamente.

Posso anche aggiungere, per informazione ricevuta in questo momento da Henderson, già tornato in volo da Berchtesgaden, che, essendo state delle assicurazioni in questo senso richieste da Chamberlain a Hitler, questi ha risposto di non poter assumere in proposito impegni veri e propri, promettendo tuttavia che avrebbe fatto del suo meglio 2 .

48 1 Poi Le Tellier.

50

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4652/0197 R. Budapest, 16 settembre 1938 (pe!: il 18).

Ho parlato col vice ministro degli Affari Esteri delle voci corse sulla possibilità che la Romania accordi alla Russia il passaggio di truppe nel suo territorio in caso di conflitto. II barone A por mi ha detto non ritener! o [vero] data la politica di Re Caro l verso i sovieti; d'altra parte in quella zona vi sarebbe una sola ferrovia che potrebbe essere eventualmente utilizzata dai russi allo scopo.

Dato invece l'atteggiamento che a quanto sembra la Romania starebbe assumendo in questi giorni, si hanno forti preoccupazioni sull'atteggiamento romeno in caso di conflitto ungaro-cecoslovacco 1•

Quanto all'atteggiamento della Russia, al ministero degli Affari Esteri si continua a ritenere che potrà essere importante per forniture di materiali e di armi e di aviazione e magari di volontari come in Spagna ed evidentemente con una molto più gran

de facilità; ma non si pensa che lo sforzo dei soviet potrebbe essere, in caso, troppo efficiente data la situazione interna del Paese. D'altra parte, alla legazione di Polonia si osserva che anche nel maggio scorso la Russia fece sentire la sua voce solo quando tutto era accomodato.

49 1 Il colonnello Badini aveva riferito al ministero della Guerra nel senso qui indicato dall'ambasciatore Attolico ma aveva sottolineato che le Autorità germaniche non apparivano disposte a dare delle informazioni ai rappresentanti italiani, militari o diplomatici, e aveva concluso di ritenere possibile un'azione contro la Cecoslovacchia «anche prima della ripresa dei colloqui con Chamberlain» (telegrammi 1557 e 1561 del 16 settembre in Archivio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito).

49 2 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

50 1 Lo stesso giorno, il ministro di Romania, Zamfirescu, smentiva a Ciano «in forma categorica la notizia di marca francese relativa al libero transito sovietico in Bessarabia» (CiAl\0, Diario, alla data del 16 settembre). Sul colloquio non è stata trovata documentazione negli archivi.

51

L'AMBASCIATORE A V ARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4676/086 R. Varsavia, 16 settembre 1938 (peT~ i/19).

Negli ambienti di questo ministero degli Affari Esteri si ritiene generalmente che l'U.R.S.S., dati sia l'attuale situazione interna e sia la disorganizzazione dei quadri dell'esercito rosso in seguito alle continue «epurazioni», potrebbe in pratica recare assai difficilmente un efficace aiuto militare alla Cecoslovacchia nel caso di un conflitto, ave si eccettui l'invio di aeroplani e di tecnici. E ciò malgrado le notizie anche qui pervenute di ingenti apprestamenti militari russi nelle regioni dei confini occidentali sovietici e specie in Ucraina. Da parte polacca si è peraltro provveduto a prendere le opportune misure per troncare preventivamente ogni eventuale velleità russa di inviare delle truppe in soccorso della Cecoslovacchia attraverso la Polonia. Al riguardo chiaro scopo dimostrativo hanno appunto le manovre militari polacche che si sono iniziate ieri in Volinia.

52

IL CAPO DI GABINETTO, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma,16 settembre 1938.

L'incaricato d'Affari di Polonia è venuto a dirmi, dietro istruzioni del suo Governo, che in Polonia è stato letto con soddisfazione e commozione l'articolo apparso su Il Popolo d 'Italia avente per titolo Lettera a Runciman 1•

L'Incaricato d'Affari di Polonia aggiungeva che non credeva di rivelare un segreto dicendo che tale articolo veniva nel suo Paese universalmente attribuito al

Duce. E appunto per questo teneva a marcare i suoi ringraziamenti per la comprensione dimostrata dal Capo del Governo Italiano nei confronti del problema delle minoranze nazionali in Cecoslovacchia.

L'Incaricato d'Affari di Polonia mi pregava poi di portare testualmente a conoscenza d eli' Eccellenza Vostra quanto segue:

Il Governo Polacco, considerando che la questione delle minoranze in Cecoslovacchia non è più una questione interna ceca, ma è divenuta una questione di carattere internazionale, si affretta a portare a conoscenza del R. Governo che egli intende prendere tutte le misure atte a salvaguardare i suoi interessi affinché essi vengano decisi nella stessa guisa di quelli delle altre Potenze interessate alla questione (autodecisione).

52 1 Vedi D. 24.

53

APPUNTO DEL GABINETTO PER IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Roma, 16 settembre 1938, ore 21,10.

L'Ambasciatore Attolico comunica la seguente conversazione telefonica avuta con il Ministro Ribbentrop:

Il Flihrer ringrazia il Duce della richiesta che gli ha fatto in relazione al discorso di domenica1• Riferendosi a tale cortese richiesta fa sapere che converrebbe mettere in evidenza i seguenti punti:

l) La situazione diviene di giorno in giorno, anzi di ora in ora, sempre più intollerabile. È chiaro che in Cecoslovacchia, come già in Spagna, gli elementi bolscevichi hanno preso la mano. Ormai una soluzione si impone o con mezzi pacifici

o altrimenti. 2) Se una azione internazionale deve essere esercitata bisogna che lo sia immediatamente e che si esplichi in due forme: a) immediato ritiro della polizia e delle truppe Cèche onde por termine ai sanguinosi incidenti locali e sollevare la situazione delle popolazioni; b) procedere ad una radicale e definitiva operazione che sottragga alla Cecoslovacchia le nazionalità che non le appartengono. Circa la forma e le modalità di

una tale operazione il Flihrer pregherebbe di non voler entrare in particolari dato che ciò appunto dovrebbe essere oggetto di discussione nel secondo convegno 2•

Per quanto riguarda il resoconto del convegno di Berchtesgaden, l'ambasciatore Attolico si riserva di farci avere informazioni più particolareggiate 3 . Intanto, gli è stato più o meno confermato quanto è apparso in merito sui giornali. Chamberlain si sarebbe impegnato ad esporre al suo Gabinetto e al Governo francese il punto di vista tedesco al quale, personalmente, si sarebbe mostrato piuttosto favorevole. Chamberlain avrebbe altresì promesso al Flihrer di esercitare la sua influenza su Benes al fine di far cessare i conflitti nei Sudeti, pur dichiarando di non poter assumere alcun impegno formale a questo proposito 4 .

53 1 Come risulta dai documenti tedeschi, lo stesso giorno l'ambasciatore Attolico aveva comunicato alla Wilhelmstrasse, perché ne fosse subito informato von Ribbentrop allora a Monaco, che Mussolini intendeva fare nel discorso che avrebbe pronunciato due giorni dopo a Trieste dei riferimenti alla crisi cecoslovacca, entrando anche nei dettagli della questione: Mussolini inviava quindi una richiesta in forma di «messaggio speciale» al Flihrer per essere informato con precisione sulle intenzioni del governo tedesco (DDT, vol. Il, D. 495). Di ciò non è stata trovata documentazione negli archivi italiani.

53 2 Sul colloquio telefonico tra von Ribbentrop e l'ambasciatore Attolico si veda anche il promemoria di von Ribbentrop in DDT, vol. II, D. 51 O.

54

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 16 settembre 1938.

Il Governo spagnolo ha pregato il suo Ambasciatore di comunicare a V.E. quanto segue.

Dato che la quistione dei Sudeti si sta acutizzando e la situazione internazionale si va facendo sempre più grave, interesserebbe al Governo spagnolo di conoscere l 'atteggiamento che prenderebbe il Governo italiano di fronte all'invasione della Catalogna e della Zona del Protettorato spagnolo del Marocco, invasione che il Governo Nazionale ritiene inevitabile nel caso di una conflagrazione europea. In tal caso, il Governo rosso, l'Inghilterra e la Francia procederebbero indubbiamente d'accordo contro il Governo Nazionale. Ciò che metterebbe il Governo Nazionale in una situazione di estrema gravità, sia nel Mediterraneo, sia in tutta la Spagna, e -sorpassando i limiti propri della questione spagnola-verrebbe a turbare direttamente l'equilibrio del Mediterraneo.

L'Ambasciatore di Spagna resta a disposizione di VE. per quelle informazioni e comunicazioni che V. E. crederà di fare 1•

53~ Sul documento vi è la seguente annotazione manoscritta: «È già stato telefonato dal Conte Ciano al Duce. Da consegnare al Duce domani mattina».

Ciano ragguagliò personalmente Mussolini sulla situazione in atto il 17 settembre, quando lo raggiunse sul treno in viaggio da Forlì a Trieste. La reazione del capo del governo italiano è così riportata nel Diario di Ciano sotto quella data: «[Il Duce] conclude: "Ilo preso le decisioni. Se il conflitto si produrrà in Germania, Praga, Parigi e Mosca, io resterò neutrale. Se la Gran Bretagna interverrà, generalizzando la lotta e dandole un carattere ideologico, allora ci getteremo nella fornace. L'Italia e il fascismo non potrebbero essere neutrali". Personalmente il Duce propende per ritenere che il contrasto tìnirà con l'avere una soluzione militare».

53 1 Vedi DD. 40 e 65.

54 1 Il documento ha il visto di Mussolini. Sul documento vi sono le seguenti annotazioni: «Vedremo quando la cosa passasse dal campo delle ipotesi a quello delle possibilità reali. S.E. il Ministro. 19/9». «Informato Conde 2019».

55

IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA MARINA, CAVAGNARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE RISERVATA 1 . Roma, 16 settembre 1938 (per. i/19).

Ti rimetto copia di una lettera del R. Addetto Navale a Berlino.

Trattandosi di questione di carattere eminentemente politico, ti sarò grato se vorrai farmi conoscere quale risposta possa essere [ .... ]al R. Addetto Navale a Berlino2 .

ALLEGATO

L'ADDETTO NAVALE A BERLINO, PECORI GIRALDI,

AL MINISTERO DELLA MARINA

RAPPORTO. [Berlino, 14 settembre 1938].

Stamane mi sono recato ali' Oberkommando della Marina germanica, in seguito ad invito. Mi è stato dato incarico di domandare a VE. quanto segue:

I) Nel caso che la Germania dovesse trovarsi coinvolta in un con[flitto sarebbe] l'Italia disposta ad assumere verso la Germania, per quanto ha [r(ferimento alla] marina da guerra, un'attitudine di benevola neutralità, int[esa allo] scopo di dare un sostegno alla Marina germanica operante in Mediterraneo. È stato posto in rilievo che l'eventualità di cui si tratta si riferisce ad un conflitto e non ad una guerra, contlitto nel senso per esempio di guerra non dichiarata o di guerra localizzata oppure infine di blocco nelle sue varie forme.

2) Si pensa che l'Italia non potrebbe in modo palese violare la neutralità, ma potrebbe aiutare in forma occulta le forze operanti germaniche ad assolvere i loro compiti. Si tratterebbe in sostanza di:

a) Coadiuvare il servizio informaz[ioni] ted [esco ne]lla raccol[ta] di tutti glielementi che possano interessare le forze na[vali] germaniche (avvistamenti [di unità] da guerra e mercantili nemiche in Mediterraneo [ .... ] piroscafi con carichi sospetti ecc.).

Questa raccolta di informazioni dovrebb'essere effettuata, pur continuando e lasciando inalterato lo scambio di notizie segrete circa sistemi di cifratura, materiale crittografico, ecc., attualmente in atto.

b) Rendere possibile il rifornimento di combustibile, viveri c quanto altro occorra alle navi germaniche (presumibilmente soltanto sommergibili) dislocate in Mediterraneo.

La lettera del comandante Pecori Giraldi fu trasmessa anche dall'ambasciatore Attolico il quale aggiungeva: «La domanda mi sembra legittima ma alquanto sfasata, essendo ormai evidente che, se conflitto ci sarà, esso sarà generale».

Sulla lettera di Cavagnari vi è il visto di Mussolini.

3) Qualora V. E. rispondesse in senso affermativo a quanto sopra esposto, il locale Oberkommando mi preciserebbe la richiesta avanzata.

4) Dal tenore della conversazione svoltasi mi è sembrato poter dedurre che il Comando della locale Marina non è particolarmente allarmato dalla situazione, ma che la richiesta di sostegno nel Mediterraneo viene avanzata soltanto per essere pronti ad ogni eventualità.

Pare che la Marina abbia per ora richiamato soltanto una piccola aliquota di personale congedato per la durata delle esercitazioni che si stanno svolgendo nel Mare del Nord: questo richiamo del resto era già previsto da tempo.

5) Rimetto a S.E. l'Ambasciatore copia del presente foglio.

55 1 Il documento è danneggiato dall'umidità. 55 è Sul documento vi è un'annotazione pressocché illeggibile di Anfuso dalla quale sembra risultare che il 19 settembre Antùso telefonò al comandante Pecori Giraldi le istruzioni di Ciano.

56

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALLE AMBASCIATE E LEGAZIONI IN EUROPA, AMERICA DEL NORD, ARGENTINA, BRASILE, CINA E GIAPPONE

T. 757 R. Roma, 17 settembre 1938, ore 13.

Il punto di vista che Governo Fascista sosterrà circa questione cecoslovacca è quello esposto nella Lettera a Runciman I_ Tanto comunico per norma di linguaggio.

57

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4633/151 R. Varsavia, 17 settembre1938, ore 17 (per. ore 19, 30).

Mi riferisco al mio telegramma n. 150 I. Come ho già telegrafato a VE. la Lettera a Runciman2 ha dato a questo governo la spinta per la chiarezza impostazione del problema della sorte delle minoranze

polacche in Cecoslovacchia, sia di fronte all'opinione pubblica interna e sia anche nei confronti delle Cancellerie europee.

Ieri stesso, infatti, su istruzioni di Beck i rappresentanti polacchi a Roma, Parigi e Londra hanno ricevuto istruzioni di «ricordare ufficialmente» gli interessi polacchi nella questione delle minoranze in Cecoslovacchia. Cotesto ambasciatore di Polonia è stato altresì incaricato di rendersi interprete dei sentimenti di gratitudine del governo di Varsavia.

Segretario Generale di questo ministero degli Affari Esteri ha tenuto a ripetermi viva eco avuta in queste sfere governative da preziosa iniziativa del Duce.

Da parte sua, stampa ufficiale continua oggi insistere energicamente sul diritto della Polonia ad ottenere per la minoranza di Teschen eguale trattamento di quello che verrà fatto ai sudeti 3•

56 1 Vedi D. 24.

57 1 T.4588/l50 R. del 16 settembre. Riferiva che la Lettera a Runciman (vedi D. 24) aveva trovato «larghissime adesioni negli ambienti governativi, nella stampa e nell'opinione pubblica polacchi» ed aveva dato la spinta per una netta presa di posizione sulla questione di Teschen.

57 2 Vedi D. 24

58

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4639/642 R. Londra, 17 settembre 1938, ore 20,29 (per. ore 0,25 de/18).

Cadogan mi ha pregato passare da lui avendo comunicazioni da farmi a nome del Primo Ministro. Riferisco quanto Cadogan mi ha detto.

Il Primo Ministro, che trovasi in questo momento con Halifax nella riunione plenaria Gabinetto, mi ha incaricato di mettervi al corrente onde voi possiate subito telegrafare al Duce ed al conte Ciano del contenuto della conversazione avuta col Ftihrer 1•

Il Duce e il conte Ciano -ha continuato Cadogan -sono indubbiamente stati informati dettagliatamente dal governo tedesco circa i particolari incontro. Egli ha desiderato tuttavia da parte sua far conoscere al Duce le sue personali impressioni.

La conversazione col Ftihrer è stata franca e leale. Il Ftihrer ha esposto nei suoi termini netti la situazione e la posizione della Germania. Chamberlain ha potuto rendersi conto subito e chiaramente che la situazione aveva raggiunto un grado di indubbia gravità e che la Germania era effettivamente sul punto di passare all'azione, sopratutto a seguito degli incidenti sanguinosi della giornata precedente nei territori sudeti. L'esposizione fatta dal Ftihrer è stata lunga e particolareggiata ma egli ha insistito sostanzialmente sul caposaldo essenziale del suo discorso di Norimberga2: punti di

58 1 A Berchtesgaden, il 15 settembre (vedi D. 40, nota l). 58 2 Vedi D. 4.

Carlsbad3 sono ormai definitivamente sorpassati. Qualsiasi soluzione non può ormai che essere basata sul principio dell'autodecisione, principio-Plymouth ha insistito4 -che le Potenze democratiche non possono rifiutare.

Prima di passare ad esaminare i modi di applicazione pratica del principio dell'autodecisione per tedeschi sudeti, Germania vuole precedenza conoscere se governo inglese e se governo francese sono disposti accettare tale principio. Sarebbe odioso e pericoloso-ha continuato Fuhrer-addentrarsi in discussione sull'applicazione del principio di autodecisione, le cui conseguenze sono tanto chiare, se prima non si addivenga alla accettazione integrale del medesimo.

Chamberlain ha risposto al Fuhrer che egli non poteva sul momento formulare il pensiero del governo britannico ma che si riservava sottoporre quanto il Fuhrer gli aveva dichiarato ai suoi colleghi di Gabinetto e poscia conferire con il Presidente del Consiglio francese Daladier, dopo di che conversazione con il Fuhrer avrebbe potuto essere ripresa su basi concrete. Chamberlain ha assicurato tuttavia Fuhrer che personalmente egli avrebbe fatto possibile per orientare i suoi colleghi ed il governo francese verso tale soluzione. Da parte sua, egli domandava al Fuhrer di non prendere alcuna decisione irrevocabile prima che la sua opera di mediatore potesse aver un esito soddisfacente. Egli ha a questo punto di nuovo insistito nello spiegare al Fuhrer ragioni per cui Inghilterra in caso di conflitto fra la Francia e la Germania era a malincuore costretta a intervenire a fianco Francia.

Fuhrer ha promesso che sino a quando trattative con Chamberlain non saranno riprese governo tedesco si asterrebbe da particolare iniziativa, salvo che nuovi incidenti in Cecoslovacchia non costringano Fuhrer a intervenire a protezione dei fratelli sudeti.

Chamberlain da stamane sta discutendo situazione con i suoi colleghi Gabinetto. Daladier è stato invitato a venire domani mattina domenica a Londra.

Chamberlain spera essere in grado ritornare Germania e riprendere trattative con il Fuhrer nei primi giorni della prossima settimana. Egli si rende conto che occorre far presto, ma non si nasconde le grandi difficoltà che dovranno essere superate per persuadere prima Gabinetto e poscia i francesi.

Chamberlain -ha continuato Cadogan -ha riportato una impressione personale profonda e vivissima del Fuhrer. Egli ritiene da parte sua che anche il Fuhrer ha apprezzato in tutto il valore gesto compiuto da Chamberlain.

Chamberlain confida che dali' incontro di Berchtesgaden un risultato concreto potrà essere conseguito n eli' interesse della pace europea. Chamberlain confida nell'appoggio del Duce. Tale appoggio è non solo prezioso bensì indispensabile.

Cadogan mi ha infine pregato ritornare da lui domani essendo personale desiderio di Chamberlain che il governo fascista venga tenuto continuamente al corrente stato e sviluppo della situazione 5•

57 3 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

58 1 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 5.

58 4 Sic. Leggasi «Hitler ha insistito».

58 5 Il documento tù inviato in visione a Mussolini.

59

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4637/377 R. Berlino, 17 settembre1938, ore 22,18 (per. ore 23,15). Situazione alla sera del 17.

l) Nuovo proclama Henlein 1 è considerato un primo atto di preparazione all'azione diretta, la quale sarebbe compiuta, almeno in un primo tempo a mezzo formazioni sudete, armate con vecchio materiale austriaco (fucili Mannlicher).

2) Malgrado ciò, sono in grado di confermare che in alto non si avrebbe intenzione di passare all'azione diretta prima della nuova intervista con Chamberlain; i proclami Henlein sono soltanto considerati come mezzo per far toccare con mano ai terzi la assoluta insostenibilità della situazione attuale. Anche nuovi incidenti e nuovi morti -salvo casi di estrema gravità-non indurrebbero Germania a deflettere da questa linea di attesa e di preparazione insieme.

3) Qui si ha ragione di ritenere come prossimo l'inizio di una reazione delle minoranze magiare e polacche su linee analoghe ai sudeti. Ministro d'Ungheria 2 parte per Budapest stasera.

Mi risulta essere stato raggiunto fra Polonia e Ungheria il più completo accordo per il conseguimento di una contiguità territoriale attraverso l'annessione all'Ungheria così del territorio ruteno come della stessa Slovacchia alla quale per altro sarebbe concessa piena autonomia 3•

60

L'AMBASCIATORE A YARSAYIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATISSIMO 4645/153 R. Varsavia, 17 settembre1938, ore 23,10 (per. ore 6,45 del 18).

Nel lungo colloquio avuto stamane col ministro Arciszewski questi, nell'accennare alla grave difficoltà soluzione della questione cecoslovacca, si domandava se, anche nell'eventualità dubbia che l'Inghilterra e la Francia accettassero principio plebiscito, Praga fosse disposta a sottomettervisi pacificamente.

59 1 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

Al riguardo egli era piuttosto negativo. Comunque egli si prospettava, in linea di ipotesi seguenti possibilità che si presentavano per la Polonia ed Ungheria.

Nel caso di un plebiscito per tutte le nazionalità, la Polonia certamente rientrerebbe in possesso di Teschen.

Ungheria invece, nelle condizioni odierne, potrebbe trovarsi in una situazione poco favorevole, non essendo riuscita a mettersi d'accordo con gli slovacchi, i quali stanno trattando attualmente con Praga.

In favore dell'Ungheria si pronuncerebbero probabilmente, oltre che i magiari, piuttosto sparsi, anche i nuclei degli ucraini e degli ebrei di Rutenia. Ma Ungheria realizzerebbe così solo una parte delle proprie aspirazioni, restando esclusa la possibilità di conseguire una frontiera comune colla Polonia, a cui si annetterebbe speciale importanza per considerazioni politico-strategiche ed economiche.

Peraltro -aggiungeva Arciszewski -la Polonia e l'Ungheria dovevano necessariamente trame vantaggio. Fra l'altro, Arciszewski osservava che, mentre in tale contigente Berlino lascerebbe mano libera a Budapest, per contro, una volta risolto il problema dei sudeti, la Germania non avrebbe alcun interesse di agevolare la costituzione di una frontiera comune ungarica-polacca 1•

59 1 La direzione del Sudetendeutsche Partei aveva diramato, il 17 settembre, un proclama in cui si reclamava «il diritto supremo esercitato in tutti i tempi dai popoli di impugnare le armi» a propria ditesa e si istituiva il «corpo dei volontari tedeschi-sudetici» (testo in Relazioni Internazionali, p. 660). In un altro proclama, Henlein aveva chiamato i sudeti alla resistenza per liberare la Patria dal giogo dei cechi.

59 2 Dome Sztojay.

61

L'ADDETTO MILITARE AGGIUNTO A BERLINO, BADINI, AL MINISTERO DELLA GUERRA

T. 1566-1567. Berlino, 17 settembre 1938, ore 20.

Lato politico situazione stazionaria ma perdura possibilità prospettata mio telegramma n. 1561 2 Germania agisca, sia pure forma limitata, e penetri territorio sudetico prima nuovo incontro Chamberlain.

Risulta infatti questa sera sarà emanato proclama Henlein', che pare rifugiato Germania, con ordine a formazioni pseudo sudetiche occupare frontiere patria (sic). Secondo me trattasi indubbiamente linea tra zona sudeti e Boemia.

Intensificata preparazione, richiami e requisizioni in tutto Reich.

Confermo come da ogni fonte mi sia stato assicurato che Germania non può rimandare decisione oltre primi giorni prossima settimana: misure mobilitazione e limitazioni alimenti prima necessità le impongono sollecito impiego sue forze o sollecita smobilitazione.

60 1 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

61 1 Nella copia di questo telegramma conservata nell'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito è riportata la firma del generale Marras che però si trovava allora nella Prussia Orientale per assistere alle manovre. È da ritenere che il telegramma sia stato inviato dall'addetto militare aggiunto, colonnello Badini.

61 2 Vedi D. 49, nota l.

61 3 Vedi D. 59, nota l.

62

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 17 settembre 1938.

L'ambasciatore di Polonia, in assenza di Vostra Eccellenza, mi ha pregato di riceverlo, avendo ricevuto incarico da parte del suo Governo di fare la dichiarazione seguente:

Il Governo polacco dinanzi alla questione cecoslovacca si tiene decisamente sulla linea del Duce al quale desidera ripetere ancora i suoi ringraziamenti. Il Governo polacco considera per suo conto necessaria una soluzione integrale del problema delle minoranze in Cecoslovacchia e cioè che non un solo plebiscito deve essere indetto ma un plebiscito per ognuna delle zone occupate dalle minoranze compatte tra le quali la polacca non può essere trascurata.

Uscendo, l'ambasciatore di Polonia mi ha fatto cenno alle voci apparse in questi giorni in alcuni giornali stranieri circa la possibilità di una riunione delle quattro potenze in vista di una garanzia collettiva delle frontiere della Cecoslovacchia quali risulterebbero dopo le deliberazioni che verranno prese.

Gli ho detto che mi parevano semplicemente voci e che non mi risultava niente in proposito.

Egli mi ha aggiunto che me ne faceva semplicemente cenno non perché a Roma, dopo le dichiarazioni del Duce a Beck 1 , vi fosse bisogno di fare rilevare che la Polonia non può essere esclusa da un'eventuale riunione di Potenze, specialmente se queste debbano dare delle garanzie per frontiere comuni con quella polacca, ma perché, presentandosene l'occasione, il Governo polacco non avrebbe mancato di far sapere a Parigi e a Londra ancora una volta questo suo punto di vista.

63

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 17 settembre 1938.

L'Ambasciatore di Germania è venuto ad informare che a Berchtesgaden 1 il FUhrer ha esposto al Primo Ministro inglese la situazione che si è venuta creando nei Paesi

dei Sudeti. Ha quindi soggiunto che era fermo e deciso a non più sopportare questa situazione ma a trovare una soluzione che mettesse fine a questo stato di cose. Non si poteva ormai più parlare di autonomia, ma di cessione alla Germania dei territori abitati dai Sudeti. Si trattava di regolare le modalità di tale cessione.

Il Primo Ministro inglese ha mostrato personalmente comprensione del punto di vista del Fuhrer. Tornava a Londra per riferire ai suoi colleghi, e si sarebbe poi messo in rapporto con Parigi. Fra poco avrebbe avuto luogo un altro incontro. L'Ambasciatore di Germania si è espresso in termini ammirativi per l'ultima lnjòrmazione Diplomatica 2 e la Lettera a Runciman 3 , sottolineandone la grandissima ripercussione.

Ha accennato alle notizie messe in giro dalla stampa francese relative ad altri argomenti di ordine generale europeo, che potrebbero essere oggetto di discussione fra il Fuhrer e il Primo Ministro britannico e ha detto, in via di discorso, che tale eventualità gli pareva da escludere del tutto. Analogamente per quanto riguarda le voci di una riunione a quattro.

Ha alluso alla visita fatta dall'Incaricato d'Affari britannico a V.E.4 mostrando interesse per quello che gli inglesi ci avessero eventualmente detto su Berchtesgaden. Gli ho detto che non mi risultava niente, ma che avrei riferito a V.E.

62 1 Durante il viaggio di Beck in Italia del 6-1 O marzo precedenti. Sul colloquio avuto da Beck con Mussolini non si è trovata documentazione negli archivi italiani.

63 1 Vedi D. 40, nota l.

64

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma. 17 settembre 1938.

Il Ministro di Ungheria ha ricevuto dal suo Governo notizie preoccupanti circa lo svolgimento della situazione in Cecoslovacchia per quanto riguarda le altre nazionalità oltre quella tedesca. Il Governo Ungherese si preoccupa che, ove i Sudeti ottengano il plebiscito, la questione della Cecoslovacchia si avvii alla soluzione senza che il plebiscito sia assicurato anche alle altre nazionalità.

La considerazione che si fa valere a questo proposito è che, se si accorda il plebiscito a tutte le nazionalità, il risultato sarebbe una Boemia talmente ridotta da non avere più le condizioni di essere uno Stato vitale. Però, per l'Ungheria è essenziale che il plebiscito si faccia, in ogni caso, anche per gli Ungheresi, come è indicato nella Lettera a Runciman 1•

Il Governo Ungherese apprezza l'atteggiamento che continua a tenere la stampa italiana, ma desidera segnalare quanto precede alla benevola considerazione dell'E. V. Il plebiscito assicurato agli Ungheresi è destinato, tra l'altro, a condurre al contatto territoriale tra l'Ungheria e la Polonia, di cui è superfluo rilevare l'importanza.

63 2 Vedi D. 12.

63 3 Vedi D. 24.

63 4 Si riferisce. probabilmente, al colloquio avvenuto tra Ciano e Sir Noel Charles il 15 settembre. Su tale colloquio non è stata trovata documentazione negli archivi italiani ma su di esso vi è il resoconto di Sir Noel Charles (in BD, vol. Il, D.887) dal quale risulta che Ciano si richiamò all'ultima Inlorma::ione Diplomatica (vedi D. 12) per riaftènnare il diritto dei sudeti ad unirsi al Reich e dichiarò che il governo italiano, al pari di quello germanico, considerava pericoloso ricorrere al plebiscito. Ciano aggiunse poi che da parte italiana si stava facendo il possibile per esercitare «un'influenza moderatrice» su Berlino-dichiarazione, notava il diplomatico britannico, che non aveva mai fatto prima-ed atlèrmò che non si doveva considerare la situazione come disperata perché restavano ancora molte possibilità di giungere ad una soluzione pacifica.

65

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 6585/1926. Berlino, 17 settembre 1938 (per. il 18).

Ho rivisto questa mattina Weizsiicker, anch'egli reduce da Berchtesgaden. Gli ho naturalmente domandato ulteriori dettagli sul colloquio Hitler-Chamberlain 1•

Un rendiconto ufficiale del colloquio ancora non esiste. Weizsacker me ne ha tuttavia riassunto la trama, attraverso le reminiscenze del racconto fattone personalmente dal Fuhrer a Ribbentrop, Keitel e Weizsiicker.

Sembra che in primissimo luogo, la conversazione sia servita a chiarire in maniera definitiva le posizioni reciproche. Chamberlain ha dichiarato apertamente che. se la Francia è costretta ad entrare in conflitto. l'Inghilterra la segue. Hitler ha risposto per sua parte che sapeva questo benissimo, ma che la Germania è pronta, se le circostanze Io esigono, ad affrontare anche un guerra generale. In proposito quindi più nessun dubbio.

Hitler ha quindi ritàtto la storia della questione cecoslovacca su linee non diverse da quelle del suo discorso a Norimberga2• Ha indicato una quantità di prove delle oppressioni cui sono assoggettati i Sudeti. Ha mostrato che il problema sudeto diviene di giorno in giorno più urgente dichiarando quindi:

l) che la Germania è risoluta ad uscirne tùori in qualunque modo e cioè sia con mezzi pacifici, sia altrimenti;

2) che ormai il solo mezzo in discussione non è più l'autonomia, ma la secessione.

65 1 Circa la precedente comunicazione di von Weizsacker a questo proposito, si veda il D. 40. 65 2 Del 12 settembre. Vedi D. 4.

Il Flihrer ha ricordato che l'aver voluto creare nel cuore dell'Europa in funzione antitedesca questa specie di «nave portaerei» che è la Cecoslovacchia, ha costato non solo alla Germania, ma alla Europa intera una quantità enorme di ricchezza sotto forma di aumentati armamenti. Ha detto che, mentre l'interesse della Francia è puramente un rimasuglio di obbligazioni e mentalità sorpassate, l'interesse della Germania è un interesse legittimo che nessuno -e tanto meno i Paesi democratici -può contestare. Se la Francia, ciò nonostante, interviene nella questione cecoslovacca, essa viene ad alterare la base di ogni intesa europea, compresa quella che lega la Germania e l 'Inghilterra sotto forma di accordo navale 3 , essendo evidente che la Germania ha accettato quell'accordo unicamente sulla premessa di uno stato di cose europeo che non si risolvesse ai danni dei legittimi interessi del Reich.

Quanto ai mezzi per giungere all'auspicata secessione, il Flihrer non è entrato in troppi dettagli.

Il Primo Ministro inglese si è dal canto suo mostrato convinto della sostanziale bontà della tesi tedesca. Ha accettato di farsene interprete presso il Gabinetto inglese e, in un secondo tempo, presso il Governo francese. Ha, però, chiesto come condizione un impegno del Flihrer a non procedere ad atti di forza prima che egli Chamberlain avesse potuto esaurire tutti i suoi tentativi di conciliazione pacifica. Il Primo Ministro inglese aveva in proposito proposto a Hitler di firmare un appello comune alla calma diretto ai Sudeti ed ai Cechi insieme. Hitler, con argomentazioni diverse ci si è rifiutato. Ha, però, promesso che avrebbe fatto tutto il possibile per non far precipitare gli eventi.

Si ha ragione di ritenere che a questa promessa sia il caso di dare tutto il valore. È noto l'intimo, profondo risentimento di Hitler per l'umiliazione subita il21 maggio4• La visita improvvisa di Chamberlain avrebbe diminuito in lui questo risentimento e sarebbe stata interpretata come una almeno parziale riparazione dello scacco subito in quella occasione.

L'impressione generale di Weizsacker sulle possibilità lasciate dalla conversazione non è cattiva. Weizsacker crede che effettivamente l'Inghilterra sia ormai risoluta ad agire per una soluzione pacifica del conflitto favorevole agli interessi tedeschi. Ritiene tuttavia che le difficoltà incominceranno quando l'Inghilterra cercherà di convincere la Francia. Anche la Francia sembra disposta a cedere ma d'altra parte non si ritiene che essa possa farlo senza «contropartite». Essa incomincerà a domandare le solite «garanzie». È evidentemente su questo punto che le negoziazioni future potranno incagliarsi. Ma è altrettanto chiaro che se si riuscisse a far sì che l'Inghilterra si pronunciasse per conto proprio e subito a favore di una soluzione del problema sulla base deli'autodecisione, questo potrebbe o travolgere le resistenze francesi, oppure determinare fra la Francia e l 'Inghilterra una dissonanza di posizioni politico-diplomatiche, della quale sarebbe possibile profittare per arrivare comunque a una soluzione, ma senza rischiare una guerra generale5•

pp. 3-8). 65 4 Vedi serie ottava, vol. IX, DD. 124, 133, 139, 145, 146 e 178. 65 5 Il documento ha il visto di Mussolini.

64 1 Vedi D. 24.

65 3 Riferimento al trattato tra Germania e Gran Bretagna del 18 giugno 1935 (MARTENS, Vol. XXXI,

66

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 6587 / ... 1• Berlino, 17 settembre 1938 (per. i/19).

Ho visto così l'Ambasciatore di Polonia, come il Ministro di Ungheria a Berlino.

Il primo mi ha detto che l'articolo del Duce sul Popolo d'Jtalia 2 ha fatto una impressione enorme tanto in Polonia quanto in Ungheria, come quello che estende chiaramente i limiti del problema cecoslovacco a tutte le nazionalità non ceche.

Lipski mi ha informato che già da parecchio tempo la Polonia ha ottenuto così dalla Germania da una parte, come dalla Francia e dall'Inghilterra dall'altra, l'assicurazione che gli interessi della minoranza polacca sarebbero stati tutelati nella stessa maniera e misura di quelli sudetici. Ciò si applica anche alla fase attuale della situazione.

Ciò che, peraltro, più preoccupa la Polonia non è tanto il problema immediato costituito dal distretto di Teschen, quanto quello della possibilità di conseguire una contiguità territoriale fra la Polonia e l'Ungheria. Il sogno della Polonia è quello di costituire la premessa geografica per una efficace solidarietà politica paiono-ungherese, con ripercussione immediata sopra la Romania che ne risulterebbe fatalmente costretta a gravitare sull' «asse Varsavia-Budapest».

L'Ambasciatore di Polonia mi ha detto che anche gli slovacchi sono d'accordo e non avanzano nessuna pretesa sul territorio abitato dai ruteni, territorio povero e la cui popolazione del resto ammonta appena a[... ] milione di abitanti, mentre fra l'Ungheria e la Polonia si è già perfettamente d'accordo sull'attribuzione del [territorio ... ] all'Ungheria, il cui rafforzamento territoriale costituisce, oltre che[... ] di riparazione, anche un evidente interesse polacco.

Il Ministro di Ungheria, il quale parte stasera per Budapest, mi ha detto di essere stato ieri chiamato alla Schorfheide da Goring che, sebbene ammalato, ha tuttavia voluto, a nome del Fiihrer, fargli personalmente comprendere la necessità che anche l'Ungheria si muova e che, soprattutto, le minoranze magiare diano prova di attività analoga e su linee concordanti con quelle delle minoranze sudete. Una simile azione da parte magiara, ha detto Goring, era assolutamente indispensabile, se non si voleva creare l'impressione che l'Ungheria accettasse di essere messa da parte. Egli ha assicurato, d'altra parte, la Germania non avere nessuna intenzione di passare ad atti di forza nelle more delle trattative già incominciate fra Chamberlain e Hitler. Il Maresciallo Goring sarebbe arrivato a dire che anche delle «centinaia di morti» non sarebbero sufficienti a determinare l'entrata in campo della Germania in questo momento.

Il Ministro di Ungheria si è messo, ieri stesso, in rapporto telefonico con Budapest. Il governo ungherese ha risposto che finora esso si era tenuto in riserva per paura di una

66 2 Riferimento alla Lettera a Runciman, vedi D. 24.

coalizione romeno-sovietica contro l'Ungheria, ma che tuttavia esso comprendeva essere venuto il momento di affermare la propria presenza nel problema e che quindi, mentre fin da ieri sera aveva già chiaramente affermato, in un colloquio con il Ministro d'Inghiltena a Budapest3 , il diritto delle minoranze magiare all'autodecisione negli stessi limiti e forme di quelle sudetiche, d'altra parte si riprometteva fin da lunedì, sia a mezzo della stampa, sia a mezzo di incidenti locali, di entrare anch'esso in lizza.

Il Ministro d'Ungheria mi ha confermato che fra la Polonia e l'Ungheria esiste il più completo accordo circa gli obbiettivi da raggiungere. Le due nazioni vogliono conseguire una piena contiguità territoriale e ciò attraverso l'annessione dell'Ungheria su base peraltro autonomistica. così del tenitorio ruteno come di quello occupato da slovacchi 4 .

66 1 Il documento è deteriorato dall'umidità.

67

L'ADDETTO MILITARE A BERLINO, MARRAS, AL MINISTERO DELLA GUERRA

Berlino. 18 settembre 1938. ore 13.

Proclama Henlein segnalato mio 1566 2 effettivamente emanato ieri sera con ordine a Freikorps occupare frontiera patria. Tale corpo comprende sudetici locali, legione sudetica formata da tempo in Germania e probabilmente reggimento SS di cui mio telegramma 15573 .

Misure cui sopra tendono impadronirsi territorio per sola iniziativa Henlein senza responsabilità Germania in modo paralizzare eventuale intervento franco-inglese e non pregiudicare trattative Chamberlain.

68

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4655/644 R. Londra, 18 settembre 1938, ore 15,30.

Da fonte confidenziale sono stato informato stamane di buonora che, dopo lunghe e laboriose discussioni durate cinque ore, ieri sera finalmente Gabinetto ha raggiunto seguenti conclusioni.

66 4 Il documento ha il visto di Mussolini. 67 1 Il documento è tratto dall'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. 67è Vedi D. 61. 67 1 Vedi D. 49, nota l.

Idea plebiscito è da scartarsi perché essa incontrerebbe difficoltà pressoché insormontabili a Praga e rischierebbe di allargare il problema rendendone più difficile la soluzione. Meglio addirittura, Gabinetto ha concluso, proporre a Hitler rettifica pura e semplice frontiera nord-ovest e cessione al Reich dei territori sudeti che si trovano fuori del confine geografico. Per i territori sudeti che rimarrebbero entro tale confine, governo britannico penserebbe di proporre soluzione cantonale e cioè autonomia sotto sovranità Praga. Queste idee di massima devono tuttavia essere argomento di discussione con Daladier e Bonnet che giungono a Londra stamattina alle ore Il.

Alla persona che mi ha fatto questa confidenziale comunicazione, ho risposto, a titolo personale, che conclusioni raggiunte ieri sera da Gabinetto britannico sono ormai superate interamente dagli avvenimenti e che esse mi ricordano l'offerta di Zeila fatta all'Italia nel giugno 1935 1• Ho continuato dicendo che non vi è ormai che una strada e una soluzione possibile, e una soltanto, purché tuttavia non si perda tempo in discussioni pericolose più che utili, e cioè la soluzione indicata dal Duce 2 . Tutto il resto è ormai fuori della realtà e non avrebbe altro risultato che complicare vieppiù la situazione, su questo io ho insistito e sto insistendo nei miei contatti in questi circoli politici.

Grande attesa vi è stamane per discorso Duce a Trieste 3•

66 1 Sir Geoffrey Knox.

69

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 4661/156 R. Budapest, 18 settembre 1938, ore 17,36 (per. ore 20,20).

Ore 14,30 capo di Gabinetto del ministro degli Affari Esteri mi ha comunicato ora che il reggente Horthy accompagnato solo dal suo aiutante di campo è partito in aeroplano, recandosi da Gèiring, latore di una sua lettera a Hitler, che Gèiring consegnerà, nella quale riferendosi alla tradizionale amicizia fra i due Paesi egli domanda l'appoggio «diplomatico» (il conte Csàky ha insistito su queste parole) del Reich per le rivendicazioni ungheresi e per ottenere un trattamento eguale a quello fatto per le minoranze tedesche.

Facendo ancora allusione alle «imposizioni tedesche» di cui mi era stato accennato (mio telegramma n. 151 1) capo di Gabinetto mi ha detto che nulla era stato chie

sto dai tedeschi a Berlino e che anzi desidererebbero localizzare il conflitto fra Germania e Cecoslovacchia, per non correre il rischio di avere altri nemici 2 .

La stessa comunicazione è stata fatta soltanto al ministro di Polonia3 e scopo del viaggio, fatto apparire al pubblico come per una partita di caccia, rimarrà completamente segreto.

Il reggente Horthy tornerà fra due o tre giorni.

Mi limito ora a riferire semplicemente notizia e mi riservo indagini minuziose 4•

68 1 Vedi serie ottava, vol. l, D. 431.

68 2 Nella Lettera a Runciman vedi D. 24.

68 3 Il documento fu inviato in visione a Mussolini. Per il discorso di Trieste si veda il D. 70, nota l.

69 1 T. 46141151 R. del 17 settembre. Riferiva di avere appreso da un alto funzionario del ministero degli Esteri che degli estremisti nazionalsocia1isti rimproveravano ad Imredy il fatto che i tedeschi non perorassero la causa dell'Ungheria perché il governo non aveva «ubbidito a Berlino». Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

70

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 4662/170 R. Parigi. 18 settembre 1938, ore 20,40 (pa ore 21,40).

Discorso del Duce 1 vivissimamente atteso suscitato impressione profonda. Ascoltato alla radio (che lo ha perfettamente trasmesso) da moltitudine di persone, è stato qualche ora dopo pubblicato per intero sotto grande titolo da giornali domenicali.

Questa opinione pubblica si rende perfettamente conto che parole del Duce interpretano aspirazione profonda tutti i popoli europei mantenere pace attraverso soluzione rapida, giusta, totalitaria. Sono particolarmente sottolineate parole dirette a Primo Ministro britannico 2 e insieme nettissima presa posizione a fianco Germania in caso conflitto generale.

69 -l Il ministro Vinci riferiva successivamente di avere avuto un colloquio con il suo collega polacco secondo il quale il viaggio di Horthy andava interpretato come frutto della decisione del presidente del Consiglio, lmredy, «di agire con la massima energia e di passare all'azione, vincendo anche le titubanze di Kànya» (T. 46671161 R. del 19 settembre. Il documento ha il visto di Mussolini).

In questi ambienti ebraici ed altrove suscitano vive impressioni senso romana umanità con cui Duce ha posto problema razza3 .

Nonostante ondeggiamento questa opinione pubblica e resistenza tal uni ambienti di governo e militari non sembrerebbe dubbio che soluzione plebiscito continua, dietro spinta discorso Trieste, farsi strada. Permane naturalmente incognita resistenza Praga.

È preannunciato per domani ritorno Daladier e Bonnet da Londra e convocazione urgente Consiglio dei Ministri 4•

69 2 In questo senso si era espresso con il ministro Vinci anche il suo collega di Germania. Erdmannsdorff, il quale aveva detto che «il governo tedesco, non solo non ha tàtto nessuna pressione sugli ungheresi per un intervento immediato in caso di contlitto, ma anzi preferisce che aspettino, tenendo anche conto della relativa efficienza dell'esercito ungherese tuttora in periodo di preparazione e per non rischiare di avere nella Jugoslavia o nella Romania un nemico in più» (T. 4616/149 R. del 17 settembre). II documento fu inviato in visione a Mussolini.

69 3 Léon Orlowski.

70 1 Nel discorso pronunciato lo stesso giorno a Trieste, Mussolini aveva indicato come unica soluzione del problema cecoslovacco il ricorso ai plebisciti per tutte le popolazioni costrette a tàr parte della «grande Cecoslovacchia» che lo avessero richiesto. Mussolini aveva poi auspicato che la questione fosse risolta con mezzi pacifici o, se ciò non tosse stato possibile, che un eventuale contlitto restasse «limitato e circoscritto». Ma aveva aggiunto: «se questo non avvenisse e si determinasse pro o contro Praga uno schieramento di carattere universale si sappia che il posto dell'Italia è già scelto» (il testo del discorso è in MussoLINI, Opera Omnia, vol. XXIX, pp. 144-147).

70 2 Nel sottolineare la necessità di agire rapidamente, Mussolini aveva ricordato l'azione di Chamberlain «messaggero volante della pace» che si era recato in Germania proprio perché consapevole che ogni ritardo poteva determinare «l'urto fatale».

71

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 4696/0158 R. Berlino, 18 settembre 1938 (per. il 20).

R. Addetto Militare, generale Marras, di ritorno da prima fase manovre, riferisce quanto appresso:

«Elementi militari con i quali sono stato in contatto affettano massima calma, accompagnata da evidente soddisfazione per sviluppo avvenimenti che sembrano già assicurare importanti risultati e avviare situazione verso successo finale evitando una guerra. In tutti è diffusa l'opinione che l'Inghilterra impedirà alla Francia di intervenire.

Qualche ufficiale ha accennato alla lettera del Popolo d 'Italia 1 con riconoscenza. Nella massa, peraltro, sembra prevalere l'opinione che la Germania farà da sé senza dovere riconoscenza a nessuno e che il peso dell'apparecchio militare tedesco ha ed avrà un valore decisivo per il raggiungimento dei propri obiettivi».

Stimo opportuno aggiungere in proposito come in parecchi ambienti tenda a farsi strada convinzione che-ormai che Inghilterra si è virtualmente dichiarata per secessione-il pericolo di una guerra generale è destinato ad attenuarsi. Una volta diminuito se non eliminato questo pericolo, sentimento tedesco si orienta sempre mag

giormente verso una soluzione del problema cecoslovacco a mezzo di sconfinamenti armati da parte delle nazionalità interessate, la Germania in testa. In fondo, fra una soluzione siffatta ed una a base di plebiscito, qui si preferirebbe la prima, come quella che agli occhi propri e degli altri costituirebbe la prova più tangibile dellaforza del Terzo Reich, e meglio salvaguarderebbe, dopo lo scacco del 21 maggio2 , !'«onore tedesco».

Questi sconfinamenti dovrebbero essere operati, in un primo momento, dai corpi franchi sudetici in via di costituzione alla frontiera tedesca, corpi franchi la cui azione, essendo essi dopo tutto costituiti di cittadini cechi, assumerebbe il carattere di ribellione e di guerra civile. Scoppiata questa con sicura perdita di vite, entrerebbe poi in campo l'esercito tedesco a «ristabilire l'ordine». Il plebiscito seguirebbe dopo.

Sintomatico comunque il tàtto che mentre si parla sempre moltissimo di autodecisione, si parla ancora relativamente poco di «plebiscito».

Sintomatico anche che, in tutte le conversazioni telefoniche che io ho con Ribbentrop, la situazione locale ceco-sudetica mi venga sempre dipinta come molto più grave di quanto risulti alle stesse amministrazioni tedesche in Berlino.

70 1 Musso lini, dopo aver sottolineato che il problema razziale era «in relazione con la conquista dell'Impero» che rendeva necessaria «una severa coscienza razziale per stabilire non soltanto delle differenze ma delle superiorità nettissime», aveva aggiunto: «Tuttavia gli ebrei di cittadinanza italiana, i quali abbiano indiscutibili meriti militari o civili nei confronti dell'Italia e del regime troveranno comprensione e giustizia; quanto agli altri si seguirà una politica di separazione. Alla fine, il mondo dovrà forse stupirsi più della nostra generosità che del nostro rigore».

70 4 Il documento tù inviato in visione a Mussolini.

71 1 Vedi D. 24.

72

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLJCO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Li: ITERA RISERVATISSIMA. Berlino, [18] settembre 1938 (per. il 20).

Invio qui unito, per opportuna conoscenza un promemoria relativo alla attuale situazione rimessomi dal nostro R. Addetto Militare, il quale ha avuto stamane una conversazione con il generale v. Tippelskirch Capo dell'Ufficio Eserciti Esteri di questo Ministero della Guerra.

Mi sembra particolarmente significativo l'accenno fatto dal v. Tippelskirch circa l'opportunità che eventuali contatti nel campo militare fra l'Italia e la Germania siano preceduti da un accordo politico, così come è avvenuto tra l'Inghilterra e la Francia. Un accenno che ricorda molto quanto ebbe già a dirmi in proposito e più volte, lo stesso von Ribbentrop. Evidentemente di una tale possibilità deve essersi fatta parola negli ambienti militari e della Wilhelmstrasse.

ALLEGAlO

L'ADDETTO MILITARE A BERLINO, MARRAS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

PROMEMORIA SEGRETO 1463.

Presso il Comando delle forze armate e presso lo Stato maggiore dell'Esercito la situazione generale si considera alquanto meno tesa che nei giorni scorsi, ma sempre pericolosa.

Un'azione di forza da parte della Germania-mi è stato detto-non potrebbe manifestarsi prima che sia esaurita la missione Runciman e ciò anche nel caso di nuovi incidenti, di fronte ai quali la Germania ha già dimostrato di saper mantenere la massima calma. Non sembra invece escluso che complicazioni improvvise possano sorgere se il gen. Krejci e lo Stato maggiore ceco, i quali sono favorevoli alla guerra, prendessero il sopravvento sul Governo.

Sugli intendimenti del Fiihrer si dichiara di non avere alcun orientamento, ma mi viene assicurato che nel prossimo Congresso del Partito il Fi.ihrer farà precise dichiarazioni sull'argomento, si tratta di vedere se queste dichiarazioni avranno un carattere di ultimatum o meno.

Il generale v. Tippelskirch, capo dell'Ufficio Eserciti esteri, al quale ho fatto ancora presente la necessità di uno stretto collegamento e di un tempestivo avviso in caso di avvenimenti che possano condurre ad un conflitto europeo, mi ha ripetuto che le stesse autorità militari, le quali si tengono naturalmente pronte per ogni evento, sono generalmente avvertite all'ultimo momento e mi ha citato il caso dell'occupazione della Renania, per la quale gli ordini furono ricevuti soltanto quattro giorni prima. Non ho mancato di osservare che quattro giorni sarebbero in ogni caso molto utili. Il generale v. Tippelskirch ha per altro aggiunto che contatti di questo genere non potrebbero essere tenuti fra gli Stati maggiori senza un preventivo accordo politico, cosi come è avvenuto ad es. tra l'Inghilterra e la Francia.

Questa osservazione lascerebbe vedere chiaramente come n eli' impostazione del problema operativo, lo Stato maggiore tedesco prescinda finora da una diretta collaborazione militare con l'Italia.

Per interpretare le dichiarazioni delle autorità militari sulla situazione cecoslovacca occorre tenere presente che esse rispondono anche alla convenienza di allontanare dalla Germania l'accusa di voler tentare un'azione di forza non provocata.

Nel complesso peraltro ho l'impressione che la Germania prepari per le prossime settimane una vasta azione di intimidazione, a base militare, per dare al problema cecoslovacco una soluzione atta ad aftèrmare il prestigio tedesco.

L'abilità del Flihrer dovrebbe conseguire questo risultato senza provocare un conflitto generale e in particolare con l'Inghilterra. In questa abilità del Fi.ihrer la massa dimostra una fiducia quasi mistica, in contrasto con la persuasione, quasi unanime negli ambienti militari, che un'azione militare contro la Cecoslovacchia provocherà l'intervento della Francia e dell'Inghilterra e che sia impossibile in una guerra europea ottenere un successo rapido e decisivo.

Nell'eventualità di un conflitto europeo la Germania-secondo quanto mi ha detto il generale v. Tippelskirch-ritiene di poter fare assegnamento, oltre che sull'amicizia dell'Italia, su quella dell'Ungheria e della Bulgaria. Della Jugoslavia si pensa che essa farebbe di tutto per tenersi estranea al conflitto. L'atteggiamento della Polonia viene giudicato incerto.

A titolo d'informazione comunico che -secondo quanto mi è stato rifèrito da buona fonte -il ten. colonnello Roessing, Addetto Militare tedesco ad Helsinki ed a Stoccolma, avrebbe detto, alcune settimane orsono, essere sua persuasione che in ottobre sarebbe scoppiata la guerra 1•

71 1 Vedi D. 65, nota 4.

72 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

73

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4713/651 R. Londra, 19 settembre 1938, ore 19,31 (per. ore 23,35).

Halifax mi ha chiesto di passare alle ore 15 di oggi al Foreign Office.

Dopo avermi ripetuto più o meno quanto già comunicatomi da Cadogan (vedi mio telegramma n. 642 del 17 corrente 1) sull'incontro Chamblerlain-Hitler e le impressioni riportate da Chamberlain sul suo incontro col Filhrer, mi ha informato, perché io lo comunichi a V.E., che lungo e laborioso esame durato intera giornata di ieri coi ministri francesi 2 ha portato a un accordo preliminare3 sulle linee di massima che dovranno formare oggetto conversazioni fra Chamberlain e Flihrer.

Linee di massima non differiscono molto-ha soggiunto Halifax-dalla soluzione indicata dal Filhrer a Chamberlain e che Duce e conte Ciano già conoscono. Governo inglese è quindi di opinione che soluzione oggi è possibile e che un risultato positivo potrà raggiungersi nel nuovo incontro fra Primo Ministro britannico e Cancelliere del Reich. Senonché indizi avuti sino ad ora sulle reazioni del governo di Praga non sono molto incoraggianti. Governo di Londra e quello di Parigi stanno svolgendo in questo momento una energica azione a Praga perché non siano fatte ulteriori difficoltà e soprattutto non si perda del tempo prezioso. Chamberlain conta infatti di ripartire per la Germania mercoledì per riprendere la conversazione con Fi.ihrer.

Governo inglese, ha continuato Halifax, rivolge un appello al Duce perché, in questo momento decisivo, il Duce voglia dare il suo contributo più che prezioso, assolutamente indispensabile, per la ricerca di una soluzione del problema cecoslovacco, soluzione dalla quale dovrà scaturire un accordo più vasto fra le quattro grandi Potenze per un assetto più stabile e duraturo dell'Europa.

Ho risposto a Halifax ripetendo contenuto della Lettera a Runciman sul Popolo d'/talia4 e riferendomi estesamente al discorso pronunciato ieri dal Duce a Trieste5. Nessun apporto-ho continuato-può essere in questo momento più prezioso e più decisivo delle parole scritte e pronunciate dal Duce. Le sorti della pace dipenderanno dal come Inghilterra e Francia resteranno nella realtà a proposito soluzione dal Duce indicata, che è la unica possibile, da essa soltanto se integralmente adottata può darsi pace all'Europa. Ho concluso dicendo a H al i fax che il governo

fascista si riserverà di esaminare piano anglo-francese quando gli verrà ufficialmente comunicato.

Halifax ha risposto che non si trattava di un piano bensì soltanto di linee di massima che del resto ormai sono sostanzialmente di pubblico dominio. «Tali linee di massima-continua Halifax-sono tuttora oggetto fattive preoccupazioni6 Londra Parigi e Praga che soltanto nella giornata di domani prenderanno una decisione.

Mi preme far sapere al Duce che Egli sarà il primo ad esserne informato. Mi riservo nella giornata di domani, prima ben inteso della partenza di Chamberlain, di comunicarvi ufficialmente risultato definitivo delle consultazioni fra i governi di Londra Parigi e Praga».

Ho risposto a Halifax che rimanevo a sua disposizione per tutte le comunicazioni che egli desiderasse fare giungere al mio governo ed ho suggerito che, allo scopo guadagnare tempo e di permettere un più diretto e rapido scambio di vedute con V.E., tale comunicazione venga fatta direttamente a V.E. per il tramite di codesta ambasciata britannica 7•

73 1 Vedi D. 58.

73 1 Per le conversazioni franco-britanniche di Londra del 18 settembre si veda DDF, vol. Xl, D. 212 e ED, vol. Il, D. 928.

73 1 Il testo della nota da consegnare al governo di Praga in cui era riportato il piano che era stato concordato è in DDF, vol. Xl, D. 213 e in BD, vol. Il, D. 937.

73 4 Vedi D. 24.

73 5 Vedi D. 70, nota l.

74

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4704/383 R. Berlino, 19 settembre 1938, ore 20,00 (per. ore 21,00).

Solo oggi questa stampa comincia a dare qualche rilievo al movimento che anche l'Ungheria ha iniziato a favore proprie minoranze in Cecoslovacchia.

Giornali tedeschi informazione riportano gli articoli di fondo del Pester Lloyd di questi ultimi giorni. Gli stessi accenni sulla presa di posizione ungherese comparsi pomeriggio oggi sono effetto amichevoli rimostranze questa legazione d'Ungheria.

Siffatto cambiamento attitudine, culminato nell'invito fatto da Hitler oggi a rappresentanti ungherese e polacco di andarlo a vedere a Berchtesgaden domani 1 , prima dell'arrivo di Chamberlain, va senza alcun dubbio attribuito alla chiara posizione a favore Ungheria e Polonia assunta dal Duce a Trieste 2 .

74 è Nel discorso del 18 settembre: vedi D. 70, nota l. Questo documento tu inviato in visione a Mussolini.

73 6 Sic. Leggasi: «consultazioni».

73 7 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

74 1 Vedi D. 77.

75

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTISSIMO 4 705/171 R. Parigi, 19 settembre 1938, ore 20,15 (per. ore 22).

Consiglio dei Ministri si è riunito stamane subito dopo ritorno Daladier e Bonnet 1• Sulle conclusioni raggiunte è mantenuto maggiore riserbo. Piano britannico2 , già approvato a Londra dal Presidente del Consiglio e dal ministro degli Affari Esteri, è stato comunque adottato all'unanimità dopo breve deliberazione anche dal Consiglio dei Ministri. Piano~ secondo voci più diffuse ed autorevoli ~prevederebbe annessione al Reich dei cantoni sudeti a maggioranza tedesca; autonomia per i cantoni misti nei quadri dello Stato cecoslovacco; neutralizzazione e garanzia grandi Potenze e Stati confinanti per il resto. Piano sarà presentato senz'altro a Praga e quindi discusso nel secondo, imminente incontro Hitler-Chamberlain.

Ragioni che avrebbero persuaso Gran Bretagna pretèrire annessione pura e semplice al plebiscito sarebbero necessità fare presto evitando ricorso a consultazione popolare in regioni già evidentemente acquisite alla Germania; presunto pericolo costituire precedenti di cui potrebbero avvalersi minoranze tedesche anche altrove; probabile tentativo contenere concessioni territoriali in favore Germania entro limiti più ristretti di quelli segnati da distribuzione demografica.

Per altre minoranze (comprese ungheresi e polacche), piano britannico si limiterebbe prevedere autonomia nel quadro Stato cecoslovacco.

Delegazione francese a Londra avrebbe soprattutto insistito per ottenere garanzie internazionali sulla rimanente Cecoslovacchia e soprattutto garanzie britanniche. Ciò che a suo avviso rappresenterebbe unico vantaggio suscettibile compensare concretamente Praga per amputazione regione sudetica. Tale impegno permanente d'assistenza in Europa Centrale da parte Gran Bretagna dovrebbe inoltre giustificare ed insieme mascherare di fronte opinione pubblica francese continuo e disordinato arretramento Francia da sue posizioni partenza.

Permangono preoccupazioni su atteggiamento Praga su cui le pressioni tì·ancesi cominciano ad avere scarsa etììcacia e presa. Grande maggioranza questa opinione pubblica accetta soluzione senza troppo discuterla, perché pacifica. Su eventualità negoziati per regolamento generale europeo di cui fa cenno comunicato ufficiale anglo-francese\ riserva è per il momento assoluta.

75' Vedi D. 73, nota 3.

75 1 Dall'incontro con i ministri britannici a Londra (vedi D. 73).

75 1 Nel comunicato si dichiarava che i governi francese e britannico si erano trovati completamente d'accordo sulla politica da seguire nei riguardi della questione cecoslovacca e si esprimeva la speranza che, in seguito, fosse possibile considerare «un accomodamento più generale nell'interesse della pace europea» (testo in DDF, vol. XI, D. 212, allegato).

76

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. RISERVATISSIMO 4709/384 R. Berlino, 19 settembre 1938, ore 20.20 (per. ore 22,20). Mio telegramma per corriere n. 0158 1•

A seguito altre prese di contatto avute, mi confermo ne li 'impressione che in taluni ambienti militari, e particolarmente dell'aviazione, si preme perché questione cecoslovacca sia risolta con una qualche azione atta ad affermare il prestigio delle nuove Forze Armate del Reich. Questi ambienti attendono in fondo che, ove incontro dopodomani non porti a «immediata» annessione territorio Sudeti alla Germania, Hitler non possa far altro che dare ordini subito alle Forze Armate di marciare sulla Cecoslovacchia2•

77

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4711/163 R. Budapest, 19 settembre 1938, ore 20,51 (per. ore 23,50).

Vice ministro degli Affari Esteri mi ha ora comunicato che oggi Ribbentrop, a nome di Hitler, aveva fatto conoscere che dopodomani Chamberlain avrebbe di nuovo incontrato il Fiihrer e che questi avrebbe desiderato vedere prima gli uomini di Stato ungheresi.

Domani mattina alle nove Imredy e Kanya partiranno in aeroplano per Berchtesgaden per sostenere dinanzi ad Hitler il noto punto di vista ungherese 1• Potranno essere di ritorno anche domani sera. Sarò tenuto al corrente dei risultati del colloquio.

Questa comunicazione è stata fatta solo a me e al ministro di Polonia. Notizia sarà mantenuta perfettamente segreta2 .

76 2 Il documento fu inviato in visione a Mussolini. 77 1 Vedi D. 45. 77 2 Circa l'improvviso invito di Hitler agli uomini di Stato ungheresi, l'ambasciatore Attolico osser

vava: «Si è voluto qui certamente, ad un dato momento e particolarmente a seguito del discorso del Duce a Trieste, dare a tutto il problema un 'impostazione più generale e si è finalmente compreso quale valore possa avere per la Germania un concorso effettivo ungherese e polacco. Mi risulta in proposito che di colpo in questi ultimi giorni gli ungheresi sono stati sottoposti a forti pressioni da parte tedesca e particolarmente da parte del Maresciallo Goring perché facciano di più» (T. per corriere 4779/0162 R. del 21 settembre).

76 1 Vedi D. 71.

78

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4 723/262 R. Washington, 19 settembre 1938, ore 21,40 (per. ore 7 del 20).

In ambienti politici e ufficiali, quest'ultimi riservatissimi, corrono voci notizie più contraddittorie su eventi europei.

Impressioni prevalenti di cedimento anglo-francese di fronte richieste Hitler hanno profondamente sconcertato. Il cosiddetto fronte democratico appare ancora una volta fallito. Le immediate reazioni sono di grave delusione, soprattutto nei riguardi britannici. Si rinnova in misura più cauta stato d'animo emerso dopo dimissioni Eden. Sotto influenza partito repubblicano distinguesi sempre più vasto risveglio di tendenze pacifiste e di astensionismo in cui entra, oltre il calcolo e il timore di guerra, senso di dispetto.

Appello di Blum a democrazia americana 1 caduto nel più pietoso silenzio, suscita vivace reazione. Notata la anche troppo grande assiduità ambasciatore Kennedy al Foreign Otììce.

Attenzione ed attività Presidente e Segretario di Stato rivolte esaminare prevalenti conseguenze politiche commerciali e finanziarie eventuale precipitare crisi europea. Si dice che venga fra l'altro discusso atto neutralità. Segretario Tesoro ha tenuto dar nota ottimista per enorme afflusso depositi oro quest'ultimi giorni che ha preoccupato ambienti finanziari come suscettibili turbare equilibrio creditizio interno e stessa stabilità dollaro 2•

79

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, PREZIOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4939/050 R. Bruxelles. 19 settembre 1938 (per. il 26).

Sebbene la questione cecoslovacca graviti tuttora minacciosa, pure le preoccupazioni belghe provengono meno dal dubbio che la riaffermata neutralità possa dimostrarsi inadeguata a preservare il Paese da un eventuale conflitto, che dal timore che la teoria dei plebisciti sia invocata da nazionalisti fiamminghi e dalle popolazioni di Eupen e Malmédy; e che una conferenza internazionale finisca, sotto determinate pressioni, coll'imporre una ripartizione del Congo.

l nazionalisti fiamminghi hanno infatti già denunciato in pubbliche manifestazioni l'identità che, a loro modo di vedere, sussisterebbe fra la questione sudetica e quella fiamminga, mentre il loro organo principale ha proclamato che la Lettera a Runciman 1 potrebbe applicarsi interamente anche al caso delle Fiandre. Tale tesi dei separatisti, come in genere tutta la questione dei plebisciti in Cecoslovacchia, non ha avuto echi ma quest'assenza di reazione è da ascriversi sovrattutto alla cura di evitare, nelle attuali delicate circostanze, ogni ripercussione o polemica.

Minore ansia desta il problema di Eupen e Malmédy. Al riguardo, ricordo che qualche mese fa, nello stesso Parlamento, un deputato fiammingo prospettò la restituzione di detti due distretti al Reich, senza che il suo dire suscitasse quella reazione che avrebbe potuto attendersi.

Assai più vive sono invece le preoccupazioni per il Congo. Ne è prova la morbosa sensibilità del pubblico e della stampa per ogni minimo accenno a possibili modificazioni nell'attuale Statuto congolese. Così, proprio di questi giorni, mentre la Gazette-che è pur di solito abbastanza ponderata-si è affrettata a pubblicare che i ministri francesi ed inglesi, riuniti a Londra 2 , avrebbero esaminato la possibilità d'offrire al Reich certe regioni del Congo, d'altra parte la Nation Beige ha reagito nel modo più vivo opponendo un clamoroso «giammai».

Inoltre, la predetta preoccupazione comincia ad essere sfruttata ai fini della stessa politica generale del Paese. Difatti, mentre gli elementi francofili, ed in genere gli oppositori alla politica della neutralità volontaria, vanno sostenendo che il Congo non potrà essere integralmente preservato se non a condizione d'una stretta alleanza con la Francia e l'Inghilterra, dall'altro canto elementi fiamminghi insinuano che la sicurezza di detto possesso africano risiederebbe sovrattutto nell'attuazione d'una assoluta ed integrale neutralità, nonché in una tempestiva restituzione al Reich del Ruanda-Urundi.

78 1 Ritèrimento all'articolo pubblicato da Blum su Le Populaire del 18 settembre nel quale si invocava un intervento del Presidente Roosevelt con l'autorità che gli derivava dall'essere a capo di quello Stato che era in grado di decidere le sorti di una guerra generale.

78 2 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

80

IL CONSOLE GENERALE DELLA M.V.S.N., MUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA. Saragozza, 19 settembre 1938.

Ieri ho visto S.E. Berti ed ho avuto agio di parlare con lui a lungo. Devo quindi tornare sull'argomento ma per sottolinearlo.

Infatti, egli è abbastanza preoccupato della efficienza morale delle sue truppe. Riceve una quantità di lettere anonime ogni giorno e tutte nello stesso tono. Gente stanca, stanchissima che vuoi tornare a casa e non vuole più combattere. Questo io lo metto in relazione con le molte che riceve l'Ambasciatore regolarmente firmate e tendenti ad ottenere il suo interessamento presso Berti onde essere sistemati in un ufficio lontano dal fronte od ottenere il rimpatrio.

79 2 Riferimento all'incontro del 18 settembre, vedi D. 73, nota 2.

Cattivi sintomi che coincidono perfettamente con le voci delle camicie nere e dei soldati che mi giungono direttamente. Sono tutti stanchi, direi anche abbacchiati. Hanno l'impressione di dover morire tutti qua senza risparmio e senza soddisfazione.

Berti mi ha detto chiaro e tondo che con quella divisioncina su 7 o anche 9 Battaglioni non può fare nulla e non solo perché la gente è stanca, ma perché ogni sua azione è sempre troppo vincolata alle operazioni spagnole, alle azioni che svolgono le colonne spagnole delle quali assolutamente non ci si può più fidare.

Egli era per una qualsiasi delle altre soluzioni. O inviare al minimo qui tre divisioni più altri l 0.000 uomini, oppure ritirare completamente le fanterie. Questo lo ha detto a me anche ieri. Ma parlando col Gen. Bernasconi ha aggiunto che forse Gambara non ha interpretato bene il suo pensiero, trattando le cose in torma diversa dal convenuto.

Ora è molto preoccupato perché se i rossi sfondano in qualche fronte deve intervenire il C.T.V. per tamponare e, per le ragioni già dette non si fida. D'altra parte, la situazione militare non è migliorata affatto, anzi mentre nell'Ebro i nazionali non hanno avanzato di un Km. perdendo in un complesso di 57 giorni di azione ben 25.000 uomini, i rossi, avendo resistito regolarmente, ora hanno iniziato una offensiva a Sud Est di Teruel. Non si può dire ancora quale sviluppo prenderà, ma la piega che prende la cosa non è certo delle migliori.

Infatti, vicino a Manganera hanno avanzato oggi stesso ed hanno conquistato tre quote importanti. Sono le quote che le nostre truppe italiane hanno conquistato a palmo a palmo pagando un tributo di sangue troppo generoso.

La situazione politica permane tale e quale. E stato chiamato un trimestre di una classe e i rossi hanno chiamato alle armi due classi, cioè hanno passato all'arma combattente coloro che pur essendo richiamati (36-37 anni) erano adibiti a lavori.

Pare che Franco chiamerà alle armi 70 battaglioni. Ma sono pochi. Egli dovrebbe costituirsi una riserva e 70 battaglioni, invece, non possono servire che a rinsanguare le divisioni attuali 1•

79 1 Vedi D. 24.

81

L'ADDETTO MILITARE A BERLINO, MARRAS, AL MINISTERO DELLA GUERRA

FOGLIO SEGRETO 15841 . Berlino. 19 settembre 1938.

La situazione si avvicina rapidamente e inevitabilmente a una decisione, per la quale l'atteso nuovo incontro Chamberlain-Hitler fornirà elementi determinanti. È da ritenere molto probabile che, ove i risultati di tale colloquio non fossero soddisfacenti, la Germania passerebbe sollecitamente ali 'azione.

Fattore essenziale per le decisioni tedesche sarà il giudizio che dal colloquio potrà scaturire circa il grado di certezza dell'intervento militare franco-inglese in caso di un'azione militare contro la Cecoslovacchia.

Se tale intervento fosse ritenuto certo, l'azione della Germania sarebbe indubbiamente molto più cauta. Tra le ipotesi che possono affacciarsi è quella che l'annunziata costituzione del Corpo dei volontari dei Sudeti (Sudetendeutsches Freikorps) 2 consenta di iniziare un'azione di forza senza che la Germania in primo tempo s'impegni direttamente e quindi consentendo all'Inghilterra e alla Francia di non intervenire.

La stampa pubblica oggi che il Corpo volontario comprende 40.000 uomini ed è organizzato in quattro gruppi. Sarà facile al momento opportuno ingrossare rapidamente gli effettivi con l'afflusso di elementi provenienti dal Reich.

È da rilevare che mancano notizie sicure circa la situazione nel territorio di frontiera, ma si ha l'impressione che in alcuni settori le autorità ceche abbiano perduto il controllo e che vi si svolgono liberamente movimenti attraverso il confine. Lo comproverebbe il forte numero di profughi riparati in Germania, il quale salirebbe già oggi a 84.000. Da notare che i profughi portano seco talvolta anche veicoli.

I giornali mettono in rilievo che i tedeschi dei Sudeti sono in grave pericolo e che la Germania è pronta a dare ad essi l'aiuto promesso dal Filhrer nel discorso di Norimberga3. Aggiunge che ormai tutti, salvo Praga e Mosca, sono persuasi della necessità dello smembramento della Cecoslovacchia nei suoi gruppi nazionali.

Riferisco a parte sulla situazione militare.

80 1 A proposito delle notizie inviate dal console Muti, Ciano annotava nel suo Diario (sotto la data del 20 settembre): «Mi si conferma da fonte sicura che le nostre truppe sono stanche. Molto stanche. E che l'idea di lasciare ancora in Spagna una divisione non ha incontrato alcun favore. Le lettere anonime e anche firmate nelle quali si chiede il rimpatrio abbondano. l segni di irrequietudine si accentuano. Non vorrei che questa magra divisioncina di veterani sfiduciati dovesse darci un giorno o l'altro qualche grosso dispiacere». E due giorni più tardi così registrava nel suo Diario le reazioni di Mussolini: «<l Capo è scettico sulla Spagna. Crede che Franco, il quale ha ormai perso la vittoria, arriverà ad un compromesso con gli altri. Noi perderemo i quattro miliardi di crediti: perciò conviene rastrellare ogni cosa, tino a quando è possibile».

81 1 Il documento è tratto dali' Archivio de !l 'Uftìcio Storico dello Stato Maggiore del! 'Esercito.

82

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PARIGI E VARSAVIA E ALLE LEGAZIONI A BUDAPEST E PRAGA

T. 758/c. R. Roma, 20 settembre 1938, ore 5,45.

Questa ambasciata di Polonia ha informato di aver ricevuto istruzioni di comunicare a R. Governo che qualora venisse deciso indire plebiscito nei territori sudeti, Polonia prenderebbe tutte misure atte salvaguardare suoi interessi affinché questi vengano decisi nella stessa guisa di quelli delle altre Potenze interessate alla questione dell'autodecisione delle minoranze in Cecoslovacchia1 .

Analoga comunicazione è stata fatta dal governo polacco agli altri governi.

81 2 Vedi D. 59.

81 3 Del 12 settembre, vedi D. 4.

82 1 A quanto risulta dal Diario di Ciano~ negli archivi non è stata trovata documentazione in proposito~ il 20 settembre Ciano ricevette l'ambasciatore Wieniawa al quale consigliò di intensificare l'azione nei confronti della Cecoslovacchia perché non fosse la sola Germania a trarre vantaggio dalla situazione. Linguaggio analogo Ciano tenne con il ministro di Ungheria, Villani (CIANO, Diario. alle date del 19 e 20 settembre). In proposito il diplomatico ungherese riferiva che, secondo quanto Ciano gli aveva dichiarato, Mussolini desiderava che l'Ungheria avanzasse con maggiore energia le sue rivendicazioni nei confronti della Cecoslovacchia ed aveva aggiunto che il governo italiano era favorevole ad una frontiera comune tra Polonia e Ungheria (DU, vol. Il, D. 368).

83

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4753/655 R. Londra, 20 settembre 1938, ore 17,40 (per. ore 22,30).

Iersera al Foreign Office sono stati convocati direttori maggiori giornali londinesi ed è stato loro, con tutta riservatezza, raccomandato di astenersi nei commenti redazionali e nelle note diplomatiche da qualsiasi riferimento specifico al contenuto del cosiddetto «piano» concordato in via preliminare nell'incontro anglo-francese 1• Infatti, stamane nessun giornale vi fa riferimento e stampa si limita esclusivamente a riprodurne accenni in corrispondenza da Parigi e Praga.

Mi risulta da diretta informazione di Downing Street, per tramite nota persona2 con la quale sono in assiduo contatto allo scopo di controllare mie informazioni, che istruzioni di usare la maggiore discrezione nella stampa britannica sono state impartite dallo stesso Primo Ministro il quale intende evitare gli inconvenienti di indiscrezioni premature e soprattutto desidera nella sua imminente ripresa di conversazioni col Filhrer, poter dichiarare al capo del Reich che egli è il primo ad avere ufficialmente comunicazione delle proposte anglo-tì·ancesi e della risposta di Praga.

Il contenuto di tali proposte coincide sostanzialmente con quelle che ho anticipato sin da avantieri con il mio telegramma 644 3 . Esse possono riassumersi cioè nei seguenti punti principali:

l) Cessione alla Germania, senza plebiscito, delle regioni sudete dove la popolazione di razza tedesca risulta predominante. 2) Soluzione cantonale per gli altri distretti nei quali la popolazione tedesca, pur non essendo predominante, è tuttavia numerosa.

3) Neutralizzazione Cecoslovacchia con garanzia grandi Potenze. l governi inglese e francese si impegnano sin da ora a tale garanzia.

Queste le linee principali delle proposte preliminari anglo-francesi, le quali sino alla partenza di Chamberlain rimangono ancora aperte per quelle modificazioni che le circostanze potessero ulteriormente suggerire.

Particolare riferimento viene inoltre fatto ad un possibile scambio di popolazione, nonché alla opportunità, per evitare nuovi incidenti in Cecoslovacchia, di riferirsi ai risultati delle ultime elezioni municipali nei distretti sudeti, nel fissare proporzionalmente popolazione.

Nessuna menzione, sino ad ora, del problema concernente minoranze ungheresi e polacche, sebbene Chamberlain-così mi è stato comunicato ufficiosamente-non abbia affatto inteso mettere da parte quesito del delicato problema, che Primo Mini

83 2 L'avvocato Adrian Dingli. 83' Vedi D. 68.

stro riconosce urgente risolvere, anche perché, a parte necessità di una soluzione totalitaria per raggiungere un vero e duraturo stato di pace nell'Europa Centrale, non sarebbe possibile evidentemente ottenere altrimenti la garanzia dell'Ungheria e della Polonia alla neutralizzazione del futuro Stato cecoslovacco. Tale garanzia delle Potenze confinanti col futuro Stato cecoslovacco non è meno importante e necessaria, nel pensiero di Chamberlain, delle garanzie delle grandi Potenze.

Circa i particolari dell'incontro anglo-francese, mi risulta che l'andamento delle discussioni è stato tutt'altro che facile. In certi momenti esso ha assunto un tono drammatico. Ad un certo punto Chamberlain ha dichiarato nettamente che intervento inglese in aiuto della Francia si sarebbe verificato soltanto nell'eventualità che Germania, nel corso di eventuali operazioni di guerra contro la Francia, dimostrasse effettivamente di voler attentare all'integrità territoriale della Francia medesima. Ossia in altre parole, ove Germania si limitasse sul fronte francese a un atteggiamento difensivo, Inghilterra non avrebbe ragione di intervenire.

Queste dichiarazioni di Chamberlain hanno naturalmente ottenuto effetto di ridurre al silenzio francesi e di costringerli infine, volenti o nolenti, ad accettare il piano di Chamberlain a condizione tuttavia che l 'Inghilterra si impegnasse sino da ora a garantire frontiere futuro Stato cecoslovacco. Dapprima Chamberlain si è rifiutato e poi ha finito con acconsentire lasciando tuttavia imprecisati per il momento i limiti suddette garanzie che in tutti i casi devono includere anche, nel pensiero di Chamberlain, Germania e Italia.

Daladier ha cercato ottenere da Chamberlain che fra le grandi Potenze destinate a garantire futuro Stato cecoslovacco fosse inclusa Russia sovietica. Chamberlain si è rifiutato di prendere per il momento alcun impegno in questo senso ed ha viceversa richiesto e ottenuto una certa libertà nelle sue imminenti trattative col Flihrer4 .

83 1 Vedi D. 73, nota 3.

84

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4758/158 R. Varsavia, 20 settembre 1938, ore 19,05 (per. ore 0,30 del 21).

Ho trovato stamane Beck piuttosto preoccupato. Egli appariva evidentemente irritato per l'atteggiamento dilatorio del governo francese nei confronti della richiesta del governo polacco di eguaglianza di trattamento in favore delle proprie minoranze. La Polonia, ha osservato Beck, conosce tali tattiche per esserne rimasta vittima 18 anni fa ed «oggi non intende più prestarsi a queste manovre». Per decidere la via da seguire governo polacco attendeva di conoscere risultato dei colloqui dei propri rap

presentanti rispettivamente con Hitler e con Imredy, colloqui che avrebbero dovuto aver luogo oggi 1• Purtroppo, secondo questo ministro degli Affari Esteri, Budapest si è lasciata sorprendere dagli avvenimenti. Egli, però, sperava che malgrado tutto sarebbe riuscita ad intonarsi ali 'attuale momento.

Intanto, la Polonia aveva concentrato alla frontiera cecoslovacca un Corpo d' Armata di truppe scelte pronto per qualsiasi eventualità.

Quanto alla frontiera orientale sarebbero continuate le manovre.

Il morale di Mosca sembrava molto depresso dopo il crollo della resistenza franco-inglese, però era prudente non considerare pericolo sovietico come del tutto inesistente2 .

83 4 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

85

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 4752/172 R. Parigi. 20 settembre 1938. ore 21,05 (per. ore 22,30).

Telegramma di Y.E. n. 758/c. 1•

Sabato scorso, questo ambasciatore di Polonia ha effettuato presso questo governo passi per chiedere che soluzione plebiscito fosse applicata anche alle zone della Slesia e di Teschen alle popolazioni prevalentemente polacche 2•

Stamane, stesso ambasciatore ha a nome del suo governo chiesto che a detti distretti fosse senz'altro applicata la soluzione prevista per le regioni sudetiche dal piano anglofrancese'. Lukasiewicz mi dice che Bonnet ha sùbito c senza esitazione riconosciuto essere, nelle circostanze attuali, richiesta polacca inoppugnabile. Ha spiegato che nelle conversazioni di Londra governo britannico aveva fatto già del resto espresse riserve in tàvore minoranze polacche e ungheresi. Ha pregato soltanto che il governo Varsavia non introducesse ulteriori gravi complicazioni in una situazione già di per se stessa delicatissima e in un momento in cui risposta di Benes è ancora ansiosamente attesa.

Bonnet ha assicurato, appena fosse pervenuta accettazione Praga, questione minoranze polacche sarebbe stata messa senz'altro in primo piano e risolta in conformità alle premesse già poste per regioni sudetiche. La Polonia avrebbe del resto indubbiamente preso parte ai negoziati relativi alla concessione della garanzia internazionale prevista per lo Stato boemo ed avrebbe dunque potuto senza indugio e direttamente porre innanzi allora le sue esigenze.

ungheresi e con l'ambasciatore di Polonia, Lipski, per i quali si veda D. 91, nota l.

Al che, questo ambasciatore di Polonia ha risposto non ritenere che suo governo possa accontentarsi, nonostante tali dichiarazioni, di attendere. Soluzione problema cecoslovacco doveva ormai essere affrontata -e subito -in termini totalitari e, comunque, tali da non lasciare ulteriormente scoperti gravissimi punti nevralgici anche fra la nuova Boemia ed i suoi vicini immediati. Richiesta garanzia Stati confinanti germanofobi 4 del resto poteva essere automaticamente legata alla soluzione definitiva delle questioni minoritarie 5 .

Lukasiewicz aggiunge risultargli che suo governo è stato fino ali 'ultimo momento incerto se insistere sulla soluzione del plebiscito o su quella annessionista. Ha finito per decidere per quest'ultima, sia per evitare pericolose sorprese e consultazioni popolari, sia per ottenere che tracciato nuova frontiera possa meglio corrispondere a quelle esigenze strategiche ed economiche di cui una frontiera esclusivamente demografica potrebbe non tener conto.

Passo analogo è stato fatto iersera a Londra da parte polacca, di cui si ignorano tuttora i risultati 6 .

Ambasciatore di Polonia non prevede tuttavia che, né governo inglese, né governo francese possano, nelle circostanze attuali, opporsi alle richieste di Varsavia e, conseguentemente, di Budapest.

Parole chiare e nette pronunciate dal Duce 7 sono state-ha concluso-decisive per la nostra causa e per la pace del mondo.

84 1 Riferimento ai colloqui che lo stesso giorno llitler aveva a Berchtesgaden con i ministri

84 2 Il documento tù inviato in visione a Mussolini.

85 1 Vedi D. 82.

85 2 Si veda in proposito DDF, vol. Xl, DD. 187 e 194.

85 1 Vedi D. 73, nota 3.

86

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4756/657 R. Londra, 20 settembre 1938, ore 21,11 (pe1: ore 3, IO del 21).

Seguito mio telegramma n. 655 1• Mancata risposta del governo di Praga al noto passo 2 , rinnovato ieri dal ministro inglese a Praga, ha aumentato in questi ambienti stato di irritazione contro Benes.

86' Ritèrimento alla consegna, il 19 settembre, del piano franco-britannico al governo cecoslovacco (vedi DDF, vol. Xl, D. 217 e BD, vol. II, D. 961 ).

Stamani negli ambienti di Downing Street si diceva apertamente che secondo informazioni giunte da Praga, Benes avrebbe ritardato tale risposta e cercato guadagnare tempo al solo scopo di tentare persuadere governo sovietico ad intervenire comunque a fianco della Cecoslovacchia anche qualora Francia non facesse onore ai suoi impegni di alleanza. Il piano attribuito a Benes è addirittura quello di ottenere appoggio della Russia non soltanto nel campo aereo ma anche col passaggio di unità terrestri attraverso territorio romeno, calcolando sulla politica della Romania di resistere per aumentare probabilità di un possibile conseguente allargamento del conflitto.

Secondo altri, Benes non conterebbe affatto sull'appoggio russo e cercherebbe semplicemente, attraverso rifiuto sovietico, di prepararsi, di fronte ai suoi partigiani, un alibi politico per spiegare impossibilità resistere e ineluttabilità di accettare proposte anglo-francesi come conseguenza tradimento non soltanto di Londra e Parigi ma anche da parte di Mosca. Comunque manovre temporeggiatrici di Benes contribuiscono stamani non poco aumentare stato irritazione contro Benes, di cui si prevede imminente caduta e sparizione dalla vita politica.

Chamberlain ha fatto già tutti i suoi preparativi per partire domani mattina per Godesberg pur dichiarando ufficialmente di attendere risposta da Praga ed ulteriore scambio di vedute telefoniche con Daladier prima di confermare per domani il suo secondo incontro con Hitler3 •

85 4 Sic.

85 5 Su questo colloquio Bonnet-Lukasiewicz si veda in DDF. vol. Xl, D. 242 il promemoria redatto da Bonnet, dal quale risulta un andamento del colloquio alquanto diverso da quello indicato a Prunas dall'ambasciatore polacco. Per ulteriori particolari si veda ibid., D. 275.

85 6 Sui passi etlèttuati il 19 e il21 settembre dall'ambasciatore Raczynski presso il Foreign Ot1ìce si veda BD, vol. III, DD. 11 e 20, dove è riportato anche il testo delle note polacche.

85 7 Riferimento al discorso del 18 settembre a Trieste (vedi D. 70, nota l).

86 1 Vedi D. 83.

87

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4762/129 R. Belgrado, 20 settembre 1938, ore 21,30 (per. ore 23,37).

Questo ministro di Ungheria si sta più che mai preoccupando di accertare quali potrebbero essere reazioni jugoslave nell'eventualità di un intervento ungherese in Cecoslovacchia. A Budapest sarebbero convinti che il Reich non può essere, in linea generale, desideroso di favorire aspirazioni ungaro-polacche.

A questo ministero degli Affari Esteri sarebbe stata fatta presente a Bessenyey la particolare difficoltà della situazione nella quale Jugoslavia verrebbe a trovarsi nel momento in cui azione ungherese fosse di prima linea1• Effettivamente il punto oscuro che turba serenità delle decisioni jugoslave, rese anche più definitive da discorso

del Duce a Trieste2 è quello dell'atteggiamento dell'Ungheria. Oltretutto questo Paese deve preoccuparsi della compattezza e delle numerose minoranze ungheresi e d'altra parte esistono qui correnti d'opinione pubblica, anche se per il momento inefficienti, favorevoli alla causa cecoslovacca. Qui si conta, a situazione liquidata, di serrare i rapporti con Budapest e con Varsavia e naturalmente con Roma ad ogni utile fine futuro.

Bessenyey mi è sembrato persuaso che azione ungherese nella circostanza debba tenere conto di questa condizione di cose 3•

86 1 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

87 1 Sic.

88

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 6640!1939 1 . Berlino, 20 settembre 19382 .

Com'è naturale, la situazione è in questo momento dominata dall'incontro di Godesberg. Esso sarà decisivo. Ma in quale direzione? In altri termini, l 'eventualità di una guerra è ormai senz'altro da escludersi?

Qui in Germania molti sembrano aspettarsi che domani il signor Chamberlain porti senz'altro, anche a nome della Francia, il consenso, immediato e totalitario, dell'Europa alla tesi tedesca, e dica «i [sudeti sono] fratelli vostri, come tali vi appartengono, !prendete/i]». Se così fosse, naturalmente tutto andrebbe [ ..... ].

[Ma se] così non fosse? Se Chamberlain non por[tasse con sé un consenso] immediato e totalitario, ma sol[tanto un piano che] (vedi informazioni del Times [di questa mane) pur] assumendo come punto di partenza [la giustezza delle] rivendicazioni tedesche, fosse suscettibile di applicazione parziale o progressiva e [ ..... ] negoziazioni ulteriori? E cosa succederebbe se, anziché persuadere ungheresi e polacchi, [ .... ] fosse obbligato ad affacciare non [ ..... ] sudetico ma un problema generale, alla [ .... ] Chamberlain non fosse preparato?

È qui che la situazione tornerebbe a complicarsi, specie in presenza dello stato d'animo già segnalato all'E.V., secondo il quale l'onore ed il prestigio della Germania richiederebbero, a riparazione completa dello smacco del 21 maggio 3 , una affermazione di forza. Questo punto io mi sono permesso di sottolineare con tele

87 3 Il documento fu inviato in visione a Mussolini. 88 1 Il documento è deteriorato dall'umidità. 88 2 Manca l'indicazione della data di arrivo. 88 3 Vedi D. 65, nota 4.

gramma filo di ieri sera~ e ciò in seguito a nuovi elementi raccolti dal Conte Magistrati in una conversazione con il Generale Bodenschatz e che sono fissati nell'accluso promemoria.

Orbene, ove i militari prendessero a un certo punto la mano, due eventualità si affaccerebbero che ritengo entrambe degne di rilievo: a) che ciò accadesse troppo presto, quando cioè il pericolo di una guerra generale non fosse ancora dileguato; b) che ciò accadesse senza preventivi accordi con alcuno e su programmi più

o meno improvvisati ed eventualmente eccedenti le più ragionevoli aspettative.

È vero che ormai ogni giorno che passa, segna-dopo il riconoscimento anglofrancese delle rivendicazioni tedesche-un'attenuazione del pericolo di guerra generale. Ma è vero anche che questo pericolo non sarà scomparso fin quando Francia e Inghilterra non saranno portate a dissociare la responsabilità propria da quella di Praga. Se l'intervento armato del Reich avvenisse prima di questo momento e se, ancora peggio, esso potesse suonare misconoscimento del gesto di pace del Primo Ministro inglese, la possibilità di un'estensione del conflitto sussisterebbe sempre. E ciò mentre a Trieste 5 , pur annunziando come già scelto il posto dell'Italia in caso di guerra generale, il Duce ha però dichiarato che l'Italia si augura in primo luogo una soluzione pacitìca, in secondo luogo una soluzione a base di conflitto «localizzato».

La seconda eventualità è che, nel cedere al bisogno di una dimostrazione di forza, i Tedeschi non eccedano i limiti delle loro stesse legittime rivendicazioni, limiti chiaramente indicati nella «Lettera a Runcimarm 6 . Con questa, l 'Italia si è dichiarata nettamente a favore di una Boemia indipendente, di uno Stato Boemo, con cui essa si riprometterebbe anzi una politica di amicizia e di intesa.

Orbene, vi sono ormai vari elementi che fanno dubitare della facile contentabilità tedesca in materia. Ho già richiamato con mio telegramma odierno 7 l'attenzione di VE. sopra l'intervista Ward Price. Essa è interessatissima. Eccone qualche estratto:

.. .(<The Czechs had never been an independent people unti/ the peace treaties raised them to an undeserved and artifìcial maste1y aver minorities more numerous than themselves. In the Middle Ages thay had been a German principality. Two hundred years before Queen Elizabeth there had been a German university in Prague.

Modern Germany had been created by the diplomatic language used in the German Emperor :~ government offzces in that city. which he madefor a time his capita!.

Once. indeed, during the Hussite wars, the Czechs had gained a tempormy independence. They used it like the Bolshevists, burning and ravaging unti! the Germans rose and crushed them)) ...

88 • T. 4731/386 R. del 20 settembre in cui l'ambasciatore Attolico richiamava «la particolare attenzione» sul fatto che, stando alle sue dichiarazioni, Hitler negava «il diritto storico della Boemia ad una indipendenza statale». Il testo dell'intervista, pubblicata sul Daily Mai/ del 19 settembre, è anche in Relazioni internazionali, p. 660.

88' Nel discorso del 18 settembre. Vedi D. 70, nota l.

... « Jf the Czechs had possessed a gr a t statesman h e would long ago have l et the Sudeten-Germans join the Rei eh, and been content thereby to assure conti nuance of autonomy for the Czechs themselves».

Autonomia per i Sudetici, plebiscito, annessione senza plebiscito, autonomia per i Cechi. Ecco-in soli 20 giorni-un crescendo che dà da pensare. È chiaro che se i militari riuscissero, speculando sulle impazienze del Filhrer, a prender la questione nelle loro mani, essi arriverebbero senz'altro a Praga. Una volta occupata Praga, non la cederebbero a nessun prezzo.

Ignoro se questo sia nei nostri desiderata. Ove, come ho ragione di ritenere, non lo fosse, sono del rimesso avviso che bisognerebbe in una maniera o nell'altra rammentarlo tempestivamente a chi di ragione. E ciò tanto più in quanto temo che da parte tedesca si sconti una solidarietà italiana equivalente ad un quasi totale e confidente abbandono, arrivante cioè automaticamente a quel qualunque limite che l'interesse contingente della Germania possa consigliare. La Germania crede di adempiere intero il suo dovere notificandoci, quando che sia, che essa ha deciso di marciare. Ciò mi sembra eccessivo. Comunque temo che questo stato d'animo tenda ad affermarsi quanto più la Germania acquista (impressioni già segnalate da Generale Marras) la convinzione di potere nella specie «fàre da sé», senza bisogno di aiuti implicanti una qualunque contropartita o anche soltanto prospettive di reciprocità avvemre.

Le considerazioni di cui sopra mi sono ispirate dal confronto di quelle che sono le dichiarate direttive del Duce con quelle che appaiono essere le ultime aspirazioni tedesche. Esse potranno tuttavia, ed io lo spero, essere felicemente superate dagli avvenimenti che ci attendono e cioè dall'incontro di Bad Godesberg.

ALLEGATO

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

APPUNTO. Berlino. 19 settembre 1938.

È venuto stasera a vedermi il Generale Bodenschatz, reduce da Berchtesgaden. Egli riparte domani per Bad Godesberg per mantenere colà il collegamento tra il Ftihrer ed il Maresciallo Goring, il quale, convalescente dalle sue giornate di malattia, conta prendersi in questa settimana un po' di riposo.

Le idee del gruppo Goring possono così riassumersi: l) Le notizie pervenute da Londra farebbero credere che, nel convegno anglo-francese, i Francesi abbiano finito per accettare il punto di vista che occorra senza indugio provvedere a staccare dalla Cecoslovacchia la zona abitata dalle maggioranze etniche tedesche e ad unirla senz'altro al Reich tedesco. Un tale atteggiamento francese sarebbe già stato confermato a Parigi dal Ministro di Cecoslovacchia colà residente. Si attende quindi che dopodomani Chamberlain porti a Bad Godesberg la decisione anglo-francese, che dovrebbe tradursi in una chiara proposta a Praga. Tutto ciò eviterebbe senz'altro la guerra. Qualora invece

Chamberlain portasse notizie evasive o poco favorevoli, il Fiihrer non farebbe altro che dare ordine di intervento in Cecoslovacchia. In questo caso, la Cecoslovacchia sarebbe «schiacciata». Tutto è pronto. I piloti e gli apparecchi tedeschi, già completamente mobilitati, conoscono al dettaglio il loro compito. [Ogni] centro vitale cecoslovacco, passibile di bombardamento è stato studiato, ristudiato, fotogratàto da ogni lato. La massa da bombardamento tedesco avrebbe un compito facile, anche se i cechi fossero sorretti da una forza aerea russa. Risulta in proposito che sono già presenti sui campi di aviazione cecoslovacchi circa l 00 apparecchi da caccia sovietici.

2) La questione non ammette altra dilazione. Alla mia domanda cosa egli intendesse per «subito» Bodenschatz ha risposto «i prossimi dieci giorni». Il Flihrer non ha che da premere un campanello perché tutta la macchina militare si metta in moto. Egli ha detto chiaramente a Chamberlain che, per risolvere oggi e nettamente la questione cecoslovacca, la Germania sarebbe disposta a correre anche il rischio di una guerra europea. Ma le previsioni sono piuttosto favorevoli perché molto difficilmente gli anglo-francesi si metterebbero oggi su quella strada. Chamberlain ha in questo campo detto a Hitler a Berchtesgaden che egli concorda con il punto di vista tedesco circa l'opportunità del distacco assoluto dei Sudetici dalla Cecoslovacchia. Ha aggiunto però essere questa una sua idea personale e che egli, quale Capo di Governo di un Paese democratico, aveva l'obbligo, prima di esporre utlìcialmente il pensiero della Gran Bretagna, di sentire le idee di tutti i suoi colleghi del Gabinetto.

3) In definitiva quindi le soluzioni sono due: a) o Chamberlain porta a Bad Godesberg la proposta concreta dell'immediato distacco dei Sudetici dalla Cecoslovacchia; b) o il Fiihrer dovrà tàre agire la macchina militare. Alla mia domanda se si trattasse dell'impiego del vero Esercito oppure delle cosiddette Formazioni volontarie di Henlein, Bodenschatz ha risposto che evidentemente non si può parlare che delle vere Forze Armate del Reich, non avendo quei volontari altro che un valore ideale, essendo privi di qualsiasi consistenza bellica.

4) Naturalmente tutto il problema della Cecoslovacchia, oltre la questione sudetica, va affrontato, anche se in un secondo tempo. I Polacchi hanno già fatto sentire le loro ragioni. La Polonia -ha aggiunto Bodenschatz -e particolarmente il Ministro Beck si portano oggi molto bene ed il Fiihrer non lesina lodi nei eontì·onti di Varsavia. Gli Ungheresi sembrano un po' più dubbiosi e perplessi. Il Ministro a Berlino, Sztojay, è sempre in preda a preoccupazioni, talvolta ingiustificate. Budapest dice sempre che l'esercito magiaro non è pronto, ma se i Tedeschi dovessero attendere il giorno nel quale l'organizzazione c l'armamento degli Ungheresi fossero perfetti, dovrebbero aspettare almeno cinque anni. Ad ogni modo nel convegno di domani a Berchtcsgaden, il Cancelliere Hitler stabilirà esattamente con il Presidente del Consiglio Imredy i punti relativi alla partecipazione ungherese alla questione.

5) Tutti gli ambienti tedeschi sono rimasti molto soddisfatti della circostanza che il Primo Ministro britannico si sia recato personalmente a trovare il Cancelliere Hitler, fino alla sua residenza di Berchtesgaden. La circostanza che l'incontro ha avuto luogo nella casa privata del Cancelliere e non già nella Capitale del Reich o in altra città tedesca, è stata senza dubbio un 'affermazione di prestigio per la Germania. Il Fiihrer, che non ha mai dimenticato il 21 maggio, deve esserne rimasto molto soddisfatto.

Il Generale Bodenschatz mi ha anche parlato della grande impressione prodotta dal discorso del Duce a Trieste, discorso che tutti i Tedeschi hanno udito alla Radio nel testo italiano e nella immediata e buona traduzione in lingua tedesca. Il Maresciallo Goring, nel suo entusiasmo, ha subito dichiarato: «L'aviazione tedesca sarà sempre, in qualsiasi evenienza, a fianco del Duce».

Nel complesso, dalla conversazione con Bodenschatz, ho tratto l'impressione che gli ambienti che fanno capo al maresciallo Goring continuino a mantenersi in uno stato d'animo

di impazienza e si dimostrano sempre più convinti che le prossime settimane non potranno non segnare l'acquisto da parte del Reich del territorio sudetico abitato da maggioranze etniche germaniche8.

87 2 Del 18 settembre. Vedi D. 70, nota 1.

88 6 Vedi D. 24.

88 7 T. 4731/386 R. Vedi qui nota 4.

89

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3932/1568. Mosca, 20 settembre 1938 (per. il 26).

È più che probabile che la corrispondenza ginevrina alla lzvestia, che ho segnalato coli'odierno telegramma Stefani n. l 06, sia stata dettata o per lo meno ispirata dallo stesso Litvinov; è ovvio comunque che essa rispecchia le idee e gli umori del governo dell'U.R.S.S. Dovrei anzi dire umori senza idee, perché se l'accordo anglofrancese sul modo di liquidazione del conflitto fra Germania e Cecoslovacchia ha sollevato le acerbe recriminazioni e le ire sovietiche, non vi è nulla in questa corrispondenza che indichi le intenzioni del governo di Mosca: governo il quale, come firmatario di un patto di mutua assistenza con la Cecoslovacchia, dovrebbe pur prendere posizione di fronte ad un progetto che comporta lo smembramento del Paese alleato. L'unica idea che viene affacciata per il futuro è la previsione di una resistenza armata da parte della Cecoslovacchia, ma senza il minimo accenno ad un eventuale aiuto sovietico ...

È chiaro che le decisioni di Londra hanno sorpreso e completamente disorientato i dirigenti dell'U.R.S.S. Questi avevano sempre sospettato nell'Inghilterra l'intenzione di favorire sottomano i piani di Hitler; non si attendevano tuttavia una capitolazione così completa e così pronta da parte anche del governo francese. Ed è perciò che l'indignazione sovietica per quello che si chiama il «tradimento» perpetrato ai danni della Cecoslovacchia si concentra principalmente contro la Francia.

Stamane dovevo vedere il Vice Commissario Potemkin per discutere con lui tal uni affari correnti, e mi proponevo di approfittare della occasione per cercare di conoscere le sue reazioni. Senonché all'ultimo momento egli si è scusato di non potermi ricevere «perché impegnato in conferenze al Cremlino». È tàcile supporre che in questo momento si stia qui esaminando la situazione nuova creata dalla netta svolta della politica franco-britannica. Non vedo tuttavia quale decisione il governo di Mosca potrebbe prendere se non quella di adattarsi suo malgrado al fatto compiuto. Tutt'al

più potrà tentare di rendere difficile la liquidazione della situazione incoraggiando Praga alla resistenza e cercando di aizzare movimenti di opposizione ai Gabinetti di Chamberlain e di Daladier.

88 8 Il generale Marras, nel comunicare al ministero della Guerra le notizie date al consigliere Magistrati da Bodenschatz, aggiungeva di non escludere che, anche in caso di accettazione da parte della Cecoslovacchia, si potessero verificare degli «incidenti» che dessero occasione alla Germania di agire militarmente per ottenere «una soluzione totalitaria» (T. Marras 1593 del 21 settembre in Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito).

90

IL MINISTRO A LISBONA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1603/842. Lisbona, 20 settembre 1938 (pe1: il 24).

Mio telegramma n. 124 in data 13 corr.1 e precedenti.

Le ripercussioni della situazione internazionale in Portogallo, riferite con il telegramma sopracitato e con i rapporti precedenti sono venute acuendosi con l'aggravarsi della situazione stessa negli ultimi giorni.

Il sintomo principale era già apparente, quando ancora non si era arrivati alle fasi più acute, dalle parole e dallo stato di evidente preoccupazione --quasi di smarrimento -dello stesso Salazar.

Questo Paese si trova intàtti in una situazione paradossale. Alleato dell'Inghilterra per stretta necessità, ma portato per ideologia, per regime politico (nonostante disquisizioni e sottili distinzioni) assai più verso gli Stati totalitari che non verso le democrazie, decisamente anticomunista, sostenitore della Spagna Nazionale per ragioni che sono di vita o di morte, ha veduto imminente il rischio di essere trascinato in un conflitto che non è il suo, in difesa dello Stato cecoslovacco con cui ha rotto le relazioni diplomatiche in modo così clamoroso 2 , a fianco della Russia sovietica con cui non ha voluto mai averne.

Il dramma dell'alleanza britannica, sorto a causa della guerra civile spagnola, attenuatosi negli ultimi tempi in una ricerca di equilibrio, è risorto in pieno in questi giorni. Più che dello sforzo e dei sacrifici di un suo eventuale apporto militare in caso di conflitto, il Portogallo si preoccupa della sua stessa esistenza. È dubbio se l'Inghilterra gli domanderebbe truppe. Durante la grande guerra è noto che si è opposta sin che ha potuto all'invio del corpo di spedizione portoghese, e la battaglia della Lys le ha dato ragione. Ma non rinuncerebbe alle basi navali.

Altro problema assillante: la frontiera terrestre, la costante preoccupazione portoghese. Dovrà il Portogallo combattervi, o peggio ancora lasciare che altri vi combatta, attraverso il suo territorio?

In queste serie di domande angosciose, si è tàtta strada una corrente, e meglio che una corrente un desiderio diffuso: la neutralità in caso di un conflitto simile. È quasi certamente una illusione. Nella migliore ipotesi il conflitto come si prospettava nei giorni scorsi significherebbe la presa di possesso del Paese manu militari da parte dell'Inghilterra. Tuttavia questa aspirazione esiste e credo che valga la pena di registrarla, se non altro per cercare eventualmente di servircene, alimentandola.

II governo portoghese è anche preoccupato dei riflessi che la situazione internazionale ha sulla situazione interna. Sulla precarietà di tale situazione credo che sia superfluo insistere, come sugli intrighi che l 'alleata Inghilterra conduce qui da tempo in regime Carmona-Salazar e più precisamente contro il regime Carmona-Salazar. Ma va notato che in questi giorni dalle fonti più disparate viene ripetuto che in caso di conflitto l'Inghilterra ha già tutto pronto per rovesciare il regime predetto, che non da oggi le dà fastidio, e sostituirlo con uno più adatto ai suoi interessi. Non sarebbe in verità la prima volta che ha tentato di farlo, e mi riferisco in proposito alle precedenti segnalazioni. Vi sono anche altre notizie di movimenti sovversivi ed insurrezionali in alcuni reparti dell'esercito, di arresti e deportazioni alle isole di Capo Verde. Vagliate tali notizie attraverso informazioni riservate da persone responsabili, particolarmente dalla polizia, esse sembrano poter essere limitate per ora ad una certa maggiore attività dell'elemento comunista in cui sono stati operati vari arresti, e ad un certo movimento sospetto in alcuni reparti dell'esercito, notoriamente infidi. Disordini di sovversivi sono avvenuti in questi giorni a Barreiro, villaggio industriale sulla riva sinistra del Tago, di fronte a Lisbona, e noto centro rosso. Misure precauzionali per il mantenimento dell'ordine pubblico sono state prese in modo appariscente non soltanto con forze di polizia ma con reparti militari. II presidente Carmona è rimasto nella sua attuale residenza nella Cittadella di Cascais, Salazar si è recato per un periodo di vacanze in un località di montagna al nord di Coimbra. È rientrato brevemente a Lisbona per il Consiglio dei Ministri segreto segnalato nel telegramma in riferimento. Forze considerevoli e assai visibili sono state disposte attorno alle due residenze. Il servizio di sicurezza attorno alle Legazioni d'Italia e di Germania è stato rinforzato.

La situazione militare del Portogallo non è più brillante di quella propriamente interna. Molti dei capi, molti degli ufficiali in sottordine e la maggioranza dei sottufficiali sono infidi. Il programma di riorganizzazione e di armamento dell'esercito è all'inizio e praticamente nulla è stato ancora fatto. Pochissimo del materiale bellico, ordinato quasi tutto all'estero, è finora giunto. Le consegne sono tutte a lunga scadenza. Molto, ed assai importante, non è stato ancora neppure ordinato (artiglierie, molta parte del materiale aeronautico, materiale per la motorizzazione di alcuni reparti). Il governo portoghese è dunque scarsamente oggi in grado di sostenere la sua situazione ali 'interno, ed ancora meno di poter sperare di sostenere una sua attitudine all'esterno.

Nella crisi le figure del generale Carmona e di Salazar si delineano differentemente. Entrambi sono molto preoccupati. Ma la preoccupazione di Salazar è cosa che arriva allo smarrimento ed i suoi più vicini collaboratori ne sono estremamente preoccupati. Descrivono un Salazar irritabile, tagliente, a volta a volta imperioso ed accasciato, molto spesso indifferente o assente a problemi di indiscussa urgenza. Nell'attitudine del vecchio soldato rimane invece-pur nella preoccupazione che è evidente quanto naturale-una dignità ed una serenità che aumentano tra i portoghesi la popolarità già grandissima di cui gode.

Nella dura crisi che ancora una volta il Portogallo ha attraversato si sono manifestati sviluppi da registrare e primo tra essi che la voce della ragione e della verità si è fatta strada in un problema che anche qui tutte le forze contrarie avevano cercato in ogni modo di svisare. Non è un tènomeno frequente in Portogallo. Di colpo è cessata la campagna antitedesca che infieriva da mesi nella maggior parte della stampa e sono scomparse le disquisizioni oziose e le discussioni ridicole sugli Stati autoritari e gli Stati totalitari, sul grado di libertà individuale che un regime concede e l'altro no, e altre cose di questo genere.

Gli articoli ed i commenti favorevoli all'Italia ed alla Germania crescono ogni giorno. E non è stata per me poca soddisfazione sentire riassumere la situazione dal cautissimo segretario generale del ministero degli At1àri Esteri con una frase che parafrasava le parole dell'Informazione Diplomatica 3: «Chi vorrà battersi per la Cecoslovacchia?»-La Lettera a Runciman 4 , amplissimamente riprodotta, intensamente letta e commentata ha indicato con precisione fascista la verità anche a questo popolo. E più di ogni cosa il discorso del Duce a Trieste 5 è giunto come uno squillo e ha tolto ai portoghesi come agli altri ogni dubbio e ha segnato la verità inconfondibile. La ripercussione delle parole del Duce in tutto il Paese è stata enorme. In Lisbona, da Oporto e da ogni altro centro cresce l'eco di tali parole. Di più-mentre gli italiani le hanno ascoltate con indicibile orgoglio-credo che in pochi altri Paesi come in questo il fierissimo ammonimento del Duce sia stato ascoltato con maggiore ammirazione e con più profonda amarezza. Perché il dramma del Portogallo è precisamente in ciò, che in caso di conflitto non può scegliere il suo posto e non potrà.

90 1 T. 4477/124 R. del 13 settembre. Segnalava che anche da un colloquio dell'addetto aeronautico italiano con il segretario di Stato alla guerra, Santos Costa, era emerso il timore dei dirigenti portoghesi di essere coinvolti in un contlitto a causa degli impegni derivanti dall'alleanza con la Gran Bretagna e per di più quando il programma di rianno delle l'orze Armate era appena iniziato.

90 2 Rottura avvenuta il 19 luglio 1937 a causa del rifiuto del governo di Praga di consentire una fornitura di armi ordinata dal Portogallo ad una ditta cecoslovacca. Il rifiuto era stato motivato con la possibilità che quelle armi potessero essere poi consegnate ai nazionali spagnoli. Si veda DP, vol. l, appendice I.

91

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTISSIMO 4 771/389 R. Berlino. 21 settembre 1938. ore 14.04 (per. ore l 5.15).

Informazioni finora in mio possesso mi permettono riassumere situazione risultante da conversazioni di ieri del Flihrer con ungheresi e polacchi come appresso 1•

Sembra che Hitler, in completa armonia con piano enunciato dal Duce a Trieste 2 , si preoccupi di dare modo agli ungheresi e polacchi di profittare occasione per soddisfare proprie aspirazioni nazionali.

Egli non si propone agire direttamente ma, per così dire, in sede di «garanzie». Richiesto, cioè, di garantire nuovo Stato cecoslovacco risultante dalla amputazione sudeti, rifiuterebbe farlo se una garanzia analoga non fosse ottenuta da parte dell'Ungheria e Polonia le quali a loro volta non la darebbero senza aver prima visto appagate aspirazioni proprie. Parlando di garanzie Hitler si è dichiarato espressamente a favore garanzia anche da parte Italia.

Tuttociò, peraltro, presuppone Chamberlain accetti cessione completa regione sudeti. Ove si presentasse domani con offerte parziali (distretti fino 70% popolazione sudetica), Hitler domanderebbe senz'altro plebiscito intero territorio sudetico. È comunque assolutamente deciso non recedere domande chiaramente poste a Chamberlain nella prima intervista. Mentre in fondo sembra personalmente, dico personalmente, lieto di una soluzione pacifica, Hitler ha troppa coscienza dei sacrifici che la Germania ha sopportato dal 21 maggio in poi ( 18 miliardi di marchi oro) per non essere risoluto arrivare ad una soluzione definitiva ed integrale del problema3 .

90 3 Riferimento all'Informazione Diplomatica n. 20 del 13 settembre, vedi D. 12.

90 4 Vedi D. 24.

90 5 Vedi D. 70, nota l.

91 1 Sull'incontro di Hitler con i ministri ungheresi del20 settembre a Berchtesgaden, si veda DDT, voi.II, D. 554. Si vedano inoltre le informazioni date dal sottosegretario alla Wilhelmstrasse, Woermann, al consigliere Magistrati, ibid., D. 557 e-qui-ciò che da Budapest riferiva di avere appreso in proposito il ministro Vinci (DD. 94 e l 06). Per il colloquio di Hitler con l'ambasciatore Lipski, si veda il rapporto dell'ambasciatore polacco in W. JEDRZEJEWICZ (editor), Papers and Memoirs ofJozef Lipski, Ambassador of Poland Diplomat in Ber/in 1933-1939, New York, Columbia University Press, 1968, pp. 408-412.

92

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATO 4 783/160 R. Varsavia, 21 settembre 1938, ore 14,47 (per. ore 20,30).

Beck ha ricevuto ieri nel pomeriggio ambasciatore di Francia 1•

Mi risulta che il colloquio ha assunto un tono aspro, questo ministro degli Affari Esteri rimproverando alla Francia il sabotaggio degli interessi polacchi nella crisi ceca. Ad un rappresentante estero che ha ricevuto subito dopo, Beck, ancora agitato, ha detto parlando dell'atteggiamento del governo francese: «non avrei mai creduto che i francesi potessero giungere ad un simile grado di imbecillità».

Questo episodio, riferitomi dal predetto rappresentante estero, è un eloquente indice dello stato d'animo che si è qui formato in questi ultimi giorni nei riguardi della Francia.

91 3 Il documento fu inviato in visione a Mussolini. 92 1 Su tale colloquio si veda il resoconto dell'ambasciatore Ni:iel in DDF, vol. Xl, D. 233.

91 2 Nel suo discorso del 18 settembre. Vedi D. 70, nota l.

93

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4784/16] R. Varsavia, 21 settembre 1938, ore 14,50 (pa ore 20.30).

Accettazione proposte franco-inglesi da parte di Praga1 obbliga governo polacco ad una pronta decisione. Non è pertanto da escludersi possibilità qualche gesto concreto di Varsavia al fine di non trovarsi sorpassata dagli avvenimenti.

94

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4 788/172 R. e 4793/173 R. Budapest. 21 settembre 1938, ore 18,08 (pet: ore 21,35).

Mio telegramma n. 171 1• Vice Ministro degli Affari Esteri mi ha comunicato quanto segue circa incontro di ieri.

l) Hitler ha esposto dettagliatamente conversazione avuta con Chamberlain. Questo gli avrebbe a un certo punto domandato se aveva intenzioni di scatenare una guerra mondiale: alla negativa recisa di Hitler, Chamberlain gli avrebbe ancora chiesto se era disposto a considerare risolta la questione ove governo britannico costringesse governo cecoslovacco ad accettare le proposte tedesche: Hitler lo ha ammesso, ma ha domandato fermamente una soluzione totalitaria e immediata. Ha inoltre dichiarato a Chamberlain che il Reich non potrebbe assolutamente aderire ad una garanzia delle nuove frontiere della restante Cecoslovacchia, senza l'adesione anche deli' Italia, d eli' Ungheria e della Polonia.

2) Per precisare le domande ungheresi Presidente del Consiglio ha lasciato a Hitler una lettera a lui diretta2 in cui lo prega di sostenere nelle discussioni con Chamberlain il noto punto di vista italiano che cioè le rivendicazioni ungheresi abbiano identico trattamento di quelle tedesche. Hitler ha promesso di sottometterla a Chamberlain.

3) A mia richiesta, Apor ha precisato che le rivendicazioni ungheresi si riferiscono alla regione abitata da magiari, non alla Slovacchia.

4) Non sembra probabile che Hitler possa accettare (né che lo desideri) le proposte inglesi, data la sua ferma decisione per una annesione senza plebiscito dei territori abitati per il 50 per cento (e non 75) da tedeschi e senza alcun ritardo non volendo far trascinare più oltre le discussioni. Barone Apor non crede quindi possibile una soluzione del tutto pacifica.

5) Nel caso di una azione di forza, Hitler questa volta ha chiesto l'immediata azione anche da parte ungherese. Governo ungherese non è ancora deciso in proposito: si regolerà secondo quello che farà la Polonia.

6) Alla mia domanda se si è parlato di eventuale concorso di truppe tedesche in Ungheria, Apor me lo ha escluso categoricamente.

7) Ha tenuto a farsi eco con me della più viva soddisfazione e gratitudine di questo governo, sia per le assicurazioni di Stojadinovié comunicate da V. E. 3 , sia per l'offerta da parte di V.E. di eventuale aiuto nel campo aereo 4•

8) Vice Ministro degli Affari Esteri mi ha confermato lo spirito elevatissimo e disciplinato del Paese. In ogni modo, tutto dipenderà dall'incontro che avverrà domani fra Hitler e Chamberlain.

Qualunque ne possa essere il risultato mi ha confermato che il governo ungherese non accetterà mai una discriminazione della minoranza magiara.

Mi ha ripetuto il pericolo per il governo in caso di insuccesso della tesi ungherese a causa azione delle destre nazionaliste e naziste (mio telegramma n. 1445).

93 1 Vedi D. 96, nota 3.

94 1 T. 4 760/171 R. del 20 settembre. Il ministro Vinci aveva riferito che, non appena tornati i ministri ungheresi dal loro incontro con Hitler a Berchtesgaden, egli avrebbe avuto un colloquio con il viceministro degli Esteri, Apor.

94 2 Testo in DD7~ vol. Il, D. 541.

95

IL CONSOLE GENERALE A GINEVRA, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4 776/171 R. Ginevra. 21 settembre 1938, ore 20, 30.

Dichiarazioni Negri n ali' Assemblea odierna 1 hanno prodotto profonda impressione in questi ambienti.

Per altre notizie circa l'incontro di l Iitler con i ministri ungheresi raccolte dal ministro Vinci si veda il D. 106.

Naturalmente si cerca di desumere le ragioni che hanno indotto governo rosso a prendere una simile decisione. Qui si fanno le seguenti ipotesi:

I) che, vista la situazione politica generale e perduta la speranza di una guerra europea, i Rossi cerchino tàrsi una situazione migliore internazionalmente con un gesto a fondo demagogico e tentino comunque di coinvolgere la Società delle Nazioni in una procedura più vasta e più diretta;

2) che Negrin in vista della grave situazione interna abbia voluto fare un passo decisivo verso una soluzione di compromesso. Molto significativa appare a tale riguardo la sua frase: «Una volta eliminato l'intervento straniero della Spagna posso assicurare che una politica di conciliazione nazionale, condotta sotto la direzione ferma ed energica di un governo di autorità, permetterà a tutti gli spagnoli di dimenticare questi anni di sofferenza».

Come terza ipotesi infine si pensa qui che non sia estranea al passo di Negri n una suggestione inglese intesa a consentire a Chamberlain domani di affrontare col Fuhrer il complesso della situazione europea e rendere più agevole la messa in opera dell 'accordo italo-inglese.

Nel suo discorso Negrin si è astenuto da consuete parole e frasi irritanti per gli

•O

avversan-.

94 1 Si riferisce probabilmente a quanto il ministro di Jugoslavia, Christié, aveva dichiarato a Ciano il 13 settembre (vedi D. 13) e che Ciano aveva ritèrito il 16 settembre a Villani (su quest'ultimo colloquio non c'è documentazione negli archivi italiani ma si veda il resoconto del ministro ungherese in DU, vol. Il, D. 360).

94 4 In proposito non è stata trovata documentazione. Circa un eventuale invio di aerei italiani in Ungheria si vedano il D. 141, il D. 181 e il D. 261, nota 3.

94 5 T. 4566/144 R. del 15 settembre. Il ministro Vinci ritèriva che, secondo quanto gli era stato detto da Apor, «il governo ungherese è molto preoccupato di possibili intemperanze e agitazioni degli estremisti tìlonazisti, che potrebbero diventare pericolose per attuale governo, accusato già di eccessiva prudenza, in caso di insuccesso della politica ungherese».

95 1 Negri n aveva dichiarato che il suo governo aveva deciso il ritiro immediato e completo di tutti i combattenti non spagnoli sotto la bandiera governativa, compresi quelli che avevano acquistato la cittadinanza spagnola. Aveva poi chiesto la costituzione di una commissione internazionale incaricata di controllare l'applicazione integrale della decisione presa dal governo spagnolo.

96

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4790/176 R. Parigi. 21 settembre 1938. ore 20.55 (per. ore 22.55).

Dopo prima risposta dilatoria e temporeggiatrice Praga giunta iersera a Parigi 1 , questo governo, d'accordo con quello britannico, ha effettivamente moltiplicato suoi sforzi per ottenere immediata, definitiva accettazione Benes piano anglo-francese 2 . Seconda risposta cecoslovacca\ giunta nel tardo pomeriggio di oggi al Quai d'Orsay, comporterebbe accettazione senza riserve.

Intervento attivo Polonia4 ed Ungheria5 costituisce tuttavia nuovo elemento preoccupazione.

95' Il 30 settembre, l'Assemblea della Società delle Nazioni Incaricava il Consiglio di costituire

senza indugio la commissione internazionale chiesta da Negrin.

Ambienti e giornali estremisti accentuano campagna contro «capitolazione anglo-francese» di fronte Germania. Umiliazione e disagio sono effettivamente diffusi in larghe zone opinione pubblica.

96 1 Vedi DDF, vol. Xl, D. 234 e BD, vol. Il, D. 987.

96 2 Vedi DDF, vol. Xl, D. 249 e BD, vol. II, D. 999.

96 3 Vedi DDF, vol. Xl, D. 257 e BD, vol. Il, D. l002.

96 4 Vedi D. 85.

96 5 Vedi D. l 03.

97

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4 794/664 R. Londra, 21 settembre 1938, ore 20,56 (per. ore 23,35).

Oggi, ad ore 18, Halifax mi ha telefonato di passare da lui per comunicarmi ufficialmente ultimi sviluppi della situazione e particolarmente la risposta di accettazione di Praga, che Halifax ha definito «completa» 1•

Dopo una giornata intera di esitazioni e di risposte temporeggiatrici, governo cecoslovacco si è deciso, sotto ripetute e insistenti pressioni di Londra e Parigi, a cedere.

Circa contenuto proposte anglo-francesi, Halifax mi ha ufficialmente confermato quanto ho già comunicato a V.E. con telegramma 655 di ieri 2 .

Consiglio Gabinetto, riunitosi nelle prime ore pomeriggio per prendere atto della risposta definitiva di Praga e alla vigilia partenza Chamberlain per Godesberg, ha dato a Chamberlain ampia latitudine di negoziare sulle linee di massima che V. E. conosce. Chamberlain parte domani mattina.

98

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 9191/1760. Washington, 21 settembre 1938 (per. il 5 ottobre).

Chi, poco più di un mese addietro, sulla base delle induzioni dei più autorevoli osservatori e conoscitori di questo Paese avesse voluto fare delle previsioni sull'orientamento allora in atto in caso di complicazioni europee non avrebbe potuto fare a meno di registrare una prevalente tendenza di simpatie non solo platoniche per un raf

97 2 Vedi D. 83.

forzamento delle difese dei cosiddetti Stati democratici, tanto sul terreno nazionale quanto su quello internazionale. Le simpatie personalmente attribuite al Presidente Roosevelt, le tendenze radicali di molti dei suoi collaboratori, quelle anche più radicali, perché irresponsabili, del più ristretto circolo dei consiglieri intimi del Presidente erano ulteriori indicazioni per un orientamento di politica militare e di formazione di opinione che rafforzavano le impressioni che si dovesse tutto predisporre perché in caso di eventi nuovi e irreparabili la democrazia americana potesse trovarsi in condizioni spirituali e materiali per pesare, con tutto il suo contributo, soprattutto industriale ed economico e solo indirettamente militare sulla bilancia del destino.

Basta ricordare fra l 'altro le approvazioni quasi incondizionate di stampa e anche più di opinione pubblica che accolsero le dichiarazioni del Segretario di Stato Hull il 16 agosto 1 e quelle del Presidente stesso a Kingston, nel Canadà, due giorni dopo 2•

L'intonazione generale della stampa in relazione anche alle prime nubi più positive ma lontane che si venivano intanto addensando sull'orizzonte europeo confermavano le medesime impressioni.

Lo svolgersi della crisi cecoslovacca, qui valutata e seguita con l'inevitabile distacco spirituale oltre che fisico di questo Paese, non dava da principio reazioni specifiche; è anzi questa completa assenza di voci isolazioniste, di ammonimento dell'esclusivo interesse americano che più impressionava al momento. Voci tradizionali, motivi ricorrenti ormai da anni venivano taciuti: sembrava che si fosse formata una specie di solidarietà e unanimità di opinione per un appoggio, in ogni caso ideale e forse anche più che tale, verso in particolare la Francia e l'Inghilterra per una solidarietà di interessi ideali e materiali di fronte al gruppo dei cosiddetti Stati autoritari e tendenzialmente aggressori.

Risalgono a tale momento le voci di revisione del Neutrality A et in senso di farlo funzionare contro presunti aggressori ed a favore di aggrediti, le voci di sistemazioni di debiti di guerra che avrebbero consentito la riapertura del mercati finanziari americani agli eventuali aggrediti-di fatto la Francia e l'Inghilterra--e quindi il facile finanziamento delle eventuali forniture militari.

Tale il quadro nel suo complesso.

Non più tardi dell'S settembre l'on. McReynolds, democratico, presidente del Comitato per gli Affari Esteri alla Camera dei Rappresentanti, e quindi, insieme con il senatore Pittman, uno dei maggiori esponenti in materia di politica estera dell' Amministrazione, dichiarava alla stampa che di fronte alla crescente tensione europea, se non pure ad una guerra generale, il prossimo Congresso avrebbe certamente visto una forte tendenza per consentire al Presidente Roosevelt in via legislativa la possibilità di dichiarare l'embargo contro Paesi aggressori.

La stampa commentava interpretando tale eventuale movimento come diretto contro le Potenze autoritarie: il McReynolds, pur rifiutandosi di tàre dichiarazioni in senso favorevole a tale orientamento, si pronunciava favorevole ad una modifica della legge nel senso di lasciare al Presidente maggiori poteri discrezionali.

Se le due settimane che hanno fino ad oggi seguito sono state gravi di eventi in Europa, forse non lo sono state meno dal punto di vista dell'opinione in America. Per mezzo dei telegrammi Stefani Speciale quotidiani e saltuari telegrammi cifra,

V.E. è stata informata dello svolgersi delle tendenze dell'opinione pubblica americana nonché delle sue reazioni di fronte agli eventi europei accentratisi nella questione cecoslovacca.

In tali segnalazioni veniva riferito un progressivo senso di perplessità a cui contribuivano le esitazioni franco-inglesi il realizzare di un effettivo pericolo di guerra, il giudizio che, dopo tutto, la Cecoslovacchia avesse nella questione sudetica almeno qualche torto. Nella notte del 9 settembre, come è stato annunciato poi al momento di salire sul treno che doveva condurlo nel Middle West presso il figlio alla vigilia di essere operato di ulcera allo stomaco il Presidente Roosevelt faceva delle dichiarazioni alquanto strabilianti. Varie le versioni, appunto a causa delle circostanze di tempo e di luogo in cui vennero fatte. Cito dali 'autorevole New York Tim es de l l O settembre:

«il Presidente Roosevelt ha oggi cercato di scoraggiare una crescente impressione di alcuni ambienti di questo Paese e all'estero che gli Stati Uniti siano in qualche modo alleati con le democrazie europee in un movimento per fermare Hitler implicante un impegno di appoggio in caso di guerra.

Informato che questa impressione stava crescendo come risultato dei recenti discorsi suoi, del Segretario di Stato e dell'Ambasciatore in Francia, signor Bullitt, il signor Roosevelt ha deplorato quello che egli ha definito come un pessimo modo di comportarsi da parte di alcuni giornali americani nella loro trattazione delle reazioni di questo Paese alla situazione politica europea».

La corrispondenza è così caratteristica che merita di essere ulteriormente citata nella sua interezza:

«Sebbene egli sia stato alquanto vago nei suoi riferimenti ali 'atteggiamento di questo Paese, come pure della politica dell'Amministrazione verso il turbato stato di cose in Europa, il Presidente fece per deduzione conoscere che questo Governo non era in nessun modo impegnato verso Potenze straniere circa la condotta che seguirebbe in caso di guerra.

Il signor Roosevelt fu richiesto specificamente se vi era alcuna giustificazione per la crescente impressione che questo Paese si fosse alleato moralmente con la Gran Bretagna e la Francia in un blocco anti-hitleriano. Dividendo la sua risposta in due parti separate, il Presidente disse che il termine di "impressione" era ben scelto e che esso doveva essere interpretato nel senso che alcuni giornalisti avevano sostituito la loro propria interpretazione alle dichiarazioni degli uomini di governo responsabili concernenti lo stato delle relazioni internazionali nel mondo.

Deducendo da questo che le interpretazioni avevano dato luogo al sorgere delle impressioni sopraindicate, il signor Roosevelt disse che se gli interpreti leggessero l'inglese e non più di quello che egli ed il Segretario di Stato avevano detto in argomento, essi scoprirebbero di essersi sbagliati al cento per cento nelle loro deduzioni.

Il Presidente Roosevelt ha declinato un invito ad esporre la politica specifica del governo riguardante le relazioni fra democrazie e dittature in Europa. Di nuovo suggerì ai suoi interlocutori che essi leggessero quello che egli stesso ed il Segretario di Stato, Hull, avevano detto in materia.

Nella seconda parte della sua risposta il Presidente Roosevelt fece volentieri nota la informazione che le corrispondenze di stampa che citavano l'ambasciatore Bullitt di avere impegnato l'aiuto americano alla Francia in guerra come in pace erano state smentite dal sig. Bullitt e dall'Ambasciata degli Stati Uniti in Parigi».

Credo che queste dichiarazioni nella loro forma vivace ben si prestassero ad una presentazione sensazionale. Effettivamente, basterebbe per smentirle leggere le numerose precedenti dichiarazioni del Presidente Roosevelt e di altri membri responsabili del Governo americano.

Così non hanno mancato di commentare vari giornali e così si è espressa l'opinione dei singoli; ma sta di fatto che la stampa ha dato a tali dichiarazioni pochissimo rilievo; esse sono sparite nelle pagine interne dei giornali nelle colonne meno in vista.

Al Dipartimento di Stato e presso quella specie di Ufficio stampa che pure qui esiste si è subito cercato di sminuirle, svalorizzarle, ridurle ad una semplice dichiarazione concernente l'esistenza di impegni formali di alleanza e di soccorso. Dirò di più, le dichiarazioni stesse sono passate in questo modo, quasi di contrabbando e inosservate. Forse molti le hanno conosciute più attraverso la felice ed efficace replica che ne ha fatto immediatamente Gay da sul Giornale d 'Italia che nelle varie versioni che ne ha pubblicato la stampa americana in forma più o meno appariscente.

Molte, al tempo stesso poche, le spiegazioni per queste inattese dichiarazioni. Si è detto che esse fossero incidentali, riportate in forma inesatta, in un momento psicologico particolarmente penoso per il Presidente a causa del figlio infermo, ma non è forse neppure !ungi dal vero che il Presidente con il suo fiuto politico così sviluppato abbia inteso meglio di altri il polso del Paese e di fronte alle incertezze europee, alle esitazioni franco-britanniche, alle sobillazioni irresponsabili di molti torbidi elementi che si andavano agitando in certi circoli e soprattutto nella stampa con le solite eccitazioni verso le democrazie, abbia voluto mettere un fermo alle compromissioni, tranquillizzare preventivamente le potenziali reazioni isolazioniste assopite ma non ancora decise a ritirarsi e anzi messe in allarme crescente dalle vociferazioni di alcuni.

Forse oggi, a due settimane di distanza, le dichiarazioni Roosevelt del 9 settembre acquistano più valore e significato di quanto non pareva allora e non si volle tàr apparire negli ambienti ufficiali.

Il successivo svolgersi degli eventi europei con il susseguirsi di notizie contraddittorie, di conati di resistenza seguiti da ritirate diplomatiche, la rinuncia francoinglese alla resistenza, il viaggio di Chamberlain e, come finale, la pressione, anzi, franco-inglese sulla Cecoslovachia perché desistesse da ogni resistenza, hanno staccato l'America anche spiritualmente dall'Europa ad in particolare dalla Francia e dall'Inghilterra.

Più che la crisi, forse, il modo come la crisi si è svolta ha contribuito ad influenzare in tal senso l'opinione americana. Astensione, isolamento da questa Europa che si dilania ed è impotente a realizzare la democrazia e la giustizia. L'America provò una volta, nella grande guerra che avrebbe dovuto porre fine a tutte le guerre, una grande azione di riforma, una volta per sempre, delle leggi della politica e della storia: il tentativo è fallito e l'America non è disposta a rinnovarlo. Che l 'Europa faccia da sé e l'America, forte e sicura nel suo isolamento economico e geografico, si raccoglierà su se stessa e sull'America dove a sua impressione è più facile realizzare gli ideali di pace e della collaborazione.

Oggi Chamberlain è sonoramente urlato quando appare sugli schermi e nessuno più parla neppure di solidarietà morale con le Potenze democratiche.

In realtà, soltanto alcuni osano dire che forse gli Stati Uniti hanno una grossa parte di responsabilità nella resa delle Potenze democratiche, che vi hanno contribuito con le loro contraddizioni, le loro incertezze, infine con il loro metodo di fare delle minacce a parole per poi ritirarsi al momento di assumere delle responsabilità precise.

Altro risultato della crisi cecoslovacca è l'enorme prestigio e, direi, rispetto che malgrado gli odi e le antipatie non sradicabili, è venuta acquistando la figura di Hitler per la linearità del suo atteggiamento, la sua irrefrenabile energia nel volere l'attuazione e realizzazione dei suoi piani e dei suoi propositi.

Circa l'Italia, si può dire che il nostro atteggiamento prima di apparente riserva e poi di precisazione di una soluzione, malgrado la impopolarità del soggetto e le non certo eccessive simpatie di cui gode l'Italia fascista, ha avuto un abbastanza equilibrato apprezzamento di giudizio e di comprensione. Malgrado le frecce polemiche rimesse a nuovo anche in questa occasione per puntare su una assoluta acquiescenza italiana nella scia di Berlino, quasi che l'Asse avesse in realtà un solo capo e questo non a Roma, si è anche riconosciuto ed inteso che in realtà l'Italia ha una sua precisa autonomia, una sua precisa parola da dire, con direttive e soluzioni proprie a cui si aggiunge una forza politica e militare che pesa gravemente sulla bilancia dei destini europei.

Certo, oggi come oggi, la situazione dal punto di vista americano è statica: rancore e dispetto per il «tradimento» franco-britannico; l'America non può che rinchiudersi in se stessa.

Lo stesso On. McReynolds che il 9 settembre preannunciava una revisione dell'Atto di neutralità e un forte movimento di opinione per la sua trasformazione in senso anti Stati autoritari, si è oggi espresso in termini categorici per il mantenimento integrale dell'atto di neutra! ità nella sua presente struttura. Egli dice chiaramente che non vede assolutamente nessuna necessità di apportarvi modifiche. Il senatore Borah, riferendosi all'invito di Blum all'America di concorrere alla difesa francese 3 , ha risposto crudamente che sarebbe più opportuno che I'On. Blum ricordasse ai suoi concittadini gli obblighi assunti per trattato con la Cecoslovacchia e che oggi vengono dimenticati e rinnegati. Il senatore Pittman, presidente della Commissione senatoriale degli Affari Esteri, ha detto che l'America si deve occupare dei propri affari.

Tuttavia, se tali sono le tendenze del momento, non si può neppure dimenticare che il Paese può essere facilmente scosso da violente ondate emozionali. Oggi le reazioni isolazioniste ed astensioniste partono, oltre che da innegabili considerazioni degli immediati interessi americani, da un profondo senso di disgusto e anzi direi di indignazione, per la condotta e l'atteggiamento della Francia e della Gran Bretagna.

Già da varie parti, e probabilmente è propaganda interessata, si agita il fantasma di una rinnovata tendenza germanica alla supremazia non solo europea ma mondiale. Si preannunzia che la Cecoslovacchia è solo un passo per ulteriori espansioni; che, anche se la mediazione di Chamberlain avrà definitivo successo per la conservazione

della pace, non si tratta che di un armistizio e di un rinvio di una inevitabile e fatale resa di conti. Già si dice che l'ingrandimento politico della Germania potrà finire con l'incidere sugli interessi, politici e commerciali degli Stati Uniti.

Ancora oggi, e malgrado le recentissime esperienze, non sarebbe completamente azzardato, vedere un cambiamento di opinione con tendenze contraddittorie alle indicazioni oggi presenti, ove veramente si giungesse ad una guerra generale in cui soprattutto fosse coinvolto l'Impero Britannico. Per quanto oggi apparentemente rescisso, come forse senza precedenti, vi è fra Gran Bretagna e Stati Uniti un legame di sangue, di razza, di lingua, di ideali che difficilmente si può credere definitamente estinto sotto le ceneri delle odierne disillusioni ed amarezze.

97 1 Vedi D. 83.

98 1 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 434, nota I. 98 2 Vedi ibid., nota 2.

98 3 Vedi D. 78, nota 1.

99

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATO 4802/82 R. Mosca, 22 settembre 1938, ore 1,40 (pa ore 6,15).

Avendo stamane visitato commissario del popolo aggiunto Affari Esteri gli ho domandato cosa pensava della situazione creata dalle recenti decisioni di Londra circa questione sudeti.

Dopo aver premesso che poteva parlare soltanto a titolo personale, Commissario ha lanciato attacco a fondo contro la Francia che considera principale responsabile del «tradimento» perpetrato danni Cecoslovacchia. Si è scagliato con punta sarcasmo contro spirito piccolo borghese delle classi dirigenti francesi le quali per amore quieto vivere rifuggono qualsiasi rischio preferendo subire peggiori umiliazioni. Ha concluso prestigio ed influenza internazionale della Francia possono ormai considerarsi liquidati.

Gli ho domandato allora quali previsioni egli faceva per il caso Cecoslovacchia avesse resistito colle armi alla cessione territori sudeti provocando intervento armato tedesco. Ha risposto ritenere che in tal caso Francia non avrebbe potuto fare a meno mantenere obblighi derivanti trattato di alleanza con Cecoslovacchia. Dal modo come questa opinione è stata espressa ho l'impressione che a Mosca si conta su qualche possibile crisi di gabinetto a Parigi e forse anche a Londra.

Riportata conversazione su piano storico, membro del governo si è dichiarato convinto che prossima vittima politica imperialismo tedesco, incoraggiato da inazione francese ed inglese, sarà Polonia cui sovrasta minaccia «quarta spartizione». Ha concluso dicendo avvenimenti odierni potranno avere conseguenze incalcolabili su avvenire Europa.

Sarebbe prematuro ed azzardato voler trarre da queste dichiarazioni pronostici su futura politica sovietica. Non mi sembra tuttavia da escludere che governo dei soviet, sconcertato profondamente deluso da odierna condotta francese, possa contemplare revisione sue direttive politiche con abbandono collaborazione con democrazie occidentali.

100

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDl, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4813/669 R. Londra, 22 settembre 1938, ore 13.30.

Dopo qualche giorno di perplessità e di prudente riserbo, tutta l'opposizione antifascista, dai conservatori di sinistra ai liberali ed ai laburisti, ha iniziato ieri una campagna contro Chamberlain per la sua politica nella questione cecoslovacca.

Con telegrammi in chiaro n. 665-666-667 e 668 1 trasmetto rispettivamente le dichiarazioni di Eden e Churchill, il manifesto del Consiglio Nazionale laburista e la risoluzione approvata dall'esecutivo del partito liberale.

Il coro di unanime approvazione che aveva accompagnato l'iniziativa del Primo Ministro, lo scorso giovedì, già va trasformandosi nei ranghi dell'opposizione in una assonanza delle note accuse contro Chamberlain, indicato come il «traditore delle democrazie» e «l'abietto servitore degli Stati autoritari». Passata la paura che aveva paralizzato tutte le lingue ed attutito per un momento le polemiche di partito, assistiamo cioè alla immancabile mobilitazione delle sinistre antifasciste contro Chamberlain2•

101

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI

T. 762/136 R. 1 . Roma, 22 settembre 1938, ore 14,30.

Vostro l 72 2 .

Governo ungherese conosce ormai appieno nostro punto di vista e nostro atteggiamento in relazione alla questione ceca. Concordiamo sulla assoluta inaccettabilità di qualsiasi discriminazione nei confronti delle minoranze polacco-ungheresi. Ma consigliamo al governo magiaro di mantenere la calma, di non prendere iniziative e di muoversi per ultimo. Un attacco ungherese potrebbe ancora far giocare gli accordi della Piccola Intesa, mentre è pacifico che se tale attacco seguirà un 'iniziativa milita

l 00 2 Il documento fu inviato in visione a Mussolini. 101 1 Minuta autografa. 101 2 Vedi D. 94.

re tedesca o polacca (la Polonia è per di più alleata di uno dei membri della Piccola Intesa) non si avrà reazione alcuna. Trovate modo di fare ancora presenti a Ki:'mya tali considerazioni, rinnovandogli in pari tempo le assicurazioni della nostra solidale simpatia3 .

100 1 T. 4807/665 R., 4809/666 R., 4808/667 R., 4810/668 R. del22 settembre, non pubblicati.

102

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4832/162 R. Varsavia, 22 settembre 1938, ore 14,30 (pa ore 19).

Posizione assunta dal Duce nella questione di tutte le minoranze suscita entusiasmo crescente per Roma. Passo fatto a Londra dall'ambasciatore d'Italia 1 viene pubblicato e valorizzato da tutti i giornali. In questi circoli politici, poi, si è formata persuasione che atteggiamento favorevole Hitler sia dovuto in gran parte ad influenza italiana.

Questo stato d'animo, alimentando un vivace risentimento nei riguardi della Francia, si traduce in una tendenza della Polonia ad avvicinarsi all'asse Roma-Berlino. In questo orientamento i sentimenti verso l'Italia sono determinanti, mentre nei riguardi della Germania, malgrado valore che si annette al suo appoggio, si tende sempre a manifestare una certa diffidenza. Qui ieri ed oggi sono apparsi su giornali di opposizione-che del resto sono stati censurati -articoli sfavorevoli al Reich.

103

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTISSIMO 4815/177 R. Parigi, 22 settembre 1938, ore 15 (per. ore 16).

Mio telegramma n. 175 1•

Questo ministro d'Ungheria ha iersera effettuato presso il Quai d'Orsay passo analogo a quello compiuto il giorno prima da ambasciatore di Polonia2 . Ha parlato con Massigli.

Gli è stato risposto che non era possibile, nelle attuali condizioni, porre per minoranze secondo ultimatum alla Cecoslovacchia. Governo francese non aveva, tuttavia, nessuna ragione dubitare che se conversazioni odierne Hitler-Chamberlain dovessero -come sperava-sboccare in un negoziato, anche questione minoranze ungheresi e polacche sarebbe stata indubbiamente affrontata e probabilmente risolta in conformità alle premesse sudetiche.

Impressione riportata da ministro d'Ungheria è che la Francia intenda da una parte guadagnare tempo, dall'altra dividere in tàsi l'amputazione della Cecoslovacchia, salvando il salvabile. Non ha avuto comunque sensazione che questo governo si prepari a resistenze eccessive contro soluzione ungherese e polacca analoga a quella sudetica.

Ministro mi ha dato lettura di un telegramma pervenutogli in quel momento da Budapest ed in cui gli si danno notizie riassuntive circa colloquio Hitler-lmredy 3• Vi si dice che abboccamento sarebbe stato franco ed amichevole.

Ftihrer si sarebbe limitato assicurare non avrebbe mancato, nel corso della conversazione, sottomettere Chamberlain esigenze ungheresi. Risultati colloquio non sembrano aver perfettamente soddisfatto Budapest4•

101 1 A seguito di queste istruzioni, il ministro Vinci aveva, lo stesso giorno, un colloquio con Kanya, il quale escludeva in modo assoluto che l'Ungheria intendesse prendere iniziative contro la Cecoslovacchia, pur ribadendo che il suo governo era fermamente deciso ad ottenere per la minoranza ungherese lo stesso regolamento accordato ai sudeti (T. 4828/180 R. del 22 settembre).

l 02 1 Si riferisce presumibilmente al colloquio Halitàx-Grandi del 19 settembre, vedi D. 73.

l 03 1 T. 4785/175 R. del 21 settembre con cui Prunas aveva preannunciato il passo che il ministro di Ungheria si apprestava a fare al Quai d'Orsay.

104

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4825/1 79 R. Parigi, 22 settembre 1938, ore 20,55 (per. ore 22).

Questo ambasciatore Polonia ha confermato stamane a Bonnet punto di vista suo governo per trattamento minoranze polacche analogo e simultaneo a quello previsto per minoranze tedesche 1• Ha aggiunto che Varsavia avrebbe adottato concrete misure conseguenti.

Bonnet nel prendere atto della comunicazione gli ha risposto che il governo francese non può nelle circostanze attuali esercitare ulteriori pressioni su Praga. Non ritiene d'altra parte opportuno che nuovi gravi elementi di complicazione siano in questo

momento introdotti in una situazione già delicatissima. Non ha ad ogni modo alcuna ragione di dubitare che esigenze polacche possano essere soddisfatte in una ulteriore fase negoziati. Si rende comunque conto atteggiamento Polonia.

l 03 2 Il 21 settembre, il ministro di Ungheria a Parigi, Khuen-Hédervary, aveva notificato al Quai d'Orsay che per quanto concerneva la minoranza ungherese in Cecoslovacchia il suo governo si associava al passo che il governo polacco aveva effettuato il giorno precedente per la minoranza polacca (DDF, vol. XI, D. 262). Per il passo dell'ambasciatore di Polonia cui si fa riferimento si veda qui il D. 85.

l 03 3 Sul quale si vedano i DD. 91, 94 e l 06.

l03 4 Il documento tù inviato in visione a Mussolini.

l 04 1 Si veda in proposito il promemoria Bonnet in DDF, vol. Xl, D. 269. Per il passo precedente etTettuato dall'ambasciatore di Polonia al Quai d'Orsay, si veda qui il D. 85.

105

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4824/S.N. R. Berlino, 22 settembre 1938, ore 22,40.

S.E. Ribbentrop mi ha chiamato questa sera al telefono da Godesberg per darmi i seguenti particolari sulle conversazioni di oggi 1• Gli inglesi, a parte un consenso generico al principio della soluzione, non hanno portato nulla di troppo specifico e soprattutto di molto immediato. Il Flihrer ha quindi dovuto formulare le seguenti precise domande:

0 ) Ritiro di tutte le forze armate di polizia ceche dalle regioni sudetiche; 2°) Sostituzione delle forze ceche con forze armate e di polizia tedesche; 3°) Ritiro dall'Esercito cecoslovacco di tutti gli elementi sudetici e loro resti

tuzione ai sudeti; 4°) Rilascio dei prigionieri politici. Tutto questo naturalmente nel più breve tempo possibile.

Gli inglesi, sebbene si rendano conto della necessità di far presto, stanno tuttavia considerando queste domande e si preparano a dare una risposta domani. Analogamente per le questioni di procedura.

106

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4911/020 l R. Budapest, 22 settembre 1938 (per. il 25).

Mio telegramma n. 172 1• Persona di solito bene informata, come ho potuto più volte controllare, mi ha detto che Hitler avrebbe accolto il Presidente Imrédy ed i ministri K<'mya e Racz molto fred-

I 05 1 Sull'incontro tra Hitler e Chamberlain del 22-23 settembre a Godesberg si vedano: I) colloquio del 22 settembre, BD, vol. Il, D. l 033 e DDT, vol. Il, D. 562; 2) prima lettera di Chamberlain a llitler del 23 settembre, BD, vol. Il, D. l 048; 3) risposta di Hitler, DDT, vol. Il, D. 573; 4) seconda lettera di Chamberlain a Hitler, BD, vol. Il, D. l 057; 5) colloquio Hitler-Chamberlain del 23 settembre, DDT, vol. Il, D. 583 e BD, vol. Il, D. 1073; 6) memorandum di Hitler del 23 settembre, DDT, vol. II, D. 584.

I 06 1 Vedi D. 94.

damente. Marcando sull'atteggiamento eccessivamente prudente fino allora tenuto dall'Ungheria, avrebbe chiaramente detto loro che solo la differente piega presa dagli avvenimenti, li spingeva ora a chiedere l'aiuto della Germania. A tutta prima, quindi, Hitler si sarebbe irrigidito sulla tesi ch'egli non poteva occuparsi che di risolvere il solo problema dei sudeti. Senonché Imrédy e Kànya avrebbero spiegato e giustificato al Filhrer ampiamente le ragioni dell'atteggiamento ungherese soprattutto nei riguardi dei Paesi vicini. L'Ungheria temeva che Jugoslavia e Romania, ma specialmente la seconda, almeno in determinate circostanze, sarebbero solidali con Praga non foss'altro per il timore che, una volta risolto il problema cecoslovacco, sulla scena della politica europea possa risorgere il problema di tutte le altre rivendicazioni magiare. La breve ed improvvisa visita fatta dal Duce in territorio jugoslavo e le parole pronunziate da lui e dal Bano della Drava2 , avrebbero rassicurato l'Ungheria circa l'atteggiamento jugoslavo, ma la Romania costituiva tuttora una grande incognita. Sembra che infine Hitler si sarebbe piegato al desiderio degli ungheresi (e i ministri consegnavano la lettera come da mio telegramma n. 172). È un fatto che dopo tale visita i giornali tedeschi hanno dedicato maggiore spazio al problema ungaro-cecoslovacco.

La primitiva freddezza di Hitler sarebbe d'altra parte stata causata dall'attitudine intransigente tenuta di fronte a lui durante l 'ultima visita in Germania da Imrédy 3 , che si sarebbe opposto, fra l'altro, ad idee ventilategli di una possibile unione doganale ungaro-germanica ed alla cessione di grano a condizioni svantaggiose.

Come è noto, tali voci erano effettivamente corse al rientro della missione ungherese dall'ultimo viaggio in Germania ma, come ho già riferito all'E.V., mi vennero smentite. Poiché potrebbero essere verosimili, sarebbe interessante controllarne il fondamento anche a Berlino.

107

L'ADDETTO MILITARE A BERLINO, MARRAS, AL MINISTERO DELLA GUERRA

T. SEGRETO 1599 1• Berlino, 22 settembre 1938.

Con l'accettazione da parte di Praga delle condizioni postegli 2 , a seguito del colloquio Chamberlain-Hitler, il Filhrer ha riportato una grande vittoria, la quale va anche

oltre a quanto esso poteva proporsi inizialmente. La Germania, che alcuni ritenevano si sarebbe mantenuta per qualche tempo tranquilla dopo l'annessione dell'Austria, non ha avuto alcuna sosta e in sei mesi ha raggiunto un altro dei suoi grandi obiettivi.

l risultati ottenuti sono frutto di un'abile politica e del potente spiegamento della sua forza militare.

I procedimenti seguiti hanno per alcuni aspetti forti analogie con quelli già applicati in Austria. Un'intensa propaganda ha attivato l'agitazione nei Sudeti, le frazioni dissidenti sono state eliminate o assorbite, i riluttanti sono stati intimiditi, tutta la massa tedesca oltre confine è stata inquadrata e organizzata.

La propaganda, indubbiamente favorita dagli errori del Governo di Praga, è stata coronata da una serie crescente di incidenti che hanno richiamato l'attenzione mondiale e portato la crisi a uno stadio acuto, richiedendo una soluzione urgente e creando le basi per un eventuale intervento militare.

Gli avvenimenti del 21 maggio3 hanno imposto un apparente tempo di assesto all'azione germanica e segnato un effimero successo politico anglo-francese. Nella realtà invece l'azione germanica non soltanto è perseguita senza interruzione, ma, appoggiata dall'esperienza compiuta, è diventata più ampia sviluppando al massimo gli apprestamenti militari per esercitare una pressione decisiva.

Tra la Germania che desiderava e tuttora desidera evitare una guerra mondiale e il blocco Francia Inghilterra che teme tale guerra si è svolta una lotta di intimidazione reciproca non priva di blziff'nella quale ha vinto-come sempre-chi si è dimostrato più deciso e chi ha saputo protrarre l'intimidazione fino all'ultimo.

I risultati ottenuti dalla Germania, indipendentemente dai particolari degli accordi, non ancora noti, si presentano subito come di grande portata. Basti pensare: -ali'enorme perdita di prestigio che deriva alla Francia e ali' Inghilterra, particolarmente alla Francia, la cui alleanza si è rivelata priva di valore; -alla pratica eliminazione della Cecoslovacchia; -al crescente prestigio acquistato nel Sud-Est europeo; -all'incremento di potenza che deriva dall'aumento della popolazione e dal-l'annessione di una zona ricca di materie prime e di impianti industriali; -agli ulteriori sviluppi che si offrono alla politica tedesca.

Peraltro, i risultati ottenuti -non ancora noti nei particolari -se forse oltrepassano nella loro rapidità quanto inizialmente poteva sperarsi in Germania, non rappresentano certamente la soluzione totalitaria, la quale può essere soltanto costituita dall'annessione del quadrilatero boemo tino alla congiungente Ratibor-Presburgo.

Sarebbe pertanto pericolosa illusione -se pure vi fosse qualcuno che avesse qualche illusione al riguardo-ritenere che la crisi sia superata.

L'attuazione stessa degli accordi finora noti soltanto in modo generico potrà presentare nuove difficoltà che offriranno altra occasione alla Germania per alzare la voce.

Di fronte agli obiettivi più ampi ora accennati e che indubbiamente sono nelle mire di alcune persone vicine al Fiihrer e forse del Fiihrer stesso, non è da escludere che la Germania voglia mettere in movimento l'apprestamento militare già pronto contro la Cecoslovacchia e ottenere facilmente contro quell'esercito ormai scosso un successo rapido e completo, atto non soltanto a risolvere il problema cecoslovacco in modo totalitario ma anche a dare al mondo una misura tangibile della efficienza dell' esercito germanico.

Le occasioni per tale intervento potrebbero essere fornite da gravi incidenti che potessero sorgere e ai quali il risentimento ceco fornirebbe facile occasione.

È facile prevedere che dopo la soluzione del problema cecoslovacco la politica germanica passerà alla soluzione degli altri problemi pendenti (corridoio polacco, Schleswig, Danzica, Memel) in attesa della futura più grande espansione.

La Germania vinta nel 1918 ha ormai l'aspetto e la sostanza di una grande Nazione vincitrice.

l06 2 Il 19 settembre, Mussolini, in visita a Postumi a, aveva varcato il confine con la Jugoslavia e passato in rassegna un reparto confinario dell'esercito jugoslavo. Al saluto del bano della Drava, aveva risposto esprimendo la sua soddisfazione per trovarsi su una frontiera che congiungeva due popoli amici che tali volevano restare (il testo del breve discorso è in MusSOLINI, Opera Omnia, vol. XXIX, pp. 147148). L'episodio, aveva trovato largo spazio nella stampa italiana e, secondo quanto riferiva il ministro Indelli (T. 4733/126 R. del 20 settembre), aveva suscitato una eco particolarmente fàvorevole in Jugoslavia, dato il momento delicato che il Paese stava attraversando.

l 06 3 Rifèrimento alla visita che il Reggente Horthy, lmredy e Kania avevano fatto in Germania dal 22 al 27 agosto precedenti, sulla quale si veda serie ottava, vol. IX, DD. 440, 441, 460 e 484.

107 1 Il documento è tratto dall'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

l 07 2 Vedi D. 96, nota 3.

l 07 3 Vedi D. 65, nota 4.

108

COLLOQUIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, CON L'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, VON MACKENSEN

APPUNTO. Roma. 22 settembre 1938.

Ho ricevuto l'Ambasciatore di Germania, che era incaricato dal Fiihrer di far pervenire al Duce l'espressione della profonda riconoscenza personale di Hitler e di tutto il popolo tedesco per l'azione «storica» svolta dal Duce nell'attuale situazione internazionale.

L'Ambasciatore, d'ordine del suo Governo, mi ha comunicato inoltre che durante i colloquì di Berchtesgaden il Fiihrer ha invitato i Ministri ungheresi 2 , nonché l'Ambasciatore polacco3 a precisare di fronte al mondo i loro desiderata nella soluzione della questione cèca e li ha consigliati ad intensificare la loro attività irredentista nonché l'opportuna preparazione militare. Il Fiihrer ha fatto conoscere ai suddetti Rappresentanti polacco ed ungheresi che egli intende, secondo la formula suggerita da Mussolini, arrivare ad una soluzione integrale anche per le altre minoranze.

L'Ambasciatore ha aggiunto che dovrebbe fra breve giungere a Roma il Principe d'Assia, recando un messaggio personale di Hitler al Duce4•

l 08 2 Vedi DD. 91 e 94. 108 3 Vedi D. 91, nota l. l 08 4 Il documento ha il visto di Mussolini. Sulla visita del principe d'Assia si veda il D. 134.

108 1 Ed. in L 'Europa verso la catastrofe, p. 360.

109

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 22 settembre 1938.

Il Ministro di Ungheria mi ha consegnato la qui unita copia di nota rimessa dal Governo magiaro a quello cecoslovacco". Il Ministro Villani mi ha inoltre comunicato, a titolo strettamente segreto, che durante i recenti colloqui di Berchtesgaden\ Imrédy e Kanya hanno riaffermato a Hitler la loro ferma determinazione di arrivare ad una soluzione della questione minoritaria. A tal fine si propongono di far sorgere degli incidenti nelle zone popolate da ungheresi e nella stessa Slovacchia. Il Fi.ihrer li ha incoraggiati ed ha dimostrato «piena comprensione del punto di vista di Budapest».

Per parte mia non ho mancato di esprimermi con Villani nel senso delle istruzioni già inviate questa mattina al Ministro Vinci 4: essere cioè interesse ungherese di agitare continuamente la questione delle minoranze, di tenersi pronti a seguire e a sostenere l'iniziativa tedesca o polacca, ma di non essere i primi ad attaccare e ciò per evitare che giuochino ancora i legami della Piccola Intesa.

Il Ministro Villani, cui avevo già più volte parlato in tal senso, si è dichiarato assolutamente d'accordo con tale nostro punto di vista.

* * *

Ho ricevuto l'Ambasciatore d'Inghilterra, di ritorno da un lungo congedo trascorso in patria. La sua visita era per riprendere contatti e non aveva alcun obiettivo specifico. Parlandomi della situazione egli mi ha detto che nonostante le buone prospettive determinate dall'iniziativa di Chamberlain, egli non è ancora assolutamente ottimista perché teme che i tedeschi vogliano andare troppo oltre nelle loro richieste e forse nella loro eventuale azione. Alcuni giornali parlavano dell'eventualità di un invio di tàrze tedesche a Praga: se ciò fosse vero, la situazione apparirebbe di nuovo oscura poiché in tal caso è probabile che la Francia passerebbe all'azione e l'Inghilterra la seguirebbe. Chamberlain ha fatto del suo meglio per salvaguardare la pace, ma non bisogna nascondersi che egli è molto osteggiato in patria e che dopo un primo momento di sbandamento, le opposizioni si sono riprese ed hanno organizzato un'offensiva in forza contro il Primo Ministro5 . La Nazione è unanime nel ritenere che qua

lora la Germania volesse spingere le sue ambizioni al di là dei termini segnati dalla giustizia, bisognerebbe risolvere la partita con le armi.

Per parte mia ho detto all'Ambasciatore d'Inghilterra che noi, come già era stato ripetutamente e inequivocabilmente espresso dal Duce, intendevamo che la soluzione del problema cecoslovacco fosse integrale e che cioè anche l 'Ungheria e la Polonia avessero la debita soddisfazione. A nostro avviso sarebbe infatti puerile e pericoloso risolvere il problema sudetico e lasciare ancora aperta la questione delle minoranze magiare e polacche, capaci in un breve giro di tempo di mettere nuovamente in pericolo la pace d'Europa.

Lord Perth mi ha detto che egli è perfettamente d'accordo con noi. Non sa però quali siano le proposte che Chamberlain avanzerà al Ftihrer, quindi non è in grado di far conoscere le intenzioni del suo Governo. A titolo personale mi ha chiesto se noi saremmo disposti a garantire le frontiere della Cecoslovacchia, dopo che tutte le questioni delle minoranze fossero state risolte e la rimanente Repubblica cecoslovacca fosse stata neutralizzata col sistema svizzero.

Ho risposto a Lord Perth che un tale problema non era stato ancora da noi esaminato e che quindi non potevo dargli alcuna risposta ufficiale.

In via personale potevo però dirgli che ritenevo che la questione avrebbe potuto venire esaminata con la massima benevolenza. Quello che intanto potevo escludere in forma assoluta era un'eventuale garanzia italiana prima della liquidazione delle questioni magiara e polacca.

Nessun'altra questione è stata discussa con l'Ambasciatore d'Inghilterra.

l 09 1 Ed. in L 'Europa verso la catastrofe, pp. 361-363.

l 09 2 Non pubblicata. Nella nota ci si rifaceva alle dichiarazioni di Ben es del l O settembre che non sarebbero state ammesse discriminazioni tra le diverse nazionalità dello Stato cecoslovacco per chiedere che la minoranza ungherese ricevesse lo stesso trattamento riconosciuto a quella dei sudeti. Il testo della nota è in DU, vol. Il, D. 378.

109 3 Vedi DD. 91 e 94.

109 4 Vedi D. 101.

l 09 5 Si veda a questo proposito quanto riferiva da Londra l" ambasciatore Grandi, DD. l 00 e 113.

110

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 3935/1569. Mosca, 22 settembre 1938 (per. il 26).

Rifer. mio te l espresso n. 3932/1568 del 20 corrente 1 e mio telegramma n. 82 di

• •7

Ien".

La conversazione che ho avuto ieri col Vice Commissario Potemkin mi è parsa meritevole di essere segnalata a V.E. perché, pur essendosi sviluppata sotto forma di un semplice scambio di vedute personali, ha rivelato certi aspetti abbastanza interessanti dell'attitudine sovietica di fronte alla presente situazione europea.

Che l'U.R.S.S. si mostri sorpresa, delusa e disgustata per il «tradimento» della Francia, non è affatto sorprendente, visto che a Mosca si è contato sino all'ultimo

IlO 2 Vedi D. 99.

sulla resistenza di Parigi contro le tendenze germanofile di Chamberlain. Ciò che ha soprattutto impressionato è stata la immediata e completa capitolazione: ed il tono duramente sarcastico col quale il signor Potemkin -di solito tanto moderato ed aulico nel suo linguaggio -ha parlato con me dei dirigenti la politica francese mi ha dato la netta impressione che il governo sovietico non fa oramai più alcun affidamento sulla politica di un Fronte Popolare in cui predomina l'elemento «piccoloborghese».

Quando poi, rispondendo ad una mia domanda, Potemkin ha detto che nel caso di un intervento armato tedesco in Cecoslovacchia «la Francia non avrebbe potuto fare a meno di mantener fede agli impegni derivanti dal suo trattato di alleanza con Praga», egli mi sembra aver implicitamente ammesso che l'U.R.S.S. ripone ancora qualche speranza in una resistenza della nazione ceca ed in movimenti popolari che provochino in Francia una crisi di governo con la caduta degli uomini responsabili per la recente capitolazione.

Tale speranza non deve però essere troppo ferma nell'animo di Potemkin, visto che subito dopo egli è passato ad esaminare gli effetti probabili dello smembramento della Cecoslovacchia, accettando quindi tale smembramento come un fatto compiuto.

È stato questo il punto che a me è parso essere il più interessante della conversazione, perché il Vice Commissario si è dichiarato convinto che «la prossima vittima dell'imperialismo tedesco sarà inevitabilmente la Polonia».

«Oggi la Polonia-egli ha detto-reclama l'annessione della piccola zona di territorio cecoslovacco dove vivono poche decine di migliaia di gente di nazionalità polacca. Essa dimentica però che nei contini dello Stato polacco vivono milioni di ucraini, di tedeschi, di bianco russi, di ebrei, ecc. Di più vi è il corridoio di Danzica che Hitler considera terra tedesca. Come la Polonia può mai sperare che per i begli occhi del signor Beck la Germania, dopo il successo raggiunto in Cecoslovacchia, arresti ai confini polacchi la marcia fatale del germanesimo, confessatamente diretta alla conquista di una egemonia europea, anzi mondiale? E chi mai verrà in aiuto della Polonia n eli'ora del pericolo?».

A queste sue domande Potemkin ha dato egli stesso una risposta dichiarandosi intimamente persuaso, come sviluppo fatale degli avvenimenti odierni, di un «quatrième partage de la Pologne».

Sono stato tentato di chiedergli se la parola «partage» implicasse nel suo pensiero un concorso sovietico, sia sotto forma di concorrente, sia sotto quella di eventuale collaboratore della Germania hitleriana. Non mi è parso però il caso di porre dei quesiti tanto indiscreti, ai quali del resto il mio interlocutore si sarebbe con ogni probabilità rifiutato di rispondere. Mi basta segnalare queste dichiarazioni di Potemkin le quali, anche se non significano ancora un radicale cambiamento di direttive della politica estera sovietica, sembrano tuttavia indicare certe correnti di idee che forse stanno già facendosi strada nella mente dei dirigenti dell'U.R.S.S.

La mia opinione è che, per il momento, come effetto immediato dei recenti avvenimenti, l'U.R.S.S. sarà portata ad abbandonare i suoi tentativi di collaborazione internazionale con i governi «borghesi» delle Potenze democratiche occidentali e si adatterà ad una politica difensiva di relativo isolamento (senza rinunciare beninteso ali 'azione di propaganda comunista rivoluzionaria in seno agli stessi Paesi democratici).

Il discorso pronunciato ieri da Litvinov a Ginevra3 mi pare significhi ammissione del fallimento della politica della «sicurezza collettiva» che è stata durante gli ultimi anni la facciata della politica estera di Mosca. Tale ammissione non può che comportare una conclusione: l'U.R.S.S. declina qualsiasi responsabilità per quel che potrà succedere in Europa e si lascerà d'ora innanzi guidare unicamente dai propri interessi e dai propri ideali.

Se, lasciando da parte gli ideali, tali interessi possano in un tempo più o meno prossimo condurre l'U.R.S.S. a mutare radicalmente il sistema delle proprie amicizie ed alleanze, è cosa che soltanto l'avvenire potrà dire.

Si posa intanto la questione (in verità di importanza secondaria) della sorte che sarà riservata a Litvinov dopo l 'oramai constatato fallimento della sua politica della sicurezza collettiva.

110 1 Vedi D. 89.

111

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 4880/265 R. Washington. 23 settembre 1938, ore 8,26 (per. ore 6 del 24). Mio telegramma n. 262 1•

A parte segnalo azione stampa di cui Stefani Speciali. È in crescenza sentimento di profonda deplorazione e reazione agli atteggiamenti Francia e Inghilterra.

Pressione finale esercitata sulla Cecoslovacchia, per la resa, è stata colpo ulteriore. Sotto quest'aspetto bilancio è veramente grave e, fra i diretti contendenti, solo Germania e Cecoslovacchia ne escono con prestigio ed onore. Forse, più che già scontata conclusione, è l'andamento della crisi che offende, e, solo da alcuni, si dice che anche gli Stati Uniti portano la responsabilità dell'insuccesso. Ulteriori insistenti tentativi circoli massonici francesi per ottenere dal Dipartimento di Stato qualche parola di simpatia, non hanno ottenuto risultato.

Corrispondenti britannici intonano i loro telegrammi stampa a nota sensazionalmente pessimista sullo stato dell'opinione americana e tendono influenzare politiche inglese e italiana.

È certo esatto che, tra altro, Chamberlain viene da tre giorni accolto sugli schermi da manifestazioni molto ostili.

Il O1 Il 21 settembre, Litvinov aveva detto all'Assemblea della Società delle Nazioni che fino a quel momento il suo governo si era astenuto dal dare consigli di qualsiasi genere al governo cecoslovacco: l'U.R.S.S. aveva già dichiarato, e confermava, di essere pronta a prestare il suo aiuto alla Cecoslovacchia nei termini del trattato del maggio 1935 ma, allo scopo di esaurire tutti i mezzi suscettibili di scongiurare un conflitto, riteneva auspicabile la convocazione di una conferenza delle grandi Potenze europee per concordare un eventuale passo collettivo.

III 1 Vedi D. 78.

Segnalo infine che nostra impostazione risoluzione del problema cecoslovacco in senso totalitario è pretesto per sollevare, sempre più, questione delle minoranze dell'Alto Adige ed ora anche degli slavi della Venezia Giulia.

Salvo accenno di Cortesi, nessuno ricorda assoluta priorità italiana in senso revisionista. Si tende, invece, a presentare nostro atteggiamento come mezzo per partecipare alle vittorie delle rivendicazioni germaniche.

Notizie dell'ultima ora su mobilitazione cecoslovacca aumentano il pessimismo2 .

112

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO PERSONALE 4845/397 R. Berlino, 23 settembre 1938, ore 12,45.

Riassumo come appresso conversazione avuta con ministro von Ribbentrop da Godesberg a mezzogiorno 23 settembre.

l) Mattinata: nessuna conversazione tino a questo momento.

A mezzo di lettera scritta 1 Chamberlain ha fatto capire (evidentemente cedendo alle esigenze di ideologie e formule democratiche) che avrebbe gradito il Fuhrer riconsiderasse le sue domande di ieri per un ritiro immediato delle forze cecoslovacche e per la loro altrettanto immediata sostituzione con forze tedesche presentando una domanda alternativa e intermedia.

2) Gli sarà risposto, probabilmente anche per iscritto2 che, non permettendo la situazione ulteriori dilazioni a causa degli incidenti locali, la Germania deve insistere sul proprio punto di vista.

3) Sembra che le notizie giunte nella nottata relative ad un ordine di Praga alle truppe di rioccupare senz'altro le località già sgombrate, non siano del tutto esatte. La situazione locale però è comunque gravissima anche perché i rifugiati sudetici in territorio tedesco sono già oltre 120.000 che in gran parte hanno lasciato la famiglia in zone tuttora controllate dai cechi.

4) Il Fuhrer ha già ieri posto a Chamberlain il problema delle minoranze ungheresi e polacche. Alla richiesta se la Germania fosse disposta, sia a fare un patto di non aggressione, sia ad assumere garanzia del futuro Stato cecoslovacco, Hitler ha risposto negativamente dicendo che un patto di non aggressione sarebbe stato sfruttato dai cechi per opprimere le altre minoranze e che quanto alla garanzia essa non

III 2 Il documento tù inviato in visione a Mussolini. 112 1 Vedi D. 105, nota l, sub 2. 112 2 Vedi D. 105, nota l, sub 3.

avrebbe potuto essere concessa se non dopo che tutti i problemi delle altre minoranze, oltre la sudetica, fossero stati risolti. Ribbentrop ha aggiunto di avere l'impressione che gli inglesi siano in materia di garanzia «riluttanti» essi stessi.

113

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEroNO 4840/671 R. Londra, 23 settembre 1938, ore 13,30.

Mio telegramma n. 669 1•

La campagna contro Chamberlain iniziata dalle sinistre britanniche continua attraverso le manifestazioni indette dai partiti d'opposizione e dalle organizzazioni giudaico-comuniste.

La più importante delle manifestazioni che hanno avuto luogo ieri è stata quella indetta dalla International Peace Compaign, verso le nove. Vi hanno partecipato circa

5.000 persone, le quali, al grido di «Abbasso Chamberlain, salvate la Cecoslovacchia, abbasso Hitler», ha inscenato una gazzarra nei pressi di Downing Street, che ha avuto momento di particolare violenza e che è cessata solo in seguito ad un deciso intervento della polizia.

Mentre la manifestazione aveva luogo, una deputazione si è recata al Foreign Office, ove ha consegnato al segretario privato di Halifax, una lettera, in cui è stato chiesto che l'Inghilterra aiuti la Cecoslovacchia e ritorni alla politica societaria e che il Parlamento venga subito convocato.

Agli stessi motivi sono state improntate varie altre manifestazioni e riunioni di organizzazioni sindacali di sinistra quali la League ofNations Union, la Tramport and Genera! Workers Union, la North-East Federation ofTrades Councils. Analoghe riunioni hanno avuto luogo ad iniziativa delle organizzazioni sindacali di Scozia e Irlanda.

La Federazione Laburista Universitaria ha inviato una lettera al Primo Ministro, in cui deplora «il tradimento della Cecoslovacchia» definendolo come il «più vergognoso episodio della storia diplomatica britannica».

Anche l'Arcivescovo di York ha diramato una «dichiarazione» sull'attuale crisi internazionale, in cui chiede che la soluzione della questione cecoslovacca venga raggiunta solo in seguito ad una conferenza internazionale, e critica l'iniziativa di Chamberlain come basata su «opportunismo» e «non ispirata agli ideali della morale e della giustizia».

Viene d'altra parte annunciato che il partito laburista ha organizzato 2000 riunioni in tutta l'Inghilterra per sabato e domenica prossima, a cui parteciperanno tutti i principali esponenti dei partiti di sinistra e nelle quali il Primo Ministro verrà attaccato per il suo «tradimento della Cecoslovacchia».

113 1 Vedi D. 100.

114

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 487]/]50 R. e S.N.D. 4870/15] R. San Sebastiano. 23 settembre 1938, ore 13,30 (per. ore 20,20).

Colloquio svoltosi avanti ieri fra me, Berti e il Generalissimo in presenza di questo ministro degli Affari Esteri e del colonnello Nulli si è concluso colla fissazione modalità e termini di tempo per svincolo ed evacuazione di circa diecimila legionari 1• Nulli che dovrebbe essere costà domani riferirà ampiamente recando dati concreti richiesti.

Dopo il colloquio, Franco ha espresso desiderio che io mi incontrassi ieri a Burgos con Jordana e per bocca di questi mi ha fatto esprimere sue preoccupazioni circa ripercussioni morali e politiche che ritiro di detto contingente volontario potrà avere sulla situazione del Governo Nazionale così all'interno che all'estero, nonché circa possibilità che tale gesto unilaterale e spontaneo ottenga una pronta contropartita.

Sempre in mancanza di particolari direttive mi sono limitato ad esprimermi sul tono di generici affidamenti a titolo personalissimo. Ho aderito invece alla preghiera rivoltami da Jordana di sottoporre alla considerazione del Duce e deii'E.V. i seguenti punti:

l) Necessità che il Governo Nazionale sia tenuto al corrente dei negoziati relativi al ritiro dei diecimila uomini per la parte che lo concerne e più precisamente dei benefici che il governo fascista intende ricavarne-come qui non si dubita-anche a profitto della causa di Franco. In proposito il Governo Nazionale gradirebbe specialmente: vedere evitata o allontanata ogni pressione per una applicazione del piano di non intervento nella parte relativa alla Commissione di conteggio e al controllo marittimo; riconosciuta la belligeranza con pienezza di diritti; assicurato effettivamente un più favorevole atteggiamento inglese per quanto riguarda contrabbando marittimo a favore dei Rossi sotto bandiera inglese.

Circa contrabbando frontiera pirenaica, Jordana ha tenuto a tàrmi sapere che Bonnet ha tàtto pervenire in questi giorni a Burgos altre profferte a fondo ricattatorio secondo cui il governo francese sarebbe disposto riesaminare suo atteggiamento nei riguardi Spagna qualora Franco facesse un gesto che potesse appagarne le esigenze parlamentari.

2) Necessità che Governo Nazionale conosca tempestivamente il momento in cui sarà reso pubblico il ritiro del contingente legionario in modo che sia messo in

11 o

grado di partecipare-ove le circostanze lo richiedano-alla migliore scelta di tale momento.

3) Al momento propizio dovrebbe essere concertata una forma che permette di presentare al pubblico il ritiro come non (dico non) estraneo alla volontà di Franco. Ciò sarebbe indicato da ragioni di principio e di coerenza in relazione alla nota dipendenza formale dei volontari dal comando del Generalissimo.

Occorrerebbe altresì evitare così all'interno che all'estero, commenti e speculazioni circa un preteso affievolimento della solidarietà italo-spagnola come circa una diminuita fiducia del governo fascista nel trionfo della causa nazionale.

Franco è ansioso di conoscere il pensiero del Duce sul punto sopra esposto e sugli eventuali nuovi aspetti che la questione viene ad assumere in seguito alla nota dichiarazione di Negrin a Ginevra2•

Questa manovra, con cui Barcellona ha voluto precedere il gesto di Burgos, viene qui interpretata come unicamente diretta a determinare le condizioni psicologiche per una mediazione, contro la quale il Governo Nazionale si mantiene irriducibile. Esso è convinto che Barcellona ha fatto offerta teorica di dimettere i combattenti stranieri senza intenzione né possibilità effettuarla in breve tempo e che con ciò annunzio del ritiro diecimila nostri legionari, immediatamente seguito da effettuazione, dovrebbe ugualmente produrre gli effetti desiderati.

114 1 Vedi D. 8.

115

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4851/181 R. Budapest, 23 settembre 1938, ore 14,55 (per. ore 18,40).

Mio telegramma n. 180 1• l) Nella conversazione avuta con Kanya, egli mi ha fra l'altro confermato che certamente Ungheria avrebbe preferito una soluzione pacifica della questione, tanto più che l'esercito ungherese aveva previsto la sua preparazione per una eventuale guerra soltanto fra due anni, anche perché tali furono in un primo tempo le intenzioni tedesche subito dopo l' Anschluss. 2) In relazione alla tattica adottata dal governo, le misure militari erano state finora limitate.

115 1 Vedi D. 101, nota 3.

3) Hitler, contrariamente ai consigli dati da Goring al momento della visita reggente Horthy a Berlino 2 , ha detto che riteneva più pratico un intervento simultaneo dell'Ungheria se la Germania passasse all'azione. Non si è però trattato di nessuna richiesta aperta, né Kànya si è impegnato, intendendo regolarsi sulla Polonia.

4) Avendogli accennato ai dubbi espressimi da questo ministro di Romania circa l'eventuale desiderio dell'Ungheria, dopo liquidata questione Cecoslovacchia, a continuare nell'azione di riavvicinamento fra i due Paesi, Kanya mi ha detto che considerava pienamente validi gli accordi di Bled3 nei riguardi della Romania e della Jugoslavia e che avrebbe fatto confermare ciò ai rispettivi governi-l.

114 2 Vedi D. 95.

116

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4849/167 R. Varsavia, 23 settembre 1938, ore 15,20 (per. ore 18,40).

Mi riferisco al mio telegramma n. 158 1•

Secondo opinione di questo ministero degli Affari Esteri, l'Ungheria ancora non provvede alla tutela dei suoi interessi in Cecoslovacchia con la rapidità e l'energia desiderabili in questo momento. E ciò malgrado le assicurazioni ricevute da Roma e da Berlino e le insistenze del governo polacco. D'altra parte, si rileva qui che la titubanza ungherese appare ancora meno giustificata date le dichiarazioni fatte dal governo jugoslavo a V.E.2 e l'atteggiamento passivo della Romania.

Evidentemente una ulteriore parola di incoraggiamento che V. E. ritenesse di fare al caso pervenire a Budapest riuscirebbe qui oltremodo gradita3 .

115 è Del 21-27 agosto precedenti (vedi serie ottava, vol. IX, DD. 440, 441 e 460). Per il colloquio Horthy-Gèiring si vedano le dichiarazioni di Kanya al ministro di Germania, Erdmannsdorff, in DDT, vol. II, D. 402.

116 è Vedi D. 13. Per la posizione della Jugoslavia nell'eventualità di un conflitto ungaro-cecoslovacco si veda anche il D. 133. 116 3 Per la risposta di Ciano si veda il D. 158.

115 1 Riferimento alla conferenza dei ministri degli Esteri della Piccola Intesa del 21-23 agosto precedenti (vedi serie ottava, vol. IX, DD. 405, 409, 424 e 427), in cui era stata riconosciuta l'uguaglianza dei diritti dell'Ungheria in materia di armamenti e stabilita la rinuncia al ricorso alla forza nei rapporti tra l'Ungheria e gli Stati della Piccola Intesa. In quella occasione erano stati paratàti degli accordi circa le minoranze tra Ungheria e Jugoslavia e Ungheria e Romania: nessun accordo analogo era stato concluso tra Ungheria e Cecoslovacchia.

115 4 Il documento fu inviato in visione a Mussolini. Circa il passo ungherese a Belgrado e a Bucarest si veda D. 198, nota 4.

116 1 Vedi D. 84.

117

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTISSIMO 4846/398 R. Berlino, 23 settembre 1938, ore 17,52 (per. ore 18.30).

Seguito mio fonogramma n. 397 1• Risposta tedesca 2 alla lettera di Chamberlain 3 mi risulta non essere completamente negativa.

Essa insiste nella domanda dello sgombero immediato truppe cecoslovacche e della loro sostituzione altrettanto immediata con truppe tedesche ma assicura che la Germania si sottometterà ai risultati plebiscito che sarà per essere organizzato nelle zone dubbie.

Inglesi stanno ora esaminando risposta tedesca.

118

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4854/400 R. Berlino, 23 settembre 1938, ore 18,43 (per. ore 20,05).

Ha fatto molta impressione linguaggio usato ieri da ministro d'Inghilterra al governo di Budapest 1•

Mi risulta che, così da parte tedesca come da parte polacca, si stanno-nell'interesse dell'Ungheria-facendo pressioni molto forti sulla Romania e ciò profittando temporanea assenza Comnen.

Si è fatto considerare che, mantenendosi amiche Polonia e Germania, Romania non avrà nulla da temere, che anzi favorendo compimento aspirazioni magiare in Cecoslovacchia, Bucarest diminuirebbe risentimento e pretese ungheresi verso Romania.

Sarei grato per mia norma conoscere su situazione romena giudizio di V.E.2 .

I 17 1 Vedi D. l I2.

I 17 2 Vedi D. 105, nota l, sub 3.

117 3 Vedi D. l 05, nota l, sub 2.

118 1 Il ministro Knox era stato incaricato di fare immediatamente presente al governo ungherese che da parte britannica erano state viste con rincrescimento le misure militari prese dall'Ungheria, il cui scopo poteva essere solo quello di intimidire il governo di Praga: se l 'Ungheria, invece di cercare una soluzione pacifica avesse preferito passare all'azione diretta, «il governo britannico non poteva essere responsabile delle conseguenze» (BD, vol. Il, D. 1024). Per il passo compiuto dal ministro Knox si veda BD, vol. lll, D. 26. Le stesse istruzioni erano inviate all'ambasciatore a Varsavia, Kennard, che le eseguiva lo stesso giorno (ibid., D. 34).

118 2 Si veda in proposito il D. 124.

119

L'ADDETTO MILITARE A BERLINO, MARRAS, AL MINISTERO DELLA GUERRA

T. SEGRETO 160] 1 . Berlino, 23 settembre 1938.

Al ministero della Guerra, dove ho conferito col gen. Fromm e col capo interinaie dell'Attachégruppe, si mantiene il più assoluto riserbo e si ostenta la massima calma. Ad accentuare questa calma si mette in rilievo che il gen. Beck non è ancora rientrato e che il generale von Tippelskirch e i numerosi ufficiali dell'Attachégruppe dell'Ufficio Eserciti esteri rimasti nella Prussia orientale per accompagnare le missioni estere rientreranno soltanto domenica, come era in programma.

Si ammette che tutto è pronto per un intervento militare, per il quale basterà premere il consueto bottone, ma circa la probabilità di un'azione immediata si affetta il più grande agnosticismo o al più si dichiara con aria di rassegnazione che si spera i cechi non costringano a tale intervento.

Il capo interinale dell'Attachégruppe mi ha tuttavia escluso che una decisione possa venire presa in settimana e mi ha detto essere convinto che, anche in caso di un'azione di forza germanica, la Francia non interverrà.

Personalmente ho l'impressione che nella situazione attuale, un intervento militare tedesco possa verificarsi da un momento ali 'altro per addivenire a quella soluzione integrale del problema cecoslovacco che è nell'animo dei dirigenti. La serie ininterrotta di incidenti, alimentata persistentemente, la prospettata minaccia comunista in Cecoslovacchia, possibili scontri con reparti cechi in circostanze che sarà poi difficile precisare, possono fornire l'occasione a un intervento.

Secondo un computo approssimativo la massa delle forze tedesche che gravita sulla frontiera cecoslovacca può valutarsi a 30-35 divisioni compresa la maggior parte delle divisioni corazzate e motorizzate.

Il generale Keitel trovasi a Godesberg. Stamane al ministero Guerra si distribuivano maschere contro i gas. S.E. l'ambasciatore informato.

120

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

FoNOGRAMMA s.N. 1 . Roma, 23 settembre 1938, ore 19,30.

Attolico informa che dopo la consegna a Chamberlain della lettera di Hitler2 i due Capi non si sono più incontrati. Viceversa alle 18.30 ha avuto luogo un colloquio

tra l'ambasciatore Henderson e il ministro von Ribbentrop. Di tale colloquio non si conosce ancora il tenore.

Attolico aggiunge però che la situazione tende a precipitare date le gravi notizie che pervengono dai Sudeti e ritiene che qualunque sia l'esito dei colloqui di Godesberg, le forze tedesche si apprestino ad entrare nei Sudeti tra breve tempo.

L'addetto militare generale Marras ha telefonato a S.E. Pariani che, secondo sue informazioni, «sarebbe per domani».

119 1 Il documento è tratto dali'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

120 1 Mussolini era in viaggio per Padova. Sul documento vi è questa annotazione: «telefonato al Capo di Gabinetto del Prefetto di Firenze alle 19,30 per essere consegnato al passaggio del Suo treno alla stazione di Firenze alle ore 21 ,50».

120 2 Vedi D. 105, nota l, sub 3.

121

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4869/168 R. Varsavia, 23 settembre 1938, ore 19,40 (per. ore l, 15 del 24).

Agenzia PAT dirama notizia 1 minaccia sovietica denunziare Patto non aggressione polacco-russo 2 qualora truppe polacche occupassero territorio ceco nonché secca risposta governo polacco.

Mi pare che sia da escludersi senz'altro che minaccia sovieti possa aver seria influenza su note decisioni polacche 3 .

122

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4847/674 R. Londra, 23 settembre 1938, ore 19,45.

Mio telegramma n. 640 1 •

Plymouth stamane mi ha pregato di passare da lui. Mi ha detto che poiché tutti i membri del Comitato dei Nove, ad eccezione del rappresentante sovietico, gli avevano comunicato che accettavano la proposta di inviare Hemming in Spagna, egli Plymouth, allo scopo di aggirare la difficoltà costituita dal rifiuto sovietico, pensava inviare Hemming ugualmente a Burgos ed a Barcellona, non più per incarico del

Comitato ma per incarico dei rappresentanti dei quattro principali governi (italiano, tedesco, britannico e francese) che contribuiscono alle spese preparatorie per l'applicazione del progetto di risoluzione del 5 luglio 2 . Plymouth mi ha chiesto se sarei stato disposto ad accettare la proposta da lui formulata.

Plymouth, dopo di me, ha sottoposto questa sua idea all'incaricato d'affari tedesco, Kordt, all'ambasciatore del Portogallo, Monteiro, e all'ambasciatore di Francia, Corbin.

Mi sono messo subito in contatto con questo incaricato d'affari di Germania e, dopo aver discusso insieme la questione, siamo giunti tutti e due alla conclusione che le istruzioni impartiteci dai nostri governi in relazione al viaggio Hemming ci autorizzano ad accettare la nuova proposta di Plymouth.

Kordt ed io abbiamo di conseguenza comunicato stasera a Plymouth la nostra accettazione.

121 1 Il comunicato dell'agenzia PAT del 23 settembre, che riportava la nota del governo sovietico e la risposta data dall'incaricato d'affari polacco, Jankovski, al vicecommissario Potemkin, è in Relazioni Internazionali, p. 676.

121 2 Trattato di non aggressione tra Polonia e U.R.S.S. del25 luglio 1932 (MARTENS, vol. XXVlll, pp. 329-331), prorogato al 31 dicembre 1945 con protocollo del 5 maggio 1934 (ibid., vol. XXXVI, pp. 678-679).

121 3 Il documento fu inviato in visione a Mussolini. Sull'argomento si veda anche il D. 157.

122 1 Riferimento errato. Si tratta del D. 46.

123

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4873/127 R. Praga. 23 settembre !938, ore 24 (per: ore 4.20 del 24).

Risulterebbe da vari indizi che politica questo governo si è orientata nettamente verso Mosca. Ne sono anche prova le istruzioni riservate date oggi a questa stampa d'ordine del ministro degli Affari Esteri di astenersi critiche alla politica sovietica.

Comunicazioni telefoniche con estero in questo momento sospese.

124

COLLOQUIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, CON IL MINISTRO DI ROMANIA A ROMA, ZAMFIRESCU

PROMEMORIA. Roma, 23 settembre 1938.

Ho ricevuto il Ministro di Romania col quale ho molto vivacemente protestato per la pubblicazione del Curentu/ 2 e degli altri giornali romeni, minacciando

rappresaglie da parte nostra. Il Ministro Zamfirescu è apparso profondamente scosso dal nostro passo, ha sconfessato il giornale e l'autore dell'articolo e si è impegnato ad adoperarsi a Bucarest nel modo più energico per tàr cessare tali assurde pubblicazioni.

In pari tempo il Ministro romeno mi ha fatto la seguente segreta comunicazione di cui era stato incaricato dal suo governo:

l) La Romania è stata oggetto di vi vissi me pressioni perché concedesse il libero passaggio delle truppe sovietiche attraverso il suo territorio nel caso di attacco tedesco contro la Cecoslovacchia. La Romania si è opposta, si oppone, si opporrà ad una tale richiesta.

2) La Romania si rende conto che l'Ungheria possa fra breve essere reintegrata dei suoi territorì già sottoposti al Governo di Praga. Dato l'andamento delle cose il Ministro romeno trova che ciò è logico e naturale. Prega però il Governo italiano di volersi adoperare presso Budapest affinché da parte ungherese non venga compiuto nessun gesto di impulsività tale da rendere difficile la posizione internazionale della Romania in relazione ai suoi accordi di Piccola Intesa.

3) La Romania, mentre comprende e giustifica il ritorno all'Ungheria dei territorì puramente magiari dovrebbe rivedere il suo atteggiamento qualora da parte ungherese si avanzassero pretese su territori abitati da altre popolazioni: ad esempio la Slovacchia. Il Ministro romeno confida che il Governo italiano vorrà svolgere azione di moderazione su Budapest.

Ho ringraziato il Ministro di Romania della comunicazione fattami della quale prendevo atto. A titolo personale gli ho detto che fin da oggi mi sembrava che la Romania potesse considerarsi sciolta dai legami della Piccola Intesa, dato che uno dei contraenti e precisamente la Cecoslovacchia era già sostanzialmente modificata in modo tale da rendere nullo qualsiasi contratto precedente. Il Ministro Zamfirescu mi ha detto di ritenere che questo è anche il punto di vista del Governo romeno.

Essendo durante il colloquio pervenuto un telegramma stampa relativo alla frizione determinatasi tra Varsavia e Mosca3 , ho posto il quesito al ministro Zamfirescu circa l'atteggiamento che la Romania adotterebbe qualora un conflitto aperto si determinasse tra l'U.R.S.S. e la Polonia. Zamfirescu mi ha detto senza esitazione che la Romania si schiererebbe a tìanco di Varsavia e che comunque l'alleanza con la Polonia4 avrebbe il sopravvento su qualsiasi impegno con Praga5 .

122 2 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 289.

124 1 Ed. in L 'Europa verso la catastrojè, pp. 364-365.

124 2 Il Curentul del 22 settembre aveva pubblicato una corrispondenza da Londra in cui si atlèrmava che, nel caso di conflitto nato dalla questione cecoslovacca, l'Italia non sarebbe intervenuta a fianco della Germania per non trovarsi poi di fronte al pericolo che una Germania vittoriosa cercasse uno sbocco sull'Adriatico a Trieste.

124 3 Vedi D. 121.

124 4 Riferimento al trattato di garanzia tra Polonia e Romania del26 marzo 1926 (in MARTENS, vol. XVII, pp. 3-5) rinnovato il 15 gennaio 1931 (in MARTFNS, vol. XXX, pp. 35-37).

124 5 Il contenuto di questo colloquio fu comunicato all'ambasciatore Attolico con T. 765/354 R. del 24 settembre, con l'incarico di in formarne riservatamente il governo tedesco.

125

APPUNTO DEL GABINETTO PER IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Roma, 23 settembre 1938, ore 23,30.

Il R. Incaricato d'Affari a Parigi ha dato telefonicamente le seguenti notizie:

La notizia della rottura delle conversazioni si è sparsa a Parigi nelle prime ore della notte e provoca allarme vivissimo. Daladier in una riunione odierna dei gruppi parlamentari ha confermato che in caso di aggressione tedesca non provocata contro Cecoslovacchia, Francia manterrà i suoi impegni assistenza militare. Produce vivissima impressione il proclama di Benes per la mobilitazione. Le misure militari già adottate sono in corso di rafforzamento. Parigi è finora calma. I Ministri principali sono radunati da Daladier durante la notte. Arriva notizia da Londra che Consiglio dei ministri è convocato per domani ed il Parlamento è convocato per lunedì. A Parigi risulterebbe che essendosi Chamberlain recato in visita di congedo da Hitler, i due sarebbero [ ..... ] 1•

126

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2579/961. Varsavia, 23 settembre 1938 (per. il 26).

Mio telegramma n. 164 1•

Ho già riferito a Vostra Eccellenza come, soltanto dopo la pubblicazione della Lettera a Runciman 2 , la Polonia abbia cominciato ad impostare formalmente il problema delle proprie rivendicazioni 3 . Le comunicazioni alle varie cancellerie europee furono fatte infatti soltanto il 16 ed il 17 corrente4 , l'intesa di massima con l'Ungheria sulle rispettive aspirazioni e per una comune linea di azione non è stata raggiunta che il 20 dello stesso mese5 , ed infine la Nota a Praga che denunzia l'accor

126 1 Non rintracciato. 126 2 Vedi D. 24. 126 3 Vedi D. 57. 126 4 Vedi D. 85. 126 5 Vedi DU, vol. II, D. 369.

do del 1925 sulle minoranze e reclama un trattamento per i polacchi analogo e contemporaneo a quello che verrà fatto ai tedeschi sudeti è stata consegnata soltanto il 22 corrente 6•

Né di fronte alla stessa opinione pubblica polacca si può rilevare una preparazione più tempestiva. Le agitazioni nelle regioni di frontiera contro la Cecoslovacchia non sono cominciate che con l'inizio della presente settimana, mentre a Varsavia, soltanto dal 22 corrente, sono state organizzate manifestazioni pubbliche di una certa entità, di cui le agenzie telegrafiche hanno del resto già dato notizie opportunamente esagerate. Questa impreparazione nell'orientamento dell'opinione pubblica non credo possa avere precedenti: infatti, come ho già avuto occasione di riferire a codesto Ministero, erano state invece tollerate, nelle ultime settimane, violentissime campagne di stampa contro la Germania e manifestazioni di piazza nei principali centri del corridoio per protestare contro i noti trascurabilissimi incidenti di Danzica. In queste condizioni non possiamo oggi essere oltremodo sorpresi che si possa verificare l'assurdo che, mentre Hitler mostra un atteggiamento favorevole alle rivendicazioni polacche, a Varsavia si leggono ancora nella stampa quotidiana articoli d'intonazione nettamente antitedesca, mentre la cronaca deve registrare persino una dimostrazione avvenuta ieri a Poznan contro la stampa tedesca, durante la quale vennero bruciati i giornali di tale lingua posti in vendita colà. Da tutto quanto precede risulta chiaramente che questo Governo è stato sorpreso dagli avvenimenti che non prevedeva potessero svolgersi con una tale rapidità.

Questa tardiva presa di posizione polacca può peraltro spiegarsi: l) colle continue pressioni franco-inglesi esercitate su questo Ministro degli Affari Esteri perché la Polonia si tenesse se non altro tranquilla e non creasse maggiori imbarazzi. Mi è stato riferito a tale proposito che questo Ambasciatore d'Inghilterra avrebbe fatto il 12 settembre un ultimo tentativo presso il Signor Beck per indurre il Governo polacco a schierarsi a fianco della Francia e dell'Inghilterra; 2) colle incertezze ed i timori del Governo ungherese col quale la Polonia era decisa a marciare d'accordo; 3) colle dichiarazioni ripetutamente fatte al Signor Beck da questo Ministro di Cecoslovacchia secondo le quali Praga, qualora fosse stata costretta a fare concessioni alla Germania, avrebbe accordato alla Polonia gli uguali vantaggi.

Di fronte alla realtà però il Governo polacco si è affrettato a correre ai ripari e non dubito che saprà in brevissimo tempo riguadagnare il tempo perduto ed ovviare agli inconvenienti che ancora oggi si lamentano.

125 1 Manca la parte finale del documento. Sul documento vi è il visto di Mussolini.

126 6 11 testo della nota polacca è in DDT, vol. II, D. 553, suballegato 2. Nel darne notizia, l'ambasciatore Arone faceva presente che i dirigenti polacchi non si facevano illusioni circa l'accoglienza del governo di Praga ma che cercavano di porre riparo alle conseguenze negative derivanti dalla posizione di attesa tenuta fino a quel momento e tendevano a «bruciare le tappe», agitando l'opinione pubblica e procedendo a concentramenti di truppe alla frontiera (T. 4837/165 R. del23 settembre).

127

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2593/965. Varsavia, 23 settembre 1938 (per. il 26).

Questo Ministero degli Affari Esteri mi ha consegnato stamane la qui acclusa cartina1 che raffigura «grosso modo» le aspirazioni territoriali polacche sulla Slesia attualmente facente parte della Repubblica Cecoslovacca. Inoltre, qui si desidera di poter ottenere qualche piccola rettifica dell'attuale frontiera dalla parte del confine colla regione slovacca e rutena: queste rettifiche -qui si pensa-potrebbero essere agevolmente conseguite in sede di tracciato della nuova definitiva frontiera.

Quanto al confine comune coll'Ungheria, a questo Ministero Esteri si affermava oggi che esso era ormai da ritenersi sicuro. Anche se gli slovacchi finissero per non porsi d'accordo coll'Ungheria, malgrado le speranze che si continuano qui a nutrire al riguardo, la contiguità territoriale coll'Ungheria potrebbe essere lo stesso realizzata attraverso la Russia subcarpatica, che si considera ormai quasi acquisita alle aspirazioni magiare. Tale territorio della estensione di alcune centinaia di chilometri si presterebbe vantaggiosamente alle comunicazioni dirette polono-ungheresi, essendo attraversato da varie importanti linee ferrovarie 2•

128

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

FONOGRAMMA S.N. 1• Roma, 24 settembre 1938. ore 9,30.

Berlino. L'Ambasciata ha comunicato 2 che Hitler ha rimesso a Chamberlain un memoriale\ che Chamberlain si è impegnato a trasmettere al Governo di Praga. In esso il Governo tedesco chiede:

l) La completa evacuazione delle forze ceche dai territori sudetici e la loro restituzione al Reich entro il lo ottobre;

2) l'attuazione del plebiscito per le zone miste entro il 25 novembre.

Secondo impressioni dell'Ambasciata, fino al l o ottobre il Governo tedesco non compirebbe alcun atto di forza, sia per rispettare l'impegno preso con Chamberlain, sia perché questi altri sei giorni sarebbero utili a meglio completare i preparativi militari.

Praga. Presidente Repubblica ordinato mobilitazione generale tutti cittadini fino 40 anni. Termine presentazione sei ore.

R. Legazione ha segnalato stanotte che da vari indizi risulterebbe che politica Governo cecoslovacco si è orientata nettamente verso Mosca4• Comunicazioni telefoniche con estero sono state sospese.

Budapest. Ieri sera R. Addetto Militare ha saputo 5 che gli ungheresi avrebbero accordato ai tedeschi l'uso dei campi di aviazione in Ungheria, in caso di azione tedesca in Cecoslovacchia, salvo elevare in un primo tempo, proteste diplomatiche. Esercito tedesco impianterebbe in Ungheria organizzazione per segnalazione antiaerea.

Nessuna misura militare ungherese era stata presa stanotte, fino alle ore 24, in seguito alla mobilitazione cecoslovacca. Bande armate di volontari costituite di ex-combattenti, studenti ed appartenenti partiti di destra, avrebbero però già raggiunto la frontiera, col tacito consenso del Ministero della Difesa, inquadrate da ufficiali in borghese. Secondo informazione di quel nostro Addetto Aeronautico6 , qualche centinaio di volontari avrebbe oltrepassato il confine per unirsi agli ungheresi della zona soggetta.

127 1 Non pubblicata.

127 2 Sul documento Ciano ha scritto: «In grande evidenza» e ha sottolineato la frase relativa ad una possibile contiguità territoriale tra Ungheria e Polonia attraverso la Rutenia Subcarpatica.

128 1 Mussolini stava effettuando la visita nelle province nord-orientali italiane.

128 2 Vedi D. 137.

128 1 Vedi D. l 05, nota l, suh 6.

129

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

FONOGRAMMA URGENTISSIMO S.N. 1 . Roma, 24 settembre 1938, ore 10,20.

Ribbentrop ha contèrito telefonicamente con Attolico 2• Ha confermato che è stato rimesso a Chamberlain un memorandum3 contenente le richieste di cui alla mia precedente comunicazione4 . Chamberlain si è impegnato a compiere ulteriori sforzi presso il governo di Praga, affinché le condizioni della Germania vengano accettate. Il Fi.ihrer ha anche aggiunto che la Germania non darà garanzie alle frontiere del nuovo Stato cecoslovacco se non saranno prima risolti il problema magiaro e il problema polacco e se, quindi, Italia, Ungheria e Polonia non daranno anch'esse una contemporanea garanzia.

128~ Vedi D. 123.

129~ Vedi D. 128

Ribbentrop ha confermato che per il momento sono da escludere atti di forza da parte della Germania. Poiché, però, entro il l o ottobre dovrebbe essere completata la restituzione dei territori sudetici alla Germania, è necessario che il governo ceco cominci al più presto l'evacuazione. Se ciò non dovesse avvenire entro due o tre giorni sarebbe evidente l'intenzione di resistere, e il governo tedesco dovrebbe passare all'azione.

128 5 La comunicazione del tenente colonnello Mattioli alla quale si fa qui riferimento non è stata rintracciata.

128 6 La comunicazione del tenente colonnello Palotta non è stata rintracciata.

129 1 Mussolini stava visitando le province nord-orientali italiane.

129 2 Di questa conversazione con von Ribbentrop, Attolico diede comunicazione a Ciano per telefono (CiANO, Diario, alla data del 24 settembre).

129 1 Vedi D. l 05, nota l, suh 6.

130

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4893/83 R. Mosca, 24 settembre 1938. ore 16,28 (pe1: ore 19, 15).

Recente passo del governo sovietico presso governo polacco con minaccia denunzia del patto di non aggressione 1 ha avuto evidentemente scopo intimidatorio su Polonia. Ritengo però che suo fine principale sia stato quello di esercitare pressioni sul governo francese incoraggiando corrente di opposizione alla politica di capitolazione concordata a Londra. È chiaro che stesso fine ha avuto dichiarazione di Litvinov a Ginevra circa connessione fra Patto francese e Patto sovietico con Cecoslovacchia.

Mi risulta che ieri Vice Commissario del Popolo per gli Affari Esteri Potemkin ha mandato a chiamare questo ambasciatore Francia 2 per informarlo del passo fatto a Varsavia.

131

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. URGENTISSIMO 4887/404 R. Berlino, 24 settembre 1938, ore 16.30 (peT: ore 18,05).

Da buona fonte apprendo ora che, secondo intenzioni comuni anglo-tedesche, Benes dovrebbe accettare domande tedesche entro lunedì sera 1• Primo ottobre rappresenta data fissata per ingresso nel territorio sudetico truppe tedesche (mio telegramma per corriere aereo odierno 0166 2).

130' Robert Coulondre. 131 1 26 settembre. 131' Vedi D. 137.

Si conferma che risultati conferenza Bad Godesberg sono considerati come soddisfacenti oltreché dai tedeschi anche dagli inglesi.

130 1 Vedi DD. 121 e 157.

132

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 4895/183 R. Parigi, 24 settembre 1938, ore 19,25 (per. ore 20,40).

Misure militari adottate stamane da questo governo comportano richiamo di forti contingenti riservisti e specialisti di varie classi. In complesso circa l O nuove divisioni.

Partenze hanno, finora, luogo verso confine tedesco. Nuove divisioni sembrano, cioè, in gran parte destinate completare copertura frontiera Est. Misure rientrano tuttora, in complesso, nel campo precauzionale difensivo. È stato inoltre diramato preavviso che autorizza autorità procedere requisizioni. Richiami hanno luogo, sia per precetto personale, sia per manifesti.

Questo sottocapo di Stato Maggiore ha dichiarato stasera a questo Regio Addetto Militare che nessun provvedimento speciale è previsto per le frontiere alpine.

Città, almeno finora, calma 1•

Circa le misure militari francesi, l'addetto militare a Parigi, generale Visconti Prasca, telegrafava (T. 132 del 24 settembre) che gli ambienti dello Stato Maggiore Generale restavano in maggioranza contrari ad un intervento armato e che le chiamate di riservisti -avviati tutti verso la frontiera con la Germania -avevano anche scopi di politica interna, come mezzo per rispondere alle accuse di debolezza rivolte al governo.

Su ciò concordava l'addetto navale capitano di vascello Margottini, che tuttavia sottolineava come non si potesse giungere alle stesse conclusioni per quanto concerneva la Marina francese che appariva la «Forza Armata più ostile all'Italia». Era significativo -osservava l'addetto navale -che, mentre le misure precauzionali sulla frontiera alpina e in Tunisia erano state notevolmente moderate e per giunta lo Stato Maggiore dell'Esercito aveva ritenuto di illustrarle all'addetto militare italiano per svuotarle, nei limiti del possibile, da un loro carattere di ostilità nei confronti dell'Italia, la Marina sembrava essersi mossa nel Mediterraneo «al di là delle necessità richieste dalla dimostrazione di forza che era nel programma del governo» e non si era preoccupata minimamente dei riflessi che il suo atteggiamento poteva provocare in Italia (foglio 635 del 21 settembre). La Marina francese-concludeva il comandante Margottini -«sembrava accettare con fiducia ed essere in maggioranza proclive ad una guerra immediata, sempre basandosi sul criterio che la pace di oggi sarebbe solo precaria e che quindi la guerra, prima o poi, sarebbe inevitabile» (foglio 644 del 24 settembre). I documenti sono tratti dall'Archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare.

132 1 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

133

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4902/130 R. Belgrado, 2 4 settembre 19 38, ore 20, 05 (per. ore 22,40).

Ministri britannico' e francese2 si sono oggi separatamente recati da Stojadinovié per accertarsi intenzioni governo jugoslavo di fronte avvenimenti.

A quanto Andrié mi ha detto, Stojadinovié ha confermato decisione già presa da questo governo di rimanere estraneo eventuale conflitto. Non si ha intenzione disconoscere in linea di principio obblighi precisi facenti carico alla Jugoslavia nei confronti di un'azione ungherese contro Cecoslovacchia. Ma evidentemente, secondo Andrié ha notato, anche tale questione è da mantenersi sul terreno pratico alla stregua delle particolari circostanze in cui una simile eventualità avesse a presentarsi3 .

Secondo quel che qui risulta, non sarebbe ancora conosciuta effettiva intenzione Romania. Ma tutto sommato si ha impressione che a Bucarest si pensa per il momento di compiere un gesto senza che questo abbia a comportare reali conseguenze4.

134

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEfONO URGENTISSIMO 4896/S.N. Berlino, 24 settembre 1938, ore 20,40 (pe1: ore 22,20).

Con preghiera di telefonare subito a S.E. Ciano 1•

alle 14,30 per avvertire che il principe d'Assia stava partendo per l'Italia, latore di un messaggio personale di Hitler per Mussolini. Ciano era quindi partito in aereo per Venezia per incontrarvi il principe d'Assia ed accompagnarlo la mattina dopo da Mussolini che nella sua visita nelle Venezie si era fermato per la notte a Schio.

Ribbentrop pregami portare conoscenza V.E. che incarico affidato dal Flihrer al Principe d'Assia ha obiettivi seguenti:

l) ringraziare sentitamente il Duce per suoi ultimi discorsi e specialmente per quello di stamane a Padova;

2) assicurare il Duce che egli troverà sempre da parte del Flihrer lo stesso sentimento e lo stesso appoggio che il Flihrer ha trovato nel Duce;

3) riferire direttamente al Duce sulla situazione risultante dai convegni di Berchtesgaden e Godesberg.

Nel pregarmi d'informare V.E. di quanto sopra, Ribbentrop mi ha detto che da parte sua egli ha trovato discorso del Duce a Padova2 semplicemente fabelhaft (meraviglioso)3 .

Come Ciano annotava nel suo Diario (alla data del 24 settembre), Mussolini aveva rivelato, senza rendersi conto dell'indiscrezione, la data del l o ottobre fino a quel momento tenuta segreta. Peraltro, nel documento tedesco quella data era indicata non come ultimo limite per l'accettazione ma come data per la consegna alla Germania del territorio che doveva essere subito occupato. Nonostante le precisazioni in proposito dell'ambasciatore Attolico (vedi DDT, vol. II, D. 611), anche nel suo discorso a Verona del 26 settembre Mussolini affermava, con evidente riferimento alla data del l o ottobre, che vi erano ancora alcuni giorni di tempo per trovare una soluzione pacifica (vedi D. 150, nota l).

messaggio scritto, né forse un incarico molto preciso. Deve ringraziare il Capo per quanto è stato fatto da noi e portargli la promessa di Hitler che in qualunque bisogno, di difesa o di attacco, tutte le forze tedesche saranno a nostra disposizione. Poi ragguagliarci sulla situazione. Ripete, come fatti, quanto più o meno sappiamo circa i colloqui con Chamberlain e le richieste tedesche. Ormai il punto è fatto in modo definitivo: se per il primo ottobre i cechi non accettano i termini dell'ultimatum, Berlino attacca. Naturalmente con lo scopo di distruggere interamente la Cecoslovacchia. (Assia ha anche accennato all'eventualità di incorporare nel Reich con larghe autonomie cechi e slovacchi!). Hitler ritiene ancora che Francia e Inghilterra non marceranno. Ma se invece dovessero farlo, è pronto al conflitto. Aggiunge, anzi che la situazione militare e politica è tanto fàvorevole all'Asse, che forse varrebbe la pena di giocare adesso una partita che si dovrà, un giorno, inevitabilmente giocare. Assia aggiunge che Ribbentrop è ancora più estremista in questa direzione. Il Duce ci riceve nel treno presidenziale. È severo e sereno. Ascolta in silenzio quanto Assia espone. Poi, a sua volta, parla brevemente. Ringrazia per la comunicazione. Espone il suo punto di vista: la Francia non marcerà perché l'Inghilterra non si schiererà con lei. Se il conflitto, invece, dovesse generalizzarsi, noi ci porremo a fianco della Germania, subito dopo l'entrata in guerra dell'Inghilterra. Non prima per non giustificare la sua guerra. Anche il Duce ha ripetuto la sua piena convinzione nella nostra vittoria: forza delle armi, forza irresistibile dello spirito.

Ritorniamo a Venezia. Assia parte per Berlino, io, per Roma. In pratica, nessun elemento nuovo o definitivo è risultato dal colloquio. Però, il Duce ed io, pur non spingendo la Germania al conflitto, non abbiamo fatto niente per trattenerla».

133 1 Sir Ronald Hugh Campbell.

133 2 Raymond Brugère.

133 1 Da un'annotazione nel Diario di Ciano, risulta che lo stesso 24 settembre il ministro di Jugoslavia, Christié confermò a Ciano che il suo Paese avrebbe tenuto un atteggiamento neutrale «in ogni evenienza». Del colloquio non è stata trovata documentazione negli archivi italiani.

133 4 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

134 1 Secondo quanto risulta da un appunto di Gabinetto, l'ambasciatore Attolico aveva telefonato

134 2 Pronunciato il 24 settembre. Nel discorso, dedicato interamente alla crisi cecoslovacca, Mussolini aveva contrapposto all'atteggiamento bellicoso del governo di Praga, che aveva proclamato la mobilitazione, «la prova di suprema moderazione» della Germania che invece aveva formulato delle richieste dando tempo fino al l o ottobre per una risposta. Il problema~ aveva ribadito Mussolini~ doveva essere risolto «in maniera integrale e definitiva» e se un conflitto fosse scoppiato c'era il tempo per localizzarlo. Ma~aveva aggiunto~ se qualcuno in occidente riteneva che quello fosse il momento per fare i conti con gli Stati totalitari, allora si sarebbe trovato di fronte non a due Paesi ma «a due Paesi che formeranno un blocco solo» (il testo del discorso è in MussoLINI, Opera omnia, vol. XXIX, pp. 156-158).

134 3 Sulla visita del principe d'Assia non è stata trovata documentazione d'archivio ma nel Diario di Ciano vi è in proposito la seguente annotazione sotto la data del 25 settembre: «Ricevo Assia al Grand Hotel e partiamo subito in macchina per Schio, ove il Duce sosta per qualche ora. Non ha un

135

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4903/677 R. Tokio, 24 settembre 1938, ore 21 (per. ore 2,30 del 25).

Avvenimenti europei, da cui sembra potersi fin da ora prevedere una nuova diminuzione prestigio britannico, sono causa di viva soddisfazione fra questi militari e nazionalisti che ne sperano anche un rafforzamento notevole della loro posizione a scapito di quella dei liberaleggianti anglofili giapponesi 1•

136

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 490I/13 I R. Praga, 24 settembre 1938, ore 21,40 (per. ore 2,30 del 25).

Verso ore 15 questo ministro d'Inghilterra ha consegnato a ministro degli Affari Esteri memorandum Hitler 1• Alle ore I 8, signor Krofta aveva convocato ministro d'Ungheria2 , che dovette attendere circa mezz'ora fine colloquio Krofta-Newton.

A ministro d'Ungheria Krotla rivolse preghiera interessare Budapest per regolare incidenti relativi alcuni battelli sul Danubio, ma non dette risposta passo ungherese (mio telegramma I23 3), giustificando ritardo con insediamento nuovi ministri.

Ministro d'Ungheria ritiene invece attesa risposta sia stata ali 'ultimo momento rinviata per l'arrivo memorandum Hitler.

Su tale memorandum Krofta mi disse che non avevano ancora finito di leggerlo a questo ministero Affari Esteri, ma che da quanto aveva già letto e senza con ciò pregiudicare parere suo governo, egli personalmente lo riteneva inaccettabile.

Ministro d'Inghilterra, a dichiarazioni Krofta, erasi limitato presentare documento senza alcun commento o raccomandazione da parte del proprio governo. In tutti questi ambienti, anche governativi, notasi oggi meno abbattimento, ripresa di fiducia. Stampa avendo completamente cambiato tono, parla oggi con

baldanza, sicura appoggio alleati e amici. Giornali comunisti, di cui organo ufficiale partito riappare oggi dopo sospensione, sono fra i più battaglieri. Mi viene riferito che decreto mobilitazione si dava come certo in circoli comunisti fin da ieri alle 184•

135 1 11 documento fu inviato in visione a Musso1ini.

136 1 Vedi BD, vol. II, D. 1080. Per il memorandum tedesco vedi D. 105, nota 1, sub 6.

136 2 Janos Wettstein.

136 3 T. 4830/123 R. del 22 settembre con cui il ministro Fransoni dava notizia del passo ungherese. Per il contenuto della nota ungherese si veda il D. 109.

137

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE SEGRETO .../0 166 R. Berlino, 24 settembre 1938 1•

A seguito e conferma delle mie comunicazioni telefoniche, invio qui unito a V.E., anche nella sua traduzione italiana, il testo del memoriale 2 che questa notte è stato consegnato al Primo Ministro inglese dal Cancelliere Hitler.

A quanto Ribbentrop mi ha dichiarato questa mane alle 8,30, l'ultimo incontro fra Hitler e Chamberlain 3 non avrebbe dato cattivi risultati. Chamberlain si è infatti impegnato non solo a trasmettere al governo di Praga le richieste tedesche ma anche a fare tutto il suo possibile perché esse vengano accettate.

Come è facile vedere da un esame particolareggiato del documento in questione, le ultime richieste tedesche rappresentano un evidente concessione che il Cancelliere Hitler ha voluto fare al punto di vista e alle insistenze del signor Chamberlain.

Tutta la giornata di ieri, in fondo, è stata, sia attraverso lo scambio di note, sia attraverso conversazioni fra elementi minori, occupata nella discussione di un punto solo, cioè dell'elemento «tempo».

Già col mio telegramma di ieri 4 avevo indicato che una prima transazione era stata accettata dai tedeschi, nel senso che essi si impegnavano, anche dopo avvenuta l'occupazione del territorio, a restituirne quella parte che in seguito al plebiscito non fosse risultata di maggioranza sudetica. Ancora ieri nel pomeriggio, però, si insisteva ciò nondimeno da parte tedesca perché la consegna del territorio fosse immediata, dico immediata. La data del l o ottobre rappresenta quindi una concessione che Chamberlain ha strappato soltanto all'ultimo momento.

Il complesso dei dettagli esecutivi con cui i tedeschi accompagnano le loro ultime richieste, non appare irragionevole e anzi denota un certo desiderio di comprensione reciproca. Qui si attende quindi che la Cecoslovacchia, la quale ha già «in principio» accettato la perdita delle regioni sudetiche, finisca con l'accettare anche il piano esecutivo per arrivare alla medesima preparato dai tedeschi. È evidente tuttavia che per poter consegnare il territorio sudetico alla Germania per il l o ottobre, la evacuazione ne deve essere preparata dai cecoslovacchi parecchi giorni prima. L'accettazione cecoslovacca dovrebbe essere quindi, se non immediata, almeno molto sollecita, le operazioni di evacuazione dovendo ragionevolmente potere incominciare almeno verso la metà della settimana entrante.

Nel memorandum accluso, cui manca ancora la cartina geografica che vi va annessa e che l'Auswartiges Amt non ha avuto ancora il tempo di far riprodurre, non si fa alcun cenno alle minoranze magiare e polacche in Cecoslovacchia. La situazione al riguardo rimane tuttavia quella già tàtta presente da Hitler a Chamberlain nella conversazione del 22\ e cioè che la Germania non, dico non, accetterà mai di garantire il nuovo Stato cecoslovacco se non insieme con la Polonia, l'Ungheria e l'Italia, la cui posizione in materia è chiara e precisa.

Anche dal tono della stampa emerge il vivo desiderio tedesco di non lasciare nell'animo di Chamberlain traccia di risentimento o di rancori.

P.S.-La prima lettura del documento farebbe credere che i tedeschi sono pronti ad accettare il plebiscito anche nelle parti a popolazione sudetica compatta. Anche questo rappresenterebbe, almeno dal punto di vista formale, una concessione di molta importanza. Sulla potiata tuttavia di questo punto mi riservo ulteriori precisazioni dopo consultato l' Auswartiges Amt.

* * *

Anche l' A.A. [Auswdrtiges Amt] conferma. B.A.

136 4 Il decreto di mobilitazione era stato emanato alle 22,30 del 23 settembre.

137 1 La copia di questo documento (che è priva dell'indicazione della data di arrivo) reca la data del 23 settembre ma è da ritenere che il telegramma sia del giorno successivo come appare indicato dal riferimento al memorandum tedesco (consegnato a Chamberlain la sera del 23) e al colloquio con von Ribbentrop (avvenuto dopo l'ultimo incontro Hitler-Chamberlain che aveva avuto luogo anch'esso la sera del 23 ).

l 37 2 Vedi D. 105, nota l, sub 6.

l 37 1 Vedi D. 105, nota l, sub 5.

137 4 Vedi D. 1 l 7.

138

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVATISSIMO 4922/0167 R. Berlino. 24 settembre 1938 (per. il 25).

Ad ogni buon fine mi onoro trascrivere, qui di seguito, il telegramma di cui, in data odierna, ho comunicato il contenuto per telefono:

«Urgentissimo. Apprendo da questo ministro jugoslavo 1 che suo collega romeno2 aveva ricevuto giorni fa ordine dal Comnen di far presente a governo tedesco che, ove Ungheria avesse col suo contegno in qualunque maniera minacciato integrità cecoslovacca, Romania si sarebbe trovata nella necessità di far fronte ai propri impegni di solidarietà nei riguardi dell'alleata. Ministro jugoslavo, richiesto di associarsi a questo passo, vi si rifiutò, facendo così sfumare iniziativa.

Sembra ora che societario Comnen intenda compiere nuovo tentativo nello stesso senso direttamente con Stojadinovié con cui, reduce da Ginevra, dovrebbe incontrarsi domani.

Mio collega jugoslavo mi fa molto confidenzialmente presente opportunità che Italia influisca urgenza su Stojadinovié per indurlo non solo a bloccare armeggi romeni ma anzi a far comprendere che appagamento aspirazioni ungheresi in Cecoslovacchia è nel beninteso interesse Jugoslavia e Romania e ciò tanto più in quanto annessione regione sudeti a Germania crea per la Piccola Intesa fatto assolutamente nuovo che, o ve pure non porti addirittura ali' annullamento della Intesa, deve necessariamente modificarne in modo fondamentale la portata».

137 5 Vedi D. 105, nota l, sub l.

139

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE SEGRETO URGENTE .../0170 R. Berlino, 24 settembre 1938 1•

Trasmetto, per opportuna conoscenza dell'E.V., due promemoria di questo R. Addetto Militare su conversazioni da lui oggi avute, presso questo ministero della Guerra, con il generale Halder, capo interinale dello Stato Maggiore dell'Esercito del Reich e con il generale Keitel, capo dell'Ufficio Superiore delle Forze Armate 2 .

Nel primo promemoria è degna di nota l'insistenza con cui, anche adesso dopo tutte le manifestazioni di solidarietà date dali 'Italia-si continua a dire da parte tedesca che il collegamento itala-tedesco nel campo militare richiede «preventive intese politiche fra il FUhrer e il Duce]».

138 1 Aleksander Cincar-Markovié.

138 2 Radu T. Djuvara.

139 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

139 2 Non pubblicati. Il primo promemoria (n. 1621 del 24 settembre) si ritèriva alla situazione militare, così come era vista dal generale Halder, in rapporto ad un eventuale attacco alla Cecoslovacchia. Il secondo (n. 1624 del 24 settembre) riportava quanto il generale Keitel aveva detto sull'incontro di Bad Godesberg e sulla situazione che ne era derivata. A tale proposito Marras sottolineava che secondo Keitel non si era sicuri di un intervento della Francia e che sembrava da escludersi quello della Gran Bretagna.

139 3 In proposito il generale Marras aveva così riferito: «Alla mia richiesta di uno stretto collegamento e di tempestive informazioni, il generale Halder ha risposto che tale collegamento in campo militare richiederebbe definitive intese politiche tra il Fi.ihrer e il Duce. Ha aggiunto che le attuali operazioni in Cecoslovacchia non interesserebbero direttamente l'Italia. Nel caso invece di un intervento della Francia, Germania e Italia avrebbero un comune nemico».

140

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 4923/0171 R. Berlino, 24 settembre 1938 (per. il 25).

Qui si calcola che Praga abbia ricevuto comunicazione domande tedesche a mezzo ministro inglese a Praga oggi verso le sei pomeridiane 1 e si attende che Praga possa rispondere entro lunedì 2 . Non si tratta di data fatale, ma bensì di data oltre la quale sarebbe difficile, se non impossibile, per stessa Cecoslovacchia provvedere evacuazione territori in tempo utile per il I0 ottobre, data sulla quale qui mi si assicura non essere più disposti a discutere.

Impressioni persone che hanno partecipato convegno Godesberg confermano che memoriale tedesco contiene elementi sutlìcienti a permettere a Chamberlain sormontare opposizioni parlamentari. In questo senso si sarebbe appunto espresso il generale Wilson che accompagnava il Primo Ministro inglese. Quanto alla Francia, Chamberlain ha sempre agito in maniera da far ritenere ch'egli avesse pieni poteri per trattare anche a nome suo.

141

IL SOTTOSEGRETARIO ALL'AERONAUTICA, VALLE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 61815. Roma, 24 settembre 1938.

Si porta a conoscenza di codesto Ministero quanto comunica in data 16 corrente 1 l'Addetto Aeronautico presso la R. Legazione d'Italia a Budapest.

«Sono stato chiamato stamani ali 'Ufficio Aeronautico ed il Colonnello Feketehalmy mi ha detto: "Dopo le debite conversazioni intercorse col Capo di S.M. della Honved, Generale Keresztes-Fischer, sono incaricato di pregarvi di voler sondare a Roma quale accoglienza e quali probabilità potrebbe trovare una nostra proposta intesa a poter ottenere l'assegnazione in Ungheria, anzi a Budapest, di qualche Reparto italiano da caccia".

140' 26 settembre. 141 1 Con foglio 59966/0886, giunto a Roma il 19.

Ha aggiunto il col. Feketehalmy: "nel caso favorevole noi allora dislocheremo le nostre squadriglie in direzione di Miskole, probabile rotta di arrivo degli apparecchi russi traverso la Romania. I cacciatori italiani verrebbero invece messi alla difesa della capitale. Ove si ritenesse opportuno, potremmo anche ricorrere al provvedimento di nascondere i cacciatori italiani sotto l 'uniforme di piloti ungheresi"».

Questo Ministero ha immediatamente prospettato la questione al Duce per le superiori determinazioni. Il Duce ha confermato essere di massima favorevole ad una proposta di invio di qualche reparto da caccia in Ungheria.

Quanto segue è stato portato a conoscenza dell'Addetto Aeronautico per le comunicazioni al colonnello Feketehalmy 2 .

140 1 Si veda in proposito il D. 136.

142

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4921/186 R. Parigi, 25 settembre 1938, ore 20,20 (per. ore 21).

Consiglio dei ministri si è riunito stasera per discutere memorandum tedesco 1 e conseguente atteggiamento francese. Daladier e Bonnet sono partiti immediatamente dopo per Londra.

Questo governo sembrerebbe disposto soddisfare in massima richieste tedesche a condizione ottenere concrete assicurazioni e garanzie per l'avvenire contro eventuali ulteriori sviluppi pressione Germania. Tali assicurazioni e garanzie dovrebbero costituire linea resistenza sulla quale Francia sembra determinata arrestarsi e dietro la quale può formarsi unanimità nazionale 2•

141 2 Sul documento vi è l'annotazione: «Visto dal Duce 29/9 favorevole». Il documento è tratto dall'Archivio Centrale di Stato, Fondo Ministero dell'Aeronautica. Lo stesso 24 settembre il tenente colonnello Pallotta comunicava al Gabinetto del ministero dell'Aeronautica (con T. 63640/938) che gli ungheresi, considerando un conflitto come ormai imminente, sollecitavano l'invio di 14 squadriglie di aerei da caccia italiani per la difesa di Budapest e di due centri industriali a cento chilometri dalla capitale. L'utlìciale riferiva anche che l'aviazione tedesca aveva «chiesto e ottenuto basi ungheresi per operare esclusivamente per suo conto». Sul documento vi è questa annotazione autografa di Valle: «Dare assicurazioni. Predisporre intanto campo e benzina e munizioni. Conviene attendere per trasferimento ulteriore svolgimento avvenimenti». Anche questo documento è tratto dali' Archivio Centrale di Stato, Fondo Ministero dell'Aeronautica.

142 1 vedi D. 105, nota l, suh 6.

142 2 Questo telegramma fu ritrasmesso a Mussolini, allora a Verona.

143

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4920/676 R. Londra, 25 settembre 1938, ore 20,30.

Coi miei fonogrammi stampa n. 277 e n. 278 ho dato ampio e dettagliato resoconto dell'enorme ripercussione che il discorso del Duce a Padova' ha avuto in questi circoli politici e giornalistici. Il discorso del Duce ha nettamente dominato la giornata di ieri e l'impressione suscitata nel pubblico britannico di ogni tendenza e partito politico non è stata meno profonda di quella suscitata dal discorso di Trieste 2 .

Le parole del Duce sono giunte a Londra esattamente nella giornata e nel momento di maggiore pessimismo che l'Inghilterra abbia attraversato dall'inizio della crisi ad oggi 3• L'annuncio inaspettato dell'interruzione delle trattative tra Chamberlain ed il Flihrer e la mancanza di notizie sulle ragioni che avevano determinato la partenza precipitata di Chamberlain da Godesberg avevano provocato nella serata di venerdì nel pubblico britannico un senso di un autentico sgomento: tale stato d'animo si è mantenuto esattamente tino al momento in cui è giunto il discorso di Padova attraverso il quale il pubblico britannico ha finalmente appreso l'esatto contenuto delle domande del FUhrer (domande fino a quell'istante da tutti ignorate a Londra).

L'annuncio specifico dato dal Duce delle proposte del Fiihrer, l'ammonimento preciso sulle responsabilità delle democrazie ove le domande moderate e ragionevoli della Germania non abbiano integrale accoglimento entro il primo di ottobre e infine la rinnovata dichiarazione del Duce che in caso di conflitto generale Italia e Germania formeranno un solo blocco di acciaio ha dato la sensazione, per così dire «tipica» della stretta e potente unità di azione fra i due grandi Capi degli Stati totalitari e la conferma che il Duce e il Fiihrer procedono di minuto in minuto nella loro azione diplomatica e militare a seguito di decisioni prese in comune.

Nella giornata di venerdì e nella mattinata di ieri si aveva la sensazione che i nemici di Chamberlain a Parigi, a Praga e a Londra erano riusciti ad immobilizzare l'azione del Primo Ministro nelle sue trattative col Fiihrer a Godesberg e che il controllo della situazione stava per stùggire dalle mani di Chamberlain per passare alle torbide forze dell'antifascismo di Praga, di Parigi e di Londra, le quali vogliono a tutti i costi la guerra.

Dopo le parole del Duce, l'atmostèra si è improvvisamente sollevata, un disorientamento si nota nelle correnti di opposizione a Chamberlain il quale mostra da ieri sera nuovamente di volere ancora e tenacemente tenere in mano le redini delle trattative e tentare ancora tutto il possibile per non far naufragare le ultime speranze.

Stamane un senso di calma relativa prevale, e la notizia che Daladier e Bonnet hanno acconsentito, dopo qualche resistenza, a recarsi stasera nuovamente a Londra per discutere, ha confermato almeno per oggi questo stato d'animo.

143 1 Vedi D. 134, nota 2.

143 2 Vedi D. 70, nota l.

143 3 Con fonogramma 4913/675 R. dello stesso giorno, Grandi aveva riferito che in Gran Bretagna si stavano prendendo delle misure in vista di un conflitto con la predisposizione delle difese antiaeree, la distribuzione su larga scala di maschere antigas e provvedimenti per l'evacuazione di parte della popolazione civile da Londra e dagli altri centri più importanti. Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

144

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4925/677 R. Londra. 25 settembre 1938, ore 23,05.

Questo ministro di Cecoslovacchia ha consegnato stasera ad Halifax la risposta del suo governo al memorandum tedesco 1• Da informazioni assunte risulta che questa risposta è negativa2 .

Il Consiglio dei ministri britannico si è nuovamente riunito stasera alle 9 per discutere la situazione insieme a Daladier e Bonnet.

145

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTISSIMO 4926/408 R. Berlino, 25 settembre 1938, ore 24 (per. ore 1,40 del 26).

Preghiera telefonare a S.E. il Ministro 1• Diplomatici qui giunti da Londra oggi assicurano che l'opinione pubblica inglese si è nuovamente e fortemente irrigidita.

Primo Ministro inglese, che fu salutato come un salvatore al suo primo partire per Bertchesgaden, fu invece zittito alla partenza per Godesberg e ricevuto con grida e urli di «convocate il Parlamento» al suo ritorno. Una analoga ripresa si nota in Francia ed a più forte ragione in Cecoslovacchia, dove naturalmente la Russia soffia sul fuoco.

Ho visto questa sera stessa l'ambasciatore d'Inghilterra mentre faceva fin da ora spoglio delle sue carte onde tenersi pronto a partire se necessario. Egli è preoccupatissimo della situazione personale di Chamberlain. È da essa che ormai dipendono le

144 2 11 testo della risposta del governo cecoslovacco è in DE, vol. Il, D. l 092. 145 1 Ciano stava accompagnando il principe d'Assia a Schio per incontrarvi Mussolini (vedi

D. 134, nota 1 ).

sorti della guerra e della pace. Un Gabinetto Churchill-Eden che gli succedesse significherebbe rottura immediata con la Germania. Egli si augura quindi che da parte di tutti nulla si faccia per pregiudicare posizione Chamberlain e in tal senso staseraavendo appreso del discorso Hitler per domani-rivolge appello scritto a Ribbentrop. Con l'occasione ambasciatore d'Inghilterra mi ha informato anche che la notizia divulgata dalla Cecoslovacchia, circa consiglio a mobilitare dato alla Cecoslovacchia dall'Inghilterra, non è esatta. Con lettera ufficiale diretta a Ribbentrop stasera egli la smentisce2 chiarendo come Inghilterra, che originariamente aveva impedito mobilitazione Cecoslovacchia, il 22, in presenza del pericolo di invasione tedesca, dichiarò di ritirare consiglio inizialmente dato, aggiungendo peraltro ammonimento che la mobilitazione da parte Cecoslovacchia avrebbe potuto fare precipitare le cose da parte tedesca. In genere anche circoli diplomatici sono molto pessimisti 3 .

144 1 Vedi D. 105, nota 1, sub 6.

146

L'INCARICATO D'AFFARI A TIRANA, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4934/139 R. Tirana, 26 settembre 1938, ore 0,20 (per. ore 4,20).

In mancanza di istruzioni di V.E. mi sono naturalmente astenuto fino ad oggi dal fare qualsiasi passo diretto ad ottenere un chiarimento da parte Albania sull'atteggiamento di essa di fronte alla presente crisi internazionale.

Questo ministro degli Esteri mi ha però convocato oggi per informarmi che il ministro jugoslavo, recatosi ieri da lui, gli ha chiesto di conoscere quale atteggiamento manterrebbe l'Albania nel caso di un conflitto generale.

A queste domande il ministro degli Affari Esteri ha risposto in maniera evasiva, dichiarando che governo albanese non credeva alla imminenza di un conflitto europeo e che la posizione del governo albanese in una tale eventualità non

145' Si veda in proposito DDT, vol. Il, D. 600.

era stata quindi esaminata. Il sig. Jankovié ha precisato, allora, le proprie domande chiedendo al sig. Libohova se fosse al corrente che l'Italia aveva virtualmente già mobilitato e che ha ordinato anche procedere ad ammassare contingenti di truppe a Brindisi; il sig. Jankovié aggiungeva che secondo informazioni in suo possesso questi preparativi militari sarebbero stati predisposti per procedere, in vista di un conflitto generale ma prima dello scoppio di esso, alla occupazione di vari punti della costa albanese ed assicurarsi così tempestivamente padronanza nell'Adriatico.

Alla domanda rivoltagli quindi dal sig. Jankovié intesa a conoscere quale atteggiamento governo albanese assumerebbe di fronte ad una situazione di estrema necessità il sig. Libohova avrebbe anche questa volta dato risposta evasiva soggiungendo ignorare quanto gli veniva riferito sui preparativi militari in atto nella opposta sponda de li'Adriatico e che le salde relazioni di amicizia fra i nostri due Paesi non permettono al governo albanese di ammettere possibile azione italiana come quella indicata dal sig. Jankovié, senza l'accordo del governo alleato.

Il sig. Jankovié ha aggiunto che se tale evento dovesse verificarsi governo jugoslavo si vedrebbe anche esso, per la sua sicurezza, nella necessità di occupare alcune zone del territorio albanese.

Ho assicurato il sig. Libohova che avrei riferito fedelmente a VE. contenuto del nostro colloquio.

Nel corso della nostra conversazione, era naturalmente più volte affiorata questione della posizione che il governo albanese assumerebbe di fronte alla eventualità di un conflitto europeo. Nonostante poca verosimiglianza della sua affermazione, il sig. Libohova mi ha detto che, diversamente da quanto mi era stato riferito, non aveva avuto luogo presso il Sovrano una riunione del Consiglio dei Ministri con lo scopo esaminare atteggiamento dell'Albania in un conflitto nel quale Italia fosse coinvolta. Mancanza deliberazione sull'atteggiamento albanese, mi ha aggiunto il sig. Libohova, era da attribuirsi il fatto di non aver ancora questo governo scambiato con quello italiano alcuna comunicazione.

Il sig. Libohova, che era evidente voleva approfittare del passo compiuto dal sig. Jankovié per ottenere chiarimenti del nostro atteggiamento nei confronti dell'Albania, mi ha aggiunto che sarebbe stato grato ricevere qualche suggerimento da parte di VE. che gli desse modo di provocare una dichiarazione che costituisca al tempo stesso posizione solidarietà con l'Italia, sempre che questa dichiarazione fosse anzitutto da VE. ritenuta opportuna 1•

(T. 770/150 R. del 28 settembre). In proposito si veda anche il D. 179.

145 1 Sulla situazione vista da Berlino riferiva, lo stesso giorno, il generale Marras, il quale, dopo aver sottolineato che il memorandum tedesco fatto pervenire a Praga tramite la Gran Bretagna aveva valore di ultimatum, osservava: «Ove la Cecoslovacchia non accettasse, la Germania si riserverebbe completa libertà d'azione. Si presenta subito il problema dell'atteggiamento della Francia di fronte ad un'azione di forza tedesca, la quale evidentemente non si limiterebbe al territorio sudetico. La Germania ha infatti in tal senso la necessità di svolgere le operazioni nel modo più rapido, utilizzando in particolar modo le due basi di partenza della Slesia e dell'Austria. In questi ambienti militari prevale l'opinione che l'Inghilterra, in caso di mancata accettazione da parte della Cecoslovacchia, non si riterrebbe impegnata a intervenire. Per quanto riguarda l'atteggiamento della Francia, alcuni ritengono che senza l'assistenza dell'Inghilterra essa non interverrebbe; altri invece non escludono un intervento, al quale in seguito non potrebbe non associarsi l'Inghilterra» (rapporto n. 1626 del 25 settembre in Archivio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito).

146 1 Il contenuto di questo telegramma era comunicato da Ciano alla legazione a Belgrado con questa aggiunta: «Si tratta evidentemente di stupide fantasie di Jankovié. In relazione a quanto precede ho parlato con questo ministro di Jugoslavia che ha mostrato massima comprensione. Se vi si intrattenesse in merito, siete autorizzato a smentire ogni parola ed ogni fatto attribuitici da signor Jankovié »

147

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 4972/418 R. e S.N.D. 4982/4]9 R. Berlino, 26 settembre 1938, ore l (per. ore 5).

Mie comunicazioni per telefono di stasera a S.E. il Ministro.

Confermo che discorso Fi.ihrer 1 nulla innova lo stato delle cose creato con la notifica, avvenuta questo pomeriggio attraverso Sir. H. Wilson 2 che la Cecoslovacchia ha tempo per accettare proposte tedesche di Godesberg, solo fino a due pomeridiane di mercoledì 28 corrente.

Si argomenta che la data l o ottobre, indicata nel memorandum di Godesberg3 e ripetuta da Hitler anche stasera, è quella fissata per la presa di possesso delle regioni dei Sudeti da parte tedesca; che siccome questa presa di possesso tedesca non può avvenire se non dopo l'evacuazione delle regioni stesse da parte Cecoslovacchiaevacuazione per la quale sono necessari tre giorni-la Cecoslovacchia si mette ipso fàcto in difetto fin dal 28, data dalla quale la Germania ha quindi diritto procedere occupazione forzosa delle zone in questione.

Tutto questo sarà naturalmente magari vero, ma bisogna anche riconoscere che per uomini della strada, per la più parte avvezzi alla cosa pratica e non al calcolo sublime, riuscirà in certo modo incomprensibile.

Tutti si era nella migliore buona fede abituati a ritenere -vedi dichiarazioni ripetutamente fatte dallo stesso Duce da Padova in poi 4 -che Cecoslovacchia avrebbe, per ritrovare via della saggezza, avuto tempo fino primo ottobre.

Quando Germania -causa rinnovato rifiuto cecoslovacco -inizierà 28 corrente a sera operazioni militari -le quali fra l'altro per ragioni tecniche non sono !imitabili e quindi non saranno limitate alla pura e semplice occupazione regione dei Sudeti-tutti cadranno dai sette cieli e in altrettanta buona fede, grideranno alla mancanza di parola, alla prepotenza, ali' aggressione tedesca: su questa base si solleverà contro la Germania mezzo mondo. Ciò farà, a torto o a ha ragione, svanire di colpo quella qualunque probabilità che ancora rimanesse di localizzare il conflitto, e forzerà sull'Europa-auspice l'Inghilterra-una guerra generale.

Tutto questo è solare ma qui non è visto; che, anzi, si parla come di cosa fuori questione-così come ha fatto questa sera lo stesso Fi.ihrer-di un conflitto in forma «germanico-cecoslovacca».

675). Su di esso l'ambasciatore Attolico così telegrafàva: «Tutto il discorso non reca traccia della possibilità

dello scatenamento di una guerra generale. Si direbbe, anzi, che il Cancelliere, riportando strettamente l'origi

ne del conflitto alla concezione razzistica tedesca della politica estera nazionalsocialistica, abbia tenuto a limi

tare anche idealmente il conflitto. Nessuna allusione è stata fatta a concezioni ideologiche rappresentate dai due

blocchi contendentisi in Europa. Notevole, anzi, la circostanza che egli abbia sentito necessità di immaginare

una collaborazione eventuale e futura fra «i due popoli francese e tedesco che nessun contrasto di interessi e

rivendicazioni divide». Per le valutazioni date da Atto! i co di questo discorso si veda anche il D. 162.

È solamente l'Italia, e per essa il Duce, che potrebbe farlo vedere e comprendere, il Duce che ha stigmatizzato di criminoso ogni tentativo di estensione artificiosa del conflitto. lo non so se il Duce abbia desiderio ed interesse ad aprire gli occhi alla Germania. Ove volesse farlo, non avrebbe di tempo che domani, ed io esprimo il rimesso avviso che al caso Egli lo faccia prendendo contatto nel modo più assoluto e diretto, per telefono, col Fiihrer.

La dichiarazione di guerra che ormai, secondo ogni probabilità, Germania-già praticamente sicura di ottenere tutto quanto desidera-farà mercoledì alla Cecoslovacchia, sarà praticamente dichiarazione di guerra impegnante, ipso facto al cento per cento anche noi.

In queste condizioni Germania dovrebbe sentire dover fare ampia, precisa, rigorosa intesa e consultazione con noi. Se essa non lo sente da sè, mi sembra che è interesse nostro il farglielo sentire 5•

147 1 Pronunciato il 26 settembre allo Sportpalast di Berlino (testo in Relazioni Internazionali, p. 673

147 2 VediD.I52.

147 3 Vedi D. 105, nota l, suh 6.

147 4 In proposito si veda D. 134, nota 2.

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IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4933/135 R. Praga, 26 settembre 1938, ore 2 (per. ore 8,45).

Mio telegramma n. 123 1• Oggi il governo di Praga ha risposto alla richiesta polacca2 . Contenuto è tenuto per ora strettamente riservato. Ho saputo tuttavia da buona fonte ed in via del tutto confidenziale che risposta è in via di massima affermativa, pur mantenendosi in termini estremamente generici.

Si insiste sul\ 'intenzione di risanare i rapporti con la Polonia e conseguire relazioni cordiali. In sostanza la risposta ceca pare dia alla Polonia la possibilità di precisare ora le proprie richieste.

Sui contatti tra Roma e Berlino per fissare questo incontro non si è trovata documentazione. Nelle carte di Gabinetto è elencato un documento contenente le «Istruzioni del Duce a S.E. il Ministro, il 27 settembre, in vista di un incontro con Ribbentrop» ma il documento risulta perduto. L'incontro fu annullato da Ciano il giorno successivo, dopo che era stata fissata la conferenza a Monaco (CIANO, Diario, alla data corrispondente).

Alla richiesta ungherese fino a questa sera non è stata data alcuna risposta che, a quanto so, ministro d'Ungheria solleciterà ancora domani mattina3•

147 5 Circa le reazioni di Mussolini di fronte a questa prospettiva di conflitto generale, vi è nel Diario di Ciano la seguente annotazione sotto la data del 27 settembre: «Mussolini è ancora perplesso sull'atteggiamento che adotteranno francesi e inglesi e, anche dopo una eventuale dichiarazione di guerra, sulla loro tattica militare. Attaccare la Linea Sigfrido? Certamente no. E poiché la Germania, una volta liquidata la Cecoslovacchia, non attaccherà ad occidente, è ancora da ritenere possibile la risoluzione del conflitto senza lo scontro tra i giganti. Comunque il Duce vuole che si stabiliscano fin d'ora le basi dell'intesa politica con Berlino e si creino gli organi di collegamento militare. A tal fine propone un mio incontro con Ribbentrop. l tedeschi accettano e suggeriscono di portare anche i militari. Keitel, per parte loro, Pariani e Valle per parte nostra. Ci vedremo a Monaco, giovedì, ore 12».

148 1 Vedi D. 136, nota 3.

148 2 Riferimento alla nota del governo polacco del 21 settembre. Vedi D. 126, nota 6.

149

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4975/685 R. Tokio, 26 settembre 1938, ore 16 (per. ore21,45).

Militari confermano notizia stampa secondo cui progetti giapponesi sono di fare della Cina una specie di federazione di vari Stati con a capo un unico Presidente. Intanto si provvede a costituire uno speciale Ufficio per le Province Cinesi separato dal Governo Centrale e dipendente direttamente dalla Presidenza del Consiglio. A capo di esse sembra posto con larghi poteri generale Koiso, già comandante guarnigione Corea e considerato come il miglior generale.

Comunicato Roma, Shanghai e Hsing-King.

150

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTISSIMO 4958/414 R. Berlino, 26 settembre 1938, ore 18,45 (per. ore 19.50).

Ad ogni buon fine informo e trovo sintomatico che il D.N.B. non ha pubblicato integralmente il testo del discorso del Duce a Verona 1• La frase relativa alla nessuna necessità per l'Europa di avere nuovi ossari è stata completamente saltata.

Discorso stesso, inoltre, è stato unito nella presentazione di questi giornali a quello pronunciato ieri a Vicenza2 . Giornali stessi li fanno precedere da titoli nei quali sono soprattutto messe in rilievo le eventuali «misure militari» dall'Italia contro la minaccia delle democrazie.

148 3 Il ministro Fransoni comunicava poco dopo che il governo cecoslovacco aveva consegnato al ministro di Ungheria l'attesa risposta. In essa ci si dichiarava disposti ad intraprendere dei negoziati ma si sottolineava la differenza tra le dichiarazioni del Presidente Ben es del l Osettembre, che affermavano l'uguaglianza nel trattamento delle nazionalità nell'ambito dello Stato cecoslovacco, e l'oggetto delle trattative con la Francia e la Gran Bretagna, che avevano avuto «una base diversa» (T. 4973/142 R. del 26 settembre).

150 1 Nel discorso pronunciato la mattina del 26 settembre a Verona, Mussolini aveva atTermato che vi erano ancora alcuni giorni di tempo per trovare una soluzione pacifica del problema cecoslovacco ma che se il tentativo fosse fallito sarebbe divenuto inevitabile un conflitto che «in primo tempo può essere localizzato». E aveva aggiunto: «L'Europa si trova di fronte a molti bisogni, ma certamente il meno urgente di tutti è quello di aumentare il numero degli ossari che sorgono così frequenti sulle frontiere degli Stati. Vi è tuttavia da prevede il terzo tempo: quello nel quale il carattere del conflitto sarà tale che ci impegnerà direttamente. E allora non avremo e non permetteremo nessuna esitazione. Debbo aggiungere che la successione di questi tre tempi può essere straordinariamente rapida» (il testo del discorso è in MusSOLINI, Opera omnia, vol. XXIX, pp. 162-164).

151

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURlTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 4957/684 R. Tokio, 26 settembre 1938, ore 19,20 (per. ore 17, 15).

Da fonte autorevole mi si confida: il governo giapponese ha approvato nelle linee generali progetto patto che si trova nel ministero Affari Esteri per sua redazione definitiva e che dovrebbe essere pronto fra qualche settimana. Ugaki è d'accordo e suoi attuali colloqui con ambasciatore d'Inghilterra hanno per unico scopo facilitare azione giapponese in Cina.

Shiratori sarebbe incaricato portare progetto e discuterne. Successivamente nota missione 1 potrebbe venendo a Roma prestare sua opera per parte tecnica.

Patto con noi sarebbe distinto da quello con la Germania. Ciò anche per situazione interna di questa ultima, ove non vi è assoluta unità politica esistente in Italia e ove quindi converrebbe trattarne con nazisti perché Reichswehr sarebbe sempre d'idea che convenga attendere sino a quando preparazione militare giapponese sia completa.

152

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTISSIMO 4964/416 R. Berlino, 26 settembre 1938, ore 21,40 (per. ore 23,55).

Ripeto mia comunicazione telefonica a S.E. il Ministro (ore 19). «Sono stato chiamato oggi alle 18,30 dal Segretario di Stato Weizsacker, il quale mi ha informato che sir Horace Wilson ha portato con sé, da parte di Chamberlain,

proposta1 che Praga e Berlino si riuniscano immediatamente per discutere e concordare modalità, mezzi necessari ad effettuare prima evacuazione delle forze armate cecoslovacche e quindi occupazione da parte di quelle tedesche. Ove fosse desiderio dei ministri degli Affari Esteri delle due parti, Inghilterra sarebbe pronta ad assistere a queste conversazioni.

Fiihrer ha risposto2 negativamente osservando che non vede come incontro proposto, non prevedendo attesa accettazione delle condizioni tedesche, potrebbe portare ad un pratico risultato. Egli ha quindi dichiarato che lasciava tempo alla Cecoslovacchia per questa accettazione fino a dopodomani mercoledì alle 2 pomeridiane.

Wilson resterà a Berlino fino a domani, il Fiihrer essendosi dichiarato pronto a riceverlo per una nuova intervista, qualora avesse frattanto ricevuto da Londra nuove istruzioni».

150 2 Mussolini aveva ribadito la necessità di riparare all'errore commesso nel 1919 quando lo Stato cecoslovacco era stato «gonfiato smisuratamente». Sarebbe stato -aveva aggiunto -«uno dei più tragici paradossi della storia umana» se i popoli d'Europa si fossero scontrati perché vi era chi non voleva riparare quell'errore. L'Italia fino a quel momento non aveva preso nessun provvedimento di carattere militare ma nessuno si sarebbe potuto stupire se, di fronte a quanto stavano facendo gli altri, anche l'Italia avrebbe preso le sue misure (testo del discorso ibid., pp.l60-161 ).

151 1 Si riferisce alla missione giapponese che doveva visitare l'Italia per ricambiare la visita effettuata in Giappone nel maggio precedente da una missione del partito fascista. In proposito si veda serie ottava, vol. IX, D. 176.

153

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4967/417 R. Berlino. 26 settembre 1938, ore 21.40 (per. ore 22,40).

Sua Maestà il Re di Bulgaria ha visto ieri Hitler', il quale gli ha chiaramente fatto comprendere che, ove Cecoslovacchia non accetti ultime proposte tedesche, egli romperà ogni indugio, procedendo nei confronti cecoslovacchi militarmente.

Re Boris a sua volta ha dichiarato a Hitler che, per quanto gli constava attraverso i contatti personalmente avuti a Londra, governo inglese era ormai disposto ali' intervento.

Quanto al contegno della Bulgaria, ha assicurato che esso, dato lo stadio appena incipiente degli armamenti bulgari, non poteva essere che di stretta neutralità. S.M. dubita persino che, data la sua debolezza, possa riuscire alla Bulgaria di conservare propria neutralità fino alla fine.

Re Boris, rinunziando al suo viaggio in Italia è partito per Sofia via Bucarest ove si incontrerà con Re Carol.

152 1 Vedi BD, vol. II, D. l 097.

152 2 Per il colloquio tra Hitler e Sir Horace Wilson si veda i h id., D. 1118.

153 1 Sul colloquio di Re Boris con Hitler e sugli altri colloqui avuti durante il suo viaggio in Germania con Gèiring e con von Ribbentrop, si vedano le dichiarazioni del sovrano al ministro di Gran Bretagna a Sotìa, Rende!, in BD, vol. III, D. I 73.

154

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4965/683 R. Londra, 26 settembre 1938, ore 23,35.

Ufficio Stampa Foreign Office ha fatto circolare riservatamente stasera seguente nota confidenziale tra i direttori maggiori giornali come orientamento stampa domattina:

«La scorsa settimana il signor Chamberlain tentò con Hitler di trovare il mezzo di risolvere pacificamente la questione cecoslovacca. È ancora possibile risolverla mediante negoziati. Alla domanda tedesca per il trasferimento delle zone sudetiche, i governi della Gran Bretagna, Francia e Cecoslovacchia hanno già aderito.

Ma se, ad onta di tutti gli sforzi di Chamberlain, verrà lanciato un attacco contro la Cecoslovacchia, immediato risultato sarà che la Francia si troverà costretta a venire in suo aiuto e la Gran Bretagna e la Russia certamente si schiereranno colla Francia. Non è troppo tardi per arrestare il corso di questa grande tragedia. È per questo che i popoli di tutte le nazioni insistono per una soluzione mediante liberi negoziati» 1•

155

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5017/0172 R. Berlino. 26 settembre 1938 (pa il 2 7).

Ripeto mia comunicazione telefonica a S.E. il Ministro delle ore 19,15 di oggi:

«Il Segretario di Stato Weizsacker mi comunica che stamattina l'ambasciatore di Spagna ha portato da parte di Franco il messaggio seguente: Franco dichiara che la crisi europea e l'eventualità di una guerra lo mettono in una situazione estremamente difficile e penosa. Egli si vede forzato ad entrare in conversazioni con Inghilterra e Francia allo scopo di concordare con esse la neutralità della Spagna nazionalista in caso di guerra. Prima di tàre questo, tuttavia, egli domanderebbe l'assenso della Germania.

Da parte tedesca si dichiara che, in caso di guerra generale, la contribuzione che la Germania potrebbe dare alla Spagna sarebbe praticamente ridotta a zero. Il governo tedesco riconosce la posizione di Franco e, se egli sente il bisogno di assumere un

atteggiamento di neutralità, non crede di potervisi opporre. Si attende tuttavia che questa neutralità sia benevola e tale da consentire, per esempio, ai sottomarini tedeschi possibilità di rifugio e di azione.

Il governo tedesco si domanda anche, e pone a noi la questione, se al caso sarebbe preferibile che Franco dichiarasse la propria neutralità unilateralmente, anziché negoziar la.

Comunque, prima di dare una risposta a Franco, la Germania attende di sapere quali siano le nostre vedute» 1•

154 1 Sul documento vi è il timbro «Visto da S.E. il Ministro».

156

IL MINISTRO A LISBONA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5239/061 R. Lisbona, 26 settembre 1938 (per. il 3 ottobre).

Faccio seguito al mio telegramma n. 131 in data odierna 1•

Nella conversazione molto confidenziale di cui ho riferito punti più salienti nel telegramma sopracitato, l'ambasciatore Nicolas Franco mi ha detto essersi deciso nei giorni scorsi a sollecitare un colloquio con Salazar per domandargli apertamente quale sarebbe l'atteggiamento del Portogallo in caso di conflitto generale nelle condizioni che sono rese prevedibili dall'attuale tensione provocata dal problema cecoslovacco.

Ha premesso che tempo fa, preoccupato di eliminare uno dei punti più sensibili nelle relazioni ispano-lusitane, aveva sollecitato ed ottenuto dal fratello l'autorizzazione ad intavolare conversazioni con questo governo, allo scopo di arrivare ad un accordo mediante il quale i due Stati reciprocamente si garantissero la frontiera comune. Tale iniziativa era stata molto favorevolmente accolta da Salazar, ed era stato convenuto che nelle conversazioni successive sarebbero stati studiati la formula migliore per l'accordo ed i particolari relativi. Profittando anche dell'atmosfera creata da tale intesa di principio, Nicolas Franco aveva ritenuto di poter prendere l'iniziativa del colloquio che è avvenuto nella località di montagna dove attualmente il Presidente del Consiglio si trova.

Alla prima e principale domanda-quale sarebbe l'attitudine del Portogallo in caso di conflitto-Salazar ha subito risposto: la neutralità. Nicolas Franco ha immediatamente posto un'altra domanda. Vi è nell'alleanza anglo-britannica o in altro accordo esistente tra i due Paesi alcun impegno che si opponga a tale neutralità? Salazar ha risposto negativamente.

156 1 T. 4976/131 R. del 26 settembre. Ritèriva in modo più sintetico sullo stesso argomento qui trattato.

Nicolas Franco ha precisato ancora: esiste alcun abbligo in base all'alleanza od altro che impegna il Portogallo di consentire lo stabilimento di basi navali britanniche in territorio portoghese nel caso in cui l'Inghilterra sia impegnata in un conflitto? Dopo un momento di esitazione Salazar ha risposto: giuridicamente nessuno.

In seguito, Salazar e Nicolas Franco sono passati ad esaminare i vari casi di neutralità che potrebbero presentarsi per la Spagna e specialmente per il Portogallo. L'esposizione di questa parte della conversazione fattami da Franco era assai meno chiara e precisa che non la prima. Anche in base alle domande da me rivoltegli, appare che la previsione sostanziale cui entrambi sono arrivati è quella della neutralità reciproca dei due Paesi in ogni caso, anche in quello estremo in cui il Portogallo dovesse effettivamente lasciar occupare basi in suo territorio da parte degli inglesi. È anche da rilevare che tale concetto di neutralità reciproca appariva collegato all'altro della garanzia della frontiera.

In seguito, Nicolas Franco è passato ad esaminare la situazione interna del Portogallo in quanto fattore di primaria importanza, sia attualmente nei riguardi della Spagna Nazionale, sia e maggiormente in caso di conflitto. È stato ripetutamente detto in questi giorni, come ho anch'io riferito nei precedenti rapporti, che la prima cosa che l'Inghilterra farebbe in caso di conflitto sarebbe di rovesciare Salazar per istaurare un governo più ligio ai suoi interessi. Nicolas Franco mi ha detto di aver esaminato la situazione specialmente in conversazioni con il capo della Polizia portoghese, capitano Lorenço, con cui è in ottime relazioni. Il capo della Polizia non ha nascosto i ben noti punti deboli e le incertezze della situazione. È tuttavia d'opinione che il proposito dell'Inghilterra non sarebbe di così facile attuazione e giudica in generale che la situazione di Salazar è più solida di quanto non appaia. Ha anche detto che, dopo l'azione della missione militare britannica in connivenza con i militari implicati nell'ultimo complotto2 (azione di cui ha riaffermato esatti particolari), gli intrighi diretti degli inglesi in Portogallo sono cessati. L'Inghilterra cerca ora di agire indirettamente, e maggiormente cercherà in caso di conflitto, sugli elementi locali anglofili, o comunque ostili al regime Carmona-Salazar. Sin qui quanto Nicolas Franco mi ha detto.

Uno dei punti più importanti della sua esposizione è evidentemente la neutralità portoghese in caso di conflitto, affermata da Salazar. Che questa tendenza già segnalata e di cui va crescendo l'intensità sia confermata dallo stesso Presidente del Consiglio portoghese è fattore che non ha bisogno di essere sottolineato. Ma la realtà della situazione è caratterizzata dall'esitazione di Salazar nel rispondere alla terza domanda e dalle parole stesse che ha adoperato per rispondere. Nessuno è meglio di lui in grado di sapere da quali obblighi giuridici il Portogallo è vincolato verso l'alleata e nella scelta della parola «giuridicamente» vi è tutto Salazar. Ma gli argomenti diplomatico-giuridici di cui Salazar si è così sottilmente e, occorre riconoscerlo, anche così egregiamente servito durante il dissenso con l'Inghilterra per la questione di Spagna, a che cosa gli servirebbero in caso di guerra? Ecco perché anche tutte le elucubrazio

!56 2 Si riferisce al complotto militare sventato dal governo portoghese nell'aprile precedente. Il ministro Mameli nel dame notizia aveva sottolineato che la missione militare britannica allora in Portogallo aveva «ricevuto un colpo non indifferente» perché i capi dei congiurati erano notoriamente anglofili e alcuni di essi avevano intrattenuto stretti rapporti con la missione ( T. per corriere 2524/073 R. del 29 aprile; telespressi 816/411 dell'8 maggio e 837/427 del IO maggio).

ni di Salazar e Franco sui casi in cui potrà avvenire la neutralità, sono poco aderenti alla realtà per ciò che concerne il Portogallo. Si può scarsamente credere che in caso di conflitto in cui fosse impegnata, l'Inghilterra rinuncerebbe a basi d'operazione, particolarmente navali in territorio portoghese, e che esiterebbe ad impadronirsene anche con la forza se trovasse resistenza.

Come ho già avuto l'onore di rifèrire, mi sembra che di questo proposito di neutralità noi dobbiamo tener massimo conto per incoraggiarlo e sfruttarlo nel nostro interesse in ogni modo possibile, anche se non possiamo farci soverchie illusioni sulle possibilità portoghesi in tal senso.

Le trattative per la garanzia reciproca della frontiera appaiono non meno interessanti. Nicolas Franco mi ha detto che il suo scopo era anche di rafforzare la situazione di Salazar che con la frontiera garantita potrebbe meglio resistere alle pressioni inglesi. A parte il fatto che, dati i suoi precedenti, questo zelo antinglese di Nicolas Franco appare di data piuttosto recente, l'argomento è tutt'altro che convincente. Anzi, da tutto quello che sappiamo, la resistenza di Salazar alle pretese inglesi in fatto di accordi militari (missione militare britannica) si è sempre basato sulle divergenze di vedute circa l'organizzazione militare del Paese. Gli inglesi pensano solo alle basi navali. Salazar vuole l'organizzazione completa, ivi compresa la difèsa delle frontiere terrestri. Il giorno in cui tali frontiere fossero garantite gli mancherebbe il principale argomento di resistenza alle pretese inglesi per le basi navali, pretese in cui teme una intromissione straniera, per quanto di alleati, in materia che giudica debba rimanere di gelosa pertinenza portoghese. Non solo, ma gli mancherebbe o sarebbero grandemente indeboliti i motivi che ha proclamato nell'annunciare e nel sostenere il programma di armamenti, che gli sono necessari tanto per un minimo di sicurezza esterna quanto per fàr fronte alle più che probabili evenienze che può presentare la situazione interna.

A parte ogni questione di forma, credo che le trattative per la garanzia della frontiera debbano attirare il nostro interesse specie in quanto sono legate al concetto di neutralità. A mia precisa domanda, Nicolas Franco ha risposto di ritenere che in caso di conflitto localizzato all'Europa Centrale la Spagna Nazionale rimarrebbe neutrale ma che ciò non potrebbe verificarsi nel caso in cui il conflitto si estendesse al Mediterraneo. Ho l'impressione che questa seconda parte gli fosse ispirata soltanto del fatto che parlava con me. Da altri indizi e da altre sue precedenti conversazioni, ad esempio con il R. Addetto Navale, vi è ragione di ritenere che l'idea vera di Nicolas Franco sia che la Spagna Nazionale dovrebbe rimanere neutrale in qualsiasi caso 3 . Ad ogni modo ha ristretto alla Spagna e Portogallo il concetto di neutralità. Anche in tale misura mi sembra che meriti ogni nostra attenzione per le conseguenze che potrebbe avere anche nei nostri riguardi in caso di conflitto. E ritengo che sarebbe di non poco interesse accetiare quanto vi sia di iniziativa personale di Nicolas Franco in tutto ciò e quanto egli abbia agito in base ad istruzioni del suo governo. Non sono neppure sicu

!56 3 A questo proposito, il ministro Mameii riferiva. il giorno successivo, di avere avuto conferma che, su ispirazione britannica, elementi spagnoli e portoghesi facenti capo ai duca di Maura, Gil Robies e Norton da Mata, si preparavano, in caso di conflitto, ad agire per portare la Spagna su una posizione di neutralità assoluta, ponendo termine alla guerra civile mediante un'intesa tra le due parti in lotta, e, in Portogallo, per tàr cadere il governo Saiazar (telespresso 1654/863 dei 27 settembre).

ro che la successione dei tempi riferitami da Franco delle sue conversazioni ~proposta per la garanzia di frontiera e precisazioni circa la neutralità~ sia esatta. Le due cose sembrano molto unite insieme.

Per ciò che concerne la situazione interna portoghese, le conclusioni del capo della Polizia mi sembrano non sempre aderenti alla realtà. Sono di oggi altre informazioni attendibili di nuove e gravi preoccupazioni del governo per l'attitudine dei soliti capi militari. Può essere che in momento di crisi la miglior parte del popolo portoghese sappia fondersi in disciplina nazionale e dia a Salazar la forza e i mezzi che attualmente gli mancano. Oggi la situazione è incerta e piena di incognite e ancor maggiomente lo sarebbe in caso di conflitto.

È interessante la conferma di Nicolas Franco dei suoi rapporti ~già conosciuti e segnalati ~con il capo della Polizia portoghese. Dati i precedenti dei due uomini è appena necessario sottolineare che tali relazioni aumentano la diffidenza verso entrambi. È per esempio sintomatico che il capo della Polizia sia andato a raccontare proprio a Nicolas Franco alcuni particolari di gelosa riservatezza della parte presa dalla missione militare britannica ali 'ultimo complotto militare contro Salazar. Ed infine l'affermazione che la pressione e gli intrighi britannici siano diminuiti da qualche tempo in Portogallo è ben lontana dalla realtà. Caso mai sono aumentati.

Nicolas Franco è partito oggi in aeroplano per Burgos.

155 1 Per il seguito della questione si veda il D. 166.

157

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3995/1590. Mosca, 26 settembre 1938 (per. il 3 ottobre).

Mio telegramma n. 83 del 24 corrente 1•

Il passo compiuto il 23 corrente dal governo sovietico presso quello polacco 2 è stato reso di pubblica ragione da questa stampa, unitamente alla risposta di Varsavia, soltanto stamane. Il Vice Commissario Potemkin si era però affrettato a darne conoscenza a questo mio collega di Francia, il quale mi aveva cortesemente informato della cosa la sera stessa del 23. Mi astenni tuttavia dal segnalarlo a V.E. perché mi risultava che le agenzie telegrafiche avevano già diramato la notizia all'estero.

Secondo una nota della Tass pubblicata dai giornali odierni, la comunicazione fatta la mattina del 23 corr. all'incaricato d'affari di Polonia dal signor Potemkin (comunicazione verbale accompagnata dalla consegna di un semplice appunto scritto) era formulata nei seguenti termini:

157 2 Vedi D. 121, nota l.

«Il governo dell'U.R.S.S. ha ricevuto notizie da diverse fonti secondo le quali truppe del governo polacco vengono concentrate ai confini della Polonia e della Cecoslovacchia, e si preparano a passare la frontiera per occupare parte del territorio cecoslovacco. Nonostante la larga pubblicità ed il carattere allarmante di queste notizie il governo polacco si è finora astenuto dallo smentirle. Il governo deii'U .R.S.S. si attende che tale smentita venga data immediatamente. Pel caso però che la smentita non avesse luogo e che, confermando le notizie di cui sopra, truppe polacche passassero effettivamente il confine della Cecoslovacchia e ne occupassero il territorio, il governo dell'U.R.S.S. crede necessario e tempestivo avvertire il governo della Repubblica polacca che in base all'art. 2 del Patto di non aggressione, concluso fra l'U.R.S.S. e la Polonia il 25 luglio 1932 il governo dell'U.R.S.S., in seguito all'atto di aggressione compiuto dalla Polonia, sarebbe costretto a denunciare, senza preavviso, il suddetto trattato».

La nota Tass riferisce anche la risposta data dal governo polacco la stessa giornata del 23 corr. nei seguenti termini:

«I) Le misure prese in relazione alla difesa dello Stato polacco dipendono esclusivamente dal governo della Repubblica polacca, il quale non è obbligato a dare spiegazioni a chicchessia.

2) Il governo della Repubblica polacca conosce esattamente i testi dei trattati da esso conclusi».

Questo incaricato d'affari di Polonia mi ha informato però che il resoconto sovietico ha omesso di riferire un terzo punto della risposta polacca, quello cioè in cui il governo di Polonia ha fatto presente che nessun concentramento o movimento di truppe è avvenuto alla frontiera dell'U.R.S.S.

I giornali odierni commentano brevemente la risposta polacca accusandone il cinismo e l'arroganza ed osservando con ironia che essa ha sollevato entusiasmo in Germania. La Jzvestia osserva poi che il governo polacco ha attribuito un carattere difensivo alle proprie misure militari ma che soltanto l'avvenire dirà se il concetto di difesa è interpretato in Polonia «nel suo senso onesto oppure alla giapponese».

Per ora la polemica si è limitata a queste poche battute e si ha l'impressione che con ciò la stampa sovietica abbia esaurito l'argomento.

Circa le ragioni determinanti e gli scopi della mossa sovietica, le conversazioni avute e le impressioni raccolte in questi ultimi due giorni mi hanno confermato n eli' opinione che ho già espresso a V. E. col mio telegramma n. 83 del 24 corrente.

È per me evidente ch_e il governo dell'U.R.S.S., rendendosi conto che ragioni di prestigio gli imponevano oramai di uscire dal suo silenzio, ha scelto il momento in cui l'opinione pubblica in Francia ed Inghilterra mostrava di reagire vivacemente contro il sacrificio imposto alla Cecoslovacchia, per proclamare pubblicamente (coi discorsi di Litvinov 3 a Ginevra e la comunicazione di Potemkin alla Polonia) che per conto suo l'U.R.S.S. si tiene pronta ad eseguire i propri impegni di assistenza verso l'aggredito.

Con ciò il governo di Mosca si è indubbiamente proposto come scopo principale di incoraggiare la resistenza di Praga ed al tempo stesso di indebolire la posizione di Chamberlain e di Daladier.

Naturalmente la sua mossa ha voluto anche essere un ammonimento ed una minaccia diretta nei riguardi della Polonia, ma ciò malgrado non credo che l'U.R.S.S. si proponga realmente di partecipare a fondo in un conflitto europeo che eventualmente sorgesse dalla crisi cecoslovacca. Rimango cioè del parere espresso nel mio telespresso n. 3935/1569 del 22 settembre4 e cioè che, specialmente in una prima fase di tale conflitto, i dirigenti del Cremlino cercherebbero di limitare il proprio intervento armato ed i relativi rischi al minimo imposto dalla situazione.

157 1 Vedi D. 130.

157 3 Vedi D. 110, nota 3.

158

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE

T. 768/92 R. Roma, 27 settembre 1938, ore 3.

Vostro n. 167 1•

Nostro punto di vista e nostro atteggiamento in relazione questione ceca sono chiari. Noi concordiamo cioè in pieno nell'assoluta inaccettabilità di qualsiasi discriminazione nei confronti delle minoranze polacche ed ungheresi. Ungheria tuttavia a differenza della Polonia, non può non tener conto dei patti alleanza che uniscono a Praga Belgrado e Bucarest. Tale diversa situazione consiglia a governo ungherese di mantenere calma, di non prendere iniziative intempestive e di muoversi per ultimo. Un attacco ungherese potrebbe ancora far giocare accordi Piccola Intesa, mentre è pacifico che se tale attacco seguirà un'iniziativa militare tedesca o polacca (la Polonia è per di più alleata di uno dei membri della Piccola Intesa), non si avrà reazione alcuna.

Quanto precede per vostra norma di linguaggio in relazione ultima parte telegramma surriferito.

159

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 4989/686 R. Londra, 27 settembre 1938, ore 11.

Situazione, dopo pausa di calma relativa di avantieri è andata sempre più irrigidendosi. Alternativa di delusioni e di speranze che ha caratterizzato successione avvenimenti ultima settimana, ha dato luogo, nella giornata di ieri, alla convinzione generale che la guerra è ormai difficilmente evitabile.

158 1 Vedi D. 116.

Da ieri mattina, infatti, capitale britannica vive nel l 'atmosfera particolare del conflitto imminente. Stato d'animo popolare è esattamente quello da me descritto nel mio rapporto n. 4672 del l Osettembre 1• Sforzi personali di Chamberlain per evitare catastrofe sono seguiti tuttora con generale simpatia ma con scarsa fiducia.

Riunione di stanotte del Consiglio della Corona, presieduto personalmente dal Sovrano, ha dato nel pubblico britannico conferma gravità situazione. Dimostrazioni disordinate dei partiti d'opposizione davanti a Downing Street sono cessate.

Stanotte è cominciata la distribuzione delle maschere antigas prevista dalle misure eccezionali, e durante la notte sono state triplicate squadre operai che scavano trincee e rifugi antigas in tutti i parchi di Londra.

Notizia che partiti di opposizione sarebbero pronti entrare in un ministero di coalizione nazionale presieduto da Chamberlain è stata accolta stamane come un avvenimento naturale. L'aspettativa ansiosa per la discussione di domani ai Comuni ha dato luogo ad un sentimento di calma disciplinata come se il pubblico avesse già ascoltato risultati di questa riunione parlamentare.

Dichiarazioni fatte da Chamberlain stamane alle ore l ,30 2 dopo discorso del Fiihrer a Berlino 3 sono considerate in questi circoli politici come estremo tentativo per trovare ali 'ultima ora una soluzione. Discorso del Duce di Verona4 riprodotto a grandi caratteri nelle edizioni serali è stato stamane ripreso da tutti i giornali che lo pubblicano per esteso e con grande risalto al posto centrale insieme al discorso del Fiihrer e alle dichiarazioni di Chamberlain.

Questo lo stato d'animo di Londra stamane; informazioni identiche mi pervengono dai nostri uffici consolari delle province.

157 4 Vedi D. 110.

160

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 4995/3 R. Parigi. 27 settembre 1938, ore 13,15 (pe1: ore 14).

Reazione predominante stamane a discorso Fiihrer 1 è che i negozmt1 possono continuare e che contatti non sono rotti. Situazione resta comunque confusa ed incerta. In ambienti autorevoli si va diffondendo convinzione che soltanto azione persona

!59 1 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 508.

!59 2 Chamberlain aveva dichiarato, a nome del governo britannico, che le promesse per risolvere il problema dei sudeti erano state fatte alla Francia e alla Gran Bretagna, le quali si ritenevano moralmente responsabili che quelle promesse sarebbero state mantenute ed erano «disposte a garantire che sarebbero state eseguite con ogni ragionevole prontezza, purché il governo tedesco accetti che la definizione dei termini e delle condizioni di trasferimento sia raggiunta mediante la discussione e non per mezzo della forza» (il testo della dichiarazione è in Relazioni Interna::ionali, p. 675).

!59 4 Vedi D. 150, nota l.

le mediatrice del Duce può costituire elemento risolutivo. Si assicura che Consiglio dei Ministri riunito stamane non procederebbe per il momento ancora a convocazione Camere, che hanno in sostanza ultima parola.

È attesa con ansia risposta Fuhrer a messaggio Chamberlain 2 . Per il momento non è annunciata nessuna nuova misura militare.

159 3 Vedi D. 147, nota l.

160 1 Pronunciato il giorno precedente allo Sportpalast di Berlino. Vedi D. 147, nota l.

161

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. URGENTE 4998/423 R. Berlino. 27 settembre 1938, ore 13,56 (per. ore 14,35).

Ho veduto ambasciatore di Polonia. Egli non comprende l'ultimatum del 28 1 , il cui solo effetto può essere e sarà quello di rendere inevitabile una guerra e ciò in una situazione i cui elementi obiettivi e già acquisiti indicano invece-secondo lui-una sicura possibilità d'intesa pacifica.

Ho compreso che, specie dopo l'accenno contenuto nel comunicato del ministero degli Affari Esteri di ieri sera 2 alla cooperazione sovietica, Varsavia è seriamente preoccupata delle conseguenze di un allargamento del conflitto, che possa investire anche la Polonia.

Il governo polacco è rimasto molto sorpreso delle dichiarazioni di solidarietà fatte a Praga da Bucarest e Belgrado.

162

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELEFONO 4996/422 R. Berlino, 27 settembre 1938, ore 14.

Mio telegramma n. 419 1•

161 1 Vedi D. 152. 161 2 Vedi D. 154. 162 1 Vedi D. 147.

Bisogna riconoscere che tutta la situazione non è ancora completamente disperata e la pace può essere ancora salvata.

Discorso iersera del Fuhrer2 è stato in fondo molto efficace ed equilibrato. Vi si parla del primo ottobre e non del 28 settembre. Mentre memorandum Godesberg3 nulla conteneva sulla «garanzia» richiesta da Cecoslovacchia, nel discorso fa comprendere di essere-a ragionevoli condizioni-pronto a darla.

Se però, poco quindi si lascia tempo alla ondata sollevata in quest'ultime 48 ore contro la Germania, di ritluire e se di qua si evita di dare impressione di voler la guerra a qualunque costo, Germania tornerà trovarsi nuovamente e prestissimo, in una situazione diplomatica di vantaggio e, garanti (altro fatto nuovo contenuto nelle dichiarazioni Chamberlain di stamane 4) Inghilterra e Francia, potrà avere tutto quello che vuole pacificamente.

Potrà pregiudicare, e in modo che potrà alla prova rivelarsi irrimediabile e fatale l'ultimatum fissato per il 28. Ripeto che l'inizio operazioni belliche domani non sarebbe, dal mondo intero, capito e anzi verrebbe assunto a prova che la Germania cerca la guerra ad ogni costo. In questo caso una guerra generale -richiedente l'inutile sacrificio di milioni e milioni di uomini -diventa inevitabile.

Il guadagno per le negoziazioni degli ancora pochissimi giorni che ci separano dal lo ottobre significa praticamente salvare la causa della pace e secondo la parola del Duce permette il sorgere della nuova Europa, dell'Europa della giustizia per tutti e della riconciliazione fra i popoli.

160 2 Vedi D. 152.

163

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL COMANDANTE DEL C.T.V., BERTI

T. UFF. SPAGNA SEGRETO 2425 1 . Roma, 27 settembre 1938, ore 14 (pe1: ore 14,30).

Sospendere fino a nuovo ordine rimpatrio l 0.000 data situazione generale europea.

162 3 Vedi D. l 05, nota l, sub 6. 162 4 Vedi D. 159, nota 2. 163 1 Minuta autografa.

162 2 Vedi D. 147, nota l.

164

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTISSIMO 5013/425 R. Berlino, 27 settembre 1938, ore 19,12 (per. ore 19,45).

Cancelliere ha visto sir Orazio Wilson ancora una volta stamane 1•

Ribbentrop ha impressione che, persuaso che da questa parte non vi sia più nulla da fare, Wilson persuaderà governo inglese a premere ancora una volta o definitivamente su Praga. Se poi questa sarà sorda alla voce ultima della ragione, Ribbentrop sembra fiducioso che l'Inghilterra farà ancora del tutto per impedire estensione conflitto. Comunque, giornata di domani sarà per la situazione decisiva.

165

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5043/146 R., 5031/147 R., Praga, 27 settembre 1938, ore 21,10 5044/148 R. e 5053/149 R. (per. ore II, IO del 28).

Ho avuto questo pomeriggio un colloquio con Krofta che, nell'abbattimento, pur dimostra ferma determinazione all'estrema resistenza.

Fra le proposte anglo-francesi 1 e memorandum Godesberg2 vi è, egli dice, enorme divergenza. Contrariamente a quelle proposte, Hitler vorrebbe ora annettersi distretti cechi per cui, economicamente e più ancora militarmente, la Cecoslovacchia cadrebbe nelle mani della Germania. Hitler ha confuso, o giuocato, riferendosi proposte da noi accettate-continua Krofta-su limiti che a volte denotano distretti giudiziari o amministrativi.

Egli non esclude che su ciò possa intervenire un chiarimento; ma nel modo più categorico Krofta afferma che governo Praga non accetterà mai condizioni tali per la forma e per il termine di tempo richiesti.

Dopo aver accennato all'opposizione delle stesse Forze Armate che si trovano nella zona, egli ha detto che, a parte le difficoltà, i danni di vario genere per la Nazione sarebbero superiori a qualsiasi altro sacrificio. Praga su questo non cede ed ha commentato affermando che anche il suicidio in certe condizioni s'impone.

Nuovi sforzi di Chamberlain si eserciteranno su Hitler (missione Wilson 3 ed altre) perché Inghilterra e Francia sono d'accordo nel riconoscere, e l'hanno esplicitamente dichiarato al governo di Praga, che la Cecoslovacchia non può andare oltre le concessioni già fatte.

Londra e Parigi garantiscono l'osservanza delle proposte anglo-francesi a Hitler ma anche a noi, dice Krofta, in quanto che, per quel che ci concerne, sono convinto che noi non possiamo andare più in là.

In lui e nel governo vi è la ferma certezza che se Germania, in queste condizioni, varca la frontiera cecoslovacca il primo ottobre, sarà la guerra e Francia, Russia e Inghilterra saranno con la Cecoslovacchia.

Quando mi ha parlato delle minacce militari che costituirebbero i nuovi confini indicati da Hitler, gli ho chiesto se nel memorandum di Godesberg non vi fosse parola di garanzia tedesca al riguardo.

Mi ha risposto che accenno era quanto mai vago e ne ho approfittato per ricordargli in conseguenza che la situazione della Cecoslovacchia avrebbe sempre costituito una grave preoccupazione finché anche le altre questioni nazionalitarie non fossero state risolte. Ha ammesso questo, dichiarando che ci sarà modo di risolverle ma senza parlare di smembramento della Cecoslovacchia.

Ho insistito per presentargli l'opportunità e la necessità per la Cecoslovacchia di creare fin da ora una situazione netta ed esente da altri pericoli.

Ma io sono convinto che nell'attuale momento questo governo gioca in pieno ed esclusivamente la carta con Berlino. Cerca di tenere a bada come può la Polonia, si preoccupa meno dell'Ungheria, contando sul trattato Piccola Intesa, ma in fondo Praga pensa che o risolve la questione tedesca nelle lince delle proposte franco-inglesi, ed allora nulla è seriamente compromesso di fronte alle altre nazionalità e potrà trattarle poi con maggiore respiro ed approfittando del conseguente stato altrui, oppure la soluzione pacifica con Berlino non verrà ed allora la guerra farà le spese di tutti, poiché cedere su Godesberg varrebbe cadere, dicono qui, in una situazione che difficilmente permetterebbe difesa contro gli altri. Sarebbe un po' il gioco del tutto per tutto.

Ha poi modulato, Krofta, la voce lamentevole per la condotta dell'Italia. «Non ce l'aspettavamo!». Ed ho allora io espresso a Krofta la mia sorpresa per la cosiddetta sua sorpresa. Secondo lui la dichiarazione del Duce «del posto già scelto» 4 ha incoraggiato la Germania e spinto alla soluzione di forza.

Ho risposto: a) che l'Italia voglia la pace non vi è nessuno che non lo riconosca (almeno fuori di Praga); lo ha dimostrato luminosamente e la gente di buona fede non può che esserne convinta;

b) che in questa occasione il Duce ha dato largo ed alto contributo perché il problema ed il male venissero bene identificati e quindi il rimedio fosse sano e duraturo. In nessun caso necessario rimedio preso di buon grado tornerebbe a svantaggio: costituirebbe il vero bene inteso interesse della nazione ceca e sarebbe anche a favore dell'Europa. L'uno e l'altro aspetto l'Italia non può, non vuole trascurare;

165 4 Nel discorso di Trieste del 18 settembre (vedi D. 70, nota l).

c) nella dannata ipotesi di conflitto generale, per le condizioni in cui esso sorgerebbe, per i fini che potrebbe avere e nascondere, l'Italia fascista «ha scelto il suo posto» che è consigliato dai suoi interessi, che è indicato da una politica aperta e rettilinea, a conoscenza di tutti. Attacchiamo o ci difendiamo? Provocati o provocatori?

Il governo di Praga deve ormai essere, e avrebbe dovuto però esserlo da tempo, ben fisso su certe verità.

Il sig. Krofta ha dondolato il grosso capo pesante di pensiero e di preoccupazione.

Concludo ripetendo. Stasera a Praga le probabilità di un conflitto si vedono estremamente alte, minime quelle di una soluzione pacifica che non si vuole ammettere al di là delle proposte franco-inglesi come i cechi le intendono; si è sicurissimi dell'appoggio franco-anglo-russo; si è certi, quindi, che il conflitto non rimarrebbe localizzato. Per chiudere il quadro rilevo che è sorta ora qui anche la nota della perplessità di Hitler di fronte alla coalizione pro-Praga, del pericolo comunista in Germania, ecc., ecc.

164 1 Su questo secondo colloquio di Hitler con Sir Horace Wilson si veda DDT, vol. Il, D. 634 e BD, vol. II, D. 1129.

165 1 Vedi D. 73, nota 3.

165 2 Vedi D. 105, nota l, suh 6.

165 1 Vedi DD. !52 e 164, nota l.

166

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. URGENTISSIMO 5023/427 R. Berlino, 27 settembre 1938 ore 22,02 (per. ore 23).

Mio telegramma per corriere n. Ol 72 del 26 corrente 1• Date intenzioni del governo Franco, che qui non si intenderebbe contraddire, risposta governo tedesco sarebbe seguente:

l) si proporrebbe, salvo nostre obiezioni, di ritirare dalla Spagna la Condor;

2) nel caso Italia lo desideri, la Condor potrebbe trasferirsi con totalità apparecchi, artiglieria contraerea e buona parte personale alle Baleari, per agire secondo desiderio italiano oppure;

3) lasciando alle Baleari soltanto pezzi di artiglieria antiaerea da 88 e cannoni marina da 20 con relativi serventi. In questo caso si gradirebbe sapere se l'Italia potrebbe fornire mezzi navali per trasportare circa 4000 uomini e 36 caccia.

4) nel caso accettazione proposta, si gradirà conoscere se Italia permetterà che n eli' eventualità conflitto con Francia la Condor effettui azioni contro la Francia.

Prego sollecita risposta 2•

166 1 Vedi D. 155.

166 2 Non è stata trovata una risposta da Roma. È peraltro probabile che una risposta non sia stata data perché il susseguirsi degli avvenimenti rendeva superato il problema.

167

IL CONSOLE GENERALE A GINEVRA, BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5090/177 R. Ginevra, 27 settembre 1938 (per. il 29).

Qui si afferma, negli ambienti della delegazione francese, che se la Germania passerà la frontiera cecoslovacca, il Consiglio della Società delle Nazioni, per accordi intervenuti tra Parigi, Londra e Mosca, sarà immediatamente convocato a Parigi.

Lo scopo di tale convocazione è evidente: ottenere l'immediata constatazione che la Germania è Stato aggressore e ripromettersi con tale dichiarazione un'azione di carattere morale presso i neutri e soprattutto presso l'opinione pubblica degli Stati Uniti.

A Ginevra naturalmente si dà per certo che, qualora scoppi un conflitto, gli Stati Uniti finiranno con l'intervenire e ciò non solo perché le forti correnti giudaico-massoniche dell'America del Nord avranno poco per volta ragione degli isolazionisti ma anche perché-a quanto si afferma qui -gli Stati Uniti non potranno in nessun caso permettere che l'Inghilterra venga battuta. Tutto l'equilibrio del Pacifico verrebbe scosso da una simile eventualità a solo vantaggio del Giappone.

Da buona fonte, infine, apprendo-ma comunico con la più grande riservache i piani dello Stato Maggiore francese prevedono in caso di conflagrazione europea un'offensiva decisa contro l'Italia in un primo tempo, offensiva che dovrebbe facilitare, in caso di successo, le operazioni ulteriori contro la Germania.

Sempre dalla stessa fonte, apprendo che i soviet avrebbero informato lo Stato Maggiore francese che essi concorrebbero in un primo tempo all'azione in difesa della Cecoslovacchia con 500 aeroplani da bombardamento e due corpi d'armata. Non è ben chiaro però da quale via passerebbero tali corpi d'armata. Tuttavia, facendo seguito a quanto comunicai con telegramma n. 165 1 informo che questo ministro di Ungheria2 mi ha dichiarato oggi che Comnen nei suoi colloqui con Litvinov e Bonnet si sarebbe lasciato trascinare a promesse c garanzie assai maggiori di quanto si creda. Quanto precede con ogni riserva.

168

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 27 settembre 1938.

L'Ambasciatore di Spagna ha avuto un telegramma dal suo Governo col quale lo si prega di vedere l'E.V. per fare la comunicazione che intanto Conde riassume come segue.

16 7 2 Laszl6 de Ve! ics.

Da informazioni degne di fede, confidenziali, al Governo spagnolo risulterebbe che la Francia subordinerebbe il proprio atteggiamento verso la Spagna nazionalista all'atteggiamento della Spagna nazionalista medesima. Preoccupandosi che la Spagna di Franco possa assumere un atteggiamento contrario alla Francia, le Autorità militari francesi hanno già preso delle misure in relazione. Il Governo francese ha tuttavia fatto comprendere che, ove Franco dia assicurazioni che rimarrà in un atteggiamento di neutralità nei riguardi della Francia, la Francia si obbligherebbe a rispettare assolutamente la Spagna nazionalista.

In questa situazione, il Governo spagnolo desidera anzitutto informare l'E. V. al fine di consultarsi sul da fare coi «suoi amici», ma specialmente con l'Italia di cui apprezza profondamente l'aiuto ricevuto e le prove di amicizia fornite. Esso finora non ha dato nessuna risposta, né la darà, se non dopo di aver conosciuto in proposito i l pensiero del R. Governo 1•

167 1 Vedi D. 44, nota l.

169

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI

TELESPR. SEGRETO 233525/34. Roma, 27 settembre 1938 1

Telegr. di cod. R. Legazione n. 71 del 25 maggio 1938 2 . Il 17-18 settembre u.s. ha transitato per Roma in forma privata il Sottosegretario agli Esteri di codesto Governo, Fuad Hamza. Nei contatti avuti presso questo R. Ministero il predetto ha parlato dell'Accordo italo-inglese dell'aprile scorso per la parte che riguarda il Mar Rosso.

Premesso che manca dalla Saudia da oltre cinque mesi e che parlava a titolo personale, Fuad Hamza ha detto che l'Accordo stesso aveva destato una certa perplessità negli ambienti arabi. Tra l'Italia e la Saudia, e tra l'Inghilterra e la Saudia, egli ha detto, esistono già due Accordi d'amicizia. Poteva bastare attenersi a questi accordi. Le nuove stipulazioni, pur garantendo l'indipendenza e l'integrità del Regno arabosaudiano, e appunto per questo fatto, venivano in un certo senso a rappresentare un intervento italiano e inglese in Arabia. Come oggi Italia e Inghilterra si erano messe d'accordo per garantire l'indipendenza e la integrità degli Stati Arabi del Mar Rosso, così in altra circostanza, data la molteplicità degli interessi che sia l'Italia che la Gran Bretagna hanno nel mondo, queste due Potenze potrebbero mettersi d'accordo per fare di tale indipendenza e integrità materia di scambio.

È stato risposto alle osservazioni del Signor Fuad Hamza, confermando che i principi a cui l'Italia si è ispirata nella conclusione dell'Accordo sono quelli stessi che l'Italia ha portato e porta di fronte a tutto il mondo musulmano ed arabo, e particolarmente ai due Stati arabi del Mar Rosso, e cioè a sentimenti di viva simpatia e di amicizia. L'interesse della Saudia e dell'Italia sono identici nel non volere alcuna intromissione altrui sulla sponda orientale del Mar Rosso.

Questo è stato lo scopo che l'Italia ha avuto in mente nel concludere l'Accordo dello scorso aprile. Quanto alla preoccupazione manifestata da Fuad Hamza che l'indipendenza e l'integrità della Saudia possano formare materia di scambio, è stato osservato, a parte ogni altra considerazione, che si tratta per l'Italia di interessi essenziali che non ammettono possibilità del genere, ed è stato in proposito accennato alla politica fascista di fronte non solo alla Saudia, ma a tutto il mondo arabo.

Tanto si comunica riservatamente per Vostra opportuna conoscenza e norma eventuale.

Codesta R. Legazione si era già fatta eco delle preoccupazioni manifestate dal Signor Fuad Hamza e allo scopo di permetterVi di tranquillizzare opportunamente al riguardo codesti ambienti arabi, questo R. Ministero aveva allora provveduto a fornire dettagliate informazioni e argomenti circa la nostra azione politica nel Levante in genere e in particolare circa i principi cui si era ispirato il nostro atteggiamento nel corso delle trattative italo-inglesi per quanto più direttamente interessa codesto Paese.

Giusta quanto da Voi comunicato coi telegrammi n. 59 e n. 61 3 , sembra che le preoccupazioni suaccennate dovrebbero ora ritenersi, almeno per quanto riguarda codesti ambienti saudiani, superate, Fuad Hamza ha del resto osservato che mancava da cinque mesi e che parlava a titolo personale. Comunque questo R. Ministero gradirà ricevere ogni eventuale informazione o notizia al riguardo; ma la questione non dovrà essere più risollevata costì di nostra iniziativa.

168 1 L'indignata reazione di Ciano per il «tradimento» di Franco-«Che schifo! 1 nostri morti in Spagna devono trasalire nelle loro bare» -è registrata nel suo Diario alla data del 26 settembre e in un telegramma dell'ambasciatore von Mackensen in DDT, vol. Il, D. 641.

169 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 169 2 T. 2959/71 R. del 25 maggio. Comunicava che il sottosegretario agli Affari Esteri dell'Arabia Saudita, Fuad Hamza, aveva fatto sapere che si sarebbe recato in Italia in luglio.

170

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5034/135 R. Belgrado, 28 settembre 1938, ore 0,15 (per. ore 0,30).

È vivissima l'attività partiti opposizione che approfittano circostanze per ben meritare dei loro finanziatori esteri e soprattutto per compiere nuovi attacchi contro Stojadinovié mobilitando anche gioventù comunista.

Timore reverenziale delle masse popolari nei riguardi della Germania si va trasformando in reazioni nei confronti minaccia ungherese contro Cecoslovacchia 1•

In questi stessi ambienti ungheresi si comincia a temere che eventuale azione magi ara possa avere ripercussioni determinanti sulla disposizione jugoslava nelle presenti circostanze.

Stojadinovié fa fronte energicamente a tale situazione.

Mi risulta che egli è riuscito a piegare non senza contrasto volontà di questo Stato Maggiore che intendeva procedere spiegamento di forze alla frontiera ungherese. Infatti, per il momento a tale frontiera non vengono segnalati che parziali rafforzamenti truppe di copertura. Nulla di nuovo al nostro confine.

Aspettativa generale è qui rivolta a Roma.

169 3 Non rintracciati.

171

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A TIRANA, JACOMONI

T. 77J/J35 R. 1 . Roma, 28 settembre 1938, ore 1,15.

Vostro 141 2 .

Comunicate a Libohova che apprezziamo vivamente quanto egli vi ha comunicato. Siamo certi che in qualunque evenienza Albania sarà lealmente al nostro fianco. Ma allo stato degli atti qualsiasi gesto pubblico potrebbe determinare inquietudini e sospetti che non intendiamo per nessuna ragione suscitare. Dispensate quindi Libohova dal compiere viaggio a Roma e fategli con garbo intendere che il miglior servizio che l'Albania può renderei in questo momento è quello di non fare in modo alcuno parlare di sé.

170 1 Sulle reazioni dell'opinione pubblica jugoslava di fronte alla crisi cecoslovacca riferivano in quei giorni i consolati a Spalato (telespresso 5281 del 29 settembre), a Sarajevo (telespresso 3588 del 3 ottobre) e a Lubiana (telespresso 541711440 del 5 ottobre da Belgrado) che tutti rilevavano la crescente avversione per le rivendicazioni tedesche ed il risveglio di sentimenti panslavisti in ogni ceto della popolazione.

171 1 Minuta autografa.

171 2 T. 49461141 R. del 26 settembre. Riferiva che, come gli era stato comunicato da Libohova, Re Zog aveva in animo di inviare a Roma il suo ministro degli Esteri per portare «l'assicurazione più ampia che l'Albania sarà accanto all'Italia in ogni circostanza e che il Paese è pronto a seguire qualsiasi nostra direttiva».

172

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTISSIMO 5033/188 R. Parigi, 28 settembre 1938, ore 1,15 (per. ore 3).

Annunzio dato stasera da Chamberlain 1 esaurimento azione mediatrice britannica produce impressione enorme. Situazione è giudicata gravissima.

Secondo tutte informazioni in mio possesso, possibilità non (dico non) intervento armato francese in caso di azione militare tedesca in Cecoslovacchia si vanno con rapidità assottigliando, qualora non intervenga fatto nuovo.

Saranno certamente fatti in queste ultime ore sforzi estremi per agganciare nuovi contatti. Ma nessuno ha in questo momento idee chiare e dei propositi precisi.

So che subito dopo discorso Chamberlain in questi ambienti parlamentari è stata espressa speranza che, cogliendo offerta Chamberlain terzo viaggio in Germania, Duce proponga Hitler immediato incontro a quattro a Berchtesgaden. Si aggiunge che soltanto iniziativa nuova e più vasta può fare acconsentire Filhrer allontanare, senza perdita prestigio, scadenza e termini categoricamente fissati e assicurare possibilità regolamento pacifico.

173

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5060/273 R. Washington, 28 settembre 1938, ore 1,35 (per. ore 10,30).

Stato opinione ufficiale e pubblica confusissimo. Veramente azzardato far previsioni.

Sempre presenti tendenze isolazioniste, mentre stato d'animo collettivo si sta certamente montando in senso antigermanico. Pubblicazione memorandum tedesco 1 ieri mattina, giudicato inaccettabile circa questioni già accettate, discorso Hitler 2 e

risposta Chamberlain3 consentono a propaganda già in atto di spostarsi da problema isolato sudeti a quello imperialismo razziale e aggressivo tedesco. Propaganda a cui partecipano in notevole misura radio si sviluppa su motivi guerra anno 1914.

Impossibile prevedere sorte ed applicazione atto neutralità; non da escludere sua inapplicazione. Con grande riserva si ammette che messaggio Presidente 4 potrebbe essere seguito da più diretto intervento mediatorio.

Mentre prime notizie notte segnalavano nostra accoglienza non sfavorevole, reazione odierna ha sorpreso. A Dipartimento di Stato si dice che mancata comunicazione all'Italia è partita solo da concetto !imitarne invio a Stati piccoli e grandi direttamente impegnati.

Segnalo anche ad ogni buon fine che in circoli ufficiali e di opinione specie dopo accenni Duce a possibile sistemazione generale europea, vi è l'aspettazione di una costante pressione italiana per una soluzione.

Continua intanto afflusso oro estero anche come base eventuali forniture e da stasera traffico passeggeri per Europa è completamente paralizzato.

172 1 Nel discorso alla radio del 27 settembre, Chamberlain aveva ricordato i suoi sforzi per risolvere pacificamente il problema dei sudeti, resi vani dall'«atteggiamento irragionevole» assunto da ultimo da Hitler e aveva aggiunto: «lo non rinuncerò alla speranza in una soluzione pacifica e non abbandonerò i miei sforzi per la pace fintanto che rimane ancora una possibilità di pace. Non esiterei a tornare una terza volta in Germania se pensassi che ciò può giovare a qualche cosa ma in questo momento sento di non poter fare più nulla di utile come mediatore» (il testo del discorso è in Relazioni Internazionali, p. 693).

173 1 Riferimento al memorandum consegnato da Hitler a Chamberlain il 23 settembre a Godesberg (vedi D. l 05, nota l, sub 6). 173 1 Del 26 settembre allo Sportpalast di Berlino, vedi D. 147, nota l.

174

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5045/151 R. Praga, 28 settembre 1938, ore 2,40 (per. ore 9, 15).

M io telegramma n. 141 1•

Stasera questo ministro Polonia 2 ha rimesso nota al Presidente Benes con la quale Varsavia chiede che venga immediatamente dichiarato da parte governo cecoslovacco quello che intende concedere alla Polonia e che dia immediatamente esecuzione alle concessioni.

Circa richiesta polacca (non indicata nella nota), mi risulterebbe che comprende distretti amministrativi di Teschen e di Fristatd ed alcuni comuni del distretto di Fridek (territori assegnati nel 1918 dal Consiglio Nazionale cecoslovacco alla Polonia).

Se così sarà (riferisco questo in via strettamente riservata), sembra che Polonia si asterrà con tutta probabilità dal conflitto; in caso contrario si riserverebbe di intervenire militarmente entro il l o ottobre, in relazione all'azione germanica.

Non accorderebbe in alcun caso garanzie per territorio cecoslovacco se non quando fosse anche regolata questione ungherese.

173 3 Discorso alla radio del 27 settembre. Vedi D. 172, nota l. 173 4 Riferimento al messaggio inviato il 26 settembre da Roosevelt a Hitler, Daladier, Chamberlain e Benes (testo in FRUS, 1938, vol. l, pp. 657-658).

174 1 T. 4960/141 R. del 26 settembre con cui il ministro Fransoni, nell'osservare che il governo cecoslovacco non aveva ancora dato risposta alla nota ungherese del 22 settembre mentre aveva risposto alla nota del governo polacco ammettendo la possibilità di una rettifica di frontiera tra i due Stati (si veda in proposito il D. 148), riferiva che, in un colloquio avvenuto tra il ministro di Polonia ed il suo collega ungherese, quest'ultimo aveva avanzato l'ipotesi, non contraddetta con la dovuta energia dal ministro polacco, che la Polonia «potesse essere indotta da varie considerazioni (minaccia russa, limitatezza del territorio polacco rivendicabile, sentimenti antigermanici delle popolazioni polacche) ad accordarsi con Praga», mettendo da parte la politica concertata tra Budapest e Praga seguita sino al quel momento.

174 2 Kazimierz Papée.

175

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5048/199 R. Budapest, 28 settembre 1938, ore 3,30 (per. ore 7).

Mio telegramma n. 198 1•

Vice ministro Affari Esteri mi ha detto che Andrié, parlando con ministro d'Ungheria a Belgrado, gli aveva detto che governo jugoslavo poteva comprendere che Ungheria, una volta risolta la questione dei sudeti, potesse reclamare lo stesso trattamento per i magiari di Cecoslovacchia, mentre non potevano essere giustificate le sue eventuali pretese su Slovacchia e Rutenia.

Ministro di Ungheria gli aveva dichiarato che quanto agli slovacchi ed ai ruteni il pensiero del governo ungherese era che esso dovesse decidere della loro sorte.

Andrié avrebbe poi proposto che Ungheria tàcesse una dichiarazione di rinunzia alle rivendicazioni territoriali verso Jugoslavia che avrebbe appoggiato rivendicazioni ungheresi in Cecoslovacchia.

Barone Apor mi ha detto che, pur essendo tale il pensiero del governo ungherese, non sarebbe possibile giustificare di fronte opinione pubblica una simile dichiarazione senza un'effettiva contropartita.

Sono state date assicurazioni al governo jugoslavo suggerendogli per valersene contro l'opposizione di pubblicare che Ungheria aveva ricontèrmato accordo di Bled2 obbligandosi al non ricorso alla forza ed intendendo proseguire nell'opera di riavvicinamento. Governo ungherese provvederebbe poi a darne rilievo nella stampa.

Ho potuto chiaramente comprendere che, quantunque di ciò non sia stato fatto cenno alcuno al governo di Belgrado, governo ungherese sarebbe disposto a fare la richiesta dichiarazione ma a condizione che governo jugoslavo dichiarasse di rimanere neutrale in qualsiasi eventualità: del resto, nel pensiero del governo ungherese il

175 2 Vedi D. 115, nota 3.

principio che stava alla base del patto anti-magiaro, inteso ad arrestare ogni aspirazione territoriale ungherese, sembra nei riguardi della Cecoslovacchia già compromesso dagli sviluppi della situazione.

175 1 Vedi D. 198, nota 4.

176

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 504 7/694 R. Londra, 28 settembre 1938, ore ll,l5.

Situazione stamane marca altro passo verso quello che ormai nei circoli politici concordemente viene definito precipitare degli avvenimenti.

L'annuncio dato stamane che Consiglio dei Ministri nella sua riunione di stanotte ha deciso per oggi la mobilitazione della flotta; la notizia che governo del Reich avrebbe anticipato di 48 ore i tempi previsti nel memorandum dei Flihrer 1 e da ultimo fallimento dell'azione Wilson a Berlino 2 hanno determinato in questa capitale la sensazione, ormai pressoché unanime, che soltanto un miracolo può arrestare in questi pochi giorni corso degli avvenimenti.

Alcuni passaggi contenuti nel messaggio di Chamberlain di ieri sera ai popoli dell'emisfero3 hanno dato sensazione che ancora si possa, all'ultimo momento, trovare qualche compromesso che impedisca conflitto o quanto meno che governo britannico non sia ancora al cento per cento deciso entrare in guerra, la quale potrebbe così essere circoscritta o limitata alle frontiere tedesco-cecoslovacche.

Non vi è dubbio che ancora sino a ieri sera vi erano nel Gabinetto membri che insistevano perchè Inghilterra assuma una posizione che indirizzi avvenimenti verso tale direzione. Comunicato ufficioso diramato ieri dal Foreign Office 4 il quale, per la prima volta, poneva davanti al pubblico britannico la solidarietà franco-russo-britannica come un tàtto compiuto, è stato all'ultimo momento contraddetto da affrettate istruzioni alla stampa date direttamente da Downing Street, nel senso di moderare crudezza comunicato del Foreign Office. Questa circostanza, della quale questi circoli politici e diplomatici sono venuti immediatamente a conoscenza, ha determinato ieri sera in molti un senso di speranza per quella che qui si continua a chiamare la soluzione dell'ultimissima ora.

Successivamente l'annunzio del fallimento della missione Wilson ha nuovamente modificato questa passeggera impressione. Mentre telegrafo folla comincia addensarsi vicinanze Parlamento Westminster, per la seduta di oggi ore 14,30. Telegratèrò nuovamente durante e dopo seduta.

176 2 Vedi ibid. e D. t64, nota l. 176' Vedi D. t72, nota t. 176 4 Vedi D. 154.

176 1 Vedi D. 152.

177

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 5058/s.N. R. Parigi, 28 settembre 1938, ore 13.

È venuto in questo momento da me ex ambasciatore Chambrun. Mi comunica avere missione autorizzato da presidente Consiglio Daladier e ministro Esteri Bonnet, recarsi presso Duce.

Chambrun chiede per conseguenza V. E. se Duce può accordargli udienza. In caso affermativo partirebbe questa sera. La risposta potrebbe pervenire prima delle ore 17 1•

178

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5065/154 R. Praga, 28 settembre 1938, ore 13,20 (per. ore 19).

Poco fa ministro d'Ungheria ha presentato replica alla risposta di cui al mio telegramma n. 142 1•

Governo ungherese si dichiara per la realizzazione pratica del diritto di tutte le nazionalità del Bacino danubiano all'autodecisione, come per la completa parità di diritti. Considera di conseguenza acte inamical ogni discriminazione relativa nazionalità ungherese e propone come migliore mezzo assicurare pace di regolare rivendicazioni ungheresi insieme con questione polacca.

Krofta, dopo aver preso atto comunicazione ha-in via privata-aggiunto considerare oggi impossibili negoziati su base sopraindicata, ciò significando completa trasformazione zona centro europea.

La cosa riguarderebbe anche altri Stati e soprattutto Jugoslavia e Romania che non sarebbero d'accordo tale cambiamento. Cecoslovacchia stessa non ha ragione iniziare tali negoziati 2•

sciata in Parigi che se il Govemo Francese ha da fare delle comunicazioni le faccia per via diplomatica».

governo, aveva precisato che il riferimento al diritto all'autodeterminazione delle nazionalità del Bacino danubiano, contenuto nella nota ungherese, non doveva intendersi riferito alle minoranze di tutti gli Stati della Piccola Intesa -come era stato interpretato da Krotìa -ma concerneva soltanto il caso della Cecoslovacchia (T. 5118/158 R. del 29 settembre).

177 1 Sul documento vi è questa annotazione dattiloscritta: «S.E. il Ministro ha telefonato alla R. Amba

178 1 Vedi D. 148, nota 3.

178 2 Il ministro Fransoni comunicava poco dopo che il ministro di Ungheria, d'ordine del suo

179

IL MINISTRO A TIRANA, JACOMONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5092/143 R. Tirana, 28 settembre 1938, ore 21,50 (per. ore 5,45 del 29).

Telegramma di questa legazione n. 139 1•

Ad ogni buon fine informo che questo ministro di Jugoslavia, successivamente alla conversazione avuta con questo ministro degli Affari Esteri, ha chiesto udienzad'ordine del suo governo-a Re Zog dal quale è stato ricevuto stamane.

Il signor Libohova è stato ufficiato da Jankovié di tàr sottoporre al Sovrano i seguenti quesiti: 0 ) Quale atteggiamento avrebbe assunto Albania in caso di conflitto cui partecipasse Italia;

2°) Quale atteggiamento avrebbe assunto Albania n eli' ipotesi che in relazione a tale conflitto Italia volesse sbarcare truppe in Albania. Il Re a questi due quesiti ha dato risposte analoghe a quelle di Libohova di cui al telegramma sopra indicato; e cioè che Albania non aveva ancora esaminato tali eventualità, sembrando ciò prematuro.

Il signor Libohova ha aggiunto che il Re non avrebbe risposto per non assumere un qualsiasi atteggiamento prima di aver ricevuto le direttive di V.E. Inoltre, nel colloquio col Sovrano, Jankovié ha particolarmente affermato che in caso di intervento dell'Ungheria, Jugoslavia interverrebbe subito contro di essa.

180

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 28 settembre 1938.

l. Il Ministro d'Ungheria ha informato che in una conversazione tra il Ministro d'Ungheria a Belgrado e il Signor Andrié, sostituto del Ministro degli Affari Esteri, quest'ultimo ha comunicato che Stojadinovié si preoccupava di possibili pretese dell'Ungheria sui territori slovacchi non abitati da ungheresi: che nel caso però in cui l'Ungheria limitasse le sue pretese alle regioni della Slovacchia abitate da ungheresi e

desse altresì assicurazioni che non ha nessuna aspirazione nei riguardi della Jugoslavia, egli Stojadinovié sarebbe disposto a consigliare al governo cecoslovacco di cedere all'Ungheria i territori della Slovacchia abitati da ungheresi.

2. A seguito di questa comunicazione, il governo ungherese (che di recente aveva comunicato a Belgrado che in caso di reciprocità considererebbe gli Accordi di Bled tra l 'Ungheria e la Jugoslavia, minoranze, ecc. come già entrati in vigore 1) ha incaricato il proprio ministro a Belgrado di comunicare al governo jugoslavo:

a) che l'Ungheria non ha alcuna rivendicazione nei confronti della Jugoslavia; b) che le sue pretese territoriali nei riguardi della Cecoslovacchia si limitano ai territori abitati da magiari; c) che per gli slovacchi e i ruteni, l'Ungheria reclama soltanto il diritto di autodecisione.

Il governo ungherese fa fare oggi stesso o domani questa dichiarazione dal proprio ministro a Belgrado.

3. -Per accrescere peso ed autorità a questa dichiarazione, il governo ungherese desidererebbe che VE. comunicasse al governo jugoslavo che l'Ungheria ha informato il governo italiano di aver fatto tale dichiarazione a Belgrado. 4. -Il governo ungherese prega che il contenuto della conversazione tra Andrié e il Ministro d'Ungheria a Belgrado sia considerato confidenziale, il governo italiano mostrandosi informato solo della dichiarazione che il governo ungherese fa a Belgrado2 .

179 1 Vedi D. 146.

181

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO UNGHERESE, IMRÉDY, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

LETTERA. Budapest. 28 settembre 1938.

Dans plusieurs discours que Vostre Excellence a prononcés au cours des derniers jours, Elle a bien voulu rappeler d'une façon chaleureuse et énergique l es revendications hongroises en rapport avec la réorganisation de la Tchécoslovaquie. Ces paroles ont créé des titres précieux à la reconnaissance de la nation hongroise. Le sentiment de reconnaissance, éprouvé par moi-mème aussi bien que par les membres de mon Gouvernement, est mème ravivé par l 'attitude amicale et active que Votre Excellence a bien voulu prendre concernant différents besoins de notre défense nationale.

180 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

Le fait de s'ètre intéressé aux conditions dans lesquelles la défense aérienne de notre capitale est assurée, m'encourage à m'adresser à Votre Excellence avec la prière de bien vouloir donner des instructions afin qu'un certain nombre d'unités d'avions de chasse soit dirigé sur Budapest, conformément aux pourparlers que la Mission militaire italienne a demièrement eus à Budapest 1• Sur l es suggestions de mes experts militaires, je me permets de proposer à certe intention l'emploi de huit escadrilles des forces aériennes d'Italie.

Quant à la question si ces avions doivent présenter !es insignes italiennes ou hongroises et quel serait l'uniforme à porter par les équipes, je m'en remets entièrement à Votre Excellence. Pour ce qui concerne l'emploi de ces unités, je me permets de traduire notre désir -qui paraìtra bien nature! à Votre Excellence -que ces avions soient placés sous le commandement des forces aériennes hongroises.

Pour autant que je ne reçoive un avis contraire de Votre Excellence, nous n'avons pas l'intention d'informer le public de la présence en Hongrie des forces italiennes.

Je profite de cette occasion pour attirer l'attention de Votre Excellence sur les efforts qui se manifestent en Roumanie et dernièrement en Yougoslavie et qui s'opposent au règlement du différend hungaro-tchécoslovaque. Je tiens à souligner que !es revendications hongroises aiguillées sur la Tchécoslovaquie et !es démarches que nous avons entreprises à Prague en vue de les faire valoir, ne sont nullement dirigées contre la Yougoslavie ou la Roumanie. Je serais extrèmement reconnaissant à Votre Excellence de vouloir bien informer, d'une façon qu'Elle jugera convenable, les Gouvernements yougoslave et roumain de cette attitude de mon Gouvernement.

l'ai l'honneur de renouveler mes remerciements pour le précieux appui amicai que Votre Excellence a bien voulu accorderà la nation hongroise et je La prie d'ètre persuadée que tout ce qu'Elle a tàit et continue à faire pour nous, ne manquera pas d'éveiller d'éternels sentiments de gratitude dans tous les coeurs hongrois à l'égard de Votre Excellence ainsi qu'envers la noble nation italienne 2 .

180 1 Vedi DD. 115 e 198, nota 4.

182

IL CONSOLE GENERALE A BASTIA, MOSCATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 422/186. Bastia, 28 settembre 1938 1 .

La situazione in Corsica, che da qualche tempo presentava nei nostri riguardi aspetti degni di particolare attenzione, si è, in questo ultimo periodo, alquanto aggravata per effetto della recente crisi internazionale. È, per ora, da escludersi una fisio

nomia allarmante, essa, però, potrebbe determinarsi in avvenire, a seconda delle circostanze politiche. La massa popolare indigena, che già attraversava uno stato di eccitazione, più o meno spontaneo, nei confronti dell'Italia, si accanisce, ora, contro l'eventualità di un conflitto e teme una nostra azione militare sull'isola. Ciò produce un accresciuto e reazionario senso di ostilità, sorretto anche dall'atteggiamento di intrasigente rigore preso dalle autorità locali nelle espulsioni di connazionali. Si aggiungano inoltre, come fattori di nervosismo, la diffusione senza scrupolo di verità di voci allarmanti ed i notevoli movimenti di truppe e di materiale bellico nei centri più importanti della regione.

Numerosi, quindi, gli incidenti, che, pur senza rivestire un carattere di speciale gravità, costituiscono chiara espressione dei sentimenti a noi avversi. Atti di violenza, a danno di italiani, sono stati perpetrati a Corte ed in qualche altra località dell'isola; frequentissimi i soprusi e i tentativi di intimidazione.

La collettività, sotto l'influenza dell'atmosfera ambientale, si astiene intanto, nella sua maggioranza, dal frequentare, per tema di rappresaglie, le istituzioni fasciste. È, invece, in continuo aumento, il numero dei rimpatri. Nella sola giornata di ieri, questo R. Ufficio è stato richiesto del rilascio o rinnovo di oltre 300 passaporti.

Sono energicamente intervenuto presso le competenti autorità, affinché fossero prese immediate e serie misure di polizia atte ad assicurare la difesa e l'incolumità dei concittadini residenti nell'isola. Procuro nel contempo, con ferma e calma azione, di tranquillizzare gli animi, invitando i connazionali a serbare e serena e dignitosa condotta.

Mi viene riferito che a Bastia oltre 400 italiani inscritti al partito comunista, avrebbero presentato a questa municipalità domanda di arruolamento volontario nell'esercito francese, in caso di conflitto con l'Italia. Tali iscrizioni verrebbero raccolte anche in altre zone del dipartimento.

181 1 Vedi D. 141.

181 2 Sul documento vi è la seguente annotazione: «Superato. Non è più il caso di rispondere. S.E. il Ministro. 4/1 0».

182 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

183

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5097/157 R. San Sebastiano, 29 settembre 1938. ore 5,35 (per. ore 8.45).

Questo ministro degli Affari Esteri ha convocato oggi separatamente me e ambasciatore di Germania per pregarci informare rispettivi governi di quanto segue.

Tre giorni fa governo francese per tramite Quifiones de Leon e governo britannico per tramite duca d'Alba hanno fatto sapere a Burgos che, qualora Governo Nazionale si fosse impegnato mantenersi neutrale eventuale conflitto, predetti governi si sarebbero astenuti da qualsiasi atto ostile territorio Spagna Nazionale o Rossa e chiedevano decisione al riguardo.

Governo Nazionale~ a detta di Jordana ~ha subito cercato di conoscere in proposito pensiero governi italiano e tedesco a mezzo suoi ambasciatori Roma e Berlino 1• Finalmente ieri di fronte nuove pressanti sollecitazioni ha dovuto rispondere prendendo impegno neutralità.

Jordana ha spiegato che Governo Nazionale non potrebbe fronteggiare eventuali ostilità britanniche e specialmente francesi. Qualora esso non fosse appoggiato da Italia e Germania, sarebbe costretto soccombere e tutta la Spagna ricadrebbe sotto dominio rosso e rappresenterebbe un nemico di più; se invece Italia e Germania volessero opporsi ad azione franco-inglese in Spagna, ciò, comunque, costituirebbe per esse una distrazione di forze ma Governo Nazionale non aveva elementi per ritenere che Italia e Germania fossero disposte sottostare a questo maggiore sforzo. Jordana ha aggiunto che Generalissimo teneva a che il Duce non giudicasse che con tale atteggiamento, egli fosse venuto meno suoi impegni amicizia ed onore, ma si rendesse conto che decisione presa era determinata da forza maggiore ed era unica possibile per il momento.

Mi sono limitato prendere atto impegnandomi a riferire.

A mia richiesta Jordana mi ha assicurato:

l) che rimane inteso che presenza volontari italiani e tedeschi non può in nessun caso dare motivo per intervento franco-inglese in Spagna;

2) che Governo Nazionale pone come condizione assoluta astensione francese da ulteriori aiuti ai Rossi.

Per parte mia osservo che Governo Nazionale in caso di guerra dovrebbe essere per lo meno tenuto a sospendere qualsiasi fornitura di minerali e derrate ad Inghilterra e Francia.

Prego V.E. favorirmi autorizzazione ed istruzioni per compiere passi in questo

senso •

184

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5113/84 R. Mosca, 29 settembre 1938, ore 15,25 (per. ore 19).

Dal modo come stampa sovietica riporta avvenimento ed anche più dalla corrispondenza di Ginevra (evidentemente dettata da Litvinov) che ho segnalato con odierno telegramma Stefani 111 è chiaro che la riunione Monaco è considerata qui

come grave colpo inferto politica dell'U.R.S.S. Inoltre, è noto che nella risposta sovietica al messaggio di Roosevelt 1 si attribuisce al Presidente Stati Uniti idea di una conferenza internazionale con partecipazione di tutti gli Stati interessati (compreso U.R.S.S.) sebbene messaggio stesso non facesse alcuna menzione dalla conferenza2 .

183 1 Vedi DD. 155 e 168.

183 2 Non si sono trovate istruzioni in proposito. È probabile che non siano state inviate perché, con la conferenza di Monaco, la situazione risultava superata.

185

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 5] 05/689 R. Tokio, 29 settembre 1938, ore 19, IO (per. ore 14,25).

Apprendo da fonte autorevole che addetto militare giapponese a Berlino sta discutendo con Ribbentrop (all'insaputa anche di questa ambasciata germanica) per un rafforzamento del patto anticomunista mediante un nuovo patto segreto militare di carattere generale e tripartito anche esso.

Oltre a ciò, questi Stati Maggiori dell'Esercito e della Marina si proporrebbero stipulare con i nostri Stati Maggiori accordi segreti di carattere speciale rispondenti a varie e determinate ipotesi di guerra, i quali fossero uno sviluppo del patto anzidetto ma discussi e conclusi soltanto con noi, dico soltanto con noi.

186

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5126/183 R. Varsavia, 29 settembre 1938, ore 20,25 (pe1: ore 1,30 del 30).

Situazione qui oggi può riassumersi come segue.

Attenzione generale è interamente concentrata su Monaco.

184 è Un accenno alla possibiltà di riunire una conferenza internazionale era però contenuto nel secondo messaggio inviato da Roosevelt a Hitler, il 27 settembre (testo in FRUS, 1938, vol. l, pp. 684685), come il vice commissario Potemkin faceva rilevare in risposta alle osservazioni dell'incaricato d'affari americano, Kirk, su questo punto (ibid., p. 696).

Nelle sfere ufficiali si manifesta vivo risentimento per ritardo risposta di Praga 1 contrariamente assicurazioni fornite in proposito. Beck oggi parlandomi di tale ritardo accusava Benes di evidente malafede.

Richieste polacche a Praga, come del resto Wieniawa mi risulta aver informato

V.E.2 , consistono nella cessione immediata dei noti due distretti nella zona di Teschen Bassa Slesia al confine polacco e nella decisione a mezzo plebiscito nel resto della zona dell'Oltre Olza.

184 1 Vedi D. 192, nota 2.

187

IL MINISTRO A LISBONA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE AEREO 5204/062 R. Lisbona, 29 settembre 1938 (per. il l o ottobre).

Mi riferisco al mio telegramma per corriere n. 061 in data 27 corrente 1•

Il segretario generale del ministero degli Affari Esteri mi ha convocato per informarmi che l'ambasciatore del Portogallo in Burgos 2 aveva avuto una conversazione con il suo collega di Germania durante la quale gli aveva parlato della convenienza che la Spagna Nazionale rimanesse neutrale in caso di conflitto generale. L'ambasciatore di Germania aveva dal canto suo concordato, aggiungendo che vi era interesse ad incoraggiare la Spagna Nazionale a seguire tale attitudine. Il segretario generale ha soggiunto che, in possesso di tale informazione, il signor Salazar lo aveva incaricato di domandarmi che cosa ne pensassi. Gli ho risposto che non conoscevo il punto di vista del mio governo su questo argomento di così evidente importanza e che non ero quindi in grado di dargli per ora alcuna risposta, assicurandolo, di fronte a nuove insistenze, che non avrei mancato di farlo se e quando mi fosse possibile. A mia volta, ho domandato se Teotonio Pereira avesse preso l'iniziativa di analoga conversazione con il conte Viola. Con qualche imbarazzo il segretario generale mi ha risposto che non aveva notizia che avesse avuto ancora occasione di farlo.

L'argomento principale dell'ambasciatore Sampayo in favore della neutralità spagnola era che in caso contrario la Francia farebbe il massimo sforzo presso i Rossi ed attaccherebbe dal lato occidentale sui Pirenei. L'ansia portoghese per la neutralità

spagnola è evidente. Da un lato la frontiera terrestre, nella sua totalità comune con la Spagna Nazionale, dall'altra la minacciosa vicinanza del territorio in possesso dei Rossi. Ignoro ad esempio se questi abbiano aerodromi in vicinanza di Don Benito. Ma il terreno si presta e da tale zona Lisbona è a mezz'ora di volo di moderni apparecchi da bombardamento.

Ho profittato deli'occasione per domandare al segretario generale quale sarebbe l'attitudine del Portogallo in caso di conflitto. Senza esitazione mi ha risposto la neutralità. Ma l'ambasciatore Sampayo è un uomo di conosciuta cautela; subito dopo ha circondato la sua dichiarazione di molte riserve, citazione di precedenti storici, di impegni in base all'alleanza inglese, ecc. A mia domanda ha risposto che l'alleanza non precisa in quali casi e condizioni il Portogallo debba entrare in guerra a fianco dell'Inghilterra. È un impegno generale. Ma ha soggiunto che da un punto di vista storico (e per quanto ricordava tranne il caso della guerra di Crimea in cui vi fu esplicita dichiarazione di neutralità portoghese) il Portogallo anche quando non era subito entrato nel conflitto a fianco dell'alleata non aveva formalmente dichiarato la neutralità. Così avvenne durante la Grande Guerra, e per oltre un anno il Portogallo rimase in istato di neutralità di fatto, senza dichiararla, ma riconosciuta dalla Germania stessa sin tanto che questa non gli dichiarò guerra ritenendo che il Portogallo fosse venuto meno a tale stato di neutralità. Il segretario generale-pur ammettendo tutte le difficoltà e le condizioni veramente paradossali in cui verrebbe a trovarsi il Portogallo -sembrava prevedere che così avverrebbe ora in caso di conflitto in cui l'Inghilterra partecipasse, e pur non escludendo che potrebbe essere costretto a consentire in tempo più o meno breve lo stabilimento di basi d'operazioni inglesi nel suo territorio. Sostanzialmente le sue parole non diminuiscono ma anzi confermano ciò che dell'attitudine di questo Paese era lecito prevedere e ciò che Salazar avrebbe detto nella sua conversazione con Nicolas Franco. Le parole di Sampayo sono quelle del più alto funzionario del ministero degli Affari Esteri e non quelle di un uomo di Stato; ma la sostanza, con tutte le precauzioni di cui l'ha circondata, rimane invariata. Forse con maggior senso di realtà egli ha più esattamente tenuto conto di quanto il Portogallo dovrebbe contare in caso di guerra con la volontà dell'alleata e con le poche possibilità di resistenza che possiede.

È caratteristico che mai in tutta la conversazione il segretario generale ha accennato alle note trattative in corso tra Spagna e Portogallo per la garanzia delle frontiere. Per la conoscenza che ho dell'uomo ho l'impressione netta che egli non dubitasse che io ne fossi esattamente informato. Il suo silenzio, come quanto egli ha detto, mi sembrano una precisa conferma che la base di tali trattative è la neutralità della Spagna Nazionale in caso di conflitto generale; in altre parole, che per tale neutralità si sta lavorando, sia da parte del governo portoghese che da parte di quello spagnolo. È superfluo rilevare che ciò senza dubbio avviene sotto ispirazione britannica e non sono sicuro da quale lato essa agisca maggiormente. Che il governo di Franco possa farsi delle strane illusioni sulle possibilità reali di neutralità portoghese è un'altra questione.

L'ambasciatore Nicolas Franco è stato meno discreto a proposito delle trattative che non il segretario generale. Ad esempio ha fatto molte confidenze al ministro di Argentina 3 che me le ha riferite. Esse confermano alcune facili previsioni ed alcuni sospetti che io avevo espresso dopo la mia conversazione con Nicolas Franco. Risulta tra l'altro che egli non aveva proposto in precedenza la garanzia della frontiera. Invece, nello stesso colloquio egli propose a Salazar la garanzia delle frontiere e la neutralità. Risulta ancora, anche da tali confidenze, che Teotonio Pereira sta lavorando nello stesso senso a Burgos. In conclusione, le comunicazioni più o meno esatte di Franco, quelle precise del ministro d'Argentina e da ultimo la conversazione con Sampayo concordano in un solo indice e cioè lo sforzo che viene attualmente compiuto per arrivare ad ottenere la neutralità del Governo Nazionale in caso di conflitto promettendo neutralità reciproca da parte portoghese.

In una conversazione con questo ministro di Germania 4 gli ho domandato se fosse a conoscenza della conversazione avvenuta tra gli ambasciatori del Portogallo e Germania presso il Governo Nazionale di Spagna. Mi ha risposto di ignorarla completamente. Per ciò che concerne la neutralità spagnola ha espresso l'opinione che in caso di estensione del conflitto al Mediterraneo essa non sarebbe possibile. Egli ignorava anche completamente le trattative ispano-portoghesi. Poiché ho avuto notizie di esse in via strettamente confidenziale mi sono astenuto per ora dall'informarlo in proposito. Circa la situazione in Spagna, il ministro di Germania mi ha detto di avere notizia che nei due campi vi è una tendenza all'accordo.

l Rossi sarebbero scoraggiati dal fatto che da vario tempo dopo l'acuirsi della situazione internazionale, non ricevono quasi più materiali, né rinforzi; Franco sarebbe estremamente preoccupato dalla situazione generale, dal prolungarsi della lotta e dalle difficoltà di essa. Si starebbe per ciò attivamente lavorando per la cessazione delle ostilità.

Qualunque sia l'esattezza di tali notizie, è caratteristica l'importanza che l'eventuale riuscita di tale piano potrebbe avere per rendere più probabile e più efficace la neutralità spagnola.

Aggiungo che il ministro di Germania non nascondeva un marcato senso di sfiducia sulla durata del conflitto spagnolo, sulla condotta della guerra da parte del Generalissimo e in generale sulla situazione spagnola.

Ritengo mio stretto dovere sottolineare-anche se ad abundantiam-come mi sembri che tutta la questione che si va svolgendo attorno alla neutralità meriti ogni nostra attenzione. È troppo facile il sospetto, dati anche gli uomini che vi sono implicati, ancora una volta Nicolas Franco e il gruppo cui è legato, che in ultima analisi lo scopo cui si miri sia una Spagna raffazzonata dopo la cessazione delle ostilità, secondo i vari e successivi progetti britannici, e portata dopo in caso di conflitto alla neutralità. Ad una neutralità benevola per i franco-inglesi, la sola, è appena necessario dirlo, che consentirebbe al Portogallo un'attitudine reciproca.

l 87 4 Oswald von Hoyningen-Huene.

Per ciò che concerne la precisa domanda rivoltami dal segretario generale e nella previsione che egli tornerà sull'argomento sarò grato a V.E. di quelle istruzioni che crederete di impartirmi, sempre che giudichiate che una risposta sia opportuna da parte mia5 .

186 1 Alla nota del governo polacco del 27 settembre (vedi D. 174).

186 2 Di tale colloquio non è stata trovata documentazione. Il 28 settembre, l'agenzia PAT aveva diramato un comunicato in cui si diceva che l'ambasciatore di Polonia a Roma era stato ricevuto dal conte Ciano e che in quella occasione era «stata confermata la piena identità di vedute dei due governi circa il problema cecoslovacco».

187 1 Vedi D. \56 che è del 26 settembre.

187 2 Pedro Teotonio Pere ira.

l 87 1 Edgardo Perez-Quesada.

188

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5231/088 R. Varsavia, 29 settembre 1938 (per. il 30).

Beck nel precisarmi oggi le rivendicazioni territoriali polacche nella regione dell'Oltre Olza, (mio telegramma n. 183 1) è venuto a parlare della nota aspirazione relativa ad una frontiera comune con l 'Ungheria. Egli non si nascondeva le difficoltà che ormai si presentavano per il raggiungimento di essa. Non escludeva però che lo «smembramentm> della Cecoslovacchia potesse provocare rivolgimenti interni nel Paese, tali da permettere all'Ungheria ed alla Polonia di protittarne ai propri fini. Come si ricorderà un ragionamento analogo mi era stato fatto alcuni giorni fa dal signor Arcziszewski (mio telegramma n. 153 del 17 corrente2).

187' Non sono state trovate istruzioni in proposito.

Il 4 ottobre. il ministro Mameli ebbe un colloquio con Salazar sul quale risulta aver riferito con rapporto 1741/905 dello stesso giorno. Il documento non è stato rintracciato ma, secondo quanto risulta da un rapporto dell'addetto navale, comandante Monico (n. 444 del l Oottobre), in quella occasione Salazar confermò che -su iniziativa portoghese -erano in corso delle trattative con il governo nazionale spagnolo per giungere ad «Un trattato di reciproca neutralità della frontiera ispano-lusitana» c aggiunse che, in caso di guerra europea per la questione dei Sudeti, il Portogallo «avrebbe cercato di restare neutrale il piLJ a lungo possibile, pur non opponendosi ad eventuali impieghi delle basi nazionali (arcipelaghi)».

Circa i riflessi provocati in Portogallo dalla soluzione della crisi cecoslovacca, il ministro Mameli così riferiva (con telespresso 1691/884 del4 ottobre): «Al primo momento di giubilo è seguito quello della riflessione. Dalle conversazioni Carmona-Salazar (che tra il 27 ed il 30 settembre erano rimasti nella cittadella di Cascais) risulta che essa è stata amara per il Portogallo. La perdita enorme di prestigio della Grande Alleata li ha allarmati. Il ripetersi, ormai con troppa frequenza del caratteristico sistema britannico di spingere all'estremo un problema di cruciale interesse per uno Stato amico

o protetto, incitandolo in ogni modo a resistere e abbandonandolo di colpo quando l'alternativa è quella di sostenerlo con le armi, non è cosa che può rassicurare chi dirige le sorti del Portogallo. Né Carmona, né Salazar hanno alcuna tenerezza per la Repubblica di Praga con cui hanno clamorosamente rotto le relazioni diplomatiche. Il problema è un altro. Così la stessa fonte precisa che le notizie delle conversazioni Hitler-Chamberlain a più ampio raggio e il conseguente accordo hanno provocato dubbi angosciosi e non poca irritazione. Il dubbio e l'irritazione sono per la questione coloniale, il punto ipersensibile portoghese. Che sia stata trattata non pare dubbio. Sono le colonie portoghesi comunque in

giuoco?».

~ 188 1 Vedi D. 186. 188 2 Vedi D. 60.

189

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, PREZIOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5238/052 R. Bruxelles, 29 settembre 1938 (per. il 3 ottobre).

Spaak mi ha oggi ancora una volta intrattenuto sull'atteggiamento preso dal Belgio nelle attuali circostanze e sulle diverse misure di sicurezza adottate in questi giorni.

Mi ha asserito con fermezza che l'avvenuta mobilitazione vuoi soprattutto dimostrare quanto irrevocabile sia ormai la politica di neutralità assunta dal governo, conformemente al volere della grandissima maggioranza del Paese. Ha aggiunto che le misure di mobilitazione sono state infatti prese, malgrado le assicurazioni replicatamente fatte dalla Germania e dalla Francia circa la loro decisione di mantenere gli impegni di garanzia assunti verso il Belgio. Anzi, dette misure potevano perfino apparire esagerate ma egli aveva preferito peccare se mai per eccesso, appunto perché più inequivocabilmente restasse confermata nel Paese e all'estero la decisione dei Belgio di difendere contro chiunque ed a qualsiasi costo la propria integrità territoriale.

L'azione del Primo Ministro ha effettivamente corrisposto al desiderio della maggior parte del Paese, desiderosa di riatfermare, specie di fronte alla Francia, la propria determinazione di non permettere che ancora una volta il territorio nazionale divenisse un campo di battaglia per gli eserciti stranieri. E si è voluta questa dimostrazione anche per dare un'adeguata replica, sia ai tentativi effettuati mesi fa da questa rappresentanza francese per procurarsi segretamente l'assenso della maggioranza parlamentare ad un'eventuale richiesta di passaggio di truppe francesi, sia alla propaganda svolta di recente dagli elementi francofili contro le grandi manovre indette nel mese scorso proprio lungo la frontiera francese.

Inoltre, rispondendo ad una mia osservazione, il Presidente del Consiglio ha tenuto anche a ribadire la posizione belga nei riguardi di Ginevra. Mi ha ricordato il suo recente comunicato relativo al carattere facoltativo che il Belgio assegna all'art. 16; ha sottolineato che se la dichiarazione fatta ultimamente all'Assemblea della S.d.N. dal delegato belga, era potuta sembrare non abbastanza chiara e precisa, ciò era da ascriversi esclusivamente alla solita necessità di adeguare la torma delle dichiarazioni alla «tanto speciale atmosfera di Ginevra», ed ha rilevato che la sicurezza collettiva, già tramontata, poteva divenire un mero mito proprio domani stesso, in seguito al così auspicabile successo della Conferenza dei Quattro, che, in tal caso avrebbe certo segnato l'inizio di un nuovo indirizzo per l'organizzazione e per la garanzia della pace europea.

li Presidente dei Consiglio si è a questo punto espresso con pa1iicolare calore, asserendo che egli non mi aveva mai nascosto le sue simpatie e le sue speranze-anche ai fini della maggiore e più vera sicurezza che ne sarebbe provenuta al suo Paese -per un'armonica azione delle quattro Grandi Potenze occidentali, giusta l'antica concezione musso! iniana.

È infine degna di rilievo la circostanza che le truppe inviate sulla frontiera francese, oltre ad essere in assai maggior numero di quelle disposte sulla frontiera tedesca, sono risultate essere in prevalenza fiamminghe, e ciò all'ovvio scopo di scongiurare l'ipotesi (già riservatamente accennatami da questo incaricato d'affari di Germania 1) che truppe valloni potessero offrire una minore resistenza ali'eventuale irrompere dell'esercito francese.

Può così dirsi che Spaak si è realmente sforzato nell'attuale grave circostanza, di attuare ciò che Re Leopoldo, nel suo messaggio di or sono due anni 2 definiva: «una politica esclusivamente ed integralmente belga».

Spaak ne ha tanto più merito in quanto egli milita nel partito socialista, la cui ala estremista non ha mancato di opporgli fin ali 'ultimo momento, la più tenace e fiera resistenza.

190

ACCORDO INTERVENUTO A MONACO IL 29 SETTEMBRE FRA L'ITALIA, LA GERMANIA, IL REGNO UNITO E LA FRANCIA

Le quattro potenze, Italia, Germania, Regno Unito e Francia, considerato l'accordo che è già stato in principio raggiunto per la cessione alla Germania dei territori sudetici tedeschi, si sono trovate d'accordo sulle seguenti condizioni e termini relativi a tale cessione e sulle misure che ne derivano, e, in base al presente accordo, si ritengono reciprocamente responsabili per l'adozione delle misure necessarie ad assicurarne l'adempimento.

l) L'evacuazione avrà inizio il lo ottobre. 2) L'Italia, il Regno Unito e la Francia concordano che l'evacuazione del territorio sia completata entro il lOottobre, senza che nessuna delle esistenti installazioni sia distrutta, e che il Governo cecoslovacco sarà ritenuto responsabile per condurre a termine l'evacuazione senza danno alle installazioni medesime. 3) Le condizioni che dovranno regolare l'evacuazione saranno definite in dettaglio da una Commissione Internazionale composta dei rappresentanti dell'Italia, della Germania, del Regno Unito, della Francia e della Cecoslovacchia. 4) L'occupazione per gradi del territorio prevalentemente tedesco da parte delle truppe germaniche avrà inizio il lo ottobre. I quattro territori indicati nella carta allegata saranno occupati dalle truppe tedesche nell'ordine seguente: Il territorio indicato col numero I, nei giorni l e 2 ottobre; il territorio indicato col numero II, nei giorni 2 e 3 ottobre; il territorio indicato col numero III, nei giorni 3, 4 e 5 ottobre; il territorio indicato col numero IV, nei giorni 6 e 7 ottobre. Il territorio restante di carattere prevalentemente tedesco sarà ulteriormente accertato dalla suddetta Commissione e sarà occupato dalle truppe tedesche entro il lO ottobre.

189 è Riferimento al messaggio di Re Leopoldo del 14 ottobre 1936 per il ritorno del Belgio ad una

politica di neutralità (testo in DDB. vol. IV, D. 128).

5) La Commissione Internazionale, di cui al paragrafo 3), determinerà i territori nei quali dovrà effettuarsi un plebiscito. Questi territori saranno occupati da Corpi internazionali fino a che il plebiscito non sia ultimato. La stessa Commissione fisserà le condizioni in cui il plebiscito dovrà essere tenuto, prendendo come base le condizioni del plebiscito della Saar. La Commissione fisserà altresì una data non oltre la fine di novembre alla quale il plebiscito dovrà tenersi.

6) La determinazione definitiva delle frontiere sarà effettuata dalla Commissione Internazionale. Questa Commissione avrà anche facoltà di raccomandare alle quattro Potenze Italia, Germania, Regno Unito e Francia, in taluni casi eccezionali, modifiche di minore entità nella determinazione strettamente etnografica delle zone che devono essere cedute senza plebiscito.

7) Vi sarà un diritto di opzione per entrare a far parte o per cessare di appartenere ai territori trasferiti. L'opzione dovrà essere esercitata entro sei mesi dalla data del presente accordo. Una commissione tedesco-cecoslovacca dovrà determinare i dettagli dell'opzione, studiare i mezzi atti a facilitare il trasferimento della popolazione, e risolvere le questioni di principio che sorgano da tale trasferimento.

8) Il Governo cecoslovacco nel termine di quattro settimane dal giorno della conclusione del presente accordo congederà dalle sue formazioni militari e di polizia tutti i tedeschi dei Sudeti che lo desiderino. Nello stesso termine di tempo il Governo cecoslovacco rilascerà tutti i detenuti tedeschi dei Sudeti i quali scontino pene per reali politici.

ALLEGATI ALL'ACCORDO

Il Governo del Regno Unito ed il Governo francese hanno stipulato l'Accordo di cui sopra sulla base che essi mantengono l'offerta, contenuta nel paragrafo 6 delle proposte anglo-francesi del 19 settembre, che si riferisce ad una garanzia internazionale delle nuove frontiere dello Stato cecoslovacco contro un'aggressione non provocata.

Quando la questione delle minoranze polacca ed ungherese sarà stata regolata, la Germania e l'Italia daranno, per parte loro, una garanzia alla Cecoslovacchia.

* * *

I Capi dei Governi delle quattro Potenze dichiarano che i problemi delle minoranze polacca ed ungherese in Cecoslovacchia qualora non siano risolti entro tre mesi per accordo fra i rispettivi Governi, dovranno formare oggetto di un'altra riunione dei Capi dei Governi delle quattro Potenze qui presenti.

* * *

I quattro Capi di Governo qui presenti convengono che la Commissione Internazionale prevista n eli' Accordo da essi firmato in data odierna, sarà composta del Segretario di Stato del Ministero degli Affari Esteri germanico, degli Ambasciatori italiano, britannico e francese accreditati a Berlino, e di un rappresentante che dovrà essere nominato dal Governo della Cecoslovacchia.

DICHIARAZIONE SUPPLETIVA

Tutte le questioni che risultino dal trasferimento dei territori sono di competenza della Commissione Internazionale.

189 1 Werner von Bargen.

191

PROGETTO DI TRATTATO TRA GERMANIA, GIAPPONE E ITALIA

After the conclusion ofthe Anti-Komintern-Agreement between Germany, Japan and Italy it was found that the activity ofthe Komintern continued to increase in Asia and Europe.

In the clear recognition of the danger which this involves and with a view to defending themselves against the menace to their common ideologica! interests the three contracting powers have agreed upon the following.

«Three Power Pact».

Art. l: In the event of one of the contracting states being involved in diplomatic difficulties with one or severa! third states the contracting states shall consult together without delay on the steps to be taken for the purpose oftheir co-operation.

Art. 2: In the event of o ne of the contracting states being the object of a menace from one or severa! third states the other contracting states undertake to grant to the former ali politica] and diplomatica! support necessary to remove the said menace.

Art. 3: In the event of o ne of the contracting states being the object of an unprovoked aggression by one or severa) third states the contracting states undertake to give the afore mentioned state assistance and support.

The three contracting powers are convinced that by the conclusion of this pact they have furnished a further very important contribution towards the maintenance of peace for their nations and thus towards the maintenance of world peace.

The «Three Power Pact» concluded as a supplement to the Anti-Komintern Agreement consists of two parts:

l) The covering agreement which was agreed upon and signed, and is composed ofthe Preamble, Articles l to 3 and fina! declaration.

2) The contemplated supplementary agreement. In respect of the said supplementary agreement the three powers ha ve agreed upon and confirmed the following provisions: As soon as the covering agreement is signed and published commission of Government representatives, ofrepresentatives ofthe armies etc. ofthe Governments con

cerned shall forthwith be appointed with a view to dealing with possible conflicts and the detailed steps to be taken in this respect as they may arrive out ofthe three articles in the politica!, military and economie field.

As long as the supplementary agreement has not been signed the contracting powers shall, in each particular case, consult together as to the measures to be taken in common in the event of a conflict.

The countries concerned shall not accept and sing the respective arrangements unti! the way and the extent of the politica!, military and economie assistance which one country is to give to the other, has been defined and agreed upon in each particular case in accordane e with the geographical position of the respective country.

Only thus will the «Three Power Pact» as a whole become automatically effective2 .

191 1 Sul documento vi è questa annotazione: «Consegnato a S.E. Ciano da Ribbentrop a Monaco di Baviera il 29 settembre 1938/XVI».

192

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4025/1611. Mosca, 29 settembre 1938 (per. il 3 ottobre).

Riferimento mio telegramma odierno n. 84 1 .

Stamane, quando ho segnalato telegraficamente a V.E. le prime reazioni sovietiche alla riunione a quattro in Monaco di Baviera, ho creduto interessante rilevare il fatto-piuttosto curioso-che, rispondendo al messaggio americano 2 , il governo sovietico non ha fatto alcuna menzione della proposta specifica del governo degli Stati Uniti (quella cioè che anche l'U.R.S.S. facesse pervenire a Berlino ed a Praga un urgente appello in favore di una soluzione pacifica del loro conflitto), mentre invece ha formulato la propria adesione incondizionata alla proposta di convocazione di una

conferenza internazionale, attribuendo tale proposta alla iniziativa dello stesso Roosevelt: e ciò quando nel messaggio del Presidente non era fatta parola di una coriferenza internazionale.

V.E. potrà constatare questa anomalia leggendo il testo dei due messaggi nella traduzione, qui acclusa, di un comunicato odierno della Tass3•

In via confidenziale, questo incaricato d'aflàri degli Stati Uniti al quale ho chiesto chiarimenti in proposito, mi ha informato che egli stesso aveva creduto di dover attirare l'attenzione del Vice Commissario Potemkin sulla circostanza che il messaggio di Washington non menzionava affatto l'idea della conferenza internazionale. Al che Potemkin aveva risposto che attraverso le notizie radiofoniche e le infonnazioni di stampa il governo sovietico sapeva benissimo che tale era però l'intenzione del signor Roosevelt!

Questo episodio conferma quanto ho più volte avuto già occasione di segnalare, e cioè che la preoccupazione maggiore di Mosca è quella di vedere le grosse questioni politiche europee discusse e regolate dalle quattro grandi Potenze occidentali con esclusione dell'U.R.S.S. Un «patto a quattro» continua ad essere la bestia nera del governo sovietico, ciò che spiega il commento astioso della corrispondenza ginevrina sul convegno di Monaco, che ho creduto doveroso segnalare telegraficamente, perché evidentemente ispirato, se non dettato dallo stesso Litvinov.

191 2 Nel Diario di Ciano vi è questa annotazione sotto la data del 29-30 settembre: «Ribbentrop mi ha consegnato un progetto di alleanza tripartita Italia, Gennania, Giappone. Dice che è la "cosa più grande del mondo". Sempre iperbolico, Ribbentrop. Credo che lo studieremo con molta calma, e forse, l'accantoneremo per qualche tempo».

192 1 Vedi D. 184.

192 2 Il 28 settembre, l'incaricato d'affari degli Stati Uniti, Kirk, aveva consegnato al Narkomindiel un messaggio del Presidente Roosevelt in cui si invitava il governo sovietico a compiere un passo analogo a quello che lo stesso Presidente americano aveva effettuato due giorni prima con il messaggio inviato a Hitler, Bene§, Daladier e Chamberlain per chiedere che non fossero interrotti i negoziati per una soluzione pacifica della crisi (testo in FRUS, 1938, vol. l, pp. 657-658), nella speranza che questa duplice pressione potesse contribuire ad evitare lo scoppio di un conflitto. Lo stesso giorno 28, il governo sovietico aveva risposto esprimendo apprezzamento per l'iniziativa del Presidente Roosevelt e dichiarandosi pronto «ad appoggiare la proposta avanzata del governo degli Stati Uniti di convocare una conferenza internazionale». Cosa questa di cui non vi era alcun cenno nel messaggio di Roosevelt (il testo della risposta sovietica è ibid., pp. 695-696).

193

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5151/184 R. Varsavia, 30 settembre 1938, ore 14, l O (per. ore 19,20).

Prime affrettate impressioni e commenti di questa stampa su convegno Monaco possono così riassumersi: l) soddisfazione generale per l'evitato pericolo di un conflitto europeo; 2) gratitudine «per atteggiamento oltremodo leale e positivo» dell'Italia e della Germania nei riguardi delle rivendicazioni polacche (ufficiosa Gazeta Polska); 3) disillusione per mancata presenza Polonia a Monaco; 4) timore rinascita Patto a Quattro (specialmente organi di opposizione di destra e di sinistra);

5) affermazione che la Polonia saprà risolvere questione Teschen secondo i propri interessi non potendo tale problema essere oggetto decisioni prese a sua insaputa e senza la propria partecipazione 1•

192 3 Non pubblicato.

193 1 L'ambasciatore Arone avvertiva, qualche ora dopo, che a Varsavia aumentava il nervosismo, tanto da far ritenere possibile «un'azione dimostrativa nel territorio di Teschem> da parte del governo polacco, desideroso di aver in mano «un pegno reale» per condurre le trattative con Praga (T. 5166/185 R. del30 settembre).

194

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5149/430 R. Berlino, 30 settembre 1938, ore 17,50 (per. ore 19).

Segnalo comunicato incontro Hitler-Chamberlain 1• Esso è stato divulgato dalla stampa in maniera molto vistosa. Vi si annette evidentemente molta importanza 2 .

195

IL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5142/119 R. Gedda, 30 settembre 1938, ore 18,20 (per. ore 21,50).

Governatore Gedda rappresentante di questo ministero degli Affari Esteri fattami lunga relazione, a suo nome personale, leggendola da foglio indubbiamente ricevuto da governo Riad.

Trasmetterò con prossimo corriere 5 ottobre prossimo testo arabo scritto da interprete legazione e sua traduzione italiana letterale. Governatore fa presente:

l) che attività inglese nel Mediterraneo non è diretta soltanto contro arabi ma anche contro l'Italia e la Germania; 2) che amicizia fra l'Italia e gli arabi ha bisogno maggiore intesa;

3) che ad arabi occorre appoggio di una forte Potenza europea.

Egli domanda che l'Italia assuma difesa popoli arabi spiegando azione per fare rilevare ingiusto trattamento ad essi imposto e gravi misure contrarie religione e civiltà prese da Gran Bretagna in Palestina.

Mi sono astenuto dal fare qualsiasi dichiarazione, riservandomi riferire a V.E.

Segue rapporto 1•

194 1 Riferimento al colloquio del 30 settembre a Monaco tra Hitler e Chamberlain e alla Dichiarazione comune sottoscritta in quella circostanza. Il testo della Dichiarazione è in BD, vol. Il, D. 1228 e in DDT, vol. Il, D. 676, dove è anche pubblicato il promemoria sul colloquio redatto dall'interprete Schmidt.

194 2 Secondo quanto risulta dal suo Diario, Ciano ebbe, il 2 ottobre, un colloquio con il principe d'Assia, inviato a Roma da Hitler per chiarire che la Dichiarazione del 30 settembre era dovuta ad una iniziativa di Chamberlain, il quale aveva detto di averne bisogno per esigenze parlamentari.

195 1 Vedi D. 210.

196

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5168/186 R. e 5139/187 R. Varsavia, 30 settembre 1938, ore 21,28 (per. ore O, 3() del l 0 ottobre).

Mio telegramma 185 1•

Ritorno in questo momento dal ministero degli Affari Esteri dove mi ero recato su invito di Beck. Ministro degli Aftàri Esteri mi ha comunicato che nota di risposta del governo cecoslovacco, giunta in questo pomeriggio, invece dell'attesa accettazione delle richieste polacche rinnova soltanto le proposte di ulteriori trattative.

Governo polacco ritenendo tale risposta puramente dilatoria, presenterà a Praga prima di mezzanotte ultimatum, stabilendo come termine massimo per rispondere mezzogiorno di domani primo ottobre e chiedendo:

l) cessione e occupazione immediata della città di Teschen e dei territori circostanti;

2) cessione ed occupazione graduale sino al IO ottobre delle zone deii'Oiza abitate in maggioranza da polacchi;

3) trattative dirette per sistemazione restante territorio oggetto rivendicazioni polacche.

Beck, dopo avermi pregato di far pervenire al Duce espressione gratitudine governo polacco per decisione garantire frontiera ceca solo dopo regolamento rivendicazione polacca, mi ha incaricato di chiedere a Vostra Eccellenza se la Polonia, in caso di conflitto con Cecoslovacchia, può «contare su atteggiamento benevolo dell' ltal i a».

Questo ministro Affari Esteri non si nasconde gravità della situazione potrebbe essere resa più pericolosa da un intervento dell'U.R.S.S., che il governo polacco è per il momento portato ad escludere ma che si dichiara pronto a fronteggiare. Anche in tale eventualità Beck desidererebbe conoscere se Italia sia disposta ad assumere nei confronti della Polonia «una attitudine benevola».

Prego VE. volermi impartire urgenti istruzioni 2•

Ciano aveva in proposito anche un colloquio telefonico con von Ribbentrop che invece gli dichiarava di simpatizzare per le rivendicazioni polacche e di non voler quindi prendere nessuna iniziativa per trattenere il governo di Varsavia (promemoria von Ribbentrop del l o ottobre in DDT, vol. V, D. 55).

196 1 Vedi D. 193, nota l.

196 2 Le istruzioni richieste erano date all'ambasciatore Arone per telefono da Ciano che così annotava nel suo Diario: «Questa impazienza polacca non è giustificata: hanno atteso venti anni, possono attendere qualche giorno ed evitare un incidente che potrebbe di nuovo rendere difficile la situazione. Telefono queste cose al nostro ambasciatore a Varsavia e lo incarico di fare un passo presso Beck. Personalmente ne parlo al rappresentante a Roma» (CIANO, Diario, alla data del 1° ottobre). Sul colloquio con l'ambasciatore Wieniawa non è stata trovata documentazione.

197

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, CAPECE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5186/056 R. Bucarest, 30 settembre 1938 (per. il l o ottobre).

Vivissima è l'impressione in questi ambienti per l'Accordo di Monaco. La distensione ed il sollievo sono enormi.

La stampa che fino ad ieri non faceva risaltare al suo giusto valore la parte avuta dal Duce, oggi è completamente mutata. Persino dei giornali noti per le loro idee di sinistra sono pieni di ammirazione per il Duce.

Il senso unanime di gioia per la fine dell'incubo che sovrastava tutti non è però disgiunto da un intimo senso di sgomento: si pensa qui con terrore al modo elegante con cui Francia ed Inghilterra, nonostante le reiterate dichiarazioni fatte, hanno praticamente mollata la Cecoslovacchia. Questo sentimento sarà ancora maggiore quando anche l'Ungheria avrà ottenuto la realizzazione delle sue rivendicazioni territoriali in Cecoslovacchia. Sarà allora ancora più evidente la ditìèrenza del trattamento che l'Italia riserva ai suoi amici.

198

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5203/0210 R. Budapest, 30 settembre 1938 (per. il 1° ottobre).

Ho avuto in questi ultimi giorni spesso occasione di parlare con i miei colleghi di Romania ed Jugoslavia circa la situazione in generale. Mi permetto di riferire ali 'Eccellenza Vostra su alcune argomentazioni di cui mi sembra debba tenersi conto anche dopo il convegno di Monaco.

Il ministro di Romania venne a vedermi una prima volta (mio telegramma n. 182 del 23 settembre 1) mostrandosi molto ansioso di conoscere l'atteggiamento dell'Ungheria; evidentemente temendo ch'essa nutrisse propositi aggressivi, volle ricordarmi che, in tal caso, la Romania, in forza del patto antimagiaro della Piccola Intesa, non avrebbe potuto esimersi dall'intervenire. Nella sua conversazione dominava la preoccupazione che, una volta risolto il problema cecoslovacco, l'Ungheria non avrebbe continuato a migliorare i propri rapporti con la Romania, come previsto dagli accordi di Bled 2 , ma anzi pensasse poi a rivendicare le terre transilvane.

198 2 Vedi D. 115, nota 3.

Ebbi anche occasione (mio telegramma n. 181 del 23 settembre 3) di accennare a Kànya di tali apprensioni di Bossy e fu allora che egli mi disse che esse non avevano assolutamente alcun fondamento, che per parte sua considerava pienamente validi gli accordi di Bled e che avrebbe fatto un passo in tal senso a Belgrado e Bucarest4•

Ebbi una seconda conversazione col ministro romeno il 26 settembre. Lo trovai nello stesso spirito. Egli insistette ancora sui preparativi militari ungheresi e sul timore che l'Ungheria passasse ad atti di forza. Ma a tale suo stato d'animo non doveva essere estranea l'atmosfera in cui vivevano i dirigenti del suo Paese. Infatti, questo direttore generale parlandomi di un passo inglese (mio telegramma n. 1905) inteso a raccomandare all'Ungheria la calma e la prudenza vi vedeva (evidentemente dietro informazioni ricevute) un suggerimento romeno e il vice ministro degli Affari Esteri (mio telegramma n. 1956) mi diceva che a Belgrado Comnen aveva cercato di montare Stojadinovié contro l'Ungheria, facendogli presente che non era interesse neppure della Jugoslavia che l'Ungheria si ingrandisse troppo e ripetendogli lo stesso argomento a me svolto da Bossy e cioè che dopo regolata la questione cecoslovacca l'Ungheria si sarebbe scagliata sui vicini. Quanto alla Jugoslavia, è sintomatico il linguaggio di Andrié con quel ministro di Ungheria. Egli avrebbe infatti detto a Bessenyey (mio telegramma n. 1997) che se la Jugoslavia poteva ammettere che l'Ungheria potesse reclamare un trattamento eguale ai sudeti per i magiari di Cecoslovacchia, non considerava in alcun modo giustificate le sue pretese sulla Slovacchia e sulla Rutenia. A riprova di questo atteggiamento della Jugoslavia e della Romania, è sintomatico che il ministro degli Affari Esteri cecoslovacco, ricevendo il 28 corrente la risposta del governo ungherese (mio telegramma n. 20 l 8) abbia per quanto parlando in via personale, col ministro di Ungheria a Praga, considerata inaccettabile la richiesta ungherese dell'autodecisione in Slovacchia e in Rutenia, aggiungendo che anche i governi di Belgrado e Bucarest sarebbero stati contrari a che fosse accordato il plebiscito a tali regioni, anche «per non creare precedenti».

Da tali manifestazioni si poteva dedurre che le concessioni della Jugoslavia e della Romania in fatto di politica verso l'Ungheria, prescindendo dai differenti atteggiamenti che i due Paesi, ognuno per la propria speciale situazione, avrebbero potuto assumere, concordavano sicuramente in un punto: limitare il più possibile le rivendicazioni ungheresi.

Tale poteva essere lo stato delle cose prima del convegno di Monaco. È ancora troppo presto per stabilire quali nuovi orientamenti potrà determinare tale storica riunione che, per il rapido susseguirsi degli avvenimenti che lo hanno portato a compimento e per l'insperata ampiezza del successo raggiunto ha lasciato un senso di attonita ammirazione. Una cosa sola però è certa: che l'ammirazione ed il rispetto per il Duce hanno raggiunto il grado più alto che si possa immaginare e che, nella nuova luce di potenza e di prestigio, l'Italia potrà sempre maggiormente far sentire il suo peso sulla politica danubiana.

198 1 T. 4855/182 R. non pubblicato. Il suo contenuto è qui indicato.

198 1 Vedi D. 115.

198 4 A questo proposito il ministro Vinci aveva riferito, successivamente, che il passo ungherese era stato accolto «con grande tàvore» da Stojadinovié che aveva confermato la validità, tra Ungheria e Jugoslavia, degli accordi di Bled. Si aveva però l'impressione, a Budapest, che le favorevoli disposizioni manifestate dal presidente del consiglio jugoslavo avessero poi risentito dell'influenza negativa del governo di Bucarest, che nell'accogliere il passo ungherese aveva tenuto un atteggiamento meno esplicito (T. 50411198 R. del 28 settembre).

198 5 T. 49061190 R. del 25 settembre, non pubblicato. Circa il passo britannico a Budapest (e a Varsavia), si veda il D. 118, nota l.

198 6 T. 4985/195 R. del 27 settembre, non pubblicato.

198 7 Vedi D. 175.

198 8 T. 5076/20 l R. del 28 settembre, non pubblicato.

199

PROMEMORIA DEL MINISTRO DEGLI ESTERI CIANO

CRONACA DELLE GIORNATE 28-29-30 SETTEMBRE 1938

Il mattino del28 settembre, alle ore IO, l'Ambasciatore Perth telefona chiedendo una urgente udienza. Lo ricevo subito 2 ed egli mi dice, in tono molto commosso, che Chamberlain fa appello al Duce per un intervento amichevole presso il Flihrer in queste ore che considera le ultime utili per salvare la pace in Europa. Ripete e conferma la garanzia che Francia ed Inghilterra hanno già offerto per la cessione dei Sudeti alla Germania3 . Chiedo a Perth se devo considerare la démarche come un invito formale e solenne rivolto dal Governo inglese al Duce perché egli assuma il ruolo di mediatore. Dopo breve riflessione, Perth risponde di sì. Allora, dato che non c'è tempo da perdere e che l'offerta merita considerazione, prego l'Ambasciatore britannico di attendermi a Palazzo Chigi. Alle ore Il sono a Palazzo Venezia ove il Duce, dopo avere ascoltato quanto Gli espongo, dice che è impossibile lasciar cadere la domanda di Chamberlain. Personalmente telefona ad Attolico: «Andate subito dal Flihrer e, premesso che io in ogni evenienza sarò al suo fianco, ditegli che lo consiglio a dilazionare di 24 ore l'inizio delle ostilità. Nel frattempo, mi riservo di studiare quanto potrà esser fatto per risolvere il problema».

Questa «Cronaca» va integrata con il resoconto dell'ambasciatore Attolico (vedi D. 222) che dà un quadro degli avvenimenti visti da Berlino e dove è riportata, con importanti particolari, l'azione svolta dall'ambasciatore in esecuzione delle istruzioni ricevute da Roma. Vi si trova, tra l 'altro, la conferma che, al suo arrivo a Monaco, Mussolini fu informato da Attolico del pericolo che, per influenza di von Ribbentrop, le richieste tedesche comunicate la sera prima agli italiani fossero aggravate fino a renderle inaccettabili, informazione che determinò l'azione decisiva di Mussolini in sede di conferenza.

Pochi dettagli aggiungono, invece, le annotazioni del Diario di Ciano -del tutto simili e in più punti identiche al testo della «Cronaca»-che si diffondono con maggiore ampiezza sulla conferenza soffermandosi, peraltro, più sulla sua atmosfèra che sullo svolgimento dei lavori.

Negli archivi italiani non c'è documentazione sulle sedute della Conferenza di Monaco. In proposito si vedano i promemoria tedeschi in DDT, vol. II, DD. 670 e 674 e le note di sir H. Wilson in BD, vol. II,

D. 1227. Non c'è documentazione da parte francese. 199 2 Su questo colloquio si veda anche il resoconto dell'ambasciatore britannico in BD, vol. Il, D. 1192. 199 1 Vedi D. 159, nota 2.

Torno a Palazzo Chigi ove Perth attende. Lo informo che l'azione avrà inizio alle ore 2 pomeridiane e gli confermo che il nostro posto è con la Germania. Trema in volto e gli si arrossano gli occhi. Dopo breve pausa aggiungo che il Duce ha accolto la richiesta di Chamberlain ed ha proposto ventiquattr'ore di rinvio. Allora Perth pronuncia alcune parole di ringraziamento e mi chiede subito di tornare all'Ambasciata per informare il suo Governo. Poco dopo domanda una nuova udienza4 . Reca un messaggio telefonico da Chamberlain al Duce 5 e copia di quello diretto in pari tempo a Hitler6: una concreta proposta di conferenza a quattro con impegno di arrivare alla soluzione del problema sudetico entro sette giorni. Chamberlain ritiene che la sua proposta verrà accolta dal Fiihrer solo se il Duce sarà favorevole: ciò è accennato nel messaggio e chiaramente detto da Perth.

Vado nuovamente a Palazzo Venezia. Il Duce esamina la richiesta inglese, decide di appoggiarla tanto più che ormai il Fiihrer, secondo quanto ha comunicato Attolico, ha deciso il rinvio delle operazioni per ventiquattro ore. Di nuovo il Duce telefona ad Attolico e redige di Suo pugno il seguente fonogramma di istruzioni:

«l) Ringraziate il Fiihrer per aver accettato mio invito sospendere 24 ore mobilitazione; 2) insieme con un messaggio personale a me diretto da Chamberlain che mi consigliava passo compiuto presso Hitler, sono a conoscenza testo lettera che Chamberlain ha diretto in data odierna 28 ad Hitler; 3) tale lettera che sarà forse resa di pubblica ragione e della quale in ogni modo Vi trasmetto il testo, contiene proposte che io ritengo accettabili e cioè ritorno a Berlino di Chamberlain per liquidare in non più di sette giorni problema, presenti i Cechi e se Hitler lo desidera anche Francesi ed Italiani. Italia è naturalmente tàvorevole a partecipare. È mia convinzione che Hitler otterrebbe in tal modo un successo che non esito a chiamare grandioso dal punto di vista concreto e dal punto di vista prestigio mondiale. Mussolini».

Al mio ritorno a Palazzo Chigi mi incontro nuovamente con Perth: lo informo della rapida azione compiuta dal Duce. Ringrazia con molta effusione ed ancora una volta dà segni evidenti della sua commozione.

Mentre attendo la risposta da Berlino, mi chiama al telefono il Duce: è risultato, da una telefonata, che anche Bionde! si preparerebbe a fare «Un passo», il che trasformerebbe tutta la situazione quale si è creata in seguito alla preghiera britannica. D'or

Confido che Vostra Eccellenza vorrà informare il Cancelliere tedesco che Voi siete disposto a JàrVi rappresentare ed esortarlo perché aderisca alla mia proposta. Ciò terrà tutti i nostri popoli fuori della guerra. Ho già garantito che le promesse cèchc saranno eseguite e confido che un completo accordo potrebbe essere raggiunto entro una settimana».

dine del Duce, telefono a Perth quanto segue: «Mi risulta che la Francia si prepara a mettersi in mezzo. Vi avviso che qualsiasi azione di Bionde! sarebbe assolutamente controproducente. Fate in modo che non abbia luogo. Tutti i risultati sinora raggiunti verrebbero senz'altro messi in pericolo». Perth si dichiara d'accordo e s'impegna ad agire secondo la mia richiesta.

Ore 15 -Attolico telefona che Hitler è in massima d'accordo, pur facendo alcune riserve circa la necessità che Chamberlain possa prendere decisioni senza dover consultare il Governo a Londra. Però il Ftihrer pone una condizione fondamentale: la presenza personale del Duce alla Conferenza, che egli considera la sola garanzia di riuscita. Lascia al Duce decidere se la Conferenza dovrà aver luogo a Francoforte o a Monaco. Mi metto in comunicazione telefonica col Duce il quale accetta e sceglie Monaco7•

La partenza ha luogo alle ore 18.

29 Settembre.

A Kufstein, incontro col Ftihrer. Il Duce prende posto nel vagone del Ftihrer ove spiegate su di un tavolo, sono tutte le carte geografiche dei Sudeti e delle fortificazioni occidentali. Il Ftihrer illustra la situazione. Intende liquidare la Cecoslovacchia quale ora è, poiché immobilizza 40 divisioni e gli lega le mani in caso di un conflitto con la Francia. Quando la Cecoslovacchia sarà convenientemente deflazionata, basteranno 12 divisioni per neutralizzarla. Il Duce lo ascolta ed entrambi i Capi convengono su questo punto: o la Conferenza riesce in breve tempo («entr'oggi» specifica il Duce) oppure la soluzione dovrà essere cercata attraverso la forza. «D'altronde-mi dice il Ftihrer-verrà una volta in cui uniti dovremo batterci contro le Potenze Occidentali. Tanto vale che ciò avvenga fino a che alla testa dei nostri due Paesi siamo il Duce ed io, giovani e pieni di energia e che rappresentiamo la migliore armata».

Alle ore Il arriviamo a Monaco.

Dopo breve sosta a Palazzo Reale, il Duce si reca alla Ftihrerhaus accompagnato da Hess. Gli altri Capi di Governo sono già arrivati e stanno consumando una colazione fredda. Hanno luogo le presentazioni. Poi, siccome il Duce si è ritirato in un angolo ove si sta intrattenendo con Gèiring, Chamberlain mi domanda se può avvicinarsi per dirgli qualche parola. Lo accompagno ed egli ringrazia il Duce per quanto ha fatto e per quanto farà per salvare l'Europa dalla minaccia che su di lei incombeva.

Alle ore 12,30 ha inizio la riunione. Sono presenti: i quattro Capi, Ribbentrop, Léger, Wilson, io e l'interprete Schmidt. Parla per primo il Ftihrer: ringrazia i presenti di avere accettato il suo invito ed espone la situazione quale si è creata ed aggravata negli ultimi giorni. Conferma di avere accolto il rinvio di ventiquattro ore in seguito all'intervento del Duce, ma dice in pari tempo che sarà costretto ad agire se nel

minor tempo possibile non verrà raggiunto l'accordo. Parlano anche Chamberlain e Daladier facendo alcune dichiarazioni di carattere formale. Infine il Duce. Dopo un breve preambolo, afferma la necessità di una decisione rapida e concreta ed a tal fine sottopone ai convenuti un documento che potrà servire da base di discussioni. Il documento comprende cinque punti, concordati precedentemente con i tedeschi 8 , attraverso i quali viene deciso e regolato il passaggio dei Sudeti alla Germania. Chamberlain dopo una prima lettura del documento, si dichiara in massima favorevole, ma solleva l'abbiezione relativa alla presenza di un delegato cecoslovacco che possa, allorché necessario, essere chiamato nella sala della Conferenza ed impegnare il suo Governo sulle nostre deliberazioni. Daladier appoggia la tesi del Primo Ministro Britannico. II Duce fa opposizione. Ed in seguito all'opposizione del Duce, dopo una discussione cui partecipano i quattro Capi di Delegazione, la proposta Chamberlain viene abbandonata. Daladier chiede che venga concesso il tempo necessario per tradurre ed esaminare il progetto. La proposta è accolta e la seduta viene tolta alle ore I 4,45 e rinviata alle ore 16,30. La Segreteria della Conferenza distribuisce le traduzioni del progetto che, come risulta dalla copia unita, viene chiamato «progetto del Capo del Governo Italiano».

In inizio di seduta Chamberlain prende la parola per dichiarare che accetta il progetto del Duce come base di discussione. Daladier tà del pari. Da questo momento si può considerare in pratica risolta la questione. Si tratta ancora di discutere, paragrafo per paragrafo, il progetto italiano e di portare quelle modifiche, soprattutto di forma, che appaiono convenienti. La discussione si protrae ancora a lungo, ma sempre su questioni secondarie. Chamberlain si attarda soprattutto a sollevare questioni di procedura e di carattere legale. Daladier difende, con poca convinzione, la causa dei cechi. Il Duce riassume le conversazioni e tira le conclusioni. II Duce poi prende di nuovo la parola in forma ufficiale allorché si tratta di mettere sul tappeto il problema delle minoranze magiara e ungherese. Gli altri, tutti gli altri, tedeschi compresi, non hanno manifestato nessun particolare desiderio di parlarnc ed anzi cercano si sottrarsi ad una discussione in merito. Ma il Duce ha preparato anche su questo argomento una risoluzione scritta di Suo pugno e la sottopone alle decisioni della Conferenza. Gli altri cedono alla Sua pressione ed il problema viene risolto.

Durante le pause della Conferenza hanno luogo alcuni contatti personali di particolare interesse. Attolico accenna anche alla possibilità di un ritardo nella partenza del Duce per permettere un Suo incontro con Chamberlain, ma l'idea è scartata dal Duce poiché ritiene che un tale incontro a Monaco potrebbe urtare la suscettibilità tedesca e poi sarebbe dit1ìcile, avendo ricevuto Chamberlain, rifiutare una intervista anche a Daladier. Però il Duce si intrattiene assai a lungo con Chamberlain nella sala della Conferenza. Gli esprime il suo punto di vista nei confronti della Spagna dicendo che l'interesse da Lui portato a tale problema è molto diminuito, e gli annuncia come prossimo il ritiro di l O mila volontari, cioè circa la metà del nostro Corpo di spe

199 x Non vi è nessuna indicazione che il documento telefonato la sera prima da Attolico sia stato successivamente oggetto di un accordo tra italiani e tedeschi.

IL CAPO DEL GOVERNO

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Questo documento è riprodotto integralmente nel D. 199.

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dizione. Invita Chamber\ain a venire in Italia «quando la situazione tra i due Paesi sarà definitivamente regolata». Chamberlain ringrazia ed accenna anche alla possibilità di una conferenza a quattro per risolvere il problema spagnolo. Il Duce non risponde ad una tale apertura.

All'una del mattino del 30 settembre il documento è finalmente completato dopo un lungo lavoro del Comitato di traduzione. Il Duce propone che la Commissione internazionale venga nominata seduta stante e dice che potrebbe essere composta degli Ambasciatori a Berlino, assistiti dagli esperti necessari. Sottolinea l'urgenza della questione, poiché la Commissione dovrà mettersi all'opera immediatamente. La proposta è accolta. Infine i quattro Capi appongono le loro firme 9 .

Alle ore 2 il Duce lascia Monaco di Baviera accompagnato al treno dal Fuhrer e salutato da una nuova calorosissima manifestazione della popolazione che ancora affolla le strade.

199 1 Ed. in L Europa verso la catastrofe, Il edizione, Milano, Il Saggiatore, 1964.

199 4 Si veda di questo colloquio il resoconto di Lord Perth in ED, vol. II, D. 1187.

199 5 Il testo del messaggio era il seguente (si pubblica qui la traduzione etTettuata dagli uffici di Palazzo Chigi; il testo originale è in ED, vol. II, D. 1159): «Ho rivolto oggi un ultimo appello a Herr Hitler di astenersi dall'uso della forza per risolvere il problema sudetico il quale, ne sono sicuro, potrebbe essere risolto mediante una breve discussione e darà a lui il territorio e le popolazioni essenziali e la protezione tanto dei sudetici quanto dei cèchi durante il trasferimento. Ilo offerto di recarmi io stesso subito a Berlino per discutere un accomodamento con i rappresentanti tedeschi e cèchi e, se lo desidera il Cancelliere, anche con rappresentanti dell'Italia e della Francia.

199 6 Testo in ED, vol. Il, D. 1158.

l 99 7 La decisione di Mussolini fu comunicata immediatamente da Attolico a Hitler. In quella occasione venne consegnato all'ambasciatore il documento contenente le richieste tedesche in cinque punti, documento subito trasmesso da Attolico a Palazzo Chigi. Il testo delle richieste tedesche è in DDT, vol. II, D. 669.

200

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 5 i 45/188 R. Varsavia. l o ottobre 1938. ore l, 10 (per. ore 6. 30).

Miei telegrammi 186 e 187 1•

Non ho nascosto a Beck la mia sorpresa per quanto egli mi aveva comunicato e gli ho domandato se ultimatum fosse stato già spedito. Mi ha risposto che si trattava di cosa fatta, ultimatum essendo stato già preannunziato a Praga per telegrafo, mentre un aeroplano era partito per recarne colà il testo. Non mi è restato allora che osservare a Beck che i termini fissati per l'accettazione mi sembravano talmente brevi da chiudere la possibilità di utile estraneo intervento.

Ho domandato a Beck se avesse fatto analoghe comunicazioni ai miei colleghi. Mi ha risposto di averne già dato notizia all'ambasciatore di Germania2 e che si riprometteva di informarne quello di Francia su tale questione e quello di Romania, nonché il ministro Ungheria3•

Gli ho chiesto allora se ne aveva dato comunicazione anche a Londra. Beck, dopo una certa esitazione, mi ha risposto affermativamente.

199 Y Per il testo degli accordi di Monaco si veda il D. 190. 200 1 Vedi D. 196. 200 2 Hans Adolf von Moltke. 200 3 Hory Andnis.

201

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5 I 73/s.N. R. Varsavia, l o ottobre l 938, ore 12,30 (per. ore l 3).

Fatta la comunicazione 1 a Beck alle I I ,30. Beck ringrazia. Adesso, visto e considerato che vi erano segni di minore intransigenza a Praga, era stata concessa al governo cecoslovacco ancora un'ora di tempo per decidere, cioè fino alle ore I3.

Il signor Beck non ha creduto di potersi impegnare sospensione azione militare. Ha detto che le misure militari dovranno continuare per non compromettere situazione polacca. Ha aggiunto che personalmente si rende conto che possono sorgere complicazioni e che di tali complicazioni si avvarrebbero Paesi che sono abituati a

pescare nel torbido. Per informazione: mi risulta che Presidente Roosevelt ha mandato un suo messaggio.

202

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5178/189 R. Varsavia, ;o ottobre 1938, ore 14,35

(pre. ore 16,45 1 ).

Questo ministro Affari Esteri mi comunica alle ore 13 che il governo ceco ha accolto ultimatum polacco 1• Truppe polacche occuperanno oggi città di Teschen.

Domani verranno occupate località Frisstadt e Jablunkov.

20 l 1 Vedi D. 196, nota 2.

202 1 Da un appunto di Gabinetto risulta che l'ambasciatore Arone comunicò la notizia per telefono alle ore 14.

203

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5208/699 R. Londra. JO ottobre 1938, ore 15, l O (per. ore 22, 15).

Difficile se non impossibile condensare in uno scritto le impressioni di queste ultime 48 ore. Tutta Londra era per le strade ieri notte in attesa risultato convegno di Monaco e notizia accordo è stata accolta da manifestazioni entusiasmo. Chamberlain è stato ricevuto ieri con dimostrazioni di proporzioni che nessun inglese ricorda.

Primo gesto di Chamberlain non appena sceso dali' apparecchio a Heston è stato quello di leggere al popolo attraverso la radio testo del documento originale firmato poche ore prima fra FUhrer ed il Primo Ministro 1• Con ciò Chamberlain ha paralizzato azione laburisti e conservatori di sinistra che fin da ieri mattina avevano cominciato ad agitarsi e preannunziare solite speculazioni per seduta della Camera di dopodomani lunedì.

Chamberlain ha con ciò messo fra lui e il Parlamento l'entusiastica approvazione del popolo inglese, immobilizzando, ripeto, qualsiasi meschino tentativo dei suoi avversari.

Tutti, gli amici e nemici, riconoscono che il grande trionfatore è Mussolini; che a Mussolini quindi, e soltanto, deve il mondo sua salvezza; che Mussolini è il fondatore della nuova Europa da lui annunziata nel profetico discorso di Verona del 26 settembre2 e nello stesso momento cioè in cui tutti in tutti i Paesi dichiaravano ogni speranza perduta e la conflagrazione tàtale ineluttabile.

Il Duce e soltanto il Duce è stato la «forza sovrumana» che esattamente a due ore di distanza dallo scoppio della catastrofe, non solo l'ha arrestata ma ha trasformato istantaneamente lo spirito dell'Europa e del mondo e conquistato all'Italia una serie di vittorie destinate a produrre risultati incalcolabili per la potenza dell'Italia fascista; ha sconfitto l'antifascismo internazionale; ha sconfitto e ricacciato la Russia fuori Europa; ha realizzato e reso operante il Patto a Quattro; ha distrutto Piccola Intesa e l'intero sistema delle alleanze francesi; ha distrutto prestigio francese relegando la Francia in una posizione di irrimediabile inferiorità; ha collaudato attraverso la prova suprema della guerra la solidarietà del Regime fascista e dimostrato invincibile potenza militare della alleanza italo-tedesca; ha dato alla Germania la vittoria che la Germania sentiva ormai di poter avere soltanto con la guerra ed all'Inghilterra quella pace che l'Inghilterra sentiva di non poter più conservare, diventando contemporaneamente il grande creditore di entrambi.

Nella giornata di ieri nei grandi cinematografi di Londra veniva proiettato un grande ritratto del Duce ed il popolo di Londra ha salutato con un entusiasmo spontaneo e sicuro il Duce del fascismo.

203" Vedi D. 150, nota 1.

203 1 Vedi D. 194, nota 1.

204

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL COMANDANTE DEL C.T.V., BERTI

T. UFF. SPAGNA SEGRETO 2463. Roma, 1° ottobre 1938, ore 18 (per. ore 18,10).

A modifica del telegramma 2425 del 27 settembre 1 prego riprendere operazioni concentramento diecimila volontari precisandomi data alla quale essi saranno pronti all' imbarco2•

205

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5230/0175 R. Parigi, 1° ottobre 1938 (per: il 3).

Dichiarazione comune anglo-tedesca1 è accolta qui con qualche disagio. Quai d'Orsay ne è evidentemente contrariato. Massigli, cui ne ho fatto cenno, mi dice trattarsi di semplice dichiarazione di intenzioni, che lascia naturalmente intatti gli impegni inglesi verso Francia2 .

In un successivo colloquio, avvenuto il4 ottobre, l'ambasciatore Perth indicò due punti che egli riteneva sarebbero stati sicuramente considerati importanti dal suo governo: a) che l'Italia non inviasse in Spagna altre truppe (Ciano diede subito assicurazioni perentorie in proposito) e b) che non fossero inviati altri aerei o altri piloti (su questo punto Ciano rispose di dover chiedere istruzioni a Mussolini).

Il giorno successivo, 5 ottobre, Ciano informò Perth che, dopo aver ricevuto le istruzioni di Mussolini, egli poteva contèrmare pienamente l'impegno di non inviare altre truppe in Spagna ma che, per quanto concerneva gli aerei e i piloti non poteva essere preso un impegno formale che, se reso pubblico, avrebbe indebolito la posizione di Franco. Anche per questi due colloqui non è stata trovata documentazione negli archivi italiani. Su di essi si vedano i resoconti dell'ambasciatore Perth in BD, vol. III, DD. 334 e 335 e, sul colloquio del 4 ottobre, il Diario di Ciano sotto quella data.

Per il seguito del negoziato per la messa in vigore dei Patti di Pasqua, si veda il D. 234.

204 1 Vedi D. 163.

204 2 La decisione di ritirare prossimamente i diecimila volontari dalla Spagna-di cui Mussolini aveva già fatto parola a Chamberlain durante la contèrenza di Monaco (vedi D. 199)-fu comunicata da Ciano a lord Perth «in via riservatissima» il l o ottobre e «in via ufficiale» il 3 ottobre. Nel corso di questo secondo colloquio, Ciano chiese che fossero avviate delle trattative per mettere in vigore i Patti di Pasqua e fece presente che sarebbe stato auspicabile avere una risposta in tempo per la riunione del Gran Consiglio del Fascismo, tìssata per il 6 ottobre. Lord Perth escluse di poter ricevere una risposta in così breve tempo e chiese invece se non fosse stato possibile ritirare dalla Spagna anche un certo numero di aerei e di piloti italiani. Al che Ciano replicò che ciò poteva forse avvenire in seguito, non immediatamente. Su questi colloqui non è stata trovata documentazione negli archivi italiani. Si vedano su di essi i resoconti dell'ambasciatore Lord Perth in ED, vol. Ili, DD. 327 e 329 e, per il colloquio del 3 ottobre, l'annotazione contenuta nel Diario di Ciano sotto quella data.

205 1 Vedi D. 194, nota l.

205 2 Si veda per il seguito della questione il D. 211.

206

IL CAPO DI GABINETTO, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 1° ottobre 1938.

L'Incaricato d'Affari di Francia è venuto a comunicarmi in seguito ad istruzioni telefoniche ricevute dal signor Bonnet che il Governo Francese era a conoscenza delle intenzioni polacche nei confronti della Cecoslovacchia ed era altresì informato dell'ultimatum che il Governo di Varsavia aveva fatto pervenire a Praga.

Pur non possedendo notizie precise su tale conflitto, il signor Bionde! mi pregava di far sapere all'E.V. da parte del signor Bonnet che il Governo francese si augura che la questione venga risolta dietro comune raccomandazione dei quattro Governi firmatari dell'Accordo di Monaco nel senso di quella moderazione e di quello spirito pacifico che hanno ispirato gli accordi stessi.

Il signor Bionde! mi ha detto di avere appreso prima di lasciare l'Ambasciata che la situazione dava segni di miglioramento. Gli ho risposto che avrei comunicato quanto precede all'Eccellenza Vostra.

207

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4066/1620. Mosca, 1° ottobre 1938 (per. il IO). Riferimento mio telegramma n. 85 di ieri 1•

Ho richiamato l'attenzione di V.E. sulla corrispondenza ginevrina pubblicata ieri dalle lzvestia, non soltanto perché essa riflette indubbiamente gli umori di Mosca, ma anche perché per la prima volta viene enunciato un concetto che mi pare rivelatore delle intenzioni dei dirigenti dell'U.R.S.S.

Finora, quando criticava e stigmatizzava la mancanza di energia e di decisione della Francia e dell'Inghilterra, la stampa sovietica sembrava voler attribuire l'inazione delle due Potenze alla irresolutezza derivante dai loro dubbi sull'esito di un conflitto militare; tanto vero che, per scacciare questi dubbi, essa non si stancava di ripetere che «il blocco delle Potenze democratiche era di gran lunga più forte, militarmente ed economicamente, di quello degli aggressori».

Oggi essa cambia ragionamento e avanza un altro motivo. La «capitolazione» anglo-francese è attribuita, non più a timori di ordine militare, bensì a fattori sociali ed a timori di ordine interno.

Ecco quel che scrive il corrispondente da Ginevra, dietro l'ispirazione evidente di Litvinov:

«La possibilità della guerra ha sollevato per i dirigenti della politica inglese e francese una questione molto più seria che non quella del coraggio o della codardia individuale. Ai nostri tempi non si tratta più di guerra di piccoli o di grandi eserciti: oggi vi sono guerre di popolo. E poiché alla guerra minacciata avrebbero preso parte larghissime masse popolari, i gruppi dirigenti hanno dovuto affrontare un quesito di carattere politico-sociale: che faremo quando il popolo armato avanzerà le sue pretese e proclamerà le proprie rivendicazioni?

Questo è il problema che ha intimorito i gruppi dirigenti di Francia ed Inghilterra quando la guerra è diventata una realtà imminente. Ed avendo preso paura del popolo armato, essi hanno preferito capitolare, tradendo gli interessi nazionali del proprio Paese ... ».

Questa spiegazione mi pare molto significativa e può essere un indice di quella evoluzione della politica sovietica di cui ho già parlato in un mio precedente rapporto (telespresso n. 3935/1569 del 22 settembre 2). Obbligata a constatare il fallimento del programma della «sicurezza collettiva» che mirava in realtà a creare un blocco di Paesi democratici per spingerli in guerra contro le Potenze totalitarie per la distruzione del fascismo, oggi Mosca si rende conto che sarebbe vano proseguire sulla stessa strada. Rinunciando al gioco diplomatico della collaborazione coi governi borghesi, non le rimane quindi che riprendere la vecchia politica della propaganda rivoluzionaria diretta sulle «masse popolari». Per questo incomincia col dire a queste masse popolari in Francia ed in Inghilterra che i loro governi hanno avuto paura delle classi operaie ed hanno preferito sacrificare gli interessi nazionali pur di salvare gli interessi della classe borghese.

Il gioco appare chiaro, e non mi sembra azzardato prevedere che l'isolamento diplomatico dell'U.R.S.S. sarà accompagnato da una recrudescenza della propaganda comunista diretta da Mosca. Alla azione di sovvertimento europeo il Cremlino non aveva mai rinunciato, né poteva rinunciarvi. Esso aveva semplicemente deciso di marcare il tempo quando Litvinov era riuscito a persuadere il Politbureau ad adottare una tattica indiretta, permettendogli di farsi campione della sicurezza collettiva per cercare di guadagnare terreno attraverso il gioco diplomatico. Fallito questo tentativo, Mosca sarà inevitabilmente portata a riprendere la vecchia tattica, servendosi meno di Litvinov e più degli agenti della Comintern.

Trasmetto ad ogni buon fine la traduzione integrale della corrispondenza da Ginevra3 .

207 1 T. 5165/85 R. del 30 settembre. Riferiva in modo più sintetico sul! 'argomento qui trattato.

207 2 Vedi D. IlO. 207 3 Non pubblicata.

208

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5215/167 R. Praga, 2 ottobre 1938, ore 0,20 (per. ore 6,50).

Mi riferisco al telegramma n. 6828 in data oggi del R. Ambasciatore a Berlino 1•

Da parte mia mi permetto subordinatamente esprimere parere favorevole a quanto sottoposto da ambasciatore Attolico a V.E. Si sta facendo qui strada, dopo l'opera di S.E. il Capo del Governo, comunque considerata dai cechi nei loro riguardi, un sentimento di molta maggiore considerazione verso l'Italia fascista e si potrebbe dire, anche di simpatia. Ciò pure per disillusioni subìte altrove. Nostra partecipazione sotto qualsiasi forma ad avvenimenti che riguardano sistemazione Cecoslovacchia non potrebbe, io ritengo, che favorire nelle circostanze suddette nostra posizione qui.

Telegrafato Roma e Berlino.

209

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 5225/442 R. Berlino, 2 ottobre 1938, ore 20,30 (per. ore 23,30).

È venuto a vedermi «ufficialmente» ambasciatore di Spagna per ringraziare l'Italia e il Duce di quanto avevano fatto per salvare la pace e, con essa, la Spagna.

A titolo informativo, egli ha aggiunto, con riferimento mie precedenti comunicazioni (telegramma n. 427 1) che governo di Franco, espressamente interrogato dalla Francia sul contegno che esso avrebbe tenuto in caso di guerra generale, aveva ufficialmente risposto che si sarebbe mantenuto neutrale.

Richiesto da me di qualche impressione sulla situazione attuale, marchese di Magaz mi ha fatto comprendere che Franco si trova in questo momento assai male specialmente per quanto riguarda materiale d'artiglieria, ormai già in gran parte divenuto inutilizzabile per il troppo uso.

Non così invece dal punto di vista uomini, per i quali Franco -appena avesse potuto ritirare dal Marocco truppe inviatevi in fretta e furia per parare alle sorprese della nuova situazione-si trovava in assai migliori condizioni.

Ché, anzi, più che a cedere ad una possibile offensiva francese (che sembra in preparazione) per una mediazione fra Burgos e Barcellona in Spagna (proposta assolutamente inaccettabile), Franco avrebbe, secondo Magaz presumibilmente preferito cedere sulla questione dei volontari, dichiarandosi pronto alla loro evacuazione secondo il piano europeo nei limiti in cui questo si rivelasse pratico ed effettivamente applicabile.

Dò un certo valore a queste impressioni di Magaz essendo questi tornato da Burgos soltanto da sei giorni.

208 1 Non rintracciato. È da ritenere che comunicasse alla legazione a Praga «per informazione e parere» il T. 5184/436 R. del l o ottobre in cui era prospettata l'opportunità di inviare-a somiglianza di quanto veniva fatto dal governo britannico -un certo numero di osservatori da mettere a disposizione della Commissione incaricata di applicare gli accordi di Monaco.

209 1 Vedi D. 166.

210

IL MINISTRO A GEDDA, SILUTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 128. Gedda, 2 ottobre 1938 (per. il 17).

Mio telegramma n. 119 del 30 settembre 1938 XVI 1•

Nel confermare il mio telegramma sopra indicato ho l'onore di trasmettere, in duplici copie qui accluse, il testo integrale della comunicazione verbale fattami dal Governatore di Gedda e la relativa traduzione letterale fatta dall'Interprete di questa

R. Legazione2•

Come risulta dal Testo stesso, il Governatore ha tenuto a precisare che egli mi tàceva a suo nome personale la comunicazione di cui si tratta. Ma egli l'ha fatta leggendola da fogli intestati di cui cercava non tàr vedere l'intestazione, che invece il nostro Interprete. riusciva a vedere ed a leggere, riscontrando che era quella della Corte di S.M. Ibn Saud.

Ho avuto cura di far scrivere in Arabo dal nostro Interprete il testo che mano a mano veniva letto dal Governatore, e da esso è dato rilevare che quanto era stato scritto dalla Corte di Riad non era da comunicare letteralmente, ma doveva servire al Governatore come base della sua comunicazione. Così si spiegherebbe la poca chiarezza di qualche punto.

Come spunto della comunicazione vengono indicati l'interessamento del Governo Fascista per la conoscenza in Italia della lingua Araba e la nuova politica dell'Italia rispetto agli Ebrei.

Mi sembra però più verosimile che per la comunicazione stessa il Governo di Riad abbia voluto principalmente prendere l'occasione, che giudicava molto favorevole, dell'attuale momento politico.

21 O2 Non pubblicate.

È da ricordare come già al principio dell'agosto scorso, in seguito alla pubblicazione della relazione della Commissione Inglese sulla Palestina (Relazione Peel) il Governo Saudiano abbia chiesto di conoscere le intenzioni dell'Italia circa la sua politica rispetto ai Paesi Arabi in generale e nei riguardi del progetto inglese di spartizione della Palestina, nonché circa l'appoggio morale e materiale che essa potrebbe dare agli Arabi e circa le assistenze e gli aiuti che essa potrebbe fornire in caso di necessità.

Re Ibn Saud, se da una parte è spinto ad agire in favore degli Arabi Palestinesi dai propri interessi, dai propri sentimenti religiosi, dalla posizione di cui gode nel Mondo Musulmano, nonché dall'incitamento del Mondo Arabo e delle fanatiche popolazioni del Neged, dall'altra, con la sua realistica saggezza politica, tiene nel debito conto la propria debolezza in confronto della potenza della Gran Bretagna e la posizione del suo Stato circondato da Paesi direttamente o indirettamente sotto l'influenza inglese.

Nella comunicazione in esame, è detto che gli «Arabi per poter agire hanno bisogno dell'appoggio di una forte Potenza Europea». Si noti che si parla sempre di «Arabi» e non del Governo Saudiano o della Saudia. È evidente che Re Ibn Saud si considera in grado di poter parlare a nome di tutti gli Arabi.

Sono spiegate nella stessa comunicazione le relazioni intercorse fra la Gran Bretagna e i Paesi Arabi, per far rilevare che l'attuale politica inglese è contraria agli Arabi, specialmente in Palestina, dove è attuata col favorire le pretese degli Ebrei, e si manifesta la convinzione che tale politica sia rivolta anche contro l'Italia. Avendo la Gran Bretagna, specialmente dopo l'affermazione della Potenza Italiana nel Mar Rosso con la conquista dell'Impero, da temere, che gli Arabi coll'aiuto dell'Italia possano riuscire a sollevarsi contro di essa, il suo scopo precipuo è di lottare ad un tempo contro gli Arabi e l'Italia.

Questa affermazione della Potenza Italiana nel Mar Rosso se può far pensare a Ibn Saud che l'Inghilterra tema l'appoggio che l'Italia possa dare in favore degli Arabi, è evidente che ha indotto lo stesso Ibn Saud a rivolgersi per appoggio all'Italia, nella sua politica in contrasto con quella inglese in generale ed in particolare nella questione della difesa degli interessi Arabi in Palestina.

Non avendo, a suo tempo, conseguito lo scopo al quale mirava con i passi fatti nell'agosto scorso, Ibn Saud, incoraggiato dalle prove di simpatia e di amicizia avute dal Governo Italiano, rinnova i suoi passi in questo momento che gli sembra tàvorevole, data la posizione presa rispettivamente dall'Italia e dalla Gran Bretagna nella questione Cecoslovacca.

Questa volta, anzi, i passi sono più insistenti. Ibn Saud fa dire al suo Governatore in Gedda che «volendo parlare con chiarezza, l'amicizia fra l'Italia e gli Arabi ha bisogno di una maggiore intesa». Egli, inoltre, evidentemente tenendo presente la precedente richiesta italiana di precisazioni su quello che intendeva di fare per la soluzione della questione palestinese (richiesta che gli fu fatta in relazione ai passi da lui compiuti nell'agosto 1937 3), aggiunge che «non è possibile operare nella Penisola Arabica con l'Italia prima che siano adottati dei provvedimenti speciali, perchè l'influenza inglese attorno alla Penisola è troppo forte» e che «gli Arabi, prima di avere precise assicurazioni da parte dell'Italia non possono compiere nessuna azione».

21 O1 Sui contatti avvenuti in quella occasione si veda serie ottava, vol. VII, DD. 162, 257, 345, 471 e495.

Venendo alla conclusione, Ibn Saud, fa domandare dal suo Governatore, se l'Italia «sia disposta assumere l'incarico di sostenere gli Arabi e la loro causa in Europa» spiegando ogni azione intesa a far rilevare il trattamento ingiusto ad essi fatto e le gravi misure contrarie alla religione ed alla civiltà prese in Palestina dalla Gran Bretagna; ed impegnandosi ad agire insieme con gli Arabi nell'interesse comune in caso di complicazioni.

Un atteggiamento simile dell'Italia ed il sentimento di gratitudine che in conseguenza tutti gli Arabi verrebbero naturalmente ad avere verso il Capo del Governo Italiano, non mancheranno, secondo la comunicazione in questione, di portare ad un accordo serio tra gli stessi Arabi e l'Italia a salvaguardia dei loro reciproci interessi.

Evidentemente c'è una direttiva precisa e costante nella politica di Ibn Saud. Anche questa nuova comunicazione risponde al prudente atteggiamento da lui tenuto nella questione Palestinese: Non cedere nella difesa dei diritti degli Arabi. ma non impegnarsi in avventure rischiose senza poter contare su qualche valido appoggio.

Ibn Saud ha particolare, immenso interesse politico e religioso a che la soluzione della questione Palestinese a favore degli Arabi si trovi principalmente col suo intervento nella questione stessa.

Ciò spiega la costanza delle sue direttive politiche verso l'Italia e l'insistenza con la quale chiede l'appoggio del Governo Fascista.

Egli si rende così ben conto della posizione di superiorità riconosciuta al Duce nel Mondo, che vuole rimettere alla Sua alta autorità il giudizio sui giusti diritti degli Arabi.

Da parte nostra mi pare che sia nel nostro interesse venire quanto più possibile incontro alle richieste di Ibn Saud. Sono evidenti i grandi vantaggi che, specialmente nei riguardi delle popolazioni dei nostri territori in Africa, possono derivare da una amicizia grata dei Musulmani in genere e degli Arabi in particolare. Da una maggiore intesa con Ibn Saud sarebbero sicuri i migliori risultati per la nostra penetrazione in questo Paese. Da quest'altra sponda del nostro Impero potremmo essere perfettamente sicuri ed in essa potremmo trovare validi aiuti.

È vero che per la nostra penetrazione, si incontrerà la diftìcoltà della deficienza di mezzi finanziari da parte del Governo locale; ma le risorse petrolifere così promettenti e quelle aurifere che lasciano sperare bene, non potranno cambiare presto la situazione?

Intanto si rende indispensabile provvedere alle forniture militari già richieste da questo Governo. Altre ordinazioni verrebbero quasi certamente, e presto, soprattutto nel campo dell'aviazione. Una volta che questo Governo effettivamente non è per ora in grado di pagare subito l'intero importo delle forniture stesse, non c'è che concedere il pagamento rateale di esse. Quando le promettenti risorse petrolifere miglioreranno le condizioni finanziarie dello Stato (per ora tali da non consentire il pagamento regolare degli stipendi ai militari ed ai funzionari) si potranno saldare i conti residui delle diverse forniture.

Con il materiale militare (dopo la nuova maggiore intesa) si potrebbe cercare anche di fornire il personale direttivo tecnico, ciò che darebbe a noi la sicurezza di ogni maggiore efficienza possibile di questo Paese e la garanzia che sarebbero eliminate eventuali ingerenze a noi contrarie 4 .

21 O-l Il documento ha il visto di Mussolini.

210 1 Vedi D. 195.

211

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5250/193 R. Parigi, 3 ottobre 1938, ore 20,50 (per. ore 22,50).

Mio telegramma per corriere 0175 del l o corrente1•

Mi risulta che ambasciatore di Francia a Londra ha avuto ieri istruzioni chiedere chiarimenti su natura e portata della dichiarazione anglo-tedesca di Monaco di Baviera e di provocare da parte di Chamberlain una qualche manifestazione suscettibile sopire viva inquietudine francese.

Da ciò [ . ..2...] (del resto vago e retorico) oggi diretto a Daladier da Primo Ministro britannico.

212

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5259/170 R. Praga, 3 ottobre 1938, ore 23 (per. ore 7 del 4).

Mi riferisco ai miei telegrammi n. 165 e 166 1•

La risposta di questo governo2 , formulata nel senso da me preavvisato, si è quasi incrociata con una nuova nota ungherese con la quale Budapest sollecitava precisazio

ni e l'inizio stesso dei negoziati che questo ministro d'Ungheria rimise ieri a Krofta. Questi, nel riceverlo, non ha nascosto una viva soddisfazione per il tenore diverso da quello polacco a cui non ha risparmiato aspra rampogna. Nella conversazione ha lasciato intendere come vedasi necessità arrivare anche concessioni di territorio, senza però precisare ed ha affermato buona disposizione a che conversazioni incomincino possibilmente in settimana.

Segnalo poi particolarmente quanto segue:

Krofta ha detto al ministro di Ungheria che il signor Newton, in questi giorni, gli ha due volte offerto buoni uffici del governo britannico per regolamento questione ungherese.

Krofta afferma aver risposto che ha fiducia nelle trattative dirette e che, se mai, si aspetterà l'ultima istanza come stabilito nella Conferenza di Monaco di Baviera. Incaricato d'affari Germania3 ha poi tenuto a far sapere al ministro di Ungheria, da parte del suo governo, che Berlino appoggia Budapest nella presente circostanza.

lo ho informato nei termini opportuni mio collega ungherese della mia conversazione al ministero degli Affari Esteri l'altra sera (mio telegramma su riferito). Circa, in particolare, l'atteggiamento della Slovacchia, egli si è mostrato non perfettamente al corrente della situazione odierna al riguardo ma ha parlato della più larga autonomia che Budapest sarebbe disposta ad accordare a quella regione.

Si è molto interessato a quanto gli ho detto circa Russia Subcarpatica e ritiene che Varsavia, la quale non ha mire dirette colà, deve essere favorevole all'unione della Rutenia con l'Ungheria evitandosi così che la Rutenia stessa diventi un giorno un posto avanzato dell'Ucraina e costituisca per la Polonia una seria grave minaccia al fianco.

Per la soluzione del problema ungherese, io in particolare ritengo (specialmente in considerazione dello stato d'animo di questo governo e di questo popolo cui più irritanti sarebbero le sorprese quando le attuali ferite staranno per rimarginarsi) che occorra fare molto presto, calcolando non solo sulle settimane ma sugli stessi giorni. Con le dovute maniere occorre stringere fortemente i tempi.

Il mio collega di Ungheria ne ha convenuto tanto che pensa di andare subito a Budapest per prospettare a viva voce anche questa opportunità 4•

D. 450.

211 1 Vedi D. 205.

211 2 Gruppo indecifrabile. Probabilmente si fa qui riferimento al messaggio che Chamberlain, dopo aver firmato con Hitler la dichiarazione del 30 settembre, aveva inviato a Daladier per ribadire la sua volontà di continuare a cooperare strettamente con la Francia. Il testo del messaggio e la risposta di Daladier sono in Relazioni Internazionali, p. 705.

212 1 T. 5213/165 R. del l o ottobre e 5216/166 R. del 2 ottobre. Il ministro Fransoni riferiva di avere appreso da un alto funzionario del ministero degli Esteri che il governo cecoslovacco si apprestava ad inviare una nota di risposta a quella ungherese del21 settembre (per la quale si veda il D. l 09, nota 2) per dichiarare la sua disponibilità ad avviare delle trattative. Il funzionario aveva assicurato che da parte cecoslovacca si era pronti a tàre delle concessioni territoriali ma aveva escluso la cessione di Bratislava e aveva sottolineato l'importanza che Praga assegnava a conservare una frontiera comune con la Romania. Quanto alla Slovacchia, aveva affermato che i dissensi erano stati superati e che un accordo poteva considerarsi ormai concluso.

212 2 Il testo della nota cecoslovacca è in DU, vol. Il, D. 443.

212 3 Andor llencke.

212 4 Lo stesso 3 ottobre, il ministro Villani sollecitava, in un colloquio con Ciano, l'appoggio del governo italiano alle rivendicazioni ungheresi. Circa questo colloquio, di cui non è stata trovata documentazione negli archivi italiani, vi è nel Diario di Ciano questa annotazione: «Villani chiede il nostro appoggio per accelerare la realizzazione delle decisioni di Monaco in quanto concerne l'Ungheria. Da quanto mi dice, e soprattutto da quanto non dice, è chiaro che gli Ungheresi pensano alla Slovacchia. Errore, grosso errore, cui io sono personalmente contrario. Si avrebbe una reazione rumena, jugoslava, tedesca. Poi gli slovacchi non vogliono. E non conviene cancellare un'ingiustizia per commetterne altre». Sul colloquio si veda anche il resoconto del ministro Villani in DU, vol. Il,

213

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5258/446 R. Berlino, 3 ottobre 1938, ore 24 (per. ore 2 del 4).

Si è riunito oggi per la prima volta Sottocomitato al quale Commissione Ambasciatori ha devoluto compito studi determinazione delle «zone a carattere prevalentemente tedesco» previste dall'accordo di Monaco e che dovranno essere occupate da truppe tedesche tra il sette e il dieci prossimo venturo.

Circa la zona numero uno, era stato raggiunto un pieno accordo, rappresentante tedesco e cecoslovacco avendo mostrato molta buona volontà reciproca.

Stasera, però, allorché si è riunita Commissione Ambasciatori per dare sua approvazione tale progetto, abbiamo con sorpresa visto come tutto fosse nuovamente in alto mare e ciò perché delegato tedesco aveva ricevuto «ordine perentorio da Ribbentrop di mantenere integralmente e senza modificare neppure di un metro la cosidetta linea di Godesberg», rappresentante come è noto, il massimo delle richieste tedesche già respinte dagli anglo-francesi e dai cecoslovacchi e del quale comunque nessuno ha fatto mai parola a Monaco di Baviera. Tale atteggiamento tedesco di estrema rigidità appare preoccupante. Esso renderebbe impossibile anche semplicemente di discutere sulla nuova frontiera ceco-tedesca, cosa alla quale Francia, Inghilterra e Cecoslovacchia, sulla base della stessa lettera protocollo Monaco, si rifiuterebbero recisamente.

Si arriverebbe così a un punto morto che comprometterebbe le sorti della conferenza. Mi sembra che, dato che a Monaco-come risulta dai protocolli-della carta di Godesberg non si è mai parlato, essa non può venire ora imposta sottocomitato, puramente e semplicemente.

Unica carta che esso in questa questione conosce e può ammettere a base discussione è quella di Monaco. Linea Godesberg può essere ammessa a titolo di documentazione e noi italiani possiamo sforzarci, manovrando abilmente fra francesi ed inglesi, di farla accettare nella pratica per quanto è possibile. Ma non possiamo neanche noi accettarla come linea ne varietw'.

Si aggiunga che nei protocolli di Monaco, dopo aver detto che la «determinazione definitiva delle frontiere sarà effettuata dalla Commissione internazionale» si è persino aggiunto che «potranno essere disposte modificazioni di minore entità nella determinazione strettamente etnografica delle zone che debbono essere cedute senza plebiscito».

Domando istruzioni 1•

D. 218, nota 3).

213 1 È da ritenere che le istruzioni siano state date all'ambasciatore Attolico per telefono (vedi

214

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5334/0192 R. Londra. 3 ottobre 1938 (per. il 7).

Con telegramma n. 700 1 ho inviato il testo della lettera di dimissioni di Duff Cooper e la risposta di Chamberlain. Tali dimissioni non sono destinate ad avere alcuna ripercussione politica, ma costituiscono la prova delle difficoltà che Chamberlain ha dovuto superare anche entro il Gabinetto per attuare la sua politica.

Duff Cooper, e insieme con lui un gruppo di ministri (i soliti «Giovani Turchi» del periodo delle sanzioni, Stanley, De La Warr, Elliot, Morrison, ecc.), istigati quotidianamente da Vansittart, Churchill e Eden, hanno, sin dall'inizio della crisi, fatto di tutto per orientare l'azione del governo e lo spirito pubblico verso la guerra «inevitabile» contro la Germania. Sulla base di pretesi calcoli di carattere militare, forniti dai soliti amici di Parigi, essi sostenevano che il momento per la «guerra preventiva» contro la Germania era favorevole e che una eventuale soluzione pacifica della crisi cecoslovacca, liberando automaticamente le 30 Divisioni tedesche sul fronte cecoslovacco, avrebbe raddoppiato la potenza militare tedesca sul Reno e reso assai problematica, se non impossibile, in una guerra futura, una vittoria anglo-francese.

Chamberlain in un primo tempo ha dato indubbiamente corda a questa gente, anzi, egli si è di costoro servito per creare il fronte di resistenza nazionale e portare lo spirito pubblico britannico ad un grado di preparazione psicologica quale anche gli inglesi più ottimisti non immaginavano essere il popolo britannico ormai più capace.

La sterzata improvvisa data da Chamberlain martedì 13 settembre colla sua decisione di recarsi a Berchtesgaden, ha suscitato in tutti questi fautori della guerra contro la Germania una reazione violenta contro Chamberlain, con manifestazioni nel Paese ( v. miei telegrammi di quelle giornate) e in seno al Gabinetto e dentro il Foreign Office, dove Vansittart aveva ripreso di nuovo, durante le ultime settimane, piede e autorità.

L'insuccesso di Chamberlain nel suo secondo incontro con Hitler a Godesberg, e la posizione indubbiamente delicata, per non dire pericolante in cui, dopo Godesberg si è venuto a trovare il Primo Ministro, ha reso il gruppo dei ministri dissidenti ancora più irrequieto. Chamberlain è stato costretto infatti ad accettare, contro la sua volontà, la riunione del Parlamento per mercoledì 28 settembre. Il gruppo dei ministri dissidenti, già capeggiati nel passato da Eden, ha trovato questa volta il suo capo in Duff Cooper, il quale ha creduto finalmente poter afferrare il posto di ministro degli Esteri in sostituzione di Halifax, nell'imminente Gabinetto di concentrazione nazionale, che, come ho telegrafato il 27 settembre 2 , era già stato in massima deciso martedì e del quale avrebbero dovuto far parte Churchill, Eden e i laburisti.

214 2 Vedi D. 159.

Il rientro di Eden e di Churchill sarebbe stato, senza il tempestivo e decisivo intervento del Duce, uno dei risultati inevitabili della seduta di mercoledì. Eden e Churchill erano già pronti con due discorsi violenti, i quali nelle circostanze non avrebbero mancato di avere effetto sulla Camera, a denunciare il fallimento della politica di conciliazione condotta da Chamberlain, e indicare come unica alternativa la politica per la quale le loro persone erano state sacrificate.

Duff Cooper ha sperato di prendere vantaggio su Eden e, come ho già detto, precostituirsi, prima del facile prevedibile successo parlamentare di costui, i titoli per il posto di ministro degli Esteri, per il quale egli si era già autocandidato al tempo delle dimissioni di Eden quando egli appoggiò pubblicamente la politica di Chamberlain contro quella dell'ex ministro degli Esteri. Senonchè gli avvenimenti hanno nelle giornate di mercoledì e giovedì preso una direzione totalmente opposta a quella voluta e preparata entro il Gabinetto da Duff Cooper e fuori del Gabinetto dalla banda Eden, Churchill, Vansittart, ecc.

Dopo l'accordo di Monaco, la posizione dell'ex Ministro della Marina era divenuta insostenibile e gli stessi amici personali di Duff Cooper lo hanno consigliato a dare in fretta le dimissioni prima di essere cacciato dal Gabinetto, ciò che Chamberlain non avrebbe esitato a fare.

Gli altri del gruppo dei ministri dissidenti si sono affrettati a recitare un atto di contrizione, e sono corsi a ricevere Chamberlain al suo arrivo a Heston cercando di documentare davanti ai fotografi e microfoni grida scalmanate di hurrah al Primo Ministro.

Mi risulta che Chamberlain considera seriamente in questi giorni l'opportunità di fare piazza pulita di questa gente nel Gabinetto e anche fra i funzionari del Foreign Office.

214 1 T. 5241/700 R. del3 ottobre, non pubblicato.

215

NOTA N. 21 DELL'INFORMAZIONE DIPLOMATICA

Roma, 3 ottobre 1938.

Negli ambienti responsabili romani si considera che dopo la liquidazione del problema dei Sudeti e dei Polacchi di Cecoslovacchia, la liquidazione del residuo problema dei Magiari di Cecoslovacchia si imponga con la maggiore rapidità possibile.

È nell'interesse di tutti-compreso il Governo di Praga-di non attendere tre lunghi mesi per compiere un'operazione chirurgica che è oramai stabilita e inevitabile. È noto negli ambienti responsabili romani che il problema polacco-magiaro non figurava nell'ordine del giorno della Conferenza di Monaco e fu Mussolini che con

apposita mozione scritta di Suo pugno e subito accettata da Hitler e letta nella riunione, lo sottopose all'attenzione dei Francesi e degli Inglesi, i quali finirono per convenire che sarebbe stato pericoloso rinviare la soluzione di problemi che erano sul tappeto e urgenti.

Si fissò il termine di tre mesi, non per iniziare delle conversazioni fra Praga e Budapest, ma per concludere secondo i principì degli Accordi di Monaco.

È, quindi, secondo l'opinione dei circoli responsabili romani, necessario che i negoziati fra Praga e Budapest si attivino senza il minimo indugio. Il milione circa di magiari, ancora residenti nelle frontiere dei vecchi trattati non possono più attendere, sottoposti come sono a miserie e vessazioni di elementi responsabili e sopratutto irresponsabili cechi. D'altra parte, Praga non ci guadagna nulla e può, anzi, andare incontro a nuove complicazioni, ritardando un «fatto» che i Quattro di Monaco hanno in maniera perentoria stabilito.

L'Ungheria ha atteso venti anni per avere giustizia: non ha durante tutto questo periodo fatto nulla per turbare la pace; non ha tentato nemmeno di utilizzare i meccanismi di Ginevra nella cui Società è restata: merita che non si aspetti lo scoccare fatale dei tre mesi per restituire i Magiari all'Ungheria e completare l'opera iniziata a Monaco.

215 1 La nota fu redatta da Mussolini.

216

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1692/937. Istanhul. 3 ottobre 1938 (per. il I 2).

Con mio telegramma del 20 settembre u.s. n. 153 1 e con successive comunicazioni segnalavo che in assenza di Ri.isti.i Aras questi circoli politici e giornalistici evitavano di prendere posizione o comunque di compromettersi nella questione centroeuropea. Tale atteggiamento di prudente aspettativa e di riserbo è stato tenuto durante tutto il periodo acuto della crisi. Unica manifestazione concreta di opinione, quella del Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri, nell'intervista concessa ad un corrispondente londinese, intervista peraltro non riprodotta da nessun giornale locale (in proposito, alle notizie già da me trasmesse con i telegrammi nn. 163 2 e 165 3 sono

ora in grado di aggiungere che Numan Menemengioglu avrebbe detto al giornalista che la Turchia sarebbe rimasta neutrale pure escludendo che avrebbe mai potuto prendere posizione contro l'Inghilterra).

Il ritorno di Riistii Aras da Ginevra ha coinciso con la soluzione della crisi. È arrivato a lstanbul ieri mattina ed ecco che il giornale ufficioso di Ankara, l' Ulus, nella sua edizione del 2 corrente incomincia a bizantineggiare non più sulla questione in sé ma sui mezzi impiegati per risolverla. E così l' Ulus scrive:

«Ma vi è anche una questione di metodo. Come si vede, i trattati non sono stati riveduti con i mezzi pacifici; quando cioè l'occasione si è presentata le ingiustizie dei trattati non sono state corrette, le loro anormali disposizioni non sono state adattate gradualmente alle realtà ed alle necessità che cambiano di giorno in giorno. Ieri solamente, a Monaco, si sono riuniti per la prima volta i Quattro, per occuparsi di un determinato problema; ma i telegrammi ci informano che per dare maggior importanza alla riunione si sono messe sul tappeto la questione spagnola e questioni economiche. La conferenza a quattro è una vecchia proposta di Mussolini e ci sarebbe molto da dire sull'istituzione. Sta di fatto che si è riunita per la prima volta senza la Russia, che si è trattata e regolata una questione-giusta o ingiusta-che riguardava il territorio di uno Stato senza che questo vi partecipasse. Tutto questo non significa arrendersi ai desideri degli oppositori della S.d.N. che preconizzano questo sistema per risolvere le questioni che interessano direttamente o indirettamente l'Europa?

Ecco una nuova questione che sorge mentre si definisce la questione cecoslovacca. Attendiamo con interesse di vedere quale politica adotteranno le Potenze democratiche tenute-ed è bene che vi siano tenute-a mettere in applicazione le aspirazioni delle proprie nazioni».

In questo brano di prosa contorta si leggono parecchie cose: prima di tutto una diffidenza di pretta marca balcanica nei riguardi di un ulteriore affermarsi del patto a quattro; poi un susseguente timore che le piccole Potenze vedano risolvere i problemi che le riguardano senza neanche essere interpellate; inoltre una residuale nostalgia ginevrina ed infine un tendenzioso appello alle cosiddette Democrazie perchè non si lascino trascinare su una china pericolosa.

Da ciò si deduce che appena scongiurato il pericolo di una guerra, per la quale qui si è tremato, la Repubblica turca riprende la sua tradizionale opposizione e diffidenza verso la costituzione di un Direttorio europeo da cui essa è assente e che perciò non è mai stato di gusto del Presidente Atatiirk oramai agli sgoccioli della sua vita. Tale stato di spirito induce Rii~tii Aras a cercare di valorizzare sempre di più i popoli balcanici e le loro intese. alle quali non ha mancato di dedicare un nuovo inno nelle recenti dichiarazioni tàtte a Belgrado e qui vistosamente ri prodotte4•

216 1 T. 4745/153 R. del20 settembre, non pubblicato. Il suo argomento è qui indicato. 216 2 T. 5051/163 R. del 27 settembre. Riferiva che ad Ankara si continuava ad evitare di prendere posizione di fronte alla crisi in atto.

216 3 T. 5212/165 R. del l o ottobre. Riferiva che era stato proibito ai giornali turchi di dare notizia di un'intervista che il segretario generale del ministero degli Esteri, Menemengioglu, aveva dato al corrispondente del Dai/1· Mai!, nella quale sembrava che Menemengioglu avesse assicurato che la Turchia non si sarebbe mai trovata nel campo opposto a quello della Gran Bretagna.

216 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

217

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 5276/J 94 R. Parigi, 4 ottobre 1938, ore 19,20 (per. ore 1,10 del 5).

Faccio seguito a mio fonogramma odierno n. 6 1• Bonnet mi ha pregato di passare prima della seduta della Camera, fissata per le 3 pomeridiane, per comunicazioni urgenti.

Nell'informarmi che il Consiglio dei Ministri desiderava far pervenire al Duce espressione della più viva gratitudine del governo e del popolo francese per l'alta ed illuminata opera di mediazione da lui compiuta a Monaco di Baviera, Bonnet ha aggiunto che egli stesso, nella notte del 27 settembre, aveva sollecitato con insistenza un passo del governo britannico a Roma per ottenere intervento ed opera mediatrice del Duce. Ciò che dimostrava quanto tale intervento egli ritenesse indispensabile.

Nel darmi notizia ufficiale della decisione di provvedere senz'altro alla nomina dell'ambasciatore a Roma, ministro degli Affari Esteri mi ha detto che Daladier, al suo ritorno da Monaco di Baviera, si era immediatamente dichiarato disposto a provvedere in tal senso. E di tale decisione egli, Bonnet, era tanto più profondamente lieto e soddisfatto in quanto alla normalizzazione dei rapporti con noi sono stati diretti tutti i suoi sforzi fin dal suo avvento al potere.

Per quanto riguarda la persona da designare per Palazzo Farnese, Bonnet, in via non ufficiale, mi ha informato che la sua scelta sarebbe caduta su François-Poncet, cioè sul migliore ambasciatore di cui il governo francese oggi disponga. Data tuttavia circostanza che Poncet fa parte fino ai primi del novembre prossimo del noto Comitato per la Cecoslovacchia, ave egli sembra non agevolmente sostituibile in considerazione della sua conoscenza approfondita di persone e di cose, tale designazione non era ancora definitiva. Si riservava comunque darmi notizia ufficiale della persona prescelta (che non sarebbe stata in ogni caso Chambrun a cui nessuno aveva mai pensato) subito dopo Consiglio dei ministri di giovedì prossimo.

Bonnet ha aggiunto che pregava molto V.E. di voler in questo periodo che precede nomina ambasciatore fare opera di moderazione presso nostra stampa. Egli, dal canto suo, avrebbe fatto tutto il possibile (e già aveva iniziato a farlo) perché la stampa francese adottasse analoghi atteggiamenti nei nostri confronti. Si sarebbe in questo modo, reciprocamente creata una atmosfera più serena e propizia.

Nel dirmi che di tutto ciò egli teneva moltissimo ad informarne per il mio tramite V. E. prima della seduta della Camera e delle dichiarazioni che Daladier si preparava a pronunciarvi, Bonnet ha concluso affermando che si augurava molto e con ogni sincerità e fervore che dalle decisioni odierne potesse nascere per i due Paesi una era più feconda e migliore. Ciò che era nei suoi voti e in quelli del suo governo.

217 1 Fonogramma 5268 bis/6 R. del 4 ottobre. Dava comunicazione in forma più sintetica delle dichiarazioni di Bonnet qui riportate. Il fonogramma ha il visto di Mussolini.

218

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5279/451 R. Berlino, 4 ottobre 1938, ore 22,50 (peT: ore l del 5).

Terza Commissione torna a trovarsi in gravi difficoltà. Essa si urta contro due difficoltà entrambe gravissime: l) quale è la misura sufficiente a stabilire la «preponderanza tedesca» di cui al protocollo di Monaco; 2) su quale base statistica accertare questa misura.

Sul secondo punto i tedeschi chiedono le statistiche del 1918, i cecoslovacchi quelle del 1921 o del 1930. Ho sostenuto i tedeschi a fondo, riuscendo, in base a conversazioni 1 sia politiche che morali, a fare approvare da inglesi e francesi il «principio» del 1918.

Quanto al primo punto, cecoslovacchi domandavano il 75 per cento, tedeschi 51 per cento. Si è già arrivati al 66 per cento. È mia intenzione di proporre ulteriormente i 611 O. I 6/1 O, sulla base del 1918, mi sembrano una base più che equa per i tedeschi. Il principio dei 6/1 O, sempre sulla base del 1918, naturalmente sarebbe deciso a maggioranza semplice.

Ma, mentre da una parte delegato tedesco si è riservato di consultare proprio governo, dall'altro quello cecoslovacco ha fatto addirittura intendere che se i lavori fossero continuati sulla base del 1918 governo cecoslovacco si vedrebbe costretto a ritirarsi dalla conferenza.

Per mia parte ho dichiarato con suprema energia che neanche ritiro Cecoslovacchia farebbe interrompere lavori Commissione, la quale ha ricevuto un mandato e lo esplicherà fino alla fine e a qualunque costo.

Invio presente telegramma per informazioni anche a Praga con preghiera fare possibilmente comprendere colà che abbandono della conferenza da parte dei cecoslovacchi costituirebbe un atto di suprema follia e non impedirebbe affatto ai tedeschi di occupare le zone che sono comunque decisi ad occupare 2 .

Intanto, però, i lavori della terza Sottocommissione, per quanto sotto tutte le riserve possibili e immaginabili, continuano ugualmente 3 .

218 1 Sic. Leggasi: «considerazioni». 218 2 Un passo in questo senso veniva compiuto dal ministro Fransoni il giorno successivo (T. 5303/179 R. del 5 ottobre). 218 1 Sul documento vi è la seguente annotazione: «S.E. il Ministro ne ha parlato con Attolico. 5 ottobre».

219

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI

T. 791/63 R. Roma, 4 ottobre 1938, ore 24.

Con telegramma in chiaro vi mando testo Nota Informazione Diplomatica 1 pubblicata dai giornali di ieri sera e di stamane. Essa rispecchia punto di vista governo italiano. Datene conoscenza a codesto governo e adoperatevi opportunamente perché esso si metta senz'altro e seriamente sulla via della risoluzione anche delle giuste rivendicazioni ungheresi 2 .

220

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5300/0213 R. Budapest, 4 ottobre 1938 (pet: il 5).

Ho domandato al conte Csàky che cosa vi fosse di vero su alcune notizie circa un maggiore interessamento francese per la risoluzione della questione ungarocecoslovacca in favore de li 'Ungheria. Il conte Csàky mi ha detto che effettivamente egli doveva ritenere che la Francia cominciava ad interessarsi all'Ungheria e mostrava di riprendere quella politica che aveva seguito diciotto anni fa. Egli ne aveva avuto l'impressione con i contatti avuti a Monaco, mentre una riprova sarebbe stata il fatto che Bonnet aveva fatto chiamare appena tornato a Parigi quel ministro di Ungheria.

Il ministro degli Affari Esteri francese si è espresso col conte Khuen-Hédervary in modo favorevole alle rivendicazioni ungheresi, consigliando però il governo ungherese di mantenere l'atteggiamento più moderato nei riguardi del governo di Praga. La stampa francese si fa, d'altra parte, eco di queste disposizioni del governo.

219 1 Vedi D. 215.

219 2 Il ministro Fransoni telegrafava il giorno successivo di avere compiuto il passo prescrittogli e di avere ricevuto assicurazione che sarebbero state avviate subito delle conversazioni con gli ungheresi, ritardate alcuni giorni unicamente a causa della crisi di governo e delle dimissioni di Benes. Da parte cecoslovacca si sperava che gli ungheresi avrebbero avanzato richieste ragionevoli e in proposito si faceva anche assegnamento sull'Italia, data l'amicizia esistente tra Roma e Budapest (T. 5304/180 R. del 5 ottobre).

221

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5299/0214 R. Budapest, 4 ottobre 1938 (per. il 5).

M io telegramma n. 214 1•

Ho avuto ieri sera una lunga conversazione col ministro di Jugoslavia, che, a proposito delle rivendicazioni ungheresi, ha insistito nel rappresentarmi l'atteggiamento jugoslavo nettamente contrario alla cessione all'Ungheria di territori slovacchi e ruteni. Egli mi ha parlato a lungo e dettagliatamente delle recenti manifestazioni antiungheresi in Jugoslavia e mi ha detto che l'opinione pubblica jugoslava è decisamente avversa ad ogni possibilità di cessione di territori abitati da slavi all'Ungheria: «Stojadinovié stesso, anche se fosse di diverso parere, non potrà che cedere all'opinione pubblica così come ha dovuto farlo per la questione del Concordato2». D'altra parte, egli riteneva che il governo cecoslovacco non avrebbe mai voluto, né potuto cedere qualche cosa di più dei territori abitati puramente da magiari: la Cecoslovacchia teneva troppo, e giustamente, alla contiguità territoriale con la Romania. Mi ha detto che gli slovacchi non vorranno mai essere incorporati nell'Ungheria: il partito autonomista slovacco era una minoranza, gli stessi contadini di razza ungherese non avrebbero desiderato tornare sotto l 'Ungheria data la più progredita situazione sociale della Cecoslovacchia; nei territori rivendicati vi sarebbero moltissimi ebrei. Egli mi ha aggiunto che la Jugoslavia non può desiderare in ogni modo un ingrandimento dell'Ungheria, che potrebbe essere incoraggiata poi a rivendicare i territori assegnati alla Jugoslavia e alla Romania dai trattati di pace. Mi ha ancora citato pretesi accenni -se pure fatti da studenti o comunque da persone irresponsabili -a rivendicazioni verso la Jugoslavia nel comizio irredentistico del 22 settembre: frasi ed accenni che sono completamente smentiti dalle Autorità ungheresi.

Ha insistito nel dire, in tono di non nascosta minaccia, che la Jugoslavia considera nel modo più serio una eventuale cessione ali 'Ungheria di territori abitati da popolazioni slave: se ciò avvenisse sarebbe comunque escluso che si potesse poi parlare di intesa fra Jugoslavia e Ungheria.

Ho scritto già diffusamente sulle opinioni di Vukcevié: in ogni modo, almeno per quanto lo riguarda personalmente, in lui l'odio verso l'Ungheria è certo molto più forte di qualsiasi altra considerazione politica di più vasta portata3 .

221 1 T. 5273/214 R. del4 ottobre. Riferiva che, in contrasto con l'ottimismo manifestato a Budapest, si avevano notizie contraddittorie circa l'atteggiamento degli slovacchi, che ora sembravano orientati a costituirsi in un Stato indipendente.

221 1 Si riferisce alla decisione, annunciata utlìcialmente dal governo jugoslavo nel gennaio precedente, di non presentare al Senato per la ratifica il concordato con la Santa Sede. Sulla questione si veda serie ottava, vol. VII, DD. l 05, 120, 142 e 351.

222

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATO 6895. Berlino, 4 ottobre 1938 1

Perché ne rimanga traccia scritta, desidero ~affrettatamente quanto brevemente ~ricapitolare qui appresso le vicende delle storiche giornate del 28 e 29 settembre.

Ancora il 27, io ritenevo (mio telegramma n. 422 2) «essere ancora possibile salvare la pace». Ma questo rappresentava «la speranza che mai non muore». Sta in fatto che, per il 28 era stato deciso dal Fi.ihrer l'inizio delle operazioni 3 e che, per il 29, era stato già concordato l'incontro a Monaco, fra S.E. Ciano e Ribbentrop da una parte e Keitel, Pari ani e Valle dali 'altra·+, per la definizione di un comune piano di azione politico-militare italo-tedesca.

La mattina del 28 giungeva senza che risultasse di alcuna nuova iniziativa tendente a salvare la pace. (Seppi soltanto dopo di una iniziativa franco-inglese\ del resto destinata, come tutte le precedenti, ali' insuccesso).

Senonché, alle ore Il precise, fui chiamato al telefono direttamente dal Duce.

Il giorno successivo, Ciano, in un colloquio con il ministro Villani, tornava a consigliare moderazione nella questione della Slovacchia ma assicurava che nel caso-peraltro considerato del tutto improbabile-di un attacco cecoslovacco all'Ungheria, l'Italia avrebbe mandato immediatamente «cento caccia e relativi piloti per la ditèsa di Budapest». Anche su tale colloquio non è stata trovata documentazione negli archivi italiani: in proposito si veda il Diario di Ciano sotto la data del 5 ottobre e il resoconto del ministro Villani in DU, vol. Il, D. 461.

222' Per il quale si veda ED, vol. Il, DD. 1140 e 1155 e DDF, vol. Xl, DD. 420 e 426.

Era dal 21 marzo 1936 che il Duce non aveva più fatto questo con me, da quando cioè egli volle rassicurare personalmente che l'Italia non si sarebbe associata all'Inghilterra e alla Francia nel dichiarare la Germania responsabile, dopo l'occupazione della zona renana, di aver violato il patto di Locarno.

Questa volta il Duce mi diceva di aver ricevuto da Chamberlain la personale pressante preghiera di interporre i suoi buoni uffici presso il Ftihrer onde fare accettare una sua ultima proposta di pace. Il Duce non aveva ancora considerato la proposta stessa; si riservava di farlo più tardi, per vedere se e come avesse potuto trovarvi elementi suscettibili di utile sviluppo. Mi incaricava intanto di domandare a mezzo di Ribbentrop al Fiihrer che egli rinviasse di sole 24 ore la sua definitiva decisione già annunciata per il 28. Rinnovava la precisa affermazione di essere, e rimanere, a fianco della Germania in ogni caso.

Avverto il Duce che, essendo presente a Berlino il FUhrer, sarebbe stato meglio agire direttamente su di lui. li Duce mi autorizzava a farlo, aggiungendo che mi avrebbe richiamato al telefono alle ore 12 precise per avere una risposta.

Alle Il ,20 mi reco quindi alla Cancelleria per chiedere di vedere personalmente il Ftihrer. Arrivatovi, trovo che il Ftihrer è in colloquio con l'Ambasciatore di Francia François-Poncet, che è latore di una nuova proposta anglo-francese. L'Ambasciatore François-Poncet era entrato dal Ftihrer alle ore Il, 15.

Attesi qualche minuto per vedere se il colloquio si esaurisse. Ma ciò era impossibile, dato che il piano concertato fra Inghilterra e Francia, e che François-Poncet stava sottomettendo al Ftihrer, implicava un esame di dettaglio non suscettibile di essere contenuto in pochi minuti. Dovetti quindi spiegare al primo Aiutante del Ftihrer che il messaggio di cui ero latore non ammetteva dilazioni, tanto più avendo ricevuto ordine dal Duce di dare una risposta per mezzogiorno.

Riuscii a convincere l'Aiutante, il quale inviò al Ftihrer un biglietto scritto concordato con me. Erano le dodici meno venti.

Il Ftihrer lascia immediatamente François-Poncet e mi viene incontro, accompagnato dal solo Schmidt, in un'altra sala. Dopo appena venti parole di preambolo, io gli faccio, da patie del Duce, il seguente preciso messaggio:

l) Il Duce si trova e resterà a fianco del Ftihrer per qualsiasi evenienza. 2) In questo momento l'Ambasciatore britannico a Roma si è recato presso il Duce per comunicargli ufficialmente da parte del Governo di Londra che questo si rende garante anche presso l'Italia di una soluzione del problema sudetico favorevole ai desiderata tedeschi. 3) Il Duce chiede quindi al Ftihrer di sospendere per 24 ore soltanto qualsiasi decisione onde dargli il tempo necessario a sviluppare gli elementi di questa nuova situazione nata dalla precisa dichiarazione britannica e per studiare il mezzo migliore per darle pratica attuazione. 4) Il Duce ha la netta impressione che la Germania abbia moralmente e materialmente vinta la partita. 5) Mentre reitera ancora la sua promessa di sostenere la Germania in qualunque caso, il Duce fa conoscere che egli annetterebbe molta importanza ad una risposta favorevole del Ftihrer.

Non posso dire che il Fiihrer abbia accolto il messaggio con segni di compiacimento. Però, dopo alcuni secondi di austera riflessione, egli disse: «Mussolini mi domanda 24 ore. Ebbene, sì: ditegli che oggi alle due io avevo deciso di proclamare la mobilitazione generale e che rinvio questa decisione di un giorno».

Apro una parentesi.

Di mobilitazione generale io non avevo mai sentito (anche perché era già praticamente compiuta) parlare. Da fonte sicura avevo appreso, due giorni prima, che il 28 sarebbero state iniziate-il che significava la guerra-le «operazioni di occupazione», e ciò perché il 28 rappresentava l'ultima data utile perché l'occupazione del territorio sudetico avesse potuto essere compiuta-dico compiuta e non iniziata -il l o ottobre.

In questa situazione io avevo sentito il dovere, il giorno 26, recandomi dal Segretario di Stato Weizsacker6 per portargli il testo stenografico del discorso di Verona nonché quello stampato dei precedenti di Padova e seguenti, di far presente, a richiesta, che il Duce aveva sempre parlato nei suoi discorsi di un termine di rinsavimento da parte di Benes arrivante fino al l o ottobre.

Weizsacker aveva creduto di trasmettere questa mia osservazione a Ribbentrop, che, dopo averne fatto oggetto di ulteriori accertamenti, a sua volta ne riferì al Fiihrer. Ignoro il risultato di queste consultazioni. Sta in fatto che, nei giorni successivi, non si parlò più di apertura di ostilità, bensì di mobilitazione generale. Non ho, però, elementi sicuri per stabilire un preciso nesso di causa ed et1ètto fra i due tàtti.

Chiudo la parentesi.

Ritorno all'Ambasciata, appena in tempo per trovarmi al telefono il momento stesso che il Duce, con precisione matematica, mi richiama alle ore 12. Gli dò la risposta affermativa del Fiihrer. Egli mi domanda se questi avesse fatto suggerimenti di sorta. Gli rispondo di no. Il Duce si riserva ulteriori comunicazioni.

Immediatamente dopo, mi reco all' Auswartiges Amt, allo scopo di informare Ribbentrop del messaggio da me trasmesso direttamente al Ftihrer e delta risposta avuta, e cercare quindi di discutere con lui gli sviluppi ulteriori che l'intervento del Duce avrebbe potuto avere. Apprendo che Ribbentrop si trova alla Cancelleria col Fi.ihrer.

Vedo quindi il Segretario di Stato, dò a lui il messaggio scritto che avrei voluto trasmettere a Ribbentrop e nello stesso tempo apprendo che il piano anglo-francese che François-Poncet aveva discusso la mattina col Fi.ihrer, non faceva assolutamente al caso. Tanto per dirne una, il piano presupponeva un'entrata delle truppe tedesche nelle zone sudetiche, lasciando alle spalle, con tutti i loro cannoni, i soldati per farli eventualmente funzionare ... , tutte le fortezze cecoslovacche di frontiera ...

Ritornato all'Ambasciata, trovo che, in mia assenza S.E. il Ministro Ciano, alle 12,35, aveva personalmente telefonato un fonogramma, direttomi dal Duce, così concepito:

l) Ringraziate il Fi.ihrer per aver accettato una sospensione di 24 ore n eli'ordine di mobilitazione generale.

2) Insieme con il messaggio personale a me diretto da Chamberlain, che mi consigliava passo compiuto presso Hitler, sono a conoscenza del testo della lettera che Chamberlain ha diretto in data odierna, 28 settembre, a Hitler7•

3) Tale lettera, che sarà forse resa di pubblica ragione, e della quale in ogni modo vi trasmetto testo a parte, contiene proposte che io ritengo accettabili, e cioè ritorno a Berlino di Chamberlain per liquidare in non più di sette giorni il problema, presenti i cechi, e, se Hitler lo desidera, anche francesi e italiani.

Italia è naturalmente favorevole a partecipare.

È mia convinzione che Hitler otterrebbe in tal modo un successo che non esito a chiamare grandioso dal punto di vista concreto e dal punto di vista del prestigio mondiale.

M'impossesso di questo nuovo messaggio, recandomi immediatamente con esso per la seconda volta dal Cancelliere. Arrivato, noto sul volto di tutti -si era già formata una vera e propria folla di personalità-una intensa emozione. L'esito del mio primo passo aveva creato in tutti un senso di suprema speranza e di fiducia. Alla Cancelleria, nella stanza designatami per l'udienza, trovo per caso anche Goring e Neurath, assente-anche questa volta-il Ministro degli Esteri. Goring mi domanda ansiosamente il contenuto del nuovo messaggio del Duce. Glielo mostro e gli domando se egli si impegnava a sostenerne le domande presso il Ftihrer. Analoga richiesta rivolgo a von Neurath. Goring, dopo aver ponderato il messaggio, mi risponde senza esitazione di sì. Egli aggiunge testualmente: «Noi vogliamo i Sudeti. Se questo debba richiedere qualche giorno di più invece che di meno, non conta. Vi prometto di usare tutta la mia influenza col Ftihrer nel senso desiderato da Mussolini».

Sempre presenti Goring e Neurath, entra il Ftihrer. Neurath gli traduce dall'italiano in tedesco il messaggio del Duce. Il Ftihrer esita a rispondere, tanto più che nella sua mente si crea confusione fra la nuova proposta Chamberlain menzionata nel messaggio del Duce, e la proposta anglo-francese che egli aveva discusso tutta la mattina e finalmente rigettata. Capisco che il Ftihrer non aveva ricevuto la lettera di Chamberlain di cui parlava il Duce nel suo secondo messaggio e che, nel dubbio che si trattasse della stessa cosa, si preparava a resistere alla domanda. Chiarisco immediatamente l'equivoco, assicurando doversi trattare di un documento e di una proposta assolutamente nuova e offrendomi di andare ali' Ambasciata per prendere il testo della lettera Chamberlain. Il Ftihrer acconsente ed io riesco così a !asciarlo a quattr'occhi con Goring e Neurath, dando loro l'agio ed il tempo per esercitare su di lui quelle amichevoli pressioni che in mia presenza non potevano osare di fare.

Alle ore 14,30 riesco ad avere, dettatomi direttamente da S.E. il Conte Ciano, il testo inglese della lettera di Chamberlain a Hitler. Rientro quindi per la terza volta dal Ftihrer, il quale riceveva nello stesso momento l'atteso documento attraverso l'Ambasciata britannica.

Il Ftihrer si convince allora trattarsi di una proposta nuova, appoggiata questa, strenuamente, da Mussolini. Egli comincia tuttavia a ragionarci su e dice che, scottato dall'acqua calda, aveva ormai paura anche della fredda. Egli ricorda che, a Godesberg, Chamberlain gli aveva fatto comprendere che avrebbe sostenuto nei confronti di Praga il memorandum tedesco8 . Invece, ritornato a Londra, il Primo Ministro inglese, in presenza di una nuova ondata contraria dell'opinione pubblica e del Parlamento, era ritornato sulle sue promesse, contentandosi di trasmettere il memorandum tedesco a Praga puramente e semplicemente, ma in pratica lavandosene le mani. «Non voglio-mi dice il Ftihrer-che una cosa simile possa accadere nuovamente».

Gli rispondo che la nuova proposta Chamberlain e la lettera con cui egli la aveva accompagnata a Mussolini, implicavano un tàtto nuovo, vale a dire la garanzia inglese della esecuzione dell'evacuazione ceca data non solo alla Germania, ma anche all'Italia; che quindi il Ftihrer poteva essere sicuro che Mussolini avrebbe egli stesso preteso la piena esecuzione degli accordi cui eventualmente si arrivasse; essere d'altra parte evidente come, ormai, il giuoco fosse arrivato a tal punto che tanto Chamberlain come Daladier sarebbero stati costretti a stand or

fa!! sopra quella che sarebbe stata l'ultima parola della nuova e più lata conferenza proposta. Il Ftihrer è favorevolmente impressionato dalle mie considerazioni. Egli dice, però, che avrebbe potuto accettare la proposta a due condizioni: l) che non fossero oltrepassati alcuni limiti, oltre i quali la Germania non avrebbe potuto cedere in nessun caso;

2) che alla nuova conferenza fosse intervenuta l'Italia e per essa lo stesso Duce. Lasciava quindi a lui la scelta della località e dell'ora. Egli pensava, però, che la conferenza avrebbe dovuto tenersi nella mattinata dell'indomani. Proponeva quindi che incominciasse alle 8 del mattino. Gli feci riflettere che, sia che il Duce fosse arrivato per treno, sia che fosse arrivato per aeroplano, le ore 8 rappresentavano una fisica impossibilità. Egli indica quindi le ore Il, aggiungendo che le località più opportune potevano essere, a seconda delle preferenze del Duce, Monaco o Francoforte. Mi pregava di fargli avere una risposta immediata del Duce, giacché egli non avrebbe mandato alcun invito a nessun altro se non fosse stato prima sicuro della presenza di Mussolini alla conferenza. Aggiungeva che avrebbe concretato per opportuna conoscenza del Duce, e del solo Duce, quelle che gli sembravano poter essere le ultime e definitive concessioni della Germania.

Ritorno ali' Ambasciata, riuscendo pochi minuti prima delle 15 ad avere, a mezzo di S.E. Ciano, la risposta favorevole del Duce. Ritorno quindi una quarta, ed ultima volta, alla Cancelleria, dove il Ftihrer stava finalmente facendo colazione. Sono costretto a domandare ch'egli la interrompa. Gli comunico la risposta con le seguenti parole: «Domani, alle Il a Monaco».

Hitler ne è evidentemente soddisfatto e vedo, per la prima volta nella giornata, affiorare sul suo volto un sorriso. Egli mi fa quindi consegnare i punti fermi 9 già da lui dettati, e che avrebbero potuto servire come base e limite insieme per la Conferenza dell'indomani. Mi comunica pure che egli procederà immediatamente anche all'invito di Chamberlain e Daladier, con esclusione dei cechi.

L'invito a Chamberlain e Daladier viene immediatamente trasmesso, dai rispettivi ambasciatori, a Londra ed a Parigi. Si è costretti ad attendere qualche tempo prima di averne la risposta, dato che Chamberlain si trovava alla Camera dei Comuni nel mezzo di un grande discorso che non si trovava modo di interrompere 10 .

Alle ore 4,30 pom. comunico a S.E. Ciano la conferma dell'incontro di Monaco. Intanto, il Conte Magistrati aveva telefonato a S.E. Ciano i 5 punti di Hitler. Il Ministro li aveva trovati-come erano-ragionevolissimi.

Insieme con gli Ambasciatori di Francia e di Inghilterra, parto la sera alle Il con treno speciale per Monaco. Alla stazione apprendo. sempre da fonte riservata ma assolutamente sicura, che le proposte ultime che il FUhrer. sotto l'influenza di Gèiring e di Neurath, aveva egli stesso dettate. erano state ulteriormente assoggettate a revisione e che elementi perturbatori erano riusciti a farle trasformare sì da renderne assai difficile a Chamberlain l 'accettazione.

Prendo buona nota di tutto questo per riferirne al Duce.

Il giorno 29 alle Il il Duce arriva-in mezzo ad un'accoglienza trionfale-a Monaco. La folla gridava «Duce, Duce» come «Pace, pace». Distintissimi i gridi di «Duce sal-va-to-re».

Sono ricevuto, presente S.E. Ciano, dal Duce alle ore 12 al Palazzo Principe Carlo. Lo informo affrettatamente della situazione e soprattutto del «cambiamento di carte» che si cercava di perpetrare. Lo avverto che, per informazione avutane attraverso l'Ambasciatore d'Inghilterra-col quale, a differenza che con quello di Francia, mi ero tenuto a strettissimo contatto-le prime proposte del FUhrer, quelle cioè telefonate al Conte Ciano, erano per l'Inghilterra, salvo dettagli secondari, accettabilissime. L'Ambasciatore inglese non poteva rispondere che lo fossero altrettanto quelle ulteriormente preparate.

Il Duce prende atto dell'informazione.

Sullo svolgimento della conferenza non riferisco ulteriormente, perché nessuno meglio del Duce, che ha praticamente dominato e diretto i lavori della conferenza, può tàrlo.

Mi contenterò qui di dire soltanto che il Duce, con mossa altrettanto rapida quanto geniale, anziché lasciare ai tedeschi il tempo di presentare delle proposte proprie, che in questo caso sarebbero state le nuove-inaccettabili-ha presentato come proposte proprie quelle «originali» del FUhrer, facendole adottare, illico et immediate, dalla conferenza come base di discussione. Nessuno ha fiatato. Fu così stroncato sul nascere ogni tentativo di sabotaggio della conferenza.

Le proposte presentate dal Duce sono le seguenti:

La cessione in principio al Reich dell'insieme del territorio dei tedeschi dei Sudeti (vedi carta annessa al memorandum) sotto riserva degli eventuali aggiustamenti che potranno essere resi necessari dal plebiscito nei territori in dubbio, dovrà farsi con le modalità seguenti:

l) Inizio dell'evacuazione alla data del 1° ottobre; 2) Le Potenze garanti, Inghilterra, Francia e Italia, garantiscono alla Germania che l'evacuazione del territorio sarà realizzata entro il l O ottobre senza distruzione delle installazioni esistenti; 3) Le modalità dell'evacuazione saranno precisate da una Commissione Internazionale composta dei Rappresentanti della Germania, dell'Inghilterra, della Francia, dell'Italia e della Cecoslovacchia; 4) l territori in dubbio saranno occupati da forze internazionali tino alla realizzazione del plebiscito. La base del plebiscito ai termini del memorandum tedesco sarà la modalità usata per il plebiscito della Saar. La delimitazione definitiva della frontiera sarà stabilita da una Commissione Internazionale; 5) L'occupazione a tappe da parte delle truppe tedesche della regione apreponderanza tedesca comincerà il lo ottobre.

A queste il Duce fece seguire, formulata e scritta di suo pugno, la stipulazione riguardante le rivendicazioni magiare e polacche. AtTermo per la verità storica:

l) Se il Duce non avesse prima, con tutti i discorsi tenuti nel Veneto, dato al Filhrer la precisa sensazione della piena ed assoluta solidarietà dell'Italia, facendo comprendere che egli sarebbe stato e rimasto al suo fianco in ogni caso, Hitler non avrebbe mai accettato la proposta di rinviare di 24 ore l'inizio delle operazioni belliche.

2) Se il Duce avesse chiesto al Fi.ihrer l'accettazione pura e semplice della proposta Chamberlain, di primo acchito, Hitler l'avrebbe certamente rifiutata. Facendo invece precedere alla domanda Chamberlain quella preliminare di un rinvio di sole 24 ore~ a cui per le ragioni sopradette il Filhrer non poteva, in omaggio al Duce, ritìutarsi ~egli ha prodotto nell'animo del Filhrer quel tanto di distensione che ha permesso poi, in un secondo momento, di poter fare accettare al Fi.ihrer il contenuto sostanziale della nuova proposta Chamberlain.

3) Se il Duce non avesse, presentando delle proposte proprie, stroncato ogni tentativo di sabotaggio della conferenza, anche la conferenza a quattro, nello stesso modo delle precedenti anglo-tedesche, sarebbe altrettanto certamente quanto miseramente. fallita 11 •

221 3 Lo stesso 4 ottobre, l'ambasciatore Attolico comunicava, per telefono, al segretario della Wilhelmstrasse, von Weizsacker, che il governo italiano non era favorevole alla cessione della Slovacchia all'Ungheria, cessione alla quale era contraria la Romania e soprattutto la Jugoslavia che l'Italia non intendeva dispiacere. Von Weizsacker rispondeva che il governo tedesco, pur non avendo deciso in proposito, non vedeva positivamente l'incorporazione della Slovacchia nell'Ungheria, tanto più che Budapest si era sempre limitata a chiedere. per la Slovacchia, l'autonomia o l'autodeterminazione. Si veda in proposito il promemoria di von Weizsacker in DDT, vol. IV, D. 26: negli archivi italiani non è stata trovata documentazione di istruzioni ad Attolico concernenti il passo da lui compiuto, né risulta che l'ambasciatore abbia ritèrito in proposito.

222 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. Risulta, peraltro, che il documento tu inviato in visione a Mussolini il 7 ottobre.

222 2 Vedi D. 162.

222 3 Vedi D. 152.

222 4 Vedi D. 147, nota 5.

222 6 Si veda su questo colloquio l'appunto di von Weizsacker in DDT, vol. Il, D. 611.

222 7 Testo in BD, vol. Il, D. 1158.

222 8 Vedi D. l 05, nota 1, su h 6.

222 9 Testo in DDT, vol. Il, D. 669.

222 10 Nel suo discorso, Chamberlain aveva riferito sugli sforzi compiuti dal suo governo per giungere ad una soluzione pacifica del problema dei sudeti ed aveva terminato comunicando la notizia, giuntagli in quel momento, dell'incontro fissato a Monaco. Il testo del discorso è in Relazioni Internazionali, pp. 699-704.

222 11 Il documento ha il visto di Mussolini.

223

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4843/1872. Sofia, 4 ottobre 1938 (per. l '8).

Telegramma per corriere di V. E. n. 15129 del 23 settembre u.s. 1• Ho attentamente letto e meditato il telegramma per corriere di Vostra Eccellenza

n. 15129, del 23 ultimo.

Della visita di Stojadinovié qui, si continua a parlare senza ancora determinare date. Secondo questo Ministro di Jugoslavia 2 , in relazione alla situazione generale europea, essa potrebbe subire qualche ritardo rispetto all'epoca fin qui di massima prevista: comunque, come egli mi ha più volte ripetuto, sta oramai al Governo di Sofia di stabilire il momento. Il Governo, giusta quanto ho segnalato a Vostra Eccellenza, è tuttora assente al completo dalla Capitale per assistere al termine delle manovre ed alle celebrazioni del ventennale di Regno del Sovrano in Filippopoli: e tale assenza, anzi, non ha mancato di destare qualche sorpresa, data la situazione degli scorsi giorni che avrebbe consigliato la presenza nella capitale almeno delle principali personalità del Gabinetto. Comunque è da presumere che al prossimo ritorno in sede di Kiosseivanov, intorno alla visita di Stojadinovié si prenderanno decisioni.

Nel frattempo, anche il nervosismo inerente alla situazione dei giorni immediatamente precedenti il Convegno di Monaco, ha valso qui a manifestare lo stato d'animo bulgaro verso la Jugoslavia, giacché è bastato il provvedimento preso da parte dell'Amministrazione jugoslava delle ferrovie di ritiro e di concentramento allo scalo di Zaribrod, alla frontiera bulgaro-jugoslava, di parte del materiale rotabile prestato da quella Amministrazione alle ferrovie bulgare per i trasporti stagionali, specie di uve, dalla Bulgaria, per ingenerare in questo Paese una immediata reazione di voci di misure militari jugoslave contro la Bulgaria, con un conseguente sollevamento dell'opinione pubblica contro la Jugoslavia. Pure il provvedimento nella situazione degli scorsi giorni appariva anche a prima vista giustificatissimo, tanto più che, come mi diceva questo Ministro di Jugoslavia, il materiale rotabile in questione si era reso necessario in rapporto a misure militari prese particolarmente, a quanto egli mi affermava, alla frontiera ungaro-jugoslava. Nondimeno, mi riferiva il medesimo Ministro di Jugoslavia, il Governo stesso di Sofia si era reso interprete di quelle voci di minaccia jugoslava alla frontiera bulgara, sì che il Direttore degli Affari Politici era personalmente venuto a chiedergli dei chiarimenti. Naturalmente egli aveva energicamente smentito tali voci, dopo essersi per massimo scrupolo sin cerato telefonicamente della cosa a Belgrado: dopo di che, per calmare l'o

223 2 Momcilo Yuricié.

ptmone bulgara, era stato diramato d'accordo il comunicato di cui ho riferito a Vostra Eccellenza con mio telespresso del 2 ottobre u.s. n. 4816/18553, che riportava l'accaduto nei suoi limiti reali.

Rimane tuttavia il fatto, a mio subordinato parere sintomatico, che in un momento di tensione, e nonostante l'ultra prudente atteggiamento di questo Governo durante tutto lo svolgersi della situazione, è contro la sola Jugoslavia, fra le quattro Potenze confinanti con la Bulgaria, che è esploso il malumore di questo Paese.

Ciò, a mio avviso, dimostrerebbe che il cammino fra Sofia e Belgrado è più lungo di quanto non possa credersi, specie poi dopo la nuova sicurezza data alla Bulgaria dall'Accordo di Salonicco4 , che una volta di più manifesterebbe così la sua funzionalità sostanzialmente anti-jugoslava. E questo più che mai corrobora il giudizio di Vostra Eccellenza, a tenore del Suo telegramma per corriere surriferito, che a noi conviene favorire il consolidamento delle relazioni bulgaro-jugoslave, giacché il periclitare di queste segnerebbe, prevedibilmente, il vincolamento della Bulgaria ad un sistema divergente dai nostri interessi. Il che è sì vero che non è mancato, per contro, chi abbia autorevolmente affermato qui, per quanto la cosa mi sembri per ora poco credibile, che nelle recenti riunioni economiche bulgaro-greche in Salonicco, già da me segnalate a Vostra Eccellenza, la Bulgaria avrebbe addirittura dichiarato la propria rinuncia allo sbocco economico in Egeo, assicuratole dall'articolo 49 del Trattato di Neuilly, vale a dire avrebbe, in altri termini, negoziato con quella rinuncia le migliori condizioni del proprio sbocco a Salonicco, cioè del proprio assorbimento in un sistema economico-politico divergente dagli interessi e jugoslavi e nostri. Ciò che se non è vero, come credo, rivela però, con ogni verosimiglianza, sia le reali direttive grecoturche e finalmente franco-inglesi, sia le ulteriori possibilità di slittamento bulgaro.

In questa alternativa della politica bulgara, ulteriore slittamento verso le Potenze base dell'Intesa Balcanica, Turchia e Grecia, o consolidamento delle relazioni bulgaro-jugoslave, mi corre peraltro l'obbligo di far ancora una volta presente all'Eccellenza Vostra, quanto già ebbi ad esporle con mio rapporto del 30 agosto u.s. n. 4270 5 , circa quella che quantomeno qui è apparsa una minaccia jugoslava alla sicurezza e alla indipendenza bulgara.

Ripeto che non potrei permettermi di pronunciarmi sulle possiblità in un successivo futuro di un «Anschluss» bulgaro alla Jugoslavia, se tant'è che possa usarsi un termine proprio d eli'azione pangermanica per un Paese che della Germania non ha peranco l'alta civiltà e la solida struttura etnica e unitaria, né sta a me di vagliare se sia nel nostro interesse tale futura soluzione, che ragioni etniche e l'esperienza della storia possono far supporre implicherebbero l'orientamento di una più grande Jugoslavia, rivierasca anche del Mar Nero, piuttosto verso la Russia che verso di noi: quel che per il momento mi pare si possa affermare è che la Bulgaria non ha nessuna intenzione di farsi assorbire, che è disposta a lottare con ogni mezzo contro tale assorbimento e che ogni minaccia jugoslava, o creduta tale, fa riaffiora

223.1 Non pubblicato. Il suo contenuto è qui indicato. 223 4 Riferimento al trattato tra Bulgaria, Grecia. Romania e Turchia del 31 luglio 1938 (MARTENS,

vol. XXXVI, p. 32). 223 5 Vedi serie ottava, vol. l X. D. 454.

re il substrato antiserbo del sentimento bulgaro, che traspare per ogni dove, fin nei canti militari e popolari e sospinge la Bulgaria a cercare non impossibili intese su altri fronti.

Da tutto ciò, se l'Eccellenza Vostra accoglie la mia opinione, Vostra Eccellenza vorrà desumere che, come già Le scrissi, e come, a tenore del mio te! espresso del 6 settembre u.s. n. 4382/1714 6 , esplicitamente ebbe a dirmi questo Direttore degli Aftàri Politici al Ministero degli Affari Esteri, l'iniziativa di un consolidamento delle relazioni bulgaro-jugoslave spetta piuttosto a Belgrado che non a Sofia, dalla quale alla Jugoslavia non si chiede concretamente gran cosa, facilitazioni di frontiera o introduzione di pubblicazioni bulgare in territorio jugoslavo, ma ove una cosa parrebbe invece sostanzialmente importante e nell'interesse jugoslavo e nel nostro: e cioè un effettivo miglioramento di atmosfera, entro la quale si dissipino i sospetti bulgari di più o meno trasparenti mire jugoslave su questo Paese, e si inizi fra i due Stati balcanici quella reale e sincera collaborazione, nella quale trovino concreti vantaggi essi stessi e, con essi, noi, sia col partecipare a tale collaborazione sia col regolarla col peso della nostra potenza, se non anche ove occorra della nostra pressione. Il che poi, se, nonostante tutto, gli eventi dovessero un giorno volgere necessariamente ad un assorbimento della Bulgaria da parte della Jugoslavia, ci permetterebbe comunque di pesare su tale evoluzione politica in modo da trarne i possibili vantaggi.

Che peraltro da parte di Stojadinovié già si pensi a qualcosa di più che ad accontentare le non gravi richieste bulgare pendenti, potrebbe manifestarlo, sia quanto ebbe a dirmi a suo tempo questo Ministro di Jugoslavia, ed io riferii a Vostra Eccellenza con mio telegramma n. 178 del 9 settembre u.s. 7 , sia la voce che circola in questi ambienti politici di una possibile proposta jugoslava di un accordo culturale con la Bulgaria, entro il quale fra l'altro troverebbe soluzione non poco di quelle richieste.

Certo più il tempo passa e meglio sembra rivelarsi la sicurezza raggiunta dalla Bulgaria sugli altri fronti, più è da presumersi che l'atteggiamento bulgaro possa divenire maggiormente esigente. Con mio telegramma filo n. 207 del 23 settembre u.s. 8 ho riferito a Vostra Eccellenza il concreto interessamento che qui si afferma avrebbe assicurato questo Presidente del Consiglio ai rappresentanti delle minoranze, fra cui quelli della minoranza macedone.

Per mia parte non manco, come non ho mancato per l'addietro, in cordialissimo contatto con questo Ministro di Jugoslavia, col quale sto in amichevoli rapporti, di fare il necessario per promuovere una migliore volontà bulgara verso Belgrado: ma, salvo

223 R Con T. 4876/207 R. del 23 settembre, il ministro Talamo aveva riferito che il suo collega di Germania notava «con qualche soddisfazione» il delinearsi in Bulgaria di un serio movimento di opinione a sfondo nazionalista rivolto soprattutto verso la Dobrugia romena. Una prospettiva che invece suscitava preoccupazione nel ministro di Jugoslavia, per i possibili riflessi sulla questione macedone.

diverso avviso di Vostra Eccellenza, per le ragioni più sopra esposte, ho l'impressione che la prima e per ora più efficiente nostra attività in quel senso potrebbe svolgersi anzitutto a Belgrado.

223 1 Ritrasmetteva il D. 27.

223 6 Non rintracciato.

223 7 T. 4392/178 R. del 9 settembre. Riferiva che, secondo il suo collega di Jugoslavia, la Bulgaria «stava slittando verso il sistema franco-inglese» ma che era ancora possibile trattenerla dal procedere in quella direzione perché il governo jugoslavo, mentre escludeva di poter discutere il problema minoritario macedone, era disposto a dare il suo aiuto sul piano economico, cosa di cui la Bulgaria, Paese povero, aveva urgente bisogno. A ciò-aveva aggiunto Yuricié-poteva cooperare con efficacia anche l'Italia.

224

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 5302/453 R. Berlino, 5 ottobre 1938, ore 19,50 (per. ore 21,30).

La crisi delineatasi fin da ieri 1 è scoppiata, violenta come un uragano, iersera.

Il Filhrer, appreso delle tergiversazioni franco-cecoslovacche in seno commissione, tornava improvvisamente dal fronte sudetico a Berlino iersera. A mezzanotte, Ribbentrop comunicava a Poncet che se la Cecoslovacchia non accettava per oggi a mezzogiorno la linea di Godesberg Germania avrebbe occupato con le armi territori in questione fin dal giorno 7.

I lavori della terza Sottocommissione venivano quindi sospesi e incominciava un intenso ed emozionante lavoro diplomatico di retroscena a cui non solo io sono stato chiamato partecipare, ma sono stato anche pregato dai miei colleghi di agire da intermediario e da compositore.

Interrogato per telefono, questo Comitato rispondeva, del resto, che non sollevava obiezioni alla regola del 50%.

Ho quindi visto Ribbentrop due volte ed altrettante questi ha visto Hitler il quale, pur rassicurato sulle nostre precise intenzioni ha voluto una soluzione totalitaria e immediata della questione.

Dopo infinite negoziazioni e consultazioni con i colleghi si è convenuto: l) di firmare un protocollo 2 accettante come statistica quella del 1918 e le proporzioni del 51%; 2) di accettare come definitiva una carta tracciata sulla base dei criteri di cui sopra e da noi appositamente controfirmata; 3) di prendere su noi Potenze rappresentate a Monaco, con esclusione Cecoslovacchia, responsabilità delle decisioni adottate disponendone, come a Monaco, notifica al governo di Praga per la sua eventuale acquiescenza.

Si è infine convenuto di non dare alla stampa alcuna comunicazione dell'accaduto né, per ora, delle decisioni prese 3•

224 2 Testo in DDT, vol. IV, D. 30. 224 1 11 documento fu inviato in visione a Mussolini.

224 1 Vedi D. 218.

225

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, CAPECE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5310/110 R. Bucarest, 5 ottobre 1938, ore 23,45 (per. ore 1,20 del 6).

Questo ministro Affari Esteri mi ha fatto chiamare e mi ha pregato di fare a V.E. la seguente comunicazione: governo romeno è rimasto molto sensibile a quanto V.E. ha detto al ministro Zamfirescu circa i rapporti italo-romeni 1• Varie volte, sia da parte romena che da parte italiana, si è espressa intenzione tali rapporti 2• Senonché, è sempre sventuratamente mancato il sincronismo tra le manifestazioni di tali intenzioni, dovuto alla politica del passato e specialmente ad un eccessivo lealismo della Romania nei riguardi delle proprie alleate Jugoslavia e Cecoslovacchia ed a una sua supersensibilità nei confronti dell'amicizia itala-ungherese.

Secondo ministro Comnen, sarebbe forse oggi giunto il momento per «revisioner nos politiques mutuellement dans le sens d'un rapprochement entre !es deux pays)) e giungere così a quella politica di collaborazione che egli ha desiderato fin dal primo giorno della sua assunzione al ministero degli Affari Esteri. Mi ha rassicurato di essere in ciò fedele interprete della volontà del Sovrano dal quale era stato ricevuto in udienza pochi momenti prima del nostro colloquio e dal quale aveva ricevuto istruzioni al riguardo. Comnen sarebbe infine oltremodo grato a VE. se volesse quindi fargli conoscere il suo pensiero al riguardo 3•

226

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, CAPECE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5309/111 R. Bucarest, 5 ottobre 1938, ore 23,45 (pe1: ore 2,30 del 6).

Ministro degli Affari Esteri nel colloquio che ho avuto stamane con lui 1 mi ha pregato anche di esporre a V.E. quanto segue: «Il governo cecoslovacco ha fatto un passo urgente a Bucarest attirando attenzione del governo romeno sul nuovo pericolo che minaccia esistenza stessa della

Cecoslovacchia. La pretesa cioè del governo ungherese di ottenere tra le altre zone della Cecoslovacchia anche quella rappresentata dalla Rutenia abitata da magiari che si trovano presso la frontiera della Romania e su cui passa la ferrovia Halmeu-Kosice. Se Cecoslovacchia perde questa ferrovia, resta per sempre chiusa fuori dal mondo non germanico ed in tale caso preferisce perire combattendo o divenire addirittura una provincia tedesca.

Governo cecoslovacco è quindi disposto a concedere ad Ungheria zona compresa tra Bratislava e Kosice ma proporrebbe a sua vicina del Sud, per quanto concerne minoranze magiare in Rutenia, uno scambio di popolazione con minoranze slovacche residenti nella pianura ungherese.

Se per Cecoslovacchia questa questione è assolutamente vitale, per la Romania è della massima importanza, perché è a mezzo quella ferrovia che si fanno i normali scambi di prodotti tra i due Paesi. Inoltre, Romania crede che è di interesse generale che sia conservata una frontiera comune romena-cecoslovacca e che inoltre sarebbe molto pericoloso creare nuove minoranze slave in Ungheria2».

Ministro degli Affari Esteri, che mi ha anche detto che governo cecoslovacco ha intenzione di domandare una zona franca nel porto di Costanza, sarebbe oltremodo grato a V.E. se volesse fargli conoscere quale è in questa questione il vostro punto di vista.

225 1 È da ritenere che si faccia qui riferimento al colloquio di Ciano con il ministro Zamfirescu del 23 settembre, di cui al D. 124: negli archivi italiani non si è trovata documentazione di altri colloqui avvenuti in quei giorni tra Ciano ed il rappresentante romeno.

225 2 Sic.

225 3 Successivamente, Capece telegrafava (T. 5312/112 R. del 5 ottobre) che le dichiarazioni di Comnen rispecchiavano uno stato di spirito che era da tempo latente a Bucarest, la cui manifestazione era stata affrettata «dall'improvviso timore di giungere troppo tardi» dopo quanto era accaduto a Monaco ma davano anche l'impressione che finalmente il ministro degli Esteri romeno cominciasse a comprendere il ruolo che spettava all'Italia nell'Europa Orientale.

226 1 Vedi D. 225.

227

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO, BUTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO CONFIDENZIALE. Roma, 5 ottobre 1938.

Il Ministro di Romania ha avuto incarico dal suo Governo di portare confidenzialmente a conoscenza dell'E.V. quanto segue.

Il Ministro cecoslovacco a Bucarest1 ha informato il Governo romeno che l'Ungheria ha chiesto l'occupazione simbolica di due città slovacche, situate rispettivamente una nella Slovacchia sud-occidentale e l'altra nella Slovacchia sudorientale. La prima città da essere scelta tra le seguenti tre: Komarom, Parkany, lpolysag; la seconda da essere scelta tra le seguenti tre: Satorajuihely, Csap, Beregszasz.

Il Governo cecoslovacco accetta l'occupazione simbolica delle due città slovacche, però solo nella Slovacchia sud-occidentale, non nella Slovacchia sud-orientale (Rutenia, Slovacchia sub-carpatica).

Contemporaneamente, il Ministro cecoslovacco a Bucarest ha informato che il Governo di Praga chiede che la questione della Rutenia (Siovacchia sub-carpatica) sia rimessa o alla Commissione internazionale, di cui alle deliberazioni di Monaco, o alla riunione delle 4 Potenze per un'equa soluzione.

Il Governo cecoslovacco considera queste le sue estreme concessioni in risposta alla domanda ungherese.

Il Governo romeno, nel portare quanto precede confidenzialmente a conoscenza deii'E.V., domanda al Governo italiano se non creda di usare i suoi buoni uffici presso il Governo di Budapest affinché la risposta di Praga sia accettata, evitando così possibili conseguenze spiacevoli 2 .

226 2 A questo proposito Ciano annotava nel suo Diario, sotto la data del 7 ottobre: «Non capisco l'opposizione romena. Dato che ormai la Cecoslovacchia non sarà che un'appendice della Germania, ci tengono proprio, questi bravi romeni, ad avere la tì·ontiera comune con i tedeschi? Non capiscono che il contatto polacco-magiaro sarebbe proprio un barrage in loro favore? E nella nostra situazione è molto delicato il dirlo».

227 1 Ferdinand Veverka.

228

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4125/1656. Mosca, 5 ottobre 1938 (per. il 10).

Gli avvenimenti della scorsa settimana hanno posato, nei rapporti fra l'U.R.S.S. e la Francia, un interessante quesito di politica estera che può essere così formulato: quale sarà, nella situazione nuova creata dalla soluzione della crisi cecoslovacca, il valore e la portata potenziale del patto franco-sovietico?

Questo patto, come Litvinov ha recentemente ricordato a Ginevra, era stato concluso, nel maggio 1935, quale parte di un sistema di patti bilaterali di mutua assistenza che doveva sostituire il progettato patto regionale, fallito in seguito al rifiuto a parteciparvi della Germania e della Polonia. Esso era cioè complementare al trattato di alleanza franco-cecoslovacco e al patto sovietico-cecoslovacco.

Sul documento vi sono le seguenti annotazioni: «Informare il Bne Villani per informazione del suo governo. S.E. il M. 7/10» e «Informato Villani. Veniva da S.E. il M. che gli aveva detto che l'Italia appoggiava le rivendicazioni sulla Russia Subcarpatica. Lo aveva messo al corrente del tel. Attolico di ieri. 8/1 0».

Sul colloquio Ciano-Villani al quale si fa qui riferimento non è stata trovata documentazione negli archivi italiani. Secondo il resoconto del ministro Villani (in DU, vol. II, D. 479), Ciano fece presente che il governo tedesco appoggiava la restituzione all'Ungheria dei territori abitati da popolazione ungherese ma era contrario alle rivendicazioni sulla Rutenia Subcarpatica e ad un confine comune ungaro-polacco, per il quale, invece, l'Italia avrebbe dato il suo appoggio. Il telegramma di Attolico di cui il ministro Villani fu messo al corrente è il D. 237.

Poiché di fatto, se non ancora di diritto, il patto di mutua assistenza fra Francia e Cecoslovacchia ha oramai cessato di esistere, cosa rimane oggi del valore degli altri due, e specialmente di quello fra Francia ed U.R.S.S.?

Debbo supporre che la questione viene esaminata già ora, o lo sarà quanto prima, a Parigi, dove si discuterà probabilmente se convenga rivedere il problema dei rapporti franco-sovietici per eventualmente mettere fine a quella che è diventata una semplice finzione politica, oppure pretendere che nulla è cambiato e lasciare vivere, per lo meno formalmente, il patto coll'U.R.S.S.

A questo proposito mi risulta che questo mio collega di Francia, parlando con un altro diplomatico, si è espresso in favore della seconda soluzione, mostrando di credere che, malgrado tutto, il patto potrebbe ancora servire come fattore utile nel gioco della politica francese per tener lontano un pericolo di possibile isolamento.

Su questo stesso argomento il Journal de Moscou (organo, come noto, del Narkomindiel) ha esposto proprio stamane talune considerazioni che mi paiono abbastanza sintomatiche.

Un articolo editoriale intitolato «Il prezzo di una capitolazione», conclude precisamente con queste parole:

« ..... la France a, de ses propres mains, et sans avoir consulté l'U.R.S.S., annulé le pacte soviéto-tchécoslovaque qui était le corolla ire du pactefranco-soviétique et un des importants éléments d 'un pacte régional orientai. On sai t que l 'Allemagne et la P o fogne avaient rejì1sé d y adhérer.

De tout ce système du pacte orientai, seul le pacte .fi"anco-soviétique reste aujourd 'hui e n vigueur.

Quelle est sa valeur, maintenant que la France vient de déchirer san traité d'alliance avec la Tchécoslovaquie, traité qui la liait bien davantage, et cela au moment où ce pays se trouvait sous le coup de l 'aggression fasciste?».

Ed a questa domanda il giornale risponde con la frase finale: «La perte de ses alliés et l 'isolement: te l est le prix dont la France aura a payer sa capitulation devant l 'agresseur».

Dunque, l'organo del Commissariato degli Affari Esteri afferma: 0 ) che il patto sovietico-cecoslovacco deve oggi considerarsi come «annullata>>, e ciò per colpa della Francia; 2°) che l'U.R.S.S. considera la Francia aver già «stracciato» il suo trattato di alleanza con la Cecoslovacchia.

E poiché si osserva che quest'ultimo trattato legava la Francia in modo molto più preciso che non il patto franco-sovietico, la deduzione logica sembra essere che l'U.R.S.S. considera oramai come annullato anche il patto fra Mosca e Parigi.

Naturalmente non si tratta che di un articolo di giornale che non lega le decisioni del Governo. Tenuto conto però della posizione della stampa in questo Paese, l 'editoriale del Journal de Moscou appare, come ho già detto, altamente sintomatico 1•

227 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

228 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

229

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 5469/1456. Belgrado, 5 ottobre 1938 (per. l '8).

La visita del Ministro dell'Economia del Reich, dr. Funk 1 , che ha avuto luogo nei giorni della più acuta tensione internazionale, non ha ricevuto, in un primo tempo da parte della stampa e dell'opinione pubblica il rilievo che sarebbe stato altrimenti normale.

Il suo soggiorno nella capitale si è tuttavia protratto sino al 4 corrente e il dr. Funk è stato pertanto oggetto negli ultimi giorni di particolari attenzioni da parte di questo Governo. Il Presidente Stojadinovié e il Ministro delle Finanze jugoslavo, signor Letitza, hanno offerto delle colazioni in suo onore. Inoltre il dr. Funk ha ricevuto il 3 corrente la stampa jugoslava presso il Ministero del Commercio e Industria. Il Ministro jugoslavo dr. Kabalin nel porgergli il suo saluto, ha dichiarato che il suo collega tedesco durante il suo soggiorno in Jugoslavia, aveva potuto convincersi che in questo Paese si desidera intensificare le relazioni economiche con il grande Reich tedesco.

Il dr. Funk ha quindi preso la parola, dicendo fra l'altro:

«Noi possiamo assorbire in Germania tutto ciò che la Jugoslavia produce. Noi possiamo mandare alla Jugoslavia tutto ciò di cui essa ha bisogno e siamo in grado di negoziare un trattato di commercio a lungo termine. I prezzi che noi possiamo farvi nessun altro Paese può offrirli e abbiamo inoltre un'organizzazione appropriata che può mantenere i prezzi a un certo livello e dirigere i capitali là dove sono necessari.

I rapporti economici germano-jugoslavi sono tali che la Germania può sin da ora assorbire la metà della produzione jugoslava. Altrettanto importante è il fatto che il rafforzamento dei rapporti economici tra i due Paesi permetterà l'aumento della produzione jugoslava soprattutto quando la Jugoslavia avrà condotto a termine la sua rete stradale moderna. Le nostre relazioni renderanno possibile allora, non soltanto la costruzione di queste strade moderne ma anche, lo sfruttamento intenso delle vostre ricchezze minerarie.

Da Sofia, Funk fece delle dichiarazioni -largamente riportate dalla stampa internazionale -in cui, partendo dalla premessa che l'economia tedesca e quella dei Paesi dell'Europa Sud-Orientale erano complementari, sostenne che dal Mare del Nord al Mar Nero esisteva «una naturale zona economica» nella quale la Germania, d'accordo con i Paesi interessati, intendeva agire per svilupparne le risorse non ancora sfruttate in modo adeguato (il testo delle dichiarazioni di Funk è in Relazioni Internazionali, p. 740).

La mia visita in Jugoslavia non ha scopi politici. Ma una cosa è chiara: la politica economica non può essere separata dalla politica generale. Al contrario, è la politica economica che deve adattarsi alla politica generale. Il nostro programma economico comporta l'aumento della produzione della Jugoslavia e di tutti i Paesi del sud-est dell'Europa. Questi Paesi costituiscono il migliore sbocco per i prodotti tedeschi. La struttura economica della Germania e quella dei Paesi dell'Europa balcanica si completano. Noi possiamo garantire i prezzi dei prodotti agricoli di questi Paesi. Le divise e il potere d'acquisto non hanno nessuna utilità se il contadino non riesce a collocare i suoi prodotti. Un Paese che non riesca a collocare i suoi prodotti, difficilmente potrà mantenere la sua indipendenza politica. I colloqui che ho avuto qui avranno dei risultati pratici. Da essi nascerà la collaborazione di due popoli nel campo economico. I risultati di questa collaborazione sono facili a prevedersi: la prosperità del vostro Paese e un migliore standard di vita della vostra mano d'opera».

Il discorso di Funk è, oltretutto, significativo in quanto esso costituisce una risposta alle manovre di penetrazione economica in Balcania delle due Potenze occidentali. Sottolineando l'importanza degli scambi dei prodotti, il Ministro dell'Economia tedesco ha voluto mettere in guardia questi ambienti economici contro le tentazioni della propaganda anglo-francese che promette prestiti e acquisti di materie prime contro valuta libera.

È peraltro un discorso molto pesante che non può mancare, per il suo carattere monopolistico, di suscitare commenti poco benevoli in questa opinione pubblica, la quale, nelle delicate circostanze attuali, è già di suo fin troppo disposta a vedere nell'espansione commerciale tedesca una potenziale minaccia, e può perciò scorgere nel discorso del dr. Funk una conferma ai suoi timori.

229 1 Il ministro tedesco dell'Economia, Funk, effettuò tra il 2 e il 14 ottobre un viaggio nell'Europa Sud-Orientale. Dopo la visita a Belgrado (2-4 ottobre) oggetto di questo documento, Funk si recò ad Ankara dove-il 7 ottobre-sottoscrisse un accordo per il quale veniva concessa alla Turchia un'apertura di credito di 150 milioni di marchi (su ciò si veda il D. 270) e quindi a Sofia ( 12-14 ottobre) dove fu ricevuto da Re Boris e dal presidente del Consiglio Kiosseivanov (negli archivi italiani non è stata trovata documentazione relativa a quest'ultima visita).

230

IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8334/1579. Vienna, 5 ottobre 1938 (per. 1'8).

La grave tensione politica dei giorni scorsi e la conseguente minaccia di una guerra europea hanno fatto passare in seconda linea tutti gli altri problemi qui esistenti, compreso quello religioso, che pure si prospetta sempre più grave e che in seguito all'annessione del territorio sudetico, abitato in grande prevalenza da tedeschi cattolici, diventerà ancora più importante.

Come ho già riferito nei precedenti rapporti sul!' argomento 1 , tutte le scuole confessionali sono state chiuse; le famiglie che usavano mandare i loro figli nei collegi o nelle scuole tenute da ecclesiastici o da suore risentono ora grandemente la

mancanza di istituti, ove veniva impartita una educazione religiosa e signorile al tempo stesso. Il nazionalsocialismo è felice di colpire contemporaneamente le tendenze cattoliche e quelle «snobistiche» di tali famiglie, desiderando che la gioventù sia educata nei precetti del Regime anziché della Santa Chiesa e livellata in una sana educazione comune, scevra da divisioni o pregiudizi di caste. Anche il collegio del Theresianum, di fama europea (fondato da Maria Teresa nel castello della Favorita, ove era stato festeggiato Pietro il Grande e ove era morto Carlo VI), che ha avuto tra i suoi allievi i numerosi principi e rampolli delle più grandi famiglie austriache, pur essendo laico, è stato chiuso ed ora sorgerà al suo posto una grande scuola media nazionalsocialista.

È stato disposto da parte del Ministero per gli Affari Interni e Culturali, che nessun obbligo possa esser fatto ai ragazzi nelle pubbliche scuole affinché seguano i corsi religiosi od assistano ai servizi religiosi; essi (o i loro genitori per i ragazzi di età inferiore ai 14 anni) possono dichiarare di non voler parteciparvi.

Il Cardinale lnnitzer ha lanciato un caldo appello ai genitori, ricordando il loro dovere di educare cristianamente la prole, ha dato ordine ai preti di divulgarlo dal pulpito ed ha disposto che siano affissi in tutte le chiese dei cartelli contenenti dieci massime che ricordano ai genitori tale dovere.

È stato inoltre disposto con apposito decreto che negli ospedali i conforti religiosi possono essere dati solo agli ammalati che espressamente li richiedono; tali domande saranno di regola trasmesse giornalmente ad una data ora; è proibito però esercitare qualsiasi influenza sui pazienti.

L'Arcivescovato ha dato istruzioni a tutti i sacerdoti aventi cura di anime di esortare dal pulpito, nei bollettini religiosi, ecc. i fedeli a tenere presenti tali disposizioni nel caso di malattie loro o dei loro parenti.

È chiara la tendenza del Regime ad ostacolare in tutti i modi l'educazione religiosa nelle scuole e ad eliminare l'influenza dei sacerdoti in tutte le istituzioni dipendenti dallo Stato o da enti pubblici. Così, ad esempio, una recente ordinanza dispone che non si possono fondare «Case di studenti» (Studentenheime) senza speciale permesso, che può essere negato, o ritirato, senza motivazione. Questa disposizione è stata emanata specialmente per impedire che sorgessero delle case per studenti dirette o in qualsiasi modo influenzate da ecclesiastici.

D'altra parte, la propaganda-specialmente tra gli operai-per l'abbandono della religione cattolica continua ed essa, se non approvata ufficialmente, certo non è ostacolata dal Partito.

Nonostante, perciò, gli sforzi del Cardinale Innitzer per procedere d'accordo col Partito, egli è costretto a reagire-restando sempre nel campo religioso-e ad intensificare nelle chiese la propaganda in favore della fede.

Tale propaganda nelle chiese è ammessa dal Regime ma evidentemente non può essere considerata sufficiente dai Gerarchi della chiesa: «Quanto ci può giovare-mi faceva osservare un prelato-la libertà di predicare nelle chiese i benefici della fede, se ci si toglie il modo di richiamarvi i fedeli? La nostra voce giunge solo a coloro che vengono a noi spontaneamente; ma come possiamo raggiungere gli assenti, o coloro che sono tenuti lontani da avversa propaganda?».

Una prova della tensione esistente tra queste gerarchie cattoliche e le Autorità naziste è anche data dalla recente proibizione fatta pubblicamente dal Cardinale lnnitzer ai preti di appartenere alla «Lega per la Pace religiosa». Come ho riferito a suo tempo (vedasi telespresso n. 3486/469 del 18 maggio u.s. 2 e successivi sull'argomento) la detta Lega è stata creata dal Regime per fare propaganda nazionalsocialista nel clero ed era stata già più volte ufficialmente sconfessata dalle Autorità ecclesiastiche. Essa è diretta dal catechista Giovanni Pircher, che è il capo del movimento nazista fra i preti. Poiché il gruppo dei sacerdoti completamente favorevoli al nazionalsocialismo è abbastanza numeroso, è da ritenere che la proibizione surriferita creerà un conflitto interno nelle file ecclesiastiche alquanto grave, e segnerà al tempo stesso l'accentuarsi di una più acuta tensione tra la Chiesa cattolica e le Autorità naziste in Austria.

230 1 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 467.

231

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5323/183 R. Praga, 6 ottobre 1938, ore 14,40 (pa ore 18).

Mio telegramma n. 179 1•

Direttore Affari Politici del ministero degli Affari Esteri mi ha invitato stamane per comunicarmi che governo cecoslovacco dopo aver sentito proprio rappresentante nella Commissione Internazionale di Berlino venuta qui stanotte, si vede forzato a prendere atto delle deliberazioni della Commissione stessa relativamente alla quinta zona di occupazione da parte delle truppe tedesche.

Direttore predetto ha rilevato che l'occupazione di tale zona, così come viene a risultare dalle deliberazioni della Commissione, priva la Cecoslovacchia di importanti vie di comunicazione tagliando anche quella ferroviaria Praga-Brun. Egli ha espresso con foga la speranza che le Grandi Potenze, nella demarcazione definitiva delle nuove frontiere, vogliano, come nello spirito dell'accordo di Monaco, tener presente vari bisogni e necessità economiche dello Stato cecoslovacco e non privarlo delle condizioni essenziali di vita, cosa questa -ha aggiunto -che neppure la Germania dovrebbe volere.

Sullo stesso argomento il direttore degli Affari Politici ha anche intrattenuto i miei colleghi di Francia e di Inghilterra. Telegrafato Roma e Berlino.

231 1 Vedi D. 218, nota 2.

230 2 Non pubblicato. Il suo argomento è qui indicato.

232

IL CONSOLE A BRATISLAVA, LO FARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5356/40 R. Bratislava, 6 ottobre 1938 (per. !'8).

Mio telegramma n. 39 di ieri 1•

l) A complemento di quanto da me telegrafato ritengo non inutile riferire tutta la conversazione tra me ed il console di Germania riflettendo essa due diversi punti di vista, di cui uno -il mio -basato su elementi obbiettivi tratti dall'osservazione locale, e l'altro, come ne ho avuto l'impressione, da orientamenti non amichevoli per l'Ungheria.

Avendomi il collega germanico chiesto se io non concordassi con lui nel riconoscere il carattere tedesco della città di Bratislava, gli ho detto che da un punto di vista esclusivamente etnico (riferendosi naturalmente ai censimenti dell'anteguerra, dato che l'afflusso di popolazione slava dopo il I918 ha mutato la fisionomia della città) egli poteva aver ragione ma che da un punto di vista più completo, e cioè storico-culturale-etnico, gli ungheresi non potevano rinunziare a cuor leggero alla «Città dell'Incoronazione». Del resto parevami non potesse essere trascurato che il destino della città è piuttosto connesso con la sistemazione definitiva che sarà data alla nazione slovacca.

Von Druffel mi ha allora sviluppato, con insolita loquacità, i seguenti due punti:

0 ) L'Ungheria avrebbe dovuto accontentarsi delle zone di territorio compattamente abitate dai magiari. «Di più non meritano dato il trattamento che gli ungheresi sono soliti di fare alle minoranze etniche».

2°) Egli escludeva la possibilità di una soluzione della questione slovacca nell'ambito del Regno d'Ungheria.

Precisato che parlavo a titolo strettamente personale, gli ho risposto che la questione delle minoranze ungheresi appariva troppo connessa -geograficamente, economicamente ed etnograficamente -con la questione slovacca e con quella rutena perché potesse avere una soluzione integrale con l'annessione all'Ungheria delle zone compattamente magiare, che del resto per buona parte sono di difficile delimitazione. Quindi-a mio avviso -l'occupazione immediata di tali zone dovrebbe segnare una prima tappa in attesa che slovacchi e ruteni-più liberamente che nel 1918, quando votarono sotto la pressione delle truppe ceche la separazione dall'Ungheria-siano

messi in grado di esercitare il diritto di autodecisione che da tempo energicamente rivendicano. Se dovessero decidersi per l'unione con l'Ungheria-sia in una forma federativa sia in quella dell'autonomia-la questione dell'appartenenza delle zone miste slovacco-ungheresi e ruteno-ungheresi perderebbe molta importanza, se invece si decidessero a favore dei cechi non vedevo perché l'Ungheria dovrebbe rinunziare a far valere in Slovacchia e Rutenia, nella forma dei plebisciti, ulteriori rivendicazioni sulle zone miste.

2) Quanto il Console di Germania mi ha detto circa Bratislava e immediati dintorni trova riscontro nella propaganda per il plebiscito a favore della Germania che è stata in questi giorni iniziata con forme clandestine in città e nei piccoli centri di Theben, San Giorgio, Limbak ed altre località abitate da tedeschi.

Quanto egli mi ha detto circa la questione slovacca trova riscontro in informazioni di carattere confidenziale-confermatemi da questo console di Polonia 2 secondo cui da parte germanica sarebbe stato giorni fa comunicato ai dirigenti del partito autonomista che, ove istradassero il loro movimento nel senso dell'indipendenza nazionale, avrebbero potuto contare sull'appoggio della Germania, la quale non avrebbe altra aspirazione al di quà della Morava oltre all'annessione di Bratislava ed immediati dintorni. Gli slovacchi sarebbero molto lusingati dall'offerta, pur precisando che Bratislava costituirebbe l'unico sbocco sul Danubio della Slovacchia indipendente.

Anche da Varsavia si danno in questi giorni al partito di Hlinka analoghi consigli. In via confidenziale il console polacco ha tenuto tuttavia a sottolineare meco che la Slovacchia, una volta indipendente, costituirebbe un comune protettorato ungaropolacco.

Quanto agli ungheresi, mi risulterebbe che il conte Esterhazy, rientrato da Budapest dove si era recato a prendere verbo sulla questione, ha comunicato a mons. Tiso e a Sidor che il governo ungherese non ostacolerebbe il movimento di indipendenza della nazione slovacca. Dai contraddittori e sibillini accenni di questo console di Ungheria3 , credo di capire che tale comunicazione è stata fatta all'esclusivo scopo di indurre gli slovacchi a dichiararsi categoricamente contro Praga, visto che non possono per il momento pronunciarsi a favore dell'Ungheria, né Budapest può esercitare sufficiente coercizione in tal senso: una volta staccati dai cechi, gli slovacchi si renderebbero conto che non possono vivere che collegati, in una qualsiasi forma, con l 'Ungheria.

Dall'atteggiamento locale, in questo momento decisivo, delle tre influenze (germanica, polacca ed ungherese) operanti in Slovacchia-come in Rutenia (mi riferisco a mie precedenti segnalazioni) -sembra apparire chiaro che i Carpazi sono la posta del giuoco, non soltanto fra Praga e Budapest, ma anche fra Berlino da una parte e Budapest e Varsavia dali 'altra.

232 1 T. 5293/39 R. del 5 ottobre. Riferiva che a Bratislava si riteneva che nella riunione del giorno successivo i dirigenti dei partiti slovacchi avrebbero approvato un programma per l'indipendenza: ciò avveniva con l'approvazione della Germania che però non sembrava aver rinunciato definitivamente all'annessione di Bratislava.

232 2 W. Lacinski. 232 3 Gyula Petravich.

233

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, PREZIOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5385/053 R. Bruxelles, 6 ottobre 1938 (per. il 10).

Appena sopita l 'impressione suscitata da Accordi di Monaco, anche nel Belgio si sono delineate due opposte correnti.

La prima, formata dagli elementi moderati e capeggiata dal Primo Ministro, considera l'Accordo dei quattro come un passo decisivo sulla via della collaborazione europea e mostrasi favorevole alla costituzione di un direttorio europeo di fatto.

La seconda, formata dalle sinistre, denunzia l' «abdicazione di Monaco» la quale, secondo esse si compendierebbe nel rafforzamento del potenziale bellico tedesco; in un nuovo stimolo «all'audacia italo-tedesca»; nella perdita del concorso dell'U.R.S.S., pel fatto che le democrazie ne hanno permesso l'esclusione nella riunione di Monaco; ed infine nell'annientamento del principio della sicurezza collettiva e si scaglia contro ogni idea di direttorio europeo.

Al riguardo, questa corrente afferma che come la «pace di Monaco» è stata conclusa dalle grandi Potenze a spese della debole Cecoslovacchia, così il direttorio dei quattro potrebbe tentare di risolvere la questione coloniale a spese dei piccoli Stati e soprattutto del Belgio. Inoltre, essa denunzia, come aggravante della situazione belga, sia la circostanza che la garanzia franco-anglo-tedesca non si estende al Congo, sia la circostanza che la politica d'indipendenza, avendo grandemente diminuito l'interesse della Francia e dell'Inghilterra nei confronti del Belgio, questo non potrebbe più contare né sulla solidarietà delle due grandi democrazie, né sul meccanismo della sicurezza collettiva che esso medesimo avrebbe contribuito a distruggere.

Gli organi moderati non hanno mancato di prendere posizione contro la predetta bellicosa corrente, solidarizzandosi con Spaak. Tuttavia, è da rilevare che se essi aderiscono completamente ai principi della politica d'indipendenza, manifestano tuttavia segni d'inquietudine per la questione dell'eventuale costituzione d'un direttorio europeo.

Così, si è venuti a dare un particolare rilievo ad una proposta dell'ex ministro socialista De Man, intesa alla convocazione di una conferenza della pace.

Il De Man, nell'affermare la necessità di una collaborazione fra le democrazie e gli Stati totalitari, ritiene che la pace fondata sulla revisione dei Trattati del 1919 sarebbe molto più valida dell'attuale e non apparirebbe, come questa, soltanto il risultato di un'abdicazione delle democrazie di fronte al fascismo. Altri appelli sono stati lanciati dagli ex ministri Tschoffen, democattolico, e Marcello Jaspar, liberale di sinistra che non nascondono la loro diffidenza per un eventuale Patto a quattro.

Da parte sua, il Presidente della Camera, nella seduta straordinaria di avantieri, pur rallegrandosi dei risultati di Monaco, non ha esitato ad alludere egli stesso alla questione coloniale -che ha definito «un punto oscuro, che preoccupa tutti coloro che intendono ancora riflettere» -esprimendo la speranza che «ove il problema venisse posto sul tappeto, la sua soluzione non verrebbe formulata ed imposta a detrimento delle piccole Potenze».

Dato quanto precede le simpatie di Spaak per un ordinamento europeo fondato sui principi che hanno trionfato a Monaco non potranno praticamente affermarsi senza viva opposizione.

234

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PERTH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

PROMEMORIA 1 . Roma, 6 ottobre 1938.

Il Segretario di Stato per gli Affari Esteri ha discusso con il Primo Ministro le questioni sollevate dal Conte Ciano nella sua conversazione con Lord Perth del 3 ottobre2, e sia Lord Halitàx che il Signor Chamberlain sono personalmente favorevoli ad una pronta azione. Essi temono, tuttavia, che questa non potrà essere così immediata come sarebbe speranza del Governo italiano.

Sarà necessario, in considerazione della posizione del Primo Ministro nei confronti del Parlamento, che la decisione, non appena presa dal Gabinetto, sia presentata al Parlamento. Il Parlamento è adesso interamente preso dalla discussione dell'accordo di Monaco e si aggiorna oggi fino al l o novembre; sarà quindi impossibile di sottoporgli la questione prima di questa ultima data. Lord Halifax si sente anche in dovere di tàr presente che, se si dicesse che il Primo Ministro si è sentito obbligato a prendere una decisione sotto la pressione di un limite di tempo quale è stato indicato, ciò causerebbe la peggiore impressione possibile.

Il Signor Mussolini non dovrebbe avere alcuna illusione circa le difficoltà alle quali noi con ogni probabilità andremo incontro per mettere in vigore l'accordo. Il Governo di Sua Maestà apprezza il significato del ritiro contemplato dal Signor Mussolini, ma se non sarà effettuata alcuna riduzione delle forze aeree italiane in Spagna e se continuerà il bombardamento delle navi britanniche, il Governo di Sua Maestà incontrerà notevoli difficoltà nel farsi seguire dall'opinione pubblica. Queste difficoltà non possono essere superate immediatamente, pur tenendo presente la migliorata atmosfera risultante dal Convegno di Monaco e dalla parte decisiva sostenuta dal Signor Mussolini nel portare quella riunione ad un successo conclusivo.

Il Primo Ministro spera quindi che il Signor Mussolini riterrà possibile e consentirà ad aggiornare la discussione in seno al Gran Consiglio del Fascismo finché le precise disposizioni del ritiro progettato saranno definitivamente predisposte e finché il Governo di Sua Maestà potrà, come spera sinceramente, essere in grado di intraprendere un'azione definitiva.

Se il Signor Mussolini potrà venire incontro al Primo Ministro per quanto concerne il tempo e se Egli potrà nel frattempo effettuare il ritiro che Egli ora considera,

il Primo Ministro presenterà la questione al Gabinetto alla prima occasione e, se il Gabinetto approverà, il Governo di Sua Maestà sottoporrà immediatamente la questione stessa al Parlamento non appena riconvocato.

Il Governo di Sua Maestà non ha intenzione di aggiungere nuove condizioni ma il suo compito sarà molto facilitato se il Signor Mussolini potrà, di fatto, effettuare una riduzione delle forze aeree italiane in Spagna ed assicurare una diminuzione delle loro attività. Ciò avrebbe gran valore per l'opinione pubblica britannica, sia per quanto concerne un immediato ritiro, sia quanto riguarda anche prospettive di una più stretta collaborazione in un campo più vasto 3•

234 1 Si pubblica qui la traduzione preparata dagli uffici di Palazzo Chigi inviata in visione a Mussolini.

234 2 Vedi D. 204, nota 2.

235

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 6903. Berlino, 6 ottobre 1938 (per. il 10).

A seguito dei miei telegrammi di ierP, relativi alla richiesta tedesca di fissare senz'altro e definitivamente i termini dell'occupazione militare da parte di truppe germaniche da effettuarsi nel periodo 7-1 O ottobre, invio qui unita la carta geografica della Cecoslovacchia all'l :300.000, sulla quale è segnato il limite approvato dalla Commissione Internazionale.

Come è noto a V.E., ieri, a seguito di una controversia nata in seno alla Commissione sui criteri da adottare per la definizione delle zone da occupare, il Cancelliere Hitler ha desiderato che la questione venisse risolta senz'altro. Venne quindi firmata dal Ministro von Ribbentrop e dagli Ambasciatori delle tre Potenze la dichiarazione, anch'essa qui unita 2 , nella quale venivano stabiliti i termini etnografici, sulla base della maggioranza tedesca al 51% al 1918 (e cioè praticamente sopra un censimento del 1910), da servire come limite per l'occupazione militare immediata.

D. 33 7) risulta che Ciano dichiarò di considerare la risposta del governo britannico «non soddisfacente al l 00% ma non insoddisfacente» in quanto indicava che entro un mese sarebbe stato possibile mettere in vigore i Patti di Pasqua e che quindi egli avrebbe raccomandato a Mussolini di accettarla. Lord Perth fèce poi presente che sarebbero state di grande aiuto per il governo britannico una riduzione delle Forze aeree italiane in Spagna (Ciano si limitò a rispondere che negli ultimi tempi non erano stati inviati altri aerei) e la cessazione degli attacchi aerei contro le navi britanniche (Ciano assicurò che avrebbe consigliato a Mussolini di usare tutta la sua influenza per indurre Franco a tàr cessare quegli attacchi).

In un colloquio del giorno successivo, Ciano informò Lord Perth che Mussolini accettava di attendere che la questione fosse esaminata dal Gabinetto britannico a partire dal l o novembre. Escluse però ulteriori ritiri di forze dalla Spagna e, quanto ai bombardamenti delle navi britanniche, ribadì -nonostante le insistenti pressioni di Lord Perth-che l'aviazione dei nazionali non era sotto il controllo dell'Italia ma sotto il comando di Franco. Anche su questo colloquio non si è trovata documentazione negli archivi italiani: si veda su di esso il resoconto dell'ambasciatore britannico in BD, vol. III, D. 340.

235 2 Non pubblicata.

In pratica, con alcune moditìche di lievissima entità dovute ai caratteri etnografici della regione, viene adottata la linea cosiddetta di Godesberg. Mentre in tal uni punti essa viene rettificata a vantaggio dei cechi, in altri essa viene sorpassata perché a Godesberg i tedeschi, ad esempio, non avevano fatto menzione di un'occupazione, limitatissima per superficie ma importantissima per il suo valore politico e strategico, dei villaggi antistanti immediatamente alla città di Presburgo (Bratislava), e capaci di formare un'utile testa di ponte nella zona più delicata del confine tedesco-magiaro-cecoslovacco.

Anche la questione della enclave di Zwittau che, secondo quanto era affiorato nelle precedenti discussioni poteva costituire un corridoio ceco in zona tedesca, viene risolta totalitariamente con l 'occupazione integrale del territorio.

Naturalmente, data la circostanza suaccennata che il criterio di prevalenza tedesca è stato quello della maggioranza al 51% su dati statistici dell'anteguerra, già nella zona di occupazione militare vengono inglobate alcune collettività ceche, ammontanti, secondo dichiarazioni degli stessi Tedeschi, a circa 400.000 persone. Evidentemente, nella definizione finale della nuova frontiera tedesco-cecoslovacca -particolarmente a seguito dei plebisciti che ora i Tedeschi, non soddisfatti ancora di quanto hanno ottenuto, cominciano ulteriormente a domandare -occorrerà provvedere, onde assicurare ai due Paesi una linea di frontiera, per quanto possibile vicina alla linea etnografica, a scambi di popolazione3 .

P.S. Nella seduta di oggi la Commissione degli Ambasciatori ha deciso di iniziare lo studio della questione dei plebisciti con una presa di contatto diretta fra le due parti interessate, i risultati della quale saranno sottomessi alla Commissione lunedì prossimo.

«Ho già accennato all'irrigidimento che si era manifestato da parte della delegazione tedesca. Debbo aggiungere che tale irrigidimento è andato progressivamente aumentando. Esso si è esplicato, non soltanto con una intransigenza quasi assoluta, ma soprattutto sfruttando a proprio vantaggio ogni circostanza senza alcuna generosità per l'avversario vinto nel campo diplomatico, ma non con le armi.

La volontà tedesca ha tìnito per imporsi in ogni questione importante, facendo tacitamente gravare la propria preponderanza militare. Di fronte a questa tacita minaccia l'appoggio dei rappresentanti inglesi e francesi è stato molto scarso e praticamente nullo nei risultati, se non addirittura dannoso.

Il risultato più importante per la Germania è quello di avere imposto che il riconoscimento della prevalenza tedesca per determinare le zone da occupare definitivamente venisse basato sul censimento del 191 O (l'ultimo prima del 1918) e su una percentuale del 51, ossia su una percentuale che non rappresenta una prevalenza, ma soltanto una lievissima maggioranza. Nel foglio n. 1714 già citato ho messo in evidenza alcuni aspetti della nuova configurazione geografica della Cecoslovacchia. E da aggiungere che, mentre il criterio ora detto sembra escludere un plebiscito, in quanto, presi come base i dati dei 191 O, la zona esterna alla linea tìssata è di sicura prevalenza cecoslovacca, i tedeschi non rinunziano al plebiscito stesso. Ciò equivale a dire che, sfruttando un determinato criterio per estendere al massimo l'occupazione militare, intendono passare a un nuovo criterio ossia a un plebiscito sulla base della situazione attuale, per assicurarsi nuovi vantaggi. Scopo evidente, che ormai può considerarsi acquisito, è che la Cecoslovacchia ridotta ad un moncone informe sia detìnitivamente aggiogata al carro germanico» (Marras al ministero della Guerra, toglio 1723 del 6 ottobre. Il documento è tratto dall'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito).

Il giorno successivo, l'ambasciatore Attolico faceva rilevare a von Weizsacker il malcontento che si era manifestato tra i membri della Commissione a causa delle nuove richieste tedesche e sottolineava l'opportunità che, invece di porre innanzi «proposte drastiche», tossero avanzate, in base all'articolo 6 dell'accordo di Monaco, delle richieste comportanti piccole deviazioni dalle linee etniche, così da conservare «un'apparenza di giustizia e di ragione». Sul colloquio si veda il promemoria von Weizsacker in DDT, vol. IV, D. 44. Non si è trovato un documento di Attolico in proposito.

234 3 Negli archivi italiani non si è trovata documentazione sul colloquio tra Ciano e l'ambasciatore Perth, durante il quale fu consegnato questo promemoria. Dal resoconto di Lord Perth (in BD, vol. III,

235 1 Vedi D. 224.

235 1 Sull'andamento dei lavori della Commissione internazionale così riferiva l'addetto militare a Berlino, generale Marras:

236

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 5348/223 R. Budapest, 7 ottobre 1938, ore 18,05 (per. ore21).

Mio telegramma n. 214 1 e 2172•

Capo di Gabinetto del ministro Affari Esteri tornato ieri sera da Varsavia, mi ha comunicato avere messo al corrente Beck dei dettagli del punto di vista ungherese trovando la più perfetta comprensione nel governo polacco che appoggerà anche eventuali passi diplomatici ungheresi.

Capo di Gabinetto mi ha aggiunto in via strettamente personale e confidenziale che è intervenuto completo accordo circa la questione rutena ed i futuri eventuali sviluppi di essa, dato l'interesse polacco a che sia stabilita la contiguità territoriale coll'Ungheria.

Sebbene non sarebbe previsto nessun eventuale diretto intervento polacco, un Corpo d'Armata polacco è già stato concentrato alla frontiera rutena «in previsione di disordini interni». Il governo di Varsavia ne avvertirà con questo motivo il governo romeno.

Si sta organizzando da ambo le parti una insurrezione fra la popolazione rutena che ha già ricevuto armi e ne riceverà ancora. Intanto, nelle prossime conversazioni con i cechi il governo ungherese domanderà l'autodecisione per quelle regioni3 .

237

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5349/458 R. e 5350/459 R. Berlino, 7 ottobre 1938, ore 22,58 (per. ore 1,25 del! '8).

Slovacchia.

Proposte relative vengono oggi sottoposte al Flihrer.

Eccone, sotto riserva approvazione sua, linee principali:

l) slovacchi hanno dimostrato di non voler stare, né con polacchi, né con ungheresi;

2) soluzione federativa cecoslovacca (che sembra in questo momento avere probabilità successo) non contrasta con interessi germanici e quindi potrebbe essere sostenuta dalla Germania;

3) si riconosce che regione ruteno-carpatica presenta per l'Ungheria, nella parte meridionale, un interesse demografico e nazionale e, nella parte settentrionale, un interesse strategico;

4) però anche carpato-ruteni non hanno finora dimostrato una spiccata tendenza ad andare, né coi polacchi, né con gli ungheresi. Sempre che lo volessero, Germania non (dico non) si opporrebbero a che essi seguissero le sorti della Slovacchia. In generale, del resto, Germania sosterrà quelle qualunque soluzioni che sembrino meglio rispondere al principio dell'autodecisione.

Tutto questo ripeto, sotto riserva approvazione Filhrer.

Germania, non solo non sembra disposta a secondare aspirazioni magiare per annessione regione ruteno-carpatica ma è in fondo addirittura contraria. Quella regione rappresenta una «finestra aperta» che, dal punto di vista tedesco, sarebbe pericoloso chiudere. In sostanza, si vede nella mancanza di contiguità territoriale fra Ungheria e Polonia un mezzo per poterle meglio dominare entrambe e si trova nella insistenza dei polacchi e degli ungheresi a raggiungere la contiguità stessa quasi una ragione ulteriore per resistervi.

Ignoro se interessi tedeschi coincidano completamente su questo punto con i nostri; comunque, ove volessimo prendere in materia una posizione nostra, sarebbe bene farlo al più presto, onde impedire, coll'approvazione definitiva del Flihrer, il cristallizzarsi della posizione tedesca. Il mezzo migliore per superare ogni difficoltà nel senso desiderato dagli ungheresi sarebbe quello di fare chiedere dagli stessi ruteni il diritto alla autodecisione. Se questa domanda venisse avanzata con forza, i tedeschi cederebbero.

Per informazione aggiungo, a proposito Slovacchia, non essere del tutto esclusa una domanda tedesca di plebiscito per la città di Presburgo, in cui elemento tedesco è ritenuto da taluni demograficamente preponderante.

Si attende anche su questo punto decisione Ftihrer, il quale però, nei suoi accordi precedenti con ungheresi -originariamente basati sopra una soluzione di forzaaveva a suo tempo consentito di lasciare Presburgo agli ungheresi.

236 1 Vedi D. 221, nota l. 236 2 T. 5291/217 R. del 5 ottobre. Dava notizia che il conte Csàky era partito segretamente per Varsavia allo scopo di concordare con il governo polacco un'azione comune circa la Rutenia Subcarpatica.

236 3 Nel Diario di Ciano vi è, sotto la data del 7 ottobre, la seguente annotazione: «Fissata la nostra posizione nei confronti delle rivendicazioni polacco-magiare. Niente Slovacchia, per questa piena libertà di decisione: quindi forse con Praga o forse autonomi. Confine comune tra Ungheria e Polonia, attraverso la Russia Subcarpatica. Sembra però che Berlino si prepari a rendere difficile anche questa soluzione».

238

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, FEClA DI COSSATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5343/126 R. Roma. 7 ottobre 1938 (per. stesso giorno).

Negli ambienti vaticani si tiene un atteggiamento di riserva intorno alle deliberazioni prese dal Gran Consiglio circa la difesa della razza1• Si notano alcuni lati buoni

delle deliberazioni stesse, mentre non si nasconde qualche preoccupazione circa le disposizioni per il matrimonio.

In particolare, si apprezza il comma della dichiarazione nella quale «non è considerato di razza ebraica colui che è nato da un matrimonio misto, qualora professi altra religione all'infuori dell'ebraica alla data del l o ottobre XVI». Anche nella elencazione dei motivi di discriminazione per gli ebrei di cittadinanza italiana si è notato un grande spirito di moderazione e così pure per le limitazioni poste alla attività degli ebrei.

La disposizione che si può trovare invece in diretta opposizione con la legislazione ecclesiastica è il divieto di matrimonio di italiani e italiane con elementi appartenenti alla razza camita, semita ed altre razze non ariana. Ma anche su questo punto si osserva negli ambienti ecclesiastici che la stessa legislazione canonica impedisce il matrimonio degli ebrei con cattolici e che su questo punto la dispensa dall'impedimento di disparità di culto è sommamente difficile ad ottenersi. Anzi, sono recenti le istruzioni date ai vescovi per rendere sempre più severo il principio che vieta i matrimoni misti ed invitare i vescovi stessi a usare ogni mezzo possibile allo scopo di evitarli. Si può credere pertanto che nei casi eccezionali si potrà trovare la via di procedere d'accordo? Ciò è tanto più necessario, in quanto che, dopo la Conciliazione del 1929, in Italia il matrimonio civile esiste soltanto per i non cattolici e quelli che volessero deliberatamente prescindere dalla legge e disciplina cattolica. Per tutti gli altri esiste soltanto il matrimonio religioso il quale ha, per se stesso, gli effetti civili, dietro la semplice notifica data alle Autorità civili del matrimonio celebrato. Del resto, la Chiesa, nel concedere o negare dispense matrimoniali, tiene sempre in debito conto delle cause di impedimento contemplate dalla legislazione civile dei singoli Stati.

Più difficile invece si presenta il caso del matrimonio quando si tratta di ebrei convertiti i quali, di fronte alla Chiesa sono cattolici come tutti gli altri, mentre la legislazione progettata continua a considerarli come ebrei. In questo caso la proibizione del matrimonio imposta da questa legislazione si troverebbe direttamente in contraddizione con la dottrina e la disciplina della Chiesa. È questo l'unico punto nella proclamazione razzista del Gran Consiglio, sul quale la Chiesa formulerebbe obbiezioni.

Si osserva però che questa proclamazione non è di per se stessa la legge che sarà emanata, ma deve soltanto costituire la base sulla quale i progetti di legge debbono essere presentati, esaminati ed approvati. Prima pertanto di dare un giudizio definitivo occorre aspettare di conoscere tali progetti di legge e frattanto si nutre la speranza che la questione potrà risolversi col tenere conto di tutti gli elementi che in essa influiscono allo scopo di contemperare tanto le esigenze religiose quanto quelle civili.

238 1 Dichiarazione sulla Razza approvata dal Gran Consiglio del Fascismo il 6 ottobre.

239

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5389/089 R. Varsavia. 7 ottobre 1938 (per. iliO).

Conte Csàky, capo di Gabinetto del ministro degli Esteri ungherese, è giunto a Varsavia la sera del 5 corrente e ne è ripartito il giorno successivo dopo aver avuto colloqui col ministro Beck 1• Mi si dice che missione del conte Csaky ha avuto per scopo una presa di contatto diretta col governo polacco nell'imminenza delle conversazioni ungaro-ceche, le quali se non subiranno ulteriore rinvio, si inizieranno domani a Komarom. Sembra che il conte Csaky pur avendo convenuto col signor Beck sui vantaggi per l'Ungheria e la Polonia di conseguire una frontiera comune nella Russia Subcarpatica (dato che ormai è da considerare esclusa la possibilità di raggiungerla attraverso la Slovacchia), non ha nascosto le difficoltà di sollevare la questione nelle prossime conversazioni con i cechi, le quali, in conformità delle decisioni di Monaco, avranno per oggetto i territori abitati in maggioranza da magiari. Il solo appiglio favorevole potrebbe essere il tàtto che esistendo fra la Slovacchia e la Russia Subcarpatica nuclei magiari da restituirsi all'Ungheria, le due predette regioni verrebbero a trovarsi quasi distaccate l'una dall'altra.

Da parte sua, la Polonia, come è noto a Vostra Eccellenza, annette un'importanza primordiale alla questione della frontiera comune con la Ungheria e minaccia già, qualora essa non venisse risolta tàvorevolmente, che non solo si rifiuterebbe a dare la sua garanzia per le frontiere del nuovo Stato ceco, ma si rifiuterebbe perfino di stabilire rapporti normali col governo ceco.

240

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, CAPECE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE URGENTE 5399/057 R. Bucarest. 7 ottobre 1938 (per. iliO).

L'agitazione di questi circoli politici, un po' attenuata dopo Monaco, ha ripreso ora in pieno. A ciò contribuisce anche l'allarmismo del ministro degli Aftàri Esteri Comnen 1 , sul quale forse influisce anche il fatto, se è vero quel che si dice, che egli sia in questi ultimi tempi caduto in disgrazia del Re.

Comunque, appare interessante l'attuale attività di Comnen per la questione rutena. Sia per una azione, per quanto energica, di appoggio diplomatico alla Cecoslovacchia, sia per la difesa di interessi economici romeni, i passi di Comnen presso le varie rappresentanze estere, il suo quasi tragico pessimismo e le voci fatte correre evidentemente ad arte, e probabilmente esagerate, che la Romania è disposta ad appog

giare la Cecoslovacchia non solo dimostrativamente ma perfino a mano armata, sono eccessivi e fanno ritenere che l'atteggiamento romeno sia dettato da ragioni ben più importanti.

Ritengo quindi che effettivamente qui si voglia in questo momento salvare quel che è ancora salvabile dell'antico sistema politico, che si considera malgrado tutto ancora vivo e vitale (è caratteristico a questo riguardo l'atteggiamento che continua ad avere questa stampa), mentre però si comincia al tempo stesso a fare delle aperture concrete verso il punto meno ostico (Roma) dell'asse Roma-Berlino (non so se avances simili a quelle fattemi da Comnen e di cui al mio telegramma filo n. Il 02 siano state fatte anche alla legazione di Germania, ma ritengo di no. Comunque, non ho potuto fare alcuna indagine al riguardo per non far trapelare nulla di quanto mi è stato detto da Comnen e su cui egli mi ha pregato di mantenere il più assoluto silenzio).

Se quindi il sistema Piccola Intesa-Francia-Inghilterra sarà salvato, l'Italia può servire, secondo Comnen, per una non inutile controassicurazione. Se invece il sistema crolla del tutto, e per il momento Comnen vede nella ferrovia Halmeu (stazione di frontiera romena che si intitola a Nicola Titulescu!) -Kosice, la chiave di volta del sistema, il riavvicinamento con l'Italia può essere la prima pietra della futura nuova politica estera romena.

All'agitazione qui regnante per la situazione estera contribuisce anche la voce che sia imminente un cambiamento nel governo. Non è improbabile che essa abbia qualche fondamento giacché il Sovrano non può in questo momento non sentire il bisogno di fare qualche gesto verso la Transilvania (che nella sua grande maggioranza è seguace di Maniu e di Codreanu e quindi contro il regime attuale) prendendo qualche uomo che sia gradito a quelle popolazioni della regione confinante con l'Ungheria.

È evidentemente però molto difficile fare previsioni esatte, dato che ciò dipende dalla valutazione e dalla volontà di un'unica persona che è poi l'unico romeno che sa celare le sue intenzioni: Re Caro!.

239 1 Sulla missione di Csaky a Yarsavia si veda anche il D. 236.

240 1 L'incaricato d 'affari Ca pece aveva già segnalato (con T. 5325/113 R. del 6 ottobre) che il ministro degli Esteri romeno andava dichiarando di considerare la situazione come «gravissima a causa della questione ceco-ungherese» e che nei circoli diplomatici di Bucarest era opinione generale che il governo romeno fosse «intenzionato ad appoggiare la Cecoslovacchia contro le aspirazioni ungheresi sulla zona rutena presso la frontiera romena anche con le armi, e ciò specialmente se fosse riuscita a convincere la Jugoslavia a fare altrettanto o almeno a tenere un atteggiamento non contrastante con il suo».

241

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 5001/2091. Londra, 7 ottobre 1938 1•

Mio telegramma filo chiaro n. 789/71 Odel 5 corr. 2 .

Il Segretario del Comitato di non-intervento Hemming partirà domattina 8 ottobre per Burgos, accompagnato da alcuni funzionari del Board, allo scopo di «spiegare al governo nazionale spagnolo il progetto di risoluzione del 5 luglio 3 ad appurare le intenzioni del governo medesimo circa la sua eventuale applicazione».

Alla vigilia della sua partenza, Hemming ha tenuto a mettermi al corrente dei suoi propositi e del suo giudizio personale sulla situazione presente dei lavori del Comitato.

Hemming mi ha detto che non sapeva quanto tempo sarebbe rimasto a Burgos, ciò dipendendo dagli sviluppi della sua missione e dell'atmosfera generale che egli troverà nella sfere governative della Spagna Nazionale. Comunque, terminata la sua missione a Burgos, egli sarebbe tornato a Londra prima di recarsi a Barcellona.

Hemming ha osservato che l'iniziativa presa da Negrin a Ginevra4 veniva a creare un certo elemento di complicazione nell'applicazione del progetto di risoluzione del 5 luglio. A titolo confidenziale Hemming ha aggiunto che l'iniziativa Negrin per il ritiro dei volontari stranieri dalla Spagna Rossa è stata da lui e anche da molti funzionari del Foreign Office giudicata con marcato sfavore se non addirittura con diffidenza, come una manovra tentata da Barcellona per sottrarsi al piano elaborato dal Comitato (piano che oltre al ritiro dei volontari comprende il controllo e la belligeranza) e per tentare di sostituire al Comitato stesso la competenza della S.d.N.

Hemming ha aggiunto che, da questo punto di vista, la manovra dei Rossi spagnoli poteva già considerarsi fallita, perchè tanto lui, Hemming, quanto Plymouthfondandosi anche sul testo della risoluzione approvata dal Consiglio della Società delle Nazioni-intendevano mantenere integralmente le posizioni assunte dal Comitato di non-Intervento. Infatti, la Commissione che la S.d.N. dovrà inviare nella Spagna Rossa avrà competenza soltanto per verificare che un dato numero di volontari stranieri è stato ritirato dal fronte di combattimento e concentrato in qualche località nelle retrovie o nelle vicinanze della costa. Ma questa Commissione non avrà modo né di accertarsi che tutti i volontari stranieri dalla parte dei Rossi siano stati ritirati, né di procedere alla loro evacuazione dal territorio spagnolo. D'altra parte, ha aggiunto Hemming, è chiaro che tanto per l'Italia quanto per la Germania, che non fanno più parte della S.d.N., il rapporto che potrà essere inviato a Ginevra dalla Commissione predetta rimarrà inesistente e non potrà mai avere alcuna forma di riconoscimento.

Rimane dunque categoricamente stabilito, ha concluso Hemming, che il Comitato di non-intervento, comunque si svolgano le cose, dovrà a sua volta inviare nella Spagna Rossa una sua commissione per il ritiro dei volontari e si baserà unicamente ed esclusivamente sul rapporto che da tale Commissione sarà preparato.

«D'altra parte», ha aggiunto Hemming, «io vorrei esaminare il modo di sfruttare l'iniziativa Negrin nel senso di una semplificazione della procedura prevista dal progetto di risoluzione del 5 luglio, abolendo nella Spagna Nazionale la necessità di istituire quelle zone di evacuazione in cui dovrebbero essere concentrati i volontari da ritirarsi e nei riguardi delle quali da parte italiana e tedesca erano state giustamente in passato elevate obiezioni5».

Hemming mi ha parlato di sua spontanea iniziativa e per conto mio mi sono limitato ad ascoltarlo e a dirgli che avrei riferito queste sue idee a V.E.

240 2 Vedi D. 225.

241 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

241 2 T. 5288/71 O R. del 5 ottobre. Comunicava di avere appreso che, in seguito alla risposta favorevole ricevuta da Franco, Hemming sarebbe partito per Burgos entro pochi giorni.

241 3 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 289.

241 4 Vedi D. 95, nota 1.

241 5 Si riferisce al disarmo e al concentramento dei volontari stranieri in campi di raccolta prima del loro rimpatrio, previsti in una prima stesura della risoluzione generale del Comitato di non intervento (poi approvata il 5 luglio 1938) fatta modificare da Grandi (vedi serie ottava, vol. IX, D. 279, nota 1 ).

242

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4903/1515. San Sebastiano, 7 ottobre 1938 (per. il 12).

Ritengo interessante riassumere ora, seppure con interesse retrospettivo, l'atteggiamento spagnolo nel corso della recente crisi internazionale.

Tale atteggiamento potrebbe essere schematizzato nelle seguenti quattro espressioni corrispondenti ad altrettante fasi successive: incomprensione -nervosismo panico -sollievo. Incomprensione, per la particolare forma mentis spagnola propensa a sopravalutare la propria posizione nel campo politico internazionale ed a considerare gli avvenimenti esterni soltanto in funzione della guerra in Spagna, con conseguente difficoltà, o quanto meno ritardo, nel vedere i pericoli inerenti a quelli.

Nervosismo, quando l'addensarsi delle nubi non ha potuto più oltre essere ignorato e quando gli ambienti dirigenti hanno intuito la necessità di assumere un atteggiamento determinato, senza però avere idea di quale tale atteggiamento avrebbe potuto essere.

Panico, quando la crisi è precipitata, prima che un atteggiamento qualsiasi fosse stato preso di fronte alle insistenze anglo-francesi: panico cui è da attribuirsi il precipitoso impegno di neutralità.

Sollievo, da ultimo, per ragioni vorrei dire più umane e materialistiche che non politiche, come quella di essersi tolto un pesante incubo ed una grave responsabilità.

Mi risulta infatti che negli ambienti politici non vi era nessun desiderio che la questione cecoslovacca si risolvesse in breve tempo (e ciò giustifica il primo elemento da me sopra segnalato e cioè la incomprensione). In varie occasioni ed in diversi ambienti ho sentito ripetere il concetto che non era affatto augurabile che la crisi si risolvesse rapidamente, ma piuttosto che l'Europa si trovasse di fronte a grandi difficoltà dalle quali essa sarebbe stata portata a considerare con maggiore equanimità la questione spagnola. Tale considerazione valeva anche per la Germania, nel senso che un troppo sollecito successo di Hitler avrebbe potuto spingere le «democrazie» a sfogare il loro dispetto con un atteggiamento più rigido e severo verso la Spagna Nazionale: criterio questo che non fa che confermare l'impossibilità, da me segnalata, di considerare avvenimenti di eccezionale gravità in modo obiettivo e cioè in funzione europea piuttosto che in funzione spagnola.

Riassumendo, il Governo di Burgos si è trovato del tutto disorientato di fronte al rapido svolgersi degli avvenimenti cui non era preparato e di cui aveva considerato una durata più lunga. Tale impreparazione e tale disorientamento sono sostanzialmente da attribuirsi alla mancanza di una direttiva nella politica estera, mancanza dovuta particolarmente alla mediocre levatura degli uomini ad essa preposti. Dalle conversazioni avute con gli uffici competenti del ministero degli Esteri, ho avuto l'impressione che la materia concernente i contatti anglo-franco-spagnoli relativi alla «neutralità» è stata trattata direttamente dal Ministro certo con criteri molto più militari e tattici che non politici.

Nella direzione politica del ministero degli Esteri, ho raccolto l'impressione che si sarebbe esagerato nei riguardi della concertata neutralità spagnola, che sarebbe stata basata su intese verbali, ali' infuori di accordi scritti, scambi di lettere, note, ecc. La partecipazione britannica nella richiesta di cui al mio telegramma n. 157 1 , è stata più che altro questione di sede, nel senso che furono i ministri francesi, nel corso del loro soggiorno a Londra col generale Gamelin (25 settembre), che per comprensibili ragioni di contiguità di frontiera provocarono da quella capitale, pel tramite di d'Alba, nuove insistenze a Burgos, dopo il passo fatto a mezzo Quifiones de Leon, ed in seguito al ritardo della risposta del Governo Nazionale. Qui si è considerato che la neutralità sarebbe stata l'unica soluzione possibile, data l'impossibilità di affrontare atti bellici franco-britannici. Per quanto riguarda la presenza dei volontari italiani e tedeschi, la situazione si sarebbe cristallizzata, per così dire, allo stato in cui si sarebbe venuta a trovare all'atto dello scoppio del conflitto; la guerra spagnola avrebbe così dovuto restare localizzata e staccata dall'altra più vasta. Da parte di Burgos si sarebbe chiesto la chiusura ermetica della frontiera pirenaica, sia per uomini che per materiali, nonché quella dei porti rossi alle navi franco-britanniche. A questo riguardo il generale Jordana mi ha fatto cenno di una comunicazione che gli sarebbe giunta da Londra, relativa ad una offerta fatta dai Rossi di porre a disposizione dell'Inghilterra i loro porti in caso di conflitto europeo.

Negli stessi ambienti del ministero degli Esteri di Burgos non si è nascosto l'avviso che la neutralità, facile ad enunciarsi in teoria, non sarebbe stata altrettanto facilmente realizzabile all'atto pratico. Il ministero degli Esteri aveva infatti saputo, che pur dopo l'annuncio della neutralità spagnola, si era da parte francese provveduto ad uno schieramento militare nel settore pirenaico. Si poteva ritenere, inoltre, che la presenza di contingenti italiani e germanici, non avrebbe, alla lunga, mancato di portare a tàtti che avrebbero coinvolto la Spagna Nazionale, quali eventuali azioni aeree italogermaniche dirette contro il territorio francese partendo da basi spagnole. Informazioni non controllate in possesso del ministero degli Esteri, avrebbero inoltre indicato che, nel corso dell'ultima fase della questione cecoslovacca, si sarebbe riunita a Ginevra una commissione composta di rappresentanti civili e militari francesi, inglesi, e spagnoli rossi, che avrebbe discusso e concordato le modalità relative all'uso da parte di Francia e Gran Bretagna delle basi terrestri e navali della Spagna Rossa: sarebbe anche stata in tale sede concertata una occupazione della parte sud della Spagna Nazionale con base di partenza Gibilterra.

Tutto ciò ha ormai interesse retrospettivo: ma vale la pena di essere tenuto presente per spiegare l'atteggiamento di Burgos nella recente crisi.

Come Vostra Eccellenza ha potuto constatare dai successivi telegrammi Stejàni Speciale, il convegno di Monaco ha dato luogo ad una vera e propria esplosione di entusiasmo veritìcatosi in tutti gli ambienti senza distinzione, come è provato dalle innumerevoli felicitazioni a me pervenute sotto forma di telegrammi da enti, autorità e privati, lettere, biglietti, ecc. Di tale sentimento si è fin dal primo momento resa

interprete la stampa che senza eccezione ha visto nel Duce il salvatore della pace e il vincitore della partita. Tale unanimità di atteggiamento e di espressione è stata anzi così clamorosa che questa ambasciata di Germania, come mi risulta in via certa e riservata, ha creduto necessario di porle per così dire, un freno, nel senso di rendere partecipe del successo anche il Ftihrer: si è infatti notato che successivamente è stato dato più risalto alla parte avuta dalla Germania nel salvataggio della pace. Questa stessa azione della rappresentanza tedesca non fa che dare maggiore rilievo alla spontaneità, immediatezza e generalità del primo atteggiamento. Se del resto si è potuto notare, dopo i primi entusiastici ed esclusivi commenti all'azione del Duce una certa attenuazione a vantaggio della Germania, ciò è dovuto -particolarmente -alla mancanza di attrezzatura e di preparazione adeguata della stampa, il cui atteggiamento è regolato da ordini impartiti volta per volta, ma non da direttive che le consentano di seguire una via uniforme e di equilibrare con sensibilità politica le «dosi» dei suoi commenti. Dopo l'attenuazione sopra segnalata i commenti della stampa hanno in ogni modo ripreso unanimi a porre in rilievo l'azione preponderante e decisiva del Duce. Allo scopo di porre nella sua giusta luce l'atteggiamento spagnolo nei suoi vari aspetti, non posso da ultimo non citare la cerimonia della consegna delle ricompense ai legionari del C.T. V. e particolarmente le parole di Franco, improvvisate e da lui pronunciate con accenti di vera sincerità e commozione 2 .

242 1 vedi D. 183.

243

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5357/191 R. Praga, 8 ottobre 1938, ore l (per. ore 7). Mio telegramma n. 187 1•

Direttore Affari Politici che ho visto stasera mi ha detto che Consiglio dei ministri ha accettato la località e la data 9 corr. proposta dalla nota ungherese di stamane.

Delegazione cecoslovacca sarà presieduta invece che da Karvas (mio telegramma n.l772) da monsignor Tiso e composta da membri tutti slovacchi tra i quali lo stesso predetto direttore e da un deputato ruteno. Hodza non ne farà parte perché, mi è stato affermato, trovasi a letto ammalato.

Mio interlocutore mi ha ripetuto sostanzialmente quanto ho già riferito con mio telegramma 185 3 . Ho compreso che si può considerare fuori discussione a favore Ungheria almeno tutto Schutzbund conpreso fra Danubio e Piccolo Danubio.

Di Bratislava i cechi non intenderebbero neppure parlame, considerandola in grande maggioranza cecoslovacca di popolazione ed assolutamente indispensabile quale loro unico sbocco sul Danubio. Vi è altrove l'idea di fare eventualmente di Bratislava proposta per una Danzica danubiana. I cecoslovacchi non mancherebbero di opporre viva resistenza.

Anche la cessione di una striscia dello Schutzbund russo-subcarpatico sembrami qui già scontata ed il delegato di quella nazionalità avrà da prendersi al riguardo la sua responsabilità.

Quanto alla Slovacchia, dopo quello che è avvenuto ieri a Zilina4 , la cosa è pacifica per questo ministero degli Esteri: l'accordo per l'unione con Praga è fermo e completo (sintomatica in proposito la scelta dei membri della delegazione che dovrà trattare con l'Ungheria).

La legge costituzionale per la sistemazione dei rapporti di Praga con la Slovacchia sarà votata forse prima del 28 ottobre poiché, mi è stato detto, il Parlamento nonostante i cambiamenti territoriali in corso può riunire ancora i 3/5 dei rappresentanti con pieni mandati, dei quali bastano i voti dei 3/5 per approvare detta legge come pure per la elezione del Presidente della Repubblica.

Il nuovo ministro degli Affari Esteri arrivato stamane non ha preso ancora contatto col Corpo diplomatico. Egli si propone di recarsi in questi prossimi giorni a Berlino.

242 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

243 1 T. 5342/187 R. del 7 ottobre. Comunicava che il ministro di Ungheria a Praga aveva presentato una nota in cui si chiedeva la riunione a Komarom di una conferenza per la definizione delle nuove frontiere tra Ungheria e Cecoslovacchia, ponendo il 9 ottobre come termine improrogabile per l'inizio dei lavori.

243 2 T. 5292/177 R. del 5 ottobre con cui aveva comunicato che il governo di Praga aveva accettato di avviare le trattative, pur facendo presente che occorreva rinviarne l'inizio di alcuni giorni.

244

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. RISERVATO 14872/705 P. R. Tokio. 8 ottobre 1938, ore 2,40 (pe1: ore 10,30).

Mio telegramma n. 689 1• Continuano contatti e scambi di vedute circa nota questione con entrambi ministeri interessati.

243 1 T. 5329/185 R. del 6 ottobre. Riferiva sui contatti in corso tra Budapest e Praga per l'avvio dei negoziati: da parte cecoslovacca si manifestavano buone disposizioni di giungere ad un accordo ma si sottolineava che il problema in discussione era solo quello delle minoranze ungheresi.

243 4 Si veda il D. 246.

244 1 Vedi D. 185.

245

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5387/0179 R. Berlino, 8 ottobre 1938 (per. iliO).

Possibilità di trattative dirette germano-ceche di cui a mio telegramma stamane

n. 460 1 va prendendo corpo. Io per mia parte la incoraggio quanto più posso.

246

IL CONSOLE A BRATISLAVA, LO FARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVAriSSIMO 5396/45 R. Bratislava, 8 ottobre 1938 (per. il 10).

Miei telegrammi nn. 40 1 e 42 2•

l) Dalle vicende che hanno portato alla costituzione del governo slovacco sotto la presidenza di monsignor Tiso, funzionante presidente del partito cattolico autonomista di Hlinka, due conclusioni possono per ora essere fissate: l 0 ) i rapporti fra cechi e slovacchi risultano provvisoriamente impostati, da un punto di vista formale, su base dualistica; 2) su tale situazione provvisoria si esercitano da una parte l'influenza ungaro-polacca e dall'altra l'influenza germanica.

Come da me telegrafato 3 , sembrava che dal convegno di Zilina dovesse uscire una netta dichiarazione di indipendenza della nazione slovacca, primo passo verso un'unione, in forma da definirsi, con l'Ungheria. Secondo mi dice il conte Esterhazy, in tal senso erano gli impegni di Tiso con Kanya e Beck. Alla vigilia delle decisioni di Zilina, lo stesso Tiso avrebbe-pel tramite di Esterhazy-fatto sapere al ministro

degli Esteri ungherese che, ponderata meglio la situazione del momento, era giunto alla conclusione che una dichiarazione immediata nel senso dell'indipendenza non era possibile tìn quando le truppe ceche mobilitate occupavano la Slovacchia. Egli penserebbe quindi costituire dapprima un governo autonomo per assumere la direzione ed il controllo di tutti i servizi dell'ordine pubblico, in attesa che la smobilitazione faccia rientrare in Boemia e Moravia il grosso delle truppe ceche. Tiso avrebbe nel contempo riconfermato a Budapest e Varsavia gli impegni già presi. Beck e Kànya-consultatisi rapidamente-avrebbero approvato tale linea di azione.

II) Come è noto, Praga ha subito accolto la richiesta del governo slovacco di partecipare alle trattative che avranno inizio domani a Komarom per la definizione delle nuove frontiere fra Ungheria e Slovacchia. La delegazione cecoslovacca sarà diretta dallo stesso Tiso.

Secondo quanto ho sentito qui anche dal mio collega ungherese, le richieste del governo di Budapest sulle zone miste inciderebbero alquanto sul territorio compattamente abitato da slovacchi. Esterhazy -che si reca a Komarom come osservatoremi dice che egli si propone di suggerire alla delegazione ungherese di dimostrare qualche moderazione in proposito, ché altrimenti si farebbe il gioco di Praga che evidentemente conta su seri contrasti nazionali fra magiari e slovacchi, al fine di compromettere ad un tempo di fronte all'opinione pubblica monsignor Tiso e le possibilità di una unione della Slovacchia con l'Ungheria.

245 1 T. 5361/460 R. dell'8 ottobre. Ritèriva che, su consiglio di Giiring, a Praga si pensava di intavolare delle trattative con Berlino non appena si fossero visti dei segni di smobilitazione spirituale da parte dei tedeschi.

246 1 Vedi D. 232.

246 2 T. 5332/42 R. del 7 ottobre. Riferiva le prime notizie sui risultati del convegno di Zilina dove tra governo di Praga e partiti slovacchi era stato raggiunto un accordo per cui la Slovacchia diventava provincia autonoma dello Stato cecoslovacco con un suo governo di cui assumeva la presidenza monsignor Ti so, che entrava anche a far parte del governo di Praga con ministro per la Slovacchia.

246 3 Vedi D. 232, nota l.

247

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 5113/1706. Budapest, 8 ottobre 1938 (pa il l 0).

Il R. Addetto Militare, che non aveva ancora potuto essere ricevuto prima di ora, data l'assenza del Reggente da Budapest durante l'estate, è stato ieri in udienza da

S.A.S. l'Ammiraglio Horthy.

Ho l'onore di qui unito trasmettere copia di un rapporto che in data 7 ottobre il colonnello Garigioli ha diretto al Comando del Corpo di Stato Maggiore sulla conversazione avuta col Reggente.

ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE A BUDAPEST, GARIGIOLI,

AL SERVIZIO INFORMAZIONI MILITARE

RAPPORTO. Budapest. 7 ottobre 1938.

Stamane S.A.S. il Reggente, al quale non ero stato ancora presentato ufficialmente in qualità di R. Addetto Militare, mi ha ricevuto in udienza, trattenendomi a colloquio circa 20 minuti.

Dopo le prime frasi di benvenuto, Egli è passato subito a discorrere dell'attuale periodo agitato, mostrando di condividere l'ansiosa attesa e la crescente impazienza della Nazione di realizzare le sue rivendicazioni e manifestando i suoi sentimenti di profonda gratitudine e sincera amicizia per l'Italia e il Duce, non altrettanto calorosi verso la Germania.

Ecco, in sostanza, quanto Egli mi ha detto: -Se a Monaco non ci fosse stata l'Italia, nella Persona di Mussolini, certamente i tedeschi se ne sarebbero infischiati della povera Ungheria, la quale avrebbe dovuto deporre per

sempre ogni speranza. -Ora le speranze ci sono, ma non si vede ancora se e fino a qual punto saranno realizzate. -La Slovacchia, ad esempio, ha già manifestato di gradire l'unione coi cechi, sia pure

con un Governo autonomo. Ma ciò non dovrebbe aver valore perché non è un verdetto plebiscitario; il popolo slovacco non si è affatto pronunziato, ma agiscono per lui solo quattro o cinque persone che sono nelle mani dei cechi.

-È necessario, anche nell'interesse dell'Italia, che l'Ungheria possa avere contìne comune con la Polonia. A questo proposito il Reggente mi ha detto che aveva parlato col Duce a Roma, quando ancora non era così stretta l'amicizia italo-germanica, e che in tale occasione, nell'assicurare Mussolini che poteva dare tranquillamente delle armi all'Ungheria (non avrebbero mai sparato contro di noi), gli aveva detto: «l pericoli dell'Europa sono due: quello russo e quello tedesco. Una forte Ungheria, insieme alla vicina Polonia e con l'appoggio dell'Italia, potrebbero costituire un solido baluardo contro entrambi i pericoli».

-Bene ha fatto l'Italia a stringere così forte amicizia con la Germania, perché i due Stati insieme costituiscono un potente blocco, capace di tener testa alle Potenze occidentali. E d'altra parte l'Italia ha ancora qualche cosa da prendere, ad esempio Tunisi e Corsica, ma l'amicizia più vera e profonda, tra due popoli che veramente si comprendono anche per affinità di carattere, è quella fra l'Italia e l'Ungheria. l tedeschi hanno molte virtù, ma il loro temperamento è troppo diverso da quello latino, è sopratutto rude e prepotente. Essi possono divenire degli amici pericolosi.

A tali giudizi, che rivestono importanza per il personaggio che li ha espressi, non occorrono commenti; ma debbo aggiungere che essi corrispondono fedelmente a quanto, in questi quattro mesi, ho sentito ripetere da quasi tutti gli ungheresi e particolarmente nell'ambiente militare. Gli Ufficiali che parlano con me, nell'esprimere, per un motivo o per l'altro, la loro gratitudine ed il loro attaccamento all'Italia, sentono ben sovente il bisogno di aggiungere sottovoce «Coi tedeschi è tutt'altra cosa». Il che mi costringe per evitare commenti, a scivolare sull'argomento e a cambiare discorso 1•

248

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5402/198 R. Varsavia, IO ottobre 1938, ore 16,46 (per. ore 19,15).

Segnalo ad ogni buon fine all'attenzione di VE. che nella campagna che stampa polacca va intensificando in favore rivendicazioni polacco-ungheresi per frontiera comune nella Russia Subcarpatica, ricorre frequente l'affermazione secondo la quale

tali rivendicazioni troverebbero appoggio da parte italiana. Non mancano nemmeno accenni all'interesse che l'Italia avrebbe ad un tale soluzione in relazione all'espansionismo tedesco verso l'Oriente.

247 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

249

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5013/194 R. Praga, l O ottobre 1938, ore 18, 15 (pe1~ ore 20, 44).

Seguito telegramma numero precedente 1•

In questi giorni, come VE. sa, il governo cecoslovacco sta lavorando nel modo più attivo i partiti slovacchi e carpato-russi allo scopo attirarli verso Praga. Si provocano deliberazioni, si nominano ministri, si formano governi locali, tutta opera intensa di allettamento e di difesa.

È però mia impressione, fondata su quanto si sente (si parla anche di denaro tedesco aff1uito) e su quanto si può anche supporre, che resistenza cecoslovacca si appoggi parecchio sul fatto che la Germania è ben !ungi dal favorire, anzi non desidera, la formazione del blocco ungaro-polacco con comunanza programma e non ha in questa occasione nascosto sua preferenza per soluzione automistica slovacca nel quadro di Praga. Cecoslovacchia potrebbe costituire domani per Berlino un'altra pedana per altro salto verso l'Est.

Anche per quanto concerne Bratislava atteggiamento tedesco incoraggia Praga. Se Budapest vuole insistere ed ottenere quanto ha chiesto, oggi deve mostrarsi decisa qui e non qui solamente.

250

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5411/195 R. Praga, 10 ottobre 1938, ore 19,30 (per. ore 22,10).

Il R. Ambasciatore a Berlino, a mezzo colonnello Roda venuto ieri a Praga dalla zona occupazione ove trovasi in funzione di osservatore, mi ha chiesto di fargli riservatamente conoscere quali località o territori che sono stati compresi nella quinta zona i cechi considerano più interessanti dal loro punto di vista.

Come mi ha detto il colonnello Roda, S.E. Attolico desiderava avere tali indicazioni per sua opportuna conoscenza nell'eventualità che, in sede di perequazione, fosse possibile ed opportuno tenere presenti le più strette necessità o più giustificati desideri di questo Paese relativamente economia e trasporti 1•

In via del tutto confidenziale ne parlai a questo ministro degli Affari Esteri chiedendogli tale materiale «di informazioni» che si desiderava aver presente nell'eventualità (probabile oppure no) che nei lavori della Commissione Internazionale di Berlino fosse possibile da parte nostra, e come era nostro desiderio, venire incontro anche ai desideri di Praga, ma sempre mantenendosi -beninteso -nello spirito degli Accordi di Monaco e sulla nostra nota linea politica.

Il ministro mi ringraziò soprattutto di questo passo che specialmente accoglieva nei termini da me indicati e mi manifestò contemporaneamente la fiduciosa speranza che, specialmente ne li 'alto spirito di giustizia del R. Governo, ripone questo Paese nella difficilissima contingenza attuale. Il ministro mostrò disillusione per la condotta dei Rappresentanti inglese e francese nella Commissione Internazionale, accennando viceversa con simpatia ali'«azione assennata esercitatavi dal

R. Ambasciatore d'Italia». Ho inviato stamane a S.E. Attolico, con lo stesso mezzo, le indicazioni dettagliate chiestemi e che mi sono state fornite riservatamente dal ministro Affari Esteri.

Come ho già riferito, delimitazione quinta zona ha qui rappresentato colpo durissimo che genera tutt'ora senso di dispetto e di ribellione contenuta, ma malcelata2 •

249 1 T. 5397/193 R. del IO ottobre. Il ministro Fransoni riferiva di essere stato informato dal ministro degli Esteri cecoslovacco delle richieste avanzate dagli ungheresi alla conferenza di Komarom. Da parte cecoslovacca ci si dichiarava pronti a dei sacrifici ma limitatamente alle zone abitate da ungheresi, mentre si era orientati negativamente circa i plebisciti in Slovacchia e in Rutenia e fermamente contrari alla cessione di Bratislava, unico sbocco cecoslovacco sul Danubio.

251

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, PREZIOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5529/056 R. Bruxelles, IO ottobre 1938 (per. il 17).

Il mio collega di Polonia, Moscicki, di ritorno da un breve soggiorno in Parigi, è venuto a dirmi che il messaggio inviato da Chamberlain a Daladier 1 subito dopo il convegno di Monaco, come pure le dichiarazioni fatte dal Primo Ministro britannico

Un appunto di Gabinetto in data 12 ottobre dice: «Il ministro Anfuso ha telefonato a S.E. Attolico comunicandogli che il Duce e S.E. il Ministro disapprovano la sua iniziativa. S.E. Attolico ne ha preso atto». Lo stesso 12 ottobre, l'ambasciatore Attolico chiariva in una lettera ad Anfuso che non era stata sua l'iniziativa di prendere contatto con il ministro Krofta in quanto lui aveva chiesto soltanto di essere informato sulla base degli elementi in possesso della legazione a Praga, al di fuori del ministero degli Esteri cecoslovacco. Il ministro Anfuso gli comunicava due giorni più tardi che Ciano considerava «completamente chiarita» la questione.

alla Camera dei Comuni 2 circa la relativa portata della dichiarazione anglo-tedesca da lui convenuta a Monaco, non sarebbero valsi a dissipare il sospetto di Daladier che Chamberlain abbia profittato dei suoi colloqui col Flihrer per risolvere innanzi tutto determinate questioni strettamente anglo-tedesche.

Si supporrebbe che l'intervista di Godesberg ebbe cattivo esito non tanto per difficoltà insite nella questione sudetica, quanto per quelle sorte in dipendenza di alcuni problemi che Chamberlain avrebbe indicati al Ftihrer come di previa soluzione. Sospetti del genere permarrebbero anche nei riguardi dell'attività svolta da Chamberlain nella mattinata spesa a Monaco, dopo la firma dell'accordo.

Moscicki non aveva notizia della precisa natura delle pretese richieste di Chamberlain. Ha tuttavia accennato alla questione coloniale (esclusione di determinate colonie britanniche), a quella della limitazione degli armamenti navali e terrestri ed alla stessa questione spagnola.

250 1 A margine di queste righe Mussolini ha posto un grosso punto interrogativo.

250 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

251 1 Vedi D. 211, nota 2.

252

L'INCARICATO D'AFFARI PRESSO LA SANTA SEDE, FECI A DI COSSATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE SEGRETO 5395/128 R. Roma, 10 ottobre 1938 (per. stesso giorno).

M io telegramma per corriere n. 126 1•

Come ho già avuto l'onore di riferire col mio telegramma per corriere sopra citato, le recenti deliberazioni del Gran Consiglio in tema di difesa della razza non hanno trovato in complesso in Vaticano sfavorevole accoglienza, riferendosi la riserva manifestata anche dal breve commento dell'Osservatore Romano del 7 corrente, ai riflessi che le nuove disposizioni potrebbero avere nei riguardi del matrimonio quale è disciplinato dalla Chiesa.

Da monsignor Montini, Sostituto per gli Affari Ordinari alla Segreteria di Stato, ho avuto conferma di tali impressioni e più particolarmente che le maggiori per non dire uniche preoccupazioni per la Santa Sede si riferiscono al caso di matrimoni con ebrei convertiti. Come S.E. l'ambasciatore segnalava con suo telegramma per corriere n. 81 del 20 luglio scorso 2: «In previsione di un eventuale ritocco della nostra legislazione in materia di matrimoni misti, credo mio dovere, di richiamare l'attenzione,

perché si abbia presente, sul disposto dell'art. 34 del Concordato prima parte che dice: "Lo Stato italiano volendo ridonare all'istituto del matrimonio, che è base della famiglia, dignità conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del matrimonio disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili". Il mio rilievo è dettato dal fatto che il diritto canonico riconosce valido il matrimonio fra battezzati (Canone l O 12) al! 'irifuori di qualsiasi altra considerazione».

L'articolo di Regime Fascista «La Chiesa e gli ebrei» dell'8 ottobre corrente, sembra ispirato invece a una valutazione diversa in cui la difficoltà proveniente dalla legge canonica non è tenuta presente. Tale atteggiamento viene incidentalmente confermato anche nel successivo articolo del 9 corrente, «l Gesuiti e gli ebrei».

A proposito dei Gesuiti si può osservare che, data la divergenza di concezioni apparsa tra lo Stato fascista e la Chiesa in tema di antisemitismo, quei convinti antisemiti -e sia pure per ragioni dottrinali diverse dalle nostre -che sono pur sempre i Gesuiti, una volta scoperti pubblicamente, hanno dovuto disciplinatamente dare prova di ubbidienza. Nell'ombra invece e sul terreno pratico sono stati e potrebbero forse essere ancora i nostri migliori alleati (telegramma di quest'ambasciata n. 95 del 7 agosto u.s. 3).

251 2 Nella seduta del 3 ottobre ai Comuni, Chamberlain aveva dichiarato di non aver concluso nessun accordo segreto, né preso impegni nuovi durante la conversazione avuta con Hitler a Monaco e con la dichiarazione sottoscritta in quell'occasione: il colloquio aveva avuto lo scopo di estendere un contatto personale che era da considerarsi essenziale nella diplomazia moderna (il testo del discorso è in Relazioni Internazionali, pp. 709-71 0).

252 1 Vedi D. 238.

252 2 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 320.

253

NOTA N. 22 DELL'INFORMAZIONE DIPLOMATICA

Roma, IO ottobre 1938.

Nei circoli responsabili romani si fa osservare che il rimpatrio di un forte contingente delle fanterie legionarie dalla Spagna è stato predisposto molto prima del convegno di Monaco dal Generalissimo Franco, in pieno accordo con l'Italia. Si tratta di volontari che sono in Spagna dal gennaio-febbraio 1937, che hanno partecipato a tutte le sanguinose battaglie della guerra, da Malaga a Santander, da Gandesa a Barracas e che, non potendo essere sostituiti, meritano il rimpatrio ora che le sorti della guerra si possono ritenere decise a favore di Franco.

Questo rimpatrio unilaterale di un contingente notevole di volontari italiani non è in rapporto con particolari condizioni di carattere politico internazionale o mediterraneo, come è stato detto dalla solita male informata stampa d'informazione, ed essendo un rimpatrio unilaterale non è nemmeno in relazione con le decisioni del Comitato di non intervento sulla cui attività, del resto, non si hanno che vaghe e piuttosto intermittenti notizie.

Indipendentemente dagli sviluppi delle relazioni italo-inglesi, il rimpatrio è sostanziale; e nei circoli responsabili romani si opina che potrebbe fornire alla Gran Bretagna la occasione per dare esecuzione a quegli accordi del 16 aprile giacenti ormai, da troppi mesi, negli archivi del Foreign Office.

Se questo accadrà tanto meglio. Nei circoli responsabili romani si ritiene che effettuato questo non simbolico ma effettivo rimpatrio dei volontari, l'Italia non farà, unilateralmente, altro.

Tutto ciò che si stampa sui patti mediterranei in gestazione è tendenzioso e prematuro; e non fa avanzare di un passo la soluzione di alcuni ben determinati problemi.

252 3 T. per corriere 3984/95 R. del 7 agosto. L'ambasciatore Pignatti aveva preso spunto da un articolo di padre Brucculeri ispirato ad ammirazione per l'Opera Nazionale Dopolavoro per attirare l'attenzione sul «contrasto stridente» in atto tra gli ambienti vaticani e i Gesuiti. Non era comunque opportuno -aveva osservato l'ambasciatore-elogiare apertamente l'atteggiamento della Compagnia, che doveva essere lasciata operare nell'ombra, né si doveva nutrire l'illusione di contrapporre i Gesuiti al Papa.

254

IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8529/1627. Vzenna, 10 ottobre 1938 (pe1: il 12).

Mio telegramma in data odierna n. 67 1•

La tensione nel campo religioso, accentuatasi recentemente in Vienna per le varie ragioni da me segnalate nel telespresso del 5 corrente n. 8334/15792 , ha provocato la sera di sabato scorso un grave incidente, che ha grandemente impressionato l'intera città.

L'antefatto si è svolto la sera di venerdì 7 corrente. Com'è noto, le autorità del Rei c h hanno sciolto anche in Austria l'Azione Cattolica. Essendo tuttavia permesso di riunirsi nelle chiese, il Cardinale Innitzer aveva convocato gli inscritti alle disciolte organizzazioni giovanili maschili e femminili ad una conferenza di carattere religioso, che ebbe luogo venerdì alle ore 20 nella cattedrale di S. Stefano, con l'intervento di circa 5000 persone.

Il Cardinale svolse i seguenti concetti: «Hanno sciolto le vostre organizzazioni; hanno portato le vostre bandiere e le vostre insegne; voi potete tuttavia riunirvi nelle vostre parrocchie. La fede non ve la possono portar via. Cristo è il vostro Fiihrer. Dovete tener alto il vessillo della vostra fede. Anche fuori di qui dovete dimostrare il vostro attaccamento alla religione.

Alcune frasi di Sua Eminenza destarono qualche protesta da parte di elementi nazisti presenti in chiesa e specialmente la frase «Gesù Cristo è il vostro Fiihren>. Devo dire in proposito che non sono riuscito a conoscere le parole esatte pronunziate

dal Cardinale, in quanto che esse mi sono state riportate da varie fonti in maniera diversa. È ad ogni modo da tener presente che la parola «Fiihrer» viene usata in tedesco comunemente per «guida», e quindi la frase «Gesù Cristo» o «Dio Onnipossente è la vostra guida» non è che l'affermazione di una norma seguita da ogni buon cattolico. Tuttavia è innegabile che essa si presta ad una interpretazione di carattere politico e, se è stata effettivamente così pronunziata, deve essere considerata tutt'altro che opportuna.

Finito il discorso, il Cardinale uscì dalla Cattedrale come al solito dalla porta laterale e si recò n eli' Arcivescovato, distante solo pochi metri, seguito da chierici e sacerdoti.

La folla, riversatasi sulla piazza, proruppe in ovazioni al suo indirizzo e la dimostrazione continuò sotto le finestre del Palazzo: i fedeli intonarono canti religiosi, mentre i nazionalsocialisti alla loro volta rispondevano con gli inni e canzoni naziste e grida di dileggio. Vi furono piccoli tafferugli senza importanza.

La sera dopo però vi è stata una forta reazione da parte nazista.

Squadre di ex-illegali irruppero nel Palazzo arcivescovile, forzando il portone di ingresso, invasero i saloni del primo piano devastando quanto loro capitava fra le mani e danneggiarono anche la cappella. Tutte le grandi vetrate andarono in frantumi. Mobili e quadri vennero danneggiati. Sarebbe anche stato fatto a pezzi un crocifisso e bruciata una bibbia. Non vi furono vittime; ma sembra sia in gravi condizioni uno dei custodi che nel trambusto cadde da una finestra. I danni sono rilevanti. Il Cardinale, che si trovava in uno dei saloni del primo piano, al momento dell'irruzione salì al secondo piano e chiamò telefonicamente la polizia. Ma, come spesso accade, questa giunse quando l'opera di devastazione era finita; chiuse e suggellò gli appartamenti del primo piano e si limitò ad arrestare un paio di persone. Ora il palazzo è sorvegliato da poliziotti, che hanno cura di tàr circolare i numerosi passanti, i quali si soffermano a guardare le finestre senza vetrate, testimonianza dell'accaduto.

Gli eccessi poterono essere compiuti più facilmente dato che le autorità di polizia hanno inviato negli ultimi tempi numeroso personale nei paesi sudetici: lo stesso capo della polizia politica è tornato appena ieri sera dai nuovi territori.

Si ha però la sensazione che tali eccessi, se anche biasimati dalle autorità, vengano da esse considerati come una meritata lezione ed un monito al clero cattolico.

Da parte nazionalsocialista si rimprovera al Cardinale di aver voluto tenere la conferenza proprio mentre la popolazione giubilava per la conquista dei Sudeti; di essersi poi affacciato alla finestra durante la dimostrazione nonostante che dalla folla partissero grida di aperta provocazione politica. Inoltre, le gerarchie naziste biasimano il contegno di assoluta indifferenza dimostrato da una parte del clero durante il periodo di grave crisi per la questione sudetica e la sua mancata partecipazione al giubilo generale della Nazione per l'annessione del nuovo territorio. Secondo notizie giunte alla Gestapo, molti sacerdoti avrebbero apertamente mostrato di desiderare la guerra nella speranza di vedere l'Austria di nuovo indipendente ed un prete sarebbe giunto al punto da pregare in Chiesa per la Cecoslovacchia e per Bend! (Forse un prete boemo).

Il Voelkischer Beobachter in un articolo intitolato «Calma superiorità» apparso nel numero dell'8 corrente (vedasi telespresso n. 8519/1625 in data odierna3) parla in tono violento di «attacchi epilettici» a cui sono di tanto in tanto soggette «alcune persone che sogliano per professione regolarmente prendere la parola in determinati posti e lanciano minacce e profezie» e, pur affermando che lo Stato nazionalsocialista è abbastanza forte per non preoccuparsene, aggiunge che, se fosse necessario, saprà salvaguardare energicamente la propria dignità. Il monito al Cardinale e al clero è quindi chiarissimo.

L'impressione in città per quanto è accaduto è stata grandissima. Proprio il Cardinale lnnitzer, che fece la visita al FUhrer all'indomani dell'annessione, che ha sostenuto la politica conciliativa ed ha fatto numerose manifestazioni di lealismo fino al punto da avere energici richiami dal Vaticano 4 , viene attaccato con la presumibile tolleranza dalle autorità, nel Palazzo Arcivescovile, e se non la sua persona, vengono manomessi i suoi mobili ed i sacri arredi con atti vandalici, non giustificati da nessuna grave provocazione.

Il sentimento religioso delle masse che-nonostante le defezioni prodotte dalla propaganda socialista e nazista negli ultimi anni -è pur sempre profondo, è stato vivamente colpito dallo scempio, tanto più che il Cardinale Innitzer-se pur discusso politicamente per le sue oscillazioni e la sua debolezza-è rispettato per la sua veramente cristiana bontà, modestia e purezza di vita, e come Principe della Santa Chiesa e come successore dei vari Arcivescovi di Vienna, i quali hanno avuto tanta parte nella storia della città e dell'Austria, rappresenta tutta una tradizione a cui il popolo è intimamente legato.

Certo eccessi siffatti non giovano al nazionalsocialismo 5•

Sui riflessi della tensione tra Chiesa cattolica e regime nazista in Austria riferiva qualche giorno più tardi anche l'ambasciatore Attolico, che sottolineava come il nazionalsocialismo non tralasciasse mezzo per scalzare le posizioni secolari tenute dal clero, centrando la sua azione soprattutto contro le scuole confessionali e i seminari, così da «scardinare alla base l'organizzazione religiosa togliendole i vivai in cui essa formava le sue milizie» (telespresso 7106/2097 del 15 ottobre).

Da lnnsbruck, il console generale Romano fàceva poi presente che nella sua circoscrizione consolare le notizie sugli incidenti di Yienna avevano «provocato la più penosa impressione e, occorre aggiungere, un senso di vero disgusto ed orrore fra la compatta massa di credenti di questa circoscrizione, i quali sanno che il Gauleiter del Tirolo e Yoralberg, Hofer, non è secondo a nessuno per radicalismo nel campo della religione e del culto e che sarà ben capace di tenere fede alla promessa da lui fatta di liberare il Tirolo da tutti i religiosi entro l'anno». Tutto ciò-aggiungeva il console-non fà che esasperare gli animi di una popolazione sinceramente religiosa, già oflèsa dai provvedimenti che hanno impedito le processioni, chiuso le scuole confessionali, istituito il matrimonio civile e dato carattere facoltativo all'insegnamento religioso nelle scuole. «Un tale stato di cose-osservava il console Romano-dà buon giuoco ai sacerdoti che non si stancano di agitare nella coscienza della popolazione il pericolo nel quale, per la prima volta, si trova la religione nel Land Austria» (rapporto 8652/580 del 18 ottobre). Entrambi questi documenti hanno il visto di Mussolini che ha sottolineato le frasi qui riportate tra virgolette.

254 1 T. 5407/67 R. del l O ottobre. Riferiva succintamente sugli incidenti avvenuti a Vienna, oggetto di questo telespresso.

254 2 Vedi D. 230.

254 1 Non pubblicato. Il suo argomento è qui indicato.

254 4 Su quelle vicende si veda serie ottava, vol. VIli, DD. 378, 413, 437, 440, 449 e 476.

254 5 Il documento ha il visto di Mussolini.

255

L'ADDETTO NAVALE A TOKIO, GIORGIS, AL SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA MARINA, CAVAGNARI

RAPPORTO l s/s. Tokio, IO ottobre 1938 1 .

Giunto a Tokio il 22 settembre, dopo le presentazioni ufficiali ho preso contatto (1° ottobre) con le autorità navali. Nei riguardi della nota questione la situazione è oggi la seguente:

l) La Marina Giapponese è sempre più convinta della convenienza di addivenire ad un accordo navale itala-giapponese con finalità di assicurazione anti-inglese. Ha appreso con soddisfazione il nostro punto di vista e cioè che nelle linee generali tale patto dovrebbe contemplare la perfetta reciprocità:

A) Neutralità benevola automatica. B) Dopo studio della situazione creatasi: atti di mobilitazione per fissare in Estremo Oriente (in Mediterraneo) una aliquota delle forze navali avversarie. C) Dopo ulteriore studio della situazione creatasi: atti di ostilità (guerra) in mutua cooperazione.

A conclusioni di principio su concetti del tutto analoghi erano giunte per loro conto le autorità di questa Marina, sicché la comunicazione da me fatta, che era attesa con una certa impazienza, ha potuto senz'altro arrivare in porto. Stamani (lOottobre) il Comandante Yokohama (Gabinetto della Marina) mi ha personalmente comunicato che le Autorità della Marina hanno data la loro approvazione a tale punto di partenza e mi ha invitato ad iniziare di comune accordo su tali basi, in prossime sedute, lo studio derivante nel campo operativo, organizzativo e dei trasporti. Ho aderito a tale invito. Mi riservo di comunicare a Vostra Eccellenza i vari punti studiati e di richiedere, mano a mano che se ne presenterà la necessità, i dati e le direttive eventualmente necessari, fermo restando che ogni progetto di risoluzione sarà sottoposto alla preventiva approvazione di cotesto Ministero.

II) Esercito Giapponese. Potrebbe forse apparire che l'accordo, impegnando essenzialmente le due Marine, non dovesse presentare per l'Esercito Giapponese una speciale importanza. Ciò in realtà non è per i seguenti due motivi: A) In qualsiasi caso di ostilità, interessante il Giappone in Estremo Oriente, l'Esercito verrebbe direttamente impegnato con trasporti oltre mare. B) La politica estera giapponese è dominata dall'ambiente militare, ma in special modo dall'Esercito più che dalla Marina e non è quindi possibile prescindere dall' Esercito.

Prova ne sia che l'idea di un accordo militare itala-giapponese è nata prima nell'ambiente dell'Esercito e poi da questo si è diffusa alla Marina dando luogo alla presa di contatto di queste Autorità Navali col nostro Addetto Navale.

Di conseguenza, secondo le direttive date da questo Ambasciatore, questo Addetto Militare ha mantenuto il contatto con lo Stato Maggiore giapponese ed ha recentemente (7 ottobre) avuta comunicazione che il progetto di accordo, così come è indicato nel comma 1°, ha la piena adesione anche delle Autorità dell'Esercito. Anche l'Esercito prevede di poter iniziare a non lunga scadenza conversazioni con questo Addetto Militare nei riguardi dei vari problemi tecnici derivanti.

Per quanto si sia quindi tutti d'accordo è stata esclusa la convenienza di procedere a tali conversazioni a quattro, sia per non dare nell'occhio, sia per rispettare la mentalità di questi ambienti militari che, per una certa rivalità d'arma, preferiscono trattare separatamente pur dando l 'assicurazione che il contatto fra Esercito e Marina sarà mantenuto. Inutile dire che da parte nostra l'Addetto Militare ed il sottoscritto lavoreranno di comune accordo seguendo le direttive di questo Ambasciatore ed anche l'Addetto Aeronautico verrà interessato per tutto ciò che avrà attinenza con la sua arma.

III) Patto Anticomunista. In questi ultimi giorni Addetto Militare ha avuto sentore e comunicazione da parte dello Stato Maggiore dell'Esercito di un progetto di rafforzamento militare del Patto anti-comunista. L'iniziativa sarebbe partita dall'Ambasciatore Giapponese a Berlino, Generale Oshima, che era già stato il promotore del Patto politico anti-comunista. Il Ministro degli Esteri del Reich, von Ribbentrop, sarebbe stato da lui conquistato a tale idea che sarebbe stata sottoposta da von Ribbentrop a Sua Eccellenza Ciano. Il rafforzamento progettato consisterebbe in un accordo militare itala-tedescogiapponese basato su principi analoghi a quelli esposti nel comma l 0

È probabile che nel pensiero dei dirigenti di questo Esercito i due accordi siano destinati ad inquadrarsi uno nell'altro e cioè, più precisamente, che l'accordo a tre anti-comunista sia destinato a creare un triangolo militare prevalentemente in funzione anti-russa, mentre l'accordo itala-giapponese rappresenterebbe un rinforzo (prevalentemente navale) di un lato di quel triangolo con funzione di assicurazione antiinglesc nella eventualità che l'Inghilterra, in caso di conflitto, si schierasse con la Russia, oppure in qualsiasi altro caso che portasse il Giappone (e reciprocamente l'Italia) in contrasto diretto con l'Inghilterra.

È appunto questa seconda parte quella che sta più a cuore a questa Marina che per ora non mi ha fatto cenno alcuno al patto a tre anti-comunista.

IV) Affari Esteri.

Secondo informazioni date a questo Addetto Militare, le Autorità Militari avrebbero già ottenuto dal Ministro degli Esteri l'adesione di massima al Patto itala-giapponese. Le sopraggiunte dimissioni del Ministro degli Esteri Ugaki, causate dai dissensi con i militari nei riguardi della politica in Cina, e la sua sostituzione col Primo Ministro Konoye più propenso alla politica dei militari, dovrebbero comunque rendere più facili gli ulteriori sviluppi in questo campo.

Per quanto sia estremamente difficile rendersi esatto conto della situazione in questo campo di politica interna giapponese. è certo che le autorità militari, secondo quanto asseriscono i portavoce delle Forze Armate. non mostrano dubbi circa il futuro atteggiamento del loro Governo in merito a questi patti militari e considerano la questione di attenerne la definitiva ratifica di stretta loro competenza. È di conseguenza loro desiderio che l'Ambasciata del Giappone a Roma (compreso quell'Addetto Navale) non siano direttamente interessati alla questione.

V) Osservazione.

La situazione, così come è tratteggiata nei paragrafi precedenti, è quale risulta dalle comunicazioni fatte a questo Addetto Militare ed al sottoscritto rispettivamente dai portavoce dell'Esercito e della Marina. I capi (Ministri, Capi di Stato Maggiore ecc.) rimangono dietro le quinte. Quando incontrati in occasione di presentazione o pranzi fanno per ora solo vaghi accenni.

Ciò va spiegato con l'estremo riserbo caratteristico della mentalità giapponese e col fatto che gli elementi politicamente più attivi di queste Forze Armate non sempre sono i capi.

VI) Nota.

La presente lettera è stata da me sottoposta a questo Ambasciatore. Lettera di analogo tenore viene inviata da questo Addetto Militare al Ministero della Guerra già al corrente dei precedenti della questione2 .

255 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

256

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 5417/472 R. Berlino. II ottobre 1938. ore 14.30 (per. ore 16).

È venuto a vedermi ambasciatore d'Inghilterra. Egli è semplicemente furioso. Ha saputo che -non contenta di aver conseguito tutta la linea di Godesberg basata sul censimento 191 O e imposta come la meglio rispondente allo sta tu qua ante 1918 -la Germania si prepara ora domandare plebiscito per Olmiltz, Brunn, Moravska-Ostrava e forse Budweiss che sembrerebbero di preponderanza tedesca secondo le statistiche attuali, e ciò per impadronirsi di tutti i restanti nodi ferroviari della Cecoslovacchia.

Ambasciatore inglese ha già dichiarato ufficialmente a questo ministero degli Affari Esteri che, nel convegno di Monaco, lo stesso Filhrer ha dichiarato espressa

mente di voler lasciare Olmlitz e Brunn ai cecoslovacchi. Non si comprenderebbe quindi adesso una richiesta in senso opposto.

D'altra parte, rilevasi che non si può invocare la base del 191 Oe quella dell'anno 1938 alternativamente, solo a seconda faccia o no comodo alla Germania. Se la Germania pretendesse ora dei plebisciti extra linea 1910 e sulla base dello stato di fatto attuale, sulla base stessa dovrebbe a sua volta concedere dei plebisciti che fossero chiesti dalla Cecoslovacchia all'interno della linea già occupata del 1910.

255 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

257

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5424/474 R. Berlino, 11 ottobre 1938, ore 19,59 (per. ore 20,50).

Conversando oggi con questo Segretario di Stato mi sono sentito domandare ancora una volta quale sia nostra «politica spagnola».

Ho risposto che essa dovrebbe essere resa evidente dai fatti noti e dalle dichiarazioni di V. E. a Mackensen. Comunque ho detto non vedere come per la Germania la questione potesse, nelle presenti condizioni, essere considerata urgente.

Evidentemente, si tende qui sempre al ritiro della Condor.

Pregherei in proposito istruzioni per norma di linguaggio 1•

258

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, CAPECE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5431/115 R. Bucarest, 11 ottobre 1938, ore 20,20 (per. ore l, 15 del 12).

Riferimento mio telegramma n. III e per corriere 057 1• Risultami che non solo ministro Comnen è abbattutissimo, ma anche Re Caro! è vivamente preoccupato per il ritardo della risposta al passo verso l'Italia.

Re Caro! teme che se, dopo suo primo personale approccio di questa estate (di cui alla mia lettera riservata per il ministro Anfuso del 5 settembre 2), anche questa seconda apertura fatta da lui fare al sig. Comnen rimane senza risposta, ciò significa diffidenza ed ostilità del governo fascista verso la sua persona.

Permettomi far rilevare che se abbattimento del signor Comnen ci è perfettamente indifferente giacché, se egli cambia, suo successore, qualunque possa essere (si fanno vari nomi di colui che dovrebbe assumere il dicastero degli Esteri nel futuro Gabinetto che Vajda-Voevod costituirebbe, secondo quello che qui si ritiene, alla fine del corrente mese o nel corso di quello futuro) non potrà non continuare a seguire la politica che Re Caro! gli prescriverà: sentimento del Sovrano è invece qui determinante.

Qualora V.E. ritenesse far lungamente sospirare a questa gente l'attesa risposta ed evitare al tempo stesso che Re Caro!, sotto tale impressione, si impegni con altri, basterebbe che io fossi autorizzato far sapere che la risposta di V.E. sarà qui recata dal ministro Sola quando a suo tempo di ritorno dal congedo rientrerà in sede 3 .

257 1 Ciano rispondeva, con T. 808/385 R. del 13 ottobre: «Potete confermare che oltre i l 0.000 legionari che si accingono a lasciare la Spagna non ritireremo altro, né come uomini, né come materiali». Si veda per il seguito il D. 276.

258 1 Vedi DD. 226 e 240.

259

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5427/23I R. Budapest, Il ottobre 1938, ore 22, 15 (per. ore O, 15 del 12).

Vice-ministro Affari Esteri mi ha detto che, contrariamente alle impressioni ottimistiche di ieri, oggi i delegati cecoslovacchi avevano, col pretesto di non aver studiato le questioni, evitato di dar precisa risposta, mostrando comunque di voler tirare in lungo le trattative 1•

Da altre mie informazioni da fonte ufficiale risulta che cecoslovacchi non vorrebbero concedere che qualche villaggio ed un'insignificante striscia di frontiera.

Ai tentativi di dilazione, Kanya ha dichiarato che attende una risposta per domani mattina alle 12. In caso di risultato negativo, ciò che si ha ragione di prevedere, vice-ministro Affari Esteri mi ha detto che governo ungherese non potrà continuare nell'atteggiamento conciliante tenuto finora assumendo un atteggiamento di forza, interrompendo le conversazioni e proclamando la mobilitazione.

Nel frattempo Ciano aveva, ìl 22 ottobre, un colloquio con il ministro Zamtìrescu sul quale vi è questa annotazione nel suo Diario (in proposito non si è trovata documentazione di archivio): «Dal Ministro di Rumania conosco ancora una volta, attraverso l'affannosa ricerca dell'amicizia con noi, l'ansia di quel popolo di sottrarsi o comunque proteggersi dalla cupa minaccia del germanesimo».

A mia domanda, il vice-ministro Affari Esteri non mi ha precisato ulteriori sviluppi, senza quindi escludermi nessuna ipotesi, facendomi comprendere che intanto la mobilitazione potrà servire come mezzo di intimidazione. Ma è evidente la gravità della determinazione anche in se stessa, per le sue prevedibili ripercussioni all'estero.

Attiro particolare attenzione deii'E.V. sul mio telegramma per corriere 0222 spedito col corriere odierno2 •

Vice-ministro Affari Esteri mi ha detto che è stato rilevato qui con preoccupazione che uno dei delegati slovacchi si era oggi recato a Berlino.

258 2 Non rintracciata. 258 1 Ciano rispondeva il 17 ottobre (con T. 817/150 R.): «Vostro telegramma 115. Ho dato istruzioni al ministro Sola che giungerà quanto prima costì».

259 1 Si riferisce alla conferenza tra cecoslovacchi e ungheresi che si era aperta il 9 ottobre a Komarom.

260

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5540/196 R. e 5435/197 R. Praga, 11 ottobre 1938, ore 22,55 (per. ore 12,30dell2).

Le notizie pervenute da Komarom sono state in mattinata contraddittorie e spesso molto vaghe.

Nel pomeriggio è venuto a trovarmi ministro di Polonia che dopo varie considerazioni generali sulla situazione mi ha detto quello che gli stava veramente a cuore e cioè che Polonia desidera la frontiera comune con l'Ungheria annettendosi questa la Russia Subcarpatica e che egli sa che Budapest insisterà su questo punto a Komarom. Ha subito cautamente aggiunto il diplomatico polacco che, ad ogni modo, «questo è oggi un affare di competenza ungherese». Egli non ritiene che l'Ungheria possa e debba insistere per la Slovacchia in generale o per eccessive concessioni colà ed in particolare per Bratislava.

Immediatamente dopo il collega polacco è venuto da me il ministro degli Affari Esteri. Mi ha parlato della situazione e mi ha subito posto questa domanda: cosa ne pensate voi della Russia Subcarpatica? Gli ho risposto che non avevo veste per dare una precisa risposta ma che ritenevo quanto mai opportuno e consigliabile addivenire ad un regolamento delle questioni pendenti che desse veramente soddisfazione all'Ungheria. Il governo di Praga, mi è stato detto e ripetuto, tiene alla futura amicizia di Budapest; questa volontà dev'essere manifestata coi fatti e questa è l'ora, ho aggiunto. Il ministro degli Affari Esteri ha tra l'altro fatto presente che il governo di Budapest non può non tener conto dell'opinione pubblica ungherese dopo quanto altri Stati hanno già ottenuto in Cecoslovacchia. Ma Chvalkovsky mi ha subito informato che stasera sarà formato il nuovo governo subcarpatico avendo egli stesso invogliato Consiglio dei Ministri ad accordare quanto più possibile ai ruteni. Altra informazione datami sullo stesso tema

è la seguente: «Sappiamo, ha detto, da Berlino che Varsavia non tiene più alla frontiera comune con l'Ungheria». Per l'assoluta dichiarazione che avevo avuta pochi minuti prima dal collega polacco, ho potuto rispondere al ministro degli Affari Esteri che sua informazione andava bene controllata e confermata. Se ne è meravigliato ed è rimasto molto pensieroso.

Ho insistito consigliando al ministro di guardarsi bene 1 nella questione cui l'Ungheria potrebbe annettere stragrande importanza e che potrebbe costituire così il motivo di un felice od infelice negoziato. Quali ragioni etniche storiche sentimentali ha Praga verso Russia Subcarpatica? Non ho detto a Chvalkovsky che poco prima ministro di Polonia mi aveva dichiarato testualmente «i cechi vogliono la via diretta Romania-Russia ed è per questa stessa ragione che noi quella via vogliamo chiudere».

Ministro degli Affari Esteri arrivando da me avevami detto avere ricevuto altra nota da delegazione ungherese che veramente non aveva ancora esaminato. In quel frattempo funzionario Gabinetto telefonava segretario nostra legazione per dare notizia ricevimento nota. Nota secondo quanto comunicato da predetto funzionario lamenta lentezza lavori, mancata smobilitazione ed anche tono delegazione cecoslovacca ed insiste per plebiscito slovacco sub-carpatico.

Da quanto posso da qui osservare, mi viene fatto di arrivare a seguente conclusione di cui mi permetto fare parola a V.E. l) È fuori discussione (per quanto con rilevanti riserve cecoslovacche circa estensione) la rivendicazione ungherese dei territori abitati da popolazione magiara.

2) La questione, più precisamente unione, sotto qualsiasi forma della Slovacchia all'Ungheria credola, se non tramontata, alquanto compromessa a danno dell'Ungheria stessa. Questa ritengo abbia dapprima condotto campagna con vedute ristrette; quando decisesi cambiare misura era troppo tardi ed era stata preceduta da Praga. Non so se e fino dove sarebbe appoggiata da Varsavia su questo punto.

3) Bratislava sarà accanitamente contesa anche perché è di primordiale necessità al traffico cecoslovacco sul Danubio. È la capitale della Slovacchia. Condotta Varsavia, come sopra. Per Berlino annessione di Bratislava all'Ungheria non è evidentemente la soluzione preferita.

4) Russia Subcarpatica. Nonostante quanto continuano a fare ed a dichiarare a Praga, è forse questo il punto di minore resistenza e quindi più facile per l'attacco ungherese.

5) Ammesso quanto nel precedente numero rammentato, sarebbe consigliabile che Budapest (a meno che colà non si vedano altre e maggiori possibilità) concentrasse su questo punto i suoi sforzi. Come tattica potrebbe forse essere opportuno di impostare insieme i tre problemi di cui ai numeri 2, 3 e 4 per risolverne poi favorevolmente uno. Ma in tale caso il movimento dovrebbe essere svolto molto abilmente e tempestivamente per non provocare troppa irritazione qui e reazione altrove.

Si mette qui in rilievo opinione espressa Londra, Parigi a favore richieste carattere etnico e contro quelle carattere politico. Si può però osservare che se Ungheria ha incontestabile diritto su gran parte pianura subcarpatica popolata da ungheresi, rimanente popolazione della Russia Subcarpatica avrebbe vita ben dura o impossibile sulla montagna che per ogni manifestazione e bisogno vita economica e comunicazione è legata alla fertile pianura e quindi ai suoi destini.

259 2 Vedi D. 261.

260 1 Sic.

261

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5451/0222 R. Budapest, 11 ottobre 19 38 (per. il 13).

Miei telegrammi n. 225 del 7 ottobre 1 e 228 del l Oottobre2•

Quanto mi disse il Presidente del Consiglio sulle probabili intenzioni ungheresi nel caso di insormontabili resistenze nelle trattative di Komarom coincide in linea di massima con la comunicazione fattami ieri dal capo di Gabinetto, conte Csàky, circa il passo ieri compiuto presso l'E.Y. da codesto ministro d'Ungheria3 . Come facevo presente poi con mio telegramma n. 230 del l Oottobre4 ciò avveniva in un momento in cui sembrava che il governo cecoslovacco avesse dato istruzioni alla propria delegazione a Komarom di non accogliere in nessun punto le richieste ungheresi. Il corso delle odierne trattative sembra confermare tale ipotesi.

Il conte Csàky mi parlò allora dell'intenzione ungherese di chiedere l'immediata smobilitazione ceca per mettere le delegazioni dei due Paesi in stato di perfetta

Secondo quanto telegrafava il ministro Villani (in DU, vol. II, D. 497), nel corso di questo colloquio Ciano aveva preso atto di un'eventuale prossima azione di reparti ungheresi in Cecoslovacchia ed aveva assicurato che degli aerei italiani erano pronti a partire per Budapest dove sarebbe stato opportuno che i piloti indossassero divise ungheresi.

26 I 4 T. 5408/230 R. del l O ottobre. Il suo contenuto è qui riportato.

eguaglianza durante le trattative e, se ciò non fosse avvenuto, di interrompere le conversazioni e di proclamare pubblicamente la mobilitazione generale ungherese. Sebbene egli avesse aggiunto anche che al termine che sarebbe posto eventualmente al governo cecoslovacco per procedere alla smobilitazione non sarebbe stato dato un vero e proprio carattere di ultimatum; è difficile ora presumere quali conseguenze potrebbe produrre tale atto.

Quale che possa essere l'atteggiamento ulteriore del governo ungherese, ritengo opportuno fare osservare ali' E. V. che i l capo di Gabinetto, conte Csàky nella lunga conversazione che ebbi con lui ieri, mi parlò in modo ottimistico della eventuale situazione ungherese, dicendomi che l) la Polonia aveva fatto conoscere che non era il caso di preoccuparsi della Romania; 2) che la Jugoslavia avrebbe avuto, se del caso, «potenti pressioni» di restare tranquilla e 3) che secondo sue informazioni, che non ha voluto precisare, l'Ungheria non avrebbe avuto nulla da temere dali' esercito ceco.

È un fatto, invece, come ho già avuto occasione di comunicare all'E.V., secondo quanto risulta a questi RR. Addetti militare e aeronautico che ne hanno già informato i propri Dicasteri, (il colonnello Palotta è accreditato anche a Praga e perciò ha perfetta conoscenza della situazione dell'Aeronautica cecoslovacca), che l'esercito e l'aviazione cecoslovacca sono talmente superiori di numero, di mezzi e di efficienza nei confronti dell'esercito e dell'aviazione ungherese da ritenere che questo in condizioni normali non potrebbe affrontare con probabilità di successo l 'esercito ceco senza un notevole aiuto esterno che non potrebbe certamente essere limitato alla sola aviazione, data anche, oltre il numero, l'inferiorità ungherese in fatto di artiglierie, munizioni, opere difensive, lo svantaggio geografico della frontiera, e le notevoli opere fortificatorie costruite dai cecoslovacchi. Tale situazione delle due forze quale mi viene prospettata dagli addetti militari non potrebbe essere modificata eventualmente che da nuovi elementi, che a me sfuggono, che fossero sopraggiunti a diminuire l'efficienza e a scuotere la compagine del!' esercito cecoslovacco e che potranno essere controllate a Praga e a Bratislava.

Noto anche, ad ogni buon fine, che tanto il Presidente del Consiglio quanto il capo di Gabinetto mi hanno parlato del promesso concorso dell'aviazione italiana in caso di serie complicazioni, promessa che sarebbe, a dire di Imrédy, stata rinnovata dopo l'incontro di Monaco5 , mentre prima avevo sentito qui parlare di concorso da parte nostra alla difesa di Budapest.

A parte queste considerazioni che ho creduto necessario di sottoporre all'E.V. per qualsiasi eventualità, per ora dovrei ritenere che il governo ungherese voglia servirsi dell'eventuale proclamazione della mobilitazione generale come di un atto intimidatorio: utile controllo sulle reali intenzioni del governo ungherese potrà

D. 434) ma il 5 ottobre Villani telegrafava di aver ricevuto l'assicurazione di Ciano che cento aerei erano a disposizione per raggiungere Budapest in poche ore (ibid., D. 461).

essere fornito dali' opinione in proposito del governo di Varsavia: comunque non è possibile escludere a priori l'eventualità di complicazioni, molti elementi potendo determinarle, come la mobilitazione alla frontiera che provoca continuamente incidenti, i forti attacchi mossi al governo accusato di debolezza, e infine la politica che il governo intenderebbe seguire nei riguardi della Rutenia. Il programma esposto dall'Ungheria a Komarom importa la soluzione del problema delle rivendicazioni ungheresi non per gradi ma in modo totalitario e immediato; se esso non potrà essere accolto integralmente, ne sorgerà indubbiamente negli animi degli ungheresi un sentimento di aver subito la più palese ingiustizia e il più profondo risentimento.

261 1 T. 5358/225 R. del 7 ottobre. Riferiva su un lungo colloquio con il presidente del Consiglio, lmredy, il quale, mentre aveva ribadito la sua buona volontà di giungere ad un accordo con Praga, aveva espresso scarsa tìducia circa la riuscita delle trattative, tanto più che ad esse avrebbe partecipato anche il presidente del Consiglio slovacco, monsignor Tiso. Nel caso di esito sfavorevole, aveva tàtto presente Imredy, il suo governo «non poteva garantire di non dover mutare fondamentalmente la condotta attuale».

261 2 T. 5401/228 R. del l O ottobre. Riferiva che il capo di Gabinetto del ministro degli esteri ungherese, Csàky, gli aveva comunicato che era intenzione del suo governo chiedere, se fossero sorte difficoltà nelle trattative, l'immediata smobilitazione dell'esercito cecoslovacco, in mancanza della quale il governo ungherese avrebbe, a sua volta, proclamato la mobilitazione generale.

261 3 Su questo colloquio di Ciano con il ministro Villani non si è trovata documentazione negli archivi italiani. In proposito vi è nel Diario di Ciano questa annotazione (sotto la data del l O ottobre): «Il ministro di Ungheria drammatizza la situazione e parla anche di mobilitazione generale. Non lo credo. Mi dice, in gran segretezza, che oggi si metteranno in azione anche alcune bande interne. Ne hanno informato noi e i polacchi: dei tedeschi non si fida troppo».

261 5 Negli archivi italiani non è stata trovata documentazione a questo proposito. Secondo quanto risulta dai documenti ungheresi, il l o ottobre Ciano aveva dichiarato al ministro Villani che l'invio di aerei italiani a Budapest appariva inopportuno perché poteva suscitare delle impressioni negative (DU, vol. II,

262

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5450/0223 R. Budapest, Il ottobre 1938 (per. il 12).

Mio telegramma n. 226 dell'8 ottobre 1 .

Secondo quanto mi ha detto il capo di Gabinetto del ministro degli Affari Esteri, anche Kanya avrebbe rilevato con una certa apprensione la notizia dell'occupazione da parte tedesca della nota zona adiacente a Presburgo e delle intenzioni tedesche

o almeno di ambienti viennesi a proposito di questa città, malgrado le reiterate assicurazioni date al riguardo da Hitler e Goring, che ho a suo tempo segnalate.

Per quanto si riferisce a Presburgo, il Presidente del Consiglio mi disse, il 7 ottobre2 , che riteneva difficile ottenere la città per l'Ungheria: ma il governo ungherese si accontenterebbe magari di una forma mista dove fossero rappresentati slovacchi, tedeschi e ungheresi (che sono a suo dire il 40% della popolazione). Il governo si rende inoltre perfettamente conto, anche per le indubbie ripercussioni sulle destre nazionalsocialiste ungheresi, della nuova situazione formatasi in Cecoslovacchia, dato l 'atteggiamento soprattutto del partito agrario cecoslovacco e l'influenza tedesca che il governo di Praga pare debba fatalmente subire. L'aumento di potenza della vicina Germania alle frontiere non può che moltiplicare le conseguenze che si produssero in tutti i campi in Ungheria dopo l'annessione dell' Austria alla Germania.

D. 261, nota l), dove però non vi è accenno alla città di Presburgo.

Tutto ciò preoccupa il governo ungherese e mi è stato fatto anche capire che la Germania, già così poco calda nell'appoggiare a Monaco le rivendicazioni ungheresi, non vedrebbe con eccessiva compiacenza la creazione di una frontiera comune fra Polonia e Ungheria. Il capo di Gabinetto me ne sottolineava l'importanza non solo per costituire così un baluardo contro la Repubblica dei Soviet, ma anche per frenare l'azione della Germania che mostra di voler diventare padre ed arbitro di tutto il Bacino danubiano. Il discorso di Hitler a Saarbriicken 3 , all'indomani del successo ottenuto, sarebbe un sintomo delle disposizioni tedesche.

Comunque, noto ora nel governo ungherese una malcelata diffidenza verso il governo germanico, che in ogni modo mi risulta non essere più come prima tenuto al corrente di tutti i dettagli e gli sviluppi dell'atteggiamento ungherese nei riguardi della questione cecoslovacca.

262 1 T. 5367/226 R. dell'8 ottobre. Riferiva che a Budapest aveva suscitato preoccupazione l'occupazione da parte tedesca di una piccola zona vicino a Presburgo non prevista dagli accordi di Monaco.

262 2 Sul colloquio con lmredy il ministro Vinci aveva riferito con T. 5358/225 R. del 7 ottobre (vedi

263

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1597/l 011. Praga. ll ottobre 1938 (per. il 13).

La riduzione delle frontiere nei limiti che risultano dopo l'occupazione della quinta zona da parte della Germania, e tenuto conto dei territori occupati dalla Polonia nonché di quelli rivendicati dall'Ungheria, impone alla Cecoslovacchia sacrifici economici assai rilevanti e pone inoltre il Paese di fronte a problemi di ricostruzione e di riassestamento, la cui soluzione richiederà molti e lunghi sforzi nonché l'impiego di mezzi finanziari assai considerevoli.

È da rilevare che la cessione di vaste zone del territorio non soltanto comporta la perdita di importanti risorse naturali ed una riduzione generale della capacità produttiva e di quella di assorbimento del mercato interno, ma si manifesta altresì in una profonda crisi di disquilibrio la quale investe tutti i settori dell'attività economica che rimangono nell'ambito del nuovo Stato.

Un'analisi sommaria della fisionomia economica dello Stato cecoslovacco, quale risulterà dalla risoluzione dell'attuale crisi, porta a menzionare in primo luogo il carbone. La Cecoslovacchia perde la quasi totalità delle proprie risorse di lignite, fornite dai due grandi bacini della Boemia settentrionale ed occidentale, che passano alla Germania. Inoltre, più della metà della produzione di carbon fossile veniva estratta nei territori ora occupati principalmente dalla Polonia (bacino di Ostrava-Karvin) e in misura minore dalla Germania. Più favorevole appare la situazione per quanto concerne la produzione del coke, dato che gli impianti sono soprattutto concentrati a Moravska Ostrava, che fornisce circa i due terzi di tale prodotto.

Nel settore minerario la Cecoslovacchia perde poi i giacimenti di radio di Jachymov nella Boemia nord-occidentale, i maggiori di Europa, nonché la più gran parte dei propri giacimenti di caolino, che passano egualmente alla Germania.

L'industria siderurgica ha i suoi centri principali a Moravska Ostrava e a Kladno e pertanto conserva nei nuovi confini inalterata la sua capacità di produzione, seppure menomata dal fatto di non avere più in Paese sufficienti disponibilità di carbone.

l principali centri dell'industria meccanica sono a Praga, Pilsen e Brno, per cui in generale può dirsi che, salvo talune deficienze in particolari settori, la Cecoslovacchia conserva in questo campo un'attrezzatura industriale che rimarrà notevolmente superiore al suo fabbisogno.

Fra le industrie che hanno prevalentemente la loro sede nel territorio sudetico, e che quindi passano alla Germania, sono da menzionare quelle delle porcellane, del vetro, della bigiotteria e una parte molto considerevole delle tessili, nonché alcune industrie con carattere principalmente artigiano. Trattasi di industrie che nel quadro dell'economia cecoslovacca erano fortemente esportatrici e quindi contribuivano in misura considerevole a formare il saldo attivo della bilancia commerciale e dei pagamenti, sia pure attraverso non lievi difficoltà dipendenti dalla situazione generale dei mercati di sbocco.

L'industria delle fibre artificiali, con i suoi centri principali in territorio sudetico, passa in gran parte alla Germania. Nel settore dell'industria chimica la perdita più grave è costituita da Aussig, dove trovasi il nucleo principale di tale industria, controllato da una grande organizzazione di carattere internazionale.

La produzione della cellulosa ha i suoi centri principali in Slovacchia, mentre importanti aziende dell'industria cartaria si trovano invece in territorio sudetico passano quindi alla Germania.

Altre tipiche industrie cecoslovacche, come quella della birra, dello zucchero delle calzature mantengono una potenzialità produttiva largamente superiore al fabbisogno del Paese.

Nel campo agricolo ha importanza soprattutto la pianura slovacca rivendicata dall'Ungheria per le sue eccedenze cerealicole, ma d'altra parte le zone tedesche della Boemia sotto questo rapporto avevano una produzione deficitaria, per cui accogliendosi le rivendicazioni ungheresi è da ritenere che non vi saranno sostanziali disquilibri; la pianura slovacca concentrava la maggior parte della coltura della vite. Nel campo agricolo è rilevante poi la perdita quasi totale della zona produttrice di luppolo passata alla Germania.

In materia finanziaria la Cecoslovacchia si trova a disporre di un'attrezzatura bancaria assolutamente esuberante rispetto alle possibilità economiche del Paese nei suoi contini e, dato che la maggior parte delle banche cecoslovacche è più o meno largamente interessata nelle industrie dei territori ceduti, si renderanno necessarie misure di carattere eccezionale per sanare siffatta situazione.

Presenta infine particolare importanza ed urgenza il problema delle comunicazioni, in quanto le principali arterie ferroviarie sono in vari punti interrotte dai nuovi confini e le comunicazioni con la Russia Subcarpatica sono soltanto possibili attraverso i l territorio rivendicato dali' Ungheria.

Mi riservo di far pervenire a Vostra Eccellenza, appena possibile, una dettagliata relazione sulla fisionomia economica del nuovo Stato cecoslovacco.

Le indicazioni ed i dati qui sopra riportati sono stati forniti da questo R. Addetto Commerciale Cav. Giuseppe Enea 1•

262 1 Vedi D. 264, nota 3.

264

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA 1• Berlino, 11 ottobre 1938 2

Come ti abbiamo comunicato, il ministro von Ribbentrop è partito da Berlino diretto a Bad Godesberg per raggiungervi il cancelliere Hitler, il quale, dopo il discorso di Saarbrucken 3 e dopo una visita alle fortificazioni tuttora in costruzione nel Palatinato, ha desiderato prendersi un breve riposo di uno o due giorni nell'albergo renano, il cui nome è oramai ben noto nel mondo a seguito della famosa e agitata conversazione anglo-tedesca colà avvenuta. Egli, a quanto pare, dopo Godesberg, rientrerà per qualche tempo a Berchtesgaden.

La conversazione von Ribbentrop-Hitler a [ Godes]berg ha lo scopo principale di decidere quale [sarà] in definitiva, la linea direttiva della [politica tedesca] nei prossimi giorni, nei confronti della [situazione ceco]slovacca e particolarmente nei rigu[ardi di eventuali ri]chieste di Plebisciti.

Come ti abbiamo infatti [accennato, non è stata] presa fino a questo momento [alcuna decisione circa quei] famosi Plebisciti. Vi [è indubbiamente a Berlino] un contrasto di tendenze in questo campo. Gli uni vorrebbero [i ple]bisciti o il Plebiscito in qualche zona accuratamente scelta,[............ ] di mostrare al Mondo come, anche dopo la completa occupazione, da parte delle truppe tedesche, della zona cosidetta «a maggioranza» germanica, vi siano ancora in Cecoslovacchia terre nelle quali le popolazioni sono in buona parte di sangue tedesco. Ciò dimostrerebbe senza dubbio all'uomo della strada di America e di Inghilterra come tutta l'azione tedesca verso la

Cecoslovacchia fosse a torto ritenuta illegale e fosse invece perfettamente giustificata ed avesse veramente una base reale, costituita da un innegabile e preciso diritto etnografico.

L'altra tendenza, invece, (ed a questa appartengono vari esponenti della Wilhelmstrasse) vorrebbe chiudere senz'altro la partita con la Cecoslovacchia e far dimenticare nel più breve tempo possibile quanto è avvenuto, perché la Germania possa dedicarsi subito e senza intralcio all'opera di riorganizzazione delle terre sudetiche, evitando ulteriori polemiche o incidenti o discussioni che un qualsiasi Plebiscito rischierebbe di far, con probabilità, sorgere. Questa tendenza vorrebbe anche un qualche accordo diretto tra la Germania e la Cecoslovacchia, inteso a far entrare pacificamente, al più presto, la Repubblica di Praga, che vede oggi nettamente trasformarsi la sua costituzione economica, nell'orbita definitiva degli interessi della Germania.

Secondo le ultime notizie si direbbe che la prima delle [due] tendenze sia quella destinata a prevalere, [infatti] ieri alla Wilhelmstrasse si fece chiaramente intendere [che la piena] ed immediata annessione alla Germania, mediante l'occupazione delle zone cecoslovacche abitate, secondo le statistiche del [ 1918] da una maggioranza, al 51%, di tedeschi, avesse esaurito il [problema]. Ora invece, come l'ambasciatore britannico Henderson ha avuto [ ............ ] da von Weizsacker, si parla nuovamente di eventuali Plebisciti [nella] zona di Moravska Ostrava, nelle cosidette isole di Bri.inn e di[..... ] e forse di Olmi.itz. Evidentemente i gruppi tedeschi che risiedono anche se in minoranza, in quelle zone, hanno cominciato nuovamente ad agitarsi ed a premere presso il Cancelliere perché questi chieda il Plebiscito, con eventuale conseguente permuta di popolazioni. Occorre non dimenticare, ad esempio, che il noto esponente sudetico, Gauleiter Krebs, che ha avuto parte importantissima, in questi ultimi giorni, anche in seno alla SottoCommissione Internazionale del Plebiscito e Frontiere, è nativo proprio di Iglau.

Tutta questa situazione fa sì che la questione non accenni a chiudersi e che quindi la ferita rischi di rimanere, ancora per qualche tempo, aperta.

Né francamente si può dire, d'altra parte, che il Cancelliere Hitler mostri di avviarsi tranquillamente sulla strada della cosidetta cooperazione internazionale, come taluni elementi anglo-francesi avevano un po' ingenuamente e frettolosamente, e non so se in completa buona fede, mostrato di sperare.

Ho trovato a questo proposito il discorso da lui tenuto ieri a Saarbri.icken molto sintomatico, data soprattutto la circostanza che, venendo esso pronunciato nella città di frontiera più prossima alla Francia, si era un po' diffusa la credenza che in quella occasione il Cancelliere avrebbe finito per dire una qualche parola [ ..... ] per un riavvicinamento franco-tedesco. I francesi viceversa hanno avuto il piacere di sentirsi solamente annunciare che i lavori di fortificazione tedeschi sulla frontiera occidentale saranno intensificati e che anche Aachen e Saarbriicken saranno comprese nella zona protetta!

E gli inglesi a loro volta hanno sentito riparlare di «speculatori», di «politicanti», di «ebrei», di «uomini politici che vogliono la guerra», ecc., ecc., argomenti tutti classici dell'oratoria di Hitler del periodo pre-Monaco! In altre parole nulla di cambiato, per quanto in soli sette giorni la Germania si è tranquillamente e senza ostacoli ingoiato un territorio, ricchissimo di ben 40.000 km', con circa 4 milioni di abitanti, nel centro dell'Europa!

Evidentemente, e questo è uno degli aspetti della psicologia del Cancelliere Hitler che i Paesi democratici ed i loro uomini mostrano assolutamente di non essere in condizione di comprendere, pesa sull'animo di lui l'impressione riportata nella seconda conversazione con Chamberlain a Godesberg 4 .

Hitler infatti, non so perché, aveva avuto a Berchtesgaden l'impressione che il Primo Ministro britannico fosse veramente «convinto» della giustizia e della ragionevolezza del punto di vista tedesco nella questione sudetica. A Godesberg invece, per le pressioni da Hitler attribuite all'opposizione parlamentare ed in generale al mondo politico britannico, Chamberlain mostrò minore spirito di comprensione: da ciò la conclusione, per il Cancelliere (che lo ha del resto espressamente dichiarato a Saarbrilcken), che non [ ............ ] dei Paesi democratici, nei quali, per il susseguirsi [ ............ ]degli uomini politici e per gli interessi parlamentari, le sorp[rese] possono essere molte ed improvvise.

Passando ad altro argomento, devo dire, riferendomi alla mia precedente 5 , che, se è vero che qui taluni elementi del mondo militare mostrano sempre, come confermano i nostri osservatori inviati nelle zone sudetiche, una certa qual nostalgia per non aver fatto la guerra, è altrettanto vero che, poco a poco, tutti i tedeschi cominciano a realizzare quale vero e grande vantaggio costituisca oggi per la Germania nazionalsocialista l'avvenuta annessione delle terre sudetiche.

Come conosci, il Regime nazionalsocialista ha trovato la Germania di Versaglia e di Weimar con circa 65 milioni di abitanti. In cinque anni, compresi gli sviluppi naturali per l'aumento demografico, l'ha portata a ben 80 milioni con un acquisto di Il 0.000 km2 ! Sono risultati di una certa importanza ....

Dal punto di vista economico, inoltre, si può dire che l'acquisto delle zone sudetiche valga altrettanto, se non di più, di quello del territorio austriaco. Con esso infatti la Germania avrà a sua disposizione, oltre altre grosse riserve di carbone, le industrie estrattive del ferro, dello zinco, ecc., che formavano la base e la vita di tutta l'industria cecoslovacca. La nota industria ceca, inoltre, delle vetrerie e delle porcellane, ambedue di fama mondiale, passa nettamente alla Germania. Le foreste infine, che coprono quasi il 30% della superfice totale delle terre sudetiche, daranno al Reich un'altra grandissima riserva del tanto desiderato legname. E ciò senza aver sparato un solo colpo di fucile! Tutto questo, ripeto, comincia qui ad essere visto e considerato, con innegabile evidente soddisfazione 6 •

Passando alla situazione generale strategica e politica, i risultati sono altrettanto importanti. La strada verso Oriente è sempre più aperta. Se domani la Germania riuscisse ad attrarre nella propria orbita, in una forma qualunque, anche la Romania, ricca della materia prima, il petrolio, che veramente manca alla Germania, i risultati sarebbero veramente grandissimi. Questa necessità per il Reich di avere le p[orte ap]erte verso il Vicino Oriente spiega anche le diffidenze, qui non

piccole, che esistono nei confronti del programma massimo polacco-magiaro di crearsi una frontiera comune mediante l'annessione della Rutenia all'Ungheria o alla Polonia. In altre parole, per il Reich sembra ancora essere meglio una regione slovacco-rutena, compresa nei confini di uno Stato slovacco obbligato inesorabilmente, nella sua qualità oramai di Stato unicamente agricolo, a dipendere praticamente, per vivere, dalla Germania, che non uno sbarramento avente i suoi poli a Varsavia e a Budapest 7 .

Berlino infatti, dopo il successo odierno, realizzerà ogni giorno di più quale peso la massa tedesca possa costituire, con il controllo dell'alto Danubio e con la sua pressione verso Oriente, nei confronti dei Paesi balcanici ed orientali. Il viaggio del ministro dell'Economia Funk, che è già venuto ad intralciare economicamente i piani britannici in Turchia, mi sembra in questo momento molto significativo.

Tutto ciò evidentemente non ti dice nulla di molto nuovo. Ho voluto però accennartene per indicarti come, ali' indomani del colpo cecoslovacco, la Germania si trovi sempre più o meno nello stesso stato d'animo di diffidenza nei confronti delle Potenze occidentali, diffidenza che è e può divenire sempre più per dire [una] parola un po' grossa, insolente! Come sempre, con i tedeschi [chi] cede, finisce per dimostrare principalmente la sua debolezza. Ed ora la ritirata franco-inglese di Monaco sarà una nuova convincente prova di questo modo di pensare germanico. Naturalmente sulla carta potremo anche assistere alle solite esaltazioni di «spirito di pace», di «collaborazioni», di «comprensioni», ecc., ma la sostanza non cambierà granché!

Londra continua frattanto nelle sue strane incongruenze. Da una parte, oramai, non vuole i Plebisciti perché (e l'atteggiamento dell'ambasciatore sir Nevile Henderson qui ne è chiaro indizio) comincia veramente ad impressionarsi dell'aumentata potenza tedesca e perché, in linea generale, comprende quali pericoli possa costituire la teoria dei Plebisciti per quanto ancora rimane del moribondo Trattato di Versaglia. Dall'altra, viceversa, è la prima che sbandiera ai quattro venti i suoi preparativi per i Plebisciti stessi: prova, ad esempio, il chiasso che si fa in Inghilterra intorno a questa famosa British Legion che dovrebbe mantenere l'ordine nei territori in discussione.

Messaggi del Re, descrizioni di uniformi che vanno dal berretto rotondo alla cravatta oro e azzurra, ecc., tutto ha servito e serve per far veramente credere al Popolo britannico che l'Inghilterra desideri i Plebisciti in terra cecoslovacca! Ora veramente qui, nella stessa Berlino, tutto ciò produce una certa meraviglia, dato che fino a questo momento, come conosci, non si è neanche parlato ufficialmente dei territori che potrebbero essere soggetti a Plebiscito!

Quale dunque l'impiego immediato di questa British Legion? Per adesso, come ho avuto occasione di sentire ieri dal mio collega tedesco nella Sotto-Commissione C, ministro von [ ..... ]ofen, si potrebbe pensare ad affidare i 1500 Legionari britannici alla

Kraft durch Freude del dott. Ley, che farebbe loro compiere un bel viaggio dopolavoristico attraverso le principali città tedesche, al suono, magari del Deutchland iiber alles e del God save the King.

263 1 Al documento è allegato un appunto di Gabinetto con la seguente annotazione: «Visto da S.E. il Ministro. Tenere in evidenza».

264 1 Il documento è danneggiato dall'umidità.

264 2 Manca l'indicazione della data di arrivo.

264 1 Nel discorso pronunciato il 9 ottobre a Saarbriicken, Hitler aveva esaltato i risultati ottenuti dalla Germania nel corso di quell'anno e ricordato la collaborazione data da altri Paesi per una soluzione pacifica di quei problemi, citando in modo particolarmente caloroso Mussolini, «l'unico vero amico che noi possediamo oggi» e poi Chamberlain e Daladier. Ma aveva aggiunto: «Gli uomini di Stato che ci stanno di fronte vogliono, e noi dobbiamo crederlo, la pace. Ma essi governano in Paesi la cui struttura interna rende possibile ad ogni momento che essi vengano rovesciati e sostituiti da altri uomini, i quali forse non amano altrettanto la pace. E questi uomini vi sono. Basterebbe che in Inghilterra invece di Chamberlain salisse al potere Dufl' Cooper o Eden o Churchill e noi sappiamo esattamente che lo scopo di questi uomini sarebbe iniziare subito una nuova guerra mondiale». Hitler aveva quindi annunciato la sua decisione di continuare la costruzione delle fortificazioni ad occidente, estendendole a nuovi settori. Il testo del discorso è in Relazioni Internazionali, pp. 724-725.

264 4 Riferimento al colloquio Hitler-Chamberlain del 23 settembre. Vedi D. 105, nota 1, suh 5.

264 5 Non rintracciata.

264 6 Nota del documento: «Un esempio classico per dirti qual sia l'attuale situazione: ieri sera il rappresentante ceco nella Sottocommissione internazionale economica ha pregato i tedeschi di lasciare a Praga l'energia necessaria per l'illuminazione elettrica della città».

264 7 Nota del documento: «Ciò però non vuoi dire che la Germania possa veramente opporsi ad una proposta di Plebiscito per la Rutenia o in Slovacchia. La Germania infatti ha firmato l'Accordo di Monaco e tutto fa ritenere che terrà fede alla sua firma».

265

L'AMBASCIATORE A V ARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5444/203 R. Varsavia, 12 ottobre 1938, ore 21,30 (per. ore l del 13).

Da qualche giorno circolano notizie di un risveglio del movimento ucraino nella Galizia Orientale in connessione con gli avvenimenti di Cecoslovacchia.

Oggi poi stampa polacca uscendo dall'abituale riserva impostale dalla censura dà notizie di manifestazioni di piazza avvenute a Leopoli in favore autonomia della Russia Sub-Carpatica.

Questi fatti aumentano nel governo polacco la preoccupazione che qualora non fosse possibile raggiungere una frontiera comune con l'Ungheria, la Russia Sub-Carpatica non mancherebbe di diventare un focolare di agitazione ucraina al servizio degli interessi tedeschi.

266

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 544 7/200 R. Praga, 12 ottobre 1938, ore 23,40 (per. ore 2,30 del 13).

Mi riferisco ordini impartitimi per telefono da V. E. circa questione ungherese 1•

Ministro degli Affari Esteri partito poco prima in automobile per Bodenbach sulla vecchia frontiera tedesca ove prenderà treno per Berlino (mio telegramma n. 1992).

Secondo quanto risulta dai documenti ungheresi, Ciano informò il ministro Villani del passo di cui era stato incaricato il ministro Fransoni e consigliò di accentuare l'agitazione della popolazione rutena, facendo peraltro presente che il governo tedesco non era tàvorevole all'annessione della Rutenia Subcarpatica ali' Ungheria (DU, vol. Il, 0.519).

Ho pertanto fatto la comunicazione al funzionario del ministero degli Affari Esteri che nell'assenza sostituisce il ministro. Questi cercherà possibilmente mettersi in contatto telefonico col ministro giungente a Bodenbach e gli farà trovare comunicazione domani mattina stazione Berlino. Comunicherà, inoltre, consiglio di V. E. a chi di dovere qui ed anche a delegazione cecoslovacca Komarom. Ha dimostrato di annettere la più grande importanza al consiglio di V.E.

Ho insistito che esso sia portato immediatamente a conoscenza di chi potrà trame profitto in situazione indubbiamente molto seria. Me ne ha dato assicuraZione.

Delegazione cecoslovacca ripartita oggi per Komarom presenterà domani, in risposta a quella ungherese, proposte cecoslovacche per cessione territori le quali si baserebbero strettamente su principi etnici.

Dicono qui di essere a conoscenza di forte movimento di truppe ungheresi ed altre formazioni militari vicinanze frontiera.

266 1 Nel Diario di Ciano vi è in proposito questa annotazione (sotto la data del 12 ottobre): «Il Duce mi telefona in serata di tàr pressioni su Praga per l'immediata cessione ai Magiari dei territori a netta maggioranza ungherese. È stato sollecitato dall'addetto militare che gli ha anche comunicato l'intenzione di Budapest di mobilitare domani se da parte ceca continuano le manovre ostruzionistiche».

266 2 T. 5442/199 R. del 12 ottobre. Riferiva che il ministro Chvalkovski era in partenza per Berlino dove l'indomani sarebbe stato ricevuto da von Ribbentrop.

267

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 54 76/0181 R. Parigi, 12 ottobre 1938 (per. il 14).

Consiglio ministri stamane ha, come è già noto a V.E., designato ambasciatore di Francia a Roma. Bionde! ha ricevuto immediate istruzioni chiedere gradimento governo fascista.

Designazione, che avrebbe dovuto avere luogo sin da qualche giorno fa, è stata ritardata sino ad oggi più per ragioni generiche che specifiche. Democrazie non possono non essere in ritardo.

Designazione Poncet fa parte più vasto movimento diplomatico che comprende: Coulondre da Mosca a Berlino; Massigli dal Quai d'Orsay a Ankara; Labonne da Barcellona a Mosca; Comert dal Quai d'Orsay alla Commissione del Danubio. Significativo l'allontanamento di Massigli e di Comert. Ambedue, ciascuno nel loro ambito, erano sin qui riusciti ad esercitare opera funesta. La loro partenza è un buon segno.

Presidente Repubblica e Presidente Consiglio Daladier che ho visto dopo consiglio ministri in occasione ricevimento Re del Belgio 1 , mi hanno ambedue espresso speranza che normalizzazione rapporti diplomatici fra due Paesi possa segnare inizio periodo pacificazione.

267 1 Re Leopoldo del Belgio si era recato a Parigi per l'inaugurazione, il 12 ottobre, di un monumento a Re Alberto l.

268

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5487/076 R. Belgrado, 12 ottobre 1938 (per. il/4).

Le notizie di stampa che giungono da Komarom circa un accordo di principio che sarebbe stato raggiunto per una delimitazione etnografica delle frontiere slovacche producono qui una impressione assai favorevole. In questi ultimi giorni avevo avuto occasione di parlare con Andrié dei negoziati ungaro-slovacchi ed egli mi aveva detto che se qui si era creduto, pur senza prendere partito, di dover far sentire a Budapest che si ritenevano le originarie aspettative ungheresi eccessive, era che, d'avviso di Stojadinovié, tali aspettative sembravano andare assai oltre le chiare basi poste dal Duce e consacrate dalle decisioni di Monaco per quanto concerneva le rivendicazioni magiare, ed una loro completa realizzazione avrebbe potuto avere per effetto di lasciare sussistere uno Stato cecoslovacco non sufficientemente vitale ed avente, a sua volta, delle minoranze relativamente importanti oltre confine. Il che avrebbe recato i germi di future instabilità e di futuri pericoli. Si osservava qui, infatti, che una linea Bratislava-Nitra-Luceneé-Kosice, che avesse privato la Cecoslovacchia non solo della via danubiana ma bloccato le principali comunicazioni ferroviarie slovacche, avrebbe lasciato alla Slovacchia pressoché le sole regioni montagnose settentrionali, rendendo oltretutto dubbia la libertà di decisione delle popolazioni di queste. Quanto alla frontiera comune ungaro-polacca, malgrado le vive pressioni romene, qui si mantiene per il momento, per evidenti ragioni, molta riserva di apprezzamento, tanto più che trattasi di tutt'altro ordine di idee di quello del riscatto delle popolazioni polacche e magiare. Quello che a Belgrado ha prodotto una notevole e sfavorevole impressione è la proporzione di cechi e di polacchi nel territorio di Teschen rivendicato da Varsavia. L'argomento è, comunque, seguito qui con comprensibile perplessità, non solo per un generico sentimento di solidarietà slava, non solo per la speciale composizione dello Stato jugoslavo e per la presenza alla frontiera dell'Ungheria di una molto numerosa minoranza magiara, ma anche per la tùtura sistemazione della zona danubiana, nella quale, per effetto della scomparsa del fattore attivo cecoslovacco, le posizioni jugoslave vengano a trovarsi in tàse di speciale delicatezza meritevole della maggiore attenzione.

269

NOTA N. 23 DELL'INFORMAZIONE DIPLOMATICA

Roma, 12 ottobre 1938.

Nei circoli responsabili romani il discorso pronunziato dal Flihrer a Saarbrlicken2 trova una incondizionata approvazione tanto nella sostanza quanto nella forma.

269 2 Vedi D. 264, nota 3.

Il Ftihrer ha riaffermato ancora una volta nella maniera più esplicita e solenne che la Germania vuole la pace con tutti i popoli, quindi anche coi popoli di Francia e di Gran Bretagna. Ma il Ftihrer non poteva passare sotto silenzio l'incontestabile fatto che in Francia e in Gran Bretagna esistono forti gruppi e partiti che vogliono la guerra contro gli Stati totalitari e che si rammaricano apertamente che non sia stata colta l'occasione che veniva considerata propizia, quale quella offerta dalla questione dei Sudeti. È altresì noto che a capo di queste correnti guerrefondaie stanno dovunque gli ebrei. Ora molto tempestivamente, il Ftihrer ha richiamato l'attenzione del popolo tedesco e del mondo sull'attività di questi gruppi e partiti favorevoli alla guerra preventiva contro l'Italia e la Germania, e non meno opportunamente egli ha fatto intendere che la Germania non si lascia cloroformizzare, e, si nota a Roma, ancor meno l'Italia.

l circoli responsabili romani sottolineano che i fautori della guerra preventiva sono ormai in ritardo. Nei furori dell'odio che li accieca possono ancora sognare la guerra preventiva, ma tentarla signitìcherebbe per essi andare incontro a un rischio supremo. Contro il blocco italo-germanico di 125 milioni di uomini, blocco che aumenta la sua massa numerica di un milione all'anno, contro questo blocco che dispone oggi di forze imponenti e di favorevoli posizioni geo-strategiche terrestri, aeree, marittime, contro questo blocco di mezzi e di spiriti strettamente solidali non c'è più niente da fare. C'è da fare soltanto e tìnalmente la pace. La vera pace. Sull'esempio di Monaco.

269 1 Minuta autogratà di Mussolini.

270

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 1731/956. Ankara, 12 ottobre 1938 1•

L'operazione tìnanziaria di grande portata, con la quale si è conclusa la visita in Turchia del Ministro tedesco Funk, è la risposta della Germania alla analoga iniziativa inglese della scorsa primavera. L'Inghilterra ha messo a disposizione della Turchia 16 milioni di sterline (pari a circa 100 milioni di Lire Turche) di cui una buona parte destinata a rafforzare la struttura militare della Turchia; la Germania offre ora un'apertura di credito di 150 milioni di marchi (pari a circa 80 milioni di Lire Turche) e, più generosa, non ne impone un determinato impiego ma permette alla Turchia di utilizzarla per ordinazioni di qualunque genere, militare, industriale, commerciale, o che interessino lavori pubblici o altro (Debbo premettere che le precise condizioni del prestito tedesco non sono state pubblicate e quindi, nello scriverne, io sono costretto a riferirmi a quanto mi ha detto Rtistti Aras ed ho già telegrafato a V.E., al comunicato ufficiale ed alle notizie apparse sui giornali e non smentite).

Il prestito tedesco è stato concluso ora, ma in massima doveva essere deciso già da tempo, e, precisamente, da quando Gelai Bayar, Presidente del Consiglio dei Ministri turco, fece verso la metà del settembre scorso le sensazionali rivelazioni su un terzo piano di industrializzazione, quadriennale, di immediato inizio (vedasi in proposito il mio telespresso del 22 settembre scorso n. l 622/894 2). Celai Bayar ebbe allora a dire che «i crediti finanziari relativi ai lavori da intraprendere erano totalmente assicurati dali' estero» e che la spesa complessiva ammonterebbe a circa 80 milioni di Lire Turche e sarebbe regolata in dieci anni. Tutto coincide: apertura di credito, suo ammontare, condizioni di rimborso.

Ma se vi è analogia, o meglio ancora rapporto di dipendenza, fra il prestito tedesco e quello inglese, il carattere e gli scopi delle due operazioni non sono assolutamente identici. Nessun dubbio che le due Potenze vogliano ciascuna assicurarsi il predominio morale e materiale sulla Turchia. È infatti evidente che l'amicizia e forse anche l'alleanza turca è indispensabile all'Inghilterra se, nell'eventualità di un conflitto mondiale, vorrà e dovrà mantenersi in forza nel Mediterraneo Orientale e difendere il Canale di Suez. Come è anche evidente che la Turchia rappresenta per la Germania la via della sua espansione verso Bagdad e l'Oriente, tanto più da quando la Repubblica turca ha ripreso i contatti col mondo arabo musulmano e si è, col trattato di Saadabad, messa alla testa di una intesa di popoli asiatici.

Appunto in queste diversità di scopi si riscontra la differenza fra i mezzi impiegati. Il prestito inglese ha carattere prevalentemente bellico e per ciò direttamente politico; il prestito tedesco ha piuttosto carattere economico-industriale e perciò indirettamente politico. L'Inghilterra si è soprattutto preoccupata di attrezzare la Turchia per la guerra e di sistemare talune determinate basi navali di cui lei, l'Inghilterra, può aver bisogno (l'azione di affiancamento alla Turchia nella questione di Alessandretta non ha altro scopo). La Germania si è soprattutto preoccupata di trovare uno sbocco, ora ed in avvenire, alla sua produzione tecnico-industriale; e, sotto questo aspetto, come dirò in seguito, non ha fatto neanche un cattivo affare.

Ci si domanda generalmente come potrà la Turchia far fronte a tanti impegni. La Turchia si è obbligata a rimborsare con le sue esportazioni i debiti contratti. Le sue esportazioni nell'anno 1937 ammontavano a milioni di Lire Turche 137,984; con queste essa provvedeva ai bisogni della sua vita e del suo normale commercio con l'estero, e restava ancora debitrice verso l'estero di una somma di circa 66 milioni. Dal 1938 in poi dovrà vivere e commerciare normalmente e in più dovrà provvedere al pagamento dei nuovi debiti che ha contratti, nella misura in cui li utilizza, senza calcolare l'interesse dei debiti. È vero che ha l Oanni di tempo per rimborsare ciò che prende dall'Inghilterra e dalla Germania ed è vero anche che la capacità di produzione e quindi di esportazione aumenterà a misura che entreranno in azione le industrie e le iniziative finanziate dall'estero (a questo proposito giova tener presente che negli ultimi anni e cioè dal l 933, data del primo piano di industrializzazione, la capacità di esportazione della Turchia è andata sempre crescendo, da milioni 96 circa nel 1933 a milioni 138 circa nel 1937), ma è da escludersi che la Turchia sia o sarà nei prossimi dieci anni in grado di far fronte a tutto. Una parte dunque di questi debiti resterà impagata e cioè a dire le potenze creditrici perderanno una parte di quanto hanno prestato. È più che probabile che esse ne siano perfettamente edotte ed anzi che sia nel loro programma di

avere un'am1a di più in mano per tenere la Turchia in soggezione. Quello che è certo è che l'Inghilterra perderà più della Germania, perché la Turchia è solvibile nei riguardi della Germania mentre lo è in misura molto minore nei riguardi dell'Inghilterra.

Esaminiamo brevemente le rispettive situazioni dei due Paesi. Il debito commerciale corrente della Turchia verso l'estero ammonta, come sopra ho scritto, a circa 66 milioni di Lire Turche. Gli Stati maggiormente creditori in clearing sono oggi l'Inghilterra per poco più di l Omilioni di Lire Turche e la Germania per poco più di l Omilioni e mezzo di Lire Turche. Ma la Germania è ancora creditrice di più di 9 milioni di Lire Turche per crediti di forniture a breve scadenza e di più di 20 milioni di Lire Turche per crediti di forniture a lunga scadenza. In totale dunque il credito commerciale della Germania verso la Turchia ammonta a più di 40 milioni di Lire Turche, mentre quello dell'Inghilterra a poco più di lO. E ciò non pertanto la Germania si trova in condizioni di fàvore, perché può assorbire tutta o quasi la produzione di merci turche (frutta secca, tabacco, cotone, cromo, cereali, lane, pelli, tappeti, oli vegetali ecc.), mentre l'Inghilterra non è affatto interessata all'acquisto di esse. Perciò entra nei calcoli della Germania di stimolare la produzione turca e Funk lo ha detto pubblicamente: «il mercato tedesco è largamente disposto ad accogliere l'importazione turca» ..... «l'apertura di credito conchiusa fra i due Paesi ha un'importanza tutta particolare per lo sviluppo del piano quadriennale» ..... «il credito è basato sulla possibilità di aumento della produzione e delle esportazioni». Inoltre, la Germania ha perfettamente compreso che la Turchia di Kemal Atatiirk non è più quella dell'epoca sultaniale disposta a farsi sfruttare da tutti gli speculatori internazionali, ma è una piccola Repubblica aspra, autarchica, nazionalista, diffidente, avara; ed invece di ostinarsi a mantenere posizioni antiche col pretesto che sono acquisite, ha adottato una politica di penetrazione completamente nuova e corrispondente alle esigenze attuali. È più che probabile che col nuovo prestito i tecnici tedeschi, che ora pare siano 400 in Turchia, raddoppieranno o si moltiplicheranno. E già ho avuto personalmente occasione di incontrare qui un giovane diplomatico tedesco che in aprile era a Roma e che mi ha detto di aver lasciato la carriera per occuparsi di importazioni di tabacco in Germania.

Il prestito tedesco può dunque in definitiva risolversi anche in un buon affare per la Germania. Ma non sono pochi in Turchia che guardano con molta preoccupazione questo accaparramento tedesco delle fonti della ricchezza nazionale.

270 1 Il documento è tratto dall'archivio dell'ambasciata ad Ankara: manca pertanto l'indicazione della data di arrivo.

270 2 Non pubblicato.

271

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5471/237 R. Budapest, 13 ottobre 1938, ore 19,30 (per. ore 21,40).

Ore 18.

Capo di Gabinetto mi comunica controproposte presentate stamane da cecoslovacchi 1 sono assolutamente insoddisfacenti. Oltre la regione concessa ieri, essi hanno parlato di un limitato territorio senza alcuna città ungherese.

Monsignor Tiso si è stamane recato a Praga. Delegati ungheresi sono venuti oggi qui per riferire al Reggente Horthy e al presidente del Consiglio sulla situazione. Sembra chiaro che delegazione ceca non possa-per la caotica situazione attuale-o non voglia far concessioni accettabili. Nuova seduta avrà luogo alle 18,30: ma, dato atteggiamento cecoslovacco, capo di Gabinetto prevede una rottura delle trattative.

Certo è ormai impossibile al governo ungherese, salvo un imprevedibile cambiamento della situazione, seguire in questo metodo dilatorio il governo cecoslovacco, il cui atteggiamento non può che giustificare ormai una più decisa ed energica presa di posizione da parte degli ungheresi 2 .

271 1 Alla conferenza di Komarom.

272

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5470/480 R. Berlino, 13 ottobre 1938, ore 21,30 (per. ore 23,15).

Telegramma di V. E. n. 382 del 12 corrente 1•

Richiamo mio telegramma n. 476 di ieri 2 . Conversazioni tra governi cecoslovacco e germanico per definire politica economica reciproca cominceranno soltanto nei prossimi giorni.

Parlando con collega cecoslovacco, addetto commerciale ha accennato ad unione doganale, ma si è sentito rispondere che Cecoslovacchia «ha troppo orgoglio per poter accettare soluzioni simili». Quanto ai tedeschi essi dichiarano (Weiszacker) «di non aver premura». A più forte ragione è destituita di fondamento notizia circa valuta comune.

È chiaro comunque che, venendo ora Cecoslovacchia a trovarsi priva di rifornimenti materie prime per proprie industrie, politica di intese economiche con Germania per essa si impone3 .

Subito dopo il ministro Vinci telegrafava di aver ricevuto comunicazione che le trattative di Komarom erano state interrotte e che il ministro Kànya stava tornando a Budapest (T. 5465/239 R. del 13 ottobre).

272 ·' Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

L'ambasciatore Attolico telegrafava successivamente che i contatti tra tedeschi e cecoslovacchi si erano estesi e che, dopo i ministri del Commercio e dell'Industria, altri ministri cecoslovacchi stavano per venire a Berlino, tra i quali il ministro per la Stampa e la Propaganda «segno evidente-osservava l'ambasciatore-che si tende ormai da entrambe le parti ad una smobilitazione anche spirituale» (T. 5530/489

R. del 17 ottobre).

271 2 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

272 1 T. 807/382 R. del 12 ottobre. Chiedeva di telegrafare quanto risultasse circa la notiziaapparsa sulla stampa-che il governo tedesco aveva proposto a Praga un'unione doganale e l'adozione, in un secondo tempo, del Reichsmark come moneta comune.

272 2 T. 5443/476 R. del 12 ottobre. Riferiva che nel corso di un colloquio tra Goring e il ministro di Cecoslovacchia a Berlino, Mastny, era stato prospettato un successivo incontro tra i ministri economici nel cui CJ,Uadro si sarebbe potuto parlare anche di intese regionali.

273

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ATTOLICO, A LONDRA, GRANDI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS

T. PER TELEFONO 809/c. R. 1 . Roma, 14 ottobre 1938, ore 17.40.

Ho accompagnato quest'oggi a Palazzo Venezia il Capo di Gabinetto di Kànya, Conte Csàky che ha riferito in relazione alle recenti vicende dei negoziati cecomagian.

Egli ha confermato che i negoziati tra Praga e Budapest sono stati interrotti e che, in considerazione del! 'enorme divario esistente tra i due punti di vista, non vi è alcuna speranza di poterli riprendere utilmente. Pertanto l'Ungheria si è rivolta o sta per rivolgersi alle quattro Grandi Potenze per chiedere la convocazione di una nuova Conferenza a seguito della Conferenza di Monaco.

In pari tempo, l'Ungheria intende procedere ad una mobilitazione parziale dato che la Cecoslovacchia non ha proceduto alla smobilitazione nei confronti di Budapest ed anzi ha fatto affluire forze verso la frontiera. Comunque, va messo bene in rilievo che nella mobilitazione magiara non si deve riconoscere alcun carattere aggressivo, dato che l'Ungheria non intende minimamente attaccare la Cecoslovacchia ma solo prendere quelle misure precauzionali che la situazione odierna fa apparire indispensabili. Di tale mobilitazione parziale, nonché delle ragioni che l 'hanno determinata, l'Ungheria darà notizia alle quattro Potenze ed agli Stati contìnanti e alla Poloniaè.

Il Duce ha approvato l'operato e il programma ungherese e si accinge anche a dare pubblicamente atto che egli giustifica le misure precauzionali magiare. Il Duce è in pari tempo d'avviso che la conferenza debba convocarsi al più presto, nei primissimi giorni della settimana ventura, e suggerisce che abbia luogo in Italia, a Venezia o a Brioni.

Non ritiene che a tale conferenza debbano prendere parte i capi di governo e giudica sufficiente la presenza dei quattro ministri degli Affari Esteri.

VE. si rechi subito al ministero degli Aftàri Esteri, informi di quanto sopra e sottolinei l'utilità di addivenire al più presto alla convocazione della Conferenza per scongiurare la minaccia delle complicazioni che si fa sempre più seria3 .

Ho comunicato quanto precede a Berlino, Londra, Parigi e per conoscenza, Belgrado4•

273 1 Minuta autografa di Ciano.

273 2 Circa il colloquio con il conte Csaky vi è nel Diario di Ciano la seguente annotazione (sotto la data del 14 ottobre): «[Csaky] è molto eccitato, soprattutto contro i tedeschi. Accusa il Rei c h di avere permesso l'irrigidimento di Praga nei confronti ungheresi. La Cecoslovacchia è ormai un protettorato tedesco, del quale Berlino intende servirsi per aumentare la sua pressione nella Romania e sulla stessa Ungheria. Dice che, da quando in Ungheria si è trovato il petrolio, la politica tedesca è cambiata e va facendosi insopportabile. Però-conclude-prima di tàrci assorbire, moriremo tino all'ultimo di noi».

273 1 I resoconti del conte Csaky sui colloqui avuti a Roma sono in DU, vol. Il, DD. 529 e 533.

274

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ATTOLICO, A LONDRA, GRANDI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS

T. PER TELEFONO 81 0/c. R. Roma. 14 ottobre !938, ore 17,40.

Mio telegramma per telefono n. 809 1•

(Per tutti) -Poiché da parte ungherese non è stata, né sarà per ora avanzata richiesta di convocazione della Conferenza a quattro 2 , fate subito sapere a codesto governo che nostro passo per appoggiare tale richiesta si intende decaduto. Negoziati tra Ungheria e Cecoslovacchia sarano ripresi per altra via e quindi non si presenta, almeno per ora, necessità della Conferenza.

(Solo per Berlino) -Di quanto precede ho informato direttamente von Ribbentrop3. Ho aggiunto inoltre che qualora negoziati diretti dovessero fallire, soluzione migliore sembrerebbe quella di un arbitrato da parte delle Potenze dell'Asse. Conte Csàky cui ho espresso questa possibilità ha significato suo parere favorevole.

«Appunto di Gabinetto da allegarsi al telegramma n 809 R.c.: Su istruzioni di S.E. il Ministro è stato telefonato a Londra, Berlino, Parigi e Belgrado, con riferimento al telegramma telefonato n. 809, che col dire: "Il Duce ha approvato l'operato e il programma ungheresi" non si è inteso entrare nel merito delle richieste ungheresi ma si è inteso esclusivamente e precisamente quanto segue:

per quanto riguarda l 'operato: approvare l'interruzione dei negoziati;

per quanto riguarda il programma: approvare le misure precauzionali del governo ungherese e la domanda di convocazione della conferenza». 274 1 Vedi D. 273. 274 2 Circa il mutamento delle richieste ungheresi vi è nel Diario di Ciano questa annotazione sotto

la data del 14 ottobre: «ln seguito alla richiesta ungherese, interveniamo presso Londra, Parigi e Berlino per appoggiare la proposta di conferenza. Parlo anche con l'ambasciatore di Polonia e con il ministro di Jugoslavia per lubrificare due situazione difficili. Poi mi chiama Ribbentrop al telefono. l tedeschi, come era da prevedersi, sono contrari alla conferenza. Dicono che Francia e Inghi !terra tàranno opposizione e che è più conveniente agire dietro le quinte. Senonché viene di nuovo a vedermi Csàky. Budapest si preoccupa dell'atteggiamento di Berlino. Sono evidentemente impacciati nei nostri confronti dopo quanto hanno sollecitato e ottenuto ma adesso preferiscono non scontentare i tedeschi, abbandonare l'idea della sconfitta e aderire ai negoziati diretti. Tanto più che Hitler ha detto che ormai ha smobilitato e che non intende affrontare una nuova crisi. Vado dal Duce a Villa Torlonia. Facciamo buon viso a cattivo gioco e approviamo l'idea tedesca. Però per la prima volta oggi siamo andati al rimorchio e questo mi secca molto».

Per i passi -a cui si tà qui riferimento -compiuti dalle ambasciate a Parigi e a Londra si vedano i DD. 275 (Parigi) e 280 (Londra). Circa quanto fatto dall'ambasciatore Attolico non si è trovata documentazione negli archivi italiani, ma in proposito si vedano i promemoria di von Weizsacker in DDT, IV, DD. 60 e 64. Neanche sui colloqui di Ciano con l'ambasciatore Wieniawa e con il ministro Christié è stata trovata documentazione.

273 4 Al telegramma è unito:

274 1 Di ciò non si è trovata documentazione. È da ritenere che la comunicazione sia avvenuta per telefono.

275

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 5490/199 R. Parigi. 14 ottobre 1938, ore 19,45 (per. ore 21,30).

Fonogramma 809 e susseguenti precisazioni 1•

Ho tàtto immediatamente a questo ministro Affari Esteri le comunicazioni prescritte. Ho particolarmente sottolineato utilità ed urgenza convocazione in Italia conferenza fra i quattro ministri degli Aftàri Esteri e Bonnet ha preso atto della mia comunicazione. Ha aggiunto essere personalmente favorevole all'iniziativa.

Si è riservato una definitiva risposta in proposito dopo consultazione col presidente del Consiglio, Daladier-'.

276

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5502/0183 R. Berlino, 14 ottobre 1938 (per. il 15).

Telegramma di V. E. n. 385 del 13 ottobre 1• Ho informato il Segretario di Stato, Weizsacker, che, oltre ai diecimila legionari in procinto di lasciare la Spagna, l'Italia non ritirerà, né altri uomini, né materiali.

A mia volta ho domandato quali fossero in materia gli intendimenti tedeschi. Il barone Weizsacker mi ha risposto che, almeno per quanto riguarda l' Auswartiges Amt, si sarebbe favorevoli a nulla cambiare nello stato di cose attuale e quindi a mantenere la Condor in Spagna con i suoi uomini e con il suo materiale, rimanendo inteso che tanto gli uni che gli altri dovrebbero essere sottoposti alle rinnovazioni necessarie a mantenere invariata la forza e l'efficienza della formazione tedesca.

Nell'occasione si è parlato anche della famosa Commissione della Società delle Nazioni per il ritiro dalla Spagna dei combattenti rossi 2 . Weizsacker sarebbe d'accor

do per ignorarla completamente. Si domanda, però, se di questa attitudine di ignoranza converrebbe o no da parte italo-tedesca di dare atto a Londra presso il Comitato di non intervento.

Su questo punto gradirei eventuali istruzioni deli'E.V.

275 1 Vedi D. 273 e ibid., nota 4.

275 2 Prunas comunicava successivamente, con T. 5508/200 R. del 15 ottobre: «Nella stessa serata di ieri ho fatto sapere al Quai d'Orsay che nostro passo per appoggiare richiesta ungherese convocazione conferenza a quattro si intende decaduto per le ragioni di cui al fonogramma di V. E. 81 0». Il fonogramma 810 di Ciano è qui riprodotto come D. 274.

276 1 Vedi D. 257, nota l.

276 2 Vedi D. 95, nota 2.

277

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PERTH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Roma, 14 ottobre 1938.

AIDE-MÉMOIRE l

The Secretary ofState is anxious that there should be no misunderstanding in the mind of the Italian Government about the procedure and Parliamentary time-table which is required for the entry into force of the Anglo-Italian Agreement of Aprii. Lord Perth has therefore thought it well to compile the attached note on the subject which confirms what he said to Count Ciano on October 71h 2 to the effect that even should the Cabinet decide to recommend the submission of the Agreement to Parliament it will not be possible to bring the matter before the House immediately after it meets on November 1'1•

II

PROCEDURE WITH REGARD TO THE ENTRY INTO FORCE OF THE ANGLO-ITALIAN AGREEMENT

be the debate on the Address, a debate which will certainly last severa! days. !t is therefore impossible with the best will in the world for His Majesty's Government to decide precisely at this stage what may be the necessary Parliamentary time-table.

Ili

AIDE-MÉMOIRE

The following are personal proposals on my part and there is no question ofbargaining, but l know the position in my country and the parliamentary difficulties which the Prime Minister is likely to experience. I am therefore very anxious to smooth the way, asI feel sure is Count Ciano, to a generai approvai ofthe agreement.

Statements which l assume could be used pubblicly in Parliament.

(a) That the withdrawal of l 0,000 Italian infantry constitutes a withdrawal of more than half the !tali an infantry forces in Spain.

That the remaining forces of ali categories will depart when the Non-Intervention Commitee's pian comes into execution.

(b) -That no further Italian troops will be despatched to Spain. (c) -That the ltalian Government had never h ad fora moment the idea of sending compensatory air forces in piace ofthe infantry forces they were withdrawing.

Assurances which would be extremely helpfid (( they could be given an d made public in Parliament.

(a) -That it is not out of the question that within two or three months the rest ofthe Italian infantry forces will be withdrawn. (b) -That no further ltalian pilots will be sent to Spain. There remains:

The question o(the bombing ofBritish Ships.

l know that it is this point which affects greatly public opinion in my country. 1t feels deeply the fact that British ships are bombed by aircraft and personnel over which they believe, rightly or wrongly, that Signor Mussolini can exercise contro! should he so desire.

Would it be possible for Count Ciano to agree to a statement that Signor Mussolini had consented to use his influence with Generai Franco to put an end to this practice or at least to refrain from using ltalian pilots and machines against targets which may involve damage to British shipping. If any suggestion on such lines were acceptable to the Italian Government, l feel convinced that the eftèct would be great and highly beneficiaP.

(l) -Decision by the Cabinet. (2) -Ifthat decision is favourable to the submission ofthe Agreement to the Parliament, it must be noted that the House can only meet on November l 51 for purposes ofprorogation and will not reassemble till November 81h, when the first business must

277 1 Negli archivi italiani non si è trovata documentazione sul colloquio avvenuto tra Ciano e l'ambasciatore Perth in occasione della consegna di questi documenti. Secondo il resoconto dell'ambasciatore britannico (in BD, vol. III, DD. 349 e 350), Ciano dichiarò che non vi erano obiezioni circa i punti a), b) e c) del primo paragrafo del promemoria. Per quanto concerneva il secondo paragrafo, Ciano dichiarò invece che il governo italiano non poteva accettare che fosse reso pubblico il punto a); quanto, poi, al punto b), era stato già risposto, così come era stato già risposto circa la questione dei bombardamenti contro le navi britanniche.

277 2 Vedi D. 234, nota 3.

277 1 l documenti hanno il visto di Mussolini.

278

L'AMBASCIATORE A V ARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2798/1 036. Varsavia, 14 ottobre 1938 (per. il 17).

Come ho segnalato col mio telegramma n. 203 del 12 corrente 1 vi è un notevole risveglio del movimento ucraino in Galizia Orientale, la quale si schiera apertamente in favore dell'autonomia della Russia subcarpatica non solo per solidarietà con la popolazione di quella regione che nella grande maggioranza è ucraina, ma altresì per la speranza che la Russia subcarpatica ottenendo un nuovo statuto possa diventare un nuovo «Piemonte» per le popolazioni ucraine che vivono soggette alla Polonia e all'U.R.S.S.

Oltre alle dimostrazioni di piazza che si sono svolte a Leopoli, e durante le quali sono state emesse grida di «Abbasso i Magiari», «Viva l'Ucraina subcarpatica» ed altre grida che i giornali polacchi hanno affermato di non poter pubblicare, vi è da registrare un documento importante che finora è del tutto segreto e che emana dalla direzione dell'Unione Democratica Nazionale Ucraina (UNDO) di Leopoli cioè dal partito che passa ancora per il solo partito ucraino collaborazionista con i polacchi. Si tratta di un esposto firmato dal Presidente e dal Segretario Generale deli'UNDO e da essi diretto in data lO corrente al Presidente del Consiglio Polacco e al Ministro degli Esteri Signor Beck, in cui a nome «di tutta la popolazione ucraina di Polonia senza differenza di religione e di partito» si diffida il Governo Polacco a dare il suo appoggio al progetto di una comune frontiera polacco-ungherese. L'indirizzo di cui mi è riuscito avere, in via riservatissima, una copia che allego in traduzione, afferma al riguardo che «le sorti di più di mezzo milione di ucraini residenti ne Il 'Ucraina Subcarpatica non possono essere indifferenti agli ucraini che vivono in Polonia» ed aggiunge che l'atteggiamento del Governo polacco «non corrisponde al principio di autodecisione dei popoli che costituisce la base morale di quel mutamento delle frontiere cecoslovacche che attualmente si compie, base che ha dato agio al Governo polacco di risolvere con successo la questione della Slesia di Cieszyn».

È poi da rilevare che, contrariamente al sistema costantemente seguito dalla stampa polacca per ordini superiori di fare il silenzio su tutto ciò che avviene in Galizia orientale, questa volta le stesse Autorità polacche favoriscono la diffusione di notizie relative a disordini che avvengono in quella regione a seguito di manifestazioni in favore della Russia Subcarpatica. In pari tempo (coincidenza che non appare del tutto fortuita) vengono qui raccolte e diffuse notizie di pretesi disordini nella Russia Subcarpatica. C'è quindi da domandarsi se tutto ciò non sia volutamente predisposto da questo Governo per essere utilizzato al momento opportuno e creare una base che giu

stificherebbe una eventuale diretta partecipazione alla questione, che sarebbe motivata dal fatto che una situazione anormale nella Russia Subcarpatica si ripercuote in Galizia Orientale.

278 1 Vedi D. 265.

279

L'AMBASCIATORE A V ARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 2803/1039. Varsavia, 14 ottobre 19 38 (per. i/18).

Come Vostra Eccellenza avrà potuto rilevare dai miei telegrammi 1 , nonché dai colloqui avuti col Generale Wieniawa2 e dal largo servizio Stefani Speciale, la questione della frontiera comune con l'Ungheria ha assunto per la Polonia importanza primordiale. A questo Ministero degli Affari Esteri si afferma che ben trascurabili sono per la Polonia i vantaggi sinora ottenuti coll'annessione dei distretti dell'Oltre Olza se l'equilibrio turbato in Europa Orientale dai larghi acquisti territoriali da parte della Germania non trovasse una contropartita nella possibilità di stabilire una contiguità territoriale tra la Polonia e l'Ungheria. Tale contiguità territoriale infatti non solo costituirebbe un freno alla spinta espansionistica tedesca ma aprirebbe alla Polonia la strada verso il Sud alla quale essa ha sempre aspirato. Da quest'ultimo punto di vista la frontiera comune rappresenta anzi per la Polonia un interesse ben maggiore di quanto non lo sia per l'Ungheria.

Un'altra ragione molto seria che spiega la posizione assunta nella questione dal Governo polacco con tanta fermezza è la situazione della Galizia Orientale (Ucraina occidentale). Questa regione, abitata da circa cinque milioni di ucraini, non solo non è stata mai assorbita dalla Polonia ma vive in uno stato di agitazione continua più o meno latente che preoccupa questi governanti. Ora si teme che qualora il territorio della Russia Subcarpatica dovesse rimanere in una situazione di indipendenza o di autonomia nella sfera del nuovo Stato Cecoslovacco, tale territorio diventerebbe una solida base per un'attiva propaganda rivoluzionaria ai danni della Polonia in Galizia Orientale ed un pericoloso centro di attrazione (un nuovo Piemonte) per l'unità ucraina.

Ciò premesso, ci possiamo facilmente spiegare l'intensa azione diplomatica che la Polonia va da qualche tempo svolgendo a Budapest per una maggiore risolutezza, a Bucarest per una più larga tolleranza e infine presso le principali Cancellerie europee nei riguardi delle quali non si manca di fare valere per opportuna tattica, ora l'argomento della necessità di creare una barriera contro il pericolo bolscevico, ora quella di opporre un ostacolo all'espansione germanica.

279 2 Su di essi non è stata trovata documentazione.

Quale accoglienza abbia incontrato quest'azione diplomatica è difficile precisare dato anche il rapidissimo svolgersi degli avvenimenti. Certo che l'atteggiamento dell'Ungheria dopo il colloquio di Beck col conte Csàky 3 è apparso più deciso, mentre la Romania si è limitata a formulare in sordina le proprie lamentele. Quanto alla Germania ho la fondata impressione che si sia sinoggi evitato da ambo le parti di affrontare il problema in modo chiaro. Secondo quanto mi ha detto quest'Ambasciatore di Germania, il Signor Lipski ne aveva accennato a Hitler nel colloquio avuto nel settembre scorso a Berchtesgaden 4 , ma il Fiihrer fece allora cadere la cosa. Ben più favorevole, invece, almeno secondo quanto qua si afferma, sarebbe l'attitudine franco-inglese. Quanto alla nostra attitudine non passa giorno che la stampa di Varsavia non ne parli. affermando nel modo più esplicito che essa è completamente favorevole alla comune aspirazione polacco-ungherese. A tale proposito pregherei anzi Vostra Eccellenza di volermi fare pervenire un cenno di conferma per mia norma di linguaggio 5 .

279 1 Vedi DD. 188 e 239.

280

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5495/727 R. Londra, 15 ottobre 1938, ore 2,30 (per. ore 6,55).

Appena pervenutomi telegramma di V.E. 809 1 ho chiesto di vedere Halifax. Egli mi ha ricevuto immediatamente e nel prendere atto della comunicazione da me fattagli, mi ha incaricato ringraziare V.E. e di pregarVi far pervenire al Duce vivi ringraziamenti del governo britannico.

Halifax, in vista ultimi sviluppi questione ceco-magiara, condivideva pienamente opinione del Duce sulla necessità di fare senz'altro qualche cosa prima che situazione potesse aggravarsi ulteriormente. Avrebbe quindi immediatamente informato del mio passo il Primo Ministro, attualmente in Scozia, e mi avrebbe fatto conoscere al più presto risposta di Chamberlain.

A seguito successivo telegramma di V. E. n. 8 I 0 2 ho subito provveduto comunicare versione esatta contenuto a Halifax, aggiungendo che mia precedente comunicazione doveva quindi considerarsi come non avvenuta.

279 3 Vedi DD. 236 e 239.

279 4 Il 20 settembre. Vedi D. 91, nota l.

279 5 Il documento ha il visto di Mussolini. Non si è trovata documentazione circa le istruzioni richieste dall'ambasciatore Arone.

280 1 Vedi D. 273.

280 2 Vedi D. 274.

281

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PERSONALE URGENTE 5498/488 R. Berlino, 15 ottobre 1938, ore 14,34 (pe1: ore 15,45).

lo ignoro cosa precisamente ti abbia detto telefonicamente Ribbentrop circa trattative con Chvalkovsky1 a proposito della questione ungherese. A me risulta che egli, ottenute da Darànyi2 indicazioni di quello che è il minimo delle richieste magiare, ha presentato questo minimo a Chvalkovsky dicendo che esso era fatto proprio dalla Germania che ne raccomandava quindi accettazione da parte della Cecoslovacchia.

Chvalkovsky prese atto, promettendo di riferire se ritenesse che quel minimo potesse essere assunto a base per nuove discussioni e di riprendere i contatti e le negoziazioni dirette con gli ungheresi.

Tutto questo è stato la logica conseguenza della contemporanea presenza a Berchtesgaden, così di Daninyi, come di Chvalkovsky e sta benissimo. Con riferimentro peraltro al poscritto tuo fonogramma iersera3 e cioè ad una azione in materia dell'Asse in quanto tale, mi domando se non converrebbe da parte nostra fare qualche cosa a Praga per dare all'azione e mediazione tedesca praticamente svolgentesi ora colà una impronta ed un suggello comuni.

282

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5526/0225 R. Budapest, 15 ottobre 1938 (per. il 17).

Mio telegramma n. 245 1•

Ministro di Germania, tornato proprio ora da Monaco, mi ha messo dettagliatamente al corrente delle conversazioni di ieri fra Hitler e Darànyi2 a cui egli ha personalmente assistito, insieme con Ribbentrop e il generale Keitel.

Mentre Daninyi si esprimeva, a dire di Erdmannsdorff, molto impacciatamente in tedesco, Hitler ha in certo modo rimproverato al governo ungherese di aver atteso troppo tempo prima di passare ad atti di forza e ha ricordato che egli aveva consigliato all'Ungheria di fare qualche cosa di analogo a quello che la Germania aveva fatto per i sudeti: solo per la mobilitazione generale a scadenza di 24 ore egli aveva potuto ottenere che le aspirazioni tedesche fossero soddisfatte. Ormai era un poco tardi: l'esercito germanico era in via di smobilitazione, non vi era stato alcun movimento insurrezionale nei territori rivendicati dall'Ungheria: tuttavia l'unico modo era di ricorrere a misure militari.

Passato all'esame delle rivendicazioni ungheresi, pur con alcune osservazioni che Erdmannsdorff non mi ha precisato, Hitler ha riconosciuto che le controproposte ceche erano inaccettabili e ha dichiarato che in tali condizioni mai la Germania avrebbe concesso la garanzia della nuova frontiera cecoslovacca.

Come noto, era presente a Monaco anche il ministro degli Affari Esteri cecoslovacco, Chvalkovsky. Hitler si è con lui espresso negli stessi termini 3 . Erdmannsdorffmi ha inoltre messo al corrente degli scambi d'idee telefonici con Vostra Eccellenza e delle decisioni che ne hanno seguite 4•

Poiché naturalmente qui soprattutto i soliti ambienti ebraici avevano sparso varie voci sulla partenza di Daninyi per Berlino, ministro di Germania mi ha smentito che si sia comunque parlato di politica interna ungherese e mi ha detto che il viaggio del deputato Mecsér, a cui fanno capo gli scambi commerciali ungaro-tedeschi, era del tutto indipendente dalle conversazioni di ieri.

281 1 Riferimento al colloquio del giorno precedente tra Hitler e il ministro degli Esteri cecoslovacco, per il quale si veda DDT, vol. IV, D. 61.

281 2 Riferimento al colloquio Hitler-Darànyi del 14 ottobre a Monaco, sul quale si veda il D. 282.

281 3 Vedi D. 274.

282 1 T. 5499/245 R. del 15 ottobre. Riferiva che il suo collega di Germania, von Erdmannsdorff, lo aveva informato dettagliatamente sull'incontro Hitler-Daninyi, al quale era stato presente, e che sull'argomento avrebbe riferito per corriere. 282 2 Sui colloqui di Darànyi del 14 ottobre a Monaco si veda DDT, vol. IV, DD. 62 e 63 e le successive precisazioni del ministro di Germania a Budapest, von Erdmannsdorff, ibid. D. 82.

283

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5538/077 R. Belgrado, 15 ottobre 1938 (per. il 17).

Ho veduto stamane Stojadinovié il quale era stato già messo al corrente da Christié del contenuto dei fonogrammi di V. E. n. 809 e 81 O1• Ha profondamente apprezzato la cortese premura colla quale Vostra Eccellenza ha voluto tenerlo esattamente

al corrente dello svolgersi degli avvenimenti e ne è gratissimo. Mi ha confermato le sue migliori intenzioni di stabilire con Budapest dei rapporti particolarmente cordiali e collaborativi, soprattutto in previsione del futuro. In quest'ordine di idee, superando anche le considerazioni generali accennate nel mio telegramma per corriere

n. 076 del 12 corrente2 , è disposto a considerare con una certa indifferenza le pretese magiare in Slovacchia. Quanto alla frontiera comune ungaro-polacca, mi ha detto che, dal punto di vista dell'interesse jugoslavo, gli argomenti pro e contro possono anche bilanciarsi. Può essere preoccupante un considerevole allargamento territoriale di uno Stato confinante, rapidamente raggiunto con spiegamento di forze; può essere poco opportuno per Belgrado non solidarizzarsi, in questo momento, colle resistenze motivate di Bucarest.

D'altra parte, la Polonia ha qui promesso di stabilire attraverso la Russia Subcarpatica, delle comunicazioni ferroviarie colla 1ugoslavia-finora non favorite, per ovvie ragioni, dalla Cecoslovacchia-utilissime all'economia di questo Paese. Inoltre, i ruteni ortodossi, i quali fra altro sono sottoposti all'autorità religiosa di un vescovo serbo, sono suscettibili, nel pensiero di Stojadinovié, di creare agli ungheresi qualche ragione di preoccupazione capace di distorglierli da altre mire e comunque di rendere loro anche più utili dei buoni rapporti con Belgrado. In questa situazione, a Belgrado sul momento non ci si pronuncia. Ma, evidentemente, qualora il momento di farlo fosse giunto, difficilmente il Presidente potrebbe far prevalere le sue personali opinioni favorevoli sopra le disposizioni contrarie che i suoi oppositori largamente sobillano nel Paese. Stojadinovic' mi ha detto che a rendere ciò possibile occorrerebbe un qualche gesto da parte ungherese, che marcasse l'inizio di una nuova era di relazioni fra i due Stati confinanti, facesse dimenticare l'intonazione non sempre e non del tutto simpatica delle manifestazioni magiare nei riguardi jugoslavi e che, nel tempo stesso, rassicurasse questo Paese per quanto concerne le intenzioni future di Budapest. Evidentemente non può apparire sufficiente allo scopo la dichiarazione qui fatta circa la conferma deli'Accordo di Bled, conferma cui -telegramma della R. Legazione a Budapest del 28 settembre u.s. 3 -lo stesso governo jugoslavo dovrebbe provvedere a dare pubblicità. L'accordo di Bled4 è stato parafato da Budapest, costituisce un preciso impegno assunto, ed una sua semplice conferma sembrerebbe perfino inutile, se non poco opportuna. Senza tener conto che un richiamo degli Accordi di Bled nei riguardi jugoslavi e romeni, nella flagranza della pratica scomparsa della Piccola Intesa, potrebbe anche assumere aspetto non del tutto simpatico. Del resto le preoccupazioni di Stojadinovié sono ormai, oltre queste sistemazioni collettive piccolo-intesiste. Egli pensa alla Jugoslavia ed al futuro della sua posizione nei riguardi ungheresi. Pensa anche alla campagna elettorale in corso che si presenta più dura di quanto fosse lecito attendersi e per la quale il caso cecoslovacco viene fatto, dagli oppositori, ed in vario senso, fortemente giocare. Ciò stante, il Presidente sembra disposto a lasciare all'Ungheria, nella presente situazione di

cose, le mani libere a settentrione; la contropartita che ne attenderebbe è, quanto meno una assicurazione che le frontiere meridionali rimarranno, amichevolmente, quello che sono. Indubbiamente, il momento per Budapest di modificare l'aridità di tono delle sue relazioni con Belgrado sembrerebbe giunto. Dall'influenza personale di Stojadinovié confortata con adeguati atteggiamenti, molto può dipendere una sistemazione utile di tutta questa zona, nell'interesse particolare dell'Ungheria. Fra tre anni il Sovrano raggiungerà la sua maggiore età 5 .

282 3 Sul colloquio Hitler-Chvalkovsky del 14 ottobre si veda il D. 281.

282 4 Circa i contatti telefonici avvenuti a tale proposito tra Ciano e von Ribbentrop, vi è nel Diario di Ciano questa annotazione sotto la data del 15 ottobre: «Il Duce, che evidentemente ha rimasticato quanto è accaduto ieri, mi telefona di proporre ai tedeschi un passo identico a Praga e a Budapest per invitare i due governi a riprendere i negoziati diretti. Ciò per spiegare almeno in parte il cambiamento di rotta di ieri. Ribbentrop tà opposizione: dice che un passo simile potrebbe assumere l'aspetto di una pressione, pericolosa nelle tàsi attuali. Ci chiede piuttosto di appoggiare a Praga la richiesta ungherese di ieri, che è poi la vecchia richiesta, meno Presburgo che piace molto ai tedeschi; il Duce approva».

283 1 Vedi DD. 273 e 274.

283 2 Vedi D. 268.

283 1 Vedi D. 175.

283 4 Vedi D. 115, nota 3.

284

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5522/207 R. Varsavia, 16 ottobre 1938, ore 21,20 (per. ore 4,25 del 17).

Beck mi ha pregato stamane di passare da lui. Aveva ricevuto il rapporto inviatogli da codesto ambasciatore di Polonia sull'ultimo colloquio avuto con V.E. 1•

Beck mi ha detto di essere molto grato a V.E. per la benevola comprensione del punto di vista polacco sulla questione delle rivendicazioni ungheresi. Mi ha pregato anzi di rendermi subito interprete presso V.E. di questi suoi sentimenti che saranno confermati dall'ambasciatore Wieniawa non appena egli sarà a Roma di ritorno da Venezia. Beck ha aggiunto che sino a stamani non aveva avuto nessuna notizia circa una eventuale ripresa delle conversazioni dirette tra Ungheria e Cecoslovacchia, considerata prossima. Beck che non aveva niente in contrario a questa procedura (sull'esito della quale però non è ottimista), ha detto di essere anche favorevole ad una Conferenza internazionale purché essa fosse del tipo di quella prospettata da V.E. all'ambasciatore Wieniawa, e cioè «colla partecipazione della Polonia sulla stessa base degli altri Stati». Tale partecipazione, egli ha insistito, costituisce per la Polonia una condizione sine qua non.

Beck mi ha infine dato lettura della Nota diretta a questo governo dal governo ungherese e che -egli ha sottolineato-è identica a quella indirizzata da Budapest alle quattro Potenze di Monaco2 . Governo polacco si è affrettato a prendere atto di tale nota, incaricando il proprio ministro a Budapest di recarsi dal Reggente Horthy per assicurarlo dell'appoggio polacco alle rivendicazioni ungheresi 3 .

Su altri punti di questo colloquio tra Beck e l'ambasciatore Aronesi veda il D. 285.

283 5 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

284 1 Sul colloquio -di cui non è stata trovata documentazione -si vedano le precisazioni di Ciano nel D. 290.

284 2 Testo di DU, vol. Il, D. 525.

284 1 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

285

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5523/208 R. Varsavia, 16 ottobre 1938, ore 21,21 (per. ore 4, 2 5 del 17).

Mio telegramma n. 207 1•

Nella conversazione avuta stamane, Beck si è mostrato abbastanza ottimista per una soluzione favorevole delle questioni della Rutenia Subcarpatica. Al riguardo egli ha affermato che, giusta informazioni in suo possesso, l'aspirazione ad una frontiera comune polacca-ungherese «non incontrava speciale opposizione nelle più alte personalità del Reich» (ha accennato al riguardo allo stesso Fiihrer ed al Maresciallo Goring). Mi ha pregato di darne comunicazione a VE. a titolo del tutto riservato2 .

Quanto alla Romania, Beck ha detto di essersi adoperato a dissipare le apprensioni di Comnen. Beck prospettava anzi possibilità cointeressare Romania alla sistemazione della Russia Subcarpatica, mediante cessione a favore di essa di una striscia dell'estremo lembo orientale di detta regione, che è abitata da circa 40.000 romeni ad attraverso la quale passa una linea ferroviaria che costituirebbe una comunicazione più diretta di quella attuale fra Polonia e Romania. Mi ha detto che egli aveva presentito Budapest in proposito e gli era sembrato di non aver incontrato speciali obiezioni.

D'altra parte, le notizie che gli pervenivano dalla Jugoslavia lo portavano alla conclusione che Stojadinovié fosse disposto a lasciar fare. Circa, infine, la Slovacchia, Beck nel sottolineare grande importanza che egli annetteva allo stabilimento di ottimi rapporti fra governo Slovacchia, Polonia ed

Non è stato possibile identificare le «informazioni polacche» alle quali si tà qui riferimento. Può darsi si trattasse di articoli della stampa polacca-segnalati con il D. 248-nei quali si affermava che l'Italia era tàvorevole ad una frontiera comune ungaro-polacca per porre un ostacolo all'espansione tedesca verso Est. Tema sul quale i giornali polacchi dovevano tornare anche in seguito (vedi D. 305). Circa una comunicazione di Ciano all'ambasciatore von Mackensen o un passo dell'ambasciatore Attolico alla Wilhelmstrasse per rendere nota ai tedeschi la posizione del governo italiano, non è stata trovata documentazione.

Il 19 ottobre, il ministro di Ungheria, Villani, riferiva invece al suo governo di avere avuto un colloquio con Ciano, il quale aveva dichiarato che Mussolini, pur considerando un confine comune ungaropolacco «una semplice ragnatela», insutlìciente a bloccare un'ulteriore espansione tedesca, quel confine «lo desiderava e lo sollecitava» (DU, vol. Il, D. 559).

Ungheria ha detto aver rivolto consigli di moderazione a Budapest per quanto concerne rivendicazioni zone miste nella stessa Slovacchia. Questo tatticamente dovrebbe oltretutto facilitare soluzione questione Rutenia Subcarpatica3•

285 1 Vedi D. 284.

285 2 A tale proposito vi è nel Diario di Ciano questa annotazione, sotto la data del 15 ottobre: «Il Duce, dopo aver letto informazioni polacche, mi dice di tàr sapere a Berlino che noi non teniamo aftàtto alla frontiera comune polacco-magiara. Egli crede che non sia utile atlàtto e che ogni tentativo di accerchiamento tedesco sia, oltreché stupido, assolutamente assurdo. Faccio la comunicazione ma confesso che, per parte mia, avrei visto con gran piacere la saldatura tra Ungheria e Polonia. La vita è lunga e può riserbarci molte sorprese».

286

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 7129/2111. Berlino, 16 ottobre 1938 (per. il 19).

La stampa pomeridiana di ieri ha pubblicato il seguente comunicato:

«Il Governo brasiliano ha ritenuto opportuno di comunicare al Governo del Reich di non desiderare il ritorno al suo posto dell'Ambasciatore tedesco in Brasile. Il Governo tedesco ha manifestato al Governo brasiliano il suo forte malcontento per questo passo senza motivi ed ha richiesto che l'Ambasciatore brasiliano a Berlino lasci il suo posto. L'ex Ambasciatore tedesco a Rio de Janeiro è stato richiamato con speciali incarichi al Ministero degli Esteri 1•

I giornali hanno dato forte rilievo a questa pubblicazione. Il Berliner Tageblatt l'ha fatta precedere da un grosso titolo «Lezione per il Brasile», mentre il Volkischer Beobachter la intitola «La risposta che si conviene ad un antipatico passo brasiliano».

L'effetto prodotto da questa pubblicazione è, specialmente nei circoli diplomatici, generalmente penosa, tanto più che che l'Ambasciatore brasiliano uscente, Moniz de Aragao, ha fatto qui di tutto, sia per migliorare i rapporti tra Brasile e Germania, sia anche per evitare ed attutire la crisi Ritter.

In questo momento devo dire che il risentimento dei Paesi sudamericani in genere per la Germania, anche all'infuori dell'episodio in questione, è particolarmente acuto2 .

Su altri punti trattati nel colloquio tra Beck e l'ambasciatore Arane si veda il D. 305.

285 3 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

286 1 La crisi tra Brasile e Germania aveva avuto come spunto l'appoggio che l'ambasciata di Germania a Rio de Janeiro aveva dato ad elementi del partito nazionalsocialista in contatto con gli integralisii brasiliani.

286 2 Con il prolungarsi delle crisi tra Berlino e Rio de Janeiro, venivano effettuati da parte tedesca dei tentativi per coinvolgervi l'Italia. Ciano nel suo Diario registrava, sotto la data del 26 novembre: «L'Ambasciatore [von Mackensen] mi fa anche un discorso relativo alle cattive relazioni che corrono tra Germania e Brasile e vorrebbe stabilire un parallelo tra il ritiro di Lojacono e quello, forzato, del loro Ambasciatore. In pratica, desiderano che noi non si mandi Sola. Pur dichiarandomi pronto ad esaminare proposte e argomentazioni di Ribbentrop, ho fatto rilevare che contro noi non è stata presa nessuna misura che giustifichi una simile ritorsione. Ho anche sottolineato l'enorme somma dei nostri interessi economici e politici in Brasile, nonché l'atteggiamento amichevole tenuto da quel Paese nei nostri confronti durante l'epoca delle sanzioni». Del colloquio non è stata trovata documentazione negli archivi italiani.

287

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 5541/49] R. Berlino, 17 ottobre 1938, ore 21,52 (per. ore 22,50).

Qui risulta che Cecoslovacchia avrebbe già fatto a Budapest una nuova proposta, i cui termini non sono peraltro ancora esattamente conosciuti.

Budapest si riserva esaminarla. Ove essa non corrisponda al «minimo» già formulato a Berchtesgaden, governo ungherese si prepara rifiutare recisamente ogni trattativa ed a rimettere interamente questione all'arbitrato Potenze dell'Asse. Una comunicazione in questo senso è stata fatta oggi da questo ministro d'Ungheria al barone Weizsacker, il quale ha riservato ogni suo giudizio sulla compatibilità o meno di un tale sistema in attesa di consultare proprio ministro 1•

Frattanto situazione locale si complica sempre più. Già dopodomani, e cioè a mobilitazione ungherese compiuta, le due armate si troveranno l'una di fronte all'altra e non sarà facile contenerne troppo a lungo l'azione, tanto più che, a detta degli ungheresi, atrocità cecoslovacche contro magiari aumentano giornalmente 2 .

288

NOTA N. 24 DELL'INFORMAZIONE DIPLOMATICA

Roma, 17 ottobre 1938.

Le misure militari adottate dal Governo di Budapest sono perfettamente giustificate nei circoli responsabili romani.

Un passo analogo veniva compiuto lo stesso giorno dal ministro Villani in un colloquio con Ciano. In seguito a tale colloquio, Ciano telefonava a Fransoni di appoggiare la proposta ungherese presso il governo di Praga. Sul colloquio Ciano-Villani non si è trovata documentazione negli archivi italiani: si veda, oltre all'accenno contenuto nel Diario di Ciano alla data del 17 ottobre, il resoconto del ministro Villani (in DU, vol. II, D. 551) dal quale risulta che Ciano si dichiarò favorevole ad un arbitrato dell'Asse e sconsigliò di impegnarsi per realizzare un confine comune tra Ungheria e Polonia al quale i tedeschi erano talmente contrari da far ritenere che nemmeno l'Italia sarebbe riuscita a modificarne l'orientamento, mentre era da escludere che in un eventuale incontro delle quattro grandi Potenze la posizione dell'Italia si contrapponesse a quella della Germania.

Si tratta di una mobilitazione parziale e precauzionale, resa necessaria dal fatto che la Cecoslovacchia non ha ancora smobilitato, ragione per cui l'Ungheria veniva a trovarsi in uno stato di inferiorità.

Nei circoli romani si prevede che le discussioni fra Praga e Budapest potranno riprendere nei prossimi giorni e giungere ad una felice conclusione sulla linea di principio stabilita a Monaco, e cioè retrocessione all'Ungheria delle zone abitate prevalentemente da magiari, eventuali plebisciti nelle zone controverse, diritto alle altre minoranze di scegliersi il loro avvenire.

Nei circoli responsabili romani si fa notare che il giuoco di certa stampa straniera è semplicemete puerile. Anche nella faccenda ceco-magiara è veramente inutile spiare divergenze sia pure minime nella condotta d eli'Asse.

Si ritiene a Roma che l'interesse essenziale di Praga sia quello di chiudere al più presto questo capitolo di storia e aprirne un altro, che dovrà svolgersi su linee assolutamente diverse da quelle di ieri. Una volta fissate le nuove frontiere, che saranno garantite anche dall'Italia, la Repubblica ceca dovrà affrontare i problemi del sua riassetto interno: politico, economico, spirituale.

Nei circoli responsabili romani è noto che durante la visita di congedo di Chvalkovsky, attuale ministro degli Esteri a Praga, il Duce lo assicurò che, una volta definite tutte le questioni, la Boemia avrebbe potuto contare sull'amicizia dell'Italia. È dunque senza eccessivi pessimismi che nei circoli responsabili romani si attende la prossima ripresa delle negoziazioni sospese a Komarom.

287 1 Si veda in proposito il promemoria von Weizsacker in DDT, vol. IV, D. 65, dove è riportato anche il testo della nota del governo ungherese, e la comunicazione del ministro Sztojay in DU, vol. II, D. 549.

287 2 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

288 1 La nota fu redatta da Mussolini.

289

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 4293/1748. Mosca, 17 ottobre 1938 (per. il 24).

Riferimento mio telespresso n. 4125/1656 del 5 corrente 1 .

Nel corso di una conversazione che ho avuto stamane col signor Potemkin, ho voluto menzionare l'articolo editoriale del Journal de Moscou di alcuni giorni sono (mio telespresso sopracitato) per condurre il mio interlocutore a parlare dei rapporti franco-sovietici.

Il vice commissario mi ha ripetuto in sostanza quanto aveva già scritto l'organo del Narkomindiel, senza attenuare ma anzi accentuando l'indignazione per il «tradimento» della Francia. Ha però aggiunto qualche cosa che, nella bocca di un uomo così misurato come Potemkin, mi è parsa abbastanza sintomatica ed interessante.

Dopo avermi ricordato che era stato lui stesso, come ambasciatore dell'U.R.S.S. a Parigi, a negoziare col signor Lavai l'accordo del 1935, il vice commissario si è espresso esattamente nei seguenti termini:

«Era chiaro fin da allora che il patto di mutua assistenza aveva maggior valore per la Francia che per noi. La possibilità di un attacco da parte della Germania rappresenta infatti una minaccia ben più grave per la Francia che non per l'U.R.S.S., la quale si sente perfettamente sicura entro i suoi confini. Ora, il patto del 1935 dava alla Francia una garanzia di grandissimo valore; esso cioè la assicurava contro la eventualità di un accordo fra l'Unione Sovietica e la Germania. Lo spettro di Rapallo non aveva mai cessato di turbare i sonni dei francesi. Colla firma del patto noi li abbiamo rassicurati su questo punto. Senonché l 'eventualità temuta dai francesi non può oggi considerarsi scartata del tutto».

Avendo a questo punto mostrato una certa incredula sorpresa, Potemkin ha aggiunto:

«Sappiamo benissimo che in questo momento Hitler è padrone assoluto della Germania e che fin quando dura la situazione odierna non sarà facile lavorare per un riavvicinamento fra Mosca e Berlino. Hitler però non è eterno, mentre esistono condizioni permanenti di ordine economico, geografico e perfino politico che dovrebbero operare in favore di tale riavvicinamento».

Ho voluto riferire con precisa fedeltà le parole di Potemkin perché per la prima volta esse hanno espresso, per bocca di un personaggio ufficiale e responsabile, l'idea di un possibile accordo germano-sovietico.

In verità tale idea non è del tutto nuova, essendo affiorata -pur senza essere mai stata presa troppo sul serio -già in altre occasioni, come durante il processo contro il Maresciallo Tuchacevskij2 quando si diceva che i circoli militari sovietici, e forse anche quelli della Reichswehr, erano in massima favorevoli ad un riavvicinamento fra U.R.S.S. e Germania.

Neppure oggi io credo che l'eventualità prospettata da Potemkin debba essere considerata come un problema attuale o di un avvenire prossimo. Sospetto anzi che che nel parlarmi in tal modo il vice commissario abbia più che altro voluto influenzare il mio giudizio sulla odierna situazione europea con la allusione ad un possibile cambiamento radicale dei rapporti fra Mosca e Berlino.

Ciò nonostante, mi sento confermato nella convinzione (già espressa nel mio telespresso n. 393511569 del 22 settembre 3) che l'accordo di Monaco è destinato a provocare una revisione delle direttive della politica estera sovietica; e non posso escludere del tutto che in questo processo di revisione si facciano sentire. più forti che per il passato, quelle correnti e tendenze desiderose di giungere. quando le circostanze diventino favorevoli, ad una collaborazione politica ed economica con la Germania4•

289 3 Vedi D. I I O. 289 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

289 1 Vedi D. 228.

289 2 Si veda, per quanto riferiva in proposito l'ambasciatore Rosso, serie ottava, vol. VI, D. 729.

290

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE

T. SEGRETISSIMO 819/105 R. 1 . Roma, 18 ottobre 1938, ore 14,30.

Vostro n. 2072 . Evidentemente l'ambasciatore di Polonia nel riferire a Beck il nostro recente colloquio è incorso in alcune inesattezze. Io gli ho detto precisamente quanto segue:

l) la Polonia doveva rendersi conto che un'eventuale conferenza a quattro per la questione delle minoranze ungheresi rappresentava soltanto la continuazione e il completamento della Conferenza di Monaco e pertanto appariva difficile invitare la Polonia stessa;

2) il Governo di Varsavia doveva rendersi conto che ciò non poteva comunque pregiudicare la posizione polacca nei confronti di future iniziative analoghe, tanto più che noi confermavamo la nostra volontà di vedere sempre la Polonia partecipare a qualsiasi nuovo patto di grandi Potenze;

3) in via segreta avevo aggiunto che anche recentemente, essendoci stato sottoposto dal governo tedesco il piano di un'eventuale intesa a quattro, noi avevamo espresso il voto che anche la Polonia fosse invitata a far parte di tale accordo.

La nostra linea di condotta è dunque molto chiara e precisa, e son certo che Beck apprezzerà gli intendimenti amichevoli dell'Italia nei confronti del suo Paese. Ma a scanso di equivoci trovate modo, nella forma migliore, di precisare quanto sopra Vi ho esposto.

291

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5558/217 R. e 5567/218 R. Praga, 18 ottobre 1938, ore 19,50 (per. ore 1,15 de/19).

Ho parlato a Chvalkovsky secondo le istruzioni impartitemi oggi da VE. per telefono 1• Ieri a Praga sono state lungamente discusse dai ministri cechi con quelli slovacchi le nuove proposte da farsi agli ungheresi. Chvalkovsky afferma che ha fatto e continua

290 2 Vedi D. 284. 291 1 Vedi D. 287, nota l.

a fare il possibile per vincere la resistenza di quello che ormai è e tiene ad essere il governo slovacco, principale interessato nella questione. Ministro Affari Esteri mi ha assicurato che, essendo state completamente trascurate le ultime proposte cecoslovacche che causarono rottura a Komarom 2 , quelle nuove sono vicinissime alle richieste ungheresi.

A questo punto, avendo egli precisato che questo governo si propone anzi di offrire l'opportunità che «conversazioni siano riprese sulla base stessa proposta ungherese», gli ho chiaramente ripetuto, come già gli avevo detto, che Budapest chiede ed attende una offerta concreta e definitiva sulla quale decidere e non un invito a nuovi negoziati. Nel caso che l'offerta non sia considerata accettabile da parte dell'Ungheria, la questione, ho aggiunto, sarà sottoposta alle decisioni dell'asse RomaBerlino3. Chvalkovsky si è mostrato un po' sorpreso nel sentir parlare non dei quattro ma solo dell'Asse; ha subito però commentato: «lo so bene, del resto, che in qualsiasi combinazione sarebbero sempre Italia e Germania a decidere sulla questione».

Ho cercato poi sapere qualche cosa sulle decisioni di ieri che non sono però state definitive. Ho veduto fugacemente il disegno tracciato sulla carta geografica e mi è sembrato che, conformemente assicurazioni ministro Affari Esteri, nuova linea tende avvicinarsi ed in molti punti coincide con linea ungherese Teleki (il quale pare abbia a sua volta tenuto presente la carta etnografica del!' Intelligence Servi ce inglese). Distacco maggiore è nella zona Nitra, come indicato nel mio telegramma n. 2074• Ho portato poi il ministro Affari Esteri su punto più delicato e difficile, l'assegnazione, cioè delle principali città (mio telegramma numero suindicato). Chvalkovsky ha insistito questa volta su intransigenza slovacca. Gli ho risposto che vedevo allora ben lontano l'accordo. Ma egli ha quindi enumerato, scartandole decisamente, Bratislava e poi con suoi motivi le rimanenti città l'una dopo l'altra; quando ha nominato Kosice gli ho osservato che cecoslovacchi non conquisteranno mai il cuore ungherese rifiutando la storica Kosice e ciò sarebbe un loro grave errore. «Lo so che gli ungheresi ci tengono, mi ha risposto e, di più, vi prometto confidenzialmente che farò di tutto per guadagnare colleghi slovacchi». «Vi faccio notare però, ho precisato io al ministro, che la mia è stata una osservazione storico-sentimentale ma che, beninteso, nella richiesta fatta dagli ungheresi sono comprese tutte quelle città». Il ministro ha agitato le braccia in segno di largo diniego.

Ritengo in conclusione, dopo quanto ho potuto comprendere anche oggi che, mentre sul resto si procede, agevolmente o no verso richieste ungheresi, maggiore difficoltà da superare permane quella, come già riferivo, dell'assegnazione delle principali città slovacche e rutene. Si otterrà Kosice e se ne otterrà, senza urti, qualche altra? Quanto al territorio ruteno lungo frontiera, attraversata dalla unica ferrovia e che per

291 è Vedi D. 271.

questa ragione cecoslovacchi non avrebbero voluto cedere, credo che essi pensino ora di dovervi accedere, ma chiederebbero facilitazioni di mezzi per costruire la linea ferroviaria più a nord, al di là dell'eventuale nuovo confine ungherese-ruteno 5 .

290 1 Minuta autografa di Ciano.

291 3 In proposito Ciano annotava sul suo Diario sotto la data del 19 ottobre: «Fransoni ha fatto il passo a Praga. Ma forse è andato un po' troppo in là parlando fin da ora dell'eventuale mediazione dell'Asse. Pare che Chvalkovski sia rimasto impressionato. Ho fatto cenno di ciò a Villani ed egli ha trovato che tutto andava bene».

291 4 T. 5512/207 R. del 15 ottobre. Riferiva su un colloquio con Chvalkovski nel corso del quale il ministro degli Esteri gli aveva mostrato una carta geografica dove «una zona a nord-est di Nitra, abbastanza vasta», era stata segnata di suo pugno da von Ribbentrop ad indicare che non doveva essere ceduta agli ungheresi.

292

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5562/210 R. Varsavia, 18 ottobre 1938, ore 22,25 (per. ore 3,35 de/19).

Questa sera Beck è partito improvvisamente per Bucarest. Tale viaggio va connesso con difficoltà sollevate da ministro degli Affari Esteri romeno ad aderire alla tesi polacca della frontiera comune con Ungheria, ed alla tenacia di Beck nel volere raggiungere tale punto. Il ministro Beck cercherà, d'altra parte, di guadagnare alla propria tesi Re Caro!, valorizzando presso di lui prospettata assegnazione alla Romania dell'estremo lembo orientale della Rutenia Subcarpatica (mio telegramma n. 208 del 16 corrente 1).

293

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 9320/5] 93. Parigi, 19 ottobre 1938 (per. il 21).

De Monzie, Ministro dei Lavori Pubblici, mi ha pregato ieri l'altro di passare al suo Ministero.

Riassumo la sua conversazione. Sostiene che un deciso e rapido miglioramento delle relazioni italo-francesi richiederebbe un gran gesto che abbia la portata politica e morale di quello compiuto dai Quattro a Monaco. Il Presidente del Consiglio Daladier non sarebbe affatto alieno da un gesto siffatto e sarebbe anzi perfettamente disposto a proporre al Duce un incontro in quella qualunque località e tempo che piacesse a Lui determinare. Prima di farlo, vorrebbe tuttavia avere la certezza che una sua concreta proposta in questo senso non cadesse nel vuoto, o, peggio, non rischiasse di andare incontro a un rifiuto. Da qui il suo sondaggio presso di me, fatto a titolo per

292 1 Vedi D. 285. Sull'incontro di Galatz tra Re Caro! e Beck del 19 ottobre si vedano i DD. 295, 302 e 307.

sonale e spinto dalla sua vecchia, non mai mutata amicizia per il nostro Paese. Nell'incontro dovrebbe essere discusso soprattutto il problema spagnolo. Il De Monzie ha quindi accennato ad alcune sue idee sulla Spagna, di cui si occupa da qualche tempo, soprattutto attraverso frequenti contatti con personalità catalane.

Riassumo anche queste in breve: «Una soluzione affidata esclusivamente alle armi sarebbe oggi più che mai problematica. Il Generale Franco non potrebbe imporre una sua netta vittoria sul terreno. L'Italia Fascista ha compiuto in questi giorni un decisivo gesto di buona volontà e di lealtà: il ritiro di parte dei suoi volontari. Sarebbe in conseguenza questo il momento opportuno per un armistizio. La Spagna futura non potrebbe essere che federalizzata. Bisognerebbe tener conto della situazione speciale della Catalogna nei confronti francesi».

Idee romanzesche e vagamente espresse che mi sono limitato ad ascoltare. È mia impressione che il De Monzie sia stato effettivamente autorizzato ad espormi la prima parte del suo discorso (incontro col Duce). Per quel che concerne la seconda parte (Spagna) si tratta quasi certamente di idee personali.

Aggiungo che l'attività spagnola del De Monzie è naturalmente mal vista dagli spagnoli nazionali dimoranti a Parigi, ma che, tutto sommato, egli ha sempre mantenuto verso di noi un atteggiamento amichevole. So eh 'egli sostiene da un pezzo, e con sincerità di cui non ho ragione di dubitare, l'assoluta necessità che la Francia muti radicalmente contegno nei nostri confronti e si convinca una volta per tutte e presto che l'Italia Fascista è un formidabile fatto concreto di cui bisogna tener conto in ogni occasione e circostanza 1•

291 5 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

294

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5603/719 R. Tokio, 20 ottobre 1938, ore 16 (per. ore 21,45).

Questo Stato Maggiore mi fa conoscere che gradirebbe Taliani non presentasse credenziali in considerazione prossima costituzione nuovo governo cinese sotto il con

Della iniziativa di de Monzie, Mussolini era stato già informato da una lettera che, il 14 ottobre, gli aveva scritto Lagardelle, che si era recato appositamente a Roma dove aveva chiesto, inutilmente, di essere ricevuto dal capo del governo italiano. Nella sua lettera, Lagardelle faceva presente che l'iniziativa di de Monzie, pur avendo carattere utlìcioso, veniva effettuata dopo averne informato il Quai d'Orsay: essa si basava sulla certezza che «il principio dell'armistizio sarebbe immediatamente accettato in Spagna dalle due parti interessate» e che Franco «non esiterebbe ad accettare di esaminare subito tale proposta» se Musso lini fosse stato d'accordo. Sulla lettera vi è questa annotazione: «Informare Franco? S.E. il M. non ritiene che valga la pena -22/1 0».

Con telespresso 8602 del 23 ottobre, Ciano comunicava a Prunas che non si riteneva di dare seguito alle iniziative prospettate da de Monzie.

trollo del Giappone e nuova situazione che potrà derivare da presa Canton qui ritenuta imminente.

Stato Maggiore ha confermato che tale richiesta non stava in rapporto con accenni già fatti in proposito da T ani a Cora1 giacché simile questione è stata soltanto ora posta in discussione dai militari.

Sarei grato a VE. farmi conoscere quale risposta debba darsi. Prego anche considerare opportunità indicare per mia norma vostro pensiero circa nostre disposizioni nei riguardi costituendo governo cinese2•

293 1 Il documento ha il visto di Mussolini che vi ha scritto: «Niente».

295

L'INCARICATO D'AFFARI A BUCAREST, CAPECE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5612/122 R. e 5610/123 R. Bucarest, 20 ottobre 1938, ore 22,30 (per. ore O, 15 del 21).

Ministro degli Affari Esteri mi ha convocato per farmi, analogamente a quanto fatto ai rappresentanti altre Potenze interessate, seguenti dichiarazioni su li' incontro avuto con il ministro degli Affari Esteri di Polonia 1•

Colonnello Beck ha cercato di guadagnare governo romeno al punto di vista polacco circa cessione Rutenia all'Ungheria. La Romania ha riaffermato suo punto di vista contrario basato su motivi:

l) etnografico: dato che popolazione della Rutenia non è ungherese. 2) economico: date necessità future per la Cecoslovacchia di acquistare prodotti agricoli conviene a Bucarest che essa li acquisti in Romania e che vi siano quindi comunicazioni dirette. 3) politico: tali comunicazioni dirette sono indispensabili alla Romania perché la Cecoslovacchia, che sembra ora cadere nell'orbita tedesco-italiana, riprenderà (sempre secondo Comnen) la sua funzione di membro della Piccola intesa; 4) strategico: perché la Romania non vuole allungare la già troppa estesa frontiera con l'Ungheria; 5) di interesse diretto perché minoranze romene abitanti nella Rutenia non vogliono ricadere sotto il governo di Budapest.

Ministro degli Affari Esteri di Polonia ha in seguito a ciò espresso suo rincrescimento perché Romania insiste nel non adottare punto di vista polacco ed ha assicurato che la Polonia non farà nulla di concreto che possa ledere interessi della alleata Romania.

Comnen mi ha pure detto che la Romania ha proposto al governo di Praga di cedere subito la parte della Rutenia abitata da magiari e di chiedere al governo ungherese di concederle gestione ferrovie Hamleu-Kosice fino a compimento necessario raccordo che verrebbe costruito nella zona puramente rutena.

Avendo chiesto se la Romania si opporrebbe ad un plebiscito in Rutenia, mi ha risposto un poco evasivamente che la questione non si porrà perché accordo di Monaco si riferisce solo alla zona abitata da magiari e che inoltre altri governi contrari plebiscito vi si opporranno. Ad una mia osservazione sulla violenza della stampa romena nei riguardi Ungheria, egli mi ha risposto con le testuali parole: «Ciò non è nulla in confronto di quanto fanno gli ungheresi i cui aeroplani sorvolano giornalmente territori Transilvania, lanciando manifesti irredentistici». Comnen, infine, si è mostrato dispiaciuto per la notizia inviata da Galatz alla Stefani che il governo romeno avrebbe già consentito alla annessione della Rutenia ali' Ungheria, dietro cessione alla Romania di una zona presso la frontiera. Non so quanto Comnen sia stato sincero e quanto suo pensiero corrisponda. Circa questione rutena, da colloquio avuto con lui oggi e con ambasciatore di Polonia stamane 2 arguisco che formale opposizione romena ad eventuale cessione ruteni all'Ungheria resta ma con minore intransigenza. Romania, inoltre, ha assicurato Polonia che l'opposizione si limiterà al campo diplomatico. Polonia, invece, non si è da parte sua impegnata a limitare suo appoggio all'Ungheria all'azione diplomatica, ma ha assicurato che terrà conto degli interessi romeni 3 .

294 1 Vedi D. 2.

294 2 Il documento fu inviato in visione a Mussolini. Non è stata trovata nessuna comunicazione da Roma circa i chiarimenti e le istruzioni richiesti dall'ambasciatore Auriti.

295 1 Del 19 ottobre a Galatz sul quale si vedano i DD. 292, 302 e 307.

296

IL PROFESSOR ENDERLE AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 20 ottobre /938.

Come è noto a V.E., nel corso della recente crisi cecoslovacca, a nuove sollecitazioni fatte dal Mufti per ottenere aiuti per il movimento rivoluzionario in Palestina,

Capece telegrafava successivamente che le dichiarazioni circa l'andamento dell'incontro di Galatz tàtte da Comnen ai rappresentanti esteri e l'atteggiamento polemico assunto dalla stampa romena nei confronti della Polonia avevano provocato una notevole tensione tra i due Paesi alleati e indebolito la posizione di Comnen. «Nel grande disorientamento che gli ultimi avvenimenti hanno qui provocato-osservava Capece -·e mentre ancora al ministero degli Esteri si spera di salvare, con il corridoio ruteno, quello che ancora resta della Piccola Intesa, si fanno e si incoraggiano approcci verso l'Asse. Avendo quelli verso Roma ottenuto finora scarso incoraggiamento, sono cominciati quelli verso Berlino. Il ministro di Germania non ha mancato di incoraggiare questo movimento aggiungendo anche che, almeno secondo quanto lui personalmente ritiene, il punto di vista tedesco nel problema subcarpatico coincide con quello romeno e potrebbe quindi formare, secondo quello che egli lascia intendere, una prima base di collaborazione politica tedesco-romena» (T. 5762/065 R. del 28 ottobre).

fu risposto -senza assumere alcun impegno -invitandolo ad inviare in Italia, un fiduciario 1 . In relazione a tale invito è giunto in Italia il signor Mousa Alami, fiduciario di Hag Amin el Huseini, noto a V.E. Ho visto ieri sera l'Alami il quale mi ha pregato di portare a conoscenza dell'E.V. quanto segue:

l) Il movimento rivoluzionario arabo in Palestina, nonostante la scarsità dei mezzi disponibili, si è in questi ultimi tempi allargato, anziché affievolirsi. Gli insorti sono i padroni effettivi della maggior parte del Paese, che è da essi in molti centri organizzato e amministrato con la completa esclusione di ogni ingerenza britannica.

2) Le ragioni per cui tali risultati hanno potuto essere raggiunti sono principalmente le seguenti:

a) alla mancanza di fondi si è finora ovviato con atti di brigantaggio organizzati dagli insorti, che hanno svaligiato alcune banche inglesi in Palestina e gruppi di viaggiatori e di arabi facoltosi non aderenti al movimento, nonché con la imposizione di veri e propri contributi finanziari alla popolazione, che, pur essendo ormai in miseria, ha risposto e risponde volentieri;

b) con la costituzione di gruppi armati regolari posti sotto il comando di quattro Capi, la cui azione è coordinata direttamente dal Mufti dal Libano;

c) col concorso spirituale e materiale di tutta la popolazione arabo-palestinese e della maggior parte dei Paesi musulmani che hanno solidarizzato con i palestinesi.

Un contributo notevole al successo del movimento rivoluzionario è stato inoltre apportato dalla inefficienza delle truppe britanniche in massima parte molto demoralizzate, che in alcuni casi hanno addirittura rifiutato di partecipare a combattimenti. E ciò nonostante che l'Inghilterra abbia attualmente in Palestina: 17.000 uomini di truppa, 16.000 agenti di polizia ebrei e 2.000 agenti arabi che solo recentemente sono stati disarmati, perché si temeva che passassero in massa agli insorti, con tutte le armi e le munizioni.

3) Alcuni giorni prima del convegno di Monaco, in vista delle grandi probabilità che una guerra europea scoppiasse, il Governo inglese fece offrire agli insorti una soluzione del problema palestinese molto vantaggiosa: cessazione immediata dell'immigrazione ebraica ed indipendenza politica.

Tali concessioni furono subito ritirate non appena risolta la crisi cecoslovacca.

In vista di quanto precede il Mufti ha tutto predisposto per estendere, come da tempo si proponeva, il movimento rivoluzionario in Transgiordania ed è riuscito anzi ad assicurarsi colà la complicità dello stesso figlio dell'Emiro Abdallah, il quale sarebbe disposto a detronizzare il padre, che, come è noto, avrebbe tradito la causa araba restando fedele agli inglesi.

4) Il Mufti rinnova le espressioni della più profonda gratitudine verso il Duce e verso l'Italia fascista per tutto quanto da noi è stato fatto in passato per aiutare gli arabi di Palestina nel loro movimento. Tale gratitudine sarà, come egli ha già avuto occasione di dichiarare, imperitura. Egli però scongiura ora il Duce di volergli concedere ulteriori aiuti per poter raggiungere gli scopi che si è prefissi e che è sicuro non mancherà di ottenere.

Tali aiuti dovrebbero consistere: a) nella fornitura di almeno un milione di cartucce per i fucili di cui gli insorti palestinesi sono largamente muniti, fornitura che dovrebbe farsi possibilmente da una delle Isole Italiane dell'Egeo, affidandone il trasporto a barche che, a cura degli insorti, sarebbero colà inviate con personale di assoluta fiducia; b) nel versamento al più presto possibile di una sovvenzione di almeno 20.000 sterline per scatenare la ribellione in Transgiordania; c) nella concessione di un sussidio mensile di cinque o sei mila sterline per mantenere il movimento tanto in Palestina quanto in Transgiordania fino al raggiungimento degli obiettivi prefissi.

Il signor Alami ha detto che il Mufti è molto scontento dell'atteggiamento del Re dell'Hegiaz lbn Saud, il quale, pur continuando ad aiutare finanziariamente -sia pure con modesti mezzi-il movimento, non prende nei riguardi della questione palestinese gli energici atteggiamenti da tempo promessi, ma si lascia trascinare lentamente dagli agenti inglesi ad un livello morale certamente non consono alla posizione di prestigio finora mantenuta nel mondo musulmano, sia col contrarre debiti, sia con lo sposare nuove mogli più giovani di lui.

Mi ha denunciato inoltre come assoldato dagli inglesi il Sottosegretario agli Esteri del Regno arabo-saudiano, Fuad Hamza, che mi ha assicurato non ha per nulla ricevuto dal Mufti l'incarico di chiedere aiuti per i rivoluzionari di Palestina, come egli ebbe a tàr presente in occasione di un suo recente soggiorno a Roma.

Nel riferire a V.E. quanto precede, mi permetto di aggiungere che dal colloquio avuto con il signor Alami, nel corso del quale fu mantenuta la massima riserva, essendomi limitato a convincere il mio interlocutore che l'Italia non aveva affatto abbandonato i rivoluzionari di Palestina, come egli mi aveva al principio accennato, ho tratto l'impressione che:

l) le nostre posizioni nel prossimo Oriente e nel mondo musulmano in genere sono tuttora ottime, ciò che è del resto confermato da quanto ritèriscono ufficialmente le nostre rappresentanze consolari nel prossimo Oriente;

2) la massima parte dei risultati finora raggiunti con la nostra politica filoislamica e con gli aiuti dati ai rivoluzionari palestinesi andrebbe perduta se nessun altro aiuto venisse ora concesso;

3) qualora il signor Alami dovesse rientrare senza aver nulla ottenuto, le impressioni che deriverebbero dal fatto di avere egli compiuto un viaggio inutile sarebbero nettamente sfavorevoli.

Poiché sembra assolutamente da escludersi la possibilità di fornire al Mufti le cartucce come egli vorrebbe e di dargli le sovvenzioni finanziarie che egli chiede, è da ritenersi che una sistemazione più o meno definitiva dei nostri rapporti con i Capi del movimento rivoluzionario di Palestina potrebbe essere raggiunta con la concessione di un'ultima sovvenzione divisa in due rate a breve scadenza. Tale sovvenzione per essere efficace e apprezzata dovrebbe ammontare per lo meno a 25.000 sterline.

Poiché il signor Alami ha detto che il Mufti attende un cenno telegrafico per fare iniziare la ribellione in Transgiordania, si potrebbe ora fargli presente che la somma stessa verrebbe versata appena il movimento avesse avuto inizio.

La concessione di un ultimo notevole aiuto ~corrispondente del resto alla somma che gli fu già promessa e poi non venne versata ~varrebbe a togliere completamente al Mufti ogni sensazione di abbandono da parte nostra e ci assicurerebbe la possibilità di mantenere in avvenire con lui ulteriori amichevoli rapporti che potrebbero risultare preziosi in momenti particolarmente delicati.

Il Mufti ha infatti fatto sapere di essere disposto a seguire la nostra politica ed ogni nostro suggerimento in tutta quella che potrà essere l'ulteriore sua vita politica e quella dei Capi a lui fedeli. E tale assicurazione non è priva di interesse data l'importanza politica e strategica che ha la Palestina nel Mediterraneo.

Si resta in attesa di conoscere quali comunicazioni. V.E. ritenga che debbano essere fatte in relazione a quanto precede al signor Alami e, se, con la discrezione già usata in altre occasioni, l'E.V. si compiacerà riceverlo, avendo egli sollecitato l'onore di una udienza2 .

295 2 In proposito, l'incaricato d'affari aveva telegratàto che, secondo quanto gli aveva dichiarato I 'ambasciatore Raczynski, nell'incontro di Galatz Beck aveva ottenuto da Re Caro l che la Romania non si sarebbe opposta ad un plebiscito in Rutenia e non si sarebbe mossa qualora l'Ungheria avesse invaso la Rutenia (T. 56021121 R. del20 ottobre. Il documento fu inviato in visione a Mussolini).

295 3 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

296 1 Vedi D. S.

297

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 5126/1576. San Sebastiano, 20 ottobre 1938 1

Mio telegramma per corriere n. 0962 .

Mi onoro trasmettere qui unita, per documentazione, una copia della risposta diretta dal Governo Nazionale ali' Agente Britannico nei riguardi della visita di Hemming.

Per quanto riguarda la campagna di stampa per la mediazione, il modo quasi ingenuo col quale essa è stata condotta, è riconosciuto dallo stesso direttore naziona

le della Stampa Estera, il quale ha anzi apertamente espresso la speranza che Hemming se ne vada presto, data appunto la impossibilità di sostenere a lungo la campagna stessa sul tono datole dall'inizio. L'unico risultato di essa è stato, in ultima analisi, quello che proprio si voleva evitare, quello cioè di dare veramente all'opinione pubblica la sensazione che la mediazione fosse lo scopo della visita di Hemming, mentre poi, secondo quanto risulta dalle stesse informazioni del Ministero degli Esteri, si è dovuto constatare che la missione di Hemming non ha altro scopo all'infuori di quello di stabilire la modalità dell'evacuazione e che, inoltre, Hemming non è stato incaricato e non intende parlare di mediazione. Lo stesso Agente britannico ritiene del resto che, nel momento attuale e senza una grande vittoria militare da parte di Franco, una mediazione non avrebbe ragione, né probabilità di successo. Ho però avuto l'impressione che Hogdson non escluda tale possibilità dopo un successo nel campo militare. È del resto ovvio che dopo una vittoria decisiva, una analoga iniziativa acquisterebbe carattere del tutto diverso perché non potrebbe concludersi che colla resa senza condizioni dei Rossi, condizione ripetutamente posta da Franco per la fine della guerra. Oggi qualsiasi tentativo di mediazione non risolverebbe nulla e non farebbe che rinviare ogni cosa "sine die".

Da quanto mi ha detto Jordana ho tratto del resto l'impressione che lo stesso Governo Nazionale si rende conto che l'attuale situazione militare dà all'estero l'impressione di un equilibrio creatosi fra le due forze contrapposte. Pur considerando questa impressione non corrispondente alla realtà, non si può da parte spagnola negarne l'esistenza. Di qui viene la convizione che occorra un successo militare notevole, che faccia pendere la bilancia in favore dei Nazionali e che colla sua risonanza dia al mondo l'impressione della superiorità di questi. Per questo successo, che dovrebbe aver luogo al più presto possibile, Jordana mi ha detto che non mancano gli uomini, ma bensì i materiali e, in modo speciale, le polveri. Egli ha così colto l'occasione di riprendere, con me e con von Stohrer, l'argomento noto della necessità-ai fini di una vittoria decisiva-di armare una massa di riserva.

A questo riguardo appunto Jordana mi ha fatto comprendere che il Governo Nazionale gradirebbe assai che tanto il R. Governo che il Governo di Berlino svolgessero un'azione diplomatica a Londra, allo scopo di persuadere il Governo Britannico che i Rossi sono ormai da considerare fuori di combattimento e che pertanto è ormai vano persistere in una assistenza militare, materiale e morale (contrabbando, ecc.) che è evidentemente inutile e non potrebbe modificare le sorti della guerra. Se il Governo di Londra, pur non facendo nulla di unilaterale in favore del Governo Nazionale, si attenesse a tale linea di azione, anche Parigi non tarderebbe a prendere la stessa via, facendo cadere tutto quello che materialmente e moralmente costituisce per i Rossi un riconoscimento di legittimità. Dopo di ciò è da ritenere che una discusione sulla cessazione delle ostilità nelle condizioni da me sopra accennate, potrebbe essere qui accolta.

Per quanto riguarda la belligeranza, qualsiasi forma che non sia quella di cui al mio telegramma per corriere n. 096, non modificherebbe la situazione esistente, per la quale il Governo Nazionale già si trova-se pure per interpretazione unilateralein vero e proprio stato di guerra. Lo stesso Agente Britannico appare persuaso che alla concessione della belligeranza si possa arrivare dopo il ritiro dei l 0.000 volontari, che si dovrebbe considerare «sostanziale».

Aggiungerò da ultimo, e solo a titolo di curiosità, che Hemming fu, subito dopo il suo arrivo in Spagna, portato a Bilbao, col pretesto di fargli percorrere la nota «ruta de guerra del Norte», ma effettivamente per fargli raggiungere Burgos per una strada che non passava da Miranda de Ebro e dalla zona circostante, dove proprio in questi giorni si trova un forte concentramento di forze legionarie.

296 2 Sul documento c'è scritto: «No».

297 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

297 2 T. per corriere 5596/096 R. del 15 ottobre. Riferiva che, subito dopo il suo arrivo nella zona nazionale, la missione Hemming era stata oggetto di fortissimi attacchi di stampa perché sospettata di voler condurre un'opera di mediazione. In realtà, le conversazioni che si erano svolte tino a quel momento concernevano il riconoscimento del diritto di belligeranza-circa il quale il governo di Burgos aveva ribadito con grande fermezza la sua richiesta che fosse dato nella piena forma giuridica prevista dal diritto internazionale-e il controllo nei porti.

298

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 9968/1917. Washington, 20 ottobre 1938 (per. il l o novembre).

In questi ultimi mesi specie dopo l' Anschluss austriaco, l'attenzione e l'attesa di questa opinione pubblica si sono andate volgendo sempre di più verso la questione del cattolicesimo in Germania ed in Austria e l'atteggiamento assunto verso il medesimo dal nazionalsocialismo.

Come è noto, e come è evidente, i cattolici americani-a cominciare dalle alte gerarchie della Chiesa con in testa il cardinale Mundelein di Chicago-hanno fin dall'inizio accolto con ostilità e con reazioni crescenti l'atteggiamento ufficialmente anticattolico ed in parte anticristiano delle Autorità naziste, con considerazioni che andavano oltre le eventuali controversie pratiche e politiche, concordatarie e non concordatarie, che dividevano Berlino dal Vaticano e guardavano piuttosto a certe tendenze dottrinali e pratiche assunte, specialmente da certi elementi nazisti, di fronte al cattolicesimo ed in genere di fronte a tutto il cristianesimo, come prodotto di origine ebraica e in ogni caso estraneo allo spirito ed alle tradizioni puramente germaniche.

Tuttavia, la situazione degli ultimi mesi, che ha culminato nei giorni scorsi nelle manifestazioni di Vienna contro il cardinale lnnitzer 1 ha reso i cattolici di questo Paese anche più sensibili a tale ordine di problemi, con conseguenze spirituali, e forse anche materiali, degne di attenzione e per intanto di segnalazione.

La questione ha per noi interesse anche perché le recenti polemiche fra Regime e Papato per l'Azione Cattolica da un lato e per la questione razzistica dall'altro, hanno fatto sorgere qui ulteriori preoccupazioni per il futuro della Chiesa in Italia, accumunando poi fascismo e nazismo di fronte agli occhi non troppo sottili del pubblico, sia pure cattolico, americano in una tendenza anti-cattolica ed anti-cristiana, che accumunerebbe i non già troppo amati regimi cosiddetti autoritari.

Sotto questo profilo occorre dire che l'opposizione cattolica americana che, fondamentalmente anti-comunista, non aveva mai temuto finora di mostrare delle simpatie filofasciste, si è venuta adesso orientando in una direzione nettamente anti-autoritaria e pertanto di scomparse simpatie verso di noi.

La parola papale, la questione razziale, i nostri legami politici con Berlino, l 'assenza di reazioni italiane alla pretese persecuzioni naziste dei cattolici in Germania ed in Austria, sono stati elementi dissolventi delle già esistenti simpatie a nostro favore e determinanti di un atteggiamento di sempre più netto dissenso verso i regimi chiamati dittatoriali senza le discriminazioni fra Italia. Germania e Russia che a nostro vantaggio venivano fatte fino a poco tempo addietro.

Se i cattolici sono colpiti nel loro intimo sentimento religioso dagli eventi germanici, la questione per essi stessi, in quanto americani, come pure per il pubblico acattolico americano, ma cristiano, si allarga e si connette con il problema generale della libertà religiosa e della libertà di coscienza che sono istituzionalmente e costituzionalmente così vicini allo spirito, e diciamo pure al cuore, della grande maggioranza, specie anglosassone, degli americani.

È sotto questo aspetto che questa opinione, anche acattolica, si interessa sempre più alle vicende della lotta religiosa in Germania, mentre d'altro lato la collettività cattolica americana trae dall'esperienza di tali eventi un maggior senso di solidarietà con la nazione americana, nel cui seno i cattolici vivono sotto il tacito rimprovero, di dipendere da una Gerarchia straniera.

Di fronte a queste reazioni e tendenze locali cattoliche e generali, sono anche da rilevare dei sentimenti molto significativi di una più vigile attenzione delle supreme autorità religiose romane verso questo Paese tanto nella sua parte cattolica, quanto in quella acattolica.

È evidente che di fronte all'incalzare di situazioni religiosamente e moralmente così gravi come quelle sofferte dalla Chiesa Cattolica in vari Paesi in questi ultimi anni l 'elemento cattolico americano, anche per il suo apporto materiale così potente ed anche generoso, sarà destinato ad essere tenuto in sempre maggior conto nella bilancia del governo temporale della Chiesa ed anzi ad essere guardato con tenerezza.

Il 12 corrente, per esempio, in occasione del Giubileo d'Oro della Università Cattolica d'America che ha sede qui a Washington, il Pontefice inviava un personale messaggio che è tutto rivolto a rivendicare ed illustrare come dottrina della Chiesa un insieme di principi noti di politica religiosa e laica che finisce per essere poi anche una esaltazione del sistema politico liberale americano.

Tale messaggio è stato sottolineato da discorsi di prelati anche più precisi e definiti nella loro formulazione o nella loro conclusione e accolti dalla stampa anche acattolica come dalla quasi totalità dei grandi quotidiani politici e d'informazione, con commenti di solidarietà e di approvazione, quasi per una sostanziale identità di vedute e di principi.

Nel quadro di tale situazione torna forse di attualità, come già molti anni or sono, il problema delle interferenze e reciproche concessioni che possono farsi tra Chiesa romana -con la sua millenaria statica struttura di disciplina e di dottrina -e le forme più che moderne dell'americanismo; queste influenze sono oggi, almeno qui, localmente già sensibili con tolleranze, costumi, abitudini che, senza incidere sulla serietà religiosa dei sacerdoti e dei credenti, tuttavia non possono non colpire un osservatore italiano con la sua mentalità ed educazione cattolica latina: e tanto le Congregazioni romane, quanto i Rappresentanti della Santa Sede negli Stati Uniti debbono già ora, e forse anche più dovranno domani, sapientemente navigare e forse mercanteggiare per la conciliazione senza strappi e senza scosse fra certe esigenze basilari della dottrina tradizionale ed alcune imperiose tendenze della mente e dello spirito americani2 .

298 1 Vedi D. 254.

299

IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8948/1708. Vìenna, 20 ottobre 1938 (pa il 21).

Era opinione comune che dopo il trionfo del Flihrer nella questione sudetica si sarebbe raggiunta in Austria maggior fusione degli animi e ne sarebbe derivata una più intima pacificazione con un conseguente assestamento politico ed economico.

È invece accaduto il contrario. Ho già riferito sull'inasprimento della questione religiosa 1 , che ha dato luogo ai pubblici gravi incidenti contro il Cardinale Innitzer, di cui si è occupata la stampa mondiale.

Devo ora segnalare una recrudescenza dell'anti-semitismo. con una ripresa di azioni «illegali» contro gli ebrei qui residenti.

Circa una settimana fa è stata operata una razzia nelle ville degli ebrei di Moedling (piccola città che ora fa parte della grande Vienna) e, a quanto mi viene riferito, è stata sequestrata una grande quantità di gioielli, oro e valuta, specialmente estera.

Queste perquisizioni e confische hanno tuttavia avuto carattere di legalità.

Ma da alcuni giorni, in Vienna, e precisamente nella Leopoldstadt (il secondo distretto, abitato dagli ebrei) hanno luogo da parte di gruppi di giovani appartenenti alle S.A. numerosi e gravi atti di violenza contro l'elemento giudaico, nelle strade e nelle stesse loro case; inoltre le varie sinagoghe di quel distretto sono state invase e spogliate degli oggetti preziosi: i rotoli della Thora sono stati strappati, e contro i rabbini si sarebbe sceso a vie di fatto.

299 1 Vedi D. 254.

Passando verso le lOdi sera per la Leopoldstadt, ho visto io stesso gruppi di S.A. e della Hitler-Jugend fermi nelle strade confabulare in maniera misteriosa: effettivamente avevano l'aria di organizzare irruzioni nelle case dei figli d'Israele.

Tra gli abitanti del luogo regna un vero terrore; e ben pochi di essi osano girare la sera per le strade.

La ragione principale di questa ripresa di persecuzione contro l'elemento giudaico è da attribuirsi alla convinzione diffusa negli ambienti nazionalsocialisti -ed avvalorata dall'atteggiamento della stampa ebraica internazionale -che gli ebrei durante la recente crisi europea abbiano desiderato una conflagrazione generale, sperando in una coalizione mondiale contro la Germania.

Tuttavia queste nuove persecuzioni vengono generalmente biasimate ed è da rilevare che, a quanto sembra, esse non sono nemmeno approvate dalle Autorità, sicché costituiscono un sintomo della confusione che ancora qui permane a causa delle rivalità e differenze di opinioni tra alcuni organi del partito nazista in Austria e le Autorità statali.

Non è un mistero per nessuno -ed ho già avuto occasione di riferire in proposito a codesto Ministero-che tra il Commissario del Reich Bilrckel ed il Gauleiter di Vienna vi sono sostanziali divergenze; e non sempre il primo riesce ad imporre al secondo il suo punto di vista2 .

298 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

300

L'AMBASCIATORE IN CINA, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5632/355 R. Shanghai, 21 ottobre 19 38, ore 12 (pa ore 3,25 del 22).

Con riferimento al telegramma Auriti in data di ieri n. 719 1 , parmi opportuno informare V.E. che sin dal mio arrivo in sede ho assunto circa presentazione lettere credenziali atteggiamento dilatorio e riservato. Tale atteggiamento mantengo anche con Tani, il quale insistentemente chiedemi se io abbia istruzioni al riguardo affermando che Hotta lasciando Roma avrebbe ricevuto assicurazione che governo tàscista sarebbe stato il primo dopo Giappone a riconoscere nuovo governo Nanchino.

Sulla base di mie personali constatazioni e delle comunicazioni di Auriti manterrò sino a nuove premure giapponesi linea di condotta adottata. Comunicato Roma e Tokio.

300 1 Vedi D. 294.

299 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

301

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALLE AMBASCIATE A BERLINO E V ARSAVIA E ALLE LEGAZIONI A BELGRADO E BUCAREST

T. S.N.D. 824/c. R. Roma, 21 ottobre 1938, ore 17.

Il ministro di Ungheria mi ha confermato 1 che ieri il ministro di Germania a Budapest ha consegnato a quel governo la nuova proposta ceca, aggiungendo che, allo stato degli atti, il governo del Reich riteneva esaurita ogni possibilità di mediazione tedesca nella questione 2•

Il governo di Budapest trova che la proposta ceca è assolutamente inaccettabile, tanto più che essa si distanzia notevolmente da quanto era stato progettato a Berchtesgaden d'accordo con l'ex-Presidente DaranyP. La nuova proposta ceca riduce sensibilmente le richieste ungheresi e soprattutto esclude dalla cessione le cinque città di Presburgo, Nitra, Kassa, Ungvar e Munkacs. Ora, mentre i magiari sono disposti a dare prova di transigenza rinunciando alle rivendicazioni verso Presburgo e Nitra, intendono riaffermare appieno i loro diritti sulle città orientali e particolarmente su Kassa, alla quale il governo ed il popolo ungheresi attribuiscono una particolarissima importanza nella vita della Nazione.

Così stando le cose, le trattative possono considerarsi sospese ed il governo di Budapest si è rivolto a Roma per conoscere il nostro avviso. In pari tempo ci ha comunicato il suo programma di azione, che sarebbe il seguente: chiedere un arbitrato italatedesco per quanto concerne la regione occidentale; chiedere un arbitrato itala-tedesco più Polonia, Stato direttamente interessato, per quanto concerne i territori orientali. Per parte nostra abbiamo significato ai magiari la nostra approvazione a tale

La proposta ceca alla quale si fa qui riferimento era stata elaborata nell'incontro che von Ribbentrop aveva avuto il 19 ottobre a Monaco con i rappresentanti slovacchi e ruteni (per il quale si veda ihid. DD. 72 e 73). Dei risultati di quell'incontro von Ribbentrop aveva dato subito comunicazione, per telefono, a Ciano che si era dichiarato personalmente d'accordo ma riservandosi di dare una risposta definitiva dopo aver interpellato Mussolini: poiché Ciano non aveva fatto sapere più niente in proposito, von Ribbentrop aveva ritenuto che da parte italiana non vi fossero obiezioni (promemoria von Mackensen del 20 ottobre, ibid. D. 74). Le reazioni provocate a Roma dalla comunicazione di von Ribbentrop sono così indicate nel Diario di Ciano (sotto la data del20 ottobre): «Ho fiutato, più che saputo, che il piano non è buono per gli ungheresi. Ribbentrop era reticente e quando gli ho parlato della frontiera comune fra Ungheria e Polonia è scivolato via. Il Duce non intende tàre pressioni su Budapest. Ho parlato in tal senso con Villani: "Se voi accettate il piano che si può dire tedesco, sta bene e noi siamo contenti. In caso contrario fateci sapere quanto possiamo fare per voi"».

progetto, suggerendo però di accertarsi, prima di compiere un passo ufficiale, se l'intervento nell'arbitrato della Polonia risulti gradito a Berlino4 . Tanto comunico a V.E. (V.S.) per opportuna notizia ed eventuale norma di linguaggio.

301 1 Come risulta dal suo Diario, Ciano ebbe due colloqui con il ministro Villani: il primo il 20 ottobre, per il quale si veda qui la nota 2; il secondo, il 21 ottobre, sul quale è basato il telegramma circolare qui pubblicato. Di questi colloqui non è stata trovata documentazione negli archivi italiani. Si vedano, per quanto concerne il colloquio del 21 ottobre, le dichiarazioni di Ciano all'ambasciatore von Mackensen in DDT, vol. IV, D. 80.

30 l 2 Sul passo compiuto dal ministro von Erdmannsdorff presso i l governo ungherese si veda ihid., D. 75.

301 1 Vedi D. 282.

302

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5629/217 R. Varsavia, 21 ottobre 19 38, ore 20 (per. ore 24).

Già laconico comunicato qui pubblicato sull'intervista avuta da Beck con Re Caro! dava a questi circoli diplomatici impressione che colloquio Galatz avesse avuto esito negativo 1 •

Tale impressione oggi è pienamente confermata. Del resto, in questi circoli del ministero Esteri non se ne fa un mistero e, pur discriminandosi in favore di Re Caro!, si inveisce contro la persona del signor Comnen qualificato quale continuatore politico di Titulescu e si preconizza prossimo inevitabile suo allontanamento dalla direzione politica estera romena.

Sempre al ministero Affari Esteri si afferma, d'altra parte, che Polonia, malgrado attitudine Romania, non intende desistere dal reclamare una frontiera comune con l'Ungheria ed è decisa a passare oltre all'opposizione romena, la quale, si osserva, si va precisando con troppi giorni di ritardo 2 .

303

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 5626/502 R. Berlino. 21 ottobre 1938, ore 21, 09 (pe1: ore 22,30).

Telegramma odierno V.E. 824/c. 1• Sottosegretario di Stato Woermann, con cui in assenza Weizsacker ho parlato del passo compiuto dall'Ungheria a Roma, mi ha informato che stamane passo analogo

era stato compiuto anche da ministro d'Ungheria qui, ma senza fare nessuna, dico nessuna, menzione di un arbitrato a tre per i territori orientai i 2 .

Comunque, si tratta di questione su cui questo ministero Affari Esteri attende ancora di sapere il pensiero del proprio ministro. Il che sarà possibile domani. Una cosa però mi è stata detta subito ed è che a Monaco-almeno fino ad oggi, si pensava che le due parti dovrebbero tornare ad incontrarsi in ogni caso, la eventualità di un arbitrato potendo venire considerata soltanto in un secondo momento.

Richiamo in proposito mio telegramma n. 482 del 14 corr.3 riservandomi comunque ulteriori e più precise informazioni domani 4•

30 l 4 Per il passo compiuto alla Wilhelmstrasse dall'ambasciatore Attolico a seguito di questo telegramma si veda il D. 303.

302 1 Sull'incontro di Galatz tra Re Caro! e Beck si vedano anche i DD. 292, 295 e 307.

302 2 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

303 1 Vedi D. 30 l.

304

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 9361/5208. Parigi, 21 ottobre 1938 1•

Svanite, almeno in apparenza, le preoccupazioni che per parecchie settimane hanno dominato il Governo e l'opinione pubblica, l'attenzione della Francia è ora rivolta, con una certa ansia, alla penetrazione economica della Germania nell'Europa Centrale e nei Balcani.

Come è noto, uno dei luoghi comuni finora più accreditati in Francia consisteva nel ritenere che la Germania, priva di risorse finanziarie, avrebbe dovuto cozzare ancora a lungo contro ogni sorta di difficoltà per procurarsi materie prime e derrate alimentari.

I fatti stanno smentendo tale opinione proprio nel settore considerato finora, a Parigi, come appannaggio dell'espansione francese. L'attività germanica in quelle regioni è, pertanto seguita, con giustificata apprensione.

Si teme, anzitutto, che, spogliata della sua funzione politica e militare antitedesca, la Cecoslovacchia finirà per essere attratta nell'orbita economica germanica. Non meno viva preoccupazione hanno destato le visite del Ministro germanico dell'Eco

Per il seguito si veda il D. 31 O.

nomia nelle capitali balcaniche 2• Si rileva che tali prese di contatto del Dr. Funk hanno già condotto, come primo risultato, a cospicue «aperture di credito» alla Jugoslavia, alla Bulgaria ed alla Turchia. Aperture di credito per modo di dire, tenuto conto che il Reich non ha fatto, né promesso, alcun prestito ai Paesi suddetti, ma si è limitato astipulare accordi che gli assicurano lo scambio dei suoi prodotti industriali con le materie prime e le derrate alimentari delle quali i Paesi stessi abbondano.

A Parigi, già si parla di «monopolio» germanico sul commercio dell'Europa Centrale e Balcanica e si arriva perfino ad affermare che il Reich si accinge a «colonizzare» i territori e gli Stati passati sotto la sua influenza politica. Si teme che questi Paesi finiscano col divenire una specie di impero coloniale tedesco.

Da quanto precede si tirano in Francia le conclusioni seguenti: la Germania cessa di dipendere -ogni giorno più -dalle Nazioni a cambio elevato, queste perdono, nello stesso tempo, vari e ricchi mercati; il potenziale economico del Reich si sviluppa in misura notevolissima.

Mi risulta che negli ambienti governativi, tale stato di cose desta non poche preoccupazioni. Tanto più che l'azione del Ministero del Commercio è paralizzata, da una parte dal diminuito prestigio politico della Francia nell'Europa Centrale e nei Balcani e, dali 'altra, dallo stato d'inferiorità della produzione francese, ostacolata dalle agitazioni sociali e dagli altissimi costi di produzione. Basta citare in proposito quanto un giornalista francese telegrafava ieri da Bucarest:

«Le Gouvernement roumain avait besoin de moteurs d'avion; la France lui demandai t un prix et des délais. L' Allemagne pour le meme matériel a demandé moins de la moitié.

Dans l' intention de brimer l es fournisseurs allemands, l es fonctionnaires roumains chargés de passer le contrat réglementaire exigeaient la première livraison dans les cinq jours, ce qui paraissait presque impossible. Quarante-huit heures après le matériel arrivait par avion».

303 2 Si veda DDT, vol. IV, D. 77, dove è anche riportato il testo della nota del governo ungherese.

303 3 T. 54811482 R. del 14 ottobre. Riportava alcune critiche che venivano tàtte da parte tedesca all'impostazione che il governo ungherese aveva dato alla sua azione nei confronti della Cecoslovacchia. Secondo i tedeschi, Budapest non avrebbe dovuto trattare con gli slovacchi ma con il governo di Pragache in ultima analisi era quello responsabile -e avanzare gradualmente le sue richieste, incamerando subito i vantaggi ottenuti, salvo porre poi la questione nel suo complesso se non fosse stato raggiunto un accordo totale. Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

303 4 Il documento tù inviato in visione a Mussolini.

304 1 Il documento è tratto dal fondo dell'ambasciata a Parigi e non ha quindi l'indicazione della data di arrivo.

305

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2842/1051. Varsavia, 21 ottobre 19 38 (per. il 24).

Sin dai primi giorni quando venne impostata da tutti i giornali polacchi sia ufficiosi che di opposizione quella violenta campagna che si è andata man mano intensificando per reclamare la frontiera comune polacco-ungherese, questa stampa eviden

temente manovrata propugnava a sostegno della tesi polacca argomenti diversi adattandoli alle rispettive posizioni che si presumeva sarebbero state assunte, in detta questione, dalle Potenze interessate.

Così, da un lato una parte della stampa polacca per cercare di guadagnare le simpatie tedesche alla tesi polacca cercava di dimostrare che la frontiera comune tra Polonia e Ungheria avvicinando questi due Stati costituirebbe un ostacolo all'influenza bolscevica tendente ad incanalarsi nell'Europa Centrale attraverso il corridoio della Russia subcarpatica.

D'altro lato, altri giornali, specialmente di opposizione, nazionalisti e democratici, si assumevano il compito di dimostrare che tale frontiera comune costituirebbe un ostacolo all'espansionismo tedesco in Oriente, insinuando l'interesse che sotto questo aspetto poteva presentare per l 'Italia la soluzione propugnata dal Governo polacco.

L'inopportunità di quest'ultimo atteggiamento della stampa polacca destinato a fallire miseramente ai suoi scopi, anzi a raggiungere un effetto contrario, sull'opinione italiana data la politica dell'Asse, appariva talmente evidente che successivamente la stampa polacca attraverso rettifiche dei commenti ufficiosi cominciava ad abbandonare quest'ordine di considerazioni.

Intanto profittando della conversazione avuta col Ministro Beck il 16 corrente (come dai miei telegrammi nn. 207 e 208 1) feci accenno al linguaggio di questi giornali che servivano male la tesi polacca facendo allusioni alla pretesa funzione di ostacolo all'espansionismo tedesco attribuito al progetto della frontiera comune. Beck convenne pienamente con me in tale rilievo e solo osservò quasi a spiegazione di tale genere di commenti che essi si dovevano far risalire a quelle stesse manovre che un gruppo di suoi oppositori aveva tentato nei giorni dell'ultimatum polacco alla Cecoslovacchia per la cessione della Slesia di Cieszyn. Con ciò egli alludeva a una riunione segreta in casa dell'ex Presidente del Consiglio di Reggenza polacco, principe Lubomirski tenuta la mattina del lo ottobre (quando si attendeva la risposta di Praga all'ultimatum di Varsavia) da alcuni oppositori della politica di Beck, alla quale riunione prese parte anche l'ex Ministro degli Esteri polacco Signor Zaleski.

Evidentemente il Ministro Beck in seguito all'accenno da me fattogli, deve aver portato la sua attenzione su questi poco abili atteggiamenti assunti da una parte della stampa polacca, ed infatti in questi giorni si manifesta in essa la tendenza a impostare la campagna per la frontiera comune su basi dalle quali esulano completamente le allusioni alla Germania sopra segnalate.

Oggi, poi, il Kurjer Poranny, organo governativo, riassume per così dire i motivi della politica polacca nella questione della frontiera comune, in un articolo evidentemente ispirato di cui trasmetto l 'unito estratto 2 .

304 2 Vedi D. 229, nota l.

305 1 Vedi DD. 284 e 285.

305 2 Non pubblicato. L'articolo dedicato a «Il problema della Russia Subcarpatica» confermava che era obiettivo della Polonia giungere ad una frontiera comune con l'Ungheria ma negava che la Polonia intendesse creare dei blocchi o accettare di essere utilizzata come barriera contro chicchessia.

306

L'INCARICATO D'AFFARI A L'AJA, DE VERA D'ARAGONA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1750/705. L 'Aja, 21 ottobre 1938 (per. il 25).

Le esigenze ungheresi relative alla Slovacchia ed in particolare alla Russia Subcarpatica sono commentate in questi ambienti con certa uniformità.

Premesso che l'ostacolo maggiore alla possibilità di una frontiera comune polacco-ungherese è costituito dalla Germania, si esaminano i vantaggi che, nel caso migliore, potrebbero riceverne le parti interessate. L'Ungheria, che oggi più che mai è economicamente vassalla della Germania, troverebbe, nella comunanza di confini con la Polonia, un innegabile contrappeso. La Polonia potrebbe più facilmente realizzare, nel caso, la formazione d'un blocco da nord a sud tra la Russia e la Germania. Invece, una Russia Subcarpatica autonoma non è di alcun gradimento per la Polonia, in quanto questo piccolo Stato potrebbe diventare il centro di un irredentismo ucraino e creare una tendenza separatista da parte dei 4 milioni di Ucraini attualmente residenti in territorio polacco. La Germania, al contrario, difendendo ora l'indipendenza della nuova Cecoslovacchia costituita su basi federali (Boemia, Moravia, Slovacchia e Rutenia) potrebbe servirsi di questa ultima per intensificare la sua influenza sulla Ucraina sovietica. Per cui la Rutenia diventerebbe così una leva preziosa nelle sue mani. Ed ancora, essendo Praga disposta, se non altro per necessità, ad accordare una effettiva predominanza alla Germania, ha indirettamente posto a sua disposizione una arma ottima e tale che Berlino può servirsene, sia contro la Polonia, sia contro la Russia. Né va dimenticato che una Polonia ed un'Ungheria rafforzate, con l'ulteriore appoggio della Romania, potrebbero assieme costituire una barriera politica ad un'eventuale espansione germanica verso il sud est, del che anche l'Italia dovrebbe trovare un vantaggio non lieve. Ma, si dice, sotto la forte pressione del III Reich, Roma è costretta a sostenere soltanto platonicamente i suoi amici ungheresi e polacchi. Si rileva pertanto in questi ambienti che, nelle attuali circostanze, esisterebbe una formale opposizione di interessi italo-gennanici ma si spera che Roma saprà manovrare abilmente per riuscire a mantenere un certo equilibrio. Ne è sintomo felice la tendenza italiana a portare un colpo mortale all'agonizzante Piccola Intesa, per trascinare sotto l'influenza di Roma non solo la Jugoslavia ma anche la Romania.

Si è pertanto portati a ritenere che la soluzione delle divergenze ungaro-slovacche si troverà molto facilmente in un compromesso per cui l'Ungheria non riuscirà ad ottenere il maximum ma bensì il minimum dei suoi desiderata, ma verrà egualmente a costituirsi un certo equilibrio nella zona, a seguito dell'attiva azione diplomatica dell'Italia.

307

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5627/231 R. Praga, 22 ottobre 1938, ore 0,40 (per. ore 1,20).

In nostre conversazioni odierne, avendo io accennato a viaggio colonnello Beck in Romania 1 , ministro Affari Esteri mi ha detto essere perfettamente informato da Bucarest su scopi e risultati quella visita. Beck avrebbe insistito per frontiere comuni ungaro-polacche nella Russia Subcarpatica e prospettato favorevolmente regolamento questione minoranza romena in Rutenia con cessione relativo territorio. Re Caro! avrebbe recisamente respinto tali proposte.

Chvalkovsky commentando ha tessuto elogi lealtà e ferma amicizia che Romania avrebbe dimostrato in ogni circostanza durante tutto questo difficile periodo per cui Cecoslovacchia conserverà per essa imperitura gratitudine come pure verso Jugoslavia.

308

L'AMBASCIATORE IN CINA, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5646/356 R. Shanghai, 22 ottobre 1938, ore IO (per. ore 2,30 del 23).

Situazione generale cinese sta precipitando. Sul fronte meridionale, giapponesi raggiunto Canton nel pomeriggio di ieri, proseguono avanzata. Sul fronte centrale hanno sfondato anche nuova linea difesa mentre forze navali proseguono verso Hankow. Truppe provincia Honan, superata barriera montana confine meridionale, puntano su Hupeh. Pare accertato comando cinese ordinato ripiegamento generale delle truppe ovest ferrovia Pinhan sperando salvare quindici, venti divisioni. Giapponesi prevedono incendio Hankow ove già truppe cinesi transitano in grande disordine. Questi circoli militari diplomatici prevedono prossimo crollo resistenza cinese, ritenendo che il governo centrale riuscirà a salvare soltanto l Odivisioni efficienti e considerano tardive e perfettamente inutili dichiarazioni Wang Ching-Wei alla Agenzia Reuter circa una pace onorevole col Giappone.

307 1 Sull'incontro di Galatz tra Re Caro! e Beck si vedano anche i DD. 292, 295 e 302.

309

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5635/503 R. Berlino, 22 ottobre 1938, ore 13,15 (per. ore 14).

Ambasciatore di Polonia ha visto ieri lungamente Goring e gli ha espresso ragioni per le quali Polonia insiste per una frontiera comune con l'Ungheria. Ha particolarmente sottolineato riflessi che la cosa avrebbe anche agli effetti di quella «questione ucraina» cui Germania ha sempre mostrato interesse.

Sembra che Goring sia stato particolarmente sensibile a quest'ultimo argomento e abbia promesso suo appoggio tesi polacca 1•

310

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. URGENTE 5637/505 R. Berlino, 22 ottobre 1938, ore 14,38 (per. ore 16,30).

Proposta arbitrato a tre per territori di cui al telegramma di V. E. n. 824 di ieri 1 è stata fatta stamane dal ministro d'Ungheria anche qui.

Governo tedesco non ha ancora preso posizione. Ignoro però se esso finirà col vedere la cosa con favore. Almeno così dovrebbesi desumere dal fatto che fra le soluzioni che mi risultano, proprio stamane, ventilate fra il Flihrer e Ribbentrop appare essere quella di una nuova Conferenza a quattro e ciò è evidentemente in seguito difficoltà già sperimentate nell'opera di mediazione svolta a Monaco 2 . Sembrerebbe tuttavia che Conferenza a quattro dovrebbe essere preparata da una ulteriore negoziazione diretta fra le parti, che fissasse così bene punti d'accordo come quelli Monaco, apprestando su ciascuno dei punti contestati la relativa documentazione.

Non mi stupirei però se le cose non procedessero in materia con eccessiva rapidità, dato che frattanto Ribbentrop si è a Monaco ammalato e suoi contatti con Hitler sono quindi soltanto telegrafonici 3 .

31 O1 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

309 1 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

310 1 Vedi D. 301.

310 2 Riferimento ai colloqui avuti da parte tedesca il 14 ottobre con Daranyi (vedi D. 282) e con Chvalskovski (vedi D. 281) e il 19 ottobre con i rappresentanti slovacchi e ruteni (vedi D. 301, nota 2).

311

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5641/236 R. Praga, 22 ottobre 1938, ore 2 l, l 5 (pe1: ore 23).

È venuto a trovarmi stamane questo incaricato d'affari di Germania. Egli mi ha parlato dell'attuale fase del problema ungherese ma è parso evidente che lo scopo della sua visita è stato unicamente quello di dire e di ribadire che le proposte partite ieri l'altro da Monaco di Baviera 1 erano proposte slovacche ed esclusivamente siavacche, al di fuori di ogni responsabilità del governo del Reich.

Il signor Ribbentrop, a richiesta delegati cecoslovacchi, ha spiegato il predetto incaricato d'affari, aveva concesso che il ministro di Germania a Budapest informasse della linea tracciata a Monaco il governo ungherese, semplicemente raccomandando l'esame di tale proposta dei delegati cecoslovacchi.

Ho detto nel mio telegramma di ieri n. 229 2 l'interpretazione di questo ministro Affari Esteri del passo compiuto a Budapest nell'occasione dal ministro del Reich.

Metto ora in relazione il passo compiuto presso di me dal rappresentante tedesco con la frase contenuta nella nota di stamane dalla legazione ungherese (mio telegramma n. 2343) la quale, riferendosi alla «nota ufficiale» presentata a Budapest dal ministro di Germania"\ la dice «elaborata in base a conversazioni che ebbero luogo a Monaco di Baviera tra Ribbcntrop e Tiso e indicante la nuova proposta cecoslovacca».

311 'T 5625/229 R. del 21 ottobre. Il ministro Fransoni aveva riferito che Chvalkovski, in attesa di una risposta del governo ungherese alle proposte elaborate a Monaco, appariva tranquillo perché quelle proposte avevano «l'implicito se non ufficiale consenso della Germania che agisce d'accordo con l'Italia. È logico supporre-aveva osservato Chvalkovski-che a Roma e Berlino le abbiano considerate come ragionevole base di trattative e pertanto Praga si considera in questo momento in fàvorevolc posizione di fronte ad un eventuale rifiuto ungherese». Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

311 "' T 5640/234 JC del 22 ottobre" Riferiva che il ministro di Ungheria aveva presentato una nota in cui si chiedeva al governo cecoslovacco di comunicare ufficialmente le proposte elaborate a Monaco tra von Ribbcntrop e i rappresentanti slovacchi e ruteni.

311 1 Riferimento ai colloqui del 19 ottobre tra von Ribbentrop c i rappresentanti slovacchi e ruteni (vedi D" 301, nota 2).

311 4 Vedi D. 301, nota 2.

312

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5650/0185 R. Berlino. 22 ottobre 1938 (pe1: il 24).

Mio rapporto del 20 corrente n. 7263/214 7 1•

Disposizioni manifestate dal Cancelliere, dopo la visita François-Poncet2 , di «dare un seguito a Monaco 3» sembrerebbero -secondo tal uni-suscettibili di prendere corpo forse più e più presto di quello che dapprima si potesse credere.

l punti contemplati sarebbero: riconoscimento dell'indipendenza del Belgio e possibilmente del Lussemburgo; umanizzazione della guerra secondo antiche idee FUhrer (di disarmo non si parlerebbe aftàtto). Su espressa domanda di François-Poncet-che risulterebbe accolta dal FUhrer-in questa dichiarazione collettiva (giacché si tratterebbe di un atto cui, in definitiva, concorrerebbero tutte le Potenze di Monaco) dovrebbe pur trovar posto la rinnovazione delle assicurazioni -ripetutamente date da Hitler nei suoi discorsi-circa la intangibilità degli attuali confini franco-tedeschi. Ove questa idea fosse definitivamente accolta, l'atto risultante verrebbe necessariamente ad arieggiare quello della vecchia Locarno. Che se poi, a tutto questo, si aggiungesse un impegno di «consultazione reciproca» -anch'esso suggerito da François-Poncet almeno nei riguardi franco-tedeschi -si potrebbe arrivare addirittura, sotto travestimento locarniano, a qualcosa di simile al Patto a quattro.

In tutto questo c'è ancora molta fantasia. François-Poncet abbordò l'argomento in sede di visita di commiato a Hitler con l'idea di potere-sulla base di elementi noti e cioè di assicurazioni già pubblicamente date dal FUhrer-conseguire, prima della sua partenza per Roma e sotto forma di una dichiarazione tì-anco-tedesca magari simile a quella anglo-germanica del 30 settembre\ un successo personale che coronasse i sette anni da lui passati a Berlino nella vana ricerca di un riavvicinamento con Parigi. Di fronte, tuttavia, al generico ma pronto e sembra cordiale consenso del FUhrcr ad un qualcosa che cristallizzasse lo spirito di Monaco, le idee originarie si sono venute mano a mano amplificando, assumendo forme più complete ed ambiziose insieme.

312' Vedi D. 314, nota 2.

È inutile dire che, sempre secondo François-Poncet, questo nuovo atto internazionale dovrebbe, firmato nella capitale francese, passare alla storia come «Patto di Parigi».

Mi consta, comunque, che se e quando fosse raggiunta una qualunque formulazione base, essa verrebbe comunicata per consultazione, così a Roma, come a Londra.

312 1 Non rintracciato.

312 1 Mussolini era stato già informato di questi progetti l'Il ottobre attraverso il principe d'Assia. Negli archivi italiani non è stata trovata documentazione in proposito ma nel Diario di Ciano vi è, sotto quella data, questa annotazione: «Porto Assia dal Duce. Riferisce di un passo di Poncet a Berlino per un accordo franco-germanico sul tipo di quello tàtto con Londra. Parla inoltre di un possibile patto di consultazione tra le quattro Potenze da tàr giocare se la guerra incombe sull'Europa. Diamo il nullaosta a due condizioni: che prima siano stati regolati i nostri rapporti con l'Inghilterra attraverso la messa in vigore dei Patti del 16 aprile e che anche la Polonia sia invitata. Caso mai, lasciamo alla Francia e all'Inghilterra di scartarla. Se ne prenderanno l'odiosità. La Jugoslavia non aspira a tàr parte del Direttorio europeo».

312 4 Vedi D. 194, nota l.

313

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5653/0228 R. Budapest, 22 ottobre 1938 (per. il 24).

Mio telegramma n. 253 del 20 ottobre 1•

Come mi ha detto anche questo ministro di Polonia, capo di Gabinetto del ministro degli Affari Esteri polacco è venuto qui soprattutto per concordare l'azione per ottenere la frontiera comune con l'Ungheria.

Il ministro di Polonia mi ha confermato che il conte Lubienski aveva in un certo modo rimproverato agli ungheresi di non aver saputo cogliere il momento opportuno, di non aver seguito l'esempio polacco e soprattutto di non aver ancora posto chiaramente la questione della rivendicazione della Rutenia. Pare che Kànya si sia schermito adducendo il timore che la Germania non la approvi: al che il conte Lubienski avrebbe risposto che, secondo sicure informazioni in possesso del governo polacco, tutte le personalità dirigenti della politica del Reich se ne disinteressano, mentre invece, se mai, Goring ha chiaramente detto che sono eccessive le pretese ungheresi nella Slovacchia, aggiungendo che se gli ungheresi insistessero per ottenere Presburgo, la Germania avrebbe domandato il plebiscito. (Questa del resto sarebbe la soluzione più fatale per l'Ungheria perché, malgrado le illusioni che tempo fa si erano fatte gli ungheresi, secondo cui i tedeschi avrebbero votato a 1àvore dell'Ungheria, certamente tedeschi e slovacchi voterebbero insieme).

È noto tuttavia che ormai, gli ungheresi non vi insistono più. All'invito di Lubienski di porre finalmente e chiaramente la questione, che sarebbe poi appoggiata dal governo polacco con tutti i più efficaci mezzi diplomatici, Kànya avrebbe in animo di incominciare un'azione in tal senso, forse pensando in primo luogo di chiedere che la Rutenia sia sgombrata dalle truppe ceche perché il popolo ruteno possa liberamente esprimere la sua volontà.

Quanto al viaggio di Beck in Romania2 , Orlowski non era al corrente delle conversazioni con il Re Caro]: era però indignato delle affermazioni di Comnen che, dopo avere dichiarato che il governo romeno manteneva il suo punto di vista contrario alle rivendicazioni ungheresi in Rutenia, avrebbe aggiunto che Beck gli aveva detto che la Polonia non avrebbe mai pensato di ricorrere, in nessun caso, alla forza. Egli mi ha nettamente smentito questa seconda atTermazione: è vero che la Polonia (come del resto tutti) vuole assolutamente evitare un conflitto ma Beck non ha fatto nessuna simile dichiarazione a Comnen, o almeno certo non nel senso che egli vuole attribuirgli. Perché la Polonia resta vivamente interessata a che la tì·ontiera comune con l'Ungheria possa essere raggiunta.

313 1 T. 5604/253 R. del 20 ottobre. Ritèriva che, per quanto concerneva la questione rutena, a Budapest si attendevano i risultati del viaggio di Beck in Romania ma che, sulla base delle notizie raccolte e dato il tono della stampa romena, non si facevano previsioni favorevoli circa l'atteggiamento del governo di Bucarest.

314

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5656/0185 R. Parigi. 22 ottobre 1938 (pe1: il 24).

Si parla da qualche giorno con insistenza di una dichiarazione comune tì·ancotedesca in corso di elaborazione, sul tipo della dichiarazione Hitler-Chamberlain 1 all'indomani del Convegno di Monaco. Il Fuhrer ne avrebbe tàtto cenno a FrançoisPoncet durante visita commiato2 .

Secondo voci correnti si tratterebbe piuttosto di una normalizzazione generica dei rapporti franco-tedeschi, che di un regolamento specifico.

Questo incaricato d'Affari di Germania', pur non escludendo possibilità negoziati per una specie di modus vivendi pacifico fra due Paesi, mi assicura tuttavia che la cosa è ancora molto generica e vaga e non ha assunto, almeno tìnora, torma concreta4•

313 ' Sull'incontro di Cìalatz del 19 ottobre tra Re Carol, Comnen e Heck si vedano i DD. 292, 295, 302 e 307.

314' Avvenuta il 18 ottobre. Su di essa si veda il resoconto dell'ambasciatore fi·ancese in DDF, vol. XII, D. 197. 314 1 Curt Brauer. 314 4 Di un'eventuale dichiarazione ti·anco-tedesca, analoga a quella sottoscritta il 30 settembre a

Monaco da Hitler e da Chamberlain, Musso lini era stato informato l'Il ottobre attraverso il principe d'Assia (vedi D. 312, nota 3). Il l-l ottobre, il principe d'Assia ave\a avuto un altro colloquio sull'argomento con Ciano che così annotava nel suo Diario «Assia chiede a nome del Flihrer, se la Germania può fare alla Francia una dichiarazione analoga a quella t~nta ali' lnghi l terra. Nulla o sta da parte nostra, tanto più che ciò varrà a darci libertà di manovra nei conti·onti di Parigi».

Della Dichiarazione tì·anco-tedesca, von Ribbentrop parlò poi direttamente con Ciano il 28 ottobre, a Roma. Secondo quanto risulta dal verbale del colloquio redatto dall'interprete Schmidt (in DDT. vol. IV, D.400), in quella occasione von Ribbentrop lesse a Ciano <<i punti essenziali» dello schema di Dichiarazione preparato dalla Wilhelmstrasse: la risposta di Ciano non è riportata nel documento tedesco (l'appunto redatto da Anfuso --qui pubblicato come D. 3-13-non riporta questa parte del colloquio).

314 1 Vedi D. 194, nota l.

315

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5657/0186 R. Parigi. 22 ottobre 1938 (pe1: il 24).

Quest'ambasciatore d'Inghilterra avrebbe ieri informato ufficialmente Bonnet della decisione del governo britannico di proporre ai Comuni, alla riapertura di novembre, la ratifica degli accordi italo-inglesi, considerando soddisfatte, col recente ritiro di l 0.000 legionari, condizioni previste. Nessuna abbiezione sarebbe stata mossa da parte questo governo.

316

CONVERSAZIONE TELEFONICA DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, COL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, VON RIBBENTROP

APPUNTO. Roma, 22 ottobre 1938.

Mi ha chiamato al telefono Ribbentrop, il quale ha detto di aver ricevuto il passo ungherese per l'eventuale arbitrato dell'Asse nella questione ceco-magiara2 . Ribbentrop non aveva ancora potuto conferire col Fi.lhrer col quale si sarebbe incontrato nella tarda serata. Egli però voleva farmi fin d'ora presente un suo senso di rincrescimento per l'atteggiamento ungherese: a suo dire quanto era stato proposto da Praga, aveva avuto la piena approvazione di Daninyi e di lmredy 3• A prescindere da ciò, Ribbentrop appariva scettico sulla possibilità di risolvere la questione ceco-magiara mediante l'arbitrato. Temeva che si sarebbe tìnito con lo scontentare ambo le parti e che forse saremmo stati obbligati a fare applicare con la forza le decisioni dell'arbitrato. Cosa che la Germania non intende fare.

Gli ho detto che per parte nostra avevamo fatto sapere agli ungheresi, in via preliminare, che non avevamo obiezioni all'arbitrato ma che comunque qualsiasi decisione doveva venire presa di pieno accordo con la Germania. Per quanto concerneva poi l'esecuzione delle decisioni arbitrali da parte dell'Ungheria e della Cecoslovac

316 è Vedi D. 31 O.

D. 301, nota 2). e ai precedenti colloqui con Daninyi del 14 ottobre a Monaco (vedi D. 282).

chia, mi pareva da escludere ogni pericolo del ricorso alla forza, poiché l'arbitrato poteva effettuarsi solo previo un impegno di ambo le parti di accettare senza riserve o obiezioni le conclusioni arbitrali.

Ribbentrop ha allora fatto cenno che forse Praga avrebbe preferito di far convocare la Conferenza delle quattro Potenze, convocazione che potrebbe aver luogo in un prossimo futuro in una città dell'Italia settentrionale. Voleva conoscere il nostro avviso in proposito.

Gli ho risposto che ne avrei informato opportunamente il Duce onde riceverne ordini, ma gli rammentavo che già alcuni giorni or sono noi eravamo stati favorevoli ad una tale eventualità, scartata successivamente per opposizione non nostra4•

Ribbentrop si è riservato di telefonarmi ulteriormente dopo aver conferito col Fiihrer. Egli ha tenuto a dare a tutta la conversazione un tono di marcata cordialità nei nostri confronti e di evidente risentimento contro l'Ungheria. È stato, più apertamente del solito, l'avvocato di Praga 5 .

316 1 Ed. in L "F:uropa verso la catastrofe, pp. 366-367.

316 1 Riferimento alla nota presentata il 20 ottobre dal ministro di Germania a Budapest contenente le proposte elaborate il 19 ottobre a Monaco da von Ribbentrop con i rappresentanti slovacchi e ruteni (vedi

317

IL PROFESSOR ENDERLE AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 22 ottobre 1938.

Ho comunicato, ieri sera, al signor Mousa Alami che è necessario attendere qualche giorno per ottenere una risposta alle ultime richieste del Mufti da lui portate a Roma. Il Signor Alami, per non destare sospetti è pertanto partito per la Svizzera, ripro

mettendosi di rientrare in Italia per il 28.

Egli ha rinnovato le più insistenti preghiere per un possibile accoglimento delle richieste di aiuti per i nazionalisti arabi di Palestina, pregandomi di portare a conoscenza di Vostra Eccellenza oltre quanto già esposto, anche quanto segue:

l) Il Mufti vorrebbe scatenare la rivolta in Transgiordania, possibilmente prima che il Parlamento inglese si riunisca per discutere degli affari palestinesi, in modo che una decisione favorevole agli interessi arabi sia facilitata dalla pressione degli avvenimenti.

La rivolta in Transgiordania sarebbe un avvenimento assai grave ed ormai è assodato che di fronte a situazioni gravi l'Inghilterra cede. 2) Il Mufti è pronto ad impegnarsi a restituire appena possibile le somme versategli dal Governo Italiano 1•

316 5 Il documento ha il visto di Mussolini. 317 1 Sul documento vi è l'annotazione: «Visto da S.E. il Ministro».

316 4 Si vedano in proposito i DD. 273 e 274.

318

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 7297/2149. Roma, 22 ottobre 1938 (per. il 24).

Il discorso pronunciato ieri l'altro a Clacton on Sea dal Ministro dell'Interno britannico Sir Samuel Hoare 1 è stato bene accolto in Germania, dove è venuto a calmare, almeno per ora, la nervosità che, dall'indomani immediato di Monaco, si era venuta manifestando sempre più forte per la formidabile ripresa nella corsa agli armamenti britannici.

Come ho avuto più volte occasione di tàr presente con le segnalazioni stampa, l'atteggiamento preso dalla Germania è stato non tanto di merito, quanto di metodo, non contestando essa all'Inghilterra il diritto di armarsi come e quando vuole, ma criticando la tattica di servirsi per la propaganda degli armamenti di travisamenti della realtà, quale quello dell'esistenza di un pericolo tedesco che, sempre secondo la tesi qui sostenuta, non ha motivo di presentarsi agli occhi degli Inglesi di buona fede, date le inequivocabili dichiarazioni del Ftihrer e date soprattutto le prove di buona volontà fornite specialmente nel punto che più interessa l'Impero britannico, con la rinuncia cioè alla parità degli armamenti navali.

Anche se da parte tedesca non sono mancate le dichiarazioni di piena tranquillità sull'esito finale di una corsa agli armamenti, per esempio in quanto, come hanno scritto recentemente l'Hamburger Fremdenblatt e la Frankfitrter Zeitung, la Germania si trova talmente in vantaggio nel campo aereo, che nessuno potrà mai più toglierle questo primato, d'altra parte è chiaro che gli armamenti progettati dall'Inghilterra non possono non allarmare questa opinione pubblica che deve preoccuparsi dei mezzi materiali per sostenere la corsa al riarmo: si spiega così come la prima voce relativamente tranquillizzante che è giunta da fonte responsabile britannica abbia provocato un certo sollievo e sia stata nell'insieme bene accolta come lo dimostrano i primi commenti di stampa che riassumo qui sotto.

La Corrispondenza politico-diplomatica rileva soprattutto il passo in cui il Ministro ha sottolineato il carattere difensivo degli armamenti assicurando che l'interesse dell'Inghilterra è soltanto quello di mantenere la pace e che nessuna nazione pacifica deve temere le armi britanniche. L'organo ufficioso dice che anche in Germania si è

sempre sostenuta la tesi che ogni nazione debba essere responsabile del suo sistema di ditèsa, ma che dato il chiasso fatto in alcuni ambienti inglesi ed americani non era superfluo che un Ministro inglese respingesse esplicitamente l'idea della guerra preventiva. Si augura che con questo vengano ridotti al silenzio certi elementi che non sono d'accordo col programma di pacitìcazione e di intese di Chamberlain. Aggiunge che in Germania si seguirà con attenzione l'eco che il discorso del Ministro avrà in Inghilterra e nelle altre parti del mondo anglo-sassone. Trova comunque importante che questo discorso abbia messo con le spalle al muro certi dissidenti, i quali adesso dovranno decidersi a continuare od a sospendere il loro lavoro subdolo contro la pace e l'intesa. Termina dicendo che il punto di vista tedesco di tì·onte all'Inghilterra è stato esposto ripetutamente da Hitler a nome dell'intero popolo germanico, c che pertanto la Germania ha il diritto di sapere a che punto si trova nei riguardi dell'Inghilterra.

Il collaboratore diplomatico della Bocrsen Zeitung constata come le domande tedesche all'Inghilterra non siano rimaste senza eftètto e che adesso, tanto attraverso importanti manifèstazioni di stampa quanto dalla bocca di un Ministro responsabile, si è appreso a quale politica estera siano destinati a servire gli armamenti inglesi. Hoare, dice, ha risposto al discorso di Saarbrlicken contribuendo notevolmente alla eliminazione di taluni malintesi; ma è ancora più importante il fatto che egli si sia dichiarato partigiano di una forma positiva dei rapporti anglo-tedeschi nei riguardi della dichiarazione di Monaco, del grande valore pacitìco deli' Accordo navale e della fiducia implicita in esso che la Germania ha nelle disposizioni pacifiche dell'Inghilterra e reciprocamente. La Germania, aggiunge, non si lascia confondere dalla maniera con la quale certe questioni sono presentate in Inghilterra, e rimane convinta che i due popoli i quali in fondo hanno tante cose comuni finiranno col trovarsi d'accordo.

Secondo il Ber/iner Tagehlatt l'importanza del discorso di Hoarc consiste soprattutto nell'aver rimesso a posto certi malintenzionati. I l giornale ritiene che questo fatto possa avere et1ètti molto importanti sul tùturo sviluppo europeo.

318 1 Nel suo discorso, Sir Samuel Hoare aveva difeso la politica di Chamberlain ribadendo la sua convinzione che tra le democrazie e le dittature era possibile una convivenza pacifica e che le relazioni amichevoli con la Gran Bretagna erano state sempre un punto cardinale della politica estera di Hitler, come era anche dimostrato dal tàtto che l'accordo navale del 1935 era stato rispettato da Hitler nella lettera e nello spirito. Ciò non pertanto, aveva concluso Sir Samuel Hoare, riprendendo un concetto espresso da Hitler nel suo discorso a Saarbriicken del 9 ottobre, la Gran Bretagna doveva proseguire nel suo riarmo per essere pronta nell'eventualità che un successore dell'attuale Cancelliere tedesco volesse seguire una politica diversa.

319

CONVERSAZIONE TELEFONICA DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, COL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, VON RIBBENTROP

APPUNTO. Roma. 23 ottobre 1938.

In serata mi ha telefonato Ribbentrop da Berchtesgaden. l) Attribuendo al FUhrer i giudizi e le argomentazioni già anticipate da lui nella telefonata di ieri sera 2 , ha confermato l'opposizione tedesca alla eventualità di un arbitrato dell'Asse.

319 2 Vedi D. 316.

Poiché (come del resto già risulta dal mio colloquio di stamane con Villani 3) si sta determinando la possibilità di una ripresa di contatti diretti tra Praga e Budapest, Ribbentrop propone di mandare un messaggio identico ai Governi Magiaro e Cecoslovacco per incoraggiarli a proseguire sulla via delle negoziazioni dirette. Ho riservato una risposta dopo avere preso gli ordini dal Duce.

Ribbentrop ha aggiunto che qualora i negoziati diretti dovessero ancora una volta tàllire, il Fuhrer ritiene che la questione dovrebbe venire affrontata in una Conferenza a quattro colla partecipazione dei soli Ministri degli Esteri, da tenersi in una città dell'Italia settentrionale.

2) Ribbentrop ha detto di avere una missione personale del Fi.lhrer per il Duce da compiere personalmente e che a tale fine intenderebbe venire a Roma nella seconda metà della corrente settimana. Indicherebbe come giorni migliori venerdì o sabato. La sua permanenza a Roma sarebbe brevissima e di carattere non uftìciale 4 .

Ho risposto che avrei informato il Duce e che gli avrei fatto avere una risposta al più presto".

319 1 Ed. in L Europa verso la catastrofe. pp. 369-370.

320

COLLOQUIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, CON IL MINISTRO DI UNGHERIA A ROMA, VILLANI

PROME\10RIA. Roma. 23 ottobre 1938.

Il Ministro di Ungheria ha ricevuto istruzioni dal suo Governo 2 di comunicarci che, data l'impossibilità di procedere immediatamente all'arbitrato, a Budapest si prende nuovamente in considerazione la eventualità di nuovi contatti diretti con i Cechi. Tali conversazioni verranno però riassunte in una atmosfera di assoluto scetticismo: si ritiene che dopo uno o due giorni di negoziati, esse saranno nuovamente interrotte.

A Budapest si ha altresì l'impressione che la Francia e l'Inghilterra sarebbero tàvorevoli ali 'arbitrato dell'Asse, intendendo questi Paesi di non occuparsi più oltre delle vertenze Ceco-Magiare.

Poiché da parte della Germania l'idea dell'arbitrato non è stata accolta con incondizionato favore, ma in pari tempo non è neppure stata del tutto scartata, il Governo ungherese ritiene che, qualora l'Italia insistesse presso Berlino, il progetto di

320 è Si veda in proposito DU, vol. Il, D. 573.

una soluzione arbitrale potrebbe venire adottato. Al momento opportuno il Governo ungherese si riserva di tàrci nuovamente conoscere i suoi desideri onde ottenere il nostro aiuto. Per ora si tratta soltanto di tàcilitare eventualmente la formazione di un'atmosfera tàvorevole all'arbitrato dell'Asse.

Il Ministro Villani mi ha anche confidenzialmente informato del dissidio Ribbentrop-Daranyi, causato da una diversa interpretazione delle condizioni di soluzione della vertenza Ceco-Magiara fissate a Monaco'. Gli ungheresi insistono nel dire che le carte in tavola non sono state cambiate da loro, bensì dai tedeschi. Daranyi avrebbe sempre atTcrmato l 'assoluta necessità di cessione ali' Ungheria delle tre città orientali, mentre Ribbentrop dice il contrario. La tesi ungherese sarebbe suffragata da testimonianze dello stesso Ministro di Germania a Budapest il quale però, per evidenti ed ovvie ragioni, non può rendere pubblica tale sua asserzione~.

319 1 Vedi D. 320.

319 4 Si vedano in proposito i DD. 334, 343, 344, 349 e 350.

319 5 Le reazioni negative provocate dalle telefonate di von Ribbentrop di quei giorni sono indicate nel Diario di Ciano sotto la data del 23 ottobre.

320 1 Ed. in L 'Europa verso la catastrofe, pp. 368-369.

321

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5649/257 R. Budapest, 24 ottobre 1938, ore l, 15 (pa ore 5.15).

Proposta cecoslovacca giunta stanotte 1 concerne stessa linea già presentata indirettamente per tramite ministro di Germania2 ed è contenuta in una lettera del ministro degli Aftàri Esteri cecoslovacco, il quale aggiunge tuttavia che considera detta linea come base delle discussioni e passibile di modificazioni.

Governo ungherese ha risposto 3 premettendo che effettivamente i due punti di vista si sono riavvicinati per quanto riguarda estensione del territorio (dodicimila km' già concessi su quattordicimila richiesti) ma differiscono ancora soprattutto per i centri importanti di popolazione e le città dove la maggioranza magiara è indiscutibile ed a cui il governo ungherese non può rinunziare (la differenza per gli abitanti è di circa 350.000).

Circa questo colloquio, Ciano annotava nel suo Diario (sotto la data del23 ottobre) «le parole durissime» del ministro Villani contro la Germania, dovute anche al timore espresso dal diplomatico ungherese che il governo Imredy potesse essere rovesciato per far posto ad un governo del nazionalsocialista Szalazy «al soldo di Berlino».

Per la versione del ministro Erdmannsdortl sui colloqui di von Ribbentrop con i ministri ungheresi alla quale si fa qui riferimento si veda DDT, vol. IV, D. 82.

Pertanto governo ungherese chiede: l) l'occupazione immediata da parte truppe ungheresi dei territori non contestati; 2) il plebiscito sotto controllo internazionale nelle zone in discussione, salvo Presburgo la cui sorte potrebbe fare oggetto di ulteriori conversazioni; ovvero, se il governo cecoslovacco preferisce, l'arbitrato dell'Italia e della Germania per la zona occidentale e dell'Italia, della Germania e della Polonia per la zona orientale; 3) plebiscito o arbitrato per la Rutenia e ciò perché si possa raggiungere un assetto stabile della regione.

Governo ungherese ha aggiunto che data prontezza della sua replica, conta di avere una risposta anche del governo di Praga entro 48 ore. Questo ministero Affari Esteri ha provveduto ad inviare per corriere speciale aereo all'E.V. anche una carta dettagliata.

Vice-ministro Aftàri Esteri che mi ha comunicato quanto precede, mi ha detto avere avuto incarico da Kànya (e soprattutto per questo mi aveva stasera convocato) di pregarmi di ringraziare nel modo più caloroso V. E. per la Sua costante, attiva, energica opera e per l'efficace interessamento spiegato personalmente in ogni momento ed in ogni occasione per sostenere punto di vista ungherese 4•

320 3 Nell'incontro del 14 ottobre (vedi D. 282).

320 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

321 1 Riferimento alla nota consegnata il 22 ottobre da Chvalkovski al ministro di Ungheria a Praga e portata a Budapest dall'addetto militare. Di ciò il ministro Fransoni aveva già dato notizia (vedi D. 311, nota 3). Il documento era stato inviato in visione a Mussolini.

321 2 Il 20 ottobre: vedi D. 301, nota 2.

321 3 Testo in DU, vol. II, D. 580.

322

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5662/239 R. e 5660/240 R. Praga, 24 ottobre 1938, ore 24 (per. ore 5,45 del 25).

Mio telegramma n. 237 1• Ministro degli Affari Esteri mi ha invitato questo pomeriggio per parlarmi della nota ungherese di stamane.

Chvalkovsky ha detto che farà del suo meglio per rispondere quanto prima possibile alla nota stessa in forma ufficiosa, ma mi ha fatto presente che Tiso e gli altri ministri autorizzati a discutere mediazione arriveranno a Praga solo domani. Discussione non sarà certamente, né facile, né breve. Egli mi ha incaricato di assicurare V.

E. che da parte sua farà ogni sforzo e farà gravare tutto il peso della sua carica e della sua posizione per cercare di raggiungere un accordo con gli ungheresi; prevede, però una forte resistenza da parte della Slovacchia.

Dopo ciò Chvalkovsky passò alle seguenti osservazioni: l) in considerazione delle ditrìcoltà che nonostante suoi sforzi-come è detto sopra -certamente opporrà ministro della Slovacchia, in definitiva Chvalkovsky ritiene che la via necessaria e più breve finirà per essere l'arbitraggio; ciò mi ha detto come sua opinione personale e strettamente contìdenziale; 2) governo Praga accetterebbe volentieri l'arbitrato di Roma e di Berlino, ma giudica non desiderata complicazione quella di aver incluso anche Varsavia per le sezioni 6 ad 8 (nota unghercse) 2 . In questo caso la Cecoslovacchia, specialmente per pressione slovacchi e ruteni, domanderebbe un quarto arbitro e cioè la Romania con la quale ha detto Chvalkovsky, Praga è d'accordo c che ha gli stessi titoli negativi della Polonia, né l 'una, né l'altra avendo costituito parte in detto accordo di Monaco e gli stessi titoli positivi di interessamento e contìni comuni con la Russia Subcarpatica; 3) per non andare incontro a complicazioni e rischi anche di ordine pubblico, nell'interesse generale della Cecoslovacchia e degli altri a vedere chiuse al più presto queste questioni, per quest'ultima il signor Chvalkovsky, si augurerebbe che potessero essere evitati i plebisciti.

Il ministro degli At1àri Esteri insistendo che oggi non aveva parlato che a titolo personale, mi ha detto, per informarne anche VE., che domani o non appena possibile, immediatamente dopo le conversazioni con slovacchi e rutcni mi inviterà per mettere al corrente delle decisioni prese'.

321 4 Lo stesso giorno, Ciano annotava nel suo Diario: «[Il Duce] è seccato del tira e molla cecomagi aro e mi dà istruzioni di prendere netta posizione contro la rivendicazione rutena perché la stampa francese ha dato un sapore antitedesco al tentativo di creare una frontiera comune polacco-ungherese».

322 1 T. 5655/237 R. del24 ottobre. Riferiva che il governo ungherese aveva presentato a Praga una nota di risposta a quella del governo cecoslovacco del 22 ottobre. In proposito si veda il D. 321.

323

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISLRVi\TO 7356/2172. Berlino. 24 ottobre 1938 1•

Ho già richiamato l'attenzione di VE. sopra varie manifestazioni della stampa tedesca denotanti la preoccupazione di queste sfere politiche per la nuova campagna di riarmo iniziatasi in Inghilterra ed in Francia in occasione, se non in conseguenza, della crisi cecoslovacca e delle condizioni da essa rivelate.

322' Le sezioni 6-8 si riferivano alla carta geografica allegata alla nota ungherese e concernevano le rivendicazioni relative ai territori più orientali.

-322 .1 Sullo stesso argomento il ministro Fransoni riferiva di avere avuto un colloquio con il suo collega tedesco, Erdmannsdorft~ il quale gli aveva detto di ritenere che a Berlino si desiderasse un accordo diretto tra le parti: un arbitrato poteva essere accettato ma non desiderato o incoraggiato. Quanto ai plebisciti, la Germania non vedeva con favore un plebiscito in Slovacchia, mentre un plebiscito nella Rutenia «avrebbe trovato in contrasto gli interessi del Reich con quelli della Polonia» (T. 5661/241 R. -del 25 ottobre). 323 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

Effettivamente, nello stesso modo che qui a suo tempo non si comprendeva come e perché fosse necessario arrivare per la questione cecoslovacca ad una guerra generale, così non si comprende perchè, superata la crisi sudetica, si debba considerare necessario da parte dei Paesi democratici di intensificare gli armamenti.

Sta in fatto, comunque, che l'annunzio di maggiori armamenti nei Paesi in questione ha causato qui profonda impressione. Per i Tedeschi del III Reich è dogmatico che la forza politica della Germania debba risiedere soprattutto nella sua strapotenza militare e nella sua netta superiorità sopra i propri avversari. Ogni circostanza che minacci di compromettere questa superiorità è causa di preoccupazione e di allarme.

Questa è appunto la situazione del momento, alla quale non è estranea la notizia, già segnalata l'altro giorno a VE., della «entrata in ritiro» del Maresciallo Goring'. Informazioni attinte alle migliori fonti mi permettono infatti di assicurare VE. che le ragioni che hanno indotto il Maresciallo a così solenne rinunzia di tutte le sue occupazioni sociali, mondane e di partito, vanno appunto ricercate nella necessità in cui si trova-anche indipendentemente da ogni sua possibile nomina a Capo delle Forze Armate-di concentrare tutta la propria attività sul problema degli armamenti. È infatti su Goring che, in quanto dittatore economico, ricadrà l'ingrato e poco facile compito di trovare nuovi mezzi e nuove risorse finanziarie per continuare a conservare-anche di fronte all'aumentante armamento degli altri-quella supremazia militare che la Germania mette a base di ogni propria concezione di equilibrio europeo.

Pure in rappotio con la situazione di cui sopra, appare anche sintomatico il relativo favore con cui in questi circoli politici sembrano accolte e trovano credito le voci di possibili intese, sia con la Francia in particolare, sia in generale fra le diverse Potenze dei due Assi'.

324

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TU.ESPR. 7359/2175. Berlino, 24 ottobre 1938 (pe1: il 25).

Richiamo l'attenzione di Y.E. sul singolare contegno tenuto nei riguardi della caduta di Canton da questa stampa, la quale, come VE. ha potuto rilevare dalle segnalazioni telefoniche dei giorni scorsi, ha bensì messo in grande rilievo l'impor-

Vedi D. 326 323 3 Il documento ha il visto di Mussolini.

tanza militare della vittoria giapponese e soprattutto il suo carattere fulmineo ma d'altra parte si è astenuta scrupolosamente dali' attribuirle un valore decisivo per l'esito finale della campagna, anzi ha messo in rilievo, come ha tàtto il Voelkischer Beohachter, la gravità delle decisioni di fronte alle quali si trova ora posto il Governo di Tokio. La Germania, d'altra parte, pur riconoscendo che ormai il Giappone è padrone assoluto di tutto l'Estremo Oriente, dall' Amur all'Isola di Hahinan, che la condotta delle Grandi Potenze ha dimostrato che da esse non gli saranno opposte difficoltà e che gli eserciti cinesi non possono più fargli vera resistenza, privati come sono di tutte le basi principali di rifornimento, tuttavia parlava del popolo di 400 milioni che potrebbe essere il vero avversario dei Giapponesi soprattutto se imitasse l'esempio dell'India contro l'Inghilterra, ossia se adottasse il sistema della resistenza passiva.

Il giudizio complessivo di questa stampa può essere riassunto in quanto scriveva sul Lokal-Anzeiger il notissimo critico militare, colonnello von Xylander, e cioè: «Se all'operazione di Canton deve essere attribuito un alto valore militare, occorre attendere per vedere quale sarà la sua importanza per la condotta generale delle operazioni».

Dall'insieme dei giudizi di questa stampa, si potrebbe anche desumere una certa tendenza a consigliare alle due parti un'intesa: è forse in questo senso che deve essere interpretata l'insistenza colla quale si riferiscono le voci estere affermanti Chiang Kai-shek essere alla vigilia di ritirarsi, ossia di provocare la realizzazione della condizione sine qua non posta dai Giapponesi per l'inizio di qualsiasi negoziato. Nello stesso ordine di idee potrebbe rientrare l'accenno del già citato Voelkischer Beobachter, secondo il quale «non si tradisce un segreto, at1èrmando che da entrambe le parti le opinioni (sulle decisioni da prendere) sono profondamente divise».

325

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATISSIMO 7369/2183. Berlino. 24 ottobre 1938 (pe1: il 25).

Mi consta che il Generale Oshima, nuovo Ambasciatore del Giappone a Berlino, si è recato ieri a Berchtesgaden a contèrire col Fi.ihrer e con Ribbentrop. Avendo questa mattina domandato notizia del possibile scopo di questa intervista al Barone von Weizsacker, questi mi ha risposto di «non escludere» che il Generale Oshima siasi recato a Berchtesgaden per osservare, agli et1ètti di un possibile termine dell'attuale conflitto cino-giapponese, quale sia stata sul Fi.ihrer la reazione della recente vittoria di Canton e di quella oramai ugualmente scontata di Hankau.

In altri termini, il Giappone mentre vuole da una patie evitare ogni possibilità di interventi e di mediazioni inglesi, dall'altra non sarebbe forse alieno, pur non avendo l'aria di sollecitarla, dal fare buon viso ad un'azione tedesca intesa a stabilire un contatto ed una negoziazione diretta con il Governo cinese facendo conoscere a questo a quali condizioni il Giappone sarebbe disposto a trattare.

Sulla base di queste informazioni ho creduto, per ulteriori sondaggi, di inviare dal Generale Oshima il suo antico collega Generale Marras, il quale mi riferisce in proposito quanto appresso:

«l) L'occupazione di Canton e quella imminente di Hankau assicurano al Giappone un vantaggio sensibile.

2) Due sono le eventualità che si prospettano: un cedimento di Chiang Kaishek, il quale potrebbe essere indotto a trattative, oppure un'ulteriore resistenza, Questa seconda eventualità non preoccupa eccessivamente il Giappone, ma non mancherebbe di rappresentare un forte disturbo (''un grosso pruno in un occhio"). "La Cina è come un polipo, il quale dimostra una grande vitalità anche dopo che ha perduto qualcuno dei suoi tentacoli".

3) Il ritiro di Chiang Kai-shek, il quale impersona lo spirito antinipponico, agevolerebbe molto le trattative, in quanto disporrebbe il Giappone a maggiori concessiOni.

4) La mediazione inglese della quale si parla, non sarebbe gradita al Giappone, il quale preferisce le trattative dirette. Non mancano a Tokio alcuni elementi (commercio, finanza, diplomatici della vecchia scuola) che vedrebbero volentieri una mediazione inglese, ma il Governo giapponese è contrario.

5) Il Generale Oshima è partigiano delle trattative dirette e perciò tende ad escludere anche una mediazione tedesco-italiana.

6) Circa le esigenze del Giappone, il Generale Oshima mi ha detto che, per quanto gli risulta, esse sarebbero in armonia con le dichiarazioni fatte in passato, ossia: cambiamento nell'orientamento politico della Cina, rinunzia a ogni atteggiamento antinipponico, soprattutto nell'educazione nazionale. Sono escluse pretese territoriali, salvo naturalmente l'esercizio di una certa influenza sui centri principali».

Come V.E. vede, le notizie di cui sopra, mentre rivelano da parte del Giappone un evidente desiderio di pace, non sono-dal punto di vista di una possibile mediazione tedesca-molto conclusive.

Mentre quindi mi riservo ulteriori accertamenti, ritengo tuttavia che sin da ora meriti di essere portata alla attenzione d eli' E. V. 1•

325 1 l risultati delle conversazioni avute con l'ambasciatore Oshima, oggetto di questo telespresso, furono comunicati da Ciano all'ambasciatore Auriti con T. 830/370 R. del 26 ottobre.

326

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LLTTLRA PLRSON.!\I.E RISERVATA. Berlino. 24 ottobre 1938 (pe1: il 28).

Poche novità dal giorno della mia ultima lettera 1• Berlino, infàtti, è stata un po', in questo ultimo periodo, disertata dai principali forgitori della politica germanica.

Von Ribbentrop è sempre a Monaco di Baviera, dove ha finito per costituire intorno a sé una minuscola Wilhelmstrasse e dove, come conosci, ha continuato a trattare gli aftàri, ricevendo particolarmente i messi di Slovacchia. Egli farà ora, nei prossimi giorni, una corsa a Berlino, per ritornare poi ancora nella Capitale bavarese.

Goring ha fàtto pubblicare un comunicato che, come ti abbiamo già fàtto conoscere, ha suscitato non pochi commenti, essendone dubbia l'interpretazione e gli scopi. La sua annunciata e progettata astensione, per i prossimi mesi, da qualsiasi manifestazione «di Partito o di Stato» ha prodotto, infàtti, una certa impressione. Credo che in realtà quel comunicato significhi un'intensificata azione del Maresciallo nel campo della difesa nazionale, azione che non può e non deve essere disturbata e limitata da manifestazioni di altra natura, c riveli nello stesso tempo la necessità per gli Uffici da lui dipendenti di liberarsi dal grande peso costituito dalle infinite domande e petizioni che al Maresciallo sono rivolte. Sembra che effettivamente esse, in questi ultimi tempi, abbiano superato in numero perfino quelle trattate dagli Uffici del Cancelliere Hitler.

Goebbels è a sua volta assente da tempo da Berlino cd in giro per varie città tedesche, da Vienna ad Amburgo. Ad Amburgo ha pronunciato, l'altro ieri, un discorso di una certa importanza. La voce pubblica vorrebbe che la sua situazione famigliare non sia più tanto felice come in altri tempi e che tra il Ministro della Propaganda e la sua Consorte siano sorti ultimamente seri dissensi. Voci che vanno prese naturalmente con un certo beneficio di inventario, dato che i due coniugi hanno già ben cinque rampolli::.

Il FUhrer stesso inlìne non ha più messo piede nella Capitale c risiede nuovamente sulle montagne di Baviera, distaccandosene solamente per compiere qualche piccola corsa nelle terre sudetiche.

Questa situazione rende un po' meno fàcili i collegamenti e fa sì che qualche elemento di giudizio nei riguardi, particolarmente, dell'atteggiamento tedesco nei con

]26 1 \lon è chiaro a quale lettera si fa qui riferimento. Tra le lettere del consigliere Magistrati a Ciano conservate nel !t: carte di Gabinetto, l'ultima in ordine di tempo che ha per oggetto la situazione vista da Berlino è quella dell'Il ottobre. qui pubblicata come D. 264.

fronti del problema slovacco-magiaro, possa mancare. So però che frequentemente, in questi ultimi giorni, von Ribbentrop è stato in diretto contatto telefonico con Te sull'argomento3.

Nel considerare la situazione da Berlino, non si comprende bene perché gli Ungheresi continuino a sbandare a destra e a sinistra, senza scegliere una precisa e continua linea di azione. Trattative dirette, domanda di mediazione, domanda di arbitrato, domanda di conferenza: tutto si sussegue senza che si insista su di un punto preciso.

Quello che soprattutto non è chiaro è perchè mai i Magiari, specie dopo l'insuccesso delle trattative a carattere totalitario di Komarom, non abbiano cercato di almeno fissare con gli Slovacchi una zona da essere loro ceduta senz'altro e subito di comune accordo. Occorreva, in altre parole, fare un po' un Godesberg per l'Ungheria e fissare cioè già sulla carta quelle zone alle quali oramai gli Slovacchi hanno definitivamente rinunciato. Un'occupazione immediata di esse da parte ungherese, mentre avrebbe cominciato a soddisfare il popolo magiaro, avrebbe fatto mettere a Budapest un piede stabile al di là del confine in modo che un secondo passo sarebbe stato certamente meno difficile. Oggi viceversa siamo un po' al punto di prima.

I tedeschi continuano in argomento a mantenersi alquanto riservati. E nel frattempo si accentua quel movimento di attrazione di Praga verso Berlino. Sintomatica è quella circostanza, che ti abbiamo riferito, che molte delle fabbriche situate sulla nuova linea di frontiera ma rimaste in territorio cecoslovacco fanno richiesta di correzioni di quella linea per poter rimanere inglobate nel territorio del Reich. Qui, d'altra parte, è scomparsa qualsiasi allusione alle antiche «soperchierie» di Praga e perfino il Generale Syrovy, per tanti giorni definito in un recente passato come l' «ussita bolscevizzante», passa ora per una brava e degna persona!

Nel complesso, tutto il problema magiaro viene qui seguito dall'opinione pubblica con non grande attenzione. Del resto, come conosci, tutta la stessa questione sudetica fu preparata qui con grande fretta e non ebbe quasi mai intime e profonde ripercussioni. Si può dire che nel febbraio scorso la grande maggioranza dei Tedeschi ignorava quasi i legami che li univano ai fratelli di sangue di Boemia! Ben altrimenti in passato era stato sentito il problema austriaco.

Se quindi lo stesso problema sudetico necessitò di molte iniezioni e di molta «montatura», puoi immaginare quanto sia scarso l'interesse attuale per la questione slovacco-magiara.

In alto, come ho sopra accennato, vi è sempre riservatezza per quanto qualche ultimo indizio sembri ora rivelare una qualche maggiore comprensione tedesca nei confronti delle richieste magiare, forse anche nel campo della Rutenia. Attribuisco ciò alla tua azione presso von Ribbentrop.

Interesse maggiore suscita invece l'affannoso travaglio anglo-francese in materia di armamenti e di difesa nazionale. È chiaro, infatti che, a meno che non si giunga ad una netta sterzata, Monaco sembra aver segnato, per Londra e per Parigi, l'inizio di uno sforzo per un rinnovato potenziamento nel campo militare. Tuttociò è natura!

mente seguito qui con viva attenzione, specialmente da coloro i quali, con tendenza estremista, sostenevano essere per la Germania la crisi cecoslovacca la buona opportunità per affrontare la guerra generale prima che gli altri fossero pronti.

Non è da escludere che, in queste condizioni e dato che la Germania si trova ad essere la vincitrice della recente partita, si voglia cercare da parte di Hitler, e almeno sulla carta, di dare un qualche «domani» a Monaco 4 . Come sai, si è parlato, in questi ultimi giorni, di iniziative nel campo della umanizzazione della guerra, in quello delle garanzie della frontiera franco-tedesca, del Belgio, del Lussemburgo, ecc. Tutte belle cose che dovrebbero soprattutto cercare di frenare in qualche modo la rinnovata spinta verso gli armamenti.

D'altra parte, esiste anche una tendenza che, sostenendo la tesi del pericolo costituito dall'illusione dell'intesa pacifica, vorrebbe invece liberare la Germania da qualsiasi ancora esistente forma di legame nel campo del potenziamento militare. Mi sembra, in proposito, interessante e vorrei dire divertente quanto qui si racconta circa un preteso progetto tedesco destinato a colare a fondo, con argomentazione giuridica, il famoso patto navale anglo-tedesco del 1935 5 , per il quale il Reich si è impegnato a possedere solamente il 33% del tonnellaggio totale delle Forze navali britanniche.

Si presta, così, qui al Governo tedesco l'idea di voler proporre a Londra un patto aereo sulla base delle stesse proporzioni: l'Inghilterra cioè dovrebbe impegnarsi a possedere solamente il 33% del totale delle Forze aeree germaniche! Un rifiuto britannico, data specialmente l'atmosfera di nervosismo oggi regnante in tale campo a Londra, sarebbe sicuro. Ed allora la Germania avrebbe un motivo giuridico per dichiarare similmente impossibile ed iniquo, alla luce della potenza attuale del Reich, l'impegno preso nel 1935 nel campo navale.

Quanto agli altri problemi internazionali, quello che anche suscita interesse è il collegamento economico, preconizzato dal Signor Funk, della Germania con i Paesi dell'Oriente europeo 6 . Il viaggio del Ministro dell'Economia nelle Capitali balcaniche ed in Turchia dovrebbe non rimanere fine a se stesso e si nutrono speranze che l' «asse economico» Berlino-Ankara possa in un tempo più o meno breve tradursi in realtà. Per il problema coloniale, invece, nulla di nuovo.

Quanto alla Spagna, infine, tutto è in assoluta sordina. L'atteggiamento di Franco durante la crisi cecoslovacca 7 allorché, senza alcuna ragione, sentì la necessità di preannunciare una sua neutralità nell'eventuale conflitto, ha lasciato un certo strascico ed ha rinforzato la posizione di coloro che sono apparsi sempre non favorevoli ad un intervento attivo nelle cose di Spagna. Ad ogni modo, ripeto, anche nella stampa, silenzio quasi assoluto in proposito. E anche il ritorno dei l 0.000 nostri Legionari non ha fatto qui apparire il benché minimo accenno alla circostanza che, per quanto in numero estremamente limitato, nella Penisola Iberica hanno anche combattuto uomini di sangue tedesco.

326 2 Nota del documento autograt~1 di Magistrati: «Proprio in questo momento I'Angriffpuhblica le qui unite fotogratìe: con probabilità un intenento di llitler nella questione vi è stato».

326 1 Vedi D. 301, nota 2 e DD. 316 e 319.

326 4 VcdiD.312.

326 5 Vedi D. 65, nota 3.

326 6 Vedi D. 229, nota l

326 7 Vedi DD. 155, 168, 183 e 242.

327

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 7395/2185. Berlino, 25 ottobre 1938 (per. il 28).

Si assiste in questo momento in Germania ad una serie di manifestazioni che testimoniano del desiderio del Governo di mantenere vivo ed anzi di acuire l'interesse delle masse per tutto quanto si riferisca al problema coloniale tedesco.

Il settantesimo compleanno del Generale von Epp, Capo della Lega Coloniale tedesca, ha dato occasione a cerimonie a cui si è dato un carattere volutamente vistoso, così come alla consegna degli stendardi delle antiche truppe coloniali tedesche al Reggimento Hermann Géiring, destinato a conservare in avvenire la tradizione delle gesta di quel corpo armato.

Il 28 corrente verrà inaugurato con grande solennità a Ladeburg, località nei pressi di Bernau a circa 30 chilometri da Berlino, un istituto di politica coloniale destinato a far conoscere ai gerarchi dello Stato e del Partito i fondamenti delle questioni relative alle colonie.

Oggi tutti i giornali senza eccezione riportano una nota della Corrispondenza politica e diplomatica in cui viene riatfermato il diritto della Germania alla restituzione delle sue antiche colonie. Il fatto assolutamente insolito della riproduzione in esteso di una nota dell'organo ufficioso del Ministero degli Affari Esteri dimostra chiaramente l'importanza di principio che deve essere attribuita a tale pubblicazione.

La Corrispondenza constata anzitutto come in Inghilterra vi siano taluni ambienti che cercano in tutti i modi di costruire nuovi elementi di inquietudine c di agitazione. A tale proposito osserva come in tutte le parti dell'Impero britannico vengano inscenate manifestazioni dirette a presentare la questione coloniale in maniera tale da opporla alle richieste tedesche valendosi dei mezzi ed argomenti più tendenziosi. L'Agenzia ufficiosa dichiara che simili manovre, vengano o no da ambienti responsabili, non cambieranno in nulla la tesi tedesca o la maniera di presentarla. La Germania, continua, rivendica soltanto territori che le appartengono di diritto e che le sono stati sottratti in base ad argomentazioni false e calunniose. L'ingiustizia compiuta nel 1919 deve essere ora riparata e tali territori restituiti al loro legittimo proprietario.

Come si vede, il Governo del Reich ritorna alla tattica usata al principio della campagna di rivendicazioni coloniali, giustificando cioè queste ultime con ragioni di carattere politico e morale ed abbandonando la tesi delle necessità economiche. Una netta affermazione in tal senso è stata fatta pure recentemente dal Ministro dell'Economia Funk, il quale, rispondendo alle interrogazioni rivoltegli da un giornalista francese, ha dichiarato che si sbaglierebbe chi volesse fare delle richieste coloniali tedesche un problema puramente economico, mentre esse costituiscono per la Germania anzitutto un affare di onore e di prestigio 1•

327 1 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

328

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 5685/242 R. Praga, 26 ottobre 1938, ore 19 (pe1: ore 19,20).

Ministro degli Affari Esteri a mezzo proprio capo di Gabinetto mi comunica che in questo momento ha invitato ministro d'Ungheria per rimettergli risposta Cecoslovacchia1 alle richieste ungheresi del 24 corr.2• Signor Chvalkovsky tiene a far contemporaneamente sapere che risposta stessa si riassume come segue:

l) Governo cecoslovacco dichiara anzitutto di volersi strettamente attenere alle decisioni della Conferenza di Monaco e che cioè le questioni da risolvere siano quelle concernenti le minoranze nazionali.

2) Nell'alternativa: o i plebisciti, o l'arbitrato, di cui alla nota ungherese, il governo di Praga preferisce la soluzione dell'arbitrato.

3) Praga accetta come arbitri Roma e Berlino, ma se comunque dovesse essere richiesto come terzo arbitro Varsavia, allora Praga domanderebbe un quarto arbitro e cioè Bucarest.

4) Immediatamente intervenuto il lodo arbitrale, si procederebbe all'evacuazione dei territori da cedere e a tal uopo anzi si provvede già a costituire le Commissioni che se ne dovranno occupare 3•

329

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVAro 5679/133 R. Roma. 26 ottobre 1938 (per. stesso giorno).

Mi riferisco da ultimo al telegramma per corriere di questa Regia Ambasciata

n. 128 del!' 8 corr. 1•

328" Sul contenuto di questa nota si vedano le osservazioni del ministro degli Esteri cecoslovacco, Chvalkovski, al ministro Fransoni nel D. 336.

Il segretario per gli Affari Ecclesiastici Straordinari mi ha intrattenuto ieri sulla progettata legge fascista sui matrimoni misti. In Santa Sede sono preoccupati dal fatto che la legge in preparazione possa essere in qualche punto in opposizione con il Concordato. Mi è stato precisato che se si comminassero sanzioni, come è stato detto, agli sposi uniti con il rito religioso a malgrado di un divieto legislativo, si colpirebbe l'essenza stessa della fede cattolica.

Ciò posto, monsignor Tardini ha soggiunto che i fattori ecclesiastici competenti hanno fatto oggetto di attento e approfondito studio il problema matrimoniorazza e hanno constatato che le unioni miste non sono numerose. Si aggiunge che, dato lo spirito che ormai pervade l'opinione pubblica italiana, c'è da prevedere che tali matrimoni diminuiranno ancor più e saranno ridotti di per sé a un'intima proporzione.

Monsignor Tardini mi ha dichiarato che il Papa ha osservato che la Chiesa non vede con favore i matrimoni tra individui di razza diversa e sottopone ciascun caso a esame prima di concedere la dispensa che è in genere di competenza dei vescovi. Si potrebbe-ha precisato il Segretario per gli Affari Straordinari-rendere più severo il controllo e avocare al Papa stesso l'esame di ciascun caso e la concessione della dispensa ecclesiastica.

Comunque-riferisco sempre le dichiarazioni del monsignore-la Santa Sede è disposta e desidera vivamente di parlare e di negoziare per raggiungere un accordo che salvaguardi l'essenza della dottrina cattolica.

Ho ascoltato, promettendo di riferire all'E.V.

Il Nunzio è stato incaricato di fare all'E. V. una comunicazione analoga.

328 1 Il testo della nota cecoslovacca del 26 ottobre è in DU, vol. Il, D. 585.

328 2 Vedi D. 321.

329 1 Vedi D. 252, che è del l O ottobre.

330

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5732/099 R. San Sebastiano. 26 ottobre 1938 (per. il 29).

Questo ministro Esteri mi ha invitato ieri a Burgos per espormi che il sig. Hemming dopo una serie di colloqui avuti con lui e col direttore degli Affari Politici, signor Vidal (colloqui i quali, pur senza essere conclusivi, si erano svolti in un'atmosfera di cordialità e avevano dato luogo a un proficuo scambio di idee) si era sottratto adulteriori conversazioni, allegando una indisposizione ed era poi partito per San Sebastiano indirizzandogli una lettera, di cui Jordana mi ha dato lettura, colla quale Hemming, dopo constatata l'impossibilità di pervenire a risultati concreti, informa che si trasferisce a San Sebastiano per ivi redigere il suo rapporto al Comitato; dichiara che sarà costretto a riferire che il governo di Burgos respinge sostanzialmente il piano e precisa, elencandole, le negative opposte da Burgos alle varie misure proposte per l'esecuzione di esso; la lettera chiude esprimendo tuttavia ultima speranza che il governo nazionale voglia ancora lasciare aperto uno spiraglio per una ripresa di contatti. Contemporaneamente a questa lettera Hemming ha fatto sapere verbalmente a Jordana per tramite del marchese Merry del Val, funzionario diplomatico messo a sua disposizione, che la ripulsa del governo di Burgos «produrrebbe pessima impressione in Inghilterra e farebbe il giuoco dei Rossi di Barcellona e di Francia, e delle opposizioni inglesi; determinerebbe scioglimento del Comitato, alienerebbe ogni simpatia alla causa nazionale spagnola, provocherebbe apertura frontiera pirenaica e nuova reazione contro blocco nazionale dei pmii rossi, escluderebbe ogni possibilità riconoscimento belligeranza, comprometterebbe applicazione accordi italo-inglesi, infine ricondurrebbe governo Londra a stretta indentità di atteggiamento con Francia nei riguardi questione spagnola, ecc.».

Jordana a sua volta ha risposto a Hemming con una lettera, di cui mi ha comunicato il testo e che mi è sembrata abile, ferma e cortese, nella quale esprime sorpresa per atteggiamento di Hemming non giustificato da accoglienza fatta alla sua missione, così in linea formale che sostanziale; ricorda i punti del piano che governo nazionale è disposto ad accogliere, quelli circa e quali ha ritenuto necessario tàre controproposte, quelli infine circa i quali crede doversi mantenere negativo, e ne espone le ragioni di principio; ritiene non poterglisi imputare malvolere o riluttanza a collaborare a distensione internazionale, tanto più dopo prova tangibile offerta, con effettivo sacrificio, rinunciando a gran parte valorose fanterie volontarie italiane; abilmente richiama Hemming all'osservanza veri limiti e natura suo mandato e conclude dichiarandosi pronto, del resto, a fornire ogni altro utile elemento chiarificazione.

Secondo Jm·dana, Hemming ha esorbitato dai limiti del suo incarico, esercitando inopportune pressioni e valendosi di argomenti intimidatori di carattere politico; egli, a torto, ha pensato di poter ottenere qui una completa adesione al piano annullando la precedente risposta di Burgos al Comitato, la quale sostanzialmente poneva come pregiudiziale a ogni ulteriore discussione sull'applicazione del piano, il riconoscimento della personalità giuridica del governo di Franco e come tale della qualità di belligerante. Il governo nazionale non intende decampare da questo caposaldo e quindi gli avvenuti scambi di idee sulle modalità del piano sono rimasti necessariamente subordinati alla riserva anzidetta, assumendo pertanto un mero valore accademico. Hemming voleva ottenere da Burgos degli impegni e Burgos non crede doversi ora impegnare, anche perché non conferisce alla missione di Hemming che un carattere tecnico ed esplorativo; tuttavia esso ritiene che ciò non autorizzi Hemming a riferire a Londra che il governo nazionale «ha respinto il piano». A Burgos si è rimasti specialmente risentiti del tàtto che Hemming abbia dichiarato non annettere alcuna importanza al ritiro dei l 0.000 volontari agli effetti del riconoscimento della beli igeranza, sostenendo che il ritiro avrebbe potuto considerarsi «sostanziale» e produttivo di et1ètto solo dopo l'accettazione del piano e come principio di esecuzione. Questo cavillo ha urtato, mentre non si riconosce a Hemming autorità per valutare alla sola stregua della lettera del piano un atto di tale importanza il cui apprezzamento, se mai, va rimesso al senso politico del Comitato.

Ho cercato di spiegare a Jordana che Hemming è, anzitutto, l'autore del piano e perciò può spiegarsi a un certo punto l'impegno personale che egli pone nel difendere con ogni mezzo «la sua creatura». Pure rendendosene conto, Jordana mi ha però fatto parte della sua sensazione, condivisa anche dagli ambienti del suo ministero, che Hemming rappresenti una mentalità grettamente giuridica, di tipo ginevrino e fondamentalmente orientata contro i regimi totalitari.

Comunque egli mi ha pregato di informare V.E. della piega presa dalle conversazioni con Hemming e di pregarvi di voler opportunamente prevenire il R. Ambasciatore a Londra per il caso che il rapporto di Hemming al Comitato sia tale da deformare la realtà, addossando ingiustamente al governo di Burgos la responsabilità deli'eventuale insuccesso della missione.

Desiderando darmi conto esatto della situazione, ho voluto sentire anche «l'altra campana» e perciò oggi ha invitato a colazione il signor Hemming e il suo segretario comandante Higman. Hemming che è persona cortese e gioviale non ha avuto difficoltà a mettermi al corrente delle cose, attraverso una aperta e cordiale conversazione. Ho potuto persuadermi che egli non ha alcuna prevenzione verso la Spagna Nazionale, della quale augura sinceramente il trionfo considerandone anzi già scontata la vittoria militare e preoccupandosi piuttosto dalla sistemazione della pace. Egli non ha ancora riferito nulla di definitivo a Londra circa la sua missione: è deluso dei risultati sin qui ottenuti e ciò è dovuto all'aver presunto di poter portare il governo di Burgos ad una accettazione più o meno completa del piano, mentre non era in grado di dare, da parte sua, alcun impegno o quanto meno affidamento di contropartita in merito alle richieste spagnole. Nell'interesse stesso del governo nazionale, egli vorrebbe non tornare a Londra colle mani vuote perché il suo scacco si risolverebbe in un successo di Barcellona. Ammette di essersi servito degli espedienti dialettici più vari e di essere forse ricorso ad esagerazioni pur di giungere allo scopo.

Mi sono permesso di fargli rilevare che ha commesso un errore di tattica, certo dovuto ad inesperienza della psicologia spagnola. l mezzi di pressione ne feriscono la estrema suscettibilità e non persuadono. Inoltre, è vano supporre che possa qui aver presa l'argomento, da lui abbondantemente usato, secondo il quale in Inghilterra prevale l'incomprensione per il movimento nazionale, tuttora considerato come una sollevazione di ribelli e che perciò occorre fare sacrifici e concessioni per modificare questo stato di animo in proprio favore: per chi conosca l'anima spagnola, questo è argomento che indispettisce ma non incoraggia a cedere. Ho detto a Hemming che non si illudesse di aver impressionato i suoi interlocutori di Burgos coll'interrompere le conversazioni e coll'allontanarsi e che non sperasse di essere richiamato a riprenderle. Se (come è suo evidente desiderio) egli desidera continuarle, la lettera di Jordana gli dà adito a una replica, attraverso cui riannodare il filo.

Mi pare che Hemming si disponga a scrivere oggi stesso una nuova lettera a Jordana.

Col collega di Germania, il quale è stato, come me, messo al corrente della vicenda, siamo d'accordo di favorire il proseguimento dei contatti fra le due parti, ove se ne presenti l'opportunità, ma senza prendere -naturalmente -alcuna iniziativa.

331

IL MINISTRO A LISBONA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVMISSIMO 5743/064 R. Lisbona, 26 ottobre l 938 (per. il 29).

Mi riferisco al telegramma di V. E. n. 118 in data 22 corrente 1•

Ho colto l'occasione di una conversazione odierna con Calheiros per dargli risposta al quesito postomi, in base alle istruzioni di V.E. e inquadrandola nelle indicazioni contenute nella lnjòrmazione Diplomatica n. 22 in data IO corrente2 , alla quale, sin dalla prima conversazione ci eravamo entrambi riferiti. E cioè che il rimpatrio delle due divisioni di volontari italiani era avvenuto su nostra iniziativa, naturalmente in pieno accordo con il Generalissimo Franco.

Calheiros è rimasto così evidentemente stupito che gli ho subito domandato se egli avesse avuto in precedenza informazioni diverse. Mi ha senza esitazione risposto che non si trattava di «informazioni» ma di «comunicazioni» fatte al governo portoghese. Ha precisato cioè che il governo Nazionale Spagnolo aveva comunicato che il rimpatrio delle due divisioni di volontari italiani avveniva per iniziativa del Generalissimo. Il governo portoghese aveva pensato che tale iniziativa o la comunicazione di essa fosse destinata a dissipare eventuali dubbi di una reazione italiana alla dichiarazione di neutralità di Franco in caso di conflitto generale. Ma poiché la comunicazione non esattamente concordava con altre informazioni che il governo portoghese riceveva da Roma, Londra, Parigi e San Sebastiano, nella precedente conversazione mi aveva posto il quesito di interesse «storico». Ora era chiaro come il ritiro era avvenuto. Non ho bisogno di sottolineare l 'impressione che la nostra precisa risposta ha prodotto sul sostituto Segretario Generale.

Poiché egli aveva accennato alla dichiarazione di neutralità di Franco ne ho tratto occasione-prendendo lo spunto dal fatto che qui non ve ne erano stati che uno o due accenni limitatissimi nella stampa-per domandargli che cosa gli risultasse in proposito. Mi ha risposto senz'altro che era stata provocata da una diretta azione anglo-francese, ma specialmente francese, presso Franco. In seguito a tale azione, Nicolas Franco aveva chiesto l'urgente colloquio con Salazar (mio telegramma n. 131' e mio telegramma per corriere n. 061 in data 27 settembre u.s:+).

331 ' Vedi D. 253.

Ha aggiunto che il governo portoghese era informato che i tedeschi erano favorevoli alla neutralità di Franco «perché volevano circoscrivere il conflitto ai territori che direttamente li interessavano». Gli risultava ancora che questo non era il punto di vista italiano, ma che noi avevamo considerato la difficilissima situazione di Franco.

Le informazioni confidenziali del ministro Calheiros, a parte la loro portata generale, singolarmente illuminano e completano i dati qui man mano raccolti e segnalati circa le ripercussioni della recente crisi internazionale in Portogallo, anche in rapporto alle relazioni !uso-spagnole. Tra l'altro, delineano l'azione svolta da Nicolas Franco. La scarsa sincerità delle confidenze da lui fattemi era troppo trasparente per poter sfuggire sin dall'inizio; era confermata in seguito dalla divergenza delle informazioni date a questo ministro d'Argentina (mio telegramma per corriere n. 062 in data 29 settembre u.s. 5). Appare oggi confermato che il suo passo improvviso presso Salazar non era susseguente a conversazioni già iniziate circa la garanzia della frontiera ma determinato dall'azione anglo-francese presso il tì·atello.

In conclusione, quali che siano i motivi, Nicolas Franco ha deliberatamente taciuto la parte sostanziale che era il centro di tutta la azione spagnola: la decisione della neutralità assoluta e non già soltanto nei riguardi del Portogallo, della Spagna Nazionale. Anche se ciò sin da allora era visibile nei suoi propositi e nel suo pensiero. In seguito, con il governo portoghese, ha non meno deliberatamente asserito il fàlso, attribuendo al fratello l'iniziativa del ritiro dei volontari italiani.

Ancora una volta sarebbe di non poco interesse poter accertare quanto vi sia stato in questa azione di parte personale e quanto abbia agito in base agli ordini ricevuti.

Circa l'azione anglo-francese per indurre Franco alla neutralità, la stessa distinzione fatta da Calheiros precisa quanto si può dedurre dalle precedenti informazioni sulla parte presavi dal governo portoghese. Nel rapporto n. 1741/9056 ho avuto l'onore di riferire tra l'altro le parole dettemi da Salazar in proposito: «ho fatto uno sforzo per arrivare alla neutralità della Spagna, specialmente nei nostri riguardi». Se ne può dedurre, oggi che i francesi hanno agito direttamente su Franco, mentre gli inglesi si sono valsi anche di Salazar per persuaderlo. Qualunque sia la parte che Salazar vi ha preso, tenendo conto anche della sua ben nota attitudine verso l 'alleata, lo scopo che appare logico e giusto attribuirgli è esattamente quello di cercare con ogni sforzo la neutralità portoghese. Che la neutralità generale della Spagna e quella particolare reciproca tra Spagna e Portogallo in caso di conflitto europeo scarsamente potessero essere previste nell'ambito delle reali possibilità è altra questione già più volte accennata.

Nicolas Franco è ripartito per Burgos per conferire e rientrerà nei primi giorni della prossima settimana.

331 ' Vedi D. 187. 331 6 Vedi D. 187, nota 5.

331 1 Il ministro Mameli aveva riferito (con T. per corriere 5614/063 R. del 18 ottobre) che il sostituto segretario generale del ministero degli Esteri portoghese, Calheiros, gli aveva domandato se il ritiro dei volontari italiani dalla Spagna era avvenuto per iniziativa del governo italiano oppure di quello spagnolo. Con il T. 826/118 R. del 22 ottobre qui in riferimento, Ciano aveva chiarito che il ritiro delle divisioni italiane era avvenuto per iniziativa italiana, anche se in pieno accordo con il generalissimo Franco.

331 1 Vedi D. 156, nota l.

331 4 Vedi D. 156, che è del 26 settembre.

332

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma. 26 ottobre 1938.

È venuto a vedermi il Signor Hsii Dau-Lin, nuovo incaricato d'Affari di Cina, che si è lungamente trattenuto a parlarmi della situazione venendo egli direttamente da Hankow. Essendo egli stato finora segretario particolare di Chiang Kai-shek, era in grado di dire che non tutto quanto i giapponesi tànno conoscere all'Europa circa la loro azione in Cina, corrisponderebbe a verità.

l giapponesi occupano soltanto i grandi centri delle posizioni strategiche, mentre il resto del Paese sarebbe dominato dalle guerriglie che vi tànno i cinesi.

Egli conveniva che effettivamente la presa di Hankow e quella di Canton erano due avvenimenti molto importanti, il primo dei quali lo aveva grandemente sorpreso, ma egli non riteneva che questi successi militari potessero dare ai Giapponesi quella resa a discrezione della Cina che essi perseguono.

Il Maresciallo Chiang Kai-shek non avrebbe aftàtto intenzione né di ritirarsi, né di cedere. I Giapponesi più continueranno ad avanzare e più troveranno difficile la guerra, offrendo il territorio maggiori possibilità ai Cinesi di difendersi.

Il Signor Hsii Dau-Lin ha convenuto con me che la guerra non giova nemmeno agli interessi cinesi, mi ha tàtto però presente che la situazione finanziaria dei giapponesi andrebbe aggravandosi ogni giorno di più e mi ha dato a questo proposito taluni dati dattilografati negli uniti due fogli 1•

Mi ha domandato se Taliani si era recato a presentare le credenziali nella nuova residenza scelta da Chiang Kai-shek, la quale disterebbe soltanto quattro ore di aeroplano da Hankow. Gli ho detto che non mi risultava che Taliani si fosse rimesso in viaggio dopo il suo arrivo a Shanghai essendomi anche sembrato di sentire che la signora Taliani non era in buone condizioni di salute.

Evidentemente lo scopo della visita del Signor Hsii Dau-Lin era proprio di conoscere la nostra intenzione riguardo le credenziali del nuovo Ambasciatore.

Quando gli ho chiesto se il viaggio in aeroplano tra Hankow c la nuova Capitale era sicuro, egli mi ha risposto che era successo qualche volta che aeroplani giapponesi avessero attaccato aeroplani civili di quella linea, ma che vi erano anche una linea cino-francese, una cino-tedesca, oltre quella cino-americana.

332 1 Non pubblicati.

333

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA E PARIGI, ALLA LEGAZIONE A OSLO E AL CONSOLATO GENERALE A GINEVRA

TELESPR. RISERVATISSIMO 236532/c. Roma, 26 ottobre 1938.

Da fonte attendibile 1 è stato segnalato che il ministro degli Affari Esteri di Norvegia, Sig. Koht, si sarebbe messo in relazione con il Rappresentante a Ginevra della Generalità Catalana per tentare di concludere, sotto gli auspici della S.d.N., un armistizio che preluda alla pace e salvi l'indipendenza della Catalogna. All'iniziativa non sarebbero estranee le interessate pressioni di Londra e di Parigi, mentre da parte dei Catalani si tenderebbe a concludere la pace indipendentemente dall'azione del governo di Negrin, e con finalità prevalentemente separatiste. L'armistizio dovrebbe condurre alla creazione di un governo spagnolo libero da ogni influenza italiana e tedesca.

Si prega di svolgere opportune discrete indagini in merito a tale segnalazione, riferendo quanto eventualmente possa risultare costì 2•

334

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO URGENTE 7398/2188. Berlino, 26 ottobre 1938 (pa il 28).

Il primo degli argomenti che Ribbentrop si appresta a trattare con l'E.V. e con il Duce 1 è la questione ungherese. Faccio seguire per opportuna informazione di V. E. quanto, anche in base alle conversazioni avute con lo stesso Ribbentrop, mi risulta essere in proposito la posizione tedesca.

Ribbentrop si lamenta del contegno degli Ungheresi e specialmente di Kanya, cui rimprovera l'attitudine disfattista e la nessuna solidarietà manifestata durante la crisi sudetica, l'ingratitudine dimostrata nei riguardi della Germania da cui l'Ungheria si è anzi dichiarata «abbandonata», ecc., ecc.

Ribbentrop sostiene ulteriormente che la linea Daranyi non conteneva le tàmose sei località domandate ora dagli Ungheresi 2 . Gli Ungheresi sostengono invece il contrario asserendo esser evidentemente intervenuto in proposito un grossolano equivoco. Comunque, questo Ministro di Ungheria ha dichiarato a me che «nessun Governo ungherese potrebbe far fronte alle conseguenze politiche interne di una eventuale rinunzia ad almeno tre delle località indicate e cioè Kassa, Ungvar, Munkacs».

Checché sia di questo, sta in fatto che i Tedeschi non vogliono l 'arbitrato. Non lo ritengono compatibile con gli Accordi di Monaco che, se mai, parlava di arbitrato a 4 e non a 2; né vogliono assumersi la responsabilità di scontentare una delle due parti. Il Fuhrer, fra l'altro, osserva che, dopo un arbitrato, ove una delle due parti si rifiutasse di eseguirlo, gli arbitri ~e nella specie soprattutto la Germania~ si troverebbero nell'obbligo morale di «imporre con la forza la decisione arbitrale».

Dunque, niente arbitrati. Le due parti siano invitate, come i Cardinali in un conclave, a mettersi di accordo a qualunque costo; ove, dopo trattative esaurienti (durante le quali si potrebbe ottenere dalla Cecoslovacchia la cessione immediata all'Ungheria delle parti non contestate), restasse ancora in sospeso qualche punto, sarebbe meglio addivenire ad una azione comune delle 4 Potenze e comunque se, in definitiva, anche la Cecoslovacchia accettasse un arbitrato dell'Asse, non vi si dovrebbe arrivare se non dopo opportuna consultazione e consenso di tutte le Potenze di Monaco.

Quanto alla Rutenia, Ribbentrop sarebbe in massima contrario a darla all'Ungheria. Egli si rende tuttavia conto del grande interesse polacco nella questione. Non ha quindi idee definitive in materia. Mi ha domandato quali fossero le nostre. Gli ho detto che neanche noi avevamo preso in materia posizioni definitive, le affermazioni in proposito comparse in Polonia ed altrove essendo contrarie al vero. Gli ho però fatto osservare~ a titolo personale~ che ormai che l'Ungheria, con la sua nota del 24 3 , ha formalmente chiesto~ spinta dalla Polonia~ il plebiscito, il negarlo significherebbe creare, così da parte ungherese come da quella polacca, una fonte perenne di risentimento. Il risultato di un plebiscito in una zona così mista era molto dubbio; qualunque esso fosse per essere, tuttavia, avrebbe costituito un argomento per tappare la bocca, volta a volta, alla Cecoslovacchia, alla Polonia, alla Romania, all'Ungheria che, altrimenti, sarebbero divenuti degli eterni malcontenti.

Come risulta da un'annotazione degli uftìci di Gabinetto, una traduzione di quel documento era stata già consegnata dall'ambasciatore von Mackensen a Ciano il 23 ottobre. Nel documento si ribadiva che le proposte presentate il 20 ottobre a Praga dal governo tedesco erano state approvate in precedenza da Daranyi nei colloqui del 14 ottobre a Monaco.

334' Vedi D. 321.

Ho capito che Ribbentrop preferirebbe comunque lasciare la questione rutena per ultima, quando cioè la regolamentazione delle questioni ceco-tedesche fosse già compiuta, come pure ho capito che l'Ungheria non attraversa a Berlino un quarto d'ora di eccessivo favore e ciò soprattutto perché essa ha mandato a monte la mediazione tedesca e si è troppo lamentata della tiepidità dell'appoggio tedesco, sottolineando invece il calore dell'appoggio e della solidarietà italiana.

P.S. Apprendo che a qualche riserva avanzata, in materia di arbitrato a due, da questo Incaricato di Affari di Gran Bretagna\ Ribbentrop avrebbe risposto dando assicurazioni tranquillizzanti 5•

333 1 La notizia oggetto di questo telespresso era stata comunicata dal Comando Truppe Volontarie al Servizio Informazioni Militare con foglio 7369-25/66 dello ottobre. Si basava su l'intercettazione di una lettera inviata dal rappresentante della Generali/al catalana a Ginevra al delegato della Generalitat catalana a Bruxelles.

333 2 Per la risposta da Londra, si veda il D. 383.

334 1 In occasione della visita a Roma prevista per il 27-29 ottobre. Su di essa si vedano i DD. 343, 344, 349 e 350.

334 2 Nota del documento: «Un riassunto della posizione tedesca è contenuto nell'allegata copia di dispaccio inviato da Ribbentrop al Ministro a Budapest in data 22 corrente». Non pubblicato.

335

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5704/261 R. Budapest, 27 ottobre 1938, ore 21,40 (per. ore 2,50 del 28).

Mio telegramma n. 259 1•

Governo ungherese ha risposto alla nota cecoslovacca rammaricandosi che governo cecoslovacco non abbia accolto principio plebisciti nello spirito dell'accordo di Monaco di Baviera; confermando desiderio di sottomettere all'arbitrato (senza accennare a Polonia e Romania) questione dei territori contestati e misure concernenti loro occupazione; condizioni di occupazione dei territori non contestati faranno oggetto di trattative dirette; addetto militare ungherese a Praga si metterà in contatto con competenti autorità cecoslovacche per predisporre esecuzione pratica eventuali sentenze arbitrali.

Secondo quanto mi ha detto vice ministro Affari Esteri, questione rutena non sarebbe toccata nella risposta ungherese odierna.

Risposta sarà probabilmente pubblicata soltanto domani mattina 2 .

Si conta molto qui sull'efficace opera deli'E.V. perché anche Germania, che non si sarebbe ancora pronunciata al riguardo, acceda ali 'idea dell'arbitrato. Barone A por mi ha detto di avere pregato Villani di intrattenerne l'Eccellenza Vostra. È vivissima qui la fiduciosa attesa nelle attuali conversazioni romane.

334 4 Sir George A.D. Ogilvie-Forbes.

334 5 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

335 1 T. 5690/259 R. del 26 ottobre. Riferiva il contenuto della nota cecoslovacca del 26 ottobre (per la quale vedi il D. 328), così come gli era stato riassunto al ministero degli Esteri ungherese.

335 2 Testo in Relazioni Internazionali, p. 768.

336

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5705/246 R. Praga, 27 ottobre 1938, ore 22.10 (pe1~ ore 0,50 del 28).

Ministro Esteri ha chiesto vedermi e mi ha parlato -in via confidenzialedella Nota di risposta rimessa iersera a questo ministro d'Ungheria 1:

l) governo cecoslovacco vuole attenersi strettamente agli allegati degli accordi Monaco: non accetta pertanto plebisciti Slovacchia e Rutenia perché rispettivi popoli retti governi autonomi non sono da considerarsi «minoranze» e non hanno alcun desiderio e motivo di fare plebiscito chiesto da Budapest;

2) poiché poco opportunamente Budapest ha domandato, formulando alternative, di includere nell'arbitrato anche Bratislava e, più ancora, ha indicato termini brevissimi per occupazione territori da cedere (termini inaccettabili a giudizio Stato Maggiore cecoslovacco), Praga ha considerato opportuno -quasi per ritorsione proporre per arbitrato intera questione minoranze ungheresi, includendovi e specificando espressamente e particolarmente modalità e termini evacuazione cui annettevasi particolare importanza.

Ho osservato a Chvalkovsky che aver così rimesso in discussione quella parte di territorio da cedere su cui accordo era ormai raggiunto, complicava questione ed inopportunamente peggiorava clima stesse trattative.

Egli mi ha ripetuto motivi di cui sopra, dichiarando che sostanzialmente Praga non ha però intenzione alcuna ritirare offerte già fatte al riguardo; ciò di cui vuole sia data assicurazione a Vostra Eccellenza.

Proposta relativa eventuale partecipazione Varsavia ad arbitrato è secondo Chvalkovsky inopportuna e tale considerata da Consiglio dei ministri oltreché per ragioni già da me segnalate a V.E. perché Varsavia ha tuttora questioni territoriali in pendenza con Cecoslovacchia.

Chvalkovsky è convinto, e mi ha pregato farlo presente da parte sua a V.E., che egli sta agendo attenendosi accordi Monaco e come desidera R. Governo con la maggiore sollecitudine, pur ostacolato da difficoltà locali rilevanti provenienti da uomini e cose. Egli è poi molto sensibile all'atteggiamento della stampa italiana nei di lui riguardi nell'odierna particolare circostanza e per l'opera in generale che va qui svolgendo nella politica estera. Me ne ha parlato espressamente.

A conclusione, Chvalkovsky mi ha detto che (come ho già riferito a V.E. 2 ) il fulcro della questione risiede nell'assegnazione delle note cinque città. Su Kosice punta specialmente ed ostinatamente in contrasto ungheresi e slovacchi per ragioni sentimentali, storiche ed anche politiche.

Mi ha ripetuto che Germania avrebbe già manifestato, come segnalato con precedente telegramma 3 , riconoscere dal punto di vista etnico buone ragioni cecoslovacche relativamente appartenenza quella città.

336 1 Vedi D. 328. 336 2 Vedi D. 291.

337

PROGETTO DI TRATTATO DI ALLEANZA TRA GERMANIA, ITALIA E GIAPPONE

Le Chancelier Allemand,

Sa Majesté le Roi d'Italie, Empereur d'Ethiopie,

Sa Majesté l'Empereur du Japon.

Tenant compte du fait que !es relations amicales entre l' Allemagne, l'Italie et le Japon se sont approfondies après la conclusion du Pacte Anti-komintern du 25 Novembre 1936, convaincus que le Komintern menace aujourd'hui de plus en plus la paix en Europe et en Asie,

fermement résolus de renfoncer, selon l'esprit du Pacte Anti-komintern, la défence contre la décomposition causée par le Communisme en Europe et en Asie, et de sauvegarder les intérèts communs des trois Puissances Contractantes,

ont decidé, à cet eftèt, de conclure un Traité et ont nommé comme Leurs Plénipotentiaires: Le Chancelier Allemand:

Sa Majesté le Roi d'Italie, Empereur d'Ethiopie: ................................................ .

Sa Majesté l'Empereur du Japon: ......................................................................... .

lesquels, après échange de leurs plein-pouvoirs, trouvé en bonne et due forme, sont convenus !es articles suivants:

Article l.

Dans le cas où une des Puissances Contractantes serait impliquée dans des difficultées diplomatiques avec une ou plusieurs tierces Puissances, les Puissances Contractantes s'engangent à se consulter sans délai sur !es mesures qu'elles prendront ensemble.

Article Il.

Si une des Puissances Contractantes venait à ètre menacée par une ou plusieurs tierces Puissances, !es autres Puissances Contractantes s'engagent à accorderà la Puissance menacée leur appui politique, diplomatique et économique pour écarter cette menace.

Article Il I.

Dans le cas où une des Puissances Contractantes, sans provocation de sa part, serait attaquée par une ou plusieurs tierces Puissances, les autres Puissances Contractantes s'engagent à lui prèter aide et assistance. Les trois Puissances Contractantes se concerteront immédiatement dans chaque cas sur les mesures à prendre pour éxécuter cet engagement.

Article IV.

Dans le cas où, en vertu du précédent article III, les Puissances Contractantes seraient amenées à faire une guerre commune, elles s'engagent, dès à présent, à ne conclure ni armistice, ni Traité de paix que d'un accord entre elles.

Article V.

Le présent Traité entre en vigueur à partir du jour de la signature pour l'espace de dix ans. S'il n'est pas denoncé un an avant son expiration par une des Puissances Contractantes, il restera en vigueur pour la nouvelle période de cinq ans et ainsi de suite.

En foi de quoi, les Plénipotentiaires ont signé le présent Traité et y ont apposé le cachet de leurs armes. Fai t à ...... e n triple exemplaire, e n allemand, i tal ien et japonais, le ..... .

PROTOCOLEADDillONNELSECRET

Le «Pacte des Trois Puissances» conclu pour compléter le Pacte Anti-komintern se compose de deux parties:

lo du present Traité déjà conclu et signé,

2° d'un Traité supplémentaire qui sera conclu plus tard.

En ce qui concerne ce Traité supplémentaire, il est décidé et affirmé par les trois Puissances ce qui suit:

Après la signature et la publication du présent Traité il sera la tiìche de commissions gouvernementales ou bien de commissions des armées, ecc. des gouvernements respectifs, de traiter des possibilités de conflit et de s'accorder sur les mesures détaillés à prendre, telles qu'elles peuvent résulter dans le domaine politique, militaire et économique, des articles du présent Traité.

Jusqu'à la signature du Traité supplémentaire les Parties Contractantes se concerteront, de cas en cas, sur les mesures à prendre en commun en face de cas de confl i t survenant.

Ce n'est qu'après avoir déterminé, dans le cas individuel, la manière et l'envergure de l'assistance à prèter, suivant la situation géographique, par un pays à l'autre sur le pian politique, militaire et économique, que les Puissances respectives adopteront et signeront -un accord étant intervenu-ces conventions camme Traité supplémentaire secret2 .

336 3 Vedi D. 311, nota 2.

337 1 Un'annotazione sul documento dice: «Consegnato a S.E. Ciano dall'Addetto Militare giapponese il 27 ottobre 1938-XVI».

337 2 A proposito di questo documento, vi è nel Diario di Ciano questa annotazione: «Gli Addetti Militare e Navale del Giappone mi portano il Patto di alleanza a tre, identico a quello consegnato a Monaco da Ribbentrop. Sono sempre dell'idea di frigoriferarlo, tanto più che Perth mi ha segretamente comunicato la decisione britannica di mettere in vigore il Patto di aprile, a partire dalla metà di novembre. Noi dobbiamo tenere le due porte aperte. L'alleanza oggi ne chiuderebbe, forse per sempre, una e non la meno importante. Anche il Duce, cui ne ho fatto rapido cenno, sembra pensarla così».

338

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PERTH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA. Roma, 27 ottobre 1938.

I am glad to be able to inform you in strictest confzdence, for your personal information, and for that of Signor Mussolini, that the Cabinet decided yesterday to bring the Anglo-Italian agreement ofAprii last into force.

As soon as the necessary discussion has taken piace in Parliament, in arranging which the Secretary of State hopes there may be little delay, I shall be authorised to consult with you as to the exact date (the Secretary of State hopes that this will be by mid-November) and method of giving effect to the above decision, which will of course include presentation by me of fresh credentials 1•

339

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, PREZIOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4990/1294. Bruxelles. 27 ottobre 1938 (per. il 31).

Gli accenni fatti dall' Evening Standard, dal Daily Herald e dal Financial nmes, sia ad una soluzione del problema coloniale tedesco sulla base di una transazione alle spese dei possessi coloniali portoghese e belga, che alla disposizione del Reich ad accettare una cessione di territori equivalenti a quelli da esso perduti a seguito della grande guerra, ha subito di nuovo gettato l'allarme in queste sfere politiche ed in larga parte della stampa.

La maggior preoccupazione è che il Foreign Office si mantiene riservato; e difatti, pur ricordandosi le antiche assicurazioni date dal governo di Londra, quale la dichiarazione scritta rimessa nel settembre 1914 dal Ministro britannico che riaffer

Sulle due questioni-ritiro di piloti italiani e bombardamento delle navi britanniche-Lord Perth insistette ancora in un colloquio del 31 ottobre con Ciano, il quale peraltro non modificò la sua posizione negativa. Anche su questo colloquio si ha soltanto il resoconto de li'ambasciatore britannico (ibid., D. 371 ).

mava l'integrità del Congo, o le parole pronunziate alla Camera dei Comuni da Eden nel dicembre scorso 1 , non si nasconde l'impaziente desiderio di una qualche nuova esplicita dichiarazione da parte del governo britannico.

Nelle sfere politiche si prospetta l'idea che Spaak dovrebbe anche lui abboccarsi col Sig. Pirow, Ministro della Guerra e dei Trasporti dell'Africa del Sud, il quale, com'è noto, trovasi attualmente a Lisbona, e che sarà ben presto a Londra2 . Al riguardo, si nota che il Pirow è un forte avversario delle aspirazioni coloniali tedesche ed un grande partigiano del progetto relativo al circuito aereo dell'Africa, il quale ingloberebbe quasi tutto il Congo. Altri sostengono invece che il governo belga dovrebbe astenersi d'ogni azione, all'infuori di un solenne rifiuto a qualunque cessione, e ciò per evitare il sospetto che esso non escluda in definitiva l'eventualità di un qualche mercanteggiamento.

Particolare attenzione ha ricevuto pure la notizia che il Governo britannico, invitato dal Consiglio legislativo del Tanganika a disperdere con una sua dichiarazione la delineantesi incertezza sul destino di detto territorio, ha risposto vagamente di non essere in grado di aggiungere alcunché alle dichiarazioni già fatte nel passato.

Di questo stato di preoccupazione si avvalgono intanto i socialisti estremisti per sostenere che la politica di indipendenza ha significato una pericolosa separazione dagli antichi alleati. Nella Commissione degli Affari Esteri di ieri un membro socialista ha anzi detto che l'abbandono d'ogni legame speciale con la Francia e l'Inghilterra è venuto a lasciare il Belgio senza difesa alcuna di fronte ad una Germania desiderosa di colonie, e che è sempre più da temersi che il Belgio finisca col fare le spese principali d'un accordo dei Quattro3•

338 1 Negli archivi italiani non si è trovata documentazione sul colloquio avvenuto in questa occasione tra Ciano e Lord Perth. Secondo il resoconto dell'ambasciatore britannico (in BD, vol. III, D. 360), Lord Perth tornò ad insistere per il ritiro dalla Spagna di un certo numero di piloti italiani e sollecitò ancora un intervento di Mussolini presso Franco perché fosse posto termine ai bombardamenti di navi britanniche da parte dell'aviazione nazionale ma Ciano replicò che il rimpatrio di altri volontari oltre ai diecimila previsti avrebbe dato l'impressione che l'Italia stesse abbandonando Franco e, quanto ai bombardamenti di navi, ripeté che il governo italiano non poteva interferire nelle decisioni di ordine militare di Franco. Lord Perth sollevò anche la questione di un possibile armistizio o di una mediazione nel conflitto spagnolo e Ciano rispose che il governo italiano non intendeva fare pressioni su Franco ma che non avrebbe sollevato obiezioni se fosse stato lo stesso Franco a desiderare una mediazione o a voler trattare un armistizio.

340

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5708/741 R. Londra, 28 ottobre 1938, ore /.()8 (per. ore 4.30).

lngram, capo dipartimento Foreign Oftice che si occupa affari Italia, nel mettermi al corrente comunicazione fatta oggi a V. E. da Perth 1 circa decisione del Gabinetto per messa in vigore dell'accordo italo-inglese, ha tenuto ad informarmi di quanto segue:

l) decisione Gabinetto, a seguito proposta Chamberlain e Halifax, è stata unanime;

339 è Circa il viaggio di Pirow nelle capitali europee si veda il D. 354, nota l.

2) Chamberlain si propone sottoporre questione ai Comuni sin dalla prima seduta di martedì primo novembre;

3) governo intende limitare durata dibattito parlamentare sulla questione dell'entrata in vigore accordo italo-inglese non oltre giornate martedì, mercoledì e giovedì, in modo che dibattito sia concluso prima della proroga della sessione che avrà luogo 3 novembre;

4) Parlamento tornerà riunirsi 8 novembre per l'apertura nuova Sessione in occasione della quale verrà pronunciato discorso della Corona. Discorso conterrà specifico riferimento ali' entrata in vigore accordo italo-inglese;

5) per quanto governo si attenda critiche dell'opposizione e forse anche di qualche conservatore di sinistra, esso non ha dubbi che maggioranza Comuni approverà entrata in vigore dell'accordo;

6) immediatamente dopo Foreign Office sottoporrà firma del Sovrano nuove credenziali indirizzate S.M. il Re d'Italia Imperatore d'Etiopia. Foreign Office conta poter essere in grado far pervenire credenziali a Perth a mezzo di corriere in arrivo a Roma mercoledì nove novembre;

7) Perth avrà quindi incarico di discutere e fissare con VE. data entrata in vigore accordi di Roma; governo britannico desidera che tale data sia per quanto possibile prossima.

Ingram, nel comunicarmi quanto precede, mi ha precisato che Foreign Office si asterrà per il momento dal darne notizia alla stampa.

339 1 Il 21 dicembre 1937, l'allora ministro degli Esteri Eden aveva dichiarato ai Comuni che il governo britannico non aveva la più lontana intenzione di cercare un accordo con la Germania in campo coloniale a spese di altre Potenze coloniali.

339 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

340 1 Vedi D. 338.

341

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5727/175 R. San Sebastiano. 28 ottobre 1938. ore 20 (pe1: ore 3.40 del 29).

Ammiraglio Canaris, che trovasi da qualche giorno qui, è stato ieri invitato telegraficamente da von Ribbentrop trovarsi Roma oggi per riferirgli sulla situazione spagnola. Non potendo detto ammiraglio con alcun mezzo raggiungere Roma in tempo utile, egli ha fatto pervenire a von Ribbentrop d'accordo con questo ambasciatore di Germania un rapporto telegrafico 1•

Da quanto mi ha detto von Stohrer, le conclusioni del rapporto stesso sarebbero in sostanza le seguenti: equilibrio situazione militare; imprevedibilità di una soluzione relativamente vicina con la sola via delle armi; necessità di un nuovo appariscente

successo di Franco possibilmente prima dell'inverno; dopo di che si potrebbe ritenere creata la condizione favorevole per una soluzione diplomatica secondo la quale Germania e Italia dovrebbero agire sull'Inghilterra perché questa persuada Barcellona della convenienza di capitolare a condizioni da trattarsi coll'intervento delle Potenze predette. Quanto alla Francia, si ritiene che essa si conformerebbe a tale eventuale atteggiamento.

Questi elementi corrispondono sostanzialmente a quelli da me riferiti in precedenza e da ultimo con mio rapporto n. 1566 del 20 corrente 2•

341 1 Vedi DDT, vol. III, D. 687.

342

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 5720/71-J 052 R. Praga, 28 ottobre 1938, ore 20.45.

Comunico riassunto nota cecoslovacca presentata stasera a questo ministro di Ungheria1:

Governo cecoslovacco constata con soddistàzione che governo ungherese è d'accordo di ricorrere all'arbitrato dell'Italia e della Germania con l'obbligo di sottomettersi preventivamente alla decisione delle predette Potenze. Riafferma che attuali negoziati non possono riferirsi che «alla questione delle minoranze ungheresi». Propone quindi:

l) di rivolgere a Roma e Berlino domanda di arbitrato nelle 24 ore dalla ricezione della nota a Budapest;

2) che qualora governo ungherese insista sul punto di vista che un accordo esisterebbe già su alcuni territori -punto di vista che governo cecoslovacco non accetta-tale questione sia sottoposta agli arbitri.

La posizione di Mussolini di fronte agli ultimi sviluppi della guerra spagnola era stata precisata dallo stesso Mussolini all'ambasciatore di Spagna, Garcìa Conde, in un colloquio avvenuto tre giorni prima. Su di esso non è stata trovata documentazione ma nel Diario di Ciano vi è questa annotazione sotto la data del 25 ottobre: «Il Duce riaftèrma la sua intransigenza in materia spagnola: concludere la guerra con la vittoria significa preparare la Spagna imperiale ed eroica; finire la guerra attraverso una mediazione vuoi dire precipitare il Paese nelle condizioni in cui era quando fu ucciso Calvo Sotelo e iniziata la crisi. Si è anche impegnato a soccorrere ulteriormente Franco con le armi ed i rifornimenti, non più con uomini perché in primo luogo non servono e poi perché siamo strettamente sorvegliati ed ogni eventuale spedizione di volontari ci metterebbe in posizione difficile di fronte agli inglesi. Comunque-il Duce ha concluso-la fine si approssima: i rossi cederanno, non subito forse, ma tra breve, poiché la sconfitta di Praga ha determinato anche la sconfitta di Barcellona. E se Franco avrà vinto militarmente avrà il prestigio necessario per governare,così come Kemal Pascià ha vissuto per venti anni sull'indiscusso merito di avere liberato con le armi il Paese».

Quanto a termini e modalità occupazione, governo cecoslovacco esprime certezza che decisione arbitrale interverrà con rapidità e fa presente che esperti militari cecoslovacchi sono già a contatto con addetto militare ungherese a Praga.

Governo cecoslovacco spera fermamente che governo ungherese troverà possibile associarsi senza alcun ritardo a proposte suddette.

341 2 Non rintracciato.

342 1 Il testo della nota cecoslovacca di risposta alla nota ungherese del 27 ottobre (vedi D. 335) è in DU, vol. Il, D. 602.

343

COLLOQUIO TRA IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, VON RIBBENTROP

Roma, 28 ottobre 1938.

Dopo avere esaminato le condizioni e la possibilità del noto Patto a Tre ed anche accennato alla questione spagnola decidendo di comune accordo che si sarebbe ancora continuato a prestare aiuto al Generale Franco, i due Ministri degli Esteri hanno preso in esame la vertenza ungaro-ceca.

Il Conte Ciano ha voluto chiarire a von Ribbentrop il valore e l'influenza in Europa di un arbitrato italo-tedesco della questione. Egli ha fatto presente che mentre si poteva pensare che il Governo inglese non dovesse essere favorevole a tale arbitrato, da una comunicazione fattagli ieri da Lord Perth risultava che invece Londra avreb

343 è Il documento fu redatto dal capo di Gabinetto, Anfuso. Sul colloquio si veda anche il promemoria dell'interprete tedesco Schmidt (in DDT, vol. IV, D. 400) che, oltre ad essere più circostanziato, comprende la prima parte del colloquio-qui non verbalizzata -nella quale vennero discussi l'alleanza !ripartita, l'eventuale Dichiarazione franco-tedesca e i problemi connessi alla guerra civile spagnola.

Fu, probabilmente, nel corso ùi questo colloquio che von Ribbentrop consegnò a Ciano un progetto di trattato di alleanza a tre che nel promemoria di Schmidt viene definito «una versione leggermente modificata» del testo che era stato dato a Ciano il 30 settembre a Monaco. Il progetto è compreso in un elenco di documenti relativi alle trattative per l'alleanza conservato nelle carte di Gabinetto-«progetto consegnato da S.E. von Ribbentrop in occasione del suo viaggio a Roma (27-29 ottobre 1938-XVI). Minuta originale in lingua francese»-ma il documento non è stato rintracciato.

Ciano e von Ribbentrop avevano avuto un primo colloquio la sera precedente, subito dopo l'arrivo a Roma del ministro degli Esteri tedesco. Su di esso vi è nel Diario di Ciano questa annotazione (sotto la data del 28 ottobre): «In realtà Ribbentrop è venuto per l'alleanza militare a tre. Ne abbiamo discusso ieri sera stessa al Grand Ilote!. Ha ripetuto i suoi discorsi del maggio: s'è fitto in testa l'idea della guerra, vuole la guerra, la sua guerra. Non ha, o non dice, quali sono le sue precise direttrici di marcia. Non individua i nemici, né segnala gli obiettivi. Ma vuole la guerra nel giro di tre, quattro anni. Sono stato riservato al massimo ma gli ho lasciato comprendere che noi abbiamo ancora altri problemi da risolvere e forse altre concezioni nell'organizzazione futura della vita internazionale. Gli avvenimenti recenti hanno provato la grande solidarietà tra gli Stati totalitari. L'alleanza esiste di fatto. Perché mettere il campo a rumore con un patto che non avrebbe altre conseguenze se non quelle di attirare su di noi l'odiosità verso il provocatore? Questione Ceco-Magiara. Non aveva capito l'importanza politica dell'arbitrato dell'Asse. È-gli ho detto-il sigillo sul fatto che ogni influenza franco-britannica è crollata per sempre nell'Europa danubiana e balcanica. Un evento gigantesco: di portata non inferiore a quello di Monaco. Forse si è convinto. Ma è ostile agli Ungheresi e difende la causa dei Cechi con un impegno che qualificherei spudorato».

be visto non solo senza preconcetti ma con soddisfazione un intervento diretto, in qualità di arbitre, delle due Potenze dell'Asse. Stando così le cose -ha proseguito il Conte Ciano-non vi è nessun dubbio che una affermazione di questo genere consacrerebbe un diritto della Germania e dell'Italia di dirimere le questioni dell'Europa centrale mentre affermerebbe presso le popolazioni tanto ceche che magiare l'influenza esclusiva dell'Asse. Von Ribbentrop che già in un precedente colloquio aveva prospettato al Conte Ciano la sua esitazione ad aderire all'idea dell'arbitrato, si è lasciato guadagnare dalle argomentazioni del Conte Ciano e vi ha scmio tanto l'interesse germanico che la possibilità di conciliare divergenze ungaro-ceche nel nome dell'Asse. Ha aggiunto che in base ai chiarimenti del Conte Ciano egli avrebbe in giornata avanzato nuove proposte al Ftihrer-il quale non era finora propenso ali 'idea dell'arbitrato -e sperava di attenerne il di lui assenso. Per quanto si riferiva alle richieste ungheresi e alle resistenze ceche, il Conte Ciano, dopo aver tracciato cronologicamente le varie fasi delle richieste magiare e dei rispettivi interventi italiano e tedesco a Praga e a Budapest e dopo aver chiarito i punti essenziali dei desiderata ungheresi, proponeva a von Ribbentrop di stabilire intanto un accordo di massima itala-tedesco da servire di intesa per il futuro arbitrato. Il Conte Ciano riteneva, dall'esame dei documenti e dai colloqui avuti con gli ungheresi, che l'Ungheria e lo stesso Governo ungherese potevano essere accontentati -assicurando con questo la riconoscenza del Paese magiaro all'Asse-inducendo la Cecoslovacchia a cedere loro tre delle città per cui erano in corso contestazioni e precisamente quelle dei distretti orientali: Kassa, Munk:ics e Ungv:ir. Per Poszony e Nitra il Conte Ciano riteneva che etTettivamente non sarebbe stato possibile dar corso alle domande magiare. Ma alla rinuncia a tali due città sembrava al Conte Ciano che i magiari si fossero già adattati ed è perciò nella cessione dei tre centri anzidetti-specie di Kassa a cui gli ungheresi tenevano in modo particolare-che egli vedeva la possibilità di dirimere la vertenza. In cambio di tale cessione gli ungheresi avrebbero dovuto rinunciare alle loro pretese sulla Slovacchia e sulla Rutenia. Obiettava von Ribbentrop che una simile soluzione avrebbe provocato una reazione da parte slovacca e possibilmente dei movimenti a fondo separatista che la Germania e l'Italia come arbitre e garanti avrebbero dovuto fronteggiare con le armi. A tale obiezione ribatteva il Conte Ciano che un'ipotesi del genere si sarebbe difficilmente verificata in quanto, a parte l'accordo contingente degli slovacchi con Praga, non vedeva l'interesse slovacco a giungere a tali estremi.

Il signor von Ribbentrop, dopo aver accennato a quelle che erano state le richieste di Dar:inyi e che hanno provocato un fondamentale equivoco che è durato tìno ad ora, tìniva per prendere in attenta considerazione la tesi esposta dal Conte Ciano e, abbinandola alla possibilità dell'arbitrato e ripetendo che tale possibilità veniva entro oggi deferita al Ftihrer, concludeva dicendo che il piano di arbitrato, insieme alla linea generale del soddisfacimento delle richieste ungheresi tracciata dal Conte Ciano, potrebbe costituire la più seria base per la soluzione della vertenza ceco-magiara3 .

343 1 Ed. in L Europa verso la catastrofe, pp. 370-372, dove peraltro non è riportata la frase iniziale.

343 3 A proposito di questo colloquio vi è nel Diario di Ciano la seguente annotazione (sotto la data del 28 ottobre): «Riferisco al Duce. È d'accordo sulla necessità di rinviare a tempi nuovi la stipulazione dell'alleanza, che non sarebbe affatto popolare in Italia, soprattutto in considerazione del risentimento antitedesco che anima le grandi masse cattoliche».

344

COLLOQUIO TRA IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, VON RIBBENTROP

PROMEMORIA. Roma, 28 ottobre 1938.

Ribbentrop espone i concetti che inducono il Governo del Reich a ritenere molto utile, nel momento attuale, la stipulazione di un Patto di alleanza militare tra Italia, Germania e Giappone. Il Fi.ihrer è convinto che dobbiamo contare inevitabilmente su una guerra con le democrazie occidentali nel giro di pochi anni, forse tre o quattro. Dopo quanto è avvenuto a Monaco, l'Asse è in posizione eccezionalmente favorevole, tanto favorevole che negli stessi nostri Paesi vi è qualcuno che non riesce a rendersene esattamente conto. L'alleanza oggi è da considerarsi un passo utile e prudente: bisogna tener presente che un'alleanza esiste tra la Francia e la Gran Bretagna e che, seppure affievolito, è ancora in vigore il Patto franco-russo. Un'eventuale alleanza, secondo la proposta tedesca, non farebbe altro che metterei sulla stessa linea degli altri.

Il Fi.ihrer ha finora esitato a proporre l'alleanza per le due ragioni seguenti: l) Riteneva che le grandi democrazie avrebbero intensificato la loro azione di riarmo e che gli uomini che in Francia ed in Inghilterra rappresentano le correnti di conciliazione con gli Stati totalitari sarebbero stati scossi nelle loro posizioni. Adesso il Fi.ihrer è giunto alla conclusione che, indipendentemente da ogni nuovo avvenimento politico, la Francia e l'Inghilterra hanno fatto e faranno il massimo sforzo in materia di armamenti. Ciò nonostante il vantaggio preso dalla Germania e dall'Italia è tanto forte che non potremo più essere raggiunti. Per quanto concerne la posizione di Chamberlain e Daladier sono abbastanza bene piazzati ed anche la stipulazione di una alleanza tripartita non potrebbe provocarne la caduta. 2) L'America. Si ritiene da tal uni che l'alleanza tripartita favorirebbe l'alleanza tra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. Il Fi.ihrer è giunto a conclusioni contrarie: gli Stati Uniti si isoleranno sempre più, se si manifesterà una minaccia di guerra. La crisi cecoslovacca ha provato che l'America è il Paese che sa fare le ritirate più complete e più rapide. Anche i giapponesi condividono tale giudizio: gli Stati Uniti non si vorranno immischiare in nessun conflitto e tanto meno se il Giappone fosse in esso coinvolto.

La Germania svolge una politica di grande amicizia e collaborazione col Giappone dal 1933. Oggi la posizione del Giappone è formidabile: il dominio sulla Cina è, e sarà tra breve, assoluto. Ormai l'obiettivo più prossimo del dinamismo giapponese non è la Russia, bensì la Gran Bretagna. In caso di guerra con le democrazie occidentali, l'alleanza militare giapponese sarà preziosa. Bisogna fin da ora preparare la col

laborazione militare con questo popolo. Occorre però tener presente che in Giappone vi sono due correnti opposte: la corrente imperialista e quella che potremmo chiamare finanziaria, che tenderebbe piuttosto ad un accordo coi Paesi democratici ed alla preparazione di un lungo periodo di calma. Hitler ritiene che avendoci oggi il Giappone offerto questo patto, conviene accettarlo, poiché altrimenti potrebbero prevalere le forze conservatrici ed imporre l'intesa con l'Inghilterra.

La crisi cecoslovacca ha mostrato la nostra forza. Noi abbiamo il vantaggio della iniziativa e siamo padroni dell'azione. Siamo inattaccabili. La situazione militare è ottima: fin dal settembre potevamo affrontare una guerra con le grandi democrazie. La Germania avrebbe messo in campo, tìn da principio, 98 divisioni.

Espone la situazione delle forze armate: fortissimo l'esercito; fortissima l'aeronautica; in via di rapido sviluppo la marina, la quale sarà tra breve sufficiente ad impegnare nel Mare del Nord una notevolissima parte della flotta britannica.

Per quanto concerne poi la situazione politica, la Cecoslovacchia si può considerare liquidata. Nel settembre sarebbero occorse due settimane per completarne l'invasione: oggi bastano quarant'otto ore. Le frontiere tedesche sono tanto ravvicinate che in taluni punti le artiglierie sono state retrocesse di alcuni chilometri per impedire che battessero le altre artiglierie tedesche al di là della Cecoslovacchia.

Nei confronti della Polonia, il Reich intende continuare a sviluppare la politica di amicizia, rendendosi conto di quelle che sono le necessità vitali della Polonia ed in primo luogo lo sbocco al mare. Vi sono altri Paesi che vogliono stringere sempre più i legami con l'Asse: Jugoslavia, Romania ed Ungheria. Ad Oriente la Russia è debole e lo sarà per molti anni: tutto il nostro dinamismo può dirigersi contro le democrazie occidentali. Questa la ragione fondamentale per cui la Germania propone il Patto e lo ritiene adesso tempestivo.

Il Duce è d'accordo che vi sarà la guerra nel giro di pochi anni tra l'Asse, la Francia e l'Inghilterra. Ciò è nel dinamismo storico. Si è determinata una frattura, insanabile fra i due mondi. Bisogna riconoscere che tra Londra e Parigi esiste una alleanza difensiva simile a quella che ora viene proposta dalla Germania. Inoltre, sono già in atto contatti tecnici fra gli Stati Maggiori. Tra l'Italia e la Germania invece non esistono Patti scritti, poiché ormai si possono considerare sorpassati i Protocolli di Berchtesgaden2 che contemplavano problemi contingenti. Esiste il Patto Anticomunista di Roma, in cui predomina il carattere ideologico e che ci impegna a fondo insieme con il Giappone. Non si deve però dimenticare che tra l'Italia e la Germania vi è la solidarietà di regimi, nonché l'interesse reciproco di aiutarsi anche se l'impegno non è consacrato in un documento uftìciale. L'attitudine dell'Italia è stata chiara nel passato e lo sarà sempre quando fossero in giuoco le sorti dei due Regimi.

Crede che si debba arrivare alla conclusione di questa alleanza, ma fa una precisa riserva sul momento in cui converrà stringere tale Patto. Premette che si esprimerà con la chiarezza che è doverosa verso gli amici e che considera l'alleanza un impegno

sacro che si deve in qualsiasi evenienza rispettare ed eseguire al cento per cento. Perciò bisogna fare un esame della situazione in Italia. L'Asse ormai è popolare: gli Italiani sono fieri di questo sistema politico che ha già dato così formidabile prova nelle recenti vicende mondiali. Nei confronti, però, dell'alleanza militare l'opinione pubblica sarebbe in alcuni suoi settori ancora impreparata. L'Aviazione è favorevole; la Marina abbastanza favorevole; l'Esercito favorevole nei bassi gradi, mentre nei medi gradi e sopratutto negli alti gradi esistono ancora dei larghi settori di riserbo. Resta bene inteso che quando il Governo deciderà tale alleanza tutti obbediranno e nessuna obiezione verrà mossa.

l contadini ed anche gli operai sono simpatizzanti con la Germania nazista e vedrebbero con favore qualsiasi nuovo impegno. La borghesia invece meno. La borghesia continua a guardare Londra con un certo interesse e ciò perché i borghesi identificano erroneamente la potenza con la ricchezza. Un'altra ragione di freddezza nei confronti di un'alleanza con la Germania sarebbe rappresentata dalla lotta tra il Nazismo e il Cattolicesimo, mentre l'accordo diventerebbe molto popolare se una distensione in materia religiosa si determinasse in Germania.

Il Duce afferma che è sua volontà di fare questa alleanza allorché l'idea sia stata tàtta convenientemente maturare nelle grandi masse popolari. Oggi ancora non lo è. Il popolo italiano è giunto alla fase «Asse»: non ancora a quella dell'alleanza militare. Vi può del resto giungere molto rapidamente.

Il Duce continua affermando che lo stesso Asse comporta, come è stato provato dagli avvenimenti recenti, un concetto di solidarietà militare anche senza un Patto di alleanza. Quando questo Patto sarà fatto, la preparazione spirituale del popolo italiano dovrà essere compiuta in modo tale da assicurare una entusiastica accoglienza a tale evento.

Ribbentrop domanda se il popolo italiano non potrebbe già fin d'ora ravvisare in un Patto del genere uno strumento di difesa e di espansione dell'Impero. Il Duce ritiene di sì. Del resto il popolo è convinto che tra l'Italia e la Germania esiste la più assoluta solidarietà di fatto. In settembre avevamo mobilitato 400.000 uomini alla frontiera francese ed eravamo pronti ad attaccare la Francia. È convinto che con la Francia dovremo un giorno regolare molte partite in sospeso, che non potranno essere liquidate senza la guerra. La Francia non rispetta che i popoli che l'hanno battuta.

Ribbentrop ripete alcune argomentazioni di carattere militare e dice che in caso di guerra Italia e Germania potrebbero mettere in campo 200 divisioni che al comando del Duce e del Fi.ihrer raddoppierebbero di potenza. Il Duce è d'accordo nel ritenere che le forze italo-tedesche unite sono imbattibili non soltanto per la loro preparazione materiale quanto perché si tratta di eserciti politici e la storia ha provato che gli eserciti si battono in ben altra maniera quando sono portatori di una fede politica. Ribadisce però il fatto che le condizioni per una alleanza devono tuttora maturare. Non esclude nemmeno che il Papa, col quale le nostre relazioni sono piuttosto tese, possa, di fronte all'alleanza, compiere un gesto che metterebbe in una situazione difficile molti cattolici. Assicura che nel frattempo niente sarà fatto tra noi e la Francia e l'Inghilterra. Con l'Inghilterra esiste il patto di aprile che tra poco entra in vigore, ma che nel frattempo ha perso molta della sua importanza. Coi francesi la situazione continua ad essere estremamente difficile.

Allorché l'alleanza tra noi e la Germania apparirà matura bisognerà fissarne gli obiettivi. Noi non dobbiamo fare una alleanza puramente difensiva. Non ve ne sarebbe bisogno perché nessuno pensa di attaccare gli Stati totalitari. Vogliamo invece fare un'alleanza per cambiare la carta geografica del mondo. Per questo bisognerà fissarci gli obiettivi e le conquiste: per pmte nostra sappiamo già dove dobbiamo andare.

Ribbentrop concorda col Duce su questa concezione dell'alleanza e conferma che il Mediterraneo è destinato a divenire un mare italiano. La Germania intende agire a tal fine. Per due volte l'Italia ha dato prova della sua amicizia verso la Germania. Adesso è la volta dell'Italia, di profittare dell'aiuto tedesco. L'opinione pubblica in Germania è tutta favorevolissima all'intesa e anche all'alleanza con l'Italia. Se vi sono ancora in certe classi borghesi dei mormoratori, bisogna tener presente che si tratta di persone che non contano più niente nella vita del Paese e che sono nemici anche del Nazional-socialismo. Contìdenzialmente aggiunge che il FUhrer sta preparando un'altra fondamentale epurazione che ricorderà quella compiuta il 4 febbraio 3 .

Passando ad altri argomenti, viene esaminato il problema dei rapporti cecomagiari e si decide in favore di un arbitrato dell'Asse da farsi in Vienna mercoledì 2 novembre.

In relazione alla Spagna viene deciso di continuare ad aiutare Franco con l'invio di armi ed altri rifornimenti di guerra. Il colloquio ha termine alle ore 20 4•

344 1 Ed. in. L 'Europa verso la catastrofe, pp. 373-378.

344 2 Ritèrimento al Protocollo italo-tedesco del23 ottobre 1936 (testo in serie ottava, vol. V, D. 273).

345

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2898/J 068. Varsavia. 28 ottobre 1938 (pe1~ il 31).

Tutte le volte che appaiono in Germania o in Inghilterra degli accenni al problema delle rivendicazioni coloniali tedesche, l'opinione polacca manifesta il più vivo interessamento, non tanto per l'importanza politica generale che riveste la questione per se stessa, quanto per il desiderio di profittare del!' occasione per agitare,

344' Riferimento ai mutamenti effettuati da Hitler nei vertici militari e diplomatici ed alla nomina di von Ribbentrop a ministro degli Esteri. Si veda in proposito serie ottava, vol. VIII, DD. 99, l 03 e l 04.

per quanto ancora in forma nebulosa, un problema coloniale polacco la cui base giustificativa dovrebbe essere costituita dalla nota questione della distribuzione delle materie prime.

Tra le notizie al riguardo pubblicate in questi giorni dai giornali polacchi vi è da registrare una corrispondenza da Londra apparsa nell'ufficiosa Gazeta Polska. secondo la quale nella politica inglese si andrebbero delineando i seguenti principi:

l) Il problema in questione non riguarda soltanto l'Inghilterra, ma anche tutti gli Stati mandatari; 2) Ogni cambiamento dell'attuale situazione deve ottenere l'approvazione della Lega delle Nazioni; 3) Non è previsto il trastèrimento dei mandati; 4) L'Inghilterra non prenderà iniziative in materia; 5) È escluso che l'Inghilterra rinunci ai mandati se non lo faranno le altre Potenze mandatarie; 6) Ciò non potrà avvenire se prima non verranno garantiti gli interessi delle popolazioni locali.

Dopo avere riprodotto l'informazione del suo corrispondente, l'organo ufficioso polacco scrive testualmente: «La Polonia s'interessa vivamente al problema coloniale e ritiene di aver diritto di esigere che siano tenuti in considerazione i suoi interessi nella nuova divisione dell'Africa» 1•

344 4 La sera dello stesso 28 ottobre, Ciano si incontrò di nuovo con von Ribbentrop. In proposito vi è nel suo Diario questa annotazione: «Nel pomeriggio ha luogo il colloquio a tre a P. Venezia. È verbalizzato. Ribbentrop, che forse si attendeva un'accettazione pura e semplice dell'offerta di alleanza, rimane contraddetto, tanto che il Duce mi incarica di parlargli nuovamente, dopo pranzo, per ribadire il concetto che il rinvio non significa ritìuto e che la solidarietà tra le Potenze dell'Asse è totale anche senza un documento scritto».

346

L'INCARICATO D'AFFARI A L'AJA, DE VERA D'ARAGONA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1792/720. L 'Aja. 28 ottobre 1938 (per. il ] 0 novembre).

Si ripete in questi ambienti che, per quanto la Germania non abbia ancora precisato le sue esigenze coloniali, pur non di meno è fuor di dubbio che il Governo inglese consideri tale questione come un problema che bisognerà risolvere al più presto. Lo studio del medesimo e le sue eventuali soluzioni sono del resto in rapporto all'azione di Chamberiain che mira a concludere un'effettiva conciliazione europea. Londra avrebbe così già preso in esame le possibilità pratiche per giungere a soddisfare le richieste tedesche in proposito. Il corrispondente londinese del Nieuwe Rotterdamsche Courant ha ieri informato di essere in grado di assicurare che l'Inghil

terra avrebbe di già redatto una base di progetto, sebbene non ancora concreto nei suoi dettagli. È chiaro che, perché esso lo divenga, bisognerà ottenere il consenso delle parti interessate, cioè delle Potenze mandatarie in Africa: Francia, Belgio, e Unione del Sud Africa. La base di tale progetto ha carattere esclusivamente britannico, ma, come l'Inghilterra costituisce l'elemento più competente o meglio più interessato ad elaborare le deliberazioni sulla questione coloniale, così è assai comprensibile che essa abbia preso l'iniziativa e redatto un relativo piano di massima. Secondo tale progetto che potrà subire opportune modificazioni od integrazioni, e che per ora non rappresenta altro che un'orientazione generica, l'Inghilterra sarebbe disposta a cedere alla Germania i seguenti territori: il Camerun e il Togoland (mandati inglese e francese) Ruanda ed Urundi (mandato belga) una zona del Monzambico portoghese, una zona del Congo belga, ed altra del Tanganika (mandato inglese). Evidentemente l 'Inghilterra indennizzerebbe poi il Portogallo ed il Belgio per lacessione di parte dei territori di loro sovranità.

Ma a considerare le dichiarazioni sovente ripetute da elementi responsabili tedeschi che Berlino richiede sic et simpliciter la restituzione di tutte le sue colonie, sembra a prima vista assai dubbio che la Germania si voglia contentare dell'offerta predetta.

Vi sono però già degli indizi che la Germania non esiga più una reintegrazione totale di tutto il suo impero coloniale. Sembra anzi che la Germania insista soltanto per la restituzione delle sue colonie in Africa cioè: Camerun, Togo, Tanganika (Deutsche Ost-Afrika), e Africa Sud Ovest (Deutsch Stid-West-Afrika). Se poi la restituzione di tali territori incontrasse dit1ìcoltà insormontabili, la Germania, a quanto si dice, sarebbe disposta a ricevere in compenso altri territori, ma tali che costituiscano o possano costituire un solo assieme geografìco. Un colpo d'occhio su di una carta geografica in relazione a quanto ho precedentemente esposto, non risponderebbe allora a quest'ultima esigenza.

Il fatto che la questione coloniale formi in questo momento oggetto di deliberazioni nelle coulisses delle varie cancellerie si manifesta nel recente viaggio del Ministro della Difesa dell'Unione del Sud Africa, Oswald Pirow che, giunto a Marsiglia, si è diretto a Lisbona per discutere con le autorità portoghesi la questione delle antiche colonie germaniche 1• A suo dire, egli si recherebbe poi a Londra ed anche in Germania, per trattare direttamente con Hitler il problema in oggetto.

Questo viaggio è significativo perché oltre ad implicare una reale indipendenza politica del Dominion, prova la correlazione di interessi che esistono tra il Sud Africa e le colonie portoghesi del Mozambico all'Est e dell'Angola all'Ovest. Né va dimenticato, nell'occasione, che alla fine del secolo XIX una delle mire coloniali tedesche era precisamente quella di costituirsi un grande impero transafricano dall'Africa Orientale tedesca all'Africa del Sud Ovest inglobandovi i territori intermedi, disegno che non riuscì, fra l'altro, per opera di Cecil Rhodes che creò la Rhodesia per impedire il collegamento fra l'Est Africa tedesco ed il Sud Ovest.

È evidente che non solo l'Unione del Sud Africa si opporrebbe ancora risolutamente a tale disegno, ma anche l'Inghilterra, sia per non perdere la nota linea territoriale di comunicazione diretta Cairo-Città del Capo, sia per non lasciare isolato il Dominion del Sud Africa. L'importanza marittima-strategica di questa ampia regione è nella presente situazione europea ancora accresciuta perché rappresenta di per sé uno dei migliori punti d'appoggio sulla rotta occidentale delle Indie che, per quanto più lunga, può però presentare in confronto a quella orientale più breve (Gibilterra-Suez-Aden-Oceano Indiano) maggior sicurezza e maggior libertà di movimento, sia per i rifornimenti che per la navigazione britannica in rapporto al suo grande impero delle Indie.

345 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

346 1 Sulla visita di Pirow in Portogallo si vedano i DD. 354 e 357.

347

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 5745/263 R. Budapest, 29 ottobre 1938, ore 19 (pe1~ ore 22).

Dati gli stretti contatti fra Ungheria e Polonia durante tutto il corso della vertenza cecoslovacca ed il pieno appoggio ricevuto dal governo polacco soprattutto per la questione rutena, governo ungherese appare oggi assai imbarazzato nei riguardi dei polacchi di cui sono note, d'altra parte, le suscettibilità.

Capo di Gabinetto del ministro degli Affari Esteri, che mi ha messo al corrente con commossa gratitudine ed ammirazione dell'opera svolta daii'E.V., mi ha vivamente pregato di interessare l'E. V. a nome del governo ungherese perché voglia, ove possibile, esaminare l'eventualità di trovare modo di spiegare confidenzialmente al governo polacco atteggiamento dell'Ungheria e la sua rinunzia a rivolgersi anche alla Polonia come sarebbe stato suo desiderio.

Governo ungherese è molto preoccupato per la questione della Rutenia: le recenti misure del governo di Praga contro Brody 1 sono un argomento per le basi dell'autodecisione; ma si teme che la Germania non vorrà consentire alla frontiera comune ungaro-polacca, senza una contropartita da parte polacca.

Capo di Gabinetto mi ha detto che sarebbe segnalata la presenza di agenti tedeschi fra gli ucraini della Rutenia.

Comunque se assegnazione della Rutenia non fosse ora decisa dall'arbitrato, ciò significherebbe la fine del sogno ungherese: la garanzia che la Germania accorderebbe poi alle nuove frontiere cecoslovacche non permetterebbe che la questione fosse mai più sollevata.

34 7 1 Il presidente del governo autonomo subcarpatico, Andrej Brody, era stato arrestato il 27 ottobre sotto l'accusa di alto tradimento.

348

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATO 5736/750 R. Tokio, 29 ottobre 1938, ore 20,40 (per. ore 14. 55).

Per quanto ambasciata di Germania, come già ho riferito, abbia da mesi mutato linguaggio e contegno verso il Giappone, questi militari non hanno dimenticato e serbano oltre al risentimento qualche diffidenza.

Malgrado ciò, per ragioni di politica internazionale e anche interna, non solo non ne fanno mostra, ma si rendono conto dell'utilità di più stretti vincoli con Berlino.

349

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI TEDESCO, VON RIBBENTROP

Roma, 29 ottobre 1938.

Per quanto concerne la visione del futuro concordo con le considerazioni che hanno ispirato la proposta giapponese. Per quanto riguarda la proposta di un Patto di alleanza militare, preciso quanto segue:

l) Se si tratta di alleanza militare a carattere difensivo essa non è assolutamente necessaria e nemmeno urgente.

Nessuno oggi e nemmeno domani è in grado di attaccare gli stati totalitari. a) Perché gli Stati totalitari sono più forti. b) Perché farebbero blocco insieme.

Per una politica sul piano difensivo basta il Patto Anti-Comintern e l'Asse Roma-Berlino. 2) Se si tratta di un'alleanza non difensiva, ma offensiva, occorre: a) che gli scopi da raggiungere dai tre Stati siano chiaramente definiti e concordati. b) che l'alleanza sorga da una amicizia radicata e profonda fra i popoli.

Questa nota tù consegnata da Mussolini a von Ribbentrop in un colloquio che ebbe luogo a Palazzo Venezia la mattina del 29 ottobre alla presenza di Ciano. Di tale colloquio non è stato trovato il verbale, né italiano, né tedesco. Ciano, nel suo Diario annotò che in quella occasione non era stato detto niente di nuovo.

Lo stesso pomeriggio ebbe luogo un altro colloquio tra Ciano e von Ribbentrop. Neanche di esso è stato trovato verbale. In proposito Ciano cosi annotava nel suo Diario: «Ribbentrop viene a Palazzo Chigi ovc fissiamo alcuni punti in relazione all'arbitrato di Yienna. Ribbentrop difende a spada tratta la causa ceca e contesta il territorio agli ungheresi con lo stesso impegno con cui, a Monaco, lo pretendevano da Praga. Ho però l'impressione che, insistendo, riuscirò a spuntarla per le tre città orientali».

Quando queste ultime condizioni si siano verificate e sia oramai chiaro che l'urto è inevitabile, l'alleanza sorgerà naturalmente come una logica conseguenza della situazione.

349 1 Minuta autografa di Mussolini.

350

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 6013/1601. Belgrado, 29 ottobre 1938 (per. il l o novembre).

La stampa governativa della capitale continua a mantenere di fronte agli sviluppi della vertenza cecoslovacca-magiara un atteggiamento di prudente riserva che tradisce tuttavia un senso d'impazienza per le lungaggini delle trattative in corso fra i due Paesi e di preoccupazione per le possibili complicazioni internazionali che potrebbero sorgere. È evidente tuttavia, che le simpatie dell'opinione pubblica, che la stampa rispecchia soltanto debolmente, sono tutte per la Cecoslovacchia nella convinzione che l'accettazione incondizionata delle aspirazioni territoriali ungheresi possa rinfocolare l'antico sogno magiaro del ripristino dei confini storici dell'Ungheria che ancora oggi mostra di esitare a definire la sua posizione nei riguardi dell'unico Stato della Piccola Intesa col quale i suoi rapporti sono in questi ultimi anni migliorati. Così pure attraverso i pacati commenti degli ultimi giorni al viaggio di Beck in Romania 1 , si è potuto scorgere la soddisfazione jugoslava per l'insuccesso della missione del ministro degli Esteri polacco.

Fa contrasto all'atteggiamento prudenziale della stampa della capitale quello dei giornali di provincia, ai quali il governo colla tattica sempre seguita per le questioni più scottanti d'interesse internazionale, lascia un po' più le briglia sul collo. Così non passa giorno in cui lo Sloveneé e lo Jutro, giornali appartenenti a correnti politiche in assoluta antitesi fra di loro, con una solidarietà che ricorda quella di cui diedero prova nei confronti della Germania prima e dopo l' Anschluss, non lancino delle frecciate contro «la tracotanza e la prepotenza ungherese» e «la megalomania polacca».

Anche il Novosti di Zagabria in un articolo editoriale pubblicato ieri non si mostra molto tenero nei confronti dell'Ungheria cui rimprovera il gravissimo errore di aver creduto di poter usare con la Cecoslovacchia gli stessi sistemi della Germania «dimenticando che quest'ultima è un grande Paese, mentre l'Ungheria non è che un piccolo Stato che può ottenere qualche successo soltanto grazie all'appoggio di Roma e di Berlino». Dopo aver detto che gli avvenimenti non si sono svolti come speravano gli ungheresi, colti alla sprovvista dalle repentine decisioni che condussero alla creazione dei governi autonomi della Slovacchia e della Rutenia Subcarpatica, il giornale sembra voler consigliare all'Ungheria di accontentarsi di ciò che effettivamente può esserle accordato abbandonando ogni irrealizzabile chimera.

Il viaggio di von Ribbentrop a Roma ha suscitato enorme interesse in questi circoli politici che sono indotti a riconoscere nell'incontro del ministro degli Esteri germanico con gli uomini di Stato italiani una nuova prova della solidità dell'Asse in contrasto alle voci malevoli che tendevano a dimostrare l'esistenza di un completo disaccordo fra i due Stati totalitari per quanto concerne la soluzione della vertenza cecoslovacco-magiara e delle aspirazioni della Polonia e dell'Ungheria ad una comune frontiera. Gli stessi circoli ritengono che il movente principale del viaggio di von Ribbentrop a Roma è precisamente il desiderio di regolare in pieno accordo con l'Italia lo scottante problema delle aspirazioni ungheresi. Si considera naturalmente che accanto a questo problema verranno anche discussi tutti quelli che interessano direttamente i due Paesi nel quadro della politica europea e mondiale: relazioni con l'Inghilterra, equilibrio delle forze nel Mediterraneo, questione danubiana, rafforzamento del triangolo Germania-Italia-Giappone, ecc. Molto si parla anche della possibilità di un deciso miglioramento dei rapporti dell'Italia e della Germania con la Francia, le cui azioni registrano qui, dopo le dichiarazioni di Daladier a Marsiglia2 , un discreto rialzo.

350 1 Vedi DD. 292, 295, 302 e 307.

351

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AI MINISTRI A BUDAPEST, VINCI, E PRAGA, FRANSONI

T. URGENTISSIMO 844 R. Roma, 30 ottobre /938, ore 10,45.

Italia e Germania sono pronte ad accettare la richiesta di arbitrato dei governi di Praga e di Budapest sotto la condizione che i predetti governi dichiarino ufficialmente che le decisioni dell'arbitrato formulate dall'Italia e dalla Germania saranno accettate dai due governi come regolamento definitivo ed eseguite in conformità di quanto deciso senza alcuna riserva o ritardo.

In caso affermativo, Ciano e Ribbentrop, per conto dei loro governi, sono pronti ad incontrarsi a Vienna mercoledì 2 novembre per effettuare l'arbitrato 1•

Nel Diario di Ciano vi è poi questa annotazione (sotto la data del 30 ottobre): «In serata Mackensen viene a comunicarmi da parte di Ribbentrop che concorda sull'opportunità di dare ai magiari le tre città controverse». Le tre città erano Kassa (Kosice), Ungvar (Uzgorod) e Munkacs (Mukacevo).

350 2 Riferimento al discorso pronunciato il 27 ottobre al congresso del partito radical-socialista a Marsiglia. Daladier aveva affermato che l'interesse fondamentale della Francia era la sicurezza ma che la sicurezza francese non risiedeva soltanto nell'integrità delle frontiere continentali: consisteva anche nella libertà delle comunicazioni della metropoli e del suo impero, una zona di sicurezza vasta che la Francia considerava intangibile (il testo del discorso è in Relazioni Interna::ionali, pp. 765-767).

351 1 L'invio di questo telegramma era stato preceduto da un lungo colloquio di Ciano con l'ambasciatore von Mackensen nel quale erano state anche discusse le linee di frontiera da fissare in sede di arbitrato. Negli archivi italiani non è stata trovata documentazione su questo colloquio: si veda il resoconto dell'ambasciatore von Mackensen in DDT, vol. IV, D. 97.

352

IL CAPO DI GABINETTO, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 30 ottobre 1938.

Il Barone Villani, al quale ho fatto le comunicazioni prescritte dali' E. V. riferendomi al telegramma di Vinci relativo alle rivendicazioni ungheresi suii'Ucraina 1 , mi ha detto che tale comunicazione del nostro Ministro a Budapest deve essere anteriore a una da lui già ricevuta dal suo Governo nella quale è precisato che l'Ungheria si vede costretta ad abbandonare la questione della Rutenia ed anzi prega gli arbitri delle due Potenze d eli'Asse di non volere, sia nel corso delle trattative, sia nel Protocollo finale di arbitrato, menzionare la Rutenia2•

Il Barone Villani mi ha anche accennato alle preoccupazioni del Governo ungherese per calmare le suscettibilità della Polonia esclusa dal prossimo negoziato internazionale3.

Gli ho detto che I'E.V. aveva già provveduto ieri sera a tranquillizzare l'Ambasciatore di Polonia sull 'argomento4•

353

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5570/230 R. Varsavia, 1° novembre 1938, ore 1,45 (per. ore 4,15).

In un colloquio con Beck stasera questi mi ha comunicato che è stato raggiunto un accordo definitivo con la Cecoslovacchia per la questione deii'Oitre-Oiza, ciò che pone sopra una base di normalità i rapporti con Praga e che darebbe alla Polonia libertà di manovra nella politica internazionale. Per quanto si riferisce alle piccole rettifiche di frontiera con la Cecoslovacchia, mi ha detto che non vi sono difficoltà, data la relativa importanza delle zone rivendicate e buone disposizioni due parti.

Beck poi è venuto a parlare del problema che più oggi gli sta a cuore e cioè della Rutenia Subcarpatica. Dopo aver premesso che rivendicazioni su tali territori sono state poste dall'Ungheria tardivamente e da uomini di governo non sostenute con necessaria energia, Beck ha osservato che relativamente a tale problema egli non poteva essere più ungherese di quanto non lo si era stati a Budapest. D'altra parte, per le ragioni note di politica generale, la Polonia non poteva rinunziare a vedere un giorno risolto il problema della Rutenia Subcarpatica secondo il proprio punto di vista.

Sempre in tale ordine d'idee Beck mi ha fatto presente che era intanto della massima importanza che in sede dell'attuale arbitrato sulla base etnica Ungheria potesse ottenere, anche ove occorresse «a spese slovacchi», il massimo territorio nella Rutenia Subcarpatica, comprese le città di Munkacevo e specialmente Uzgorod, e ciò per creare una situazione di fatto che costituisca una solida base per l 'avvenire per la completa realizzazione di quello che rimane uno dei postulati della politica polacca.

352 1 Nota del documento: «Telegramma da Budapest 263 del 29 ottobre». Vedi D. 347.

352 2 In questo senso si esprimeva anche Kanya con il ministro Vinci al quale ora dichiarava, rettificando quanto era stato detto il giorno precedente dal suo capo di Gabinetto, che se la questione della Rutenia non poteva essere risolta subito in favore dell'Ungheria, il governo ungherese avrebbe preferito che non se ne parlasse aftàtto «in modo da avere le mani libere» (T. 5751/265 R. del 30 ottobre).

352 3 Vedi D. 347.

352 4 In proposito non è stata trovata documentazione.

354

IL MINISTRO A LISBONA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TEL!SPR.l935/1 o18. Lishona, / 0 novemhre 1938 (per. il 5).

Mio te l espresso n. 1881/983 del 25 ottobre u.s. 1•

Il Signor Pirow Ministro della Difesa Nazionale dell'Unione del Sud Africa è giunto a Lisbona la sera del 25 ottobre a bordo di un quadrimotore Junkers 90 della Lufthansa messo a sua disposizione dalla Compagnia Aerea tedesca. È ripartito il 30

u.s. con un apparecchio della British Imperia! Ainvays diretto a Saragozza.

È stato accolto dal Governo portoghese con ogni possibile dimostrazione di amicizia ed il lungo programma nel quale la visita è stata inquadrata ha il carattere delle manifestazioni che di solito vengono organizzate per il Capo di uno Stato amico più che per un Ministro. L'interesse del Governo portoghese per l'Unione Sud-Africana non ha bisogno di essere ancora una volta illustrato; esso è determinato dalla posizione delle due maggiori colonie portoghesi in Africa che confinano con i territori dell'Unione ed hanno con essa rapporti ben noti. Vi è inoltre attualmente la questione delle rivendicazioni coloniali tedesche.

Il ministro Pirow soggiornava in Portogallo dal 25 al 29 ottobre (si veda in proposito anche il D. 357) e, dopo essersi recato il 30-3 l ottobre nella Spagna Nazionale dove incontrava Franco, giungeva il 1° novembre in Gran Bretagna dove si fermava tino al 16 novembre (vedi D. 40 l). Dal 17 al 26 novembre il ministro Pirow era in Germania, dove era ricevuto da Hitler (vedi D. 466) per poi proseguire per Roma, dove era ricevuto da Mussolini (sul colloquio non si è trovata documentazione). Il l o dicembre Pirow era a Bruxelles, dove aveva un colloquio con Spaak (vedi DDB, vol. V, D. 48) e il 2-3 dicembre a L' Aja da dove tornava a Londra. Pirow ripartiva 1'8 dicembre per il Sud Africa.

La visita ha avuto ad ogni modo sviluppi impreveduti. Avvenne, come già segnalato, su invito del Governo portoghese profittando del viaggio del Signor Pirow a Londra. Originariamente tuttavia avrebbe dovuto avvenire come una sosta a Lisbona durante il viaggio di ritorno. Invece, il Ministro sud-africano ha interrotto a Marsiglia il suo viaggio di andata per venire direttamente nella capitale portoghese prima che a Londra sul quadrimotore tedesco. I tedeschi hanno gareggiato con i portoghesi nell'usare cortesie al Signor Pirow. Un'altra parte assolutamente impreveduta nel programma è stata la sosta del Ministro sud-africano nella Spagna Nazionale, ove ha visitato il fronte. Avrebbe dovuto ripartire da Lisbona con un apparecchio della Lufthansa; ali 'ultimo momento tale apparecchio non essendo potuto arrivare in tempo fu posto a sua disposizione un aeroplano della British sul quale viaggiò anche l'Ambasciatore Nicolas Franco. I giornali hanno pubblicato che l'ambasciatore accompagnò il Ministro sud-africano presso il fratello. Consta invece che la presenza di Nicolas Franco era del tutto occasionale; egli profittava del primo mezzo essendo stato chiamato d'urgenza in !spagna in seguito alla morte del fratello Ramon Franco.

L'improvvisa decisione del Signor Pirow di recarsi in !spagna, ha causato non poca sorpresa. È noto infatti che tra l 'Unione Sud-Africana e la Spagna Nazionale non vi sono relazioni diplomatiche. Lo stesso Incaricato d'affari del Sud Africa2 giunto a Lisbona pochi giorni prima di Pirow, mi aveva detto che egli non poteva chiedere una visita a Nicolas Franco, ma che avrebbe risolto la situazione cercando di conoscerlo occasionalmente e mantenendo con lui normali rapporti di cortesia. Da informazioni attendibili appare che la visita in !spagna del Signor Pirow è stata suggerita e facilitata dai tedeschi specialmente in relazione alla possibilità di forniture belliche al Sud Africa, particolarmente di materiale antiaereo.

Al termine della visita del Ministro sud-africano in Lisbona e cioè il giorno 29 ottobre questo Ministero degli Affari Esteri ha pubblicato una nota utìiciosa in cui si afferma, d'accordo con lo stesso Ministro, che in occasione della visita furono esaminati con spirito di amicizia vari argomenti di comune interesse e s'insiste specialmente sui legami di amicizia esistenti fra i due Paesi. Si annuncia, inoltre, la conclusione di un accordo per le linee aere civili.

Tale accordo è infatti uno dei due risultati positivi raggiunti durante la visita e resi di pubblica ragione. Mediante scambio di note fra il Presidente del Consiglio portoghese e il Signor Pirow in data 28 ottobre sono stati presi accordi per una linea aerea portoghese e per una linea aerea sud-africana tra Luanda e Germiston (Johannesburg) via Windoek. L'accordo avrà la durata di cinque anni e sarà automaticamente rinnovato di anno in anno salvo denuncia. Accludo il testo dell'accordo quale è stato pubblicato da questa stampa.

Il secondo risultato positivo raggiunto è stato la rinnovazione per dieci anni della Convenzione3 firmata nel 1928 tra i due Paesi per regolare le relazioni commerciali tra il Mozambico e la Unione Sud-Africana e per la mano d'opera indigena portoghese nelle miniere del Rand. Come è noto quest'ultima questione è di massima importanza per il Mozambico. Negli ultimi anni la colonia è riuscita a sistemare la sua situa

zione finanziaria e soprattutto di valuta mediante le rimesse fatte dagli indigeni che si recano a lavorare nei territori sud-africani. Mi riferisco in proposito al mio telespresso n. 1886/987 del 25 ottobre u.s.4 .

Da fonte attendibile risulta che le questioni militari per la difesa delle due colonie portoghesi e dei territori dell'Unione sono state studiate come un problema di comune interesse e si sarebbe arrivati al concetto dell'adozione per quanto è possibile dello stesso materiale bellico. Di tale concetto vi sono già alcuni sintomi evidenti; è noto che le linee aeree civili sud-africane hanno adottato gli apparecchi Junkers; l'aviazione da bombardamento portoghese dal canto suo è stata costituita sinora con gli stessi tipi di apparecchi, una parte dei quali è già destinata alle colonie africane. Il Signor Pirow avrebbe esposto un particolareggiato programma per lo sviluppo dell'aviazione militare sud-africana. In esso è previsto fra l'altro che per la caccia il Sud Africa si varrà degli apparecchi di seconda linea inglesi. Ciò può spiegare come in questi giorni il Portogallo abbia tàtto un altro acquisto di apparecchi inglesi Gladiatar. Su questa parte militare e circa le conversazioni ad essa inerenti avvenute durante la visita, mi riferisco al rapporto che accludo di questo R. Addetto Aeronautico e Militare n. 19 in data 29 ottobre u.s. 5 . Sono di particolare importanza le considerazioni che egli svolge in relazione alle possibilità di fornitura di materiale bellico all'Unione Sud Africana.

Quasi contemporaneamente al Signor Pirow, è passato da Lisbona Lord Stoneheven, che è a capo dell'impresa per la linea ferroviaria attualmente in via di completamento che congiungerà la colonia di Angola con Città del Capo.

L'argomento principale che evidentemente è stato svolto durante le conversazioni6 è quello delle rivendicazioni coloniali tedesche. Su di ciò è mantenuto sinora il più assoluto riserbo. l precedenti del Signor Pirow in materia sono noti; egli ha sempre affermato, una intransigenza assoluta contro la restituzione delle antiche colonie alla Germania. La ipersensibilità portoghese in materia coloniale è altrettanto nota. È facile presumere che tanto l'Unione del Sud Africa quanto il Governo Portoghese mirino dunque come primo scopo allo statu qua. Ma dove i loro interessi non possono coincidere è nel fatto che mentre il Portogallo vede la sua àncora di salvezza nelle ripetute affermazioni che la Germania vuole soltanto le sue antiche colonie, il Sud Africa ha naturalmente un punto di vista diametralmente opposto. Lo statu qua non potrebbe dunque essere raggiunto per quello che riguarda il Portogallo e l'Unione sud-africana che a danno di terzi, cioè mediante una delle tante formule ripetutamente avanzate, e che presuppone il sacrificio di vari altri Paesi coloniali. Che ciò sia stato anche considerato durante le conversazioni è lecito supporre ma non vi è sinora nulla che lo confermi. Ciò che è certo è che il il Signor Pirow porterà a Londra un'altra eco della ipersensibilità e della decisa volontà del Portogallo per ciò che riguarda il suo problema coloniale. Quanto questa volontà potrà valere è altra questione.

354' Rapporto Ferrarin 878/19 al ministero dell'Aeronautica e 327/19 al ministero della Guerra del 29 ottobre. Il tenente colonnello Ferrarin faceva osservare che, se tra il governo portoghese e quello sudafricano era stata davvero decisa l'unificazione degli armamenti, allora poteva essere interessante per l'Italia agire presso il governo del Sud Africa per estendere ad esso il tipo di forniture già fatte al Portogallo.

Il Signor Pirow si reca oltre che in Spagna e Inghilterra anche a Bruxelles e a Berlino. Anche questa impreveduta ampiezza del suo giro in Europa contribuisce a ravvivare il problema. Gli interessi tedeschi nel Sud Africa -particolarmente commerciali-sono troppo ben noti perché ci si debba stupire e delle cortesie che da parte tedesca sono state usate al Ministro e della sua visita a Berlino. E tuttavia tutto ciò, unito alla puntata belga e improvvisamente a quella spagnola, drammatizzano il viaggio e non possono, qualunque sia il risultato delle conversazioni testé avvenute, non lasciare qualche perplessità nei portoghesi che vi sono già così proclivi.

In generale, l'attività del Ministro in Lisbona, i contatti che ha avuto, il tono di indipendenza che ha usato, particolarmente in alcune espressioni tutt'altro che elogiative per l'aeronautica inglese, ed infine i suoi viaggi con gli apparecchi tedeschi e la sua sosta in !spagna, hanno destato il risentimento di questa Ambasciata d'Inghilterra che non ha nascosto il suo malumore.

Ho l'onore di accludere una collezione di ritagli stampa sulla visita del Signor Pirow. La sua ampiezza dimostra meglio che qualsiasi commento quale risonanza le si è voluto dare in Portogallo.

Onoromi accludere, inoltre, un rapporto di questo R. Addetto Navale relativo allo stesso argomento 7•

354 1 Dava notizia dell'imminente arrivo a Lisbona del ministro sudafricano Pirow, al quale si preparavano accoglienze particolarmente calorose.

354 2 J.N. Theran.

354 3 Convenzione tra Portogallo e Unione Sudatricana dell'Il settembre 1928 concernente l'immigrazione degli operai indigeni, le ferrovie e i rapporti commerciali tra il Mozambico e l'Unione Sudafricana (MARTENS, vol. XXIII, pp. 308-324).

354 4 Non pubblicato.

354 6 In proposito si vedano i documenti pubblicati in DP, vol. Il, specialmente i DD. 429, 434 c 448.

355

PROTOCOLLO E DECISIONE ARBITRALE CIRCA I TERRITORI DELLA CECOSLOVACCHIA DA CEDERE ALL'UNGHERIA

Vienna, 2 novembre 1938.

PROTOCOLL0 1

In base alla richiesta diretta dal Governo Reale di Ungheria e dal Governo Cecoslovacco al Regio Governo Italiano e al Governo Tedesco di regolare, mediante una decisione arbitrale, la questione esistente fra loro circa i territori da cedere ali 'Ungheria, come pure in base alle note conseguentemente scambiate fra i Governi interessati il 30 Ottobre 1938,

A Vienna Ciano ebbe anche un colloquio con il Maresciallo Gi:iring sul quale così annotava nel suo Diario (sotto la data del 2 novembre): «[Gi:iring] Parla male degli ungheresi. Dice che sono in combutta con le democrazie occidentali. È grossa: protesto e lui non insiste. Mi accenna anche alla possibilità di unione tra la Jugoslavia e la Bulgaria, attaccando fortemente Re Boris. La questione non ci interessa. Gi:iring credeva di sì a causa della Regina Giovanna».

il Ministro degli Aftàri Esteri di S.M. il Re di Italia, Imperatore d'Etiopia, Conte Galeazzo Ciano di Cortellazzo e il Ministro degli Affari Esteri del Reich Tedesco, Signor Joachim von Ribbentrop si sono riuniti oggi a Vienna nel Castello del Belvedere per emettere, a nome dei loro Governi, la decisione arbitrale domandata.

Essi hanno invitato a Vienna a questo scopo il Ministro Reale degli Affari Esteri di Ungheria, Signor Koloman de Kanya, e il Ministro degli Affari Esteri di Cecoslovacchia, Dott. Franz Chvalkovsky, per dare loro in primo luogo l'occasione di esporre ancora una volta il punto di vista dei propri Governi.

Ciò è avvenuto in un colloquio fra i quattro Ministri. Il Regio Ministro degli At1àri Esteri d'Italia ed il Ministro degli Affari Esteri del Reich Tedesco hanno quindi, dopo essersi esaurientemente consultati in proposito, steso la decisione arbitrale che è annessa a questo Protocollo.

Tale decisione arbitrale, insieme alla carta menzionata nel suo articolo l), è stata consegnata al Ministro Reale per gli Affari Esteri di Ungheria ed al Ministro per gli Affari Esteri di Cecoslovacchia. Questi ne hanno per parte loro preso conoscenza e hanno, in nome dei loro Governi, confermato nuovamente la dichiarazione da essi Governi data il 30 ottobre 1938, che accettano la decisione arbitrale come regolamento definitivo e che si impegnano ad applicarla senza riserve e senza indugio.

Redatto in lingua Italiana e Tedesca rispettivamente in quadruplice originale, a Vienna, il 2 novembre 1938.

Galeazzo Ciano

Joachim von Ribbentrop

Koloman de Kanya

Franz Chvalkovsky

DECISIONE ARBITRALE

Sulla base della richiesta rivolta dal Governo Reale di Ungheria e dal Governo di Cecoslovacchia al Regio Governo Italiano ed al Governo Tedesco di regolare a mezzo di una decisione arbitrale la questione esistente tra di essi circa i territori da cedere all'Ungheria e delle note conseguentemente scambiate il 30 Ottobre 1938 tra i Governi interessati,

il Ministro degli Affari Esteri di S.M. il Re di Italia, Imperatore d'Etiopia, Conte Galeazzo Ciano e il Ministro degli Aftàri Esteri del Reich Tedesco, Signor Joachim von Ribbentrop

si sono riuniti oggi a Vienna e, dopo aver ulteriormente discusso col Ministro Reale di Ungheria per gli Affari Esteri, Signor Koloman de Kanya, e con il Ministro degli Esteri Cecoslovacco, Dott. Franz Chvalkovsky, hanno emesso, a nome dei loro Governi, la seguente decisione arbitrale:

l) I territori da cedersi dalla Cecoslovacchia all'Ungheria sono indicati nella carta annessa. La determinazione in loco della frontiera viene affidata ad una Commissione ungaro-cecoslovacca.

2) L'evacuazione dei territori da cedere da parte della Cecoslovacchia e la loro occupazione da parte dell'Ungheria avranno inizio il 5 Novembre 1938 e termine il l O novembre 1938.

Le singole tappe d eli' evacuazione e dell'occupazione come pure le altre modalità ad esse relative saranno da stabilirsi senza indugio da parte di una Commissione ungaro-cecoslovacca.

3) Il Governo Cecoslovacco avrà cura che i territori da cedersi siano, nell'evacuazione, lasciati nel loro ordine normale.

4) Le questioni di dettaglio sorgenti dalla cessione del territorio e in particolare quelle relative alla cittadinanza ed all'opzione, dovranno essere regolate da una Commissione ungaro-cecoslovacca.

5) Analogamente una Commissione ungaro-cecoslovacca stabilirà le norme di dettaglio per la protezione delle persone di stirpe magiara che restino in territorio cecoslovacco e delle persone di stirpe non magiara trovantisi nel territorio ceduto. Questa Commissione, in particolare, avrà cura che il gruppo etnico magiaro di Presburgo abbia la stessa situazione degli altri gruppi etnici colà residenti.

6) In quanto, per il territorio rimasto alla Cecoslovacchia, sorgessero, a seguito di questa cessione territoriale all'Ungheria, pregiudizi e difficoltà d'ordine economico e di traffico, il Governo Reale Ungherese tàrà del suo meglio per eliminare, d'accordo con il Governo Cecoslovacco, i pregiudizi e le difficoltà stesse.

7) Nel caso che, nel corso dell'applicazione della presente decisione arbitrale, sorgessero difficoltà o dubbi, il Governo Reale Ungherese ed il Governo Cecoslovacco si intenderanno direttamente. Qualora non giungessero ad una intesa su una determinata questione, essi sottoporranno la questione stessa al Regio Governo Italiano ed al Governo Tedesco per la decisione definitiva.

Galeazzo Ciano Joachim von Ribbentrop

354 7 Rapporto Manico 472 del ]0 novembre, non pubblicato.

355 1 Sui lavori che si erano svolti a Vienna per l'arbitrato non si è trovata documentazione negli archivi italiani. Si vedano su di essi i promemoria redatti da Kordt in DDT, vol. IV, D. 99, allegati l e II e le annotazioni del Diario di Ciano alle date del 2 e 3 novembre.

356

L'AMBASCIATORE IN CINA, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5818/372 R. Shanghai, 3 novembre 1938, ore 13 (per. ore 2,20 del 5).

Segretario Generale del Consiglio Politico ha confidenzialmente informato consigliere commerciale di questa ambasciata che Generalissimo aveva avviato a Hong Kong trattative di pace col Giappone all'infuori del Kuomintang. Poiché Giappone aveva come precisa condizione chiesto ritiro del Generalissimo, questi aveva emanato noto proclama di resistenza ad oltranza decidendo:

l) di accordarsi strettamente con Mosca per ottenere aiuti in compenso della libera propaganda nel Nord-Ovest, mantenendosi però ossequiente ai desideri della Gran Bretagna;

2) di dichiarare guerra al Giappone.

È stato aggiunto che autorità di Wang Ching-Wei si era nelle ultime settimane grandemente accresciuta; che egli però non si sarebbe mosso se non al momento opportuno per impegnare suo nome e sua opera al fine del supremo salvataggio della Cina, e cioè soltanto dietro «assicurazione appoggio dell'Italia». Governo cinese si rendeva conto dei motivi che attualmente mi trattengono a Shanghai, ma auspicava non avvenisse per ora riconoscimento dei nuovo governo cinese.

Le comunicazioni fatte al consigliere trovano qui conferma solo per quanto riguarda il passo fatto fare dal Generalissimo ad Hong Kong. Da notare che in esse non si fa cenno dell'appello insistente del Generalissimo all'ambasciatore d'Inghilterra per incontrarsi a Chang-sha. Deve pertanto trattarsi dei soliti sondaggi intesi aprecisare il nostro pensiero ed il nostro atteggiamento.

Per quanto riguarda presentazione lettere credenziali, avevo dato istruzioni al consigliere di assumere contegno dilatorio e riservato. Continuando quel ministro Aftàri Esteri chiedergli insistentemente data mio arrivo a Chung-King, gli ho telegrafato di far presente, se necessario, che ambasciatore d'Inghilterra in ben altre circostanze aveva atteso qui più di due mesi prima di presentare lettere credenziali.

Comunicato Roma e Tokio.

357

IL MINISTRO A LISBONA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5826/065 R. Lisbona, 3 novembre 1938 (per. il 5). Mio telespresso n. 1935/1018 in data 1° corrente 1•

Durante una conversazione odierna su altri argomenti, l'ambasciatore Sampayo, segretario generale del ministero degli Affari Esteri mi ha parlato per primo della recente visita del sig. Pirow, accennando con indignazione a interviste apparse in questi giorni sulla stampa francese ed anche inglese «con le solite assurde fandonie» circa una cessione dell'Angola alla Germania per risolvere il problema coloniale tedesco. Ho domandato al segretario generale se tale punto fosse stato toccato con il ministro sud-africano. Dopo una puntata sui precedenti in materia del sig. Pirow-di assoluta opposizione alla restituzione delle antiche colonie tedesche, con un preciso accenno ali' Africa del Sud-Ovest, mandato sud-africano -mi ha detto che quanto al Portogallo «è fuori del problema; le rivendicazioni coloniali tedesche non lo riguardano».

Dopo tutte le ipersensibilità portoghesi in argomento, le affannose ricerche di assicurazioni da tutte le parti, questa è oggi la nuova attitudine, e se ne trovano anche ampie tracce nella stampa ufficiosa.

Qualunque sia la probabilità nel futuro per il Portogallo di mantenere tale atteggiamento-ed è fuor di dubbio che lo farà sino ad ogni estrema possibilità-appare chiaro dalle parole di Sampayo il contrasto già previsto e segnalato tra l'interesse sudafricano e quello portoghese per ciò che concerne le rivendicazioni coloniali tedesche. All'affermazione del sig. Pirow: non vogliamo restituire, i portoghesi hanno risposto: non ci riguarda, noi non abbiamo nulla da restituire. Ciò non toglie e per molte ragioni che anche i portoghesi desiderino sino ad un certo limite lo statu qua in Africa; ed il limite è che le loro proprie colonie non siano chiamate in giuoco. Ancora una volta credo non sia inutile ricordare che in ultima analisi il timore portoghese si rivolge sempre verso la «grande alleata». È l'Inghilterra che temono, più che la Germania.

In ogni caso è ora confermato che il sig. Pirow porta a Londra una nuova e precisa conferma dall'attitudine e dei propositi portoghesi, qualunque cosa essi possano valere per l'avvenire.

Sampayo mi ha detto anche -ed il conte di Tovar, capo della Direzione Economica mi ha confermato-che le notizie ripetutamente pubblicate circa la rinnovazione decennale della Convenzione del 1928 2 per le relazioni economiche e la mano d'opera indigena tra Mozambico e Unione Sud-Africa sono inesatte. Il governo portoghese -come quello sud-africano -ha interesse a mantenere in vita la convenzione. Ma non vi era bisogno di una speciale rinnovazione in occasione della visita, visto che l'accordo prevede l'automatica rinnovazione ogni anno alternativamente a Pretoria ed a Lourenço Marques.

357 1 Vedi D. 354.

358

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5811/759 R. Londra, 4 novembre 1938, ore 22,50 (per. ore 2,20 del 5).

Trovandosi Primo Ministro Chamberlain a letto indisposto, mi sono recato stamane da Halifax, e giusto istruzioni telefoniche ricevute iersera 1 , ho detto a Halifax che il Duce mi aveva incaricato trasmettere Chamberlain e a lui stesso Halifax il suo

I discorsi ai quali si fa qui riferimento erano stati pronunciati il lo novembre da Chamberlain ai Comuni (testo in Relazioni Internazionali, pp. 785-786) e da Halifax il 3 novembre alla Camera dei Lords (testo ibid., pp. 789-792).

apprezzamento per le parole pronunciate ai Comuni e ai Lords in occasione presentazione mozioni per la messa in vigore accordo itala-britannico del 16 aprile scorso.

Halifax mi ha pregato trasmettere al Duce sue espressioni gratitudine e mi ha detto subito si sarebbe messo in relazione telefonica col Primo Ministro per riferirgli la mia comunicazione.

Halifax mi ha informato quindi che con prossimo corriere in partenza lunedì saranno inviate a codesta ambasciata britannica nuove credenziali da presentare a S.M. il Re Imperatore d'Etiopia, in modo presentazione nuove credenziali possa aver luogo prima 13 corrente, data nella quale, Halifax mi ha detto, conte Ciano e Lord Perth hanno già concordato procedere firma protocollo relativo messa in vigore accordo di Roma.

Su ciò e su altri argomenti che hanno formato oggetto del colloquio con Halifàx riferisco con rapporto che invio oggi con corriere speciale 2 .

357 2 Vedi D. 354, nota 3.

358 1 Circa queste istruzioni vi è il seguente appunto del capo di Gabinetto, Antùso, datato 3 novembre: «Alle ore 19,50 il Duce mi ha dato ordine di telefonare a S.E. Grandi per dirgli che a Roma sono stati letti con interesse e simpatia i discorsi pronunciati da Chamberlain ed Halitàx ai Comuni. Poiché i giornali italiani non hanno pubblicato nessun commento al riguardo dando ai discorsi stessi soltanto un rilievo tipografico, il Duce ha ordinato di far presente a S.E. Grandi che sarebbe opportuno che egli manifesti tanto a Chamberlain che ad Halitàx il Suo simpatico apprezzamento per le dichiarazioni da essi fatte».

359

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5852/068 R. Bucarest. 4 novembre 1938 (per. il 7).

La visita a Bucarest del Principe Paolo di Jugoslavia' consentirà a Re Caro! di avere con il Reggente un approfondito scambio d'idee sulla situazione generale e soprattutto nei confronti del nuovo schieramento di posizioni che forzatamente dovrà effettuarsi nel settore balcanico in seguito ai decisivi recenti avvenimenti in Europa Centrale.

Sebbene la Romania abbia conservato la sua contiguità territoriale con la Cecoslovacchia, le principali vie di comunicazione fra i due Paesi sono ormai controllate dall'Ungheria. Ciò, da solo, basterebbe a impostare il problema dell'eftìcienza, anzi dell'esistenza, della Piccola Intesa, mito al quale la Romania non sembra ancora aver rinunciato. La gelosia verso l'Ungheria si è senza dubbio accresciuta a seguito dell'ingrandimento territoriale di quel Paese ed alla sua accresciuta potenza: si tratta naturalmente di acute reazioni che possono essere di momentanea durata ma comunque esse hanno oggi il loro peso.

Altro argomento di preoccupazione per la Romania è lo sviluppo dei rapporti bulgaro-jugoslavi, ai quali il recente accordo di Salonicco2 non sembra, come prevedevo, aver opposto un efficiente contrappeso. Ma a parte questi problemi, che pure hanno

359 1 Si veda in proposito il D. 387. 359 2 Riferimento al trattato tra Bulgaria, Grecia, Romania e Turchia del 31 luglio 1938 (Vedi D.

223. nota 4 ).

notevole importanza, il colloquio fra Re Carol e il Principe Paolo dovrebbe naturalmente affrontare quello veramente fondamentale dei rapporti con l'asse Roma-Berlino.

In previsione di tale incontro, avevo ieri invitato in legazione il ministro degli Esteri Comnen che ho intrattenuto sulla necessità per la Romania di mantenere più intimi rapporti da una parte con la Polonia (uscita non poco malcontenta dall'incontro di Galatz3 , dall'altra con la Jugoslavia. Per quanto poi non apparisse chiaro al governo romeno, dovevo attirare la sua attenzione sul fatto che la chiave di volta dell'arco Belgrado, Bucarest, Varsavia, rimaneva l'Ungheria.

Ho dichiarato al Signor Comnen che il Regio Governo non era alieno dal raccogliere le profferte fatteci da lui pervenire a nome di Re Carol 4 e che la presenza di S.E. Riccardi qui in Romania5 costituiva un segno dell'interesse suscitato nel Duce e in Vostra Eccellenza dai sentimenti di cui egli era stato tramite.

Nella situazione creatasi, noi non avremmo continuato a mettere, come assoluta pregiudiziale al riavvicinamento italo-romeno, la distensione dei rapporti fra Budapest e Bucarest, già in parte verificatasi, almeno sul terreno diplomatico, con gli accordi di Bled. Ma sembravami comunque indispensabile che la Romania, passato questo primo momento di nervosismo, permanesse sulla buona strada in cui sembrava essersi messa attuando una revisione radicale del trattamento delle minoranze magiare, unico mezzo per arrivare ad un chiarimento nei rapporti politici con l'Ungheria.

In quanto ai rapporti italo-romeni, noi avevamo obbligo di accertarci che la Romania fosse veramente decisa a darci segni tangibili del suo interesse a sviluppare con noi una collaborazione pratica (armamenti e forniture di materie prime) che pur rimanendo per ora nel campo economico, avrebbe acquistato peraltro un netto significato politico.

Il signor Comnen, che è facile alle promesse, mi ha assicurato che terrebbe in massimo conto tali suggerimenti, e che ne farebbe parte al Re per preparare opportunamente la visita che l'indomani gli avrebbe fatta S.E. Riccardi.

358 2 Vedi D. 361.

360

SUA SANTITÀ PIO XI AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

LETTERA. Roma, 4 novembre 1938.

Una grave preoccupazione Ci muove a rivolgerei direttamente a Te, non dubitando che per la parte precipua che Tu avesti, da Noi non mai dimenticata, nella difficile elaborazione ed auspicata conclusione del Concordato fra la S. Sede e

l'Italia, vorrai comprendere la Nostra legittima e doverosa sollecitudine e così adoperarTi efficacemente a sollecitare l'animo Nostro gravato da penosissima cura.

L'art. 7 del disegno di legge, che lunedì prossimo dovrà essere presentato all'approvazione del Consiglio dei ministri, viene evidentemente a ledere quel solenne patto. Un tale vulnus può facilmente evitarsi, qualora invece del testo del predetto articolo pronto per l'approvazione, si ammetta quello che non si è mancato per Nostro desiderio di far conoscere ai Tuoi alti collaboratori, ma che purtroppo non siamo stati consolati di veder accettato. Te lo inviamo pertanto qui unito, nella speranza che lo vedremo accolto dalla Tua saggezza, colla quale già sapesti scorgere quanto sarebbe riuscito importante e proficuo al bene del!' Italia regolare l' istituto del matrimonio secondo le leggi della Religione, che è pure la religione ufficiale dello Stato.

Con questi sensi di paterna fiducia, Ti impartiamo di cuore, pegno delle divine grazie, l'apostolica benedizione 1•

359 3 Del 19 ottobre, tra Re Caro l ed il ministro degli Esteri polacco, Beck, sul quale si vedano i DD. 292, 295, 302 e 307.

359 4 Si vedano in proposito i DD. 225 e 258.

359 5 Il ministro per gli Scambi e Valute, Raffaello Riccardi, era giunto a Bucarest il 6 novembre alla testa di una delegazione commerciale.

361

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE 5443/2261. Londra, 4 novembre 1938 1•

Mi riferisco al mio telegramma n. 7592 di oggi sul mio colloquio di stamane con Halifax.

Tenendo presente la nostra recente conversazione a Roma circa una Tua eventuale visita a Londra in occasione della messa in vigore degli Accordi !taio-Inglesi, ho prospettato a Halitàx, premettendo che parlavo a titolo personale e che Tu non sapevi assolutamente nulla di quanto dicevo, e neppure [sapevo] quali sarebbero state le Tue reazioni a questa mia iniziativa, l'opportunità che la firma del Protocollo per la messa in vigore degli Accordi di Roma (qualora i due Governi ritengano di adottare tale procedura) abbia luogo a Londra. Il Governo britannico-ho continuatopotrebbe rivolgere al Ministro Ciano l'invito di recarsi a Londra per la cerimonia della firma. Ciò darebbe modo -ho aggiunto -di continuare fra Chamberlain, Halifax e Ciano quegli scambi di vedute così felicemente iniziati in occasione del Convegno di Monaco.

Per il seguito della questione si veda il D. 364.

Halifax mi ha domandato se mi risultava effettivamente che questa eventualità fosse già stata considerata dal Conte Ciano.

Ho creduto opportuno di ripetere a Halifax che per ora si trattava di una mia idea personale, ma che mi sarebbe stato possibile di accertare privatamente se essa incontrasse o meno il favore del mio Ministro degli Esteri.

Halifax ha ripreso dicendo che la mia idea era ottima e che tanto Chamberlain quanto egli, Halifax, nulla desideravano di più che avere ospite a Londra, e al più presto possibile, il Conte Ciano, e ciò prima che il Primo Ministro Chamberlain si rechi egli stesso in Italia per incontrare il Duce, visita che il Primo Ministro desidera vivamente di effettuare al più presto. Senonché, Halifax ha continuato, in occasione dell'ultimo colloquio fra Lord Perth e il Conte Ciano3 , quest'ultimo ha domandato a Perth che la firma del Protocollo relativo alla entrata in vigore degli Accordi Italo-lnglesi abbia luogo fra una decina di giorni, e precisamente il 15 novembre p. v. Vi è già un accordo fra Ciano e Perth in questo senso, accordo da noi approvato. lo stesso-ha detto Halitàx-ho sollecitato S.M. Re Giorgio a firmare subito le nuove credenziali per Perth, le quali partiranno col corriere di lunedì

p.v. per Roma, onde la cerimonia di presentazione di tali credenziali a S.M. il Re d'Italia Imperatore d'Etiopia abbia luogo prima del 15 novembre. Esattamente il 15 novembre e nella settimana seguente avrà luogo la visita ufficiale a Londra di Re Caro! (già per due volte rimandata sin dalla scorsa primavera), dopo di che Chamberlain ed io abbiamo già preso l'impegno di recarci a Parigi per restituire le già molte visite fatte a Londra dal Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri francesi.

Credete voi, ha continuato Halifax, che senza ritardare la messa in vigore degli Accordi di Roma fissata per il 15 p.v. e prescindendo dalla cerimonia della firma del Protocollo, il Conte Ciano gradirebbe comunque il nostro invito ad essere nostro ospite ad una data da scegliere di comune accordo, come la più conveniente per il Ministro Ciano?

Ho risposto a Halifax che io ignoravo il contenuto dell'ultima conversazione fra il Ministro Ciano e Lord Perth, essendo io già partito da Roma quando tale conversazione ha avuto luogo. Ho ripetuto a Halifax che tutto quanto io gli avevo detto era una mia idea personale, e-sempre a titolo personale-ho aggiunto che un invito ufficiale al Conte Ciano di recarsi a Londra non potrà comunque che riuscirTi gradito, salvo fissare, secondo la Tua convenienza, l'epoca e le modalità per l'accettazione dell'invito.

Halifax mi ha vivamente ringraziato, e così siamo rimasti.

Tu vorrai perdonarmi se forse io sono andato troppo in là, ma è tanto il mio desiderio di averTi qui a Londra, anche perché sono sinceramente convinto che, a parte il mio personale desiderio, una Tua visita qui non potrà che portare a risultati vasti e profondi.

Tu, ad ogni modo, sei il solo che possa giudicare il meglio da farsi.

360 1 Mussolini non diede risposta a questa lettera ma incaricò il sottosegretario all'Interno, Buffarini Guidi, di comunicare, tramite padre Tacchi Venturi, che la modifica suggerita dal Pontetìce non poteva essere accolta. Buftàrini Guidi fece la comunicazione la mattina del 5 novembre.

361 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

361 2 Vedi D. 358.

361 1 Si riferisce, presumibilmente, al colloquio avvenuto il 31 ottobre sul quale vi è il resoconto dell'ambasciatore Perth (in BD, vol. III, D. 371) ed un accenno nel Diario di Ciano.

362

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5846/0190 R. Berlino. 5 novembre 1938 (per. il 7).

Telegramma per corriere di V. E. n. 17644 P.R. del 31 ottobre u.s. 1 .

Ho accennato questa mane al barone von Weizsacker alla situazione di cui al telegramma in riferimento. Le informazioni in possesso dell'Auswartiges Amt sono perfettamente concordanti. Analogamente, sono trovate giustissime le osservazioni del nostro ambasciatore.

Si rileva tuttavia che anche Franco non ha saputo manovrare. Egli avrebbe infatti potuto, senza entrare nei dettagli e scoprire troppo il proprio gioco, consigliare a Hemming di incominciare il proprio lavoro dalla parte di Barcellona, anziché da quella di Burgos. Così tàcendo, Hemming avrebbe potuto facilmente constatare come le difficoltà all'applicazione del piano britannico vanno, sempre e soprattutto, ricercate fra i Rossi.

363

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5854/085 R. Belgrado. 5 novembre 1938 (per. il 7).

Telegramma per corriere di Vostra Eccellenza n. 17645 P.R. del 31 ottobre scorso 1 •

Non mi risulta di un malumore jugoslavo nei riguardi di possibili manifestazioni di buona volontà dei vicini della Bulgaria verso quest'ultima, manifestazioni che, per il momento, del resto,-te l espresso ministeriale n. 236058 del 31 ottobre u.s. 2 non sembrano raggiungere forme concrete. Si ha qui, infatti, la ferma persuasione che nessun connubio realmente serio e duraturo potrebbe essere stretto da Sofia coi suoi diffidenti vicini con distacco da Belgrado che, tutto sommato, resta ancora, per molteplici ragioni, l 'unico punto d'appoggio sul quale Bulgaria possa realmente far conto.

E, su questo consta che Stojadinovié e Kiosseivanov dovrebbero chiaramente essersi compresi nel recente incontro di Nis 3 . Il riacutizzarsi della sensibilità bulgara, in materia di rivendicazioni e di aspirazioni nazionali viene qui spiegato-per quella parte almeno che può eccedere una manovra degli oppositori di Kiosseivanov e di quei centri che spererebbero vivificare un latente motivo di scissioni e di lotte in Balcania (mio telegramma n. 156 del l o corrente4) -con uno stato di malessere endemico in Bulgaria, aggravato dagli orizzonti che ha aperto in queste zone, intarsiate di minoranze, un'interpretazione troppo generica dei principi dell'accordo di Monaco. Si attende, quindi, che l'opinione bulgara ritorni ad un apprezzamento realistico della situazione. Si ha coscienza che il Patto bulgaro-jugoslavo 5 è quello che ha permesso a Sofia di rompere il cerchio originariamente costituito dell'Intesa Balcanica e che l'ha tratta da un isolamento dannoso e pericoloso. È innegabile che la Bulgaria dal Patto, che ha portato all'Accordo di Salonicco 6 , ha già tratto considerevoli vantaggi e non solo sul terreno politico, ma anche su quello economico, che ha avuto nelle comunicazioni attraverso la Jugoslavia un maggiore sviluppo.

Nella non facile situazione nella quale è venuta a trovarsi tutta questa zona per effetto di recenti e capitali avvenimenti europei, si ha qui l'impressione che le impazienze bulgare siano fuori luogo. E naturalmente, non si prendono neppure in considerazione rivendicazioni territoriali che potessero comunque concernere questo Paese. Ciò che appare evidente è che, nella naturale tendenza che si ha in questo momento e nelle presenti circostanze in Balcania a serrare le file, un atteggiamento di malcontento, isolato e sospetto, della Bulgaria, potrebbe finire col riprodurre la situazione da cui l'ha tratta il Patto bulgaro-jugoslavo. Queste sono, almeno, le impressioni degli ambienti responsabili di Belgrado fino al momento delle spiegazioni intervenute a Nis fra Stojadinovié e Kiosseivanov 7•

363' Riferimento al trattato del 24 gennaio 1937 (testo in MARTENS, vol. XXXIII, p. 647). 363 6 Riferimento al trattato del 31 luglio 1938 tra la Bulgaria e gli Stati dell'Intesa Balcanica (vedi

D. 359, nota 2).

Su queste vie, nonostante ogni volontà di accordo con il vicino slavo, potrebbe essere sospinta la Bulgaria da una costante sottovalutazione jugoslava dei necessari, se anche prudenti, sviluppi del nazionalismo bulgaro, represso ma non fino al segno che cessi dal rinascere e dal prendere anzi qualche nuova forza nella attuale atmosfera europea. Che se poi tale stato d'animo anziché essere convogliato in un quadro politico di interesse jugoslavo e nostro, dovesse in effetti essere sfruttato ed adoperato da altri, la Jugoslavia non mancherebbe di risentire, e forse noi con essa, lo squilibrio balcanico prodotto dallo spostarsi del peso politico e militare bulgaro verso altri sistemi, i quali per vero fra le tuttora differenti tendenze della politica jugoslava, romena e turco-greca, non vedo troppo tìnora in che modo si avviino a serrarsi congiuntamente in questa parte di Europa» (T. per corriere 6030/093 P.R. del 16 novembre).

362 1 Ritrasmetteva il D. 330.

363 1 Ritrasmetteva il T. 5730/254 R. del 28 ottobre da Sofia. Il ministro Talamo aveva riferito che, secondo quanto gli veniva detto al ministero degli Esteri bulgaro, i rapporti tra Sofia e Belgrado non sembravano oftì·ire prospettive incoraggianti per il motivo di fondo che il governo jugoslavo desiderava non modificare la situazione esistente nei Balcani, mentre quello bulgaro era spinto dall'opinione pubblica e dalle forze di opposizione a porre sul tappeto almeno alcune delle rivendicazioni nazionali. Era l'incertezza circa gli sviluppi dei rapporti con la Jugoslavia che induceva Sofia a non trascurare le manifestazioni di buona volontà degli altri suoi vicini e ciò suscitava i malumori di Belgrado.

363 2 Non rintracciato.

363 3 Riferimento all'incontro del 31 ottobre tra Stojadinovié e Kiosseivanov sul quale si veda il D. 375.

363 4 T. 5774/156 R. del l o novembre. Riferiva che, secondo quanto gli veniva dichiarato al ministero degli Esteri jugoslavo, l'incontro di Stojadinovié e Kiosseivanov a Nis aveva avuto come scopo di «fornire una manifestazione di continuità della politica di cordiale amicizia bulgaro-jugoslava», anche per controbattere l'azione contraria effettuata all'interno dei due Paesi.

363 7 Questo documento fu ritrasmesso alla legazione a Sofia con T. per corriere l 0049 P.R. del 9 novembre. Nella sua risposta, il ministro Talamo osservava: «Ancora una volta mi permetto di esprimere a Vostra Eccellenza la mia opinione sui rapporti bulgaro-jugoslavi: vale a dire che ritengo pregiudizievole ai fini di tali rapporti ai quali siamo interessati, la troppa certezza che sovente pare si ostenti a Belgrado della infrangibilità di quei rapporti in quanto essi rappresenterebbero per la Bulgaria uno stato di necessità, certezza che invero non è sempre sutlì·agata dalla storia antica e nuova dei due Paesi, dal costume e dalla mentalità balcanica, dagli sviluppi politici che più recentemente hanno indicato alla Bulgaria anche altre vie che non siano quelle di un vincolo passivo con Belgrado.

364

SUA SANTITÀ PIO XI A RE VITTORIO EMANUELE III

LETTERA. Roma, 5 novembre 1938.

Il dovere del Nostro apostolico ministero Ci aveva ieri mosso a rivolgerei al Tuo Primo Ministro per rappresentargli la necessità di modificare l'articolo 7 del disegno di legge «per la tutela della razza italiana» che si trovava in aperto contrasto col solenne Concordato concluso tra Noi e la Maestà Tua. A raggiungere questo intento, gli inviammo una paterna lettera autografa, accompagnata col testo, che qui uniamo, da sostituire a quello sopra menzionato. Con Nostro sommo dolore Ci è stato testé comunicato 1 che questa Nostra sollecitudine non ha trovato quella piena corrispondenza, che credevamo non Ci si potesse negare, perché, pur accettando il nuovo testo sino alle parole per legittimazione di prole, non sono state ammesse le seguenti o anche nel caso in cui ambedue i contraenti. sebbene di «razza diversm>, professano la religione cattolica. Considerando ora che questo comma costituiva la parte precipua del Nostro testo e quella per la quale stimavamo di dover maggiormente insistere, non esitiamo un momento di indirizzarCi alla Tua Reale e Imperiale Maestà, che con Noi stringesti lo storico Patto, donde tanta gloria è venuta al Tuo nome e alla Tua Augusta Casa, scongiurandoTi di intervenire colla Tua suprema autorità per ottenere ciò che non ci fu dato di raggiungere coi Nostri paterni offici presso il Tuo Primo Ministro.

Con tale fiducia impartiamo di cuore alla Maestà Tua e a quella della Regina e Imperatrice, come anche a tutta la Tua Reale e Imperiale Famiglia, l 'apostolica benedizione2•

365

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 9865/5361. Parigi, 5 novembre 1938 (pe1: l '8).

È venuto a trovarmi l'Ambasciatore Poncet, alla vigilia della sua partenza per Roma.

Ha molto insistito sul suo vivo desiderio di studiare da vicino le grandi realizzazioni del Regime, di rendersi personalmente conto, in tutta la misura del possibile, dell'anima e dello spirito della nuova Italia Fascista. «Anche perché-ha aggiunto-la Francia ha bisogno di ordine, di disciplina, soprattutto di autorità. Sicché l'esempio e le esperienze italiane sono e debbono essere per noi preziose, come lo sono state per la Ger

364' Si veda per il seguito il D. 374.

mania». I suoi sette anni berlinesi gli hanno del resto permesso di rendersi conto esatto di quanto la rinascita tedesca debba, spiritualmente e praticamente, all'Italia Fascista.

Il Fascismo è, comunque, una formidabile realtà. Cui bisogna avvicinarsi con animo aperto e sgombro da ogni pregiudizio. Egli cercherà dunque di basare la sua attività romana soprattutto sul realismo. Sa che l'Italia Fascista non ama i sentimentalismi. E fa bene. Nessuno lo sentirà mai parlare di «sorella latina», o fare appello ad altre vecchie cose del genere.

Poncet ha quindi genericamente accennato ai problemi specificamente francoitaliani. Credo intenda esaminare la possibilità di un accordo stampa, sul tipo di quello franco-tedesco, che avrebbe dato buoni frutti ed evitato frizioni inutili. Si rende comunque conto del grave pregiudizio e danno che la licenza dei giornali francesi nei riguardi altrui e soprattutto nostri, è invariabilmente destinata a produrre. Alla mia osservazione che almeno i Capi di Governo e gli eserciti dovrebbero essere, come lo sono i Capi di Stato, protetti, a termine di legge, dalla balorda polemica giornalistica, ha risposto che, infatti, intende proporre l'adozione immediata di un decreto-legge che vieti le offese agli uni e agli altri.

Ha parlato poi di turismo e della possibilità di un accomodamento, sia attraverso l'eventuale istituzione di uno speciale fondo-divise (se questa è la ragione delle restrizioni attuali), sia altrimenti. Ritiene che l'autarchia non costituisca ostacolo alla ripresa e allo sviluppo degli scambi itala-francesi. I quali potrebbero probabilmente avvantaggiarsi anche attraverso accordi monetari che stabilizzino e proteggano il rapporto fra le due monete. Gli sembra tuttavia certo che una ripresa degli scambi potrà essere il risultato di una migliorata atmosfera politica, piuttosto che una premessa.

I n materia di problemi africani ha accennato da una parte agi i accordi Laval 1 , che varrebbe meglio non rimettere in discussione, lasciando, se mai, che essi trovino eventualmente applicazione in un secondo tempo e come sviluppo di un miglioramento generale; dall'altra, alla necessità di una politica di leale collaborazione in Africa Orientale.

Si è appena sotTermato sulla Spagna, che costituirebbe tuttavia materia di possibili complicazioni e difficoltà. È d'accordo che bisogna salvare la Spagna dal comunismo. Ritiene in sostanza che la Francia-ove anche le sinistre accettano la collaborazione franco-britannica come base della politica estera francese -finirà col lasciarsi rimorchiare dall'Inghilterra, la cui azione sarà, per conseguenza, determinante.

Le conoscenze del!' Ambasciatore Poncet in materia di singoli problemi italofrancesi, sembrano, tutto sommato di data recente e piuttosto sommarie. Frutto evidentemente di informazioni raccolte in fretta e di rapide consultazioni di incartamenti. Come è del resto naturale in chi non abbia avuto sin qui motivo di specificamente occuparsene. Ma ho avuto tuttavia l'impressione ch'egli si proponga di esaminarli con spirito aperto e, soprattutto e per quel poco o molto che da lui dipende, con buona volontà e con desiderio di giungere a una qualche onesta soluzione.

Poncet ha quindi parlato a lungo di Monaco, questo «primo e felice collaudo di una politica finalmente realistica, ove il Duce ha indubbiamente esercitato un'azione determinante e preponderante di arbitro e di mediatore che del resto gli spetta, per una serie di considerazioni, pressoché di diritto e che può e deve conservare». Certo, esi

stono in Francia, ed anche in settori e zone sensibili, ebrei e massoni che hanno sbraitato e sbraitano contro lo spirito di Monaco. Ma a questo spirito il suo Governo è acquisito e su questo binario di collaborazione attiva fra Potenze democratiche e totalitarie egli si propone di procedere anche a Roma, pur senza parlare di patto a quattro, che urta suscettibilità note, ma concretamente attuandolo in pratica in ogni occasione e circostanza. Gli par comunque certo che il nichilismo internazionale può e deve essere battuto soltanto con il metodo di Monaco. «in un certo senso-ha aggiuntoio mi sentirò a Palazzo Farnese un po' accreditato presso l'asse Roma-Berlino».

Accennando alla situazione interna francese, Poncet afferma che, se è perfettamente esatto che la Francia attraversa una grossa e grave crisi, è altrettanto vero che vi sono nel Paese forze di recupero. La Francia sarebbe in sostanza-a suo giudizio -alla ricerca di una formula di autorità, che rafforzi l'esecutivo e limiti l'azione caotica del Parlamento, di qualche cosa, insomma, che somigli a una fascistizzazione della democrazia.

Poncet mi è sembrato preoccupato della sua missione romana. Come del resto è ovvio. Non mi ha detto, ma credo ritenga che, a Roma, sarà tenuto, in un primo tempo, «in osservazione». Preliminare che ha l'aria di trovar naturale. Ma, ripeto, e per quel poco che lo conosco, mi pare uomo di spirito attento ed equilibrato e animato da proposito di realistica comprensione. «La Francia-ha concluso -aveva nello scorso maggio posto 35 condizioni per riconoscere l'Impero. Da 35 è passata a zero. Non mi nascondo che ciò vi era rigorosamente dovuto. Ma è, insomma, un gesto che, soprattutto se inquadrato nello spirito di Monaco, può avere un qualche valore e un significato. Mi par soprattutto dimostri che la Francia si è finalmente posta realisticamente il problema dei rapporti itala-francesi e che il proposito e il desiderio di normalizzarli è profondamente e diffusamente sentito in tutto il Paese».

364 1 Vedi D. 360, nota l.

365 1 Riferimento agli accordi italo-francesi del gennaio 1935. Vedi serie settima, vol. XVI, D. 403.

366

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 61 07/164 7. Belgrado, 5 novembre 1938 (pet: l '8). Mio telespresso n. 5469/1456 del 5 ottobre u.s. 1•

Le dichiarazioni fatte dal Ministro dell'Economia del Reich Dott. Funk al suo ritorno dal viaggio nei Balcani 2 , dichiarazioni alle quali tutta la stampa europea, com

presa la nostra, ha dato il massimo rilievo, per quanto ribadissero opinioni e concetti in parte già espressi in occasione della visita del Dott. Funk a Belgrado, hanno suscitato in Jugoslavia il più profondo interesse. Mentre i quotidiani politici si sono mantenuti piuttosto riservati limitandosi a riprodurre estratti più o meno ampi di tali dichiarazioni, i giornali economici vi hanno dedicato numerosi e significativi commenti dimostrando in tal modo di comprendere tutta l'importanza della delicata missione affidata al Ministro dell'Economia tedesco. Del resto questo diverso atteggiamento della stampa jugoslava è più che comprensibile ove si tenga conto della preoccupazione degli ambienti governativi di trattare e discutere in sordina, nel delicato periodo che precede le elezioni, tutti gli argomenti suscettibili di offrire ai vari partiti di opposizione nuova materia di attacchi e di critiche contro il Governo già accusato di aver gettato il Paese in balìa della Germania.

Non è ancora dato di conoscere l'esatta portata delle conversazioni avute dal Ministro Funk con gli esponenti del mondo politico, economico e commerciale jugoslavo e con tutta probabilità occorrerà attendere la fine dei ludi elettorali per poter tracciare un quadro per lo meno approssimativo di quelli che potranno essere i successivi sviluppi del lavoro svolto dal Ministro tedesco a Belgrado. Tuttavia, dai commenti e dalle ipotesi avanzate da questa stampa è lecito arguire che si assisterà a breve scadenza e cioè dopo la riorganizzazione del commercio estero delle regioni sudetiche passate a far parte del Rei c h, ad una nuova vigorosa ripresa d eli'espansione economica e commerciale della Germania nei Balcani in genere ed in Jugoslavia in ispecie.

Le trattative economiche tedesco-jugoslave recentemente conclusesi a Belgrado ed alle quali il Dott. Funk, come si rileva del resto dal comunicato ufficiale pubblicato al termine dei lavori (v. mio telespresso n. 5866/1566 del 26 ottobre

u.s. 3) ha preso una parte molto attiva, eliminando le difficoltà sorte negli scambi commerciali fra i due Paesi in dipendenza delle forti oscillazioni del corso del marco e dando un'opportuna sistemazione alle varie questioni rimaste in sospeso in seguito ali' annessione dell'Austria alla Germania, costituiscono già un primo importantissimo passo nel cammino che la Germania intende percorrere per consolidare sempre più il suo predominio commerciale nel mercato jugoslavo. Nel corso delle trattative è stata anche affrontata la discussione dei problemi d'ordine commerciale sorti in dipendenza dell'annessione alla Germania dei Paesi sudetici, ma l'estrema complessità dei problemi stessi ha suggerito l'opportunità di rinviare ad altra occasione, indicata come molto prossima, la trattazione approfondita delle varie questioni.

L'accenno fatto dal Dott. Funk alle favorevoli prospettive che si presentano per la Germania nel complesso geografico ed economico costituito dalla Jugoslavia, dalla Bulgaria e dalla Turchia per un vasto piano di lavori per quanto concerne la costruzione di strade e di cavi telefonici viene qui interpretato come un chiaro indice della ferma intenzione della Germania di attuare anche in questo campo un ampio programma.

Per quanto concerne la possibilità di aperture di credito da parte della Germania agli Stati Balcanici ed in particolare alla Jugoslavia allo scopo di attivare sempre più lo scambio dei prodotti agricoli e minerari balcanici con i prodotti industriali tedeschi, confermo che nei giorni passati erano corse voci molto insistenti che attribuivano ad un gruppo finanziario germanico l'intenzione di acquistare i titoli del prestito Blair emesso nel dopoguerra negli Stati Uniti, per un importo di li milioni di dollari, allo scopo di offrirli poi al Governo Jugoslavo in pagamento di merci e più specialmente di alluminio, bauxite, minerali in genere e legname, di merci cioè per le quali quasi generalmente si esige in Jugoslavia il pagamento in valuta libera. Non è stato finora possibile controllare l'attendibilità di queste voci, comunque i giornali jugoslavi si mantengono al riguardo piuttosto riservati. A questo proposito va notato che il giornale Jugoslovenski Lloyd, in una corrispondenza da Zagabria pubblicata giorni or sono e nella quale raccoglieva le voci di quei circoli economici sul significato del viaggio del Dott. Funk negli Stati dell'Europa Sud-Orientale, così si esprimeva:

«Giusta le informazioni assunte presso i circoli competenti, risulta che Berlino ha elaborato un piano molto dettagliato per un più intenso scambio di merci fra l'Europa Centrale e quella Sud-Orientale, piano nel quale verranno ad assumere una parte impmiantissima la Jugoslavia, la Romania e la Bulgaria. La Turchia, a causa della sua posizione geografica all'estremo limite dei Balcani, verrebbe ad assumere una parte per così dire secondaria in quanto la Germania ha in Asia Minore interessi del tutto particolari. A quanto si afferma, il Dott. Funk, nel sottoporre ai governi degli Stati Balcanici il piano tedesco, avrebbe fatto comprendere che Berlino sarebbe disposto a concedere agli stessi Stati differenti forme di crediti, ma specialmente crediti in merci allo scopo di tàcilitare lo scambio dci prodotti industriali tedeschi con quelli agricoli balcanici. È naturale però che in questo campo ogni Stato balcanico è libero difare o meno uso di simili crediti in merci a seconda delle possibilità che si presentano per ciascuno di essi d 'intens{fìcare la collaborazione commerciale con la Germania

fàcendo o meno ricorso ai crediti stessi)). Nella stessa corrispondenza, lo Jugoslovenski Lloyd occupandosi del problema relativo alla riorganizzazione dei parchi natanti dei porti danubiani, scrive:

«In relazione al viaggio del Dr. Funk, la Germania manifesta anche l'intenzione di costruire lungo il Danubio, possibilmente in Jugoslavia, un grande cantiere per la costruzione di navi fluviali destinato a fornire agli Stati balcanici un nuovo parco natante. Ciò significa che la Germania è convinta che lo scambio di merci con tali Paesi assumerà ben presto tali proporzioni da far considerare insufficiente il naviglio attualmente esistente sul Danubio. Finora l'unico grande cantiere navale sul Danubio si trovava a Linz; il secondo dovrebbe essere creato nella regione compresa fra Belgrado ed il confine romeno e precisamente in una località relativamente vicina anche alla Bulgaria. l più ritengono che il nuovo cantiere potrebbe sorgere presso Velika Gradiska».

Non è da escludersi, a questo proposito, che per la riorganizzazione di tutto il traffico danubiano controllato dalla Jugoslavia possa essere sollecitata e concessa la collaborazione della Germania, interessata più di ogni altro Paese ad attivare il traffico fluviale. Di questo problema il Governo Jugoslavo sembra preoccuparsi come dimostra la recente ordinanza del Ministro delle Comunicazioni, di cui dà notizia il Vreme del 3 corrente, relativa all'istituzione di un fondo destinato a fornire i mezzi per la costruzione di nuovi porti fluviali e la sistemazione di quelli esistenti. D'altra parte l'interesse tedesco a migliorare le comunicazioni con la Jugoslavia in relazione al suo vasto piano di espansione commerciale non si limita soltanto alle vie fluviali, ma si estende anche a quelle marittime come è provato dal viaggio compiuto nello scorso mese di settembre lungo il litorale dalmata dal Direttore della Deutsch Levant Linie allo scopo di studiare sul posto le possibilità di una più attiva collaborazione fra i porti dalmati e quelli germanici.

Sempre in connessione al viaggio del Dott. Funk nei Paesi dell'Europa SudOrientale, il giornale economico Jugoslovenski Kurir si occupa del problema della creazione di un blocco agrario danubiano, affermando che il problema stesso dopo gli ultimi avvenimenti, riprende il suo carattere di attualità.

«l recenti avvenimenti dimostrano che un blocco di questo genere verrebbe ad assumere un'importanza ben più grande di quanto non potesse pensarsi un anno fa. Oggi la cosa più importante è che la Germania non si oppone più alla creazione di un blocco agrario in quanto esso non solo non pregiudicherebbe in alcun modo gli interessi tedeschi, ma anzi li favorirebbe in misura superiore a quelli degli altri Stati. La Germania compera oggi il 50% dei prodotti degli Stati balcanici e con tutta probabilità questa percentuale non potrà che aumentare nel corso dei prossimi anni. Acquistando i prodotti balcanici la Germania fa ai vari Paesi delle condizioni e dei prezzi in tutto simili. Ne deriva quindi che la creazione di tale blocco presenterebbe per la Germania un interesse speciale consentendole di attuare con esso uno strumento perfetto per la realizzazione dei suoi piani e mettendo/a al riparo da ogni possibile concorrenza da parte dei mercati occidentali. Secondo Berlino la Germania desidererebbe che questo blocco fosse formato dalla Jugoslavia, dalla Romania, dall'Ungheria, dalla Bulgaria ed infine dalla Cecoslovacchia dato che quest'ultimo Paese in seguito alla delimitazione delle sue nuove frontiere è diventato uno Stato essenzialmente agricolo che con l'eccedenza dei suoi prodotti agricoli è destinato a svolgere un ruolo di primo piano sui mercati europei».

Riassumendo: nei circoli economici e commerciali jugoslavi si è convinti che la visita compiuta dal Ministro dell'Economia del Reich nei Paesi balcanici costituisca una tappa importante del piano di espansione che la Germania intende svolgere in questa parte d'Europa. Gli stessi circoli non si contentano di mettere in rilievo il ruolo preminente della Jugoslavia nell'attuazione di questo piano ma si sforzano di illustrare al tempo stesso i vantaggi che potranno derivare al Paese da un più intensificato scambio di merci con la Germania. È evidente tuttavia che la situazione non possa essere rappresentata sotto un aspetto del tutto roseo apparendo chiaro a tutti e particolarmente a quanti sono versati nei problemi economici che cosa significhi per il Paese l'accentuarsi del predominio commerciale tedesco nel mercato jugoslavo. D'altra parte un obiettivo ed approfondito esame dell'attuale situazione impone ai dirigenti dell'economia jugoslava di tener conto delle seguenti considerazioni: nulla si può sperare dalla Francia i cui scambi commerciali con la Jugoslavia sono oggi ridotti a proporzioni irrisorie non suscettibili di aumenti né in un prossimo, né in un lontano avvenire. La recente istituzione a Zagabria di una Camera di Commercio anglo-jugoslava ed il prossimo arrivo in Jugoslavia di un alto funzionario della Camera di Commercio di Londra, al quale è stato affidato l'incarico di compiere un coscienzioso ed approfondito esame del mercato jugoslavo riaccendono le speranze di coloro che hanno fatto e fanno assegnamento sull'Inghilterra per controbilanciare le conseguenze dell'espansione economica e commerciale germanica nell'Europa sud-orientale. D'altra parte i fattori responsabili che avevano tratto favorevoli auspici dali' eccezionale aumento veriticatosi n eli'aprile scorso nelle importazioni britanniche dalla Jugoslavia non si nascondono le difficoltà contro cui l'Inghilterra, vincolata nella sua libertà d'azione dai suoi impegni verso i Dominions, deve lottare per mantenere il volume degli scambi con la Jugoslavia ad un livello considerevole. Molto si spera nell'Italia e nella possibilità di ricondurre i traffici col nostro Paese al livello raggiunto prima del conflitto etiopico, ma tali mete appaiono ancora lontane e non suscettibili di essere raggiunte in un prossimo avvenire. Per quanto concerne le relazioni con i Paesi d eli' Intesa Balcanica non si nutrono qui illusioni eccessive sulla possibilità di aumentare le modeste proporzioni oggi raggiunte. Né infine va trascurato il fatto che la profonda trasformazione politica ed economica operatasi in Cecoslovacchia in seguito al passaggio delle regioni sudetiche alla Germania avrà come immediata conseguenza di stornare a favore di quel Paese una considerevole quota dei traffici commerciali ceco-jugosla

vi. In tali circostanze l'unico grande sbocco che si presenta oggi alla Jugoslavia per il collocamento dei suoi prodotti è il mercato tedesco che presenta tuttora possibilità di assorbimento pressoché inesauribili.

Nel constatare questo stato di fatto i circoli economici e commerciali, attraverso i loro organi e sia pure in forma molto attenuata si studiano di mettere in guardia i fattori responsabili e l'opinione pubblica contro i pericoli cui potrebbe andare incontro il Paese ove venisse attuata una politica commerciale che sancisse in modo troppo esclusivo l'accaparramento del mercato jugoslavo da parte della Germania.

Significative sono a tal proposito le conclusioni contenute de li 'articolo dello Jugoslovenski Lloyd, di cui abbiamo riprodotto sopra alcuni brani:

«L'aiuto della Germania agli Stati dell'Europa Sud-Orientale non è cosa da gettarsi via, ma esso potrebbe dimostrarsi pericoloso se non fosse usato con la precauzione dettata dai generali interessi economici delle singole Nazioni ... Da un anno a questa parte la Germania sembra dedicare al nostro Paese fra tutti gli Stati balcanici una particolare attenzione perché sa che in esso sono accumulati enormi tesori agricoli e minerari e che il capitale nazionale è troppo modesto per consentire di far sorgere imprese di maggiore portata di quelle che esistono attualmente. Ma se si lavora saggiamente e se si segue una cauta politica economica con la necessaria libertà di movimento, allora si può essere sicuri che dalla collaborazione con la Germania che ci è limitrofa non potrà venirci che del bene».

366 1 Vedi D. 229.

366 2 Il 16 ottobre, di ritorno a Berlino, Funk aveva rilasciato un'intervista alla Berliner Borsen Zeitung nella quale era tornato ad indicare le direttive dell'azione economica tedesca nell'Europa Sud-Orientale cd aveva sottolineato i risultati del suo viaggio: «La Jugoslavia, la Bulgaria e la Turchia-aveva detto a questo proposito-formano una sorte di Asse balcanico che dalla frontiera tedesca giunge tino al Mare del Nord».

366 3 Non pubblicato.

367

IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 93 86/1815. Vienna, 5 novembre 1938 (per. !'8).

Il 2 corrente hanno avuto luogo a Vienna nel Palazzo del Belvedere (che fu la residenza estiva del Principe Eugenio di Savoia) le riunioni per l 'arbitrato i tal o-tedesco nella vertenza tra Cecoslovacchia ed Ungheria circa i territori da assegnarsi a quest'ultima.

La scelta di Vienna come sede delle riunioni costituisce una prova dell'importanza politica che l'ex-capitale austriaca ancora conserva, pur essendo stata incorporata nella grande Germania.

La città ha offerto una degna cornice alla conferenza del 2 novembre. l giornali locali hanno messo in evidenza che non è certo la prima volta che hanno qui avuto luogo storiche conferenze internazionali ma che nella città «non ha aleggiato lo spirito di Metternich, bensì quello dei due più grandi e più moderni Europei: Adolf Hitler e Benito Mussolini».

Coloro che nei primi mesi dopo l'annessione si affrettarono a decretare l'inevitabile decadenza di Vienna per la perdita della sua funzione di capitale, con la conseguente sparizione dell'apparato governativo e diplomatico, evidentemente non vedevano che un solo lato della questione.

In realtà, la missione di «Amburgo dell'oriente» è talmente vasta e piena di possibilità da compensare ampiamente quella di capitale di un piccolo Stato.

Tutto lascia prevedere che l'organizzazione tedesca, quando avrà completamente superato il primo periodo di assestamento, saprà servirsi in modo perfetto della rete di relazioni economiche e commerciali che Vienna ha da secoli con i Paesi sud-orientali, e dei vantaggi che presenta la sua situazione geografica, ai fini di una espansione economica in grande stile.

l giornali nei loro articoli sulla sentenza arbitrale emanata dal Conte Ciano e dal signor von Ribbentrop esaltano il trionfo dell'asse Roma-Berlino e mettono in evidenza l'equità della decisione fondata sul principio etnogratìco. Tuttavia, nei colloqui privati è facile scorgere un certo malcelato disappunto per il successo ottenuto dal Ministro degli Esteri italiano, che ha fatto pienamente prevalere la nostra tesi in favore dell'Ungheria, e alcuni parlano già di un'asse Roma-Budapest-Varsavia, che, pur non essendo in contrapposizione con quello Roma-Berlino, ne turberebbe in certo modo l'attuale equilibrio.

Come appare dai commenti della stampa locale, la mira principale della Germania è ora quella di accaparrarsi l'influenza politica ed economica sulla Slovacchia e sulla Russia sud-carpatica, in modo da estendere la sua influenza a tutta la Cecoslovacchia; ed è evidente che Vienna, per la sua posizione sul Danubio e la vicinanza a Bratislava, è destinata ad essere la base principale per la conquista di tale predominio.

La Neue Freie Presse del 4 corrente, occupandosi dei nuovi problemi economici della Slovacchia e Russia sud-carpatica, dice che queste in seguito alla cessione di sei città, di tutte le vallate e dell'unica trasversale Kassa-Munkacs-Marmaros-Sziget si trovano in angustie e devono decidere la difficile questione: se collegarsi economicamente con l'occidente, cioè con la Germania, o se, in base alle esistenti vie di traffico, convergere necessariamente verso l'asse orientale nord-sud: infatti le ferrovie rimaste corrono tutte in senso verticale, sicché la Slovacchia e la Russia sud-carpatica sono zone di transito tra la Polonia e l'Ungheria.

Dopo aver rilevato che la Slovacchia non può ricevere dall'Ungheria quello che le occorre, il giornale sostiene la convenienza che essa costruisca una strada ferrata o un'autostrada in direzione ovest-est, per essere collegata con il mercato germanico.

Il Viilkischer Beobachter odierno in una corrispondenza da Praga sulle decisioni di quel Consiglio dei Ministri accenna già al proposito del Governo di costruire al più presto un'autostrada, ed in prima linea il tratto della Russia sud-carpatica, affinché in tal modo la detta regione sia collegata con le vie di traffico de li 'intero Stato.

Vienna, in seguito agli ultimi avvenimenti, ha ricevuto indubbiamente un nuovo impulso; ed essa costituirà la base principale dell'azione tedesca di penetrazione nella Slovacchia e nel territorio sud-carpatico in competizione con la Polonia e con l'Ungheria.

La popolazione di Vienna ha vissuto con un senso di soddisfazione e di orgoglio le recenti giornate in cui sono state decise questioni internazionali della massima importanza; e le calorose accoglienze tàtte al Conte Ciano -oltre che un omaggio alla sua personalità-costituiscono una prova del nuovo spirito da cui essa comincia ad essere pervasa 1•

368

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 8411416 R. 1• Roma, 6 novembre 1938, ore 19.

Durante recente visita a Roma, von Ribbentrop accennò alla eventualità di un accordo franco-tedesco sulla linea della dichiarazione anglo-tedesca di Monaco2 . Il Duce dette il suo benestare. Adesso il Duce desidera far presente a Ribbentrop che

a suo avviso sarebbe opportuno ritardare di qualche tempo tale dichiarazione e cioè fino a quando non saranno noti i risultati del prossimo viaggio Chamberlain a Parigi. Allora sarà anche più facile conoscere l 'effettivo orientamento della politica francese.

Prego conferire e riferire 3 .

367 1 Ad alcuni giorni di distanza, il console generale Rochira tornava a sottolineare la funzione di Vienna come base per la penetrazione germanica verso Est prendendo spunto dal grande spazio che la stampa viennese dedicava ai problemi della Slovacchia e della Rutenia Subcarpatica. Particolarmente significativi-osservava il console Rochira-erano gli articoli del Volkischer Beobachter che, nella sola edizione viennese, polemizzava con la stampa ungherese, rimproverava il governo di Budapest per la richiesta di nuove annessioni ed ammoniva che «chi non si piega alle decisioni di Vienna non può essere considerato che un elemento perturbatore della pace» (te l espresso l 0072/21984, senza data [pervenuto a Roma il 25 novembre): il documento ha il visto di Mussolini che ha sottolineato la tì·ase qui riportata tra virgolette).

368 1 Minuta autografa.

368 2 Vedi D. 314, nota 4.

369

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, A RE VITTORIO EMANUELE III

T. S.N.D. 824 R. 1 . Roma. 7 novembre 1938, ore ll.50.

Vostra Maestà può rispondere al Papa dicendogli che copia della di lui lettera2 mi è stata rimessa e che ne sarà tenuto il massimo conto ai fini di una soluzione conciliativa dei due punti di vista, i quali-aggiungo io-sono molto antitetici.

Noi abbiamo già accettato due delle richieste Pontificie; accettando la terza ne verrebbe vulnerata la legge. Tuttavia faremo il possibile per escogitare una soluzione media soddisfacente per tutti. È mia impressione che il Vaticano tiri alquanto la corda quando si tratta dell'Italia e molli completamente in altri casi.

Desidero giungano Maestà Vostra miei devoti omaggi 3 .

370

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 5858/525 R. Berlino. 8 novembre 1938, ore 2 (per. ore 4,50).

Ribbentrop al quale ho fatto subito comunicazione di cui al telegramma di V.E.

n. 416 1 , mi ha detto che fin da sabato scorso ha dato istruzioni all'ambasciatore di Ger

369 1 Minuta autografa. 369 è Vedi D. 364. 368 3 Si veda per il seguito il D. 374. 370 1 Vedi D. 368.

mania a Parigi di sottoporre al governo francese un progetto di accordo sulle basi già note all'E.V. e cioè:

l) desiderio dei due Paesi favorire distensione europea;

2) assicurazione frontiere;

3) impegno reciproca consultazione.

Comunicazione del governo tedesco al Quai d'Orsay è già avvenuta oggi.

In queste condizioni, Ribbentrop può, tutt'al più, segnare il passo nelle negoziazioni ulteriori dell'accordo. Egli assicura in ogni caso che non (dico non) procederà alla firma dell'accordo se non dopo incontro franco-inglese del 21 2 .

A quanto mi ha detto lo stesso Ribbentrop, firma dell'accordo franco-tedesco dovrebbe avvenire a Parigi in occasione di una sua visita nella capitale francese.

Un'allusione all'accordo stesso è contenuta nel discorso alla stampa estera che Ribbentrop ha pronunciato stasera e la cui nota saliente -nuova -è appunto costituita da un desiderio di comprensione e di intesa con la Francia nel quadro di una politica di equilibrio europeo. Mando per corriere testo integrale discorso3 .

368 3 Si veda per il seguito il D. 370.

371

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. S.N.D. PERSONALE 836/230 R. 1 . Roma, 8 novembre 1938, ore 11.25.

Ho ricevuto la tua lettera personale 2 e ti ringrazio vivamente.

È stata ormai decisa la messa in vigore del Patto per il 16 corrente3 . Lord Perth presenterà a me in mattinata le credenziali nuove e nel pomeriggio firmeremo un Protocollo per dar valore esecutivo al Patto di Pasqua.

Ritengo quindi che allo stato degli atti non convenga a noi prendere alcuna iniziativa, !asciandola eventualmente al governo britannico.

370' Le conversazioni franco-britanniche ebbero luogo, in realtà, il 24 novembre.

370 3 Al documento è allegato il seguente biglietto; «Riservatissimo. S.E. il Ministro ha telefonato a Magistrati: "Nullaosta per i punti 1 e 2. Dobbiamo per ovvie ragioni escludere il n 3; si può se mai pensare a consultazioni a 4, anzi a 5, ma non a due. 8/11"».

371 1 Minuta autografa.

371 2 Vedi D. 361.

371 3 La decisione del governo britannico era stata comunicata dall'ambasciatore Perth a Ciano il 7 novembre (CIANO, Diario, alla data corrispondente).

372

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 5872/530 R. Berlino, 8 novembre 1938, ore 19,45.

Comunicazione telefonica di stamane fattami a mezzo Magistrati 1•

Ribbentrop partito per Monaco ieri sera per assistere solenni cerimonie del Partito 8-9 novembre. Ho quindi comunicato subito con Weizsacker 2 , il quale a sua volta è riuscito a mettersi in comunicazione con il suo Ministro.

Premesso che anche la Dichiarazione anglotedesca 3 contiene dopotutto impegno di consultazione, Ribbentrop ha risposto prendendo nota e assicurando che le nostre richieste saranno tenute in ogni possibile considerazione.

È bensì vero che sin da ieri sera governo francese si trova in possesso di un progetto scritto di accordo, ma questo rappresenta la formulazione tedesca di un'idea francese e quindi il governo tedesco «non si considera legato da formule precise», le conversazioni sulla forma dell'accordo restando aperte.

Nel riferirmi quanto sopra, Weizsacker ha aggiunto che tutto questo è peraltro questione di forma perché quanto alla sostanza è chiaro che, nella specie, impegno di consultazione, qualunque sia la veste esteriore della sua formulazione, non avrà alcuna efficacia, né portata pratica 4 .

373

LA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 8 novembre 1938.

Gli Accordi Itala-Britannici del 16 aprile u.s. prevedono che, subito dopo la loro entrata in vigore, dovranno aprirsi negoziati ai fini di regolare varie questioni concernenti l' A.O.I. e i territori britannici confinanti. Sono questioni di ordine politico e di ordine economico.

Nel pomeriggio, Attolico si recò di nuovo alla Wilhelmstrasse e, «ad evitare qualsiasi inesattezza», consegnò a von Weizsacker una lettera in cui veniva chiesto che dalla Dichiarazione franco-tedesca fosse cancellato l'obbligo di consultazione perché Mussolini aveva ritenuto che quella Dichiarazione sarebbe stata «generica e platonica» come quella anglo-tedesca a Monaco e non gia «un patto» tra Germania e Francia.

QUESTIONI DI ORDINE POLITICO:

l) Frontiere dell'A.O.I. col Sudan e col Kenya.

Tali frontiere sono fissate nei due Trattati del 1902 1 e dell9072 tra l'Impero britannico e l'ex Impero negussita. In proposito esistono divergenze d'interpretazione tra noi e gli inglesi. Tali divergenze riguardano:

a) la regione di Namaroput sul Lago Rodolfo, che noi reclamiamo e che gli inglesi ci contestano ed anzi hanno occupato dopo la proclamazione dell'Impero, sloggiando i pochi soldati etiopici che la presidiavano;

b) Eolo sulla costa orientale dello stesso Lago Rodolfo, da noi occupato or sono alcuni mesi e del quale gli inglesi rivendicano la pertinenza;

c) Eil Sardu e Eil Ibo, sulla frontiera tra il Kenya e l' A.O.I., che le carte inglesi pongono in territorio del Kenya mentre quelle italiane pongono in territorio dell'A.O.I.;

d) Faroli, nelle vicinanze di Moiale, alla frontiera tra il Kenya e l' A.O.I. in un primo tempo occupata dagli inglesi e quindi da un nostro presidio; gli inglesi, pur riconoscendo che la località è un territorio ex-etiopico hanno fatto conoscere che intendono discuterne;

e) Giarra presso Malca Murri. L'appartenenza di questa località ha dato luogo a contestazioni. È stato di comune accordo deciso che una decisione in merito sarebbe stata presa nel corso delle trattative per la delimitazione delle frontiere.

Di tutte queste questioni rivestono particolare importanza quelle di Namaroput e di Eolo, in quanto la loro attribuzione all'Impero ci assicurerebbe uno sbocco sul Lago Rodolfo.

Sia per le località indicate, come in genere per tutte le zone di frontiera, sono poi da risolvere le questioni relative ai diritti di pascolo, di abbeverata, transumanza periodica ecc ..

2) Trajjìci attraverso le frontiere dell'A. 0.!. col Kenya e col Sudan.

Si tratta di questioni relative a facilitazioni doganali di transito e tariffarie per i traffici dell'ovest etiopico sui trasporti fluviali e ferroviari del Sudan e del Kenya, e dell'eventuale organizzazione della gestione comune di determinate linee di traffico terrestre e fluviale.

Tali questioni potrebbero essere esaminate nel corso delle trattative per le frontiere (N. l) sull'esempio di quanto fu fatto pei traffici attraverso il Somaliland nel 1937 (Accordi di Roma del gennaio di detto anno 3).

3) Gambe/a-Zeila.

Si premettono alcune considerazioni di ordine generale.

L'Impero ha necessità di uno sbocco al mare situato in posizione geografica favorevole, tale cioè da consentire rapide ed economiche comunicazioni fra le regioni centrali dell'Impero e il mare.

L'esperienza fatta, quale risulta dalle informazioni fornite dalle Autorità coloniali, mostra che questa funzione non può essere assolta, alle condizioni suaccennate, che dal porto francese di Gibuti o da quello di Zeila nel Somaliland.

Mogadiscio è troppo decentrato, e può assolvere le funzioni di sbocco al mare della Somalia.

Assab è il naturale sbocco della zona di Dessiè, ma rimane ugualmente decentrato dalla zona di Addis Abeba, e in più ha l'inconveniente che le comunicazioni con detto porto devono passare attraverso il deserto dancalo.

Gibuti sembra doversi scartare per l'esperienza fatta con i francesi, che neanche da ultimo accenna a migliorare. Fra l'altro va tenuto presente che il Governo francese ha sempre respinto le proposte fattegli per la creazione in quel porto di un punto franco, che è indispensabile per le esigenze dei traffici italiani.

Resta Zeila. L'occasione favorevole per parlarne ci può essere offerta dalla questione di Gambe la.

Il saliente di Gambela è geograficamente ed etnicamente sudanese. Politicamente-in base cioè ai trattati fra l'ex Negus e la Gran Bretagna-esso è compreso nel territorio dell'A.O.I. In tale saliente, profondo circa 150-200 Km., scorre l'unico tratto navigabile in territorio etiopico del fiume Sobat (affluente navigabile del N ilo), sul quale il Governo sudanese esercita la navigazione. l battelli sudanesi giungono da Katium fino a Gambela dove approdano alla «concessione commerciale» accordata nel 1902 da Menelik agli inglesi, e che gli inglesi da anni hanno trasformato di fatto in una vera e propria enclave britannica in territorio etiopico.

Gli inglesi chiederanno in ogni caso conferma della concessione Menelik. È più probabile che chiedano anche di consolidare la situazione di fatto attualmente esistente.

In questo ultimo caso si potrebbe avanzare la proposta di subordinare l'accoglimento di tale richiesta all'aHìtto al Governo italiano di Zeila e di un corridoio che unisca questo porto ali'A.O.I.

Non c'è dubbio che la contropartita che noi domanderemmo agli inglesi sarebbe di gran lunga superiore alla concessione che noi faremmo loro. Tuttavia può essere questa la sede migliore per sollevare la questione, salvo ad offrire magari altri compensi complementari in altre questioni (vedi altri numeri del presente appunto).

Le Autorità coloniali insistono sull'importanza fondamentale che avrebbe per noi l'assicurarci un porto che rappresenti un facile sbocco per le zone centrali dell'Impero, quale può esserci offerto da Zeila. Fanno osservare che la concessione per un lungo periodo di anni giustificherebbe le spese che dovremmo assumere a carico nostro per la creazione del porto e della strada.

4) Lago Tana.

Il Governo etiopico si era impegnato (Trattato anglo-etiopico del 1902) verso il Governo inglese a non costruire e a non permettere ad altri di costruire alcuna opera attraverso il Nilo Azzurro, il Lago Tana e il Sobat che potesse arrestare il deflusso delle loro acque nel Nilo, se non d'accordo col Governo di S.M. Britannica e col Governo del Sudan.

Nel T ripartito italo-anglo-tì·ancese ( 1906 )4 si prevede, nel caso di turbamento dello statu quo in Etiopia, che le tre Potenze si sarebbero concertate per salvaguardare i reciproci interessi. Gli interessi inglesi sono così indicati: salvaguardia degli interessi inglesi ed egiziani nel bacino del Nilo e più specialmente per quanto riguarda la regolamentazione di questo fiume e dei suoi affluenti, tenendo tuttavia conto degli interessi locali, e sotto riserva degli interessi italiani che il Tripartito indicava (congiunzione territoriale tra l'Eritrea e la Somalia ad ovest di Addis Abeba).

Nelle lettere Mussolini-Graham del 1925 5 l'Italia si è impegnata ad appoggiare il Governo britannico presso quello etiopico per ottenere da quest'ultimo la concessione di costruire uno sbarramento sul Lago Tana con il diritto di mantenere una strada corridoio tra il Lago Tana e la frontiera sudanese.

Nel corso del 1936 e da ultimo con gli Accordi del 16 aprile u.s. il Governo italiano ha dichiarato al Governo inglese che esso era pienamente consapevole dei suoi impegni verso la Gran Bretagna circa il Lago Tana, e non aveva alcuna intenzione di ignorarli o ripudiarli. L'Accordo del 16 aprile estende tali impegni al Governo egiziano.

Nei riguardi di questa questione di cui si sa tutta l'importanza economica per l'Impero e per il Sudan e l'Egitto, i due Ministeri degli Esteri e dell'Africa Italiana hanno fatto compiere fin dal 1936-1937 degli ampi studi tecnico-economici (Relazione Omodeo).

Saranno ora da attendere le richieste che al riguardo avanzeranno gli inglesi e gli egiziani, per regolarsi su di esse, in base agli elementi di studio che possediamo, e ad altri eventuali che potrebbero essere fatti in comune, per cercare di giungere ad un'cqua sistemazione della questione.

QUESTIONI DI ORDINE ECONOMICO.

Analogamente a quanto è stato fatto con la Germania, il Giappone, l'Ungheria ecc., si dovrà esaminare l'estensione all' A.O.I. del Trattato di commercio e di navigazione itala-britannico del 1883 6 , concordando apposite modificazioni delle varie clausole in esso contenute.

372 1 Vedi D. 370, nota 3.

372 2 Secondo quanto risulta da due promemoria di von Weizsacker (in DDT, vol. IV, DD. 348 e 349), l'ambasciatore Attolico telefonò subito per tàr presente che, secondo una comunicazione telefonica di Ciano, Mussolini considerava in modo diverso la progettata Dichiarazione franco-tedesca perché, mentre la Dichiarazione anglo-tedesca del 30 settembre era «semplicemente un vago accordo» e parlava in termini molto generici di consultazione, la Dichiarazione franco-tedesca poteva avere un obiettivo più ampio, specie se avesse contenuto un preciso impegno di consultazione.

372 3 Vedi D. 194, nota l.

372 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

373 1 Trattato tra Etiopia e Gran Bretagna del 15 maggio 1902 per la delimitazione delle frontiere tra il Sudan e l'Etiopia (testo in MARTENS, serie terza, vol. II, pp. 826-827).

373 2 Accordo tra Etiopia e Gran Bretagna del 6 dicembre 1907 per definire le frontiere tra l' Atì·ica orientale britannica, I'Uganda e l'Etiopia (testo ihid, pp. 832-833 ).

373 3 Accordi tra Gran Bretagna e Italia del 27 gennaio 1937 relativi a) ai diritti di pascolo ed abbeverata delle tribù somale e b) al traff1co di transito attraverso i porti di Zeila e Berbera (testo in Trattati e convenzioni, vol. LI, pp. 30-46).

374

RE VITTORIO EMANUELE III A SUA SANTITÀ PIO XI

LETTERA. Roma, 7 novembre 1938 1

Ringrazio molto Vostra Santità della lettera2 che tanto gentilmente mi ha voluto dirigere.

373 ~ Trattato tra Francia. Gran Bretagna e Italia del 13 dicembre 1906 (testo in Trattati e convenzioni, vol. XVIII, p. 920-926). 373 5 Scambio di note tra Gran Bretagna e Italia del 14-25 dicembre 1925 (testo in Trattati e convenzioni, vol. XXXV, pp. 545-556). 373 6 Trattato di commercio e navigazione tra Gran Bretagna e Italia del 15 giugno 1883 (testo in

Trattati e convenzioni, vol. IX, pp. 261-273 ). 374 1 Consegnata il giorno 8. 374 2 Vedi D. 364.

Mi sono affrettato a mandar copia della lettera di Vostra Santità a Sua Eccellenza il Capo del Governo. Della lettera di Vostra Santità sarà tenuto il massimo conto ai fini di una soluzione conciliativa dei due punti di vista.

Ringrazio con devozione Vostra Santità della benedizione graziosamente impartita alla Regina Imperatrice, alla mia Casa e a me 3 .

375

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 5368. Sofia, 8 novembre 1938 (pe1: i/15).

Con i miei telegrammi nn. 259 1,2602,262,2633,2654,266 e 267 5 dell 0 , del2, del 3 e del 4 novembre u.s. ho tenuto Vostra Eccellenza al corrente dei più recenti sviluppi, fino all'ultima svolta, della politica estera bulgara.

La crisi dei rapporti bulgaro-jugoslavi, come sono andato via via segnalando all'Eccellenza Vostra, si era in questi ultimi tempi a tale punto acutizzata, che essa, ed ebbi a scriverlo a Vostra Eccellenza, esigeva ormai una sollecita soluzione: possiamo, crederei, rallegrarci che tale soluzione sia stata la migliore, ampia spiegazione cioè fra le due Parti e ripresa di riavvicinamento fra di esse.

Tale soluzione era in sostanza quella che è nella logica delle cose, qualora non si volesse giungere ad una rottura, ciò che non era nel meditato interesse delle due Pmti e non è, o per meglio dire non è più, nelle possibilità della Bulgaria. Dico: non è più, per

ché un distacco bulgaro dal sistema dei suoi accordi con Belgrado6 , quale si delineava attraverso l'accordo di Salonicco7 mediante il suo riavvicinamento alle altre Potenze confinanti, segnatamente Turchia e Grecia, non poteva aver luogo se non con un sostanziale appoggio anglo-francese, quale in particolare da parte britannica si era manifestato, come non mancai di segnalare all'Eccellenza Vostra8 , durante la fase preparatoria dell'accordo di Salonicco. È peraltro evidente che una politica anti-jugoslava di rivendicazioni nazionali della Bulgaria, sarebbe stata praticamente attuabile solo entro un sistema incardinato alle maggiori Potenze francese e inglese, specie dopo che, liquidato il conflitto francoturco per Alessandretta, superate le ripugnanze francesi per la revisione delle clausole militari del Trattato di Neuilly, annunciato dietro ispirazione tì·ancese un vasto piano britannico di consolidamento delle economie balcaniche e del loro coordinamento in funzione antigermanica, le premesse di tale sistema venivano poste.

La brusca svolta che ha condotto il Presidente Kiosseivanov all'incontro di Niskabania, o come lo ha ormai battezzato la stampa dal nome del maggiore centro viciniore l'incontro di Nis, deve pertanto, mi sembra, ascriversi non soltanto all'urgenza di una soluzione pronta ed a un miglior calcolo di immediato interesse, ma anche ad una conseguenza, e non delle minime, degli ultimi avvenimenti della Europa Centro-orientale e dei suoi riflessi balcanici.

La crisi sboccata al convegno di Monaco, l' «abbandono» della Cecoslovacchia da parte dell'Inghilterra e della Francia, che la sensibilità panslava di questa gente ha risentito più di quanto possa credersi e più di quanto abbia osato manifestare, l'azione prevalente italiana e germanica nella determinazione delle nuove frontiere orientali, hanno apportato una scossa gravissima al prestigio franco-britannico e al credito che questa gente era disposta ad accordare ai sistemi politici franco-britannici, del cui crollo l'Europa Centrorientale in sì breve volgere di tempo, è stata spettatrice. Tutto ciò, come sono andato evo segnalando a Vostra Eccellenza, si rivela sempre più apertamente in ogni manifestazione di opinione e di stampa, mentre la stessa campagna di cet1i ambienti e di certa stampa di occidente sulla «capitolazione delle Potenze democratiche davanti alle dittature» non fa che rinsaldare quel giudizio.

Vi è inoltre da tenere conto di un altro elemento. Con mio telespresso del 2 corrente, n. 5314/20409 ho riferito a Vostra Eccellenza l 'impressione qui prodotta dal fallimento delle trattative bulgare in Inghilterra per la stipulazione di un'operazione finanziaria, la cui impostazione peraltro sembrava esattamente rientrare nei piani economici franco-britannici più sopra rammentati. Nel medesimo mio telespresso avanzavo all'Eccellenza Vostra l'ipotesi che potesse essere questo l'inizio di una rinuncia britannica a quei piani. Ora tale ipotesi sembra rimanere confermata, o quantomeno così è stato inteso in Bulgaria, dalle recenti dichiarazioni di Chamberlain ai Comuni 10 , qui

D. 223, nota 4). 375 8 Vedi serie ottava, vol. IX, DD. 307 e 312. 375 9 Non rintracciato. 375 10 Nella seduta del lo novembre. Testo in Relazioni Internazionali, pp. 782-785.

conosciute attraverso il comunicato Havas 2 corrente, nelle quali il Primo Ministro britannico, escludendo ogni eventualità di lotta economica anglo-tedesca per il monopolio della produzione dell'Europa Sudorientale, afferma che la Germania deve per ragioni geografiche occupare una posizione dominante nel centro e sudoriente europeo e che l'Inghilterra non pensa menomamente di opporle un accerchiamento economico. Incidentalmente osservo che tale pensiero di Chamberlain come riferii a Vostra Eccellenza con mio rapporto n. 3433 del 12 luglio 11 , mi era stato fin da allora affermato da questo Ministro di Germania. Anche il successivo comunicato Havas del 5 corrente, che a proposito della visita Chamberlain e Halifax a Parigi, fissata al 23 di questo novembre, afferma che tale incontro «deve dissipare certe apprensioni talvolta espresse a Parigi sulle tendenze della politica estera di Chamberlain» e indica fra le questioni da porre in discussione quella «degli interessi economici dei diversi Stati balcanici», ha dato qui l'impressione di una preoccupazione francese per la rinuncia britannica ai piani economici in argomento, ed è parso pertanto sottolineare tale rinuncia.

Il complesso di queste circostanze doveva dunque, crederei, ragionevolmente indurre la Bulgaria a rivedere i lineamenti della propria politica estera quali si erano andati affermando, secondo le segnalazioni fattene a Vostra Eccellenza, dopo l'accordo di Salonicco, e nella duplice alternativa della politica estera di questo Paese doveva logicamente, a meditazione fatta, prevalere quella che con un riavvicinamento alla Jugoslavia, riavvicinasse la Bulgaria, in funzione delle relazioni jugoslave con Roma e Berlino, al sistema opposto a quello la cui incertezza veniva nel modo più sopra esposto a rivelarsi. Per questo dunque il Governo bulgaro si è mostrato disposto, più di quanto lo abbia fatto per l'addietro, a prestare ascolto ai miei incitamenti in favore di una migliore armonia fra i due Stati slavi del sud.

Ciò non vuoi dire che questa politica sia del tutto popolare qui e forse neppure in Jugoslavia e sembra invero che le opposizioni, se non strati più vasti dell'opinione dei due Paesi, stentino non poco a dimettere gli antichi rancori. Certo è che qui almeno l'irredentismo macedone, che si vede sacrificato da ogni consolidamento di legami fra Sofia e Belgrado, non ha potuto essere soddisfatto dell'incontro di Nis. A sua volta il Presidente del Consiglio, non appena di ritorno dal convegno, si è chiuso in casa, asserendo una indisposizione che può anche essere vera ma che nondimeno gli consente da vari giorni di non vedere nessuno e di non parlare con nessuno, ciò che non manca di deludere questi circoli diplomatici che si attendevano di ottenere delucidazioni e dichiarazioni sull'avvenimento politico che è oggetto di ogni commento, se non pure da parte di altri di preoccupazioni come quelle che è venuto a esprimermi, a quanto ho riferito a Vostra Eccellenza con mio telegramma n. 266 del 4 corrente, questo ministro di Grecia. Si va quindi affermando che si tratti qui di una indisposizione «politica» di Kiosseivanov, al quale poi altri prestano addirittura timore della vita, per il pericolo che egli potrebbe correre di qualche attentato per opera degli irredentismi delusi: ciò trattandosi nella fattispecie principalmente dei macedoni non sarebbe poi fuori di ogni verosimiglianza. Si pone al riguardo in rilievo l'evidente stato di depressione di Kiosseivanov in questi ultimi tempi, e il suo non celato desi

derio di dimissioni. Il Re Boris poi, salvo brevissime apparizioni, continua a tenersi assente dalla Capitale, nella Sua villa di Euxinograd presso Varna, e occorre pure segnalare che negli ambienti di questo Ministero degli Esteri si tenta frattanto, con poca verosimiglianza, di ridurre l'incontro di Nis a un episodio di ordinaria amministrazione di non turbare buone relazioni bulgaro-jugoslave.

D'altra parte l'irredentismo macedone non ha mancato nella circostanza di dare segni di vita, sia fin dove gli è possibile nella stampa ed è pure del 31 ottobre scorso un articolo dell'organo macedone Pirinski Glas ove si avvertono «i nemici che hanno fatto uccidere il Generale Péev» 12 , cioè nelle intenzioni d eli 'articolista gli jugoslavi, che «la Bulgaria non indietreggerà nelle proprie aspirazioni nazionali», cioè quelle verso la Macedonia; sia con manifestazioni per i profughi bulgari dai territori occidentali, di cui dò notizia a Vostra Eccellenza in altro mio te l espresso dell'8 corrente, n. 5390/2074 13 . Si afferma anche, ma non ho potuto finora ricontrollare la notizia, che emissari macedoni che, come riferii a Vostra Eccellenza con mio telespresso del 30 luglio u.s.

n. 3773/1466 1\ non avevano potuto ottenere l'autorizzazione di questo Governo di recarsi all'estero per interessare alla causa macedone ambienti francesi e soprattutto britannici, avrebbero invece ottenuto ora tale autorizzazione con destinazione, forse simulata, Bruxelles: dal che si vuole desumere che il Governo nelle circostanze attuali non avrebbe osato sfidare oltre i malumori macedoni, ciò che forse è vero, e che da parte inglese si cercherebbe di suscitare contro la Jugoslavia la questione macedone, ciò che probabilmente confonde le speranze di certi ambienti macedoni con la realtà.

Pure lo stesso evidente timore di questo Governo di un risveglio dell'irredentismo macedone, sembra testimoniare la sincerità del desiderio bulgaro di non pregiudicare gli effetti dell'incontro di Nis.

Una certa azione da parte britannica è viceversa apparsa a proposito delle recenti manifestazioni di irredentismo dobrugiano, di cui riferisco con altro mio telespresso dell'8 corrente, n. 5391/2075 15 , giacché, in realtà, l'episodio immediatamente posto sotto silenzio da questa censura è stato viceversa conosciuto attraverso la stampa britannica, che vi ha dato risalto, come del resto da qualche giorno va dando più che di consueto posto ad argomenti bulgari. Anche questo Ministro di Grecia, nella conversazione segnalata col mio già citato telegramma n. 266 del 4 corrente, nel riferinni le preoccupazioni di Atene riguardo all'avvenimento, mi diceva che segnalazioni di esso gli era stata fatta dal suo Governo sulla fede della stampa inglese. Tuttavia sembra che un interesse inglese, anche solo di determinati ambienti, nella questione sia almeno problematico.

Certo è che, secondo infonnazioni attendibili testé pervenutemi, sembra che le manifestazioni di Ruse, abbiano avuto localmente una ripercussione anche maggiore di quanto non fosse apparso prima, e il Presidente della Camera, Moscianov, deve a quel suo

discorso 16 una crescente popolarità, al cui incremento, secondo alcuni, non sarebbe estraneo il suo desiderio di succedere a Kiosseivanov nella Presidenza del Consiglio. Giova peraltro notare che Moscianov è, a quanto si afferma, piuttosto persona grata a Belgrado, tant'è, che a richiesta di questo Ministro di Jugoslavia, come questi mi ha detto, egli si è affrettato a fare una, in realtà piuttosto reticente, rettifica del suo discorso di Ruse a un corrispondente del quotidiano belgradese Vreme. Pure, anche a starne a quanto ebbe a dirmi questo mio collega di Jugoslavia e io riferii a Vostra Eccellenza con mio telegramma n. 263 del 2 corrente, mentre a Belgrado, per ciò che sembra, si potrebbe non vedere con preoccupazione un risveglio di aspirazioni bulgare verso la Tracia di cui però finora non si parla, non si vede troppo, allo stato delle cose, quale potrebbe esserne l'interesse attuale ad un risveglio della questione dobrugiana, peraltro più sentita forse, come stima anche lo stesso mio collega di Jugoslavia, dall'opinione bulgara: elementi questi che dovrebbero avere la loro importanza all'indomani dell'incontro di Nis.

D'altra parte, una connivenza del Governo bulgaro nella manifestazione in argomento, risolutamente negata in questi ambienti responsabili, non sembra neppure troppo verosimile e sarebbe comunque contraddetta dall'evidente sforzo di soffocare l'episodio: mentre negli stessi ambienti si tiene a dichiarare di non credersi che l'incontro avvenuto fra il Principe Reggente di Jugoslavia e il Re Caro!, in Romania17 , possa connettersi con l'incontro di Nis e con i problemi bulgari, laddove questioni di assai maggiore rilievo nei confronti dei rapporti romeno-jugoslavi, dovrebbero presumibilmente essere trattate. Anzi questo mio collega di Jugoslavia nell'esprimermi analogo avviso, mi soggiungeva che in materia minoritaria, a suo credere, il colloquio abbia se mai potuto svolgersi prevalentemente sulle rivendicazioni minoritarie ungheresi, che potrebbero per quanto egli pensa avere quanto prima, anche con l'appoggio polacco, un nuovo impulso, ciò che potrebbe trovare altresì qualche rispondenza nelle dichiarazioni favorevoli ai diritti minoritari, pronunciate il 7 corrente da Stojadinovié a Petrovgrad. Di ciò, come delle ripercussioni delle manifestazioni di Russe in Romania, potrebbe forse fornire più ampia informazione la Regia Legazione in Bucarest, mentre in proposito mi è finora mancata l'occasione di conoscere le impressioni e l'avviso di questo mio collega romeno.

Devo intìne segnalare, con ogni opportuna riserva, un'altra voce che si va diffondendo e cioè che ad un risveglio di rivendicazioni bulgare in Dobrugia non sia estranea un'azione tedesca, e si pone tale azione in relazione con i reclami minoritari tedeschi in Romania. Se pure la voce non manchi di meritare di essere sottoposta a debita cauzione, maggiori notizie al riguardo potrebbe torse essere in grado di riferire oltre che la Regia Legazione in Bucarest, anche la Regia Ambasciata in Berlino. Osservo soltanto, nella circostanza, che, come riferii all'Eccellenza Vostra col mio telegramma n. 207 del 23 settembre ultimo 18 , già da tempo questo Ministro di Ger

375 1x Vedi D. 223, nota 8.

mania mi aveva preannunciato un prossimo risveglio del nazionalismo bulgaro e che, nel farmi rilevare ultimamente l'esattezza di tale sua previsione, mi soggiungeva, a proposito della accennata manifestazione di Ruse, che qualora il problema delle minoranze in Romania dovesse porsi sia nei confronti ungheresi che tedeschi, vi potrebbe essere qualche possibilità anche nei confronti dei bulgari.

Certo è che tale risveglio sembra porsi in movimento, accompagnato dal comune giudizio, che, come riferivo col mio già citato telegramma n. 266, preoccupava anche questo Ministro di Grecia: che cioè le decisioni di Monaco avrebbero indicato ormai la soluzione di tutti, indistintamente, i problemi minoritari nel senso più lato. Soggiungo, a titolo di semplice informazione, che molti preconizzano per la fine del corrente mese importanti manifestazioni nazionaliste da parte di larghi strati della popolazione.

Mi sono fin qui dilungato per non omettere all'Eccellenza Vostra alcun particolare che giovi a stabilire lo stato attuale della situazione. Crederei che da quanto ho esposto a Vostra Eccellenza si possono trarre due indicazioni:

l) Riavvicinamento fra Sofia e Belgrado, che per quanto lo consentirà la prudenza e la buona volontà delle due parti, potrà preludere ad una collaborazione escludente influenze contrarie ai nostri interessi e più certamente liquidative di quelle esercitatesi in funzione dell'accordo di Salonicco;

2) Risveglio in atto delle rivendicazioni nazionali bulgare, per ora ancora caotico e mal controllato da questo Governo, rispetto al quale si esercitano in modo tuttavia imprecisato influenze di ordine diverso se non contrastante, sì che si può affermare che il problema non è fino a questo momento tecnicamente inquadrato.

In queste condizioni stimerei a mio subordinato giudizio, e salvo ogni diverso avviso dell'Eccellenza Vostra, che sarebbe non inopportuno, di fronte all'affermarsi di tali nuovi indirizzi, che una linea di condotta concorde potesse rimanere meglio precisata fra noi, Berlino e Belgrado, tanto più che mi parrebbe estremamente importante che una nostra influenza, mentre altre ne decadono o non si sono tuttavia consolidate, possa fin da ora esercitarsi in previsione di future, ma forse non evitabili nuove sistemazioni balcaniche, che peraltro crederei augurabile maturino e si verifichino, in modo per quanto possibile conforme ai nostri interessi, finché rimanga tuttavia assente un'altra deprecabile influenza, che non mancherebbe presumibilmente di esercitarsi in modo decisivo su questo mondo slavo: quella della Russia.

E in proposito mi corre anche l'obbligo di segnalare all'Eccellenza Vostra un altro elemento che desumo da una mia recente conversazione con questo Ministro di Germania e che mi pare contenga alcunché di giustezza: che cioè le decisioni di Monaco essendo state prese in sostanza a svantaggio di uno Stato slavo sarebbe ora desiderabile che Italia e Germania non fossero prevenute da altri, nella eventualità di soddisfazioni da consentire alle aspirazioni nazionali di questo popolo slavo, per evitare, col sospetto di tendenze antislave dell'Asse Roma-Berlino, la possibilità che altri si atteggi a protettore degli interessi slavi nel sudoriente Europeo 19•

374 1 Il Decreto Legge relativo ai provvedimenti per la ditèsa della razza italiana era approvato dal Consiglio dei ministri il I O novembre. Ne seguiva la presentazione da parte della Santa Sede di due note di protesta (il 13 e il 22 novembre), una nota di risposta del governo italiano in data 29 novembre c una nota da parte della Santa Sede del 14 dicembre di replica alla precedente.

375 1 T. 5779/259 R. del 1° novembre. Ritèriva sulle prime impressioni suscitate dall'incontro tra Stojadinovié e Kiosseivanov avvenuto il giorno precedente a Nis. Come appariva contèrmato anche dal comunicato diffuso al termine dell'incontro, i rapporti bulgaro-jugoslavi sembravano ora tornati allo spirito del trattato del 24 gennaio 1937, mentre risultava ridimensionata la portata degli accordi di Salonicco tra Bulgaria e Intesa Balcanica. Il testo del comunicato è in Relazioni Internazionali, p. 796.

375 2 Non rintracciato.

375 1 T. 5789/262 R. e 5790/263 R. del 3 novembre. Il ministro Talamo ritèriva che, secondo il suo collega di Jugoslavia, Yuricié, dopo l'incontro di Nis la crisi dei rapporti bulgaro-jugoslavi apertasi con gli accordi di Salonicco era da considerarsi completamente superata.

375 4 T. 5802/265 R. del 3 novembre. Riferiva che, prendendo spunto da una manitèstazione irredentistica nei confronti della Dobrugia avvenuta due giorni prima, si diffondeva il sospetto che nell'incontro di Nis vi fosse stato un accordo per indirizzare le aspirazioni nazionali bulgare verso territori non appartenenti alla Jugoslavia.

375 5 T. 5816/266 R. e 5814/267 R. del 4 novembre. Riferiva che anche il ministro di Grecia, Diamantopulos, aveva espresso il sospetto che a Nis fosse stato raggiunto un accordo per dirottare le rivendicazioni bulgare dai territori jugoslavi e portar le «Su altri obiettivi non esclusa la Tracia». Il diplomatico greco aveva anche manifestato la preoccupazione che i principi stabiliti dalla contèrenza di Monaco per il problema cecoslovacco potessero costituire la base per «una revisione minoritaria di tutto il Sud-Est europeo».

375 6 Riferimento al trattato di amicizia tra Bulgaria e Jugoslavia del 24 gennaio 1937 (vedi D. 363, nota 5).

375 7 Riferimento agli accordi di Salonicco del 31 luglio 1938 tra Bulgaria e Intesa Balcanica (vedi

375 11 Vedi serie ottava vol. IX, D. 307.

375 12 Il l O ottobre, il capo di Stato Maggiore bulgaro, generale Peev, era stato assassinato in una via di Sofia. Il ministro Talamo aveva segnalato (telespresso 5125/1958 del 24 ottobre) che l'uccisione del generale, attribuita secondo voci diffuse ad elementi jugoslavofìli, aveva «riaperto in modo preoccupante il problema dei rapporti bulgaro-jugoslavi» c ravvivato timori e sospetti che sembravano «destinati ad accelerare il processo di stàldamento degli accordi bulgaro-jugoslavi».

375 11 Non pubblicato. Il suo contenuto è qui indicato.

375 14 Non pubblicato. Il suo contenuto è qui indicato.

375 15 Non rintracciato.

375 16 Il presidente della Camera bulgara, Moscianov, aveva pronunciato il 30 ottobre a Ruse, vicino al confine con la Romania, un discorso in cui aveva affermato che lo Stato bulgaro non avrebbe mai abdicato ai suoi diritti, né sarebbe andato contro le aspirazioni storiche del popolo bulgaro. Il discorso aveva dato luogo a vivaci manifestazioni e, anche per il luogo in cui era stato pronunciato, aveva avuto una certa eco nella stampa internazionale come sintomo di una ripresa dell'irredentismo bulgaro. Ciano ne chiedeva il testo integrale con T. 18937/148 P.R. del25 novembre.

375 17 De14-5 novembre a Bucarest. Vedi D. 387.

375 19 Sul documento vi è questa annotazione: «V. da S. Ecc. il Ministro. Nessuna istruzione. 18/11 A[ntùso]».

376

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5882/282 R. Budapest, 9 novembre 1938, ore 21,23 (per. ore23,10).

Nelle conversazioni d'ordine generale avute con Kanya, su cui riferisco dettagliatamente per corriere, non ho mancato fra l'altro di dirgli che V.E. si attendeva che l'Ungheria quando sarà il momento non farebbe difficoltà a dare anche la sua garanzia alle nuove frontiere della Cecoslovacchia.

Kanya mi ha osservato che secondo lui a Monaco di Baviera si era parlato solo di una garanzia da parte delle quattro grandi Potenze, ma non si era previsto che anche l'Ungheria dovesse darla: facendomi così comprendere che governo ungherese non penserebbe, almeno per ora, concederla.

Evidentemente governo ungherese spera sempre che in modo o in un altro Rutenia possa venire ali 'Ungheria, sì da realizzare frontiera comune con la Polonia. Si afferma qui che le popolazioni rutene già si renderebbero conto dell'impossibilità di restare per ragioni economiche distaccate dai principali centri ora annessi all'Ungheria.

377

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5898/0192 R. Berlino, 9 novembre 1938 (per. il l 0).

Telegramma per corriere V. E. n. 17942 del 7 novembre 1•

La tendenza del governo di Varsavia a considerare come aperta la questione rutena e anzi a sottolinearne i necessari sviluppi tùturi non incontra affatto il compiacimento di questi circoli politici. Se devo credere a talune informazioni pervenutemi, lo stesso Fuhrer sarebbe rimasto dolente dell'attitudine polacca in materia e avrebbe dichiarato che egli considera ormai la questione rutena come «una questione sua».

Si aggiunga che l 'acuirsi, in seguito all'attentato Grynszpan 2 , della questione degli ebrei polacchi in Germania verificatosi proprio di questi giorni non aumenta certo, in questo momento, le simpatie polacche a Berlino, e ciò anche in relazione al contegno tranquillo e riservato di Budapest.

Ho ragione di ritenere, attraverso una conversazione avuta proprio oggi con l'ambasciatore Lipski 3 , che tutto questo sia ora compreso anche a Varsavia, ove incomincia anche a realizzarsi che varie delle premesse polacche di cui all'ultima parte del telegramma in riferimento hanno una consistenza assai minore di quanto originalmente non si ritenesse.

377 1 Ritrasmetteva il T. 5833/235 R. del 5 novembre da Varsavia con cui l 'ambasciatore Aro ne aveva riferito su un colloquio avuto con il ministro degli Esteri, Beck. Quest'ultimo aveva espresso l'opinione che, dopo le modifiche territoriali apportate dall'Arbitrato di Vienna, l'annessione della Rutenia Subcarpatica all'Ungheria era divenuta praticamente inevitabile e che un complesso di circostanze (diminuita opposizione romena, difficoltà per la Cecoslovacchia di conservare la Rutenia nei suoi nuovi confini, atteggiamento del clero ruteno) facilitava quella soluzione attraverso il ricorso all'autodecisione.

378

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 9 novembre 1938.

Ho ricevuto l'Ambasciatore di Francia François-Poncet 2• Egli ha senz'altro cominciato il suo dire dichiarando che la sua presenza a Roma deve essere considerata alla luce dell'incontro di Monaco: si deve nella sua nomina riconoscere la volontà della Francia di contribuire a schiarire definitivamente l'atmosfera europea, migliorando le relazioni fra l'Italia e la Francia. Dopo avermi ripetuto le tappe della sua carriera personale e della sua attività politica, François-Poncet ha continuato affermando che egli intende svolgere un'attività basata su criteri essenzialmente realistici: l'Asse Roma-Berlino è una realtà effettiva e solida ed egli si guarderà bene, nel corso della sua missione, dal fare qualsiasi tentativo diretto ad indebolire i legami che esistono tra i due Paesi totalitari. Però l'amicizia verso Berlino non deve essere considerata esclusiva. L'Italia può riprendere le relazioni cordiali con la Francia, contribuendo così al riavvicinamento tra i due sistemi politici esistenti in Europa, riavvicinamento che è da tutti desiderato poiché solo dall'accordo tra l'Italia, la Germania, la Francia e l'Inghilterra deriverà la distensione generale nel continente. A tal fine egli si propone di

377' Riferimento all'uccisione di vom Rath (vedi D. 384, nota 2).

378' Il giorno precedente, Ciano aveva annotato nel suo Diario: «Mi sembra che non vi siano molte

speranze di un riavvicinamento con la Francia. Il Duce, a rapporto, mi ha tracciato le linee di quella che dovrà essere la nostra futura politica: "Obiettivi: Gibuti, magari attraverso un condominio e una neutralizzazione. Tunisia in un regime più o meno analogo, Corsica italiana, mai francesizzata e quindi da aversi a dominio diretto, il contìne al Varo. Non mi interessa la Savoia che non è, né storicamente, né geograficamente italiana. Queste le grandi linee delle nostre rivendicazioni. Non fisso né uno, né cinque, né dieci anni. Il tempo verrà stabilito dagli eventi. Però tenere sempre presenti queste mete". Sotto questi auspici inizia la Missione François-Poncet».

esaminare a fondo col Governo italiano i problemi che hanno reso difficili le relazioni tra Roma e Parigi, allo scopo di arrivare al più presto ad una chiarificazione.

Ho preso atto di quanto mi ha comunicato François-Poncet e gli ho risposto confermando la buona volontà italiana di facilitare una distensione in Europa. L'azione svolta dal Duce al momento della crisi è stata decisiva ed ormai universalmente riconosciuta come tale. Per quanto concerne le relazioni fra l'Italia e la Francia, ho riassunto brevemente quanto si è passato negli ultimi tempi. Ma, a scanso di equivoci, ho fatto subito presente all'Ambasciatore che fra l'Italia e la Francia esiste tuttora un grosso problema insoluto: la questione di Spagna.

Per quanto concerne il problema spagnolo la posizione di Roma e Parigi è ancora quella fissata nel discorso di Genova3: ai lati opposti della barricata. L'Italia anche in questo settore ha recentemente dato prova di buona volontà e soprattutto della vera natura delle sue intenzioni in Spagna. Ma si sbaglierebbe chi credesse di scorgere nella nostra politica un qualsiasi cambiamento di indirizzo: l'Italia fascista è stata, è e sarà solidale con Franco tino alla di lui completa vittoria, la quale si sarebbe già realizzata se alcuni Paesi non avessero continuato a tenere artificiosamente in piedi attraverso aiuti di ogni specie la repubblica rossa di Barcellona. L'Italia ha preso degli impegni al Comitato di non-intervento. Questi impegni li manterrà scrupolosamente ed anzi ha già prevenuto in parte la possibile decisione del Comitato ritirando unilateralmente diecimila volontari.

Adesso sorgerà il problema del riconoscimento della belligeranza a Franco. È evidente che egli ha diritto a tale riconoscimento. L'Italia si attende che tale riconoscimento venga dato. Riassumendo, ho detto a Poncet che sarebbe stato difficile iniziare conversazioni di fondo circa le nostre relazioni con la Francia fino a quando il terreno non fosse stato sgombrato dall'affare spagnolo.

François-Poncet ha detto che si aspettava di incontrare tale ostacolo. Egli non si nasconde che la soluzione della questione spagnola è ancora molto difficile dato che forti correnti di opinione pubblica francese propendono per la difesa ad oltranza della repubblica di Barcellona. D'altra parte, è noto che invece il Governo, e particolarmente Daladier e Bonnet, sarebbe tàvorevole all'invio di un Agente diplomatico a Burgos. Avrebbe forse potuto farlo subito dopo l'incontro di Monaco. Non ne ebbe il coraggio. Adesso la cosa appare più difficile. Comunque François-Poncet era lieto che io gli avessi fatto una così franca dichiarazione poiché ciò gli avrebbe dato il modo di far pressioni sul suo Governo per addivenire ad una rapida soluzione del problema spagnolo. François-Poncet mi ha chiesto inoltre cosa pensassi de li'eventualità di una mediazione o di un armistizio.

Ho risposto che Franco si era già nettamente pronunciato contro tale soluzione e che il punto di vista di Franco era completamente accolto da noi. Un eventuale armistizio potrebbe aver luogo solo dopo la resa dei rossi e il riconoscimento a Franco della sua indiscussa posizione di vincitore della guerra.

L'Ambasciatore François-Poncet ha ripetuto la sua buona volontà di svolgere opera utile e vantaggiosa ai fini del riavvicinamento dei due Paesi. Mi ha chiesto di

essere aiutato a prendere contatto con istituzioni e uomini che gli possono permettere di conoscere quanto meglio possibile le realizzazioni del Regime. Gli ho risposto che lo avrei fatto. Avendo però egli detto che in Germania aveva stretto particolari amicizie con gli uomini del Partito e che ciò gli era valso per poter sviluppare meglio la sua azione diplomatica, ho trovato modo di fargli capire che in Italia è bene che non cerchi di seguire un tale sistema poiché la politica estera è fatta soltanto dal Duce ed eseguita sotto i Suoi ordini dal Ministro degli Affari Esteri4•

377 1 Su tale colloquio si veda il rapporto dell'ambasciatore Lipski in W. JmRZEJFWICL (editor), Diplomar in Bcr/inl933-1939, New York, Columbia U.P., 1968, pp. 459-461.

378 1 Ed. in L 'Europa verso la catastrofe, pp. 380-383.

378 1 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 99, nota l.

379

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 7731/2308. Berlino, 9 novembre 1938 (per. l'JJ).

Il Marchese Antinori mi ha riferito quanto appresso:

«ieri sera al banchetto della Stampa Estera Braun von Stumm (Vice Capo Ufficio Stampa Estera Tedesca) mi ha intrattenuto lungamente sulla nuova tattica polemica che negli ultimi giorni è stata suggerita a questa stampa. Invece di continuare ad attaccare le opposizioni parlamentari in Inghilterra ed in Francia, mi ha detto, noi riteniamo più opportuno risalire alla fonte principale della presente campagna contro gli Stati autoritari, e cioè l'America. Secondo Braun von Stumm, dette opposizioni si troverebbero notevolmente diminuite di forza e di efficacia senza gli incoraggiamenti che loro pervengono continuamente da fonte americana. Questo atteggiamento nuovo da parte di questa stampa si è visto più volte rispecchiato nella Corrispondenza politico-diplomatica, che anche nel suo numero odierno polemizza aspramente contro il Sottosegretario di Stato Summer Welles per un discorso da lui tenuto alla radio ed in cui ha attaccato gli Stati autoritari che, secondo lui, minaccerebbero la pace.

D'altra parte, anche il Ministro degli Esteri, nel suo discorso di ieri sera, non ha risparmiato le critiche all'America che ha accusato pur senza nominarla, di incomprensione per le cose europee.

Secondo Braun von Stumm, sarebbe forse opportuno che anche la nostra stampa assumesse, almeno in parte, lo stesso atteggiamento e, per esempio, facesse presente al pubblico francese ed inglese che gli Americani si servono delle cosiddette demo

Copia di questo documento fu inviata il lO novembre all'ambasciatore Attolico con l'incarico di informare verbalmente von Ribbentrop del contenuto del colloquio.

Il rapporto dell'ambasciatore François-Poncet sul colloquio avuto con Ciano (in DDF, vol. Xl!, D. 288) fu intercettato dal Servizio Informazioni Militare italiano.

crazie europee come strumento per sfogare il loro livore contro gli Stati autoritari senza correre alcun rischio e, se mai, nella speranza di arricchirsi a spese dell'Europa se questa fosse gettata nuovamente in un conflitto».

Il Barone Braun von Stumm ha poi chiesto di vedere anche me e mi ha su per giù ripetuto, e anzi con maggiore enfasi, quanto aveva già detto ad Antinori. Gli ho osservato:

l) Se è vero che gli Stati Uniti adesso sembrano, in fatto di politica antifascista, «marciar da sé», è anche vero che originalmente, essi sono stati «montati» dall'Inghilterra e dalla Francia alla cui mercè-in fatto di propaganda e di lavorazione di opinione pubblica-assolutamente si trovano.

2) Bisogna evitare, comunque, di fare o anche solo dar l'impressione di fare, delle «campagne» contro l'America. Inghilterra e Francia insorgerebbero subito a difesa.

Braun von Stumm ha trovato giuste queste mie osservazioni. Ha aggiunto però che, presentandosi l'occasione di qualche nuova intemperanza da parte americana, sarebbe bene che anche l'Italia ne profittasse per una opportuna replica.

Ho detto che ne avrei riferito a Roma.

Di quanto sopra ho informato anche S.E. Alfieri.

378 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

380

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 9941/5384. Parigi, 9 novembre 1938 (per. l'Il).

Telegramma per corriere V. E. n. l 7228 del 22 ottobre scorso 1•

La questione del riconoscimento del Governo nazionale spagnolo e il conseguente accreditamento di un Agente a Burgos, non è, qui, problema di politica estera, ma, soprattutto, di politica interna. Sicché il Quai d'Orsay non ha alcuna voce in capitolo per definirla. Ed è questa infatti, in sostanza, la risposta che al Quai d'Orsay è stata sempre data alla mia richiesta di informazioni in proposito. Esistono certamente nel Paese forti correnti in favore di una politica più realistica nei confronti della Spagna Nazionale. Ma non hanno, almeno sinora, prevalso e pro

babilmente non prevarranno ancora per qualche tempo, a meno di fatti nuovi, sulle correnti parallele ostili. Mi risulta che Bonnet era ed è personalmente tàvorevole a tale riconoscimento e che tentativi in proposito sono stati abbozzati per il tramite, credo, del console di Francia a San Sebastiano. Ma l'opinione di Bonnet non è, almeno sinora, uscita dalla fase intenzionale e i tentativi sono stati per il momento abbandonati.

Ad eguali ondeggiamenti si assiste per quel che riguarda l'ambasciata di Francia a Barcellona. L'ambasciatore Labonne è stato, ad esempio, richiamato col proposito deliberato e dichiarato di non sostituirlo e di lasciare la gestione dell'ambasciata a un incaricato d'atlàri. Ma, in seguito all'intervento socialista e alle pressioni di Blum, si è dovuto far macchina indietro e sostituire il Labonne con un altro ambasciatore. Sicché un gesto che, nelle intenzioni del ministro degli Aftàri Esteri, avrebbe dovuto segnare una tàse di positivo e concreto disinteressamento francese per la Spagna Rossa, ha finito col rappresentare esattamente il contrario: conferma cioè di un interesse immutato. Bonnet è soltanto riuscito ad ottenere la nomina ad ambasciatore a Barcellona di un suo uomo di fiducia (il suo Capo Gabinetto Jules Henry), persona effettivamente equilibrata e di opinioni moderate 2 .

380 1 Ritrasmetteva il telegramma per corriere 5599/097 del 15 ottobre da San Sebastiano. Circa le voci di una prossima ripresa di rapporti diplomatici tra Francia e Spagna Nazionale, l'ambasciatore Viola riferiva che, secondo quanto gli era stato dichiarato, il governo nazionale era deciso a respingere qualsiasi soluzione che non fosse «quella di un vero e proprio riconoscimento de facto, almeno simile a quello della rappresentanza britannica e, possibilmente, dato il tempo trascorso dall'accreditamento di quella, in una forma anche perfezionata».

381

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5900/130 R. Bucarest. 10 novembre 1938, ore 19 (per. ore 23.25).

Ho chiesto a questo ministro degli Affari Esteri con quale procedura Piccola Intesa sarebbe stata ufficialmente e giuridicamente sepolta, se cioè con denunzia da parte due Membri superstiti (Jugoslavia e Romania), ovvero se la iniziativa sarebbe stata lasciata alla stessa Cecoslovacchia, la quale, in fondo, non ha più interesse permanere in un organismo che l'obbliga ad impegni precisi nei riguardi degli altri due associati senza potersi aspettare da essa analoga contropartita avendo già perduto territori che le dovevano essere garantiti.

Ministro degli Affari Esteri mi ha risposto che la questione è ormai di competenza degli Stati garanti, spettando ad essi dare uno statuto internazionale alla nuova Cecoslovacchia, statuto che dovrà prevedere se essa possa oppure no continuare ad avere alleanze politiche (sovietica e Piccola Intesa) e quindi se la Cecoslovacchia sarà d'ora innanzi un soggetto completamente autonomo di diritto internazionale ovvero un soggetto a diritti limitati.

Poiché è la prima volta che ascolto da Comnen una tesi piuttosto ragionevole e interessante mi dilungo a trasmetterla.

380 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

382

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5904/779 R. Tokio, 10 novembre 1938, ore 20 (pe1~ ore 2 del! '11).

Invio per posta testo comunicato governativo seguito conquista Canton e Hankow1 nonché testo dichiarazioni fatte da Konoye alla radio a spiegazione comunicato stesso 2 .

Dichiarazioni Konoye possono così riassumersi e commentarsi succintamente.

l. Governo Chang-Kai-shek si è ridotto avere un potere locale che sarà distrutto o mantenuto secondo come si comporterà Tokio. Ciò conferma prossima costituzione di un governo centrale. Ad esso sarebbero in seguito sottoposti in forma federativa governi locali già istituiti e quegli altri che stanno per istituirsi. Giappone non ha interesse a una Cina troppo unita e mediante tali governi locali soddisfa anche tendenze separatiste Cina anno 1935.

2. Cina dovrà divenire Stato per davvero indipendente e collaborare con Giappone e Manciukuò a mantenere sua integrità e pace sull'Asia orientale liberandosi dell 'imperialismo di alcune Potenze occidentali e dal comunismo.

È evidente che con tale enunciazione Giappone intende ora meno che mai accettare situazione derivante da trattati di Potenze' e fa intendere possibilità di una lotta contro Russia anche diretta.

3. -Se le altre nazioni riconoscono lo stato delle cose e nuova situazione Giappone non ne respinge collaborazione in Cina. Quando anche non si voglia vedere una minaccia a chiudere mercati cinesi, Potenze che non consentiranno all'abrogazione, tacita o esplicita che sia, di quei trattati ciò vuole dire in ogni caso che d'ora innanzi la loro attività in Cina dovrà essere solo economica e di più subordinata a un consenso che Giappone non darà se non quando ne avrà utilità e sempre assicurandosi una posizione di privilegio. 4. -Giappone è grato ali 'Italia e alla Germania per aiuto morale avuto e si propone rafforzare Patto anticomunista. Allusioni in proposito sono state piuttosto frequenti in questi ultimi tempi e fra l'altro vi accennò Konoye in una sua intervista come

vi ha accennato Arita a Roma. Giappone vuole ora varcare stretti limiti segnati dal Patto entro i quali Hirota e suoi sostenitori liberali si adoperavano a volerlo mantenere per rassicurare Inghilterra.

5. Non sono stati fondati su pace, giustizia ed equità accordi internazionali del passato come Patto Lega delle Nazioni, la quale ha senza dubbio perduto sua dignità. Questa asserzione è spiegazione apparente del recente ritiro del Giappone anche dagli Istituti non politici ginevrini, quantunque spiegazione reale sia che politica militare sta sempre più prendendo forza su quella dei liberali e si attendono quindi anche in questo punto, come nel precedente ... (manca) da quelle perseguite da H i rota.

Inoltre, questo discorso fatto al Partito liberale da Konoye ha un più alto e un più ampio respiro che non le consuete dichiarazioni giapponesi, piatte e trite. In sostanza, però, esso non sposta alcuna idea che non fosse già stata in un modo o in un altro pub-· blicamente enunciata.

Se esso ha suscitato maggiore impressione in Occidente, ciò è stato perché tali idee hanno oggi un altro peso dopo la conquista in Cina. Giappone si erige oggi a solo moderatore dell'Asia orientale e manifesta non solo la decisione a tale compito, ma anche la capacità di esso4 .

382 1 Testo in FRUS, Japan 193/-1941, vol. I, pp. 477-478.

382 2 Il testo del discorso-pronunciato il 3 novembre-è ibid., pp. 4 78-481.

382 3 Sic. Leggasi: «Trattato delle Nove Potenze» (Trattato di Washington del6 febbraio 1922, testo in MARTEt-:S, vol. XIV, pp. 323-331 ).

383

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6020/0203 R. Londra, IO novembre 1938 (per: il 18).

Telespresso di VE. n. 236532/c. del 26 ottobre u.s. 1•

Mentre non mi è stato possibile trovare conferma di una iniziativa del ministro degli Affari Esteri di Norvegia per la conclusione di un armistizio tra il governo di Burgos e la Generalità Catalana, apprendo che qualche settimana fa il signor Companys avrebbe fatto discreti sondaggi presso il governo francese per prospettare appunto la possibilità di una pace fra Franco e le Autorità di Barcellona che assicurasse tuttavia alla Catalogna il mantenimento della sua autonomia.

Senza parlare di vero e proprio protettorato francese, il Companys avrebbe dato assicurazione nel senso che, ove questo progetto fosse stato realizzato, il nuovo Stato catalano avrebbe naturalmente gravitato nell'orbita politica di Parigi.

383 1 Vedi D. 333.

È sintomatico che questa iniziativa di Companys abbia coinciso con la pubblicazione di un articolo sul foglio settimanale Comment ofSpanish Affairs edito dal cosiddetto Comitato per la Difesa Spagnola, articolo nel quale il motivo della necessità per la sicurezza della Francia di uno Stato catalano indipendente ed amico, è ripreso e sviluppato sulla base di una serie di precedenti storici che dalle spedizioni spagnole di Carlomagno arrivano alla politica di Richelieu e di Talleyrand. L'articolo è accompagnato da una cartina nella quale i «territori di lingua catalana», che dovrebbero evidentemente essere inclusi in questo nuovo Stato, vengono fatti giungere fin quasi a Cartagena ed abbracciano le Isole di Maiorca e Minorca.

Circa l'atteggiamento del governo britannico nei confronti di una tale soluzione, dirò brevemente che la possibilità di una qualsiasi mediazione che potesse porre termine alla guerra civile in Spagna, troverà sempre favorevoli accoglienze a Londra. In particolare, una soluzione in senso «federale» del conflitto spagnolo ha anzi anche recentemente trovato assertori sia in un articolo di Scrutator, nel Sunday Times, sia in un editoriale del Times.

Non credo tuttavia che simili assunti siano accompagnati da soverchie illusioni circa le loro pratica attuabilità o che corrispondano a concreti propositi nei circoli responsabili inglesi. Basterà del resto tener presente a questo riguardo le recenti dichiarazioni di Halifax alla Camera dei Lords 2 in relazione alla messa in vigore dell'Accordo Italo-Britannico, dichiarazioni nelle quali il ministro degli Esteri ha chiaramente ammesso che il governo britannico ha firmato gli Accordi di Roma nella piena consapevolezza che il governo fascista non avrebbe mai potuto consentire ad una soluzione del conflitto spagnolo se non in funzione di una completa vittoria del generale Franco.

382 4 Sic.

384

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 7764/2316. Berlino, 10 novembre 1938 (per. il 12).

Con telespresso a parte 1 ho inviato all'E.V. i commenti apparsi su questa stampa ali'assassinio a Parigi del Consigli ere di Legazione vom Rath, rimasto vittima dell'israelita Grynszpan2 . Ho posto anche in rilievo l'importanza ed il

significato dell'articolo apparso stamane sul Volkischer Beobachter, nel quale si chiedeva esplicitamente espiazione per questo nuovo delitto dell'ebraismo internazionale.

Già ieri, un breve comunicato dava notizia di alcuni incidenti antiebraici avvenuti in un primo momento a Kassel ed in seguito anche a Dessau. Oggi giungono notizie di nuovi e maggiori incidenti da ogni parte della Germania. Ovunque, infatti, si sono avute riunioni popolari culminate con veri e propri attacchi ai danni dei negozi tuttora posseduti da ebrei.

A Berlino una tale manifestazione ha preso vaste proporzioni anche perché, cosa strana a dirsi, ancor oggi molti dei maggiori negozi delle arterie più note della capitale del Reich appaiono essere in possesso di israeliti. Così, lo stesso Kurfilrstendamm ha, si può dire, circa il terzo dei negozi in possesso di ditte ebraiche, i cui nomi da alcuni mesi erano stati indicati sulle vetrine con iscrizioni in caratteri bianchi.

Tutti questi negozi sono stati stamane sistematicamente e minuziosamente devastati e così anche quelli di tàma internazionale, quali il gioielliere Margraf e notissimi magazzini di pelliccerie di lusso dcii'Unter den Linden, i quali fino ad oggi mai erano stati disturbati nella loro attività. In altri negozi di mole maggiore e a carattere più popolare, quali ad esempio i grandi magazzini lsrael, siti presso il municipio della città, la distruzione è stata completa ed ha dimostrato come evidentemente esistessero già delle predisposizioni all'atto oggi commesso. Notevole, intàtti, la circostanza che negli ultimi giorni era già apparso un comunicato che dava notizia di perquisizioni compiute dalla polizia in vari locali e abitazioni private frequentate da elementi israeliti, perquisizioni che avevano fatto rintracciare un certo quantitativo di armi da fuoco e da taglio. In altre parole, si ha l'impressione che, a causa dell'insistenza dimostrata dagli israeliti di voler rimanere, dopo sei anni di regime nazionalsocialista, ancora alla direzione dei magazzini da loro gestiti, si stesse preparando una qualche azione di largo respiro per vedere di porre tìne ad una tale situazione evidentemente incompatibile con le linee direttrici del regime nazionalsocialista.

Nelle altre parti della Germania si sono avute anche, come ho sopra accennato, devastazioni cd incendi, particolarmente di sinagoghe c di luoghi di riunione di israeliti. Secondo alcune informazioni, questa attiva campagna, che ha preso lo spunto dall'assassinio del Consigliere di Legazione vom Rath, non si esaurirebbe con le devastazioni di oggi, ma continuerebbe anzi fino al completo c definitivo sradicamcnto delle attività israclite ancora esistenti in Germania.

Sembra già di vederne le prime avvisaglie in un comunicato che il Ministro della Propaganda, dott. Goebbels, ha diramato stasera alla stampa e che suona come segue:

«La giustificata e comprensibile indignazione del popolo tedesco per il vile assassinio proditorio ebraico del diplomatico tedesco a Parigi, è esplosa la notte scorsa in vasta proporzione. In numerose città e località del Reich si è proceduto ad azioni di rappresaglia contro edifici e negozi ebraici. Viene ora intimato severamente a tutta la popolazione di desistere immediatamente da ogni ulteriore dimostrazione o rappresaglia contro l'ebraismo, di qualunque genere essa sia. La risposta definitiva all'attentato di Parigi verrà comunicata all'ebraismo per le vie legislative, rispettivamente con ordinanze».

383 1 Vedi D. 358, nota l.

384 1 Telespresso 7763/2315 del l O novembre, non pubblicato.

384 2 11 7 novembre, il terzo segretario dell'ambasciata di Germania a Parigi, Ernst vom Rath, era stata ucciso nei locali dell'ambasciata dall'ebreo polacco Herschel Grynszpan.

385

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5896/532 R. Berlino, 11 novembre 1938, ore 19,10 (per. ore 20).

Il Segretario di Stato Weizsacker mi ha oggi informato che, avendo la Cecoslovacchia in sede di negoziazioni per rettifica di frontiere, avanzato proposte assolutamente irragionevoli ed assurde, egli ha ricevuto precisi ordini dal Ftihrer di rigettarle in blocco, facendo al rappresentante cecoslovacco le dichiarazioni seguenti:

«l) Il governo del Rei c h intende non cedere in nessun caso alcunché dei territori occupati;

2) per contro, il governo del Reich ha dal canto suo da presentare determinate richieste. Queste sono indicate con una linea rossa sulla carta che viene contemporaneamente consegnata alla delegazione cecoslovacca. Tali pretese tedesche si basano su ragioni impellenti. Esse sono state ridotte al minimo. Il non estenderle più oltre costituisce un grave sacrificio per il governo del Reich in vista delle condizioni che regnano nei grandi territori linguistici di Brtinn e dintorni, Olmtitz, Inglau, Sudweis, ecc., situati nelle immediate prossimità della frontiera tedesca. Unicamente allo scopo di sollecitare la pacificazione tra la Germania e la Cecoslovacchia, si è rinunciato ad avanzare ulteriori pretese;

3) la delimitazione definitiva del confine deve avvenire al più presto possibile. Le recentissime esperienze rendono necessario di prendere immediatamente la decisione conclusiva ancora in sospeso. Il governo del Reich invita quindi la delegazione cecoslovacca a tàrgli pervenire entro uno o due giorni il consenso alla delimitazione della frontiera da esso prevista».

Quanto sopra per doverosa informazione. Weizsiicker ha ragione di ritenere che la Cecoslovacchia non mancherà di aderire alle richieste tedesche. Terrò comunque informata V. E. di ogni ulteriore sviluppo 1•

Sull'argomento, il ministro Fransoni riferiva, da Praga, di avere appreso dal ministro Chvalkovski che il governo cecoslovacco, nell'impossibilità di opporsi, avrebbe accettato le richieste tedesche, giunte -osservava Chvalkovski-quando l'opinione pubblica si aspettava piuttosto qualche rettifica di confine a favore della Cecoslovacchia (T. 5966/267 R. del 14 novembre).

385 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

386

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5927/0 !94 R. Berlino, 11 novembre 1938 (pa il 12).

Vengo informato dal barone von Weizsacker che il governo di Parigi ha fatto la migliore accoglienza al progetto di accordo trasmessogli dal conte Welczek e ha anzi espresso il desiderio che il suo perfezionamento ne venga affrettato.

In omaggio ai desideri manifestati dal governo italiano, l'Auswartiges Amt ha invece confermato di non intendere affatto precipitare le cose.

387

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 5961/070 R. Bucarest, 11 novembre 1938 (per. il 14).

Il signor Comnen ha tenuto a dichiararmi, con estrema enfasi, che il recente incontro fra il Principe Paolo e Re Carol 1 aveva dimostrato che l'identità di vedute dei due Capi di Stato, anzi dei due governi, era perfetta nei riguardi di tutti i problemi che erano stati esaminati, e soprattutto per quanto concerne la politica dei due Paesi nei confronti dell'Ungheria e della Bulgaria. Ha anche aggiunto, senza che gliene facessi domanda, che il Principe Paolo si era dimostrato indignato per le assurde voci corse in seguito ali' incontro del Primo Ministro jugoslavo, signor Stojadinovié, con il Primo Ministro bulgaro, signor Kiosseivanov 2 .

Negli ambienti greci e turchi di questa capitale si continua a ritenere, però, che l'incontro di Nis rappresenti più che un ritorno all'intimità dei rapporti bulgaro-jugoslavi quale andava sviluppandosi prima dell'incontro di Salonicco. Si ritiene cioè che a Nis lo scottante, pericoloso argomento delle minoranze sia stato toccato e che, per iniziativa bulgara, si sia esaminato come il principio etnico di Monaco potrebbe giuocare in eventuali aggiustamenti territoriali nel settore balcanico.

Queste apprensioni greche e turche non sembrano tuttavia fondate, trovandosi in contrasto colla serenità, non ostentata, degli uomini politici romeni dopo le assicurazioni avute dal Principe Paolo circa l'incontro e che devono essere state veramente

nette. Se così non fosse, queste sfere dirigenti non avrebbero mancato di far trasparire la loro ira contro Kiosseivanov e specialmente contro Stojadinovié, a cui di solito vengono attribuite, apertamente, le qualifiche più dure che il presidente jugoslavo ripaga della stessa moneta.

Insincera ed enfatica è invece la soddisfazione che qui si ostenta nei riguardi delle pretese dichiarazioni d'identità di vedute del Principe Paolo nei confronti dell'Ungheria. Basta sondare un poco questi dirigenti per accorgersi quanto siano scoraggiati e turbati. Nel recente ingrandimento territoriale dell'Ungheria essi vedono profilarsi la possibilità che un giorno venga posto anche il problema delle frontiere nord-occidentali della Romania. Ma invece di reagire con una politica realistica, colla decisione d'intendersi con Budapest e di stringersi vieppiù a Varsavia e a Belgrado, qui riappaiono le solite diatribe contro l'Ungheria, alimentando una campagna di stampa che aggrava la frattura e finisce per allarmare questa opinione pubblica.

Il signor Comnen mi ha fatto trovare ieri nel suo studio di lavoro un mucchio di pubblicazioni revisionistiche diffuse, secondo lui, in tutta la Transilvania da organi di Budapest e si affretta a trarre la conclusione che con l'Ungheria non c'è nulla da fare, a meno che l'Italia non la riduca alla ragione. Mi ha nuovamente chiesto se non potremmo intervenire a Budapest per moderare gli entusiasmi, ma ho lasciato cadere la sua allusione.

Dall'insieme del colloquio ho riportato la precisa sensazione che l'incontro tra il Principe Paolo e Re Caro! si è verificato su pressante richiesta romena. Le notizie corse circa l'incontro di Nis, e quelle che vengono da Budapest, avevano creato qui uno stato di vero allarme. Si è sentito che bisognava far qualche cosa. Si è quindi cercato di aver da Belgrado spiegazioni ed assicurazioni. Queste, ripeto devono essere state soddisfacenti circa l'incontro di Nis, ma non potevano essere che teoriche e vaghe nei confronti del ponderoso problema dell'Europa Centrale, problema che investe tutto lo schieramento di questi Paesi nei confronti della Germania e dell'asse Roma-Berlino.

È perciò in un'atmosfera di penosa depressione che Re Caro! ed il suo malinconico ministro degli Affari Esteri si avviano verso Londra ove già sanno di non poter trovare che scarso conforto, scarso interesse e poca o nulla moneta.

387 1 Del 4-5 novembre a Bucarest. Sulla visita del Reggente jugoslavo si veda anche il D. 359. 387 2 Riferimento all'incontro del 31 ottobre a Nis. Vedi D. 375.

388

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1760/1120. Praga, Jl novembre 1938 (per. il 17).

In una conversazione avuta con questo Ministro degli Affari Esteri su argomenti del giorno, gli ho chiesto quali conseguenze, dal punto di vista pratico o diplomatico, avessero avuto gli avvenimenti testé verificatisi sulle relazioni ed i rapporti tra la Cecoslovacchia e l'U.R.S.S.

Il signor Chvalkovsky mi ha detto che, dopo gli accordi di Monaco, questo ministro dei Sovieti aveva fatto un passo offrendogli, da parte di Mosca, le stesse garanzie per le nuove frontiere cecoslovacche, che l'Inghilterra e la Francia. li ministro degli Esteri aveva risposto in modo evasivo pensando di accertare, anzitutto, se il passo del signor Alexandrovsky rispondesse ad istruzioni di Mosca o se, a scopo di sondaggio, non fosse d'iniziativa personale del diplomatico russo. Risultò in seguito al Chvalkovsky, da informazioni avute dal proprio rappresentante presso i sovieti, che l'offerta veniva realmente da Mosca e, ad un secondo passo di Alexandrovsky, egli rispose, secondo quanto mi ha dichiarato, che il governo cecoslovacco considerava per il momento opportuno tenersi, anche per quanto riguardava le garanzie territoriali, nei limiti previsti dagli accordi di Monaco. Il rappresentante sovietico chiese allora se il governo di Praga, nella nuova situazione. avesse nulla da osservare nei riguardi del trattato russo-cecoslovacco. Nessun cambiamento al riguardo, avrebbe dichiarato, di rimando, il ministro degli Esteri. precisando però, al suo interlocutore, che tale trattato è legato a quello franco-russo del quale, a mo' di corollario, non può che seguire le sorti. Il signor Chvalkovsky diceva poi a me che sembravagli possibile un nuovo indirizzo della politica francese verso l'U.R.S.S., il che risolverebbe anche la questione che ha formato oggetto della sua conversazione con questo ministro di Russia. Ha aggiunto, però, che, né per scopi diretti, né indiretti, il governo di Praga pensa a denunciare il trattato che lo lega alla Francia.

In occasione della sospensione del partito comunista, del divieto di giornali e riviste di tale carattere nel territorio della Repubblica e di altri provvedimenti del genere, il ministro dei sovieti non ha mancato di presentare lagnanze e proteste. Il signor Chvalkovsky asserisce di essersi sempre limitato a far rilevare che tali provvedimenti hanno carattere e sono da considerarsi nell'ambito della politica interna dello Stato cecoslovacco 1•

389

L'AMBASCIATORE IN CINA, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATO 5943/385 R. Shanghai, 12 novembre 1938, ore 15 (per. ore 1,36 del 14).

Questo incaricato d'affari di Germania 1 di ritorno da Chungking e ancora sotto l'influenza di quegli ambienti non riesce a disfarsi della illusione di una resistenza del Generalissimo con risultati se non militari almeno civili. Quando lo costringo ad

389 1 M. Fischer.

ammettere la realtà di fattori decisivi a favore del Giappone, ripiega senza ragione logica sull'argomento degli importantissimi interessi che Germania ha saputo creare in Cina e del pericolo che correrebbero in caso di conquista giapponese. Per mentalità e per atteggiamento attuale egli è assai più vicino a questi circoli francesi ed inglesi che a noi e sento che lo stupisce nostra linea di condotta senza esitazione e senza riserva. Così i suoi collaboratori e forse il competente ufficio del ministero degli Affari Esteri tedesco. Egli mi ha detto che la fonte della resistenza cinese si basa sulla persona del Generalissimo che cerca di galvanizzare con ogni mezzo la forza che lo sostiene e che sarebbe tuttora la migliore 2 .

Il Generalissimo, a suo avviso, avrebbe ancora un grande seguito nel Paese. Forse se lui crollasse crollerebbe tutto, ma oggi egli riesce ancora a dominare la situazione. Incaricato d'affari tedesco non crede che Mosca si impegnerà a fondo per aiutare Chungking, dove tuttavia oggi si spera quasi unicamente sulla Russia e si critica aspramente la freddezza inglese e francese. La caduta di Canton ebbe ripercussioni disastrose che malgrado tutto permangono.

La Germania è riuscita frattanto a sistemare a Chungking la maggior parte dei suoi crediti. Nella Cina nazionale lavorano uomini d'affari tedeschi per realizzare quanto ancora si può, e le linee aeree della Eurasia erano sino a ieri attivissime realizzando guadagni e specialmente colla «T.R.E.O.».

Alcuni tratti sono stati sospesi e altri lo saranno per l'allargamento della zona di guerra giapponese nel Sud Cina e ciò benché Kung insista per loro mantenimento. È forse in seguito a esitazione da parte tedesca che Kung ha chiesto la settimana scorsa alla Francia di effettuare il collegamento aereo Chungking-Hanoi. Mi risulta che questo ambasciatore di Francia3 si è subito dichiarato contrario per timore di complicazioni.

Comunicato anche a Tokio per corriere.

388 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

390

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE URGENTE 5923/140 R. Roma, 12 novembre 1938 (per. stesso giorno).

Mio telegramma per corriere n. 139 dell'8 corr. 1• Come ho riferito c'è da prevedere che il Papa faccia dirigere all'E. V. una nota di protesta in seguito alla pubblicazione dello schema di decreto-legge per la difesa della

razza. È pure probabile che, a malgrado del passo da me fatto presso il cardinale Segretario di Stato, il Pontefice formuli una protesta orale durante i ricevimenti che accorda giornalmente.

Comunque evito, per il momento, qualsiasi conversazione sull'argomento. Se l'E.V. giudica che io debba dare spiegazioni o svolgere una ulteriore azione presso la Segreteria di Stato, prego d'impartirmi istruzioni.

389 2 Sic.

389 1 Émile Naggiar.

390 1 T. per corriere 5871/139 R. deii'S novembre. Riferiva che il cardinale Pacelli gli aveva fatto presente che, qualora la legge in preparazione sui matrimoni misti avesse costituito un'infrazione del Concordato, era intenzione del Pontefice di inviare una nota di protesta e di renderla pubblica.

391

IL MINISTRO A LISBONA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6015/066 R. Lisbona, 12 novembre 1938 (per. il 18).

Faccio seguito al mio telegramma per corriere n. 265/064 in data 26 ottobre u.s. 1•

Ho avuto una lunga conversazione con Nicolas Franco rientrato dalla Spagna ove si era recato un'altra volta in seguito alla morte del fratello Ramon (mio telespresso n. 1935/1 O18 del l o novembre u.s. 2).

Ne ho profittato per domandargli a che punto fossero le sue trattative con questo governo per la reciproca garanzia della frontiera terrestre. Mi ha risposto che al momento acuto della crisi internazionale aveva, nella conversazione con Salazar, concordato i termini di uno scambio di note a tale scopo e che -se la situazione fosse precipitata-era stato convenuto di procedervi senz'altro, e che ciò avrebbe potuto avvenire entro un'ora. La situazione essendosi invece risolta grazie al convegno di Monaco lo scambio non era avvenuto. Ma l'idea della garanzia rimaneva ed era allo studio una forma meno affrettata. Si era già parlato ad esempio della possibilità di un trattato di non aggressione.

Nella mia prima conversazione con Nicolas Franco in argomento (mio telegramma n. 131 3 e mio telegramma per corriere n. 061 in data 27 settembre u.s. 4 gli avevo posto precise domande circa la forma che i due governi si proponevano di dare alla garanzia. Nicolas Franco le aveva eluse indicando che la forma sarebbe stata studiata in successivi colloqui. Ora invece mi ha detto che lo scambio di note era stato deciso con Salazar «sin dalla prima conversazione». Non è il solo dato che in questa nuova conversazione contraddica a quanto mi aveva detto prima, né il solo particolare rivelatore che ora abbia aggiunto.

Così ha dichiarato ora a sua volta che la proposta di garanzia era avvenuta in quel primo colloquio. Ha precisato inoltre che Salazar era preoccupato della frontiera

391 2 Vedi D. 354. 391 3 Vedi D. 156, nota l. 391 4 Vedi D. 156, che è del 26 settembre.

marittima come di quella terrestre e che gli aveva tagliato il dilemma argomentando che se si fosse cercato di includere anche la frontiera marittima il problema sarebbe diventato estremamente difficile e forse addirittura insolubile.

Ecco le parole di Nicolas Franco: «Voi avete già basi in Spagna, gli inglesi non avrebbero fatto complimenti a prenderne in Portogallo. In queste condizioni non potevamo garantirci che la frontiera terrestre per arrivare alla neutralità reciproca». Vale a dire che viene ancora una volta confermato che Salazar e Nicolas Franco hanno veramente considerato l'eventualità che Spagna e Portogallo rimanessero neutrali nelle condizioni già accennate e con basi nei propri territori occupati da terze Potenze in conflitto armato tra di loro. Che due uomini responsabili abbiano seriamente pensato di stipulare un accordo di questo genere allo scopo di mantenere la neutralità in tali condizioni è cosa che rasenta l'incredibile. E tuttavia ciò risulta non soltanto dalle parole di Nicolas Franco (che è sempre consigliabile accuratamente controllare) ma da quelle stesse di Salazar (mio rapporto 1741/905 in data 4 ottobre u.s. 5).

Quanto a Salazar le ragioni possono essere facilmente intuite. Non è necessario insistere sulla situazione disperata in cui il conflitto avrebbe posto il Portogallo, alleato dell'Inghilterra. Ma uno degli elementi più tragici della situazione era l'eventualità che fosse trascinato in conflitto contro la Spagna Nazionale che per ventisei mesi aveva così strenuamente sostenuto. Salazar in tale situazione colse la prima tavola di salvezza che gli veniva porta. Non aveva scelta. Che non avesse dubbi sulla fallacia e la irrealtà del mezzo lo dimostra il fatto che non addivenne ad un patto immediato. Si compromise solo, come ultima ratio, per il caso di conflitto. Allontanato il pericolo, ha lasciato cadere tale forma per studiarne una più reale.

Nel suo ultimo discorso, del resto, (mio telespresso n. 1919/1009 del29 ottobre

u.s.6) Salazar ha fatto accenni chiari e precisi in argomento dichiarando anche con molta sincerità gli elementi ed i motivi della sua valutazione della situazione.

Circa la neutralità spagnola, che sarebbe stata, come è ovvio, nei riguardi dell'asse Roma-Berlino di diverso carattere e di ben altra portata, Nicolas Franco mi ha dato anche nuove interessanti informazioni. Le riferisco come me le ha dette. Ritengo che non potrei abbastanza insistere, dati i precedenti e le abitudini dell'uomo, sul fatto che non potrebbero essere accolte senza ogni più ampio controllo.

Ha preso le mosse dell'azione personale svolta dal generale Game! in il quale avrebbe insistito presso il suo governo affermando che il momento era propizio per la guerra contro la Germania. Egli avrebbe sostenuto che Francia e Inghilterra erano ora militarmente pronte, mentre la preparazione militare della Germania era ancora lontana dall'essere completa. Avrebbe ammesso che la inferiore efficienza dell'aviazione

francese era uno degli elementi negativi ma che era compensata da quella di prim 'ordine dell'esercito e della marina. In sostanza, il generale Gamelin insisteva che le condizioni erano ora favorevoli, mentre non soltanto sarebbero state superate tra breve ma che non era prevedibile che potessero ripresentarsi nel futuro.

Nella sua diretta azione tendente ad ottenere la neutralità del Governo Nazionale Spagnolo, la Francia si era valsa come leva principale della minaccia di una immediata occupazione del Marocco Spagnolo e ciò determinò l'invio in quel territorio, da parte del Generalissimo, delle due divisioni di rinforzo. L'azione era direttamente francese ma con la «benevola approvazione» inglese (testuale).

Riferisco questi due punti dell'informazione per ciò che valgono, e soprattutto allo scopo di confronto con le notizie in possesso di V.E. Dal punto di vista dell'esame locale della situazione vi è un elemento da registrare. Tutto ciò si riferisce evidentemente alla prima parte della tàse acuta della situazione internazionale vale a dire sino al 15 settembre ed ha una particolare importanza appunto per la precisazione delle date nelle successive informazioni di Nicolas Franco.

Circa la domanda francese questi ha precisato che consisteva nella richiesta di assicurazione che non vi sarebbe stata aggressione da parte della Spagna Nazionale, offrendo come contropartita la neutralità francese nei riguardi della Spagna. Arrivando alla risposta spagnola, Nicolas Franco mi ha detto che essa era stata approvata dal

R. Governo, come da quello tedesco. Ma qui la sua esposizione, molto fluente e colorita, ha avuto passaggi di singolare imbarazzo.

La Spagna Nazionale non dispone di una linea telegrafica diretta Italcable con l'Italia come Lisbona e per quanto il conte Viola fosse stato avvertito, è da supporre che la sua trasmissione non potè essere così sollecita. D'altra parte, certamente vi fu negligenza o equivoco da parte di Garcia Conde nell'eseguire le istruzioni impartitegli poiché egli, essendo il Duce e S.E. il conte Ciano partiti frattanto per Monaco, non ritenne che la comunicazione avesse possibilità di risposta immediata. Frattanto il governo Nazionale non poteva ritardare oltre la sua risposta e questa (in seguito approvata dal R. Governo) era che garantiva che non vi sarebbe stata aggressione da parte sua ma esigeva che la neutralità francese si estendesse alla frontiera ed ai porti rossi.

Dalle successive informazioni di Nicolas Franco, completate dagli altri elementi raccolti, la successione degli avvenimenti, per ciò che riguarda la neutralità spagnola c quella reciproca !uso-spagnola può essere schematicamente riassunta come segue:

Azione francese presso Franco: seconda settimana in ogni caso non oltre il 14 settembre. Colloquio Salazar-Nicolas Franco in seguito a tale azione (garanzia reciproca della frontiera, neutralità !uso-spagnola): 15 o 16 settembre. Istruzioni a Garcia Conde 28 settembre. Nicolas Franco non ha precisato la data delle comunicazioni fatte al conte Viola. Ma tale data certamente da tempo a conoscenza di V.E. potrà essere evidentemente un elemento di controllo di singolare importanza.

Se questa cronologia risponde alla realtà ciò che balza agli occhi immediatamente è il lasso di tempo che intercorre tra il 15 ed il 28 settembre.

È da notare che la mia prima conversazione con Nicolas Franco, in cui egli mi dette le prime informazioni estremamente limitate, e diverse da quelle susseguenti, è del 26 settembre.

391 1 Vedi D. 331.

391 5 Vedi D. 187, nota 5.

391 6 Riferiva i punti salienti del discorso pronunciato il 27 ottobre alla radio da Salazar. Il presidente del Consiglio portoghese aveva ribadito il suo fermo proposito di compiere ogni sforzo per risparmiare al popolo portoghese gli orrori della guerra e, richiamandosi alla recente crisi cecoslovacca, aveva dichiarato di aver agito per aiutare i governanti della Spagna Nazionale a definire e a mantenere la neutralità di fronte ad un eventuale conflitto generale. Era evidente -osservava il ministro Mameli -che Salazar considerava la neutralità della Spagna come determinante per allontanare il pericolo di guerra dal suo Paese ed in questo quadro vedeva la reciproca garanzia delle frontiere !uso-spagnole.

392

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATISSIMO 780 I/2330 1 . Berlino, 12 novembre 1938.

Ho l'onore di qui unito inviare, per opportuna conoscenza dell'E.V., un promemoria rimessomi da questo R. Addetto Militare nei riguardi del prossimo inizio di scambi di vedute tra Rappresentanti dell'Esercito italiano e Rappresentanti dell'Esercito tedesco nel campo tecnico degli armamenti.

ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE A BERLINO, MARRAS,

ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

PROMEMORIA 1995. Berlino, 12 novembre 1938.

Il Comando superiore dell'esercito tedesco mi ha comunicato che è disposto a concordare le modalità di collaborazione tecnica fra i due eserciti, della quale fu fatto nell'agosto scorso un primo cenno, rimasto senza seguito per il fatto che l 'attenzione delle Autorità militari tedesche era totalmente assorbita da altre esigenze.

Il Comando tedesco ha proposto che un primo scambio generale di vedute tra i nostri rappresentanti e questo Ministero avvenga ai primi del prossimo dicembre. Questa collaborazione si limiterebbe per il momento al campo tecnico (armi e munizioni, automezzi, fabbricazioni di guerra, protezione aerea).

393

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 7815/2339. Berlino, 12 novembre 1938 (per. il 14). Mio telespresso n. 7764/2316 del l O u.s. 1•

Le manifestazioni antisemite che hanno avuto origine dall'assassinio a Parigi del Consigliere di Legazione vom Rath e che, come ha avuto occasione di riferire con il mio

telespresso suaccennato, si sono rapidamente diffuse in tutta la Germania, sono aumentate di intensità nelle giornate del 9 e del l Oed anche, in parte, di ieri. Ovunque, come i RR. Consoli hanno fatto conoscere, si sono avute distruzioni metodiche e complete di sinagoghe, di luoghi di riunione degli israeliti, di negozi da essi gestiti. A queste distruzioni si sono accompagnati, in varie località, arresti di numerosi elementi ebraici. Non si segnala invece alcun caso di ferimenti o di uccisioni e neanche di veri e propri saccheggi.

Come I'E.V. conosce, il proclama lanciato da Goebbels il lOu.s., nel quale il Ministro della Propaganda del Reich diceva la parola «fine» per la reazione di carattere popolare antisemita, faceva prevedere imminente la promulgazione di nuove misure di carattere legislativo a carico e a danno degli ebrei. Oggi si annuncia così che agli israeliti è fatto divieto assoluto di frequentare i teatri, i cinematografi e gli altri locali pubblici. E finalmente, a quanto ora apprendo, il Comitato per il Piano Quadriennale, che è presieduto dal Maresciallo Goring, ha deciso l'esclusione degli israeliti da qualsiasi forma di attività commerciale e l'imposizione alle collettività ebraiche di Gennania della multa veramente colossale di un miliardo di marchi (ossia 8 miliardi di lire) a titolo di risarcimento per l'assassinio di vom Rath. A tale multa si aggiunge la confisca da parte dello Stato di tutti i premi di assicurazione a favore di israeliti esistenti nel Reich.

Le misure, come si vede, hanno carattere di estremo rigore e rendono pressocché impossibile la vita delle collettività ebraiche qui residenti. Tutti quindi si domandano quale possa essere, nei prossimi mesi, la sorte delle centinaia di migliaia di israeliti «puri» ancora viventi entro i confini tedeschi.

Durante la reazione antisemita si è avuto a deplorare a Essen un incidente costituito dalla devastazione, da parte della folla, di una casa già di proprietà israelita ed acquistata recentemente dalle nostre Ferrovie dello Stato ma non ancora occupata. l vetri ne sono stati rotti ed i mobili danneggiati. Il Reggente dell'Ufficio per l'approvigionamento dei carboni da parte delle nostre Ferrovie ha protestato presso la Polizia locale, mentre al tempo stesso la R. Ambasciata interveniva senza indugio presso le competenti Autorità di Berlino, ponendo in rilievo l'equivoco increscioso e chiedendo la protezione di quello stabile. Le Autorità tedesche provvedevano senz'altro nel senso richiesto ponendo un nucleo di agenti di polizia a guardia di quella casa ed evitando così, nella stessa nottata susseguente, che essa venisse data in preda alle fiamme.

A quanto apprendo, la Direzione Generale delle Ferrovie dello Stato di Roma avrebbe intenzione di non protestare, né chiedere risarcimenti di danni per quanto è avvenuto. Nel frattempo, ed in attesa di eventuali istruzioni, provvedo perché il R. Console Generale in Colonia2 riunisca tutti i dati e notizie necessarie per avere un'idea esatta dei danni in questione.

Sempre a Essen si è avuto un altro incidente nei riguardi italiani, costituito dai danni fatti dalla folla ad un negozio di gelateria, ritenuto israelita, di proprietà di connazionali. Le Autorità locali hanno immediatamente provveduto ad esprimere il loro rincrescimento, ad assicurare che i danni sarebbero stati compensati, e ad autorizzare l'immediata riapertura di quell'esercizio.

Evidentemente. come ebbi anche occasione di accennare nel mio precedente telespresso. tutte queste gravissime misure antiisraelite devono rispondere ad un piano preordinato in antecedenza e che ha trovato la sua pratica applicazione a seguito dell'assassinio di Parigi. Si direbbe che il Regime nazionalsocialista ha l'intenzione di compiere uno sforzo supremo per obbligare le collettività ebraiche a sloggiare in qualunque modo ed a qualsiasi costo dalla terra tedesca. I metodi usati appaiono essere di particolare brutalità e quindi essi, in realtà, non incontrano la piena approvazione della grossa massa della popolazione. E persino talune persone che appartengono a famiglie di alti gerarchi del Governo si sono espresse in questi giorni. a quanto mi risulta. in termini che fanno supporre come anche nelle alte sfere direttive i giudizi circa l'opportunità di una simile azione antiebraica, spinta a fondo. non siano del tutto concordi3•

392 1 Il documento è tratto dall'archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. Manca l'indicazione della data di arrivo.

393 1 Vedi D. 384.

393 2 Ermanno Armao.

394

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 56/2343. Londra, 12 novembre 1938 (per. il 18).

Hemming, che è tornato ieri dalla Spagna Nazionale mi ha comunicato le sue impressioni e le conclusioni da lui raggiunte in seguito ai contatti avuti con S.E. Jordana e con vari funzionari del ministero degli Esteri di Burgos. Riassumo quanto egli mi ha detto:

I) Situazione generale Spagna Nazionale.

Hemming si è dilungato a parlarmi del benessere, della tranquillità, dell'ordine che regnano nella Spagna di Franco. Nessuno si accorge che c'è la guerra. Tutti sono sereni e fiduciosi. Tutti lavorano. Nessuna traccia di malcontento, o di repressione poliziesca. «Mi sono accorto»-ha detto Hemming-«di quanto fantastiche e calunniose siano le insinuazioni di certa stampa che pretende affermare il contrario». Hemming è pure rimasto molto impressionato dall'attività della Falange Nazionalista nel campo sociale, e per il benessere del popolo.

Il) Partenza Legionari italiani dalla Spagna.

Hemming è rimasto ammirato davanti allo spettacolo della sfilata e dell' imbarco dei Legionari italiani a Cadice. La fierezza che si esprimeva nei loro volti, la loro magnifica disciplina, l'ordine perfetto col quale si è proceduto a trasportarli a Cadice e ad imbarcarli sulle nostre navi, hanno dato a Hemming una sensazione

interamente nuova, che ha modificato certe sue idee, persino nei rispetti tecnici del «piano di evacuazione», da lui in parte elaborato. Hemming ha anche aggiunto che quello che aveva visto a Cadice lo aveva persuaso della falsità di certe affermazioni della stampa antifascista, che pretendeva che i nostri legionari sarebbero stati pure e semplici truppe regolari, e non già formazioni volontarie, come sono realmente.

Jll) Rapporti di Hemming con Jordana.

Hemming mi ha detto che, nonostante gli inevitabili alti e bassi delle trattative, i suoi rapporti personali con Jordana sono stati sempre improntati a cordialità e cortesia. Jordana gli ha rimproverato di «entrare nel campo della politica»; ma ciò era necessario--ha detto Hemming-per il semplice fatto che, esclusa la possibilità di una accettazione da parte del Governo Nazionale del piano del 5 luglio I, non rimaneva altro che cercare di ottenere dal Governo Nazionale una chiara enunciazione dei postulati minimi sui quali si potesse ricostruire un piano nuovo ad esso accettabile. Hemming crede di essere riuscito ad elucidare questi postulati nonostante che Jordana si sia quasi sempre schermito (dice Hemming) dietro «una chiara diffidenza per lui e la sua missione», diffidenza alla quale Hemming in parte attribuisce quelli che egli chiama gli «irrigidimenti del governo di Burgos».

IV) Relazione .finale di Hemming.

Hemming ha preparato la sua relazione a San Sebastiano, prima di partire per Londra. Poiché detta relazione contiene fra l'altro: l) un resoconto (domande e risposte) delle conversazioni avute con Jordana e 2) una «dichiarazione di politica», del Governo Nazionale tratta appunto da tali conversazioni, Hemming ha sottoposto a Jordana i due testi al fine di ottenere la sua approvazione prima di incorporarli nel documento. Hemming riparte domani domenica per Burgos, allo scopo di terminare e firmare la sua relazione, e conta essere di ritorno a Londra fra una settimana. Egli mi ha detto che, appunto per cercare di vincere la diffidenza da cui si sentiva circondato da parte degli ambienti ufficiali di Burgos, si proponeva di rimettere personalmente a l ordana una copia della relazione stessa, quantunque ciò potesse apparire in certo modo irregolare. «La relazione» -ha aggiunto Hemming-«non sarà forse tutta di gradimento di J01·dana, ma la sua sostanza e le sue intenzioni dovrebbero almeno in parte soddisfare il Governo Nazionale Spagnolo».

V) Conclusioni della Relazione Hemming.

Hemming mi ha detto che la sua relazione parte dalla constatazione che il Governo Nazionale Spagnolo non può accettare il piano del 5 luglio, perché esso ritiene che il pieno riconoscimento dei diritti di belligeranza, soprattutto dopo l'avvenuto ritiro di l 0.000 volontari italiani, debba precedere qualunque ulteriore concessione da parte sua. Questo atteggiamento che, visto da Londra, pareva a Hemming non del tutto giustificato, ora gli si era manifestato invece come una necessità assoluta, che traeva le

sue radici dalla fierezza del carattere spagnolo, e dallo stato d'animo generale del pubblico; il quale si interessava più della belligeranza che di qualsiasi altro problema e ne faceva una questione di principio.

Jordana aveva dichiarato a Hemming che la belligeranza doveva essere riconosciuta incondizionatamente e illimitatamente; ma Hemming, nonostante tutto, aveva l'impressione che una volta effettuato tale riconoscimento, il Governo Nazionale non si sarebbe rifiutato di auto-limitare in qualche modo l'esercizio dei suoi diritti secondo le prescrizioni del piano del 5 luglio.

Hemming dunque pone l'alternativa: o dichiarare che il piano di evacuazione dei volontari è definitivamente morto, o ravvivarlo mediante il preventivo riconoscimento dei diritti di belligeranza. Su questa nuova base, il piano stesso dovrebbe inoltre subire sostanziali modifiche, fra cui:

l) l'abolizione del principio di proporzionalità e del concetto di «categoria» nel ritiro dei volontari;

2) la conseguente inutilità dell'invio di Commissioni per computare il numero dei volontari da una parte e dell'altra;

3) l'abolizione dei «campi di evacuazione» in cui i volontari dovevano essere concentrati a norma del piano del 5 luglio (Hemming ha detto che tutte queste semplificazioni gli erano state suggerite dalla rapidità. disciplina e precisione con cui erano stati evacuati, dinanzi ai suoi occhi, i l 0.000 legionari italiani);

4) la considerevole diminuzione delle spese per l'attuazione del ritiro;

5) la necessità di tener conto delle grandi differenze esistenti fra la Spagna Nazionale e la Spagna Rossa, proponendo-se non proprio due piani diversi-almeno un piano di massima adattabile, con modifiche sostanziali, alle condizioni così diverse dell'una e dell'altra parte.

VI) Procedura da seguire secondo Hemming.

Hemming mi ha detto che essendo partito per la Spagna con incarico, non del Comitato ma dei cinque governi (italiano, tedesco, britannico, francese, e portoghese) che contribuiscono alle spese preparatorie per l'applicazione del piano del 5 luglio, egli aveva il dovere di presentare la sua relazione, unicamente ed esclusivamente ai cinque suddetti governi per tramite dei loro rappresentanti presso il Comitato. Questa relazione di Hemming, in conformità al mandato affidatogli, non contiene «proposte», ma solo «conclusioni». Da queste conclusioni, secondo Hemming, i cinque Governi potrebbero, attraverso consultazioni diplomatiche, elaborare un piano comune e presentarsi in un secondo tempo dinanzi al Comitato per metterlo di fronte al fatto compiuto. Hemming ritiene che qualora si procedesse altrimenti, e si portasse per esempio la questione immediatamente in seno al Comitato, le difficoltà che sorgerebbero soprattutto per l'opposizione della Russia, e per riflesso della Francia, e forse anche della stessa Inghilterra a causa della violenta opposizione delle sinistre, si dimostrerebbero insormontabili. La possibilità di una decisione collettiva del Comitato è dunque da scartarsi.

Può darsi invece -dice Hemming-che una volta la belligeranza riconosciuta dai cinque governi indipendentemente dal Comitato, gli altri governi rappresentati nel Comitato siano indotti, «a denti stretti», a fare altrettanto. E anche nel caso che ciò non avvenisse, risulterebbe intanto creata una situazione nuova di fronte alla quale vari membri del Comitato avrebbero da riesaminare i loro precedenti atteggiamenti.

Queste sono, per ora almeno, le idee personali di Hemming. Le comunico a V. E. per quello che possono valere. Aggiungo comunque che Hemming non si nasconde la difficoltà di indurre il governo francese, ed anche lo stesso governo britannico (non per l'atteggiamento dei suoi dirigenti e in modo particolare del Primo Ministro, già acquisiti a un simile modo di vedere, ma per la prevedibile opposizione di certi ambienti politici e di molti ambienti della City interessati al commercio con la Spagna Rossa) a riconoscere al di fuori di ogni decisione del Comitato i diritti di belligeranza alle due parti in Spagna. Hemming ripone perciò la sua speranza, anche se limitata, nella considerazione -che dovrà risultare dal suo rapporto-che, ove non si segua questa strada, ogni possibilità di proseguire nella politica del non-intervento e di ritirare i volontari dalla Spagna dovrà essere abbandonata2 .

393 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

394 1 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 289.

395

IL CONSOLE GENERALE A MONACO, PITTALIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 11252/1052. Monaco di Baviera, 12 novembre 19 38 (per. il 14).

Riferendomi a quanto, con rapporto odierno a parte 1 , ho riferito sull'azione antisemita di questi ultimi tre giorni in Baviera, richiamo l'attenzione sulla circostanza che essa, specie negli ultimi due giorni, ha assunto particolarissimo e vivacissimo carattere combattivo anche nei riguardi del così detto cattolicesimo politicante e della politica del Vaticano. La predica colla quale il Cardinale Faulhaber aveva domenica scorsa rotto il già relativamente lungo silenzio, riaffiorando accuse e polemiche, aveva prodotto negli ambienti nazisti un certo fermento.

Sulle violenze contro gli ebrei riferiva ampiamente, con riguardo alla sua circoscrizione, anche il console a lnnsbruck, Romano, il quale osservava: «La popolazione appare sbigottita e costernata per gli avvenimenti di quella notte e se ne mostra profondamente indignata; benché sia molto guardinga nell'esprimere il proprio pensiero, dato che già tre ariani, a quanto si dice, sarebbero stati nottetempo trasportati dalla Gestapo al campo di concentramento di Dachau per avere espresso la loro riprovazione. Né si trova motivo di tranquillità nell'attuale tregua seguita all'ordine di Goebbels di sospendere ogni ulteriore rappresaglia: che, anzi, i preannunciati provvedimenti legali contro gli ebrei e l'imposizione a loro carico di una taglia di un miliardo di marchi sembrano a questa popolazione forieri di nuovi e più gravi avvenimenti. Oltre alla cittadinanza, anche i nazisti, a quanto mi è stato riferito, sarebbero terrorizzati: tuttavia i militanti più accesi e più radicali si mostrerebbero fieri dell'accaduto e tenderebbero ad attribuirsene il merito» (rapporto 9638/641 del 12 novembre).

E come nel già citato mio rapporto ho riferito, il primo comunicato ufficioso che, a quasi 48 ore dai primi avvenimenti di vivissima reazione antisemita della notte del 9, era apparso sulla stampa cittadina, era associato ad un appello col quale il Capo delle Camicie Brune di Monaco, Ministro Wagner, indiceva ben 20 contemporanei comizi per la serata di ieri, nelle amplissime sale delle più vaste birrerie monachesi, «per protestare contro il giudaismo mondiale ed i suoi alleati rossi e neri».

Il Ministro stesso ha parlato nel vastissimo Anfiteatro del Circo avanti migliaia e migliaia di ascoltatori, mentre le sue parole erano riprodotte dagli altoparlanti nei predetti 20 altri amplissimi locali, così straboccanti di pubblico che in ognuno di essi la Polizia dovette intervenire per tener l'ordine nella folla forzatamente rimasta al di fuori.

Esaurita la parte dedicata più particolarmente agli ebrei, l'oratore ha ricordato egli stesso l' intitolazione d eli 'adunata diretta anche «contro gli alleati rossi e neri dell'ebraismo internazionale», e fra ironici e vivaci commenti degli ascoltatori, ha dato lettura di una missiva colla quale l'Ordinariato di Monaco, affermando che le manifestazioni prendevano una piega anticattolica, chiedeva la protezione della forza pubblica contro ogni possibile e prevedibile attentato. Wagner rispose, fra non minor clamore di consensi, che una lettera consimile attesta soltanto come chi scrive sente di avere la propria coscienza assai sporca, mentre costituisce una nuova e flagrante provocazione verso il nazionalsocialismo, chiedendo da un canto l'aiuto di uno Stato che d'altro canto viene continuamente attaccato e combattuto dagli stessi richiedenti.

Egli ha inoltre rilevato che lo stesso Pontefice nei suoi frequenti discorsi contro la Germania socialnazionale viene praticamente a invocare e provocare l 'aiuto e la solidarietà di tutti gli altri elementi sovversivi internazionali nemici del nazionalsocialismo.

Quanto al Cardinale Faulhaber, egli ha aggiunto, sarebbe meglio che esercitasse la sua critica e la sua azione nei confronti della Chiesa stessa. A quest'ultima il socialnazionalismo non ha da fare più alcuna concessione; sta ormai nel suo interesse il ravvedersi in tempo, prima che su essa medesima cada la responsabilità di ogni ulteriore sviluppo della incontenibile reazione popolare.

Il pubblico, non meno vivace nel suo atteggiamento verso il Clero ed il cattolicesimo politicante di quanto già si era mostrato nei riguardi degli ebrei, interruppe spesso con grida di «impiccatelo!» dirette al Cardinale Faulhaber e minacce verso gli edifici stessi delle Chiese, anche quando l'oratore assicurava che essi sarebbero stati ancora rispettati.

Poco dopo la chiusura dei comizi, un centinaio di militi, giunti in autocarri sotto il palazzo del Cardinale, hanno iniziato una dimostrazione ostile cui si è associata una certa folla sopraggiunta, infrangendo a colpi di pietra tutti i vetri del pianterreno e del primo piano dell'edificio, e tentando altresì di forzarne l'ingresso.

Ciò fu impedito dal tempestivo intervento del vice Gauleiter Otto Nippold anch'esso sopraggiunto, il quale ha manifestato alla folla l'espresso ordine del ministro Wagner di astenersi da qualsiasi azione nei confronti del Cardinale.

Appare prevedibile che ulteriori sviluppi non mancheranno di verificarsi nei confronti della ripresa attività anche in questo campo, così come il quello antisemita.

394 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

395 1 Telespresso 11251/1051 del 12 novembre, con cui il console Pittalis riferiva sui gravissimi episodi avvenuti a Monaco nel quadro di una azione antisemita la cui origine-secondo notizie che trovavano largo credito -andava fatta risalire agli ordini impartiti dallo stesso segretario del partito nazionalsocialista, lless, dopo un colloquio avuto con Hitler.

396

IL CONSOLE A GRAZ, TASSONI ESTENSE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 5292/363. Graz, 12 novembre 1938 (per. il 14).

Risuona in questi giorni, nelle province ex austriache, e nel campo ecclesiastico, un grido che avevano sinora soltanto conosciuto gli ambienti estremi della Germania del Nord ai tempi bismarckiani.

«Las von Rom» è il motto ripetutamente sventolato su questa stampa da un gruppo anonimo di ecclesiastici stiriani. Non è tanto significativo l'intento di sollevare questo clero contro la gerarchia ecclesiastica in seguito alle note polemiche culminate e precedute dal caso del Cardinale Innitzer 1 -quanto la manifesta intenzione di coordinare alla propaganda anticattolica (che si è andata acutizzando, e sulla quale mi onoro riferire più avanti), un movimento ecclesiastico di apparenza separati sta.

In seno al clero austriaco, e subito dopo l' Anschluss, venne intensificata come è certo noto all'E.V.,-l'opera di quella «Comunità per la pace Religiosa», che è qui, negli ambienti «ortodossi», considerata come una tenebrosa cospirazione di preti spretati e sussidiata dall'ala estrema della N.S.D.A.P., ed i cui precisi obiettivi, invece, saranno presumibilmente a conoscenza di cotesto Ministero tramite altre fonti 2 .

L'Associazione, valendosi di questa confusa apparenza <<Ufficiale», ha chiesto le iscrizioni dei sacerdoti con un evidente programma antigerarchico. Per cui l'Episcopato austriaco ha vietato al clero di parteciparvi. Immediatamente dopo, e come ad un segnale convenuto, sui giornali austriaci locali apparirono dichiarazioni-con l'anonimato attribuito alle minacce gravanti sui firmatari -nelle quali, «preti» e «frati» attaccavano la gerarchia romana da un punto di vista «nazionale».

Limitandomi a riferire quanto più direttamente concerne questo R. Ufficio, cito alcuni passi del Kulturpolitisches Programm di un gruppo di sacerdoti di Stiria: «Noi aderiamo alla zolla della nostra Patria e siamo pronti con tutte le nostre forze a lavorare col nostro popolo e secondo il suo spirito ... Ogni popolo e ogni nazione in rispondenza a tale suo intimo essere, creerà, da sé, e in base alla dieci leggi naturali, l'assistenza personale-religiosa e quella pubblica, ufficiale e collettiva dei propri fedeli ... Chiediamo allo Stato di far pesare coscienziosamente tutta la sua forza e responsabilità nella nomina dei sacerdoti e ne Il' investitura di posti vacanti, poiché è lo Stato il

sostenitore (Versorger) nelle questioni spirituali e in quelle ecclesiastiche, e non Roma

... O moriremo o vinceremo col nostro Popolo; per morire siamo troppo giovani. Per cui la vittoria deve essere nostra».

Tali non chiare dichiarazioni, prese a prestito anche da vecchi assiomi luterani, e che forse si richiamano ai principi, vivi sempre negli animi germanici, della Riforma, hanno naturalmente suscitato grave scandalo qui in Stiria, ove, nonostante le numerosissime apostasie, di cui si dirà più innanzi, viva è la fede cattolica.

Di fronte a questo atteggiamento di alcuni sacerdoti, che costituiscono naturalmente una piccolissima, ma combattiva minoranza, questo Vescovo non ha neppure potuto prendere posizione.

Moos. Pawlikowski, Principe-Vescovo di questa Diocesi, si trova oggi in vero e proprio stato di quarantena. È calata inesorabilmente la saracinesca tra la Curia Vescovile e le Autorità. Il Vescovo, che era, prima, anche l'Ordinario Militare dell'Esercito austriaco, è, per quanto risulta, uomo di virile intelligenza e, nei tempi non lontani del predominio clericale in questi Paesi, aveva dato prova di spirito di iniziativa, di dominio e di comando di quel campo «sociale» che così sovente confina con quello politico. Gli si attribuivano anche eccessive preoccupazioni temporali e degli atteggiamenti, poco consoni ai voti pronunciati se pure ammantati di grazie e di mecenatismo da prelato settecentesco.

Vere o false queste critiche, oggi esse vengono propalate ai quattro venti, come vengono periodicamente fatti circolare i risultati delle perquisizioni della Gestapo nelle potentissime e ricche Abbazie di Stiria, ove si sarebbero rinvenute biblioteche pornografiche, ecc. ecc. Spesso, tali ufficiosi sussurri rivestono un tale carattere d'inverosimiglianza che dovrebbero essere difficilmente creduti, ma, come spesso avviene, così non è.

Moos. Pawlikowski riceve ora da tutti gli angoli della sua diocesi quelle dichiarazioni di apostasia che vengono ormai richieste o «consigliate» a tutti quanti vivono nell'orbita di un'Amministrazione pubblica. Sono dei moduli già pronti che vengono riempiti con i dati personali e la firma del dichiarante e che gettano, naturalmente, dolorose discordie nel seno stesso delle famiglie e nella coscienza dei singoli. Avviene poi che gran parte degli «apostati» si rechino nascostamente da un sacerdote a dichiarare di avere firmato in stato di forza maggiore.

l dati circa queste apostasie non vengono sinora resi pubblici dalle Autorità. A quanto mi risulta, questo Vescovato ritiene ne siano avvenute circa 12.000 (dodicimila). Su questa cifra, 4.000 cattolici avrebbero sconfessata poi la loro dichiarazione in quanto coatta. Il troppo potente clero austriaco è ora stato ridotto, qui in Stiria, ad una situazione del tutto secondaria, soprattutto mediante la chiusura di tutte le scuole private.

l religiosi avevano, ovunque, annesse ai conventi, delle notissime scuole elementari e medie. Con quest'anno scolastico è stata loro ritirata ogni possibilità di vita. È stata così chiusa, in Graz, la grande scuola femminile delle Orsoline, di cui la gran parte si è ora rifugiata in Jugoslavia e in Ungheria. In provincia hanno fatto soprattutto le spese dei provvedimenti i Benedettini.

Tutti i locali che servivano all'insegnamento degli Ordini religiosi sono stati in massima parte occupati, anche a causa della forte crisi edilizia, da uffici del Partito e della ricostruzione economica che assume un ritmo sempre più fervido.

Nei paesi si procede con una maggiore lentezza per non prendere di petto le credenze religiose della popolazione contadina. Ma avviene spesso che, la domenica, stia sul sagrato della chiesa qualche elemento S.A. in uniforme, e che molti battano in ritirata dinnanzi al muto avvertimento. Spesso viene creato, nei piccoli centri, un contraltare, se così si può dire. Ad esempio, nel maggior centro di pellegrinaggi della Stiria e di tutta l'Austria, a Maria Zeli, è sorta una scuola formativa della Hitler-Jugend.

Non soltanto tutta l'attrezzatura delle scuole confessionali, ma anche quella dei Convitti, con tutto il materiale relativo, è stato requisito da queste Autorità scolastiche per un complesso di 1.300 letti.

Dali 'interno delle organizzazioni della Hitler-Jugend -che hanno preso un enorme sviluppo, non tanto per coazione come dicono gli ultimi oppositori, quanto perché hanno portato alla gioventù austriaca, spiritualmente «denutrita», una Mistica ed anche una virile coreografia che l'attira in schiere entusiaste -si sferra, qui in Austria, oserei dire più che nella Germania del Nord e del Sud, un'offensiva implacabile contro il «cattolicesimo austriaco».

Avrò l'onore d'inviare a parte copia delle «tesi»-del resto già probabilmente note all'E.V. -che contengono il seme della propaganda affidata ai dirigenti delle organizzazioni giovanili nazionalsocialiste. Tali temi vengono qui, in Paese omogeneamente cattolico, presentati con maggiore ponderatezza e si tacciono i più drastici, quali quelli della contrapposizione di Planetta a Gesù Cristo, degli Stadi agli altari, di Norimberga a Roma, della discendenza giudaica di Ignazio di Loyola, dell'avvelenamento di Giuseppe Il da parte della Santa Sede, ecc. ecc. Ma rimangono naturalmente a galla gli argomenti e gli accorgimenti più sottilmente polemici che vengono presentati in un clima d'indiscutibile entusiasmo e fanno presa.

La stampa quotidiana ricava giornalmente da quello che fu il passato «temporale» del clero stiriano, materia di beffa. Ora il Vescovo viene accusato di presentare nel Museo Diocesano come autentiche le vetrate della Cattedrale vendute anni fa in Svizzera; ora si accusa il parroco di un paese vicino di avere dato legumi avariati durante la raccolta per l'assistenza invernale, e così via. Gli articoletti sono redatti in forma sciolta, agile e divertente, e colpiscono il segno.

Trascinati dalla corrente dei nuovi tempi nazionalsocialisti, tutte le associazioni confessionali di ricreazione, mutuo soccorso, fondazioni pie, si sono sciolte più o meno volontariamente.

Il clero stiriano, che non ha forse mai avuto una spina dorsale a tutta prova, resiste ora come può, in relazione evidentemente a quelle direttive superiori che hanno dettato una maggiore intransigenza dopo i primi, variamente discussi approcci verso il Nazionalsocialismo che avvennero immediatamente dopo l' Anschluss e che furono compendiati nella famosa lettera d'omaggio del!' Episcopato d'Austria 3 . Per quanto è dato sapere si ritiene che la Chiesa tenti un'estrema resistenza, in Austria, avendo raggiunta la convinzione che non si tratti ormai più, nelle intenzioni di questi dirigenti nazionalsocialisti, di delimitarle un campo di azione, ma bensì di sostituirle un'altra mistica.

Per valutare quella che è o non è la reazione dei fedeli dinnanzi alla campagna anticattolica, occorre considerare, tra essi, quella massa che, per non essere decisamente nazionalsocialista o decisamente «passato regime», non ha ragioni politiche di parzialità.

È la gente che sorride dinnanzi a quei ritagli di giornali diocesani, accuratamente esposti sulle apposite tavole murali di propaganda, e che parlano ingenuamente di pellegrinaggi per venerare «il braccio di S. Antonio»; che rideva dinnanzi a quella che era negli ultimi mesi l'onnipresente caricatura del prete che tira i fili del mondo; che lì per lì si lascia, magari smuovere dal racconto della «cospirazione Innitzer».

Ma sono poi gli stessi che portano di buon mattino, nelle scatole di conserva, fiori freschi ai piedi della colonna della Madonna, che fu, con infelice idea, ingabbiata a foggia di ara pagana, in occasione di una recente cerimonia nazionalsocialista; che propagano, già con colori di leggenda, il fatto del bimbo qui nato cieco e figlio di un padre che aveva violentemente strappato il crocifisso dalla stanza d'ospedale ove il bambino avrebbe dovuto vedere la luce; che, soprattutto, resistono nell'intimo della loro coscienza alla campagna antireligiosa.

Tuttavia, le due posizioni estreme sono così antitetiche ed è tanta la forza, la passione, l'inesorabile spinta interiore di una delle due parti, che si potrà presto parlare di un'eclisse della Chiesa Cattolica in Stiria e nelle altre province austriache. Al di là di queste impressioni contingenti, non è evidentemente possibile pronosticare 4 .

396 1 Vedi D. 254.

396 2 In proposito aveva riferito anche il console generale a Vienna, Rochira, il quale segnalava che in seno al clero austriaco si stava ora manifestando un «conflitto interno» di una certa gravità, alimentato più o meno apertamente dalla autorità naziste, mentre le masse cattoliche assistevano «con smarrimento ed amarezza alla sequela di leggi, ordinanze, polemiche e atti violenti contro i preti e la religione» (telespresso 8993/1720 del 22 ottobre. Vedi anche il D. 230).

396 1 Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 413.

397

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 5998/0103 R. San Sebastiano, 13 novembre 1938 (per. il 17).

Questo ambasciatore Germania è rientrato da Berlino ov'era stato chiamato per riferire sulla situazione politico-militare e particolarmente per esprimere -in relazione ad essa -suo avviso circa convenienza di accedere alle ultime richieste spagnole di materiale da guerra.

Von Stohrer mi ha detto che aveva creduto doverne appoggiare -per ciò che lo riguardava -l'accoglimento e che infatti il suo governo aveva deciso concedere quanto era stato domandato da Franco, vale a dire 50.000 fucili; circa 2.000 armi automatiche fra mitragliatrici pesanti, leggere e fucili mitragliatori; l 00 pezzi artiglieria da 37 mm; 25 carri assalto; munizionamenti relativi. In più, veniva riportato a completa efficienza numerica e qualitativa il materiale d'armamento e servizi in dotazione alla Legione Condor, secondo gli accertamenti e le proposte di cui era stato incaricato il nuovo comandante, generale Richthofen, che sostituisce il generale Veith.

Von Stohrer, giusta espresse istruzioni ricevute a Berlino, si è recato ieri da Franco, accompagnato dal suo addetto militare, per comunicargli ufficialmente che governo Reich accoglieva in pieno richieste spagnole e che l'invio materiale sarebbe stato subito iniziato e celermente proseguito.

Così, Germania, che nel corso secondo anno guerra civile erasi mostrata riluttante non solo ad aumentare ma altresì soltanto a mantenere la misura del suo apporto militare a Franco e che anzi in un certo momento (periodo che va dall' Anschluss alla soluzione della crisi cecoslovacca) aveva rilevato tendenza ad una graduale smobilitazione della sua posizione militare in Spagna, si decide ora a compiere uno sforzo abbastanza massiccio e lo fa in modo così generoso e sollecito da superare quasi le stesse speranze di Burgos.

Non so ancora, e cerco di indagare, quale ne sia la contropartita in valori materiali e le forme di pagamento: ma osservo intanto che agli effetti psicologici, e cioè della gratitudine spagnola, la scelta del momento da parte della Germania è stata ottima, sia perché la situazione militare-come da me già riferito-è tale che il peso di nuovo materiale bellico, opportunamente e rapidamente impiegato, può essere decisivo, sia perché il gesto tedesco viene in certo modo a compensare la riduzione degli effettivi legionari, la quale-sotto l'angolo visuale spagnolo-è pur sempre considerata come un sacrificio rimasto per ora senza contropartita politica. La notizia dei nuovi aiuti consentiti dal Reich circola già negli ambienti ufficiali ed è commentata colla maggiore soddisfazione.

Sarebbe forse a me utile, per mia norma di linguaggio, poter conoscere quale accoglienza il Regio Governo intenda riservare alla richiesta di materiale bellico vario che mi consta essere stata avanzata costà dal governo di Franco a mezzo del comandante Villegas.

Frattanto, qualora da parte ufficiale si tendesse qui a stabilire confronti fra l'atteggiamento tedesco ed il nostro, non mancherei di opportunamente ricordare e far valere, come elemento equitativo, la notevole quantità di nuovi armamenti concessi dal Regio Governo per la ricostruzione delle Divisioni Littorio, Frecce Nere e Azzurre, e per la costituzione della nuova Divisione Frecce Verdi.

396 4 La recrudescenza della questione religiosa in Austria era segnalata, lo stesso giorno, dal console ad lnnsbruck, Romano, che sottolineava come l'azione delle autorità locali fosse centrata soprattutto sulle istituzioni scolastiche dei cattolici, costrette una dopo l'altra a cessare la propria attività, mentre ad alimentare la tensione continuavano le persecuzioni e le violenze contro il clero, e ciò nonostante corresse la voce che a Berlino si fosse orientati a seguire una linea di condotta più moderata nei riguardi degli ambienti cattolici austriaci (telespresso 9637/640 del 12 novembre).

398

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

LETTERA SEGRETA 9161. Roma, 14 novembre 1938.

Come tu sai, il 16 entrerà in vigore il Patto italo-britannico e si chiuderà così uno dei capitoli più aspri e gloriosi della nostra storia. Mentre firmerò, il mio pensiero non potrà a meno di volgersi all'opera tua che è stata così efficace in ogni momento ed in ogni sviluppo di questa veramente singolare vicenda.

Ma giunti a questo punto, non è, come certo tu immagini, nelle intenzioni del nostro Capo di sostare neppure un momento. C'è subito un altro problema che si presenta e che deve venire da noi considerato sotto l'aspetto delle nuove realizzazioni imperiali del Regime. Parlo dei nostri rapporti con la Francia.

È chiaro che ormai, essendo sostanzialmente mutate le condizioni politiche, militari e anche geografiche del nostro Paese, le future conversazioni con la Francia non possono venire riprese sulla base di un tempo. Le rivendicazioni che una volta tenevamo chiuse nel nostro animo, ormai possono, a breve scadenza, essere messe sul tappeto. Tre sono i punti fondamentali della nostra politica nei confronti della Francia: la Tunisia, Gibuti e il Canale di Suez2 .

Per la Tunisia non è concepibile ritornare a parlare di quelli che furono una volta gli Accordi Lavai. Siamo su un ben altro piano. Intendiamo migliorare nettamente, decisamente e definitivamente la posizione delle nostre masse lavoratrici, che hanno rappresentato e che rappresentano la sola forza viva della razza bianca di quella zona. Non si tratta di reclamare puramente e semplicemente la cessione territoriale, come già del resto qualche giornale estero scrive. Ci accontentiamo di giungere, almeno in un primo tempo, ad una forma di condominio che permetta lo sviluppo sicuro e fecondo delle nostre attività.

Per quanto poi concerne Gibuti, la situazione è ancora più precisa. Che cosa rappresenta quel porto avulso dall'Impero? È chiaro che noi non possiamo continuare a impinguare col nostro lavoro e coi nostri traffici organismi ed aziende francesi. Quindi bisogna fissare alcuni punti: la ferrovia deve essere italiana totalmente. Il porto deve essere amministrato globalmente dai due Paesi. Anche qui in pratica bisogna giungere ad una forma di condominio. Se ciò non fosse, dovremmo orientare in ben altro modo le nostre correnti di economia e di traffico ed il porto di Gibuti, privato della linfa vitale che gli viene dall'Italia e dall'Impero, diverrebbe rapidamente una foglia morta.

Terzo punto è quello del Canale di Suez. Non intendiamo, ora che i nostri traffici verso il Mar Rosso, l'Oceano Indiano ed il Pacifico si sono così rapidamente moltiplicati, non intendiamo, ripeto, rimanere sottoposti ali' esoso sfruttamento della Compagnia del Canale. Qualsiasi opera diventa, ad un certo momento, di pubblico dominio. Tanto più se i capitali che furono in essa investiti sono stati ripagati ad un tasso che si può definire le mille volte usurario. Noi non chiediamo questo. Ma voglia

398 è A tale proposito vi è nel Diario di Ciano questa annotazione sotto la data del1'8 novembre: <di Duce, a rapporto, mi ha tracciato le linee di quella che dovrà essere la nostra futura politica: "Obiettivi: Gibuti, magari attraverso un condominio e una neutralizzazione. Tunisia, in un regime più o meno analogo, Corsica italiana, mai francesizzata e quindi da aversi a dominio diretto, il confine al Varo. Non mi interessa la Savoia che non è né storicamente, né geograficamente italiana. Queste le grandi linee delle nostre rivendicazioni. Non fisso né uno, né cinque, né dieci anni. Il tempo verrà stabilito dagli eventi. Però tenere sempre presenti queste mete"».

In questo quadro, il l Onovembre aveva avuto lungo a Palazzo Chigi una riunione dei consoli nella Francia meridionale, in Corsica, Algeria e Tunisia per preparare e agevolare il ritorno in Patria degli italiani residenti in Francia o nei territori controllati dalla Francia e il 14 novembre era stata costituita una Commissione permanente per il rimpatrio degli italiani all'estero (su ciò si vedano le annotazioni contenute nel Diario di Ciano alle date corrispondenti).

Circa la posizione di Mussolini nei riguardi della Francia si vedano anche le sue dichiarazioni al Gran Consiglio nella seduta del 30 novembre (D. 487, nota l).

mo fermamente che le tariffe del Canale siano sottoposte ad una revisione e che i tassi siano equi ed onesti. Tutti i paesi interessati ai traffici verso l'Oriente non potranno che condividere il nostro punto di vista e la nostra giusta richiesta.

Ti scrivo queste cose, caro Dino, non solo perché tu sia informato di quelle che sono per l'avvenire le direttrici di marcia della nostra politica estera, ma perché fin da ora chiedo il contributo della tua collaborazione. Il Duce desidera che tu, nella forma che riterrai del caso e con l'abilità tua personalissima, cominci a far intendere agli inglesi che questi problemi per noi esistono e che nessuno dovrà sorprendersi se ad un certo momento li porteremo nettamente in discussione. Non si tratta di fare <<Un passo». Basta lasciar cadere la parola al momento opportuno. Far sentire che qualche cosa deve avvenire in tal senso. Predisporre, se non è addirittura possibile preparare, l'opinione inglese a tali richieste. Non posso adesso dirti quando e come tutto ciò avverrà: lo vedremo nello sviluppo degli eventi. Ma è certo che il Duce ormai si è prefisso queste mete e ciò basta per dire che saranno anch'esse conseguite.

398 1 Ed. in L Europa verso la catastrofe, pp. 383-385.

399

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4596/1876. Mosca, 14 novembre 1938 (per. il 22).

Da una conversazione confidenziale avuta con questo Ambasciatore di Polonia 1 ho appreso che in questi ultimissimi tempi il Governo sovietico avrebbe incominciato a mostrare nei riguardi di Varsavia una attitudine marcatamente meno ostile che nel passato. Nei suoi rapporti con il mio collega polacco Litvinov ostenterebbe oggi la massima buona volontà per dirimere difficoltà ed incidenti fra i due Paesi, mentre da parecchi giorni la stampa ha cessato quelle che ancora recentemente erano diventate diatribe quasi quotidiane contro la persona e la politica del Colonnello Beck.

Degno di nota è anche il fatto che nei discorsi pronunciati pubblicamente dai membri del Governo (Molotov, Voroscilov) in occasione dell'annuale della rivoluzione bolscevica, la Polonia non è stata attaccata come lo sono state invece la Germania e più ancora il Giappone.

Mi è parsa sintomatica pure una corrispondenza da Praga pubblicata in questi giorni dalla Pravda e nella quale si parla di un piano che Hitler e Ribbentrop avrebbero esposto al Ministero Cecoslovacco degli Affari Esteri, Chvalkovski, per lo «sfruttamento» dell'Ucraina Subcarpartica come piazza d'armi nell'evenienza di una futura offensiva tanto contro la Polonia che contro l'U.R.S.S. Secondo il corrispondente sovietico, Hitler considererebbe oramai la Polonia come totalmente iso

lata dalle Potenze europee occidentali ed incapace di resistere alla spinta dell'espansionismo germanico, anche se l'Italia mostri simpatia per le aspirazioni polaccoungheresi verso lo stabilimento di un confine comune con funzione sostanzialmente an ti-tedesca.

Tutto ciò fa sorgere il sospetto che il Governo sovietico, preoccupandosi dell'isolamento politico in cui è stato posto dai recenti avvenimenti europei, incominci a carezzare l'idea di un avvicinamento alla Polonia, sfruttando a tale scopo il malcontento polacco per l'opposizione tedesca al confine comune con l'Ungheria e le difficoltà sorte per la espulsione in massa degli ebrei polacchi dalla Germania.

Non si tratta pel momento che di accenni piuttosto vaghi di un nuovo orientamento, ma meritevoli comunque di essere seguiti con attenzione. Intanto giudico interessante segnalare che nell'ambiente di questa Ambasciata di Germania si mostra un certo nervosismo di fronte alla prospettiva di un miglioramento dei rapporti polono-sovietici2 .

399 1 Waclaw Grzybowski.

400

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 5974/776 R. Londra. 15 novembre 1938. ore 20,30.

L'arrivo di Re Caro! a Londra oggi pomeriggio è stato preceduto e preparato da una pubblicità di stampa su di una scala inconsueta anche per analoghe visite di Sovrani.

Articoli su più colonne con grandi intestazioni esaltano oggi su tutti i giornali la figura di Re Caro!. Notevole l'unanimità di questo coro di stampa che comprende anche i giornali di opposizione e che risponde ad una ispirazione di carattere ufficiale.

Alla visita del Sovrano di Romania questi ambienti politici danno, mi risulta, pure per ispirazione ufficiale, un colore politico che va oltre il carattere usuale delle visite ufficiali di cortesia. Quasi tutti i giornali parlano dell'apertura di trattative epossibilità di scambi commerciali a beneficio tanto dell'Inghilterra quanto della Romania; trattative non dirette contro terzi ma armonizzanti con l'azione di tutti gli altri Paesi ugualmente interessati al mercato romeno.

Re Caro!, che è accompagnato dal Figlio Principe Michele, si tratterrà a Londra in visita ufficiale per circa una settimana. Mi riservo ritèrire al riguardo ulteriormentre a Vostra Eccellenza a visita ultimata 1•

400 1 Vedi D. 449.

399 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

401

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6014/0204 R. Londra, 15 novembre 1938 (per. il 18).

Ho avuto occasione di incontrarmi varie volte col ministro della Guerra sudafricano, Pirow, nel corso della sua visita a Londra 1• Egli, preannunciandomi l'imminente riconoscimento dell'Impero da parte del Sud-Africa, aveva nei giorni scorsi tenuto ad esprimermi la sua viva soddisfazione e la convinzione che ciò non potrà mancare di avere il più favorevole effetto sulle relazioni tra l'Italia e il SudAfrica.

Quanto allo scopo della sua visita in Europa, motivo determinante è stato quello di discutere con il War Office le questioni della difesa sudafricana e l'acquisto di materiale bellico, e specialmente di aeroplani, in Gran Bretagna.

D'altra parte, Pirow avrebbe tratto occasione dal suo soggiorno in Inghilterra per spiegare al governo britannico e per discutere con esso l'atteggiamento del Sud-Africa in caso di guerra europea.

Quanto alle voci corse in questa stampa circa il mantenimento della neutralità da pmie dell'Unione, Pirow si è limitato a dichiarare varie volte pubblicamente che era errato il pensare, sia che il Sud-Africa aveva già deciso per la neutralità, sia che il governo sudafricano si sarebbe sentito senz'altro impegnato a entrare in guerra con la Gran Bretagna. Pirow, ha, a questo riguardo, aftèrmato che l 'atteggiamento del SudAfrica non era in realtà stato deciso, né avrebbe potuto esserlo senza una preventiva consultazione del Parlamento.

Dopo il suo soggiorno londinese Pirow è partito per Berlino.

In questi circoli politici il suo viaggio in Germania e il suo probabile incontro con Hitler, sono stati posti in relazione con la questione della restituzione delle colonie alla Germania. Pirow, a detta di alcuni, dovrebbe anzi discutere con il Filhrer la proposta della cessione al Reich di un territorio africano, che dovrebbe esser formato con le contribuzioni di tutti gli Stati che hanno possedimenti coloniali in Africa.

Mentre qui non si ritiene probabile che Pirow discuta ufficialmente col governo del Reich la questione coloniale, non si esclude però che il ministro sudafricano farà al riguardo dei sondaggi presso il governo di Berlino. Si ritiene anzi che in tale iniziativa egli avrebbe la tacita approvazione del governo britannico e ciò anche perché, date le sue note simpatie per la Germania, Pirow potrebbe essere una delle persone più qualificate per discutere la questione coloniale con il governo del Reich.

401 1 Per il viaggio del ministro Pirow in alcune capitali europee si veda il D. 354, nota l.

402

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 15 novembre 1938.

Essendomi recato a restituire la visita all'Ambasciatore di Francia, questi mi ha detto che era rimasto fortemente colpito dell'articolo di Gayda sul Giornale d'1talia 1 , il quale era un riassunto completo di tutta la peggiore gallofobia. Ha aggiunto che sarebbe un errore il credere che con la messa in vigore dell'accordo italo-inglese la Francia potrebbe essere isolata.

Il ministro Reynaud, ha detto François-Poncet, non è il capo del partito della guerra, è «un avvocato che oggi difende una causa e domani può difenderne un'altra e che nelle sue difese manifesta al tempo stesso passione e talento».

Egli tà parte di un Governo che desidera sinceramente un accordo con l'Italia, combattuto da un'opposizione che si varrà certamente dell'articolo di Gayda per inasprire i suoi attacchi. Come nessuno sogna in Francia di dividere l'Italia dalla Germania, così nessuno può pensare di dividere l'Inghilterra dalla Francia. L'Asse RomaBerlino è l'arcata di un ponte, ma non è tutto il ponte.

403

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 7892/2363. Berlino, 15 novembre 1938 1•

Ho avuto in questi giorni occasione di conferire, per altre questioni, col Signor Gaus. Ne ho profittato per sapere, direttamente da lui che ne deve essere l'autore,

qualcosa di più circa il carattere ed il tenore del noto «documento» tedesco rimesso dal Conte Welczek al Quai d'Orsay il 7 corrente 2•

Il Signor Gaus, premesso che da parecchi giorni-e cioè dopo che da parte di Ribbentrop si era espresso il desiderio di non far nulla prima dell'incontro francoinglese fissato per il 243 -le conversazioni sull'accordo non avevano fatto alcun passo avanti, mi ha detto che il documento in questione conteneva:

-un primo punto, a guisa di preambolo, in cui si riconosceva l'importanza delle relazioni franco-tedesche agli effetti della pace europea;

-un secondo punto riguardante il reciproco riconoscimento della frontiera Renana;

-un terzo riguardante la consultazione.

Ho insistito per conoscere un po' meglio lo sviluppo dato a quest'ultimo punto. Il Signor Gaus, senza tuttavia aver l'aria di ripetermi ad literam la formula effettivamente usata, si è però espresso in maniera da autorizzarmi a ricostruire la formula stessa più o meno nei termini seguenti:

«Nel caso che sorgessero difficoltà sopra questioni interessanti i due Paesi. i governi rispettivi si consulteranno circa il modo migliore per eliminare le difficoltà stesse».

Ulteriormente interrogato da mc circa la portata dell'intero atto, il Signor Gaus mi ha detto che, per desiderio di Ribbentrop, mentre era stata da una parte scartata l'idea di un semplice comunicato alla stampa uso quello Hitler-Chamberlain del 30 settembre, era stata dall'altra pure scartata quella di un vero e proprio accordo. Ciò che si aveva in vista, da parte tedesca, era quindi una «dichiarazione».

Dico da parte tedesca perché, per quanto riguarda la Francia, comincio a dubitare che i recenti avvenimenti anti-ebraici, e la profonda reazione da essi suscitata in Inghilterra, non possano avere una certa influenza sull'atteggiamento ulteriore della stessa Francia. Almeno, questa è l'impressione che ho riportato oggi conversando con questo Incaricato d'Affari inglese, il quale, nel dirmi di avere rimarcato e fatto rimarcare a Londra i tentativi compiuti in questi giorni dalla stampa tedesca per dissociare la Francia dali' lnghi !terra, si mostrava non dico preoccupato ma comunque almeno molto compreso della portata che avrebbe potuto avere dal punto di vista internazionale l'accordo franco-tedesco. Avendo io osservato che, tuttavia questo rimaneva in certo modo condizionato all'incoraggiamento che la Francia avrebbe potuto ricevere da Londra, Sir Ogilvies Forbes replicava che così era infatti ma che, appunto per questo, era necessario che l'accordo non fosse concluso «troppo presto»4•

in DDT, vol. IV, D. 346).

402 1 Con il titolo «Momento francese. Un travaglio senza uscita», Virginio Gayda aveva pubblicato su Il Giornale d 'Italia del 15 novembre un articolo in cui sosteneva che il tentativo francese di affiancare all'accordo itala-britannico un'intesa parallela tra l'Italia e Francia era ormai «caduto per l'inconsistenza stessa della politica francese», sulla quale pesavano i problemi economici e finanziari e l'esasperazione dei movimenti estremisti. Gayda aveva poi attaccato il ministro Reynaud qualificandolo «un rappresentante del partito della guerra» per la sua politica finanziaria che mirava soprattutto ad assicurare il finanziamento del riarmo francese.

403 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

403 2 Si riferisce allo schema di Dichiarazione franco-tedesca preparato dalla Wilhelmstrasse (testo

403 1 Vedi D. 370.

403 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

404

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 7895/2365. Berlino. 15 novembre l 938 (per. ill9).

Come l'E.V. conosce 1 , alcune settimane or sono l' United Press ebbe a pubblicare un'informazione secondo la quale i tedeschi non sarebbero stati alieni dall'addivenire a piani concreti di limitazione di armamenti patiicolarmente nel campo dell'impiego delle artiglierie pesanti e dei gas.

Ho voluto far compiere dai nostri RR. Addetti Militari passi, di carattere confidenziale, presso le competenti Autorità del Reich per conoscere cosa vi fosse di vero circa le intenzioni attribuite dalla United Pressai dirigenti delle Forze Armate tedesche.

Ora il R. Addetto Militare mi comunica che lo Stato Maggiore tedesco ha risposto nulla assolutamente risultargli a riguardo.

Ed il R. Addetto Aeronautico ha avuto sull'argomento un'interessante conversazione con il Sottosegretario di Stato del Ministero dell'Aviazione, Generale di Armata Milch. Questi ha innanzitutto dichiarato che le notizie dell' United Press appaiono essere completamente infondate e ha detto di ritenere che esse siano propagate ad arte per compiere un sondaggio sull'opinione pubblica tedesca in merito al problema e per diffondere l'impressione che da parte tedesca si prendano iniziative di grande importanza senza che l 'Italia ne sia informata o interpellata.

Il Generale Milch ha aggiunto che, esattamente al contrario di quanto l' United Press afferma, la Germania ha recentissimamente disposto un ulteriore aumento della preparazione bellica per le tre Forze Armate, in particolar modo per l'Aeronautica e in patiicolare contrasto con la notizia summenzionata, è stato ordinato un fortissimo incremento dell'aviazione da bombardamento, la quale (come ho già precedentemente segnalato) sarà la specialità più potente nell'aviazione tedesca.

«Noi, così ha affermato il Generale Milch, siamo convinti che in questo 1938 la pace è stata salvata non per la ragionevolezza e lo spirito di comprensione dell'Inghilterra e della Francia ma semplicemente perché esse non si sentivano preparate militarmente ad un intervento contro il blocco Italia-Germania. Per questa ragione, egli ha continuato, noi non crediamo affatto alla pace 1938, ma sappiamo che sarebbe inevitabile una cruenta resa dei conti se l'Asse venisse spezzato separando l'Italia dalla Germania oppure se noi rallentassimo il ritmo degli armamenti consentendo ai franco-inglesi di accrescere il rapporto degli armamenti loro rispetto ai nostri.

Alla fedeltà dell'Italia all'Asse, ha proseguito Milch, noi crediamo fiduciosamente perché crediamo nella parola del Duce, perché ce ne sono state date prove e perché sappiamo che l'asse Roma-Berlino è anche destinato a consentire all'Italia la soluzione dei problemi mediterranei che da sola difficilmente potrebbe e forse non potrebbe risolvere.

La Germania è pronta, così ha affennato S.E. Mi leh, ad appoggiare incondizionatamente l'Italia in una sua impresa mediterranea; Musso! ini e Hitler lavorano su una comune intesa alla quale nessuno dei due, possiamo esserne ben certi, mancherà mai fede.

Per quanto riguarda il rapporto di armamento, ha soggiunto Milch, la Germania è sicura di mantenere il proprio vantaggio perché farà ogni sforzo in questo senso. La Germania, ha affermato, non è un popolo di commercianti ma è un popolo di soldati, capaci di ogni più duro sacrificio economico inteso ad accrescere la potenza e il numero delle proprie armi: questo nobile sacrificio è in atto e sarà spinto ancora più in avanti perché già si avanzano ali'orizzonte i nuovi problemi da risolvere».

A questo punto il Generale Milch-in contrasto con quanto il Flihrer ha recentemente affermato, non avere cioè la Germania ulteriori mire territoriali europee-ha detto quanto segue:

«Il prossimo grande problema militare che ci si presenterà sarà l'attacco contro la Russia. Questo è un problema centrale, del quale l'occupazione del!' Austria e di parte della Cecoslovacchia, col conseguente mutamento d'indirizzo politico di quest'ultima, non erano che necessarie premesse oltre che giuste rivendicazioni etniche.

Anche per la risoluzione di questo problema l'Asse sarà un fattore fondamentale.

L'esercito operante avrà le spalle garantite dalla poderosa linea Siegfried che è un ostacolo ben più duro della linea Maginot che, da parte tedesca, viene ritenuta sorpassabile.

Queste mire espansioniste fanno sì che una sincera intesa tra Germania e Inghilterra non sarà possibile; altrettanto impossibile è giudicata da parte tedesca un'intesa fra Italia e Inghilterra perché sarà inevitabilmente impedita dal cozzo degli interessi dei due Paesi nel Mediterraneo.

La posizione della Polonia nel futuro conflitto russo-tedesco non è perfettamente de1ìnita perché molti atlèrmano che la Polonia non simpatizza con la Germania; ma un tàtto importante è certo, che la Polonia è antirussa.

Dunque la Germania continuerà ad armare fino al limite massimo delle proprie possibilità. E, poiché ritiene che uno dei fattori che hanno piegato la Francia e I'Inghilterrra di fronte al problema cecoslovacco sia stato proprio la preponderanza dell 'aviazione da bombardamento tedesca, così il bombardamento aereo sarà la specialità alla quale verrà dato il massimo sviluppo nell'aviazione tedesca».

Il R. Addetto Aeronautico ha riferito inoltre un'interessante frase pronunciata incidentalmente dallo stesso Generale Milch nel seguito del colloquio, parlando dello scambio di voli tra la Scuola italiana di volo senza visibilità di Ciampino e quella tedesca di Wesendorf Il Generale Milch ha allora detto come da parte tedesca si annetta grande importanza addestrativa al fatto di poter compiere questi voli anche sul tratto mediterraneo Roma-Tripoli in previsione di futuri impieghi dell'aviazione da bombardamento sul mare aperto oppure sorvolando tratti di mare.

«Ancora più vantaggioso sarebbe poter compiere tale addestramento sul Baltico -ha affermato il Generale Milch-ma ciò non ci è possibile perché Svezia e Finlandia non sono ragionevoli; si stanno comportando come il piccione ipnotizzato di fronte al serpente: e finiranno con l'essere inghiottiti dal serpente!» 2 •

404 1 Ciano aveva chiesto all'ambasciatore Attolico-con T. per corriere 802 R. dell'S ottobredi controllare la notizia, diffusa dall'agenzia United Press, che Hitler aveva elaborato un piano per limitare l'impiego delle artiglierie pesanti, dei gas e degli aerei da bombardamento, specie nei riguardi delle popolazioni civili, e che tale progetto sarebbe stato prossimamente oggetto di negoziati per iniziativa del Cancelliere germanico.

405

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 5619/2346. Londra. 15 novembre 1938 (per. i/18).

Con m io fonogramma stampa n. 315 d eli' Il corrente 1 ho largamente riassunto i commenti e le speculazioni che hanno accompagnato il discorso pronunciato da Eden ai Comuni il lOnovembre2 , discorso generalmente interpretato come una enunciazione del programma sul quale l'ex Ministro degli Esteri vorrebbe tentare di costituirsi una nuova piattaforma politica. Si è parlato fra l'altro di ambizioni di Eden di assumere la direzione del partito conservatore; di un tentativo di provocare una secessione della attuale compagine governativa per la creazione di un partito del centro; di un progetto per la costituzione di un governo di concentrazione con l'inclusione di elementi del partito liberale.

Forse una interpretazione autentica dei propositi di Eden è da considerare quella che ci offre una nota del redattore parlamentare della Yorkshire Post, riconosciuto ormai come il portavoce ufficioso de li 'ex Ministro. «il discorso-egli scriveva all'indomani delle dichiarazioni di Eden ai Comuni -ha avuto un effetto particolarmente profondo in vista della inquietudine che si va manifestando in alcuni settori della Camera. Già in precedenti discorsi il signor Eden ha parlato della necessità di un governo di tutti i partiti. Ieri però egli si è preoccupato semplicemente di enunciare una politica e non di specificare il meccanismo parlamentare attraverso il quale codesta politica dovrebbe esser attuata. Personalmente io non credo probabile la prossima creazione di un «Partito del Centro» o comunque di un altro nuovo partito. Vi sono però due maniere nelle quali gli attuali partiti potrebbero trovare un nuovo allineamento. L'una sarebbe quella di allargare la presente composizione del Governo con l'inclusione di alcuni autorevoli conservatori, attualmente esclusi, e con l'aggiunta del gruppo liberale di Sinclair e di qualche esponente del partito laburista. L'altra maniera sarebbe di formare quella che Churchill chiama una Opposizione Nazionale o, come altri preferirebbero definirla, una Alleanza Democratica consistente dei conservatori progressisti, dei liberali di Sinclair e del partito laburista».

Scartata, in altre parole, l'idea suicida di una secessione di minoranza in aperta lotta col partito conservatore, Eden tenderebbe oggi, al contrario, ad operare un allargamento della sua sfera di influenza all'interno del partito medesimo, offrendo ad esso, sotto la rinnovellata etichetta di un «Governo di concentrazione nazionale» ed in cambio della testa di Chamberlain, l'apporto di una serie di elementi di sinistra oggi all'opposizione. Progetto ambizioso, per il quale, come di consueto, Eden calcola poter sfruttare soprattutto le difficoltà di politica estera di Chamberlain e, in questo particolare momento, i dubbi che la rinnovata tensione dei rapporti anglo-tedeschi hanno provocato in larghi settori dell'opinione pubblica inglese circa la effettiva attuabilità del programma di intesa e collaborazione internazionale di cui è esponente e tàutore il Primo Ministro e della quale l'accordo con la Germania rappresenta uno degli elementi essenziali.

Sta di fatto che, incoraggiato dal rumore creatosi intorno alla sua persona, Eden è tornato nel frattempo alla ribalta con due successivi discorsi -il 13 corrente a Leamington e, ieri ancora, a Oxford-i quali, mentre non rappresentano se non una semplice rielaborazione delle sue dichiarazioni alla Camera, appunto per questo confermano il carattere e gli intenti programmatici delle sue recenti manifestazioni verbali (vedi mio rapporto odierno n. 5615/2344 3).

In relazione a questa ripresa di attività dell'ex Ministro degli Esteri segnalo ad ogni buon tìne la seguente mozione presentata ieri da un gruppo di 34 deputati conservatori, nella quale le tre proposizioni contenute nelle recenti dichiarazioni di Eden -unità nazionale, riarmo, poi itica sociale-trovano sintomatica riaffermazione: «La Camera tà presente l'urgente necessità di una politica nazionale comune, allo scopo di accellerare il riarmo in misura corrispondente alle attuali necessità, nonché di adottare quelle misure per il miglioramento delle condizioni della popolazione e per lo sviluppo del commercio e dell'agricoltura dalle quali dipendono in ultima analisi la prosperità e la sicurezza del Paese».

La mozione, presentata sotto forma di emendamento al discorso della Corona e che viene interpretata in questi circoli parlamentari come manifestazione di solidarietà politica verso Eden, reca tra le altre le tìrme di Amery, Lord Wolmer, Churchill, Duff Cooper, Sandys, Sir Murray Sueter, Sir Roger Keyes e Harold Nicolson~.

404 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

405 1 Non pubblicato.

405 2 Nel suo discorso, Eden aveva sottolineato che occorreva uno sforzo di tutto il popolo britannico per affrontare la stìda lanciata dalle dittature ed aveva auspicato un accordo tra tutti i partiti sulle questioni-specie quelle di politica estera-per le quali era essenziale un'unità di vedute, così anche da consentire alle democrazie, fmo a quel momento «penosamente lente», di agire con la rapidità necessaria.

406

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4621/1884. Mosca. 15 novembre 1938 (per. il 22).

Nel!'editoriale del Journal de Moscou, che ho segnalato coli'odierno telegramma Stefani n. 135, il punto più interessante è quello in cui si afferma che Italia, Ger

405 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

mania e Giappone si sarebbero già accordate per la trasformazione del Patto AntiComintern in una alleanza militare vera e propria.

Secondo l'articolo, il progetto del nuovo Patto militare sarebbe già stato elaborato in forma concreta e potrebbe essere firmato oramai in qualsiasi momento. La firma ne verrebbe però ritardata di qualche mese per aderire ad una richiesta dell'Italia, la quale crede prudente ottenere prima dall'Inghilterra le concessioni che essa reclama a Londra, e cioè la firma dell'accordo anglo-italiano ed un prestito.

L'Italia si rende conto-osserva l'articolista-che la propria adesione alla progettata alleanza militare è destinata a mettere in evidenza specialmente la punta antiinglese del nuovo Patto e non vuole pregiudicare il successo dei suoi negoziati con Chamberlain con una firma troppo affrettata. Una volta concluso il Patto con Londra ed ottenuto il desiderato prestito in Inghilterra, essa scoprirà le proprie carte, lasciando poi al Signor Chamberlain il compito di spiegare al parlamento inglese la sua politica di continue capitolazioni.

Trasmetto qui accluso il testo dell'articolo in parola, che molto verosimilmente è stato redatto negli uffici stessi del Commissariato degli Affari Esteri.

Sta di fatto che l'informazione su una prossima alleanza militare fra i firmatari del Patto anticomintern era stata data dal Signor Litvinov a questo Ambasciatore d'Inghilterra fin da ieri sera (cioè prima che fosse messo in circolazione il Journal de Moscou) e che il Commissario del Popolo per gli Affari Esteri ha commentato l'informazione a Lord Chilston con le stesse argomentazioni e quasi con le identiche frasi usate nell'articolo in questione.

405 3 Non pubblicato.

407

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 6146/1950. Budapest, 15 novembre 1938 (per. il 17).

Facendo seguito al mio rapporto n. 6127/1935 in data odierna 1 , ho l'onore di comunicare all'Eccellenza Vostra che il R. Addetto Militare ha inviato sull'argomento il seguente rapporto al R. Ministero della Guerra in data odierna:

«Ho avuto occasione di parlare in proposito con persona molto vicina al Capo di Stato Maggiore, la quale mi ha detto che effettivamente la Germania ha inviato suoi

agenti in Rutenia, per sostenere l'autonomia di questa regione. Ma ha soggiunto che la situazione geografica di tale Paese e le sue necessità di vita lo portano fatalmente ad unirsi all'Ungheria, mentre la mancanza assoluta di ogni comunicazione stradale o ferroviaria verso Ovest, non consente alla Germania di sostenere e rifornire quelle popolazioni. Queste sono in continua e crescente agitazione e più lo saranno, nel senso desiderato dagli ungheresi, nella ormai iniziata stagione invernale: esse non hanno da mangiare e devono per forza appoggiarsi verso Sud.

Sullo stesso argomento anche il vice-capo del S.l.M. mi ha detto press'a poco le stesse cose e mi ha confermato l'esistenza di agenti tedeschi in Rutenia, il che rivela l'intendimento germanico di opporsi alla realizzazione della frontiera ungaropolacca.

Secondo lui, i tedeschi, dopo l' Anschluss e la conquista dei Sudeti, si avviano ora a marciare verso la terza tappa: quella del corridoio di Danzica. Perciò, nella eventualità di urto con la Polonia, alla Germania sarebbe molto utile poter disporre della Rutenia, come base di propaganda e di agitazione. Basta pensare che nell'angolo SudEst del territorio polacco (zona Leopoli-Ternopol-Stanislav) vi sono oltre cinque milioni di genti ucraine, cioè della stessa razza dei ruteni, per comprendere quale azione potrebbe essere sviluppata se, ad esempio, la Germania volesse propugnare e sostenere la riunione dei due territori etnicamente omogenei.

Il mio interlocutore, con frasi diplomatiche, ha concluso: "Del resto noi siamo amici della Germania, perciò non contrasteremo i suoi interessi. Tanto più che, evidentemente, il confine comune con l'Ungheria è interesse molto più forte per la Polonia che per noi"».

407 1 Riferiva che l'opinione pubblica ungherese seguiva con la massima attenzione quanto avveniva in Rutenia, mentre la stampa unanime chiedeva che la questione rutena fosse risolta al più presto e in modo definitivo. «È un fatto-notava il ministro Vinci -che le popolazioni rutene ed anche gran parte di quelle slovacche si trovano in una situazione difficile, data la nuova frontiera che taglia loro le comunicazioni con la pianura e con le città ora passate all'Ungheria. Si parla a questo proposito di segreti approcci fra il governo ungherese e quello ruteno».

408

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 5988/134 R. Bucarest, 16 novembre 1938, ore 21.25 (pa ore 22,45).

Imminente viaggio del Principe Paolo a Londra durante o subito dopo visita in quella capitale di Re Carol 1 pare sia stato concordato nel recente incontro fra Re Caro! e Principe reggente 2• I due Capi di Stato intenderebbero fare estremo e congiunto tentativo per interessare Inghilterra al regime del Danubio, sia nel campo politico che nel campo economico per controbilanciare così peso Germania3• In previsione tuttavia di

408 2 Colloqui del 4-5 novembre a Bucarest. Vedi D. 387. 408 1 Sulla visita del Principe Paolo a Londra si veda il D. 446.

un possibile insuccesso di tale tentativo, Re Caro) non ha trascurato mettere in programma un incontro a Sigmaringen con Gi:iring, mentre pare sia anche in discussione possibilità di un incontro a Monaco con lo stesso Hitler.

408 1 Il 15-18 novembre. Vedi D. 449.

409

IL MINISTRO AD ATENE, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6002/0 120 R. Atene, 16 novembre 1938 (per. il 17).

Sebbene nessun elemento concreto valga fino adesso ad avvalorarle, credo non inutile segnalare a Vostra Eccellenza le mie impressioni, ricavate da colloqui di questi giorni in ambienti politici, giornalistici e diplomatici, dello stato di inquietudine che attività diplomatica bulgaro-romeno-jugoslava, messa in relazione con eventualità di una rettifica delle frontiere bulgare, provoca nel governo greco.

La stessa cura con la quale è bandita dalla stampa non solo ogni notizia sull 'argomento ma anche la riproduzione delle smentite, che invece mi risulta siano state diramate all'estero attraverso le legazioni di Grecia a Parigi e a Belgrado, e la stessa ostentata sicurezza con la quale a questo ministero degli Affari Esteri si qualificano di assurde le ipotesi, non di cessioni, ma anche di discussioni concernenti le frontiere con la Bulgaria, più che coprire rivelano l'effettivo disagio di questi ambienti responsabili.

Non è escluso che sosta del Re di Grecia in Jugoslavia, nel corso del suo viaggio a Londra, sia stata suggerita, sotto il pretesto della visita di condoglianze al Principe Paolo, dal desiderio di conoscere intenzioni jugoslave in materia di revisionismo balcanico.

È certo in ogni caso che ministri di Grecia a Belgrado, Sofia e Bucarest sono stati in questi giorni pressantemente invitati a intensificare osservazione e riferire circa argomenti colloqui Stojadinovié-Kiosseivanov e Re Carol-Principe Paolo, nonché accertare natura e termini di un passo che gli inglesi avrebbero fatto, probabilmente a Belgrado, allo scopo di consigliare l'inizio di trattative fra gli Stati interessati per una pacifica sistemazione delle questioni balcaniche.

Su questa iniziativa inglese, che segnalo a Vostra Eccellenza con ogni riserva, non mi è stato possibile avere conferma negli ambienti interessati: essa peraltro non mi è stata neanche smentita.

Debbo infine segnalare che anche ad Atene è pervenuta la voce, già raccolta dal R. Ministro a Sofia (telegramma per corriere di V.E. n. 18050 del 9 novembre), di un eventuale prossimo incontro di Re Caro) con Re Boris in un porto del Mar Nero.

410

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6016/0208 R. Parigi. 16 novembre 1938 (per. il 18).

Re Caro] Romania, di ritorno da Londra1 sarà a Parigi domenica 20 corrente. Comunicato ufficiale assicura che durante suo soggiorno avranno luogo importanti colloqui franco-romeni, sia carattere politico, sia economico. Dopo scomparsa bastione cecoslovacco, Romania è qui considerata come suscettibile diventare il principale elemento per una efficace politica di reazione contro prevalenza tedesca in Europa Centrale ed Orientale. Conseguentemente questo governo ha insistito presso Foreign Office su opportunità che siano dati a Bucarest da parte britannica tutti quegli appoggi specialmente di carattere finanziario che possano soprattutto consentirle indipendenza economica nei confronti tedeschi. Naturalmente questo governo si riserva di agire nello stesso senso direttamente presso Re Caro!. Segnalo a questo proposito prossimo soggiorno a Bucarest missione economica francese su cui riferisco con telespresso odierno n. 10115/54572•

411

DICHIARAZIONE ITALO-BRITANNICA

Roma, 16 novembre 1938.

Premesso che tra il Governo italiano e il Governo del Regno Unito di Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord tù redatto in data 16 aprile 1938-XVI un Protocollo relativo a questioni di mutuo interesse;

Che gli Accordi e Dichiarazioni annessi al detto Protocollo e ivi più particolarmente specificati furono firmati alla data suindicata dai Plenipotenziari dei detti Governi;

Che il Protocollo prevede che i detti Atti entreranno in vigore alla data che i due Governi fisseranno di comune accordo;

41 O1 Sulla visita di Re Caro l in Gran Bretagna si vedano i DD. 400, 408 e 449. 41 O2 Non pubblicato. Sulla visita di Re Caro l a Parigi si veda il D. 473, nota 3.

I sottoscritti, debitamente autorizzati dai loro Governi rispettivi, dichiarano che gli Accordi e Dichiarazioni indicati nel Protocollo anzidetto entreranno in vigore in data odierna1•

412

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, PARIANI

LETTERA 1 . Roma, 16 novembre 1938.

Ti trasmetto, qui unito, copia di un rapporto del R. Ambasciatore a Berlino 2 , con allegato promemoria di quell'Addetto Militare, relativo alla proposta tedesca di un prossimo inizio di scambi di vedute tra rappresentanti dell'Esercito italiano e rappresentanti dell'Esercito tedesco nel campo tecnico degli armamenti.

Il Duce, al quale ho sottoposto l'anzidetto documentato rapp01io, Si è espresso in senso favorevole al prossimo inizio degli scambi di vedute. Ti informo di quanto sopra per tua opportuna conoscenza.

413

IL CONSOLE GENERALE A VI ENNA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 9704/1882. Vienna, 16 novembre 1938 (pet: il18).

Continua vivace da parte di emissari nazionalsocialisti la campagna antireligiosa tendente a spingere gran parte della popolazione ad abbandonare la religione cattolica.

In occasione della consegna a Ciano delle credenziali intestate al Re Imperatore, l'ambasciatore Perth prospettò l'idea di una visita a Roma di Chamberlain e Halifax nella seconda settimana di gennaio. Nel pomeriggio, Mussolini, «dapprima riluttante», autorizzò Ciano a dare una risposta positiva in occasione della tìnna della dichiarazione (CIANO, Diario, alla data del 16 novembre; lettera Perth in ED, vol. Ili, D. 456).

Circa l'atteggiamento di Mussolini di fronte all'entrata in vigore dei Patti di Pasqua vi è nel Diario di Ciano questa annotazione: «[Il Duce] era molto soddisfatto dell'accaduto e mi ha elogiato per l'azione svolta. Tutto ciò è molto importante, mi ha detto, ma non altera la nostra politica. In Europa, l'Asse rimane fondamentale. In Mediterraneo, collaborazione con gli inglesi fino a quando sarà possibile. La f-rancia rimane tùori: verso di lei sono ormai definite le nostre rivendicazioni».

Il motto Las von Rom (stacchiamoci da Roma) viene usato come il grido della nuova generazione contro l'attitudine «antitedesca» della Chiesa.

Ed infatti nelle città la propaganda anticattolica fa buona presa: specialmente, come ho più volte riferito, nel ceto operaio e tra i giovani; ed anzi, strano a dirsi, più particolarmente tra le giovinette (lo stesso fenomeno del resto si era verificato nel periodo del comunismo). Le dichiarazioni di «abbandono della religione», sono quindi, a quanto mi si assicura, abbastanza numerose.

Minore invece è l'effetto nelle campagne. I contadini rispondono ai propagandisti anticattolici: «Vogliamo sapere se Hitler desidera ciò. Se è così, ce lo dica. Ma se ce lo dite voi rifiutiamo di seguirvi».

Una recente ordinanza luogotenenziale ha annullato l'ordinanza del 16 agosto 1933 la quale disponeva, nei casi di cambiamento di religione, un esame da parte delle Autorità circa i motivi di tale atto, e stabiliva un termine di almeno tre mesi, dopo il quale soltanto poteva essere constatata la «libera convinzione» del dichiarante.

L'ordinanza luogotenenziale viene commentata dal Volkischer Beobachter come un ritorno alla precedente legge del 1869 ed alla piena libertà religiosa. Ed effettivamente l'ordinanza surriferita del 1933 era l'emanazione di uno Stato confessionale e si può ben comprendere che il nazionalsocialismo l'abbia abrogata. Ma il rilievo dato dall'organo del Partito a tale abrogazione e ad altri analoghi provvedimenti appare come un incoraggiamento alla popolazione ad allontanarsi dalla religione cattolica.

Il clero si difende come può contro l'ondata, che travolge specialmente le giovani menti. Quasi ogni domenica viene letta nelle Chiese una nuova dichiarazione del Cardinale Innitzer che combatte le false voci ed esorta i fedeli all'osservanza religiosa.

Domenica scorsa fu letta una dichiarazione che smentiva «alcune voci evidentemente originate dagli sforzi per provocare l 'abbandono della Chiesa» e cioè la notizia che nelle scuole ogni alunno deve pagare mezzo marco per ogni ora di catechismo e l'altra notizia dell'introduzione in Austria della tassa ecclesiastica (del resto minima) già esistente nel vecchio Reich. «in ogni caso~ aggiunge la dichiarazione~ i cattolici del vecchio Reich, in seguito all'applicazione della tassa ecclesiastica, non hanno abbandonato in massa la Chiesa».

Occorre dire che la campagna antireligiosa, se può vantare dei successi quando si serve di argomenti patriottici, ottiene invece risultati opposti quando ricorre alla violenza.

Gli eccessi commessi nell'Arcivescovato 1 hanno lasciato un solco di amarezza nell'animo dei fedeli. La notizia della morte (avvenuta otto giorni or sono) dell'Arciprete Kravarik, che era stato scaraventato dalla finestra dalla Hitler-Jugend, ha destato una dolorosa impressione, e si può osservare nell'animo dei cattolici una reazione in favore della religione. Le Chiese sono infatti frequentate più di prima. Tutto ciò che ha l'aspetto di persecuzione stimola anziché diminuire il fervore religioso.

411 1 Con due separate note di Ciano e dell'ambasciatore Perth all'incaricato d'aftàri d'Egitto a Roma, il governo egiziano fu informato dell'entrata in vigore delle Dichiarazioni relative al Lago Tana ed al Canale di Suez tìrmate il 16 aprile.

412 1 Il documento è tratto dall'Archivio deii'Utlìcio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

412 2 Vedi D. 392.

413 1 Vedi D. 254.

414

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE. Berlino, 16 novembre 1938 (per. il 20).

Qualche notizia, in riassunto, sugli avvenimenti tedeschi.

l) Nel campo internazionale, in queste due settimane che hanno seguito l'arbitrato italo-germanico di Vienna del 2 novembre, poche novità. Come conosci, a Parigi si discute il progetto di quella «dichiarazione» di amicizia franco-tedesca, intorno alla quale si affaticano e Wilhelmstrasse e Quai d'Orsay e di cui conosci esattamente le linee 1• Il Segretario di Stato von Weizsacker, che, prima di partire in congedo per Tripoli e la Sicilia, ha rappresentato ora a Parigi il Governo del Reich ai funerali del Consigliere di Legazione vom Rath, ha dovuto, a sua volta, in questi due ultimi giorni, discuterne direttamente i dettagli con il Signor Bonnet.

La «dichiarazione» però in questa ventata violenta di polemiche nel campo giudaico non sembra destinata a nascere troppo felicemente: essa probabilmente, anche per forza di cose, conserverà del tutto quella «platonicità» alla quale avemmo occasione di accennare telefonicamente.

Con la Cecoslovacchia, mentre, con viva soddisfazione germanica, la Slovacchia comincia, in materia di completa autonomia, a pestare i piedi di Praga, abbiamo avuto il secondo piccolo ultimatum2 consistito nella richiesta di Berlino di intesa ad ottenere arrotondamenti e modificazioni a favore della nuova linea confinaria del Reich. Nulla di particolarmente importante, ma chiaro indice della volontà dei nostri amici tedeschi di voler continuare a rosicchiare il moncone boemo. Il comandamento del Ftihrer, seguito alla lettera dai competenti organi germanici, è quello di «non cedere un pollice del territorio già occupato». Ogni variazione confinaria, quindi, è intesa unicamente come un passo in avanti a vantaggio del Reich. Come ti abbiamo scritto, la modificazione più interessante, per quanto territorialmente e per numero di popolazione tanto ... modesta, è quella relativa al villaggio di Theben, il quale, perché situato sulla riva sinistra del Danubio, costituirà un'ottima testa di ponte destinata a controllare e a dominare nettamente, con comune dolore slovacco-magiaro, la contesa città di Presburgo! Ad ogni modo Praga non può che accettare, e tranquillamente.

Nulla di nuovo nel campo dei pretesi progetti per riduzioni di armamenti e per la cosiddetta umanizzazione della guerra. Le informazioni date in proposito dalla United Press sono risultate, a seguito delle conversazioni qui avute dai nostri Addetti Militari e come ti abbiamo già comunicato\ del tutto infondate.

Le Forze Armate tedesche continuano anzi a completare i loro approvvigionamenti ed i loro armamenti. Il Presidente della nostra Camera di Commercio di Berlino mi dice, a tale proposito, che tutte le ordinazioni di canapa e di copertoni impermeabili per carri ferroviari dovranno essere completate per la data del l o marzo.

Come vedi, si parla già di una nuova data!. ..

2) Molto interessante invece la situazione interna a causa delle importantissime misure anti-israelite, qui prese a reazione immediata dell'assassinio parigino di vom Rath4•

Evidentemente da tempo le organizzazioni di Polizia e di Partito, che fanno particolarmente capo a Himmler, avevano pronto nel cassetto il piano destinato a compiere uno sforzo supremo per frantumare qualsiasi residuo di attività ebraica in Germania. L'obbligo di denunzia dei patrimoni, i censimenti delle persone e degli averi, il disarmo, le periodiche perquisizioni, sono state le tappe che hanno permesso di avere tutti i dati e tutti gli elementi adatti per stringere la rete al momento ritenuto maggiormente opportuno. Il colpo di rivoltella di Parigi ha dato il via: da Colonia a Vienna, da Saarbri.icken a Konigsberg c persino a Danzica, la molla è, attraverso ed a mezzo delle squadre di spedizione punitiva, scattata con sincronicità c metodicità, e, come conosci, tutti indistintamente i negozi, le sinagoghe, i luoghi di riunione ebraici sono stati letteralmente devastati e demoliti senza che ne resti «pietra su pietra». Gli arresti in massa ed infine le gravissime misure deliberate dal comitato presieduto dal Maresciallo Goring, Capo del Piano Quadriennale, e composto, nota bene, oltre che di elementi cosiddetti di estrema tipo Goebbels, di uomini considerati «moderatissimi» quali il Ministro della Giustizia Gi.irtner e lo stesso Ministro delle Finanze Krosigk von Schwerin, hanno completato l'opera.

La multa di carattere «espiatorio», veramente colossale, di un miliardo di Marchi, pari cioè a circa 8 miliardi di Lire, che va ad unirsi alle centinaia di milioni di Marchi di danni riportati, in questi giorni, durante l'azione distruttiva, dai beni degli israeliti, significa il colpo mortale alla consistenza patrimoniale degli ebrei tedeschi. Fino a ieri infatti si calcolava ancora a 4 o 5 miliardi di Marchi il valore dei patrimoni tuttora in possesso di ebrei: ma dopo gli ultimi avvenimenti, data la necessità nella quale gli ebrei stessi si trovano non di vendere ma di «svendere» a qualsiasi prezzo i propri beni, tale valutazione va di molto ridotta e riportata al massimo a 2 o 3 miliardi. Ora la sola multa «espiatoria» dovrebbe confiscare subito il 50% di tale valore patrimoniale!

Quando si pensa che gli ebrei, sui quali ricade la pena, sorpassano di poco, in numero, il mezzo milione, si vede come quella multa significhi a testa, senza distinzione di sesso o di età, la somma media enorme di 16.000 Lire! Ossia, praticamente, l'impossibilità di un pagamento integrale e quindi la possibilità di una confisca totalitaria da parte dello Stato.

La misura è quindi, si può dire, ripeto, definitiva e decisiva nei confronti delle collettività ebraiche tuttora viventi in Germania. Ma, d'altra parte, a mio modo di vedere, essa, restando sempre nel campo repressivo e negativo e non dando alcuna

indicazione nei confronti di un programma positivo nei riguardi del grave problema tedesco giudaico, non risolve la questione. Non è infatti immaginabile che

500.000 persone siano un bel giorno passate tutte per le armi, o condannate al suicidio, o rinchiuse in colossali campi di concentramento. E francamente fino a questo momento, la legislazione e la regolamentazione tedesca nulla mostrano circa quella soluzione positiva che in fondo qui tutti vorrebbero vedere applicata per liberare per sempre, ma umanamente, la Germania da qualsiasi residuo di influenza ebraica. Ora il Governo tedesco, intascando gratuitamente quella somma colossale di un miliardo di Marchi, potrebbe anche compiere il grande gesto di convertirne non più di un quinto in moneta esportabile per porla a disposizione delle masse di israeliti che verrebbero detìnitivamente espulsi dal Reich. Se 500.000 ebrei sono, privi di qualsiasi bene di fortuna, merce da importazione troppo terribile per tutti indistintamente i Paesi del vecchio e del nuovo Mondo, gli stessi 500.000, con in tasca una somma, in divise pregiate, pari, in Lire italiane a circa un miliardo e mezzo, potrebbero forse trovare qualche porta aperta. E i Tedeschi farebbero, ripeto, un gesto umano e al tempo stesso veramente di importanza capitale per la loro campagna di protezione razzistica. Né mi sembra accettabile e seria quella tendenza che vorrebbe mantenere in «ostaggio» ed in miseria, dentro i contìni del Reich, quei 500.000 disgraziati per farne arma contro le diversioni antinaziste dei potentati israeliti di oltre Oceano e di oltre Manica. Oggi il Terzo Reich, con i suoi 80 milioni di abitanti, le sue Forze Armate potenziate, la sua influenza enormemente accresciuta, è troppo forte per doversi ridurre a simili mezzi coattivi di ben scarso pratico rendimento.

Per ritornare alla situazione creata dalla campagna anti-israclita, occorre aggiungere che essa ha dato qui luogo, per le odierne gravi polemiche internazionali, ad interessanti discriminazioni. Così tutte le antipatie sono oggi rivolte in larga misura agli Americani ed agli Inglesi, accusati, come conosci, di volersi erigere a giudici di questioni interne tedesche. Sintomatica, anche se probabilmente ben poco fondata, è, in proposito, quella voce che oggi qui circola, secondo la quale il Governo del Reich, qualora veramente la Camera dei Comuni volesse discutere a fondo la questione degli isareliti di Germania, convocherebbe senz'altro il Reichstag per iniziare la discussione sul problema palestinese e sul contegno tenuto dai Britannici, in Terra Santa, a danno delle popolazioni arabe!

Sta di fatto che in questi giorni, obbedendo alla parola d'ordine, tutti i giornali hanno iniziato la pubblicazione dei documenti fotografici che illustrano le misure repressive britanniche in Palestina e particolarmente le demolizioni, a base di dinamite, dei villaggi arabi. E le fotografie sono accompagnate, naturalmente, da severi commenti e spiegazioni che condannano le «brutalità» degli agenti della Potenza mandataria.

Notevolissima invece la circostanza che verso la Francia tutto tace. Persino l'articolo di fondo del magniloquente Temps, con il quale i metodi della politica antiebraica germanica vengono espressamente condannati, è passato, fino a questo momento, sotto assoluto silenzio. E viceversa la partecipazione delle Autorità parigine alle cerimonie funebri per il Consigliere vom Rath è stata qui presentata come una forma di nobile comprensione, per non dire addirittura di solidarietà!

La questione ebraica fa passare in seconda o terza linea la polemica religiosa. Anche a Monaco e a Vienna, tolti alcuni lievi incidenti, nulla di nuovo 5• È stato interessante in tale campo, come ti abbiamo già fatto rilevare, il battesimo della piccola Edda Goring la quale, dopo parecchi mesi dalla nascita, ha ricevuto l'acqua lustrale alla presenza del Ftihrer. Questi, subito dopo, tanto per ristabilire ogni equilibrio, ha assistito alla «imposizione del nome» di Wolf Rtidiger al piccolo Hess. Cerimonia, questa della «imposizione del nome», un po' nuova e caratteristicamente atea nel senso più lato della parola in quanto essa non intende essere un atto «antireligioso» ma una prima manifestazione formale di quella indipendenza da culti estranei alla Patria tedesca che taluni esponenti ortodossi ed estremisti del Regime vorrebbero sia alla base stessa della dottrina del Nazionalsocialismo.

414 1 Vedi DD. 368,370,372,386 e 403.

414 2 Vedi D. 385.

414 3 Nota del documento, autografa di Magistrati: «Particolarmente interessante mi sembra, in proposito la conversazione Liotta-M.». Sul colloquio tra il generale Liotta e il generale Milch si veda il D. 404.

414 4 Vedi DD. 384,393 e 395.

415

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6009/783 R. Londra, 17 novembre 1938. ore 20,27 (per. ore l del 18).

Iersera in occasione di un ricevimento a Buckingham Palace in onore del Re di Romania, Re Giorgio mi ha fatto espressamente chiamare, e fuori di ogni cerimoniale consueto, mi ha fatto sedere vicino a sé trattenendomi per circa tre quarti d'ora in affabile e particolarmente cordiale colloquio davanti alla folla di invitati che sfilavano nella grande sala di Palazzo Reale.

Re Giorgio mi ha detto, innanzitutto, che egli desiderava, nello stesso momento in cui veniva firmato a Roma il protocollo per la messa in vigore degli accordi italo-inglesi e l'ambasciatore d'Inghilterra a Roma presentava le credenziali a S.M. il Re Imperatore, di esprimermi personalmente la sua gioia e il suo compiacimento sincero per questo avvenimento che mette fine a un capitolo difficile e increscioso fra l'Italia e l'Inghilterra ed un altro ne apre di franca e leale amicizia. Re Giorgio ha continuato dicendo che egli personalmente avrebbe desiderato che si giungesse assai prima ad un definitivo chiarimento nei rapporti tra i due Paesi e che egli ha sempre manifestato a Chamberlain la sua diretta e costante approvazione alla sua politica di accordo con l'Italia e cercato in ogni modo incoraggiare e facilitare al Primo Ministro il suo compito che non è stato scevro in certi momenti da molte dif

ficoltà. Re Giorgio a questo punto ha voluto ricordare con parole assai benevole la mia opera di ambasciatore durante questi anni particolarmente duri, del che ho ringraziato Sovrano.

Re Giorgio ha continuato dicendomi che egli sperava in un prossimo avvenire di recarsi a Roma in visita a S.M. il Re Imperatore e di potere in questa felice occasione incontrare personalmente il Duce «verso il quale l'Europa e il mondo, il Sovrano ha detto testualmente, hanno il più grande debito di riconoscenza. Al Duce si deve, ha continuato Re Giorgio, se il disastro di una conflagrazione europea è stato all'ultim'ora evitato e iniziata, finalmente ... 1••• fare energicamente e concretamente, una politica di pace tra le quattro grandi Potenze le quali restano e saranno esclusivamente gli arbitri della pace e della guerra in Europa».

Ho assicurato Re Giorgio che non avrei mancato di trasmettere quanto egli mi aveva detto a V.E.

414 5 In proposito si veda, peraltro, quanto riferiva, lo stesso giorno, il console Rochira circa la situazione a Vienna (vedi D. 413) e, qualche giorno più tardi, il console Pittalis da Monaco (vedi D. 429).

416

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4650/1897. Mosca, 17 novembre 1938 (per. il 22).

Nel corso di questi ultimi due anni ho più d'una volta avuto l'occasione di segnalare gli sforzi fatti dal Governo sovietico per guadagnarsi le simpatie del Governo e del popolo americano. Esso ha dapprima largamente sfruttato, a tale scopo, il preteso carattere «democratico» della nuova costituzione staliniana, sforzandosi di trovare analogie e stabilire punti di contatto ideali fra le due nazioni. In seguito, durante la crisi europea degli ultimi mesi, non ha mancato di sfruttare l'ideologia pacifista di oltre oceano, avendo cura al tempo stesso di lusingare l'amor proprio del Presidente Roosevelt coll'approvare a gran voce i di lui interventi e le manifestazioni verbali dei membri del suo Gabinetto contro «gli aggressori fascisti».

Oggi, approfittando evidentemente del fermento dell'opinione pubblica negli Stati Uniti per i recenti episodi della politica antisemita in Germania, Mosca ritorna alla carica, lanciando agli americani un aperto invito a collaborare con l'U.R.S.S. nel campo politico. Un articolo pubblicato dalle lzvestia sotto il titolo «Due giganti» afferma la necessità di questa collaborazione per la salvaguardia degli interessi degli stessi Stati Uniti.

L'articolo osserva che durante gli ultimi anni gli Stati Uniti hanno già molto perduto per aver voluto seguire la politica estera della Gran Bretagna. Ricorda che fu la diplomazia britannica quella che nel 1931 sabotò la proposta Stimson tendente ad organizzare la resistenza contro l'imperialismo giapponese. Recentemente, poi, l'accordo di Monaco ha mostrato che il Governo di Londra intende capitolare in pieno davanti agli aggressori, e ciò non soltanto per le questioni europee. Questa tendenza alla capitolazione comporta gravi pericoli anche per gli Stati Uniti, cui deve interessare la ricerca di possibili collaboratori. Ma dove potranno essi trovare una collaborazione che sia altrettanto efficace quanto tìdata? La risposta è ovvia: Nell'Unione Sovietica!

Vale la pena riportare testualmente la parte conclusiva del! 'articolo:

«i tempestosi avvenimenti degli ultimi cinque anni provano in modo convincente che S.U. cd U.R.S.S. possono collaborare assai fruttuosamente nel campo internazionale. Non per caso l'appello lanciato da Roosevelt durante la crisi dello scorso settembre per la convocazione di una conferenza internazionale ha incontrato una pronta risposta ed un pieno appoggio da parte dell'Unione Sovietica.

In un momento in cui regna grandissima confùsione e totale disorientamento nell'arena internazionale, nelle relazioni tì·a l'U.R.S.S. c gli Stati Uniti esiste invece una piena chiarezza, la quale può servire di base all'ulteriore approfondimento di tali relazioni nell'interesse della pace universale.

Non per caso gli aggressori fascisti provano un odio aperto tanto per gli Stati Uniti che per l'Unione Sovietica. Non per caso gli elementi reazionari, sia negli Stati Uniti che in Europa, si oppongono così accanitamente ad un ulteriore avvicinamento sovieto-americano. Senonché questi intrighi non fanno che sotto! in e are l'enorme importanza dei problemi che si posano davanti alla politica estera degli Stati Uniti ed in particolare quello delle loro relazioni con l'U.R.S.S.

Spetta agli Stati Uniti di scegliere la propria via. Per suo conto l'Unione Sovietica continuerà a marciare senza titubanze sulla strada che si è tracciata e che è quella della difesa attiva della pace, della lotta coerente contro gli aggressori. Entrambi i Paesi possono ancora incontrarsi su questa via, e ciò avrebbe la più favorevole influenza sulla situazione internazionale.

In questi giorni (quinto anniversario dello stabilimento delle relazioni diplomatiche tra S.U. e U.R.S.S.) è interessante ricordare le parole pronunciate da Litvinov ad un banchetto a New York il 24 novembre 1933: "Chi può dubitare che le voci unite dei due giganti non costringano gli altri a tenerne conto, e che i loro sforzi comuni non possano esercitare un'influenza sulla bilancia, a favore della pace?"».

Questo articolo è indubbiamente sintomatico degli sforzi che Mosca sta facendo per sfruttare l'ostilità americana al nazismo, le delusioni causate negli Stati Uniti dalla politica di Chamberlain, ed infine le preoccupazioni di Washington per l'estensione dell'occupazione giapponese in Cina: tuttociò per tentare di condurre gli Stati Uniti verso una politica concertata che liberi l'U.R.S.S. dall'incubo del suo odierno isolamento.

415 1 Nota dell'Ufficio Cifra: «due gruppi indecifrabili». L'originale da Londra dice: «si è iniziata finalmente su un terreno realistico e concreto».

417

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 6032/785 R. Londra, 18 novembre /938, ore 20,30.

Qui stampa odierna presenta con vistosità tipografica e commenta in lunghi m1icoli di fondo l'avvenuta firma dei trattati commerciali anglo-americano e canadeseamericano 1•

L'avvenimento viene salutato con la solita pomposa retorica che accompagna tutte manifestazioni anglo-americane e presentato addirittura come inizio di una nuova era economica: viene peraltro messo in rilievo che conclusione è stata resa possibile da atteggiamento Domini, i quali soppmiano principali oneri, nonostante Gran Bretagna abbia rinunciato a vantaggio commercio tra Stati Uniti e Domini ad alcuni suoi diritti preferenziali stabiliti da accordi di Ottawaè. I termini del trattato confermano che si tratta soprattutto di compensazione e scambio prodotti industriali britannici ed agricoli americani e comprende circa 3.000 voci.

Clausola nazione più favorita non manca di suscitare in questi ambienti economici alcune apprensioni. Possibilità che trattato coinvolga alterazione livello dollaro sterlina viene scartata ambienti competenti. l giornali liberali e corrispondenti da Washington mettono anche in rilievo preteso aspetto politico accordo prospettandolo non soltanto come un'intesa economica, ma come avvenimento inteso a rafforzare legami fra due Nazioni democratiche e quale risposta a politica autarchica altre Nazioni. Tono generale è tuttavia che trattato potrà dare nuovo impulso scambi economici generali avvicinando fra loro Nazioni rette da opposti principi politici economici.

Trasmetto per corriere testo accordi pubblicati stamane.

418

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI

T. 18545/402 P.R. Roma, 18 novembre 1938, ore 23,45.

Mio telegramma 369/149 R. del 17.4.1938 1 .

Confermo a V.E. che entrata in vigore dell'accordo italo-inglese non modifica in alcun modo nostra politica di cordiale amicizia verso il Giappone.

V.E. vorrà trovar l'occasione, senza farne oggetto di speciale comunicazione, per tàr presente quanto precede a codeste Autorità.

417 1 Accordo commerciale tra gli Stati Uniti d'America e la Gran Bretagna e Irlanda del Nord del 17 novembre 1938 (testo in Socu':TÉ DES NAIJOI'<S, Rect1eil des traités, vol. CC, n. 4700; Accordo commerciale tra Canada e Stati Uniti d'America del 17 novembre 1938 (testo ibid., vol. CXCIX, n. 4670).

417 2 Riferimento alla Contèrenza Imperiale di Ottawa del 21 luglio-20 agosto 1932.

418 1 Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 502.

419

L'INCARICATO D'AFFARI A VARSAVIA, CARISSIMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6065/098 R. Varsavia, 18 novembre 1938 (per. il 21).

Riferimento telegramma per corriere codesto Ministero n. 18236/c. P.R. del 12 corr.1 .

Capo di Gabinetto di questo ministro degli Affari Esteri accennandomi alle ultime richieste presentate dalla Germania alla Cecoslovacchia circa una nuova linea di confine la quale pur non includendo alcun centro importante comprende qualche centinaio di villaggi che sarebbero abitati da popolazione ceca, ha osservato che dette richieste oltrepasserebbero la linea etnografica prevista dall'accordo di Monaco. Le richieste tedesche assumerebbero pertanto, sempre secondo il conte Lubienski, il carattere di una rivendicazione politica e costituirebbero un precedente che potrebbe essere invocato dal governo ungherese in favore della soluzione a proprio vantaggio della questione rutena. Però, a parte quest'ultima deduzione, il Capo di Gabinetto non ha nascosto che le richieste tedesche di cui sopra destavano qui preoccupazione. Egli ha aggiunto in via strettamente confidenziale che dette preoccupazioni prenderebbero maggiore consistenza da certe informazioni che sarebbero qui pervenute circa un supposto piano germanico tendente al completo assorbimento della Boemia e della Moravia.

Conte Lubienski ha rilevato che qualora si dovesse delineare una tale eventualità la Polonia non potrebbe in nessun caso disinteressarsi delle sorti della Slovacchia, data anche la affinità ed i tradizionali legami di simpatia degli slovacchi con la nazione polacca.

420

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6067bis/0206 R. Londra, 18 novembre 1938 (per. il 21).

Mio rapporto n. 5619/2346 del 15 novembre u.s. 1•

Con mio rapporto citato, ho segnalato a V.E. la recente ripresa di attività di Eden e dei suoi amici, culminata con la presentazione da parte di 34 deputati conservatori di una mozione che voleva in sostanza rappresentare una presa di posizione a favore dell'ex ministro degli Esteri.

420 1 Vedi D. 405.

Effettivamente gli avvenimenti delle ultime settimane e la rinnovata tensione dei rapporti anglo-tedeschi avevano incoraggiato le ambiziose speranze degli irriducibili avversari del Primo Ministro. Di rincalzo alle preoccupazioni circa l'avvenire delle relazioni tra i due Paesi, provocate dall'esacerbata polemica tra i dirigenti tedeschi ed i vari Churchill, Eden, Duff-Cooper, Lloyd George e Greenwood, l'ondata di reazione popolare registrata in Inghilterra per le misure adottate nei confronti degli ebrei tedeschi era apparsa infatti alle opposizioni di tutti i colori una occasione da non lasciar sfuggire per intaccare l'edificio della popolarità di Chamberlain. In vista, poi, della prossima visita di Chamberlain e Halifax a Parigi, nel corso della quale era notorio che i ministri britannici avevano intenzione di affrontare in forma concreta con il governo francese il problema delle rivendicazioni coloniali tedesche, i consueti dischi relativi alla «intolleranza» della Germania, alla «provata inutilità di cercare di soddisfare le ambizioni naziste», avevano offerto ad elementi conservatori particolarmente gelosi della integrità coloniale britannica ottimi argomenti per tentare di legare inanticipo le mani «troppo generose» del Primo Ministro.

Sarebbe del resto inutile negare che i recenti avvenimenti non abbiano quanto meno imbarazzato Chamberlain, per il quale un accordo con la Germania rappresenta infatti un elemento essenziale della sua politica di generale distensione e di pacifico revisionismo. Dai miei contatti con questa ambasciata di Germania ho potuto anche constatare in questi ultimi giorni una certa preoccupazione per le ripercussioni di quella che è stata un'autentica crisi anglo-tedesca, sullo stesso avvenire politico di Chamberlain o quanto meno sulle prospettive della realizzazione del suo programma.

Dirò subito che Chamberlain ha mostrato ancora una volta di possedere, accanto ad una serenità di giudizio e una determinazione di propositi, doti indubbie di abilità parlamentare. Mentre egli ha fatto del suo meglio per frenare gli eccessi antitedeschi della stampa britannica, compito reso tanto più difficile dalla isterica ripercussione che i recenti avvenimenti in Germania hanno trovato nell'opinione pubblica americana, egli ha placato le più vociferanti grida delle opposizioni distogliendone l'attenzione dalla questione ebraica con l'annuncio di un passo dell'ambasciata britannica a Berlino in relazione ad un articolo dell'Angrijf(mio telegramma n. 7742). Contemporaneamente, per bocca di Inskip, Chamberlain faceva pubblicamente sapere che «mentre gli avvenimenti degli ultimi giorni avevano indubbiamente rappresentato un ostacolo» egli, Chamberlain, «non si sarebbe lasciato trattenere dagli eventi per perseguire i suoi obiettivi di distensione internazionale» (vedi mio rapporto n. 5663/2369 del 17 corrente3).

La mozione di fiducia a Chamberlain presentata ieri ai Comuni e firmata da 225 deputati conservatori, è la risposta del Primo Ministro alle mene dei suoi avversari e la dimostrazione che ancora una volta il suo sangue freddo ed il suo coraggio politico hanno saputo superare con successo i procellosi e pericolosi mari delle correnti parlamentari interne (mio rapporto odierno n. 5696/2378 4). Sotto alcuni aspetti è ancora più

notevole il successo riportato da Chamberlain nel dibattito intervenuto ai Comuni sull'emendamento al Discorso della Corona presentato dall'opposizione liberale per l'istituzione di un «Ministero dei Rifornimenti». Un appello di Churchill affinché «almeno una cinquantina di deputati conservatori votassero a favore della mozione liberale per spingere il governo ad un più energico e positivo programma di riarmo», non ha neppure trovato responso tra i suoi fedeli seguaci. Lo stesso Eden e lo stesso Cranborne hanno dato il loro voto al governo; mentre DutT-Cooper, in un discorso nel quale ha cercato di bussare a tutte le porte e salvare tutte le sue passate riserve, ha riconosciuto «il coraggio, la costanza e la logica» del Primo Ministro, concludendo con un fervorino che sotto la veste di accorato appello a Chamberlain ha lasciato invece l'impressione di un mal celato pentimento per l'aftì·ettato gesto che lo ha condotto a perdere il posto di Ministro della Marina.

Con la conclusione dell'Accordo commerciale anglo-americano:', di per sé rappresentante un positivo successo parlamentare per il governo, anche dal punto di vista pubblicitario, la questione degli ebrei in Germania e della tensione anglo-tedesca in generale è stata intanto stamane relegata in terza pagina. L'odierna vittoria di Vernon Bartlett nel collegio elettorale di Bridgewater, con la perdita da parte del governo di un seggio nel quale alle ultime elezioni generali esso aveva ottenuto una maggioranza di circa lOmila voti, attesta tuttavia che le opposizioni hanno trovato buon gioco nel turbamento provocato nella massa dell'opinione pubblica inglese dalle notizie provenienti dalla Germania: sulle quali, quasi esclusivamente, la campagna elettorale è stata infatti combattuta. È quindi da attendersi, nel prossimo avvenire, ogni tentativo da parte degli avversari del Primo Ministro per esasperare quelle diffidenze e quei malintesi all'ombra dei quali, soltanto, essi possono sperare di scalzare la sua popolarità e ostacolare la sua politica.

419 1 Ritrasmetteva il D. 385.

420 2 T. 5962/774 R. del 14 novembre. Riferiva che ai Comuni Chamberlain aveva reso noto che l'ambasciata a Berlino era stata incaricata di presentare una protesta per gli articoli apparsi sulla stampa tedesca «in cui ex-ministri e parlamentari britannici erano stati associati all'uccisione di vom Rath».

420 1 Non pubblicato. Il suo contenuto è qui indicato.

420 4 Non pubblicato. Il suo contenuto è qui indicato.

421

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6069/0269 R. Budapest, 18 novembre 1938 (per. il 21).

Mio rapporto n. 6146/1950 del 15 corrente 1•

Ho avuto una lunga conversazione con questo ministro di Polonia, il quale, in sostanza, è molto ottimista circa la questione della Rutenia: egli dice che non è possibile alle popolazioni rutene attualmente distaccate dall'Ungheria e rimaste in Cecoslovacchia di continuare a vivere nella situazione attuale e pensa che più pre

421 1 Vedi D. 407.

sto di quello che si crede la frontiera comune ungaro-polacca potrà essere raggiunta, anche senza il ricorso a mezzi violenti, ciò che del resto egli esclude da parte ungherese e da parte polacca. Considera che l'attuale riservato atteggiamento ungherese è completamente giustificato, mentre d'altra parte il governo del Reich avrebbe confermato di disinteressarsi della questione. Egli mi ha detto sapere che alcuni emissari tedeschi che sarebbero stati inviati in Rutenia per studiare sul posto la situazione soprattutto in relazione alla possibilità di comunicazioni attraverso quel territorio con I'Ucraina e più oltre, si sarebbero espressi in modo pienamente contrario e nel senso dell'impossibilità che il territorio ruteno possa essere utilizzato a tale scopo.

In questi ambienti si conferma che la situazione di quelle popolazioni diviene sempre maggiormente insostenibile; esisterebbe la più spaventosa carestia e anche le truppe ceche che occupano il territorio mancherebbero di viveri e anche di benzina.

Numerosi villaggi avrebbero già, malgrado la presenza dei cechi, dichiarato di non poter vivere se non collegati in una forma o in un'altra all'Ungheria. Sarebbe intenzione del Presidente del Consiglio, Voloscin, di proclamare l'autonomia e di unirsi ali 'Ungheria: egli sarebbe, si dice qui, già disposto a tàre una dichiarazione analoga ma ne sarebbe impedito dalla presenza delle truppe ceche e sarebbe allora sua intenzione di venire a Budapest e da qui dichiarare l'autonomia della Rutenia nell'ambito dell'Ungheria, c di invitare le truppe ungheresi ad occupare il Paese. È corsa voce che tale domanda da parte del Consiglio Nazionale Ruteno sarebbe imminente, mentre sono pervenute continue domande del genere dalle autorità locali.

Negli ambienti militari si è molto riservati sull'accoglienza che il governo ungherese riserverebbe a tale eventuale richiesta: si nota, d'altra parte, che nella regione vi sarebbero stati concentramenti di truppe ceche, in posizione tale da minacciare eventualmente i l fianco ungherese.

Nella conversazione avuta ora con Kanya egli, pur dichiarandomi che il governo ungherese non ha preso alcuna decisione, mi ha lasciato comprendere che non sarà possibile ormai trattenere più quello che è il fermo desiderio dell'opinione pubblica ungherese. Il Capo di Gabinetto conte Csaky mi ha d'altra parte comunicato che l'Eccellenza Vostra era perfettamente al corrente della situazione e delle intenzioni del governo ungherese 2 .

421 ' Circa il problema della Rutenia, il ministro Villani aveva già avuto due colloqui con Ciano sui quali non è stata trovata documentazione negli archivi italiani ma di cui vi è traccia nel Diario di Ciano. Circa il primo di questi colloqui, avvenuto l'Il novembre, Ciano annotava: «[Villani] quasi incidentalmente accenna alla possibilità di disordini in Rutenia, tali da determinare la necessità dell'unione all'Ungheria. Sconsiglio nel modo più netto. Risulta che la Germania prenderebbe posizione contraria e noi stessi, forse, saremmo costretti a richiamare i magiari alla stretta osservanza dell'arbitrato. Hitler ha detto a qualcuno che ormai considera la questione rutena come "questione sua". E questo tia suggel! Però quante delusioni sugli ungheresi: prima sotto la luce militare, adesso sotto quella della correttezza si rivelano assai diversi dal previsto». Si veda anche il resoconto del ministro Villani in DU, vol. III, D. 21.

Il secondo colloquio aveva avuto luogo lo stesso 18 novembre e su di esso vi è nel Diario di Ciano questa annotazione: «Villani è tornato alla carica per la Rutenia. Dice che il movimento si verifica nell'interno del Paese, che i ruteni non possono vivere avulsi dall'Ungheria, che la Germania sembra indifferente a questo nuovo sviluppo della vicenda. Non è vero. So che il Fiihrer si è già espresso in senso negativo. Ho detto con chiarezza a Villani che disapprovo questa condotta e che se la Germania ci pregherà di

420 5 Vedi D. 417, nota l.

422

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, PARIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA 1• Roma, 18 novembre 1938.

Ti ringrazio della comunicazione in data 16 corrente2 .

Il ministero della guerra è pronto da parte sua per attuare scambi di vedute nel campo tecnico degli armamenti e munizioni. Sono lieto di poterti confermare che l'atto tedesco è dovuto alla constatazione degli ottimi risultati che abbiamo ottenuto nello studio dei mezzi tecnici, dove siamo all'avanguardia: risultati solo non ancora seguiti da adeguata potenzialità di produzione 3 .

423

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6049/791 R. Londra, 19 novembre 1938, ore 19,45 (per. ore 23.45).

Mi riferisco al mto telegramma per cornere n. 206 di ieri 1 , circa posizione Chamberlain e campagna filosemita e antitedesca in Inghilterra. Dopo apparso un cenno ad una graduale distensione, campagna filosemita e antitedesca ha ripreso con intensità.

unirei a lei in un invito rivolto all'Ungheria aftìnché rispetti i termini dell'arbitrato, noi marceremo d'accordo con Berlino. Tengo soprattutto ad evitare che i tedeschi pensino che noi facciamo il doppio gioco e che sia per incitamento nostro che i magiari gettano petrolio sulle fiamme». Si veda in proposito anche quanto riferiva il ministro Villani in DU, vol. III, D. 41.

Il ministro Villani ebbe successivamente-il 19 novembre-un altro colloquio con Ciano che così annotava nel suo Diario: «Villani mi fa una nuova comunicazione sulla situazione in Rutenia e, cosa importante, mi informa che Budapest ha messo al corrente Berlino della situazione che si è prodotta. Attendiamone le reazioni». Si veda in proposito anche quanto riferiva il ministro Villani in DU, vol. III, D. 52.

Su questi tre colloqui, si veda quanto Ciano comunicava in proposito al governo tedesco nel D. 440.

422è Vedi D. 412.

422' Circa il contenuto che da parte tedesca si intendeva dare alle conversazioni militari con l'Italia si veda il promemoria redatto il 26 luglio dal generale Keitel «su dettagliate istruzioni di Hitler» (in DDT, vol. IV, D. 411 ). 423 1 Vedi D. 420.

Non vi è dubbio che a ciò hanno contribuito inattesi risultati elezioni al Parlamento del famigerato antifascista Vernon Bartlett, il quale infatti aveva nei giorni scorsi impostato tutta la sua campagna elettorale sulla drammatizzazione recenti misure antisemitiche in Germania e sulla critica alla politica estera Primo Ministro con pretese dimostrazioni inutilità illudersi perseguire accordi cogli Stati totalitari. Vittoria di Bartlett, il quale non aveva fino a pochi giorni fa nessuna lontana probabilità successo ed ha invece strappato un seggio elettorale che era considerato fra i più sicuri per il partito conservatore, offre indice di quello che è in questo momento diffuso stato d'animo del pubblico britannico. È anche certo che isterica sproporzionata reazione antitedesca negli Stati Uniti e notizia richiamo ambasciatore degli Stati Uniti hanno influito direttamente su questa opinione ed hanno incoraggiato tutti gli ebrei, filoebrei ed antifascisti in Inghilterra, e hanno contribuito non poco aumentare imbarazzo Chamberlain. Sintomi significativi della situazione sono le assai sgradevoli dichiarazioni fatte ieri rispettivamente dal Cancelliere dello Scacchiere Simon, da Lord Zetland e da Lord Astor, nonché le dimissioni di Lord Mount Tempie da Presidente dell'Associazione anglo-tedesca (miei telegrammi nn. 788 2 e 7893). In tutti quattro i casi il motivo è stato dato dai provvedimenti tedeschi contro gli ebrei. Simon e Zetland sono noti per il loro atteggiamento favorevole all'accordo con la Germania nazista, atteggiamento che anzi li ha sovente resi oggetto attacchi da parte opposizione. Mi risulta che loro dichiarazioni, fatte quando già erano noti risultati elezione Bartlett, rispondono oltretutto al calcolo politico di non permettere che motivi compassione per ebrei diventino monopolio comune elettorale dei laburisti e liberali e l'accusa di indifferenza per la loro sorte un'arma politica contro il governo.

Sotto un certo aspetto è forse ancora più sintomatico atteggiamento degli altri due: Lord Mount Tempie è stato fino ad oggi considerato esponente del movimento filo-nazista in Inghilterra tanto da essere eletto Presidente dell'Associazione anglotedesca, carica che oggi il Mount Tempie abbandonava improvvisamente. Circa Lord Astor, proprietario del Times, egli da anni va svolgendo un'attiva campagna tilo-tedesca e filonazista ed è stato il primo a prospettare la necessità di uno smembramento della Cecoslovacchia. Lord Astor è stato da tutti considerato fino a ieri come un fedele sostenitore della politica di Chamberlain e come il fautore più autorevole e più attivo tra i circoli governativi e nella City di una politica di riavvicinamento con la Germania4•

422 1 Il documento è tratto dall'archivio dell'Uftìcio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

423 2 T. 6039/788 R. del 19 novembre. Riportava le dichiarazioni dei tre esponenti britannici che, noti per il loro atteggiamento favorevole ad un accordo con la Germania, avevano preso duramente posizione nei riguardi delle misure adottate dal regime nazista contro gli ebrei, sottolineando che quanto accadeva in Germania non poteva essere considerato un fatto interno ed era destinato inevitabilmente ad avere ripercussioni sul piano internazionale.

423 3 T. 6040/789 R. del 19 novembre. Riferiva che Lord Mount Tempie si era dimesso da presidente dell'Associazione anglo-tedesca ed aveva motivato la sua decisione con «il trattamento degli ebrei in Germania e con l'atteggiamento dei tedeschi verso le comunità cattolica e luterana».

423 4 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

424

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6067/0199 R. Berlino, 19 novembre 1938 (pe1: il 21).

Mio telegramma di ieri n. 543 1•

Ho avvertito V.E. per telegrafo della notizia riservatamente giunta a Ribbentrop di un passo compiuto dall'Inghilterra a Tokio. Ho chiesto a Ribbentrop cosa gli risultasse della accoglienza fatta al passo stesso da paiie giapponese. Mi ha risposto di non saperne nulla.

Ulteriormente richiesto se egli avesse in proposito alcuna ragione di dubbio. Ribbentrop ha aggiunto che, nonostante i progressi considerevoli fatti nell'opinione pubblica giapponese dalla politica del triangolo, una corrente di peso non trascurabile agiva a Tokio per un riavvicinamento all'Inghilterra, soprattutto in vista di una possibile mediazione inglese in Cina.

È una situazione-ha concluso Ribbentrop-che bisogna sorvegliare.

425

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TEucSPR. 8005/2398. Berlino. 19 novembre 1938 (pe1: il 26).

Ho ieri informato Ribbentrop della comunicazione fattami dall'E.V., in materia di accordi anglo-italiani, sottolineando come lo stesso giorno della sua tìrma V.E. avesse tenuto a chiamarmi al telefono per assicurare che essi costituivano un mera «liquidazione del passato» e non toccavano in nulla le linee fondamentali della nostra politica che erano, e rimarranno, ancorate, anzi più fortemente che mai, all'Asse. Ho tàtto anche rilevare il tono di estrema riserva mantenuta dalla nostra stampa nei riguardi degli accordi stessi.

Ribbentrop ha ringraziato vivamente, prendendo anzi di quanto io gli avevo detto qualche nota per il Flihrer.

Nell'occasione, ho informato pure Ribbentrop dell'avvenuta cancellazione della visita di Vittorio Musso lini a Lord Hardwikes e delle sue ragioni 1•

Ribbentrop non aveva avuto sentore. né dell'annunzio della visita. né della lettera aperta contro la Germania scritta dall'On.le Lord. A più forte ragione si è mostrato quindi lieto della mia comunicazione, assicurandomi che l'avrebbe trasmessa al Flihrer2.

424 1 L'ambasciatore Attolico aveva comunicato con T. 6035/543 R. del 18 novembre che von Ribbentrop era stato informato riservatamente di un passo britannico a Tokio con cui era stato fatto presente «che ogni approfondimento del Triangolo anticomunista non avrebbe potuto non far nascere tra l'Inghilterra e il Giappone le più grandi difficoltà».

426

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. URGENTE 8025/2409. Berlino, 19 novembre 1938 (per. il 26).

Non ho mancato-in seguito alla comunicazione telefonica della E.V. 1 -di intrattenere Ribbentrop, subito dopo il suo ritorno da Dlisseldorf (funerali di vom Rath) sulla questione rutena.

Contrariamente a quanto qualche recente reazione di stampa mi avrebbe fatto supporre, non ho trovato in Ribbentrop alcun segno di irritazione.

Egli mi ha solo detto che l'azione ungaro-polacca intesa a fomentare agitazioni nella Russia Subcarpatica non gli era sfuggita. e che la trovava inopportuna. L'Ungheria dovrebbe rendersi conto-ha soggiunto-che se. per la questione rutena, andasse incontro a nuove tensioni con la Cecoslovacchia ed eventualmente ad ostilità, la Germania «non potrebbe intervenire per aiutarla».

Avendo io a questo punto fatto cenno di prender nota delle sue parole per riferirne alla E.V., Ribbentrop mi ha pregato di non farlo, dicendo trattarsi per ora di un suo sentimento personale, ancora non sottoposto all'approvazione del Fiihrer.

Richiesto allora da me in quale modo avrei potuto, almeno per ora, riassumere il suo pensiero sulla questione, Ribbentrop mi ha autorizzato soltanto a dire ch'egli riteneva «inopportuno» che l'Ungheria si mettesse in impicci con la Cecoslovacchia a proposito della Rutenia. Ha aggiunto che, probabilmente, egli avrebbe fatto dire una parola in questo senso da uno dei funzionari dell' Auswartiges Amt oppure-eventualmente-a mezzo del Ministro tedesco a Budapest.

Per ora, niente di più. È inutile dire che Ribbentrop si rende perfettamente conto della nostra piena solidarietà in materia2•

425 1 Il progettato viaggio di Vittorio Mussolini in Gran Bretagna, dove sarebbe stato ospite di lord Hardwikes, era stato cancellato perché lord Hardwikes aveva inviato al DaiZv Telegraph una lettera aperta fortemente critica nei riguardi della Germania.

425 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

426 1 Circa il contenuto di questa comunicazione telefonica non sono state trovate indicazioni.

426 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

427

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8028/2412. Berlino, 19 novembre 1938 1•

Il Generale Marras ha potuto -in occasione della visita del Tenente Colonnello Osti e dei contatti che gliene sono derivati-raccogliere le notizie seguenti:

«L'associazione dei funzionari del Reich, la quale raccoglie circa 1.400.000 soci volontari, dedica grande attenzione al problema coloniale e si propone di preparare fin d'ora i quadri per l'amministrazione coloniale in modo che essi possono entrare sollecitamente in funzione non appena la Germania ritornerà in possesso delle sue antiche colonie. Tra i progetti è quello della istituzione di una scuola d'amministrazione coloniale. Si pensa anche che sarebbe molto utile per la Germania inviare propri funzionari a prestare servizio nelle colonie italiane per acquistare pratica e rendersi conto dei nostri sistemi.

Questo desiderio può mettersi in relazione con l'idea espressami dal Vice Presidente dell'Associazione, Reichsamtsleiter Tiebel, il quale ritiene che la Germania debba nel Governo delle future colonie applicare metodi completamente diversi da quelli dell'anteguerra.

La restituzione delle colonie viene ritenuta ormai certa e non lontana. Il referente per l'estero dell'associazione, Dr. Reck, mi ha riferito che, secondo notizie avute dall'Ambasciatore v. Mackensen, Chamberlain avrebbe preso qualche impegno a Godesberg e a Monaco circa l'esame del problema coloniale.

L'Ammiraglio Fuchs, che appartiene al Ministero Marina, mi ha espresso la certezza che l'Inghilterra restituirà le colonie prima ancora che la Germania abbia sviluppato una flotta capace di tenere testa alla flotta inglese».

Queste le notizie riferite. Alle quali però, a mio rimesso avviso, bisogna accordare un carattere più tendenziale che attuale; il momento presente essendo tutt'altro che opportuno per una discussione internazionale in materia coloniale. Che anzi, coloro che ali 'estero parlano in questo momento di restituzione di colonie alla Germania (vedi stampa inglese e francese) non sono in fondo i migliori amici dei tedeschi. La reazione antitedesca in questo momento prevalente nel mondo a causa della questione giudaica è così forte che una qualunque proposta di soluzione viene appena affacciata senz'altro dimessa e, quasi senza esame, respinta.

I circoli tedeschi responsabili l'hanno capito, tanto che a tutti coloro che anche in uno spirito amichevole parlano ora di colonie rispondono subito «non trattarsi di questione attuale». In questo senso dovrei appunto interpretare la risposta data ieri da Ribbentrop al Ministro Sud Africano Pirow ai cui approcci, il Ministro Tedesco, secondo egli stesso mi ha riferito ha semplicemente replicato non essere il caso di occuparsi delle colonie ora, ma solo fra 5 o 6 anni.

Io non posso credere che così effettivamente sia. Solo che i Tedeschi -consci della difficoltà del momento -preferiscono rimandare essi stessi la soluzione del problema a miglior tempo. Non tra cinque o sei anni, ma fra due o tre, quando il piano quadriennale sarà compiuto ed i preparativi bellici della Germania portati al loro potenziale europeo e mondiale, il problema delle colonie tornerà ad imporsi da sé.

427 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

428

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8029/2413. Berlino, 19 novembre 1938 (per. il 21).

Ho chiesto ieri a Ribbentrop se ci fosse nulla di nuovo in merito alla progettata dichiarazione franco-tedesca 1• Egli mi ha risposto di no. Ha confermato tuttavia la sua intenzione di portarla a compimento subito dopo l'incontro anglo-francese del 24 e sulle linee già da me indicate in comunicazioni precedenti.

Daladier-ha aggiunto Ribbentrop-si trova in una situazione molto delicata. Bonnet ha chiaramente chiesto a Welczek che la Germania faccia qualche cosa per venire in suo aiuto. Il Fuhrer (che fra l'altro. come mi risulta anche da altre fonti, è rimasto molto bene impressionato dal Presidente francese) vuole farlo. lo quindi, continuava von Ribbentrop. attenderò la fine del mese di novembre oppure i primissimi di dicembre e poi andrò a Parigi. Si tratterà di un sollievo temporaneo, ma sarà pur sempre un sollievo.

Riferendosi alla nostra ultima richiesta a proposito della clausola consultiva2 , il Ministro tedesco ricordava che egli aveva già fatto menzione di essa fin dai suoi colloqui di Roma3 . Adesso la parola consultazione era stata già, da Welczek, menzionata a Parigi e sarebbe stato difficile farla scomparire senz'altro. Ma tutto l'insieme non era tale da destare apprensioni di alcuna natura.

Avete visto -mi ha detto Ribbentrop -la dichiarazione Hitler-Chamberlain del 30 settembré Anche lì si parla di consultazione. Eppure essa non ha impedito che, alla distanza di poche settimane, Inghilterra e Germania si trovino nuovamente ai ferri corti. D'altra parte. la politica della Germania è e rimarrà quella dell'Asse.

Ho replicato a Ribbentrop che l'Italia non ha in proposito la minima preoccupazione. Si tratta, più che altro, della impressione che la cosa potrebbe avere sugli

altri: è solo per questo che sarebbe stato bene, se anche la consultazione non poteva ormai essere senz'altro eliminata dal testo del documento, che la formulazione ne fosse stata resa il più possibile generica e vaga in maniera da toglierle ogni specifico, concreto valore.

Ribbentrop mi ha ancora una volta promesso che avrebbe fatto tutto il possibile per aderire al desiderio dell'E.V. 5•

428 1 Vedi DD. 368, 370, 372, 386 e 403.

428 2 Vedi D. 372.

428 1 Durante la visita di von Ribbentrop del 27-29 ottobre. Si veda, per questo argomento, il verbale tedesco in DDT, vol. IV, D. 400.

428 4 Vedi D. 194, nota l.

429

IL CONSOLE GENERALE A MONACO, PITTALIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 12585/1068. Monaco di Baviera, 19 novembre 1938 (per. il 21).

A distanza di ormai otto giorni dagli avvenimenti e quando perciò meglio se ne possono sul luogo identificare e misurare le ripercussioni, credo poter oggi affermare che nell'opinione pubblica monachese-di solito e come già accennavo nel mio precedente rapporto del 12 corrente 1 divisa fra le schiere dei più accesi nazisti e quelle dei più ostinati frondisti-si è delineata questa volta una stragrande maggioranza che è decisamente contraria alla forma di violenza caratterizzata dalle manifestazioni del 9 novembre scorso nei confronti degli ebrei.

Non vi è classe sociale, dalle più umili alle più elevate, ove non siano, e molto vivamente, deplorate le distruzioni ed il saccheggio di merci, così come le violenze contro le persone, e le ripercussioni di cui tutto ciò è suscettibile, sia all'interno che ali 'estero. Questo nelle file stesse del partito. Mi consta che tale sentimento è condiviso ed è stato espresso in conversazioni private anche da personalità fra le più alte del Governo bavarese.

Ha particolarmente irritato amplissime sfere della popolazione il fatto che, mentre essa è in realtà rimasta del tutto estranea alle spedizioni punitive, queste sian state da pubbliche e ripetute dichiarazioni ufficiali attribuite proprio ad un moto spontaneo di popolo.

Di fronte ad un tale ed assai diffuso stato d'animo, mi risulta che è stata in certi ambienti di partito contrapposta la versione giustificatrice che si ricorse alla spedizione notturna da parte di squadristi, e molti in uniforme, per evitare appunto ancor maggiori eccessi da parte di popolo ed al tempo stesso per evitare che popolo inerme potesse nella sua reazione trovarsi esposto a contrattacchi armati da parte di singoli ebrei.

428' II documento ha il visto di Mussolini. 429 1 Telespresso I 125 I Il 05 I del 12 novembre: vedi D. 395, nota l.

Ma non è una versione che possa far presa sulla popolazione, la quale, quanto è convinta dell'effettivo pericolo costituito dall'ebraismo (anche attraverso le cifre che ora opportunamente vengon rese pubbliche ad attestare la forza di capitale mobiliare ed immobiliare tuttora abbarbicato al territorio del Reich), altrettanto è-anche per suo temperamento-lontana dalla idea di violenze personali, giudicate, del resto, inadatte a facilitare l'effettiva soluzione del problema.

La gran massa. piuttosto. nel suo attaccamento al Fiihrer, preferisce scorgere nei fatti del 9 e nei poco edificanti episodi che vi hanno seguito per qualche giorno un po' dappertutto in città ed in provincia, una riprova degli eccessi di potere ancora lasciati a certi Unter[iihrer e del crescendo pericolo che attraverso i loro successivi organi di trasmissione ne deriva alla esecuzione delle ricevute istruzioni.

La massa più ferventemente cattolica, a sua volta, si mostra oggi ancor più esacerbata per la ripresa che anche verso la religione cattolica sembrano segnare le attuali vicende della campagna antisemita.

È fùori di dubbio che la religione cattolica segna effettivamente e da tempo una crisi in Baviera in seguito all'attivissima propaganda che si esercita specie nel seno di speciali organizzazioni di partito i cui componenti sono spesso anche per iscritto invitati ad «uscire dalla Chiesa Cattolica».

La stampa locale ha compiacentemente riportato i dati di una pubblicazione ecclesiastica secondo la quale nella confinante e cattolicissima regione di Salisburgo nello scorso mese di ottobre la cifra di coloro che hanno abbandonato la religione cattolica è salita a 1.668 in confronto a 183 del precedente mese di settembre.

Per quanto riguarda in particolare la Baviera, benché cifì·e uHìciali non risultino ancora pubblicate, mi vien riferito che si sono avuti sinora circa 200 casi mensili di esodo dalla Chiesa dovuti in maggioranza ad elementi o già facenti parte o candidati ad entrare nelle squadre nere SS.

Ed a proposito di alti gerarchi specializzati, per così dire, nella campagna anticattolica, non ha prodotto minor impressione la pubblicazione sulla stampa della notizia della cerimonia di «imposizione di nome» che, alla presenza del Fiihrer, ha avuto luogo, invece del battesimo, nella villa presso Monaco pel neonato figlioletto del luogotenente di Hitler, Ministro Hcss, cerimonia cui è stata associata quella di altri tre neonati, congiunti e dipendenti di Hess.

Come ho accennato anche col mio rapporto del 12 corr. n. 11252/ l 052 2 le recenti manifestazioni antisemite hanno dato particolare occasione ed impulso anche al conflitto religioso.

In tono minore si sono ripetute in varie Parrocchie del contado le dimostrazioni a suon di pietre che ebbero luogo avanti la palazzina del Cardinale Faulhaber a Monaco, contro il quale nella domenica scorsa (successiva a quella in cui aveva pronunziato la sua predica in Duomo) furono affissi e distribuiti, specie presso la Chiesa di S. Pietro o ve avrebbe dovuto tenere, e non tenne, un altro sermone, manifesti di ingiurie sanguinose.

In Franconia poi, come da attendersi, le ripercussioni della reazione antisemita sono state più battagliere anche nel campo religioso, e viene ora pubblicata dall'orga

no di Streicher una decisione secondo la quale tutti gli insegnanti delle pubbliche scuole si sono rifiutati di ulterioremente insegnare la Bibbia «ove ebrei sono citati come esempio all'umanità».

Essi lasciano perciò, continua la risoluzione degli insegnanti, l'insegnamento religioso ai sacerdoti. Ciò che praticamente significa la sanzione della soppressione di qualsiasi insegnamento religioso nelle pubbliche scuole, già ormai del resto e da tempo pressoché inesistente.

Per concludere, e mentre in realtà anche le critiche all'azione punitiva antisemita -benché attualmente così diffuse -mi appaiono destinate a non lasciar traccia notevole in quanto involgono una questione di forma più che di sostanza, ritengo invece che nei riguardi del problema religioso ed in particolare nei confronti del cattolicesimo si sia fatto almeno in Baviera un nuovo e marcato passo indietro sulla via della pacificazione3 .

429 2 Vedi D. 395.

430

L'ADDETTO MILITARE DI UNGHERIA A ROMA, SZABO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

PROMEMORIA 1 . Roma, 21 novembre 1938.

SVOLGIMENTO DEGLI AVVENIMENTI DEL GIORNO 19 NOVEMBRE J938

a./-ore 18,15-18,55: Udienza presso S.E. il Capo del Governo.

b./-ore 19,20: Breve comunicazione dell'esito della udienza al Consiglio dci Ministri Ungheresi per tramite del Colonnello di S.M. Andorka, Capo della sezione servizio informazioni militari a Budapest-/Allegato N. l.

c./-ore 20,15: Comunicazione telefonica del Colonnello di S.M. Andorka da Budapest, riguardante la decisione del Consiglio dei Ministri Ungheresi.

d./-ore 21,30: L'Addetto Militare d'Ungheria consegnò personalmente in un promemoria la comunicazione di cui al comma c./a Palazzo Torlonia.-/Allegato N. 2. e./-ore 22 circa: S.E. il Capo del Governo telefonò all'Addetto Militare e fece

sapere, che l 00 apparecchi saranno inviati il giorno 20 in Ungheria. f./-ore 24: Invio del telegramma cifrato a Budapest, contenente le dichiarazioni più salienti ed urgenti di S.E. il Capo del Governo Italiano.-/ Allegato No. 3.

Sul documento vi è il timbro: «Visto dal Duce».

ALLEGATO l

COLLOQUIO TELEFONICO FRA L'ADDETTO MILITARE UNGHERESE ED IL COLONNELLO DI S.M. ANDORKA CAPO DEL S.l.M. UNGHERESE, SUBITO DOPO L'UDIENZA PRESSO S.E. IL CAPO DEL GOVERNO ITALIANO

Col. Szabò: «!. è favorevole, ma solo nel caso che la G. non fa obiezione». Col. Szab6: «È proprio vero quello che mi dissero a Budapest, cioè che i tedeschi non faranno obiezioni?». Col. Andorka: «È vero, anzi oggi stesso ce ne hanno dato nuovamente la conferma».

Nota: Il colloquio s'è svolto con grande cautela, adoperando parole camuffate per impedire l'intercettazione.

ALLEGATO 2

L'ADDETTO MILITARE DI UNGHERIA A ROMA, SZABÒ, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

PROMEMORIA 2 . Roma, 19 novembre 1938, ore 21,30.

L'addetto Militare d'Ungheria per incarico telefonico del Governo Ungherese ha l'onore di riferire a S.E. il Capo del Governo Italiano quanto segue:

I tedeschi sulla domanda ungherese oggi dichiararono che un'azione militare ungherese vedono con preoccupazione per I'Ungheria3 perché l'esercito tedesco si trova in un periodo di disarmo. Così in caso di necessità non potrebbero venire all'aiuto dell'Ungheria.

In questa comunicazione il Governo Ungherese non vede un'obiezione da parte della Germania, ma piuttosto la preoccupazione per la sorte dell'Ungheria. Perciò ringraziando per l'appoggio morale dell'Italia, il Governo Ungherese si è deciso di cominciare l'operazione militare domani il giorno 20 novembre 1938.

Il Governo Ungherese ringrazia di nuovo per la messa a disposizione di l 00 aeroplani da caccia e prega S.E. il Capo del Governo Italiano di voler inviare gli apparecchi in Ungheria secondo il piano precedentemente stabilito.

ALLEGATO 3

TRADUZIONE DEL TELEGRAMMA, INVIATO DALL'ADDETTO MILITARE D'UNGHERIA IL GIORNO 20 NOVEMBRE 1938 ORE 24 A BUDAPEST, DOPO L'UDIENZA PRESSO S.E. IL CAPO DEL GOVERNO ITALIANO

«Dopo la mia relazione riguardando la situazione Subcarpatica e dopo di aver esposto la domanda ungherese per una benevole comprensione da parte del Capo del Governo Italiano, ebbi le seguenti risposte:

1.1-S.E. il Duce riconosce che il morale e la capacità d'azione dell'esercito cecoslovacco sono diminuiti, invece di fronte a questi i nostri sono aumentati.

2./-Però, oltre la considerazione militare si impone la situazione della politica estera attuale. Fin dal primo momento l'Italia è stata favorevole al plebiscito nella regione in parola.

3./-Ma a causa della propaganda degli stati democratici, secondo la quale l'Italia vorrebbe impedire il passaggio dei tedeschi verso oriente, S.E. il Duce ha deciso di astenersi di insistere sulla questione.

4./-Verso i tedeschi S.E. il Duce vuole essere assolutamente leale, non vuoi fàre contro di loro nessun passo. Egli è amico sincero ed a quest'amicizia vuole restare fedele, come uomo e come Capo del Governo.

Questa amicizia non è ignorata dalla stessa Germania. Pertanto, se la Germania si opponesse all'azione, anche il Duce si opporrà. L'asse non può essere compromesso c perciò la chiave della situazione è a Berlino. 5./-Domani o dopodomani il Duce comunicherà con Ribbentrop e cercherà di influenzarlo in tàvorc dell'Ungheria. In caso tàvorevole il Duce ne sarà lieto. 6.1-Il cosiddetto esercito rumeno non ha molta capacità d'azione. Il Duce consiglia di far tacere i rumeni consegnando loro la pa1ic meridionale della Subcarpatia abitata dai rumeni.

7./-Il punto di vista tedesco sarà decisivo per il comportamento della Jugoslavia.

8./-Domandai a S.E. il Duce, che se nel tì·attempo i tedeschi ci comunicassero di non opporsi alla nostra azione, noi potremmo marciare senza attendere la loro risposta alla domanda italiana?

La nsposta di SE:. il Duce: «Sì, ma solo nel caso che i tedeschi non siano contrari».

9./-Dietro nostra domanda il Duce invierà 100 apparecchi da caccia.

l0./-Stanotte in un promemoria scritto, riferirò a S.E. il Duce la risposta telefonica del Governo Ungherese riguardante il consenso tedesco e l'inizio della data dell'operazione/comunicazione ricevuta dal Consiglio dei Ministri a mezzo del Colonnello di S.M. Andorka alle ore 20, 15. Il./-Sarebbe desiderabile che io tenessi S.E. il Duce sempre al corrente delle operazioni».

429 3 Il documento ha il visto di Mussolini.

430 1 Questo promemoria fu redatto dall'addetto militare ungherese per dimostrare di avere agito in base alla convinzione che il suo governo aveva ottenuto l'assenso di Berlino ad una azione in Rutenia. Probabilmente fu consegnato il 21 novembre a Ciano che, secondo un'annotazione del suo Diario a quella data, rimase convinto della buona fede di Szab6 e del ministro Villani.

430 2 Sull'originale di questo promemoria, consegnato a Mussolini, vi è la seguente annotazione autografa di Mussolini: «Chiamato alle 22 il gen. Valle e impartiti gli ordini e telefonato al Szabò. M.».

430 3 Sic.

431

APPUNTO DEL GABINETTO PER IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Roma. 20 novembre 1938. ore 10.15.

S.E. Valle ha telefonato per informare S.E. il Ministro che, d'ordine del Duce, i l00 apparecchi già destinati ali 'Ungheria partiranno per metà stamane, verso le ore Il, c l'altra metà entro~ al massimo~ due giorni.

Questi apparecchi partono subito dovendo eventualmente fronteggiare un'eventuale reazione ceca ad una azione ungherese in Rutenia, che, secondo S.E. Valle, si sarebbe già iniziata.

Più tardi il Ministro dell'Aeronautica ha tàtto sapere che la partenza dei 50 apparecchi era ritardata a causa delle pessime condizioni atmosferiche. Appena tali condizioni fossero migliorate gli apparecchi sarebbero partiti.

431 1 Da una annotazione sul documento risulta che l'appunto tù telefonato a Ciano che allora si trovava ad una partita di caccia in Piemonte.

432

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N .D. PER TELEFONO 6051/545 R. Berlino, 20 novembre 1938, ore 18, l O.

Fonogramma odierno 875/434 1•

Ho potuto raggiungere Ribbentrop solo alle ore 2,15 pomeridiane. Ribbentrop si è mostrato quanto mai sorpreso dalla decisione ungherese e mi ha subito detto che la interpretazione attribuita da Kanya all'«avvertimento» da lui fatto dare a mezzo del ministro tedesco a Budapest2 non era attàtto corretta e rassomigliava un po' troppo ad una sottigliezza ginevrina.

Si è comunque riservato ulteriori comunicazioni dopo aver opportunamente consultato il Flihrer. Chiamatomi quindi una seconda volta al telefono alle ore 16,30, egli mi ha detto anche a nome del Fuhrer: l) L'azione ungherese, dopo Vienna, signi tìca un aperto disconoscimento dell' Arbitrato itala-tedesco e non può non pregiudicare il prestigio dell'Asse.

2) l rischi impliciti in una nuova azione non sono in proporzione dell'obiettivo da raggiungere. L'Ungheria si è evidentemente abbandonata alle impressioni senza rendersi esatto conto delle responsabilità in cui può incorrere. Nessuno può dir quale possa essere la fine di questa partita. Può venirne fuori qualcosa di grosso in cui la Germania stessa possa essere costretta a prendere parte e ciò non solo senza essere stata prima consultata, ma perfino contro il preciso avvertimento da essa dato.

3) In questa situazione la Germania tiene a dichiarare che se l'Ungheria ricorre ad una azione di forza, essa deve sapere di farla interamente a proprio rischio e pericolo. (Al riguardo Ribbentrop ha sottolineato essere impressione tedesca che le forze militari ungheresi non reggano al confronto di quelle cecoslovacche e potrebbero quindi facilmente avere la peggio).

Sulla base di un telegramma ricevuto dal proprio ministro a Budapest, in cui questi riferiva circa il colloquio da lui avuto con Kanya\ Ribbentrop mi faceva poi rilevare come le premesse di fatto contenute nel promemoria dell'Addetto militare

ungherese al Duce non fossero esatte, vero essendo soltanto che il governo tedesco, di propria iniziativa e non su domanda ungherese, aveva notificato a Budapest non ritenere opportuno, dopo l'Arbitrato di Vienna, una qualunque azione in Rutenia per la quale, in ogni caso non avrebbe potuto dare ausilio alcuno. Che il tenore e la portata della comunicazione tedesca siano ben diverse da quanto appare dal promemoria ungherese al Duce, è risultato del resto chiaramente dal fatto che Kanya aveva risposto al ministro tedesco come il governo ungherese non intendesse affatto andare contro l'Arbitrato di Vienna e anzi cercasse per conto suo di evitare una soluzione di forza, ma che in presenza di forze agenti in contrario non sapeva se gli sarebbe stato possibile. Nel promemoria ungherese al Duce si dice invece che il governo ungherese si è deciso «di cominciare l'operazione militare domani, il giorno 20 novembre 1938».

Ribbentrop è in attesa conoscere decisioni nostre 4•

432 1 Aveva trasmesso all'ambasciatore Attolico il testo-tranne l'ultimo capoverso-del promemoria presentato la sera prima dal tenente colonnello Szab6 a Mussolini (vedi D. 430, allegato 2) con le seguenti istruzioni: «Controllate immediatamente se ciò risulta, perché il Duce ha dichiarato che se la Germania tiene tale atteggiamento, l'Italia ne terrà uno analogo».

432 2 Vedi DDT, vol. IV, D. 122.

432 1 Vedi ibid., D. 127.

433

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELEFONO 6052/547 R. Berlino, 20 novembre 1938, ore 19.

Ribbentrop mi comunica, per opportuna informazione di Y.E., il tenore delle istruzioni impartite due giorni fa al ministro tedesco a Budapest 1:

«Vi prego di dire alla prima possibile occasione al ministro degli Esteri ungherese che il governo germanico è preoccupato dell'azione a cui il signor Horthy intende addivenire. Secondo informazioni tedesche, la Cecoslovacchia non sarà d'accordo e resisterà con la forza, così che se l'azione ungherese porterà ad un conflitto, la Germania non potrà assisterla. Il governo tedesco ritiene perciò che l'azione che il governo ungherese si propone non è opportuna.

Nell'occasione Vi avverto che analoghe dichiarazioni sono state tàtte al ministro di Ungheria qui il quale ci ha assicurato che nessuna azione da parte ungherese sarebbe iniziata senza adeguata preventiva informazione».

Ministro di Germania a Budapest ebbe poi tino da ieri a confermare a Berlino che comunicazione conformemente a tali istruzioni era stata da lui fatta immediatamente a Kanya 2•

432 4 Sui due colloqui tra von Ribbentrop e l'ambasciatore Attolico oggetto di questo documento si veda anche il promemoria redatto del ministro degli Esteri tedesco, ibid., D. 128.

433 1 Vedi DDT, vol. IV, D. 122.

433 2 Vedi ihid., D. 127 e DU, vol. Ili, D. 50. Sul documento vi è il timbro: «Visto dal Duce».

434

IL CAPO DI GABINETTO, ANFUSO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO,

T. S.N.D. 876/435 R. 1 . Roma, 20 novembre 1938, ore 20.

Vostri 545 2 e 547 3• Comunico seguente fonogramma del Duce:

«1°) Deploro anzitutto che con una nota dell'ultim'ora, niente affatto giustificata dal tenore delle comunicazioni tedesche a Kanya, si sia tentato di presentarmi la situazione e l'atteggiamento del governo germanico sotto un aspetto molto diverso dalla realtà.

2°) Concordo col Filhrer nel ritenere che dopo l'arbitrato di Vienna, il quale accolse il 95 per cento delle richieste magiare, questo procedere di Budapest menoma seriamente il prestigio dell'Asse e mette l'Ungheria in una posizione morale e forse anche militare non scevra di rischi.

Se il Filhrer ritiene necessario un passo immediato itala-tedesco a Budapest per fermare l'azione se è ancora nelle intenzioni o è soltanto nella fase preparatoria e per chiarire la situazione, il Governo italiano si associa senz'altro.

Fto. Mussolini».

435

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 6060/548 R. Berlino, 20 novembre 1938, ore 23,45 (per. ore 9,10 de/21).

Ho comunicato immediatamente a Ribbentrop messaggio Duce di cui a fonogramma V. E. n. 876/435 1•

Ribbentrop mi informa che, secondo notizie attinte così a Budapest come a Praga, propositi ungheresi sembrano non essere ancora usciti dallo stadio intenzionale e preparatorio.

Pertanto, salvo decisione diversa del Filhrer che, al caso, non mancherò telefonare successivamente, Ribbentrop ha deciso di convocare per domattina lunedì ministro Ungheria Berlino, cui si propone parlare nel senso di cui prima parte (n. l, 2, 3) cui a mio fonogramma odierno n. 5452 .

434 2 Vedi D. 432. 434 1 Vedi D. 433. 435 1 Vedi D. 434. 435 2 Vedi D. 432. Il documento ha il visto di Mussolini.

434 1 Minuta autografa di Mussolini.

436

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6119/0271 R. Budapest. 20 novembre 1938 (pCT~ i{ 24).

In una delle mie recenti conversazioni con Kanya, egli mi ha messo al corrente di un passo fatto verso Vostra Eccellenza e presso il governo del Reich per domandarne il parere circa l'adesione dell'Ungheria al Patto Anticomintern 1• Mi ha aggiunto che l'Ungheria vi avrebbe aderito solo nel caso che ciò tosse gradito ai governi italiano e tedesco. Mi ha detto anche che il ministro del Giappone 2 gli aveva parlato del riconoscimento da parte dell'Ungheria della Repubblica del Manciukuò. Egli aveva risposto al ministro del Giappone che non vedeva quale importanza potrebbe avere il riconoscimento di un piccolo Paese come l'Ungheria.

Il ministro del Giappone è venuto a vedenni ieri esprimendomi il parere che sarebbe desiderabile, secondo la sua opinione personale, non scoraggiare il governo ungherese nel suo desiderio di aderire al Patto Anticomintern; dopo l'adesione ungherese potrebbe prcvedersi anche l'adesione polacca, ciò che metterebbe in contatto diretto i Paesi aderenti al Patto con la Russia. Mi ha detto anche che il Giappone gradirebbe il riconoscimento del Manciukuò da parte dell'Ungheria, dato che è probabile che anche la Cecoslovacchia, che ha in Manciukò un rappresentante consolare di fatto tollerato perché prcesistente alla costituzione della Repubblica, proceda ora ufficialmente al riconoscimento. Il governo ungherese aveva fàtto qualche mese tà delle dinìcoltà motivandole con la difficile posizione dell'Ungheria nei riguardi della Cecoslovacchia legata allora alla Russia dci Sovict, ma ora la situazione era totalmente cambiata. Mi ha anzi pregato di parlarne a Kanya.

A Roma, il ministro Villani parlò di una possibile adesione dell'Ungheria al Patto Anticomintcrn con Ciano il 21 novembre (si veda DU, vol. Ili, D. 62) e di nuovo in un colloquio del 25 (CJAI\O, Diario, sotto quella data): in entrambe le occasioni il rappresentante ungherese preannunciò <<Un passo formale» del suo governo in cui sarebbero state formulate delle proposte concrete per rendere più stretti i rapporti con le Potenze d eli'Asse ma si astenne dal consegnare un memorandum analogo a quello che era stato presentato a Berlino.

Di quel documento Ciano venne a conoscenza il giorno successivo nel corso di un colloquio con l'ambasciatore von Mackensen, che gliene diede anche copia. All'ambasciatore, Ciano dichiarò di avere detto a Villani di essere favorevole all'adesione dell'Ungheria al Patto Anticomintern ma di avergli fatto presente l'oppmiunità che prima l'Ungheria si ritirasse dalla Società delle Nazioni. Cosa che, osservava von Mackensen, anche Berlino considerava desiderabile. Il colloquio si chiudeva con l'intesa che, lasciando impregiudicata la scelta del luogo dove condurre le trattative-Ciano dichiarò di non annettere importanza a questo aspetto -le Potenze dell'Asse avrebbero agito nella questione in stretta intesa fra loro.

In proposito si veda il resoconto dell'ambasciatore von Mackensen in DDT, vol. V, D. 255. Su questo, come su gli altri colloqui, non è stata trovata documentazione negli archivi italiani. 436 2 Hajima Matsumya.

Nello stesso senso il ministro del Giappone ha intrattenuto questo ministro di Germania che gli ha risposto che la questione era attualmente trattata a Berlino. Sarò grato pertanto di eventuali opportune direttive per mia norma di linguaggio con questo mio collega giapponese.

436 1 Il passo ungherese a Berlino aveva luogo il 21 novembre con la presentazione di un memorandum in cui si manifestava l'intenzione di stringere i rapporti con la Germania e di avviare delle trattative in quel senso, sia sul piano politico come su quello economico, sottolineando, per quanto concerneva gli aspetti politici, la volontà del governo ungherese di partecipare alla lotta contro il bolscevismo e la sua disponibilità ad aderire al Patto Anticomintern (testo delmcmorcmc/um in DDT, vol. V, D. 252, allegato).

437

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELEFONO 6061/549 R. Berlino, 21 novembre 1938, ore 10,40.

A seguito e modifica n. 548 1 informo che, in seguito istruzioni Flihrer, governo tedesco ha deciso di consegnare questa mattina stessa al governo ungherese, tramite ministro tedesco a Budapest, Nota Verbale che telefono qui appresso.

Ribbentrop desidera che governo italiano ne abbia conoscenza prima ancora che essa venga consegnata come pure desidera sapere se noi saremmo disposti inviare a Budapest una Nota analoga2•

Segue testo Nota3 .

438

APPUNTO DEL GABINETTO PER IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Roma, [21 novembre 1938}.

Il Ministero dell'Aeronautica informa che in relazione al progettato invio di l 00 aeroplani da caccia in Ungheria dovrebbe essere parimenti inoltrato, via Germania, un rilevante numero di vagoni contenenti armi, materiale sussidiario di aviazione, benzina, ecc.

Un primo lotto di 8 vagoni contenenti armi e di 45 vagoni contenenti benzina, dovrebbe partire domani 1•

437 1 Vedi D. 435.

437 2 Si veda per la risposta il D. 440.

437 3 Il documento ha il visto di Mussolini. Il testo della nota tedesca fu inviato da Attolico con tèmogramma 6063/550 R. del 21 novembre. Su di essa si veda il D. 439, nota l.

438 1 Il documento ha il visto di Mussolini. Non si è trovata documentazione circa il momento ed il modo in cui fu dato il contrordine all'invio in Ungheria degli aerei e dell'altro materiale da guerra. Al ministro Vinci che aveva chiesto istruzioni (T. 16998/308 P.R. del 21 novembre, ore 12) Ciano rispose alle 17,50 che, «anche a causa del cattivo tempo», la partenza degli aerei era sospesa (T. 18683/178 P.R. del21 novembre). E sul Diario annotò: «L'azione ungherese non avrà luogo, tanto più che i nostri apparecchi non sono partiti e per qualche tempo non partiranno».

439

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI

T. S.N.D. PER TELEFONO 878/177 R. Roma, 21 novembre 1938 ore 12.45.

Presentate, concertandovi circa presentazione con codesto ministro di Germania, codesto Ministero Affari Esteri la seguente nota da noi concordata col governo tedesco 1 :

«l) N eli 'arbitrato pronunziato recentemente a Vienna su richiesta dei governi ungherese e cecoslovacco, è stato stabilito dai governi italiano e tedesco il confine tra l'Ungheria e l'Ucraina Carpatica. L'Ungheria ha riconosciuto espressamente con la sua firma di Vienna davanti a tutto il mondo questo confine come confine definitivo. Se ora l'Ungheria procede con la forza delle armi contro la parte carpatico-ucraina della Cecoslovacchia, il R. Governo ungherese può venire a trovarsi in tal modo in una difficile situazione morale.

2) Un simile modo di procedere avrebbe inoltre per conseguenza che l'arbitrato di Vienna verrebbe svalorizzato a danno del prestigio delle due Potenze arbitra

li. Il Governo Italiano crede quindi di poter pretendere che l'Ungheria si attenga alla sentenza arbitrale.

3) Secondo le notizie che qui si hanno esiste la possibilità che una incursione nell'Ucraina Carpatica incontri la resistenza armata dell'esercito cecoslovacco.

Dati i rapporti di forza, noti al governo italiano, dei due eserciti, l'Ungheria potrebbe allora venire a trovarsi, dal punto di vista militare, in una situazione difficile, se non addirittura critica. Il governo italiano non sarebbe però, come già accennato, adesso in grado di sostenere in una qualsiasi forma l'Ungheria.

4) Anche per queste ragioni il governo italiano si richiama nuovamente alle serie obiezioni che crede di poter far valere contro una simile incursione violenta nella Ucraina Carpatica e constata che eventuali infelici conseguenze di un simile modo di procedere l'Ungheria dovrebbe ascriverle a propria colpa».

439 1 Il testo della nota italiana era uguale a quello della nota tedesca trasmesso a Roma dall'ambasciatore Attolico (vedi D. 437, nota 3) ma nella nota tedesca vi era in più una specie di preambolo in cui si precisava che, nei loro contatti con il governo italiano, gli ungheresi avevano indicato in modo del tutto errato la posizione del governo tedesco che aveva sempre espresso con chiarezza la sua opposizione ali 'uso della forza per risolvere la questione della Rutenia Subcarpatica. Il testo della nota tedesca è in DDT, vol. IV, 0.132, allegato.

440

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. S.N.D. PER TELEFONO 877/437 R. Roma, 21 novembre 1938, ore 12,50.

Comunicate subito al governo tedesco: l) Che in tre colloqui Il, 18, 19 1 ho severamente ammonito Ungheria nel senso di astenersi dal provocare azione contro Cecoslovacchia per la Rutenia. Ho detto testualmente quanto segue: l'Italia non ha interesse diretto nella questione. Però, dopo Arbitrato di Vienna, voi ungheresi non potete contare sul nostro appoggio in un'azione di tal natura e vi aggiungo che qualora Berlino facesse un passo per richiamarvi al rispetto delle decisioni arbitrali, noi ci assoceremmo a Berlino. 2) L'Italia farà a Budapest passo analogo a quello del governo germanico e negli stessi termini letterali dei quattro punti conclusivi della Nota tedesca. 3) Quanto ad aiuti militari non ne sono stati chiesti all'infuori dei cento aeroplani da caccia, promessi mesi or sono per la difesa di Budapest e che d'altra parte sono stati adesso trattenuti in Italia.

441

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER TELEFONO 6072/551 R. Berlino, 21 novembre 1938, ore 15.

In relazione intese telefoniche dirette con V.E. 1 , Ribbentrop mi avverte: l) che nota tedesca al governo ungherese 2 sarà consegnata personalmente e firmata dal ministro tedesco a Budapest; 2) che, quanto alla comunicazione alla Polonia3 , egli non ha ancora deciso se darà la copia esatta dei noti 4 punti oppure soltanto comunicazione del loro contenuto. Lo preciserà quanto prima4 .

440 1 Vedi D. 421, nota 2.

441 1 Non si è trovata documentazione sulle telefonate intercorse tra Ciano e von Ribbentrop in questa giornata. Nel Diario di Ciano vi è solo questa annotazione: «Ribbentrop col quale ho parlato al telefono si è reso ben conto dell'accaduto e non ha nessun dubbio sul nostro atteggiamento». Si veda in proposito il promemoria di von Ribbentrop in DDT, vol. lV, D. 131.

441 2 Vedi D. 439, nota l. 441 3 Nessun accenno precedente è stato trovato circa un'eventuale comunicazione a Varsavia della nota da inviare al governo ungherese. 441 4 Poco dopo, l'ambasciatore Attolico comunicava che von Ribbentrop riteneva opportuno comunicare a Varsavia il testo integrale dei quattro punti (fonogramma 6075/552 R. del21 novembre).

442

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.O. PER TELEFONO 6077/311 R. Budapest, 21 novembre 1938, ore 20,35.

Come d'accordo con ministro di Germania, che si recava al ministero degli Affari Esteri ora, immediatamente dopo di me, ho presentato a Kanya la nota 1•

Kanya, che ho trovato estremamente abbattuto, si è limitato a dirmi di essere già al corrente del contenuto; l'ha letto con malcelata emozione senza aggiungere altro.

Era accasciato, profondamente commosso e, seppur cortese, glaciale 2 .

443

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. URGENTE 8061/2420. Berlino, 21 novembre 1938 (per. il28) 1•

Ribbentrop, col quale sono stato in comunicazione tutta la giornata di ieri, solo attraverso il telefono, ha voluto vedermi oggi personalmente per una messa a punto comprensiva delle ultime vicende ungheresi.

Egli ha tenuto quindi a ricordarmi che: l) gli ungheresi avevano già assicurato la Germania che nulla avrebbero fatto senza il previo consenso così della Germania come dell'Italia non solo ma 2) che erano anche contrari ad una azione militare nella Russia subcarpatica;

3) che von Erdmannsdorff aveva chiaramente esposto le obbiezioni della Germania all'azione contemplata dall'Ungheria e il giudizio definitivo dato in proposito dalla Germania nel senso che quella azione non fosse opportuna.

Allo stesso tempo:

4) gli ungheresi dipingevano la situazione all'Italia in una maniera affatto diversa e capziosa;

5) accampando un atteggiamento tedesco diverso dal reale, dichiaravano all'Italia di iniziare senz'altro le operazioni militari;

442 2 Il documento ha il visto di Mussolini. 443 1 La data di arrivo è incerta.

6) invocavano inesistenti richieste slovacche di intervento ungherese contro i ruteni e, finalmente,

7) dipingevano agli occhi tedeschi il governo italiano come simpatizzante colla loro causa e disposto ad aiutarli non solo moralmente. ma anche materialmente apportando in proposito come prova l'invio di aeroplani montati con «equipaggio italiano sotto uniformi ungheresi». ecc. ecc.

Tutto questo, concludeva Ribbentrop. dimostra ampiamente come gli ungheresi, e per essi Kanya-perché contro di lui si appuntano specialmente i risentimenti tedeschi-non conducano nei riguardi delle due Potenze dell'Asse un giuoco leale. ma anzi cerchino di «giuocare fra i due».

Ribbentrop teneva a constatare questo ancora una volta e desiderava che io lo portassi a conoscenza dell'E.V.

A mia volta non ho mancato di osservare a von Ribbentrop sulla base delle comunicazioni dell'E.V. che tutto questo era ormai in Italia ben chiaro, mentre dall'altra parte la Germania sapeva anche con altrettanta chiarezza quale era stata l'attitudine italiana.

Richiamandomi d'altra parte alla conversazione nostra del 19 corrente (mio telespresso n. 8025/24092) io gli rammentai il tono affatto generico e preliminare delle comunicazioni da lui fattemi in quella occasione. Evidentemente, dopo Ribbentrop era venuto a idee più precise conseguentemente mandando al ministro von Erdmannsdorff a Budapest, le istruzioni poi comunicatemi ieri (fonogramma n. 5473). Se, dissi, quelle istruzioni mi fossero state comunicate venerdì sera o almeno sabato, le cose avrebbero potuto andare anche meglio e una chiarificazione della situazione essere raggiunta ancor più presto e più facilmente 4•

442 1 Vedi D. 439.

444

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 6088/314 R. Budapest, 22 novembre 1938, ore 1,35 (per. ore 21,30).

Ministero Difesa Nazionale ha comunicato al Regio Addetto Militare che in seguito al passo di iersera 1 è stata sospesa ogni azione militare. Prevedesi crisi ministeriale.

443 è Vedi D. 426. 443 3 Vedi D. 433. 443 4 Il documento ha il visto di Mussolini. 444 1 Vedi D. 442.

445

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6092/797 R. Londra, 22 novembre 1938, ore 21,43 (per. ore 1,20 del 23).

Mi perviene ora da Hemming relazione sulla sua missione che egli ha preparato per presentazione cinque governi dai quali riceve mandato missione stessa e precisamente Italia, Germania, Gran Bretagna, Francia e Portogallo (Russia esclusa).

Relazione di oltre 50 pagine stampa, che trasmetto per corriere, segue linee generali indicate nel rapporto di questa ambasciata n. 2343 12 corrente 1• Improntato a senso di realismo ed ispirato ad uno spirito generale di comprensione e simpatia per Spagna Nazionale, documento termina esprimendo parere che immediato riconoscimento diritti belligeranza Franco è unica maniera per salvare piano britannico e rendere possibile evacuazione volontari.

Poiché relazione Hemming è destinata a rappresentare uno degli argomenti prossime discussioni anglo-francesi in occa6ione visita di Chamberlain a Parigi 2 , Foreign Office ha dato istruzioni suoi uffici stampa di fare mantenere sul contenuto di essa massimo riserbo allo scopo evitare pubbliche polemiche e recriminazioni che, soprattutto in questo momento di turbamento opinione pubblica per tensione anglo-tedesca, potrebbero impedire libertà d'azione Primo Ministro.

446

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6091/799 R. Londra, 22 novembre 1938, ore 21,43 (per. ore 1,20 del 23).

Come ho già segnalato a V.E. nei miei fonogrammi stampa 325 e 326, Principe Reggente di Jugoslavia accompagnato dalla consorte è giunto ieri a Londra in visita privata e vi si tratterrà una decina di giorni. Principe Reggente e Principessa Olga sono per qualche giorno ospiti dei Sovrani Britannici.

445 2 Vedi D. 462.

Alla visita viene qui da tutti attribuita una certa importanza politica 1• Si fa notare: l 0 ) che Principe Paolo ha molte relazioni in Inghilterra in particolare con la Famiglia Reale; 2°) che Egli ha in sostanza considerevoli influenze sulla politica estera jugoslava; 3°) che durante Sua reggenza Jugoslavia ha consolidato sua economia e sua posizione nei Balcani; 4°) che Jugoslavia ha attuato chiara politica di riavvicinamento all'Italia, ha concluso patto amicizia con la Bulgaria2 e sta tentando migliorare suoi rapporti con l'Ungheria: tutti elementi che non possono che inquadrarsi nella politica di distensione generale promossa da Chamberlain; 5°) che l'Inghilterra mantiene primo posto in Jugoslavia per quanto riguarda investimenti di capitali e il secondo posto dopo la Germania per quanto riguarda volume scambi; 6°) che rapporti commerciali anglo-jugoslavi possono e debbono essere ulteriormente migliorati. Principe Reggente avrà contatti con ambienti finanziari ufficiali e politici britannici sui quali mi riservo riferire ulteriormente.

445 1 Vedi D. 394.

447

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6095/554 R. Berlino, 22 novembre 1938, ore 23,49 (per. ore 1,30 del 23).

Con corriere aereo partito stamane e di cui ignoro ancora -in seguito malaugurato incidente Klagenfurt 1 -sorte definitiva, informavo V.E. 2 avermi Ribbentrop confermato che sarebbe andato a Parigi primi dicembre prossimo per firma nota dichiarazione3 . Egli aveva pure aggiunto averne leggermente modificato il n. 3° della dichiarazione stessa (consultazione) onde avvicinarlo il più possibile -secondo nostro desiderio-alla dichiarazione anglo-tedesca di Monaco di Baviera4• Con corriere domani sera mando ad ogni buon fine copia di tutta la corrispondenza contenuta corriere aereo odierno.

446 1 Si veda in proposito anche quanto aveva segnalato, da Bucarest, il ministro Sola nel D. 408.

446 2 Riferimento al trattato del 24 gennaio 1937. Vedi D. 363, nota 5.

447 1 In cui era precipitato l'aereo con il corriere dell'ambasciata a Berlino.

44 7 2 Il documento a cui si riferisce l 'ambasciatore Attolico è il T. per corriere O 196 del 21 novembre andato perduto nell'incidente e di cui successivamente fu inviato un duplicato protocollato con il n. 6138. Il testo di quel documento è qui riportato integralmente.

44 7 3 Riferimento alla progettata Dichiarazione franco-tedesca: per i precedenti si vedano i DD. 368, 370, 372, 386, 403 e 428.

44 7 4 Riferimento alla Dichiarazione sottoscritta il 30 settembre da Hitler e da Chamberlain dopo la contèrenza di Monaco (vedi D. 194, nota l).

448

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6133/098 R. Praga, 22 novembre 1938 (pe1: il 25).

Questo ministro degli Affari Esteri mi ha oggi rimesso un promemoria del seguente tenore:

«Riferendosi agli annessi I e II dell'Accordo di Monaco del 29 settembre che prevedono il regolamento della questione delle minoranze polacca e magiara in Cecoslovacchia, il governo cecoslovacco si permette di far presente alle Potenze firmatarie dell'accordo predetto:

l) Che le note scambiate il lo novembre 1938 tra il signor Chvalkovsky, ministro cecoslovacco degli Aftàri Esteri ed il signor Papée ministro di Polonia a Praga, contengono la seguente dichiarazione:

«Col presente scambio di note i governi polacco e cecoslovacco dichiarano di aver regolato definitivamente le questioni relative alle rettifiche delle rispettive frontiere:

2) Che nel protocollo firmato dai signori Ribbentrop, Ciano, Kanya e Chvalkovsky a Vienna il 2 novembre 1938, i signori Kanya e Chvalkovsky hanno contèrmato nuovamente a nome dei rispettivi governi, la dichiarazione di quei governi del 30 ottobre 1938 d'accettare la sentenza arbitrale come soluzione definitiva e di seguirla senza riserve né ritardo» 1•

Il ministro degli Esteri cecoslovacco ritenendo pertanto pienamente eseguite le clausole di cui agli annessi surricordati e dell'Accordo stesso di Monaco spera che da parte delle grandi Potenze possa ormai essere resa operante la garanzia promessa delle nuove frontiere dello Stato cecoslovacco. Analogamente a quanto ha fatto con me, egli interessa allo scopo gli altri rappresentanti delle Grandi Potenze firmatarie dell'accordo di Monaco.

Il signor Chvalkovsky ha infine aggiunto che profondamente gradirebbe che i due governi de li'Asse i quali hanno precipuo interesse e particolare posizione in questa parte d'Europa volessero prendere l'iniziativa per la sollecita realizzazione della promessa di Monaco 2•

448 1 Questo promemoria fu anche consegnato dall'incaricato d'atlàri cecoslovacco, Brauner, a Ciano il 24 novembre. Del relativo colloquio non si è trovata documentazione ma nel Diario di Ciano vi è, sotto quella data, questa annotazione: «L'Incaricato d'Affari di Cecoslovacchia mi consegna una nota nella quale è atfermato che le questioni pendenti con Germania e Polonia sono ormai definitivamente liquidate. Non vi è ancora il passo formale ma ciò prelude alla richiesta di garanzia delle frontiere sulla base dell'accordo di Monaco. Non credo che potremmo ritìutarci se venisse una richiesta del genere, tanto più che la Germania aderirebbe con tàcilità».

448 2 Si veda per il seguito il D. 468.

449

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6139/0207 R. Londra, 22 novembre 1938 (per. il 25). Mio rapporto n. 5522/2293 del 17 novembre u.s. 1•

In relazione al mio rapporto citato, riassumo quanto, da notizie di buona fonte, mi risulta circa le linee sulle quali si sono sviluppate le conversazioni londinesi di Re Carol2 nonché sull'atteggiamento assunto dal governo britannico nei particolari confronti di una eventuale assistenza finanziaria alla Romania:

l) Re Caro l, venuto indubbiamente a Londra con grandi speranze di larghe concessioni commerciali e finanziarie, ha battuto particolarmente sull'argomento del reciproco interesse anglo-romeno a non permettere che la Romania venga completamente assorbita nell'orbita economico-politica della Germania. Contemporaneamente però ha anche fatto presente l'impossibilità per la Romania di perseguire una politica di ostilità alla Germania, o di rinunciare all'attuale proprio commercio estero con il Reich.

2) In risposta a questa apertura di Re Carol, è stato, da parte inglese, fatto comprendere che la Gran Bretagna non poteva immobilizzare capitali o aumentare in misura artificiale le importazioni di prodotti romeni, al solo scopo di conseguire un vantaggio politico negativo e comunque di incerto valore e di dubbia attuabilità, come quello di una speranza di arginare la penetrazione economica tedesca in Romania.

3) Nel campo strettamente commerciale un compromesso tra i troppo facili calcoli di Re Caro! e la prudenza dei circoli responsabili finanziari inglesi, è stato raggiunto sull'intesa di massima di studiare i metodi migliori per incoraggiare un moderato sviluppo del commercio anglo-romeno, sia sulle linee dei recenti acquisti inglesi di grano romeno, sia, in una certa misura, con l'aiuto dello speciale Export Credit Department britannico.

4) Re Caro! ha intrattenuto inoltre il governo britannico sulla possibilità di un piano di finanziamento a favore del riarmo romeno, analogo a quello contenuto negli accordi anglo-turchi dello scorso maggio 3 . Anche in questo campo non sembra però che da parte inglese si sia mostrata soverchia fiducia nella utilità di una politica del genere nei confronti della Romania: la quale -come ebbe a commentare con amarezza al tempo dei detti accordi questo ministro di Romania4 -non «possiede infatti, come la Turchia, le chiavi preziose del Mar Nero». Per quanto in particolare concerne

acquisti di aeroplani è noto del resto che in vista delle deficienze tuttora esistenti nell'aviazione britannica, Londra non è in questo momento granché disposta a cedere ad altri Paesi apparecchi a lei stessa occorrenti. Maggiore interesse sarebbe stato invece mostrato quanto alla possibilità di fornire alla marina da guerra romena unità leggere per la nuova base navale che Re Caro! si propone di costruire presso Costanza.

In relazione a quanto precede e poiché i rapporti anglo-romeni si inseriscono nel quadro più vasto di quelli tra l'Inghilterra e gli Stati Balcanici, va forse in linea generale rilevato come il pensiero del governo britannico sembri andarsi orientando verso la constatazione della inutilità di tentare di ostacolare artificiosamente lo sviluppo dell'influenza dell'asse Roma-Berlino in quel settore; dall'altro, e come conseguenza di questa constatazione, verso il desiderio di non far apparire gratuitamente l'Inghilterra come l'organizzatrice di un aggiramento politico e commerciale della Germania.

Circa poi gli aspetti pratici delle relazioni commerciali anglo-romene, occorre tener presente che l'Inghilterra non trova che limitato interesse in quelli che sono i due principali prodotti di esportazione della Romania. Nei riguardi del petrolio, ed oltretutto per considerazioni strategiche, non conviene infatti alla Gran Bretagna di sviare le sue attuali correnti di rifornimento; nei riguardi del grano, Londra deve tener conto in primo luogo degli interessi del commercio inter-imperiale e, a seguito del recente accordo cogli Stati Un i ti 5 , delle necessità del commercio anglo-americano.

In conclusione, l'impressione diffusa tra questi osservatori di politica estera circa i risultati della visita di Re Caro! è che essi non hanno corrisposto, né alle aspettative da parte romena, né alla importanza pubblicitaria che alla visita stessa era stata qui data6 .

449 1 Riferiva le dichiarazioni di Re Caro! in tàvore di un rafforzamento dei rapporti economici anglo-romeni come mezzo per accrescere la collaborazione tra i due Paesi. Sembrava comunque da escludere-riferiva l'ambasciatore-la concessione da parte della Gran Bretagna di un vero e proprio prestito, mentre era diffusa la tendenza a concludere accordi per un più largo finanziamento del commercio anglo-romeno, analoghi a quelli conclusi nel maggio precedente con la Turchia.

449 2 Giunto in visita ufficiale a Londra il 15 novembre. Si veda in proposito il D. 400.

449 3 Sui quali si veda serie ottava, vol. IX, D. 182

449 4 Basile de Grigorcea.

450

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 5768/1760. San Sebastiano, 22 novembre 1938 (per. il 26).

La stampa ha dato largo spazio alle dichiarazioni fatte il l Ocorrente, di passaggio da Perpignano, dall'ex-presidente della Generalità di Catalogna, Casanovas, aii'Independant, di quella città, e pubblicate l' 11 corrente. Spunto delle dichiarazioni il concetto che la Catalogna non ha voluto la guerra, che essa al di sopra di tutto deve porre il concetto separatista del suo vero interesse, la epurazione della Catalogna dagli elementi stranieri, il plebiscito per conoscere la volontà della regione nei riguardi della guerra. Nel suo insieme è un attacco contro Negrin.

Questa crescente ostilità di elementi catalani contro il governo rosso è stata quella che ha deciso realmente il governo stesso a trasferirsi da Valencia a Barcellona, per poter mettere le mani nella Catalogna. La lotta intrapresa in seguito contro gli elementi anarchici locali era destinata appunto ad indebolire questi per dare meno libertà al governo centrale 1•

L'azione che ha dato lo spunto alle dichiarazioni di Casanovas è dovuta all'iniziativa di un gruppo di personalità catalane (Companys, ecc.) che fanno capo a de Monzie. Questi accarezzerebbe infatti un progetto di costituzione di una specie di fasciacuscinetto basco-catalana a sud dei Pirenei, il cui interesse per la Francia non sarebbe dubbio. Un recente articolo sul Temps in proposito sarebbe stato pagato, secondo mi è stato detto al ministero degli Esteri, 30.000 franchi da parte di quel gruppo.

Le dichiarazioni di Casanovas hanno suscitato notevole interesse in questi ambienti, dove sono considerate come una prova di più che in Catalogna il governo di Negrin viene ora ritenuto peggiore del dominio di Madrid. La difficoltà della realizzazione starebbe -secondo quanto mi è stato detto al ministero degli Esteri -nel fatto che troppe delle personalità che fanno capo al gruppo accennato sono irrimediabilmente compromesse nei riguardi del Governo Nazionale, il quale, come è noto, ha a suo tempo, e precisamente dopo la presa di Lerida, dichiarato che la Catalogna sarebbe stata considerata come una delle altre province della Spagna di Franco, negando implicitamente qualsiasi possibilità autonomistica.

Maggiori possibilità di realizzazione vi sarebbero se tutte le persone indicate avessero disponibilità finanziarie che permettessero loro di abbandonare la Catalogna, come ha fatto appunto Companys che è giunto a Parigi con due lussuose automobili e non rientrerebbe più in Catalogna. Poiché, d'altra parte, il gruppo facente capo a De Monzie-Casanovas-Companys, potrebbe incaricarsi in ultima analisi di facilitare la fuoruscita dei citati elementi, è da ritenere piuttosto che le possibilità di attuazione dell'iniziativa di cui alle dichiarazioni di Casanovas stia, più che altro, nel numero di coloro che ancora credono a Casanovas e Companys.

449 5 Vedi 0.417.

449 6 Da Bucarest, il ministro Sola esprimeva un giudizio analogo circa i risultati della visita di Re Caro!. Secondo Sola, il Sovrano era tornato da Londra «a mani vuote»: le promesse che aveva ottenuto in campo economico erano vaghe e di problematica attuazione e le tàstose accoglienze che gli erano state riservate miravano soltanto a far credere che la Gran Bretagna non intendeva abbandonare del tutto le sue posizioni nei Balcani (rapporto 3894/1435 del 25 novembre).

451

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 6105/80 l R. Tokio, 23 novembre 1938, ore 5,10 (per. ore 11,20).

Vostro telegramma n. 403 1•

Notizia da Berlino esatta ma incompleta. Konoye rispose all'ambasciatore d'Inghilterra non comprendere perché Gran Bretagna si preoccupasse dell'eventuale rafforzamento di un patto che era diretto contro i bolscevichi.

Tale informazione ci è stata fornita dal ministero Marina, il quale ha osservato che governo finora non aveva dato alcun peso alle dichiarazioni od alle rimostranze inglesi, così come non ne avrebbe dato neppure in avvenire. Quanto al ministero della Guerra, il passo inglese è stato considerato di così scarsa importanza che neppure tutti gli ufficiali competenti ne avevano conoscenza.

A conferma delle non mutate disposizioni dei militari osservo, sia che in un nuovo banchetto dato l'altro giorno alla nostra ambasciata ed a quella tedesca dal ministro della Guerra, questi ha ripetuto nel suo brindisi allusione ad una più stretta collaborazione; sia che ministero della Marina ha testé consegnato al nostro addetto navale uno schema preliminare e confidenziale da servire di base per futuri accordi 2• Per di più Shiratori ha avuto istruzioni di intrattenersi circa conclusione patto tripartito.

450 1 Sic.

451 1 Non rintracciato. È da ritenere ritrasmettesse il T. 6035/543 R. del 18 novembre da Berlino di cui al D. 424, nota l.

452

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATO 6117/798 R. Tokio, 23 novembre 1938, ore 16 (per. ore 22.45).

Delegato Apostolico mi ha confidato aver riservatamente attirato attenzione di questo ministro degli Affari Esteri su inammissibilità per Giappone di alcuni principi nazisti esposti, per esempio, nell'edizione non riveduta del Mein Kampf e sui danni che potranno derivare alla moralità giapponese da alcune teorie di Rosenberg, svolte nei volumi dei quali è stata di recente fatta qui traduzione.

Ministro degli Aftàri Esteri gli ha risposto che appunto per evitare ciò erano state aggiunte alcune frasi speciali nel preambolo di quest'accordo, che si è modellato su quello già concluso, ma non ancora ratificato tra Giappone e Ungheria 1• In tale preambolo si dice, la cultura tedesca e giapponese hanno le loro vere fondamenta, da un lato della vita popolare e nazionale tedesca, dall'altro nell'antico spirito giapponese e che i rapporti di cultura fra i due Paesi devono basarsi su tali premesse.

Se da qualche passo e vago tentativo si volesse dedurre (malgrado quanto dice ora questo ambasciatore di Germania) che tedeschi cercano veramente tàr accettare e applicare qui certi principi nazisti, se ne dovrebbe concludere che essi corrono rischio suscitare malcontento e prepararsi delusione. Vi sono limiti oltre i quali orgoglio di razza e di cultura del Giappone non consente agli stranieri andare.

Oltre a questo, ha detto Arita, vi è anche il fatto che prima edizione del preambolo proposto dai tedeschi, non essendo apparsa ai giapponesi sufficiente a tutelarli da certe forme di propaganda nazista, è stata da loro rifiutata.

Malgrado ottime relazioni di questa ambasciata con quella tedesca, collega di Germania mi ha soltanto oggi informato di tale accordo 2 che porterà data della firma del Patto anticomunista nippo-tedesco. Ma ministero degli Affari Esteri me ne aveva fatto dare notizia da qualche settimana fa e cioè quando ve ne telegrafaj3 con preghiera di non accernarne, per il momento, all'ambasciata tedesca. Ministero degli Affari Esteri voleva che opinione pubblica comprendesse trattarsi di un accordo che non era specialmente per Germania ma che sarebbe stato stipulato anche con Italia. Esso ha poi fatto anche di più in quanto questa stampa ha pubblicato che accordi simili oltre che con l'Italia saranno conclusi con Polonia, Finlandia ecc. In altri termini, ministero ha mostrato voler ridurre nelle sue giuste proporzioni importanza accordo che ambasciata di Germania tenta esagerare a proprio beneficio. Per cercare rendere meno vago accordo stesso, ministero Affari Esteri, accettando proposta tedesca, farà dare alla stampa notizia ufficiosa dei punti che in esecuzione tale accordo dovranno essere regolati circa rapporti culturali tra due Paesi.

Regolamento tali punti sarà dopo ciò materia di qualche importanza, ma dei principi con cui regolamento dovrà essere fatto non vi è parola nell'accordo.

451 2 Si veda in proposito il D. 467.

452 1 Convenzione di amicizia e di collaborazione culturale tra Giappone e Ungheria del l 5 novembre 1938 (testo in MARTENS, vol. XXXIX, pp. 590-591 ).

453

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6134/0214 R. Parigi, 23 novembre 1938 (per. il 25).

Secondo incontrollate voci di fonte spagnola (Quifiones de Leon), governo francese avrebbe chiesto a quello inglese di non affrontare nell'attuale riunione di Parigi 1 la questione della concessione della belligeranza a Franco ma di rimandarla di qui a tre mesi (sic) nella speranza che allora fosse calmata la presente ripresa dell'opposizione parlamentare francese.

Mi si assicura, d'altra parte, che governo francese avrebbe dato al ministro degli Esteri di Barcellona, Del Vayo, attualmente a Parigi, generiche assicurazioni che politica francese nei confronti spagnoli non sarebbe, almeno per il momento, sostanzialmente mutata.

Ciano aveva risposto (con T. 18038 P.R. del9 novembre) che il governo italiano sarebbe stato lieto di stipulare un accordo del genere e che restava in attesa di proposte concrete da parte dell'ambasciatore del Giappone.

452 2 Accordo per la cooperazione culturale tra Germania e Giappone del 25 novembre 1938 (testo in MARTENS, vol. XXXVII, pp. 359-360).

452 1 Con T. 16380/775 P.R. dell'8 novembre, l'ambasciatore Auriti aveva riferito di essere stato informato dal ministro degli Esteri nipponico dell'imminente conclusione di un accordo culturale tra Germania e Giappone. Arita aveva espresso il desiderio che un accordo analogo fosse sottoscritto con l'Italia.

453 1 Riferimento alla visita di Chamberlain e Halifax a Parigi del 24 novembre (vedi D. 462).

454

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6 I 48/09 I R. Belgrado, 23 novembre 1938 (per. il 25).

Comunico a parte i commenti di questa stampa al viaggio del Principe Reggente a Londra 1• È di qualche interesse quanto pubblica in proposito l'ufficioso Vreme che, a quanto sembra, ha ritenuto opportuno procedere ad una messa a punto, fra i commenti e le induzioni che il viaggio ha suscitato e che tendevano a pori o in stretta relazione con quella specie di visite ad limina che i vari Sovrani balcanici hanno in questi ultimi tempi compiuto a Londra. Effettivamente, dati i noti e particolari legami che il principe Paolo ha in Inghilterra, la sua presenza colà, che avviene regolarmente almeno una volta all'anno, non marca un'essenziale avvenimento. Se un'importanza particolare conviene attribuirgli, questa è piuttosto nel campo della attuale situazione interna jugoslava. L'accoglienza di Londra è destinata, infatti, in linea principale, a rassicurare il Paese circa la permanenza di amichevoli ed utili relazioni che qui si temono compromesse a profitto dell'immanente invadenza tedesca verso il sud-est. Ed in questo ordine di idee il Vreme insiste sulla politica di pace dell'Inghilterra, sulle oneste intenzioni di Chamberlain, sulla indipendenza d'azione della Jugoslavia e, finalmente e soprattutto, sulla coincidenza dell'entrata in vigore dell'Accordo itala-inglese. Che nelle presenti circostanze-specie colle prospettive che potrebbe far intravedere l'atteggiamento tedesco nella questione ucraina-il peso politico-militare e l'accaparramento economico germanico inducano tutta questa zona alla ricerca collettiva di punti di resistenza è innegabile e comprensibile. Ma in un Paese che pondera realisticamente le circostanze come questo, non si possono nutrire soverchie illusioni sopra la reale e soprattutto duratura efficacia dell'ausilio inglese, specie dopo che la rumorosa visita di Re Caro! a Londra2 si è conclusa colle modestissime dichiarazioni fatte alla stampa da Comnen il 2 I corrente. È qui sentito, in particolare, che la desiderata indipendenza economica della regione balcanica nella nuova situazione recentemente determinatasi, non potrebbe essere raggiunta col solo mezzo dei temporanei aiuti finanziari, ma soltanto con una larga e ferma organizzazione di scambi economici che Londra non sembra essere in condizioni di offrire, almeno in via permanente 3•

454 1 Vedi D. 446.

454 2 Vedi D. 449.

454 3 Il 24 novembre, Ciano ebbe un colloquio con il ministro di Jugoslavia, Christié, sul quale vi è, nel suo Diario, questa annotazione (in proposito non è stata trovata documentazione negli archivi italiani): «Comunico a Christié quanto è accaduto in questi giorni tra noi, la Germania e l'Ungheria. È molto grato della comunicazione e dell'atteggiamento assunto. Se l'incursione in Rutenia si fosse verificata, la posizione di Stojadinovié ne sarebbe risultata indebolita in un momento in cui è invece necessario sostenerlo in vista delle prossime elezioni. Christié mi ha confermato che Stojadinovié, torte della maggioranza che otterrà, tenderà sempre più a metter l'accento sulla forma autoritaria del suo Governo. Durante la conversazione abbiamo parlato dei rapporti tra Belgrado e Atene e della questione di Salonicco. L'ho incoraggiato ad agire alla prima occasione verso l'Egeo, che è lo sbocco naturale degli jugoslavi sul mare. Ciò vale sopratutto per facilitare la nostra azione in Albania che matura secondo il previsto».

455

IL CONSOLE GENERALE A LUSIANA, GUERRINI MARALDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. l 07 5/771. Lubiana, 23 novembre 1938 (per. il 26).

Si dà per sicuro che gli allogeni tedeschi della Slovenia abbiano ricevuto istruzioni di votare nelle imminenti elezioni per la lista governativa. Anche in passato del resto, le minoranze tedesche della Slovenia-soprattutto quella compatta di Kocevje -si sono sempre schierate nella campagna elettorale dalla parte della corrente politica al potere, pensando di raggiungere così più facilmente le loro finalità politiche e di razza. Sulla Gotscheer Zeitung di Kocevje è apparso testé un articolo nel quale è detto fra l'altro: «Noi tedeschi di Kocevje siamo fermamente decisi a costruire in Jugoslavia l'edificio della comunità d'accordo con tutti gli altri connazionali residenti in Slovenia. Noi quindi dimostreremo di voler marciare affiancati a tutti gli altri e pertanto in occasione delle prossime elezioni seguiremo una sola strada, vale a dire la lista del dr. Stojadinovié. Che cos'è in Jugoslavia il dr. Macek? Ricordiamoci delle grandi promesse di Stefano Radié. Quante ne mantenne? Nessuna! Del resto basta vedere quali siano gli amici del dr. Macek: marxisti, ebrei, nemici della nostra patria. Tedeschi fate attenzione!».

Per rendersi conto della sincerità di questa professione di fede conviene tener presente che gli stessi tedeschi si schierarono nelle passate elezioni per il Governo Jeftié e compagni di allora e che il dr. Koroseé, che è oggi il maggior candidato del partito governativo nella Slovenia è particolarmente detestato, prima perché cattolico, poi perché notoriamente di sentimenti antitedeschi.

Quanto sia inviso ai tedeschi il dr. Koroseé lo dimostra il fatto che questo Console di Germania, parlando con persona autorevole di questa città che me lo ha riferito, avrebbe chiaramente fatto comprendere che il ministro Koroseé figura già in testa alla lista nera delle persone slovene mal viste e da tenersi particolarmente d'occhio da parte delle organizzazioni naziste tedesche.

Il mio collega di Germania non sembra far mistero della sua zelante attività nazista in questo Paese. Parlando con me pochi giorni fa mi disse che avrebbe tenuto apresentarmi il locale rappresentante del Partito.

Avendogli chiesto se la Germania avesse già istituite le sue organizzazioni naziste in Slovenia, il Console Bernard mi disse che di fatto esistevano già, che ancora però non potevano mostrarsi pubblicamente per le difficoltà frapposte da queste Autorità e che ben presto l'atteggiamento ostile da parte jugoslava avrebbe dovuto cessare. Ha soggiunto che in questi ultimi tempi una cinquantina di tedeschi sarebbero stati espulsi, senza giustificazione da parte delle Autorità locali ed ha lamentato infine il trattamento iniquo e vessatorio usato dalla Jugoslavia alle minoranze tedesche, che ha qualificato come peggiore di quello usato un tempo dai Cechi nei Sudeti.

Sembra rispondere effettivamente a realtà l'adozione di misure restntttve e severe da parte di questa Banovina nei confronti degli elementi tedeschi, delle quali essi ritengono responsabile unicamente il ministro Koroseé noto per la sua tedescofobia.

Sta di fatto però che i tedeschi, soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti dei Sudeti, non si peritano di nascondere le loro simpatie per la grande Germania, né rifuggono da vaghe minacce per un non lontano avvenire. Gli sloveni da parte loro manifestano viva apprensione per la invadente propaganda nazista della quale-a quanto mi viene affennato -Belgrado non sembra rendersi conto e contro la quale il solo ad opporsi, senza corrispondente e valido appoggio da parte del Governo centrale, è lo sloveno ministro Koroseé.

La stampa, peraltro, sempre entro i limiti strettamente fissatile dalla censura, non trascura occasione per rappresentare come pericolosa la sempre crescente invadenza germanica nella Europa Centrale e balcanica e saluta con soddisfazione ogni avvenimento politico atto a mostrare che la Jugoslavia gode validi appoggi anche tra le Potenze occidentali.

Con particolare entusiasmo sono state infatti salutate le visite a Londra dei Sovrani dei Paesi balcanici. Particolarmente l'attuale soggiorno del Principe Reggente nella capitale del Regno Unito 1 è oggetto di calorosi commenti, ravvisando la stampa in tutto ciò un'azione programmatica dell'Inghilterra tendente ad arginare gli sforzi egemonici della Germania nella Penisola balcanica2 .

456

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. S.N.D. 886/444 R. Roma. 24 novembre 1938, ore 12,10.

Viene segnalato da Parigi che stampa e circoli politici francesi affermano che attuale incontro anglo-francese 1 dovrebbe servire soprattutto a trasformare intesa cordiale in una vera e propria alleanza militare.

Fate sapere fin d'ora a Ribbentrop che se tale dovesse essere il risultato dei colloqui di Parigi considereremmo sorpassate le osservazioni formulate in occasione del suo recente viaggio a Roma2 e saremmo perciò disposti a definire il progetto di alleanza militare con la Germania con i previsti aggiornamenti 3•

455 2 Sul documento vi è il timbro: «Visto da S.E. il Ministro». 456 1 Vedi D. 462. 456 2 Vedi DD. 344 e 349. 456 3 Si veda per il seguito il D. 480.

455 1 Vedi DD. 446 e 454.

457

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8152/2457. Berlino, 24 novembre 1938 1•

Ho visto oggi, appena reduce da Varsavia, questo Ambasciatore di Polonia che mi ha messo al corrente di una conversazione avvenuta, martedì 22, fra von Moltke e Beck, a cui il primo ha dato amichevole comunicazione dei 4 punti -concordati con l'Italia-della nota tedesca del 21 all'Ungheria sulla questione rutena2.

Dal resoconto fattomi da Lipski ritengo come particolarmente interessanti i punti seguenti:

l) nel corso del colloquio per ben due volte l'Ambasciatore tedesco, nel parlare della impossibilità per la Germania di aiutare l'Ungheria in una eventuale azione bellica avrebbe aggiunto la frase: per il momento.

2) alla domanda rivolta alla Polonia di unirsi alla Germania per far rispettare l'arbitrato di Vienna, la Polonia avrebbe eccepito che essa non aveva partecipato all'arbitrato stesso.

3) Beck avrebbe quindi dichiarato che la posizione della Polonia di fronte alla Cecoslovacchia si trovava, secondo quanto Varsavia aveva già chiarito a Praga, subordinata alle tre condizioni seguenti:

a) la questione di Teschen ormai felicemente superata; b) quella della complicazione delle «comunicazioni» che si sperava potesse essere risolta soddisfacentemente per negoziazioni dirette; c) quella infine della formazione e della presenza in Slovacchia e Rutenia, e specialmente in Rutenia, di nuclei di rifugiati, terroristi, comunisti, ecc. agenti ai danni della Polonia, questione questa nella quale il Governo polacco, sempreché la Cecoslovacchia non avesse provveduto soddisfacentemente da sé, si riservava un «regolamento diretto».

Mi è parso utile riferire quanto sopra per gli opportuni controlli. Comunque, da quanto mi è parso di capire, mentre da una parte la Polonia non sembra desiderosa di incoraggiare una azione diretta ungherese immediata, dall'altra non è affatto disposta a seppellire la questione rutena.

Sembra pure che von Moltke avrebbe, da parte sua, assicurato Beck non essere affatto intenzione tedesca di servirsi della Rutenia come di un focolaio per accendere a suo tempo l'incendio ucraino 3 .

457 è Vedi D. 439. 457' Il documento ha il visto di Mussolini.

457 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

458

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8153/2458. Berlino, 24 novembre 1938 1 .

Il nuovo ambasciatore giapponese, generale di divisione Oshima, che 21 corr. ha presentato le sue credenziali al Flihrer, è venuto ieri a farmi la sua prima visita ufficiale.

Dopo aver affermato la sua profonda fede nella concentrazione di forze costituita dal Triangolo Roma, Berlino, Tokio, e la necessità di procedere nel più stretto contatto fra noi, l'ambasciatore mi ha detto di essere rimasto ottimamente impressionato dalla conversazione da lui avuta col Flihrer dopo presentategli le credenzia

li. Il Flihrer infatti, ha riaffermato la sua volontà di continuare la politica rettilinea della Germania, basata sull'Asse e sul Triangolo. Quella politica ha dato eccellenti risultati per la Germania, ed è destinata -secondo Hitler -ad affermarsi sempre maggiormente, contro ogni tentativo od insidia diretti a sconvolgerla od a farle mutare rotta.

Ciò, naturalmente, non esclude come ammette anche l'Ambasciatore giapponese, l'eventualità di buoni e corretti rapporti colle Democrazie ma, secondo quanto lo stesso Flihrer gli ha fatto comprendere, ciò rimane per la Germania sempre d'importanza secondaria, di fronte all'elemento primario che è precisamente quello delle tre Potenze del Triangolo.

Il Flihrer si è mostrato molto fiero della trasformazione subita in questi cinque anni dallo spirito del popolo tedesco; questo si è, secondo lui, rapidamente rialzato dopo la depressione subita nel 1918 e soprattutto in quest'anno i grandi successi riportati dalla politica nazionalsocialista gli hanno completamente restituito la sua fierezza e la sua coscienza di sé. A proposito dei successi tedeschi, il Fiihrer ha citato all' Ambasciatore, con evidente grande soddisfazione di questo, un proverbio giapponese che dice: «Dopo la vittoria, annoda ancor più saldamente il sottogola dell'elmo», ed ha apertamente detto che la Germania, nel campo degli armamenti, seguirà scrupolosamente quel consiglio.

L'ambasciatore giapponese conveniva con me che per la Germania oggi, a differenza di quello che è stato nel passato, la Francia non rappresenta più il nemico potenziale, che è invece costituito dall'Inghilterra, della quale la Francia potrebbe al massimo essere l'ausiliaria contro la Germania, invece di essere l'Inghilterra, come fu nella guerra mondiale, l'ausiliaria della Francia. Oshima mi faceva poi presente che anche in Estremo Oriente si è assistito ad un capovolgimento della situazione in quanto la Russia sovietica ha dato la prova evidentissima di non poter essere la nemica del Giappone, che si sente minacciato invece dall'Inghilterra; per tale moti

vo non vuole sentire parlare di mediazioni e di compromessi che volessero conservare al potere Chang Kai-shek od i suoi seguaci, i quali permettono all'Inghilterra di esercitare una vasta influenza politica. Il principio del Giappone, nella riorganizzazione della Cina dopo la vittoria, sarà quello di conservare la «porta aperta» per tutti, nel campo economico, ma di impedire qualsiasi influenza politica straniera sui destini in Cina.

Circa la durata delle operazioni militari in Cina, l'ambasciatore si mostrava piuttosto ottimista, in quanto le forze militari cinesi sono virtualmente annullate. Mi faceva, tuttavia, osservare che la Cina sotto molti aspetti ha una certa somiglianza con animali di specie inferiore, che anche tagliati a pezzi continuano ad avere una vita propria in ciascuno dei vari segmenti 2 .

458 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

459

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6158/324 R. Washington, 25 novembre 1938, ore 5,30 (per. ore 2,50 del 26).

Partenza ambasciatore di Germania 1 , fissata per oggi, è avvenuta invece segretamente mercoledì sera per evitare manifestazioni ostili in gestazione a New York. Egli mi ha detto che riferirà:

l) reazioni americane sono state questa volta anche più vivaci di quanto è apparso nella stampa e sono state più diffuse presso i cattolici ed i protestanti che presso gli stessi ebrei;

2) il gesto del Presidente degli S.U.A. ha ottenuto di ricostituire l'unanimità di consenso incrinata dalle recenti elezioni;

3) la politica del riarmo sarà facilitata;

4) tutto si inquadra, però, in una situazione più seria, di fondamentale ostilità e realmente preoccupante, connessa alla recente crisi;

5) scarsa probabilità di mutamenti d'indirizzo.

Egli ignora quanto durerà la sua assenza che potrebbe prolungarsi in relazione all'assenza di Wilson che, sembra, non rientrerà prima del febbraio 2 .

458 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

459 1 L'ambasciatore Dieckhotf era stato richiamato a Berlino «per consultazioni», ma in realtà come risposta al richiamo, sempre «per consultazioni», dell'ambasciatore degli Stati Uniti a Berlino, Wilson, avvenuto in seguito alle persecuzioni razziali in Germania.

459 2 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

460

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6152/807 R. Londra, 25 novembre 1938, ore 19,20 (per. ore 22). Telegramma di V. E. 238 1•

Indagini da me svolte non hanno trovato alcuna conferma di recenti passi britannici a Tokio nel senso indicatomi nel telegramma in riferimento. Apprendo tuttavia da questo ambasciatore del Giappone 2 che circa due mesi fa, in relazione alle notizie apparse a quel tempo nella stampa internazionale di negoziati in corso tra Roma Berlino e Tokio per un approfondimento del triangolo anticomintem, ambasciatore d'Inghilterra Craigie si sarebbe recato da Konoye 3 per chiedergli conferma delle voci in parola e in particolare per aver assicurazioni che simile eventuale rafforzamento non avrebbe implicato intese politiche esorbitanti da semplici misure carattere anticomunista. A queste richieste, cui Craigie aveva tenuto dare carattere di approccio strettamente personale, Konoye avrebbe risposto evasivamente. Non è poi da escludersi -per quanto questo ambasciatore del Giappone non sia stato in grado di confermarmelo -che in quella occasione Craigie abbia anche accennato a preoccupazioni che un rafforzamento del triangolo in senso prettamente politico avrebbe potuto provocare in ambienti responsabili franco-inglesi. E possibile che a questo passo di Craigie si riferisca segnalazione nostro ambasciatore a Berlino.

461

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 6153/561 R. Berlino, 25 novembre 1938, ore 20,30 (per. ore 23,35).

Mi riferisco al telegramma di V. E. n. 443 1• Episodi violenza antisemita riferiti da deputato Baker (i cui attacchi alla Camera dei Comuni non sono stati affatto rilevati da questa stampa e sembrano essere

460: Mamoru Shigemitsu. 460' Su ciò si veda BD, vol. VIII, D. 124. 461 1 Con T. s.n.d. 887/443 R. del 24 novembre, Ciano aveva chiesto di riferire telegraficamente se

rispondeva a verità quanto aveva detto alla Camera dei Comuni il deputato laburista Noel-Baker, il quale aveva atlèrmato che a Potsdam i bambini di un collegio israelita erano stati fatti sloggiare e abbandonati nella notte, che era stato distrutto l'unico sanatorio israelita per tubercolosi, che ad Ems un asilo per vecchi era stato invaso ed espulsi i ricoverati e che in tale occasione era stata uccisa la moglie di un paralitico che si era rifiutata di abbandonare il marito.

ignorati anche alla Wilhelmstrasse), non mi erano noti ed ho già disposto loro controllo anche a mezzo consolati competenti.

Viceversa, come ho riferito nei miei rapporti precedenti sull'argomento 2 , è accertato che, più o meno ovunque in tutte le principali città del Reich, movimento antisemita l o novembre3 fu contrassegnato da distruzioni e gravi violenze anche alle persone. Arresti seguiti da internamenti in campi di concentramento, sono stati migliaia e non pochi i suicidi.

Tutto fa prevedere che tali violenze non si ripeteranno perché organi maggiormente responsabili sembrano avere compreso svantaggi, sia politici che economici. I danni infatti riportati dai negozi ebrei devastati si fanno ammontare a centinaia di milioni di marchi.

460 1 T. 238 R. del 20 novembre. Ritrasmetteva il T. 6035/534 R. del 18 novembre da Berlino (per il quale si veda il D. 424, nota l) con la richiesta di ritèrire su quanto risultasse in proposito.

462

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6176/0219 R. Parigi, 25 novembre 1938 (per. il 28).

Conversazioni franco-britanniche 1 sono state iniziate e condotte a termine nella giornata di giovedì ed hanno durato complessivamente cinque ore.

Alla fine delle conversazioni sono stati pubblicati un comunicato e due dichiarazioni che trasmetto a parte 2 .

Il problema della cooperazione militare franco-britannica ha occupato i tre quarti della discussione. Daladier ha sottolineato necessità, dopo l'eliminazione dell'esercito cecoslovacco, di un più ampio e più immediato sostegno britannico terrestre. Chamberlain ha soprattutto insistito sull'urgenza di sviluppare e rafforzare l'aviazione militare francese. Misure sono state adottate per una più stretta coordinazione delle forze militari e della produzione bellica fra i due Paesi.

I quattro ministri hanno quindi esaminato: la situazione spagnola; la questione dei rifugiati ebraici; la dichiarazione comune franco-tedesca; l'Estremo Oriente; le rivendicazioni coloniali germaniche.

Per la Spagna, la concessione dei diritti di belligeranza è stata per il momento aggiornata e l'applicazione del piano di Londra3 mantenuta. Da parte francese sarebbe stata prospettata la possibilità dell'invio di un agente sul tipo britannico presso il generale Franco.

La questione coloniale è stata appena sfiorata. I quattro ministri si sarebbero limitati a riconfermare le recenti e precise dichiarazioni fatte dai due governi in proposito.

Qualche incidente si è verificato alla stazione al momento dell'arrivo del Primo Ministro britannico. Gruppi di comunisti che manifestavano contro Chamberlain sono stati dispersi dalla polizia.

Durante il soggiorno dei ministri britannici si è iniziato e si è immediatamente allargato in tutta la Francia un vasto movimento di scioperi, soprattutto fra gli operai occupati nelle industrie belliche4 .

461 2 Vedi DD. 384 e 393.

461 3 Sic.

462 1 Si riferisce alla visita di Chamberlain e Halitàx a Parigi del 24 novembre. Per il contenuto delle conversazioni si veda DDF, vol. XII, D. 390 e BD, vol. III, D. 325.

462 2 Il testo del comunicato ufficiale e delle dichiarazioni di Chamberlain e di Daladier è in Relazioni Internazionali, p. 842.

463

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6177/0220 R. Parigi, 25 novembre 1938 (pa il 28).

Scioperi protesta contro decreti Reynaud, iniziati immediatamente dopo l'arrivo a Parigi dei ministri britannici, si sono allargati e aggravati, soprattutto nella regione parigina e in tutto il nord della Francia.

Officine occupate sono state evacuate dalla truppa, alcune dopo incidenti abbastanza gravi ed impiego gas lacrimogeni.

Governo sembra deciso agire con energia. Presidente Consiglio ha, contrariamente consuetudine, assunto oggi interim ministero Interni, durante assenza ministro Sarraut che travasi attualmente in Turchia per onoranze Atati..irk.

Sciopero generale di 24 ore è stato deciso da Confederazione Generale Lavoro per primi prossima settimana 1•

Vedi serie ottava, vol. IX, D. 289.

Alla difficile situazione interna della Francia tèce un pesante riferimento Mussolini quando, il 29 novembre, ricevette per la prima volta l'ambasciatore François-Poncet. Di tale colloquio non è stata trovata documentazione negli archivi italiani: si veda quanto ritèriva su di esso l'ambasciatore francese in DDF, vol. XII, DD. 433 e 434 e l'annotazione contenuta, sotto quella data, nel Diario di Ciano, presente al colloquio. Le due versioni diftèriscono nettamente circa l'accoglienza riservata da Mussolini al diplomatico francese che François-Poncet qualifica «amabile» e Ciano «gelida».

462 1 Riferimento alla risoluzione approvata dal Comitato di non intervento il 5 luglio precedente.

462 4 Il documento tu inviato in visione a Musso lini.

463 1 Il documento tù inviato in visione a Mussolini.

464

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8233/2493. Berlino, 25 novembre 1938 (per. il 28).

L'Ambasciatore del Belgio mi ha raccontato qualche particolare del suo colloquio col Filhrer in occasione della presentazione delle credenziali avvenuta il giorno 21 u.s.

La conversazione, che come al solito si è risolta in una specie di soliloquio da parte del Filhrer, ha avuto inizio con i ringraziamenti di Hitler per il contegno mantenuto dal Belgio in occasione della crisi cecoslovacca. Come è noto, quando si ebbe l'impressione a Bruxelles che le cose volgessero al peggio e che vi fosse pericolo di guerra, fu deciso di guarnire di truppe la frontiera franco-belga, e ciò per dimostrare la effettiva indipendenza della nuova politica del governo belga. Di questo il Filhrer è stato molto soddisfatto.

Adesso-ha continuato Hitler-con il Belgio, l'Olanda, e la Svizzera, in fatto tutte ugualmente neutrali e sicure, la frontiera occidentale della Germania si trova praticamente come raccorciata, l'unico tratto bisognoso di una seria difesa rimanendo quello francese. Ma anche questo tratto, con la linea Maginot da una parte e quella Siegfried dall'altra, non presenta più dei grandi pericoli. La linea Siegfried era però indispensabile perché, nonostante che Daladier e Bonnet appaiano animati dalle migliori intenzioni per la Germania, «qualche pazzo in Francia può sempre trovarsi».

A parte queste precauzioni naturali e necessarie, la Germania -ha ripetuto il Filhrer -non ha alcuna nuova rivendicazione territoriale da tàr valere nei riguardi della Francia, l'attribuzione a quest'ultima dell' Alsazia-Lorena essendo da considerarsi definitiva, nonostante (l'osservazione è sintomatica) che una maggiore autonomia per le popolazioni di quelle regioni sarebbe giusta e doverosa.

Passando quindi a parlare della Cecoslovacchia, il Flihrer ha detto che la responsabilità di quanto le è occorso deve essere assolutamente fatta risalire a Benes e alla cieca caparbietà della sua politica. Se, invece di un Benes, si fosse trovato a Praga-ha detto letteralmente il Filhrer-uno Stojadinovié, tutto questo non sarebbe successo. Il Cancelliere ha continuato dicendo che la situazione adesso può considerarsi soddisfacente, sia in vista delle nuove direttive di politica interna che sembrano prevalere in Cecoslovacchia, sia della concessione, da lui molto apprezzata, della nota «autostrada».

Continuando a discorrere, Hitler, che si era sempre conservato, per quanto non gaio molto calmo, si è tuttavia, sempre insistendo sulla questione cecoslovacca, man mano venuto animando. Egli ha aggiunto che la situazione odierna, per quanto soddisfacente, non può tuttavia indurre la Germania a dormire su due guanciali, perché il momento che la Cecoslovacchia ritornasse ad una politica contraria alla Germania, il problema cecoslovacco si ripresenterebbe. La Cecoslovacchia non cessa di essere, geograficamente, una magnifica base aerea per possibili attacchi contro la Germania, specialmente da parte della Russia.

Il Fiihrer ha continuato a parlare della situazione in Rutenia. trovando la non soddisfacente e lamentando gli intrighi che da diverse parti vi si compiono. Egli ha, però, evitato di arrivare al riguardo a precisioni e a indicazioni sicure dei suoi propositi.

Il Visconte Davignon mi ha anche detto che, nel corso della conversazione, erano state toccate di sfuggita pure la questione ebraica e la situazione creata dai recenti avvenimenti in Germania. Davignon ha avuto l'impressione che il FUhrer. pur non dissociando la responsabilità propria in materia da quella degli altri, non abbia alcuna simpatia per quanto è avvenuto.

Sembra pure che il Fiihrer si sia, per quanto indirettamente, espresso in maniera poco favorevole ali 'azione della Chiesa Cattolica in Germania 1•

465

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. l 0921/2113. Washington, 25 novembre 1938 (per. il 10 dicembre).

Si è oggi imbarcata per Lima la delegazione americana alla conferenza che si aprirà colà il 9 dicembre p.v. La delegazione è presieduta dallo stesso Segretario di Stato sig. Hull e comprende, oltre numerosi funzionari del Dipartimento di Stato maggiori e minori, varie personalità la cui nomina è dovuta ad esclusive ragioni di politica interna. Così, fanno parte della delegazione il sig. Landon, già candidato alla presidenza in opposizione di Roosevelt, la figlia del noto agitatore operaio John L. Lewis, il presidente della Suprema Corte di Giustizia di Porto Rico.

Già da molto tempo si è parlato di questa conferenza panamericana di Lima, l'ottava della serie, e con l'approssimarsi della data di riunione l'attenzione della stampa vi si è andata concentrando. Molte idee e molti propositi hanno circolato; le dichiarazioni presidenziali del 15 corrente 1 su una cosiddetta solidarietà di difesa, anche militare, che comprenda tutti i Paesi del Nord e Sud America dall'Alaska ed il Canada alla Terra del Fuoco, i progetti di riarmo americano, le controversie con il Messico2 ed il recente accordo raggiunto sul limitato terreno delle esportazioni agricole, hanno dato lo spunto ad ipotesi e possibilità di iniziative, di discussioni da condurre collettivamente a Lima con tutti i Paesi sud-americani. Si è persino parlato così, sullo sfondo

sopraccennato, di possibilità di concludere veri e propri accordi militari di garanzia e mutua assistenza intercontinentale tra Nord e Sud America, a possibili concorsi tecnici ed economici degli Stati Uniti al riarmo navale e specialmente aereo dei Paesi sudamericani. A giustificazione di tutto questo il continuo sventolare ed agitare dello spauracchio nazista dato che dopo Monaco il pericolo è individuato più nella Germania che nell'Italia di cui si parla meno.

Con il telegramma di ieri n. 320 3 ho cercato di rappresentare in riassunto le prospettive quali possono apparire da Washington alla vigilia della convocazione della conferenza.

In realtà le idee ed i propositi sopra accennati non hanno avuto alcuna conferma ed, anzi, le impressioni raccolte nei circoli ufficiali, che per altro si sono mostrati molto riservati, danno piuttosto l'impressione che questo governo non abbia propositi e idee precisi e che, senza soverchie illusioni sulla possibilità di raggiungere larghe intese, specie poi di carattere militare, pur accarezzando progetti in proposito, esso si renda perfettamente conto della suscettibilità dei Paesi sud-americani, sulle difficoltà di indurii ad una attiva politica militare, di renderli persuasi di un effettivo pericolo itala-germanico.

La situazione psicologica e politica degli Stati Uniti d'America di fronte al Sud America è veramente singolare. Non si può dire in complesso che la cosiddetta politica del «buonvicinato», che è divenuta dogma della presente Amministrazione di Roosevelt, abbia raccolto frutti saporosi. È proprio da quando questa politica è stata più amorosamente seguita che gli Stati Uniti hanno subito negli Stati indipendenti a sud del Rio Grande, le più gravi disillusioni, anche se talvolta mascherate dalle proposte verbali più illusorie di solidarietà e di simpatia. Dalle espropriazioni messicane, che possono avere in sé un pericoloso germe di diffusione e di invito, si va ai congelamenti finanziari e creditizi che hanno reso illusoria, evanescente la possibilità di recupero dei crediti americani verso i Paesi dell'America Latina. Dai conflitti armati, così contrarii a tutti i principii del pacifismo americano, si giunge anche al contraddittorio appoggio dato ai tipici dittatori del Sud America, mentre si esecra ai dittatori !egalitari e plebiscitari dell'Europa.

Certo è comprensibile che mentre i mercati mondiali per ragioni complesse economiche e politiche si vanno restringendo, l'America si preoccupi di non vedere minacciate le vicende del proprio espansionismo commerciale nel Sud America. Certo, pure si comprende che, mentre nel mondo si diffondono le soluzioni di forza e le espansioni armate, l'America, per ragioni primordiali della propria sicurezza militare, paventi l'insidiarsi nel Sud America di una Potenza ostile e si preoccupi di orientare in senso a lei favorevole i governi attuali della America Latina. Ma se questi i dati del problema, se queste le tendenze delle preoccupazioni, non è neppure facile intravvedere, d'altra parte, la possibilità di una politica americana più realizzatrice e più

positiva. Vi giuocano contro le contraddizioni stesse della situazione quali sopra elencate, la stessa imprecisione ed artificiosa presentazione dei pericoli che minaccerebbero il Sud America, infine tutte le reazioni, suscettibilità, diffidenze che naturalmente suscitano gli Stati Uniti nella parte meridionale di questo continente per la smisurata loro forza economica, per una tradizionale forza imperialistica di espansione e per tante altre ragioni anche di razza che è perfino superfluo indicare.

Per tutti questi motivi non è affatto improbabile che a Lima non si concluda nulla di positivo. È significativo che fino ad oggi non sia noto neppure l'ordine del giorno della contèrenza. È pure significativo che siano state accolte con viva irritazione le allusioni tàtte dalla stampa germanica e da quella italiana a presunte mire imperialistiche americane sul continente meridionale. Il Dipartimento di Stato ne è rimasto molto disturbato e mi risulta, come indicato a V.E. nel telegramma di ieri, che non è forse questa l 'ultima delle ragioni del riserbo mantenuto e della cautela del linguaggio ufficiale su tutto quello che riguarda i lavori della prossima riunione.

Nel suo complesso si può dire che la delegazione americana attribuisce, in ogni caso, alla conferenza un valore di scambio di idee e presa di contatto e solo in secondo luogo. a seconda delle impressioni che ritrarrà durante la medesima, essa potrà al caso varare o tàr varare da altri, con riserva del proprio appoggio, qualche progetto, qualche risoluzione sulle linee del programma di solidarietà panamericana che è ormai, specie dopo le disillusioni subite in Europa, iscritta in testa al programma di politica estera americana, primo frutto di un rinnovato isolazionismo panamericano, ed almeno temporaneamente reazione ai tradimenti democratici di Monaco.

464 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

465 1 Nella consueta conferenza stampa, il Presidente Roosevelt aveva dichiarato che esisteva la possibilità di un'aggressione straniera al Continente americano e che ciò rendeva necessario rafforzare la solidarietà di tutti gli Stati americani e sviluppare le Forze Armate degli Stati Uniti per una «difesa continentale» alla quale tutti gli Stati americani erano chiamati a dare il loro contributo.

465 2 Conseguenti all'espropriazione delle compagnie petrolifere straniere decretata dal governo messicano nel marzo 1938.

465 3 T. 6107/320 R., che è del23 novembre. Riferiva che, per il momento, la Conferenza di Lima sembrava non avere sviluppi di particolare interesse. Appariva, poi, poco probabile che vi venisse discusso un programma per il coordinamento della difesa militare del Continente come aveva auspicato il Presidente Roosevelt.

466

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6155/562 R. Berlino, 26 novembre 1938. ore 1,25 (per. ore 23,35).

Ieri, Flihrer ha visto lungamente Pirow 1• Apprendo dal ministro Sud Africa2 che argomento principale della conversazione è stata questione ebraica.

Pirow che, sia per sua origine tedesca, sia per aver conosciuto Hitler prima ancora sua ascesa al potere, ha le migliori disposizioni verso il Terzo Reich, ha profittato amichevole accoglienza fattagli dal Flihrer per fargli comprendere portata internazionale degli ultimi moti antiebraici occorsi in Germania.

Pirow-che naturalmente auspica una reale tèconda distensione fra Inghilterra e Germania -ha sottolineato come azione Chamberlain in questo senso sia stata paralizzata da reazione prodotta nei giornali Inghilterra e nel mondo dalle violenze verificatesi. Pirow ha anche accennato alla possibilità che, per una soluzione della questione ebraica-perché ormai una indubbiamente ne esiste -una qualche azione internazionale possa essere, con la cooperazione tedesca naturalmente, non solo consigliabile ma anzi necessaria. Ministro del Sud Africa ha aggiunto che, mentre da una parte il Fuhrer non si è in alcun modo compromesso, dall'altra:

l) ha lasciato parlare Pirow liberamente senza adontarsi di quanto gli diceva e anzi mostrando una attitudine ricettiva; 2) ha mostrato rendersi conto che una questione ebraica di portata internazionale esiste e deve essere risolta;

3) ha dato impressione che una proposta costruttiva in questo senso che gli venisse opportunamente, e da parte non sospetta, presentata, non lo troverebbe aprioristicamente contrario.

Notizie di cui sopra confermano ciò che mi risultava anche da altra fonte (colloquio ambasciatore del Belgio con Hitler di lunedì scorso 3) e che cioè Cancellierecome del resto indubbiamente Gèiring-disapprova violenze commesse dovute forse -ancora una volta-ad «iniziativa delle S.S.».

Pirow partirà sabato sera4 .

466 1 Sul viaggio in Europa del ministro della Difesa sudafricano Pirow si veda il D. 354, nota l. Sul colloquio tra Hitler e Pirow si veda DDT, vol. IV, D. 271.

466 2 S.N.F. Gie.

467

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 6169/806 R. Tokio, 26 novembre 1938, ore 9 (per. ore 17, l O).

Militari dicono ignorare tuttora se Italia e Germania siano decise e pronte stipulare patto tripartito (mio telegramma n. 689 1). Quantunque essi si mostrino desiderosi concludere, non conoscendo fino ad ora intenzione due Paesi su tale patto, discussioni fra nostri tecnici e quelli giapponesi hanno proceduto con lentezza. Tuttavia ministero della Marina sta ora studiando con nostro addetto navale uno schema preliminare di progetto non impegnativo inteso a fornire base ad ulteriori studi tecnici navali. D'altra parte, ministero della Guerra ha assicurato nostro addetto militare che

tale progetto è in tutto simile a quello di cui al mio telegramma n. 4082 . Terminati tali studi, che naturalmente riguarderanno anche la parte concernente l'esercito, schema così elaborato sarebbe presentato di comune accordo dai ministeri della Guerra e della Marina giapponesi al loro governo. Schema è stato redatto in base alle nostre linee fondamentali (telegramma di VE. n. 1973) che già erano state enunciate dall'addetto militare al ministro della Guerra giapponese e discusse con esso e sono state confermate al ministero della Marina da questo addetto navale. Mi si assicura che tale testo avrebbe già avuto approvazione di massima di tutti i ministri competenti compreso quello degli Esteri. A questo patto si darebbe carattere accordo fra noi e Giappone complementare del patto a tre (mio telegramma n. 689). Se tuttavia patto a tre non potesse stipularsi o in ogni caso essere rimandato, militari hanno domandato se disposti prendere in esame conclusione sin da ora di questo patto a due togliendogli carattere accordo complementare. Così come da noi richiesto, dovrebbe essere concluso tra i due governi. Segnalo all'E.V, intanto, le recenti pubbliche dichiarazioni a favore rafforzamento con l'Italia e la Germania del patto anticomunista fatte da Konoye, Arita e ministro della Guerra. Arita mi ha stamane manifestato proposito che dopo nostro prossimo accordo di cultura «coi suoi colleghi possa stipulare qualche nuovo patto». Date queste parole e dato quanto precede e specialmente che, secondo militari assicurano, anche questo ministero Esteri avrebbe approvato in massima progettato patto a due, dato che finora non ho mai accennato alla cosa con detto ministero e che quindi non ho avuto modo di accertare direttamente sue intenzioni, prego VE. esaminare se non converrebbe chiedessi a Arita come per mia iniziativa di chiarire sue allusioni e manifestare sue intenzioni. In ogni caso vogliate considerare opportunità farmi conoscere vostro pensiero su questione principale del patto a tre e di quello a due 4•

Di tutto quanto precede, né da questa ambasciata, né da militari giapponesi è stato fatto cenno ad ambasciata di Germania.

466 3 Vedi D. 464.

466 4 Pirow si recava a Roma, dove, il 28 novembre, era ricevuto da Mussolini. Di questo colloquio non si è trovata documentazione da parte italiana ma, stando a quanto Ciano confidava all'ambasciatore von Mackensen, il ministro sudafricano aveva fatto a Palazzo Venezia un'impressione disastrosa (DDT, vol. IV, D. 272).

467 1 Vedi D. 185.

468

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 893/450 R. Roma, 26 novembre 1938, ore 22,30.

Vi ho trasmesso a parte testo telegramma Praga 098 1 concernente richiesta cecoslovacca circa garanzie nuove frontiere di quello Stato. Prego farmi conoscere vedute di codesto governo in merito, desiderando che azione italiana e tedesca si svolgano di conformità2 .

467 3 Vedi ibid., D. 201. 467 4 Non è stata trovata risposta in proposito da Roma. 468 1 Vedi D. 448. 468 2 Si veda per il seguito il D. 478.

467 2 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 235.

469

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 8207/24 73. Berlino, 26 novembre 1938 (per. il 28).

Telegramma per corriere de li'E. V. 802 R. dell' 8 ottobre u.s. 1 e mio te l espresso 7895/2365 del 15 novembre u.s. 2•

Come l'E.V. conosce, il viaggio a Londra, nei primi giorni di questa settimana, del Capo dell'Ufficio Militare del Maresciallo Goring, generale Bodenschatz, ha fatto sorgere nella stampa straniera molte supposizioni e molte induzioni. Si è detto particolarmente che egli fosse latore di un piano, formulato dallo stesso Cancelliere Hitler, per la limitazione degli armamenti e nei riguardi dell'uso dei gas venefici.

La permanenza a Londra del generale è stata brevissima, essendosi limitata a non più di 24 ore. Al suo ritorno egli ha avuto una conversazione con il consigliere di questa R. Ambasciata, nella quale egli, come l'E.V. vedrà nell'appunto qui unito, ha smentito categoricamente quelle voci, le quali evidentemente si ricollegavano a quelle informazioni della United Press, oggetto del telegramma per corriere dell'E.V. suindicato.

Nel corso della conversazione stessa il generale Bodenschatz ha accennato anche all'atteggiamento del Maresciallo Goring nei confronti della questione ebraica in Germania ed alla situazione attuale dei rapporti tra la Germania e la Polonia.

ALLEGATO

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

APPUNTO. Berlino. 25 novembre 1938.

Ho visto stamane il generale Bodenschatz il quale, come è noto, si è recato negli scorsi giorni, in apparecchio, a Londra.

Gli ho accennato alla circostanza che quella sua visita aveva sollevato nella stampa straniera non pochi commenti e tàtto sorgere molte induzioni relative principalmente alla possibilità che egli avesse condotto con sé nella Capitale britannica un qualche progetto, da presentare ad uomini politici inglesi, circa gli armamenti aerei o l'umanizzazione della guerra con la limitazione dei bombardamenti aerei sui centri abitati e dell'uso dei gas asfissianti. Da tempo intàtti, particolarmente a Londra, circola la voce che il FGhrer avrebbe alle viste una sua iniziativa in tale campo. Tale notizia è stata propalata anche recentemente dalla United Press.

469 2 Vedi D. 404.

Il Generale Bodenschatz mi ha smentito in forma categorica cd assoluta queste voci. Giunto a Londra nelle prime ore del pomeriggio, egli non vi ha sostato che circa 24 ore, ospite dell'ambasciatore von Dirksen nell'ambasciata del Reich. Non ha avuto alcun colloquio di carattere politico e la sua attività, di carattere personale e privato, si è limitata ad alcuni acquisti tàtti in negozi di Londra prima di ripartire in apparecchio per Berlino. Egli ha detìnito quali pure tàndonie tutte le notizie apparse nei riguardi di questo brevissimo suo soggiorno londinese.

Gli ho chiesto, non di meno, quale impressione egli avesse riportato dalle conversazioni colà avute con i membri dell'ambasciata del Reich ed in generale quale fosse, a suo modo di vedere, l 'atmosfera oggi regnante a Londra. Mi ha conièrmato di aver constatato come la ondata di malumore, di critiche e di accuse nei confronti della Germania, nel Parlamento c nell'opinione pubblica contro la Germania, a causa della reazione antisemita scoppiata nel Reich a seguito dell'assassinio di vom Rath a Parigi, sia fortissima. Questa campagna antigermanica sembra non avere limiti. Il Maresciallo Goring ne è veramente dolorosamente disgustato (erbittert). In Francia invece i toni sono stati molto più moderati. E qui si è accennato fugacemente alla prossima «dichiarazione» franco-tedesca' che il mio interlocutore ha definito buona per quanto destinata a rimanere del tutto platonica.

Si è venuto a parlare anche della questione ebraica. E qui Bodenschatz mi ha detto che il Maresciallo Goring, pur essendo inflessibile nei confronti degli ebrei, condanna le intemperanze che portano a distruzioni inutili di ricchezza. Egli, quale Capo del Piano Quadriennale, deve ditèndere ogni ricchezza che si trova sul suolo tedesco. Ora, nei recenti avvenimenti sono avvenute distruzioni non completamente giustificate. Il risultato è che oggi le Compagnie di Assicurazione, che in fondo rappresentano denaro, solamente in piccola parte di origine ebraica, devono pagare tìor di quattrini perché i danni siano riparati. Il Maresciallo Goring si è espresso in tale campo in modo molto chiaro con il FUhrer e si può essere sicuri che simili episodi di distruzione non si ripeteranno.

Il Piano Quadriennale continua ad essere applicato secondo le norme previste, per quanto le difficoltà non siano lievi. Nel campo dell'alluminio la Germania è giunta al punto da poter produrre oggi i tre quarti della produzione mondiale.

Abbiamo poi parlato dei rapporti tra la Germania e la Polonia. Essi sono normali e si può anzi dire buoni. Però i polacchi, nell'occupazione delle terre cedute dalla Cecoslovacchia alla Polonia, si sono mostrati ancora una volta animati dal più perfetto spirito anti-tedesco. In quella zona tutte le scuole ed istituzioni tedesche sono state immediatamente chiuse. Si può dire veramente -ha aggiunto Bodenschatz-che in questo campo i polacchi si sono comportati peggio dei cecoslovacchi. Il Flihrer non ha detto una parola ma evidentemente ha ascritto a suo credito verso la Polonia un simile atteggiamento che egli non dimenticherà, perché, come è noto, egli è molto sensibile a tutto quanto avviene nei confronti degli uomini di razza tedesca, che vivono fuori dei contini della Patria.

A tale proposito il Reich ha veramente fatto un grande acquisto con i quattro milioni di sudetici i quali sono «tedeschi di prim'ordine»; e la terra sudetica, con le sue ricchezze in carbone e specialmente in legname è un buon apporto per la potenza economica e militare del Reich.

Non si prevedono, per ora, viaggi all'estero del Maresciallo Goring. Non è esatta la voce che egli si prepari a recarsi in Bulgaria od in altri Paesi balcanici, per partite di caccia. Egli ha in questo momento un lavoro intensissimo per il Piano Quadriennale e tutto tà prevedere che egli per qualche tempo non potrà spostarsi, neanche per una settimana.

469 1 Vedi D. 404, nota l.

469 1 Vedi DD. 368, 370, 372, 386, 403, 428, 447.

470

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8219/2480. Berlino. 26 novembre 1938 (per. il 28).

Ho domandato al Sottosegretario di Stato Woermann come fosse stata accolta a Budapest la nota tedesca di lunedì sulla questione rutena 1• Woermann mi ha detto che Kanya-già preparato alla cosa dalla precedente visita del Ministro d'Italia-si è mostrato nel riceverla molto «eccitato». Egli avrebbe tuttavia assicurato che l'Ungheria nulla avrebbe fatto per il momento 2•

Woermann aggiungeva che, dal tenore delle conversazioni svoltesi a Budapest in argomento, l'Italia e la Germania avrebbero il diritto di attendersi che l'Ungheria, prima di accingersi a un qualunque nuovo passo sulla questione rutena, ne riparlasse sia con Roma che con Berlino.

Ho approtìttato dell'occasione per domandare a Woermann se fosse vero che nella comunicazione fatta fare dalla Germania così a Budapest come a Varsavia, l'espressione «per il momento» fosse stata usata anche dai rappresentanti tedeschi. (Vedi mio rapporto n. 8152/2457 del 24 corrente'). Woermann mi ha risposto di sì.

Credo questa circostanza abbastanza interessante e la metto in relazione coll'articolo di fondo odierno della Frankjìtrter Zeitung, che, esaminando la situazione e pur in certo modo criticando l 'azione di Imredy, conclude esprimendo la speranza «che il reggente farà progredire l'Ungheria accanto ai suoi amici provati verso le realizzazioni nazionali alle quali aspira».

471

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6190/S.N. R. Berlino. 28 novembre 1938, ore 20,36 (per. ore 22).

Mio telegramma n. 563 1• Confermo che Ribbentrop in principiO favorevole a permettere adesione Ungheria a Patto Anticomintern. Egli darà per ora in questo senso a Budapest una

470' Sul tempestoso colloquio avuto dal ministro von Erdmannsdorff con Kanya si veda DDT, vol. IV, D. 133. Secondo quanto riferiva il diplomatico tedesco, Kanya affermò che, come appariva evidente dallo «stile», la nota italiana era stata sicuramente ispirata da Berlino.

risposta preliminare, riservandosi risposta definitiva-d'accordo con V.E.-a più tardi. Frattanto egli presentirà: l) Giappone per sapere se vi siano obiezioni di sorta da parte sua; 2) Ungheria per conoscere intenzioni sue nei riguardi permanenza nella Società delle Nazioni.

Ribbentrop non intende subordinare adesione ungherese al Patto Anticomintern ed uscita Ungheria da Ginevra, né comunque creare un junctim, ma desidera assicurarsi che -come Daninyi fece a suo tempo comprendere per Monaco di Bavierapolitica ungherese mira effettivamente all'abbandono istituto ginevrino~.

Ribbentropo mi chiedeva e mi ha pregato poi domandare se, da parte di V.E. vi sarebbe nulla in contrario a che la risposta definitiva a Budapest sia, a suo tempo, data dai governi di Roma e Berlino contemporaneamente.

Sua idea sarebbe che, quando si fosse tutti d'accordo, adesione al Patto Anticomintern potrebbe essere attuata attraverso ministri Potenze interessate a Budapest.

470 1 Vedi D. 439, nota l.

470 1 Vedi D. 457.

471 1 T. 6154/563 R.del 26 novembre. Comunicava che solo allora la Wilhelmstrasse lo aveva messo al corrente del passo compiuto il 21 novembre dal governo ungherese per prospettare la sua adesione al Patto Anticomintern (si veda in proposito il D. 436, nota l).

472

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6196/325 R. Washington, 28 novembre 1938, ore 19,55 (per. ore 5,50 del 29).

Mi riferisco al telegramma Stefani speciale 382 di ieri. Avendo giornali tratto da convocazione Phillips contemporaneamente a Wilson presso Presidente deduzioni su possibili dichiarazioni e gesto anche verso Italia, al Dipartimento di Stato mi viene assicurato che convocazione stessa è avvenuta su iniziativa personale Presidente, che ignorano vi siano fatti nuovi in vista e che anzi dovrebbero supporre di no. Ritengono consultazione abbia carattere di ordinaria amministrazione e stampa abbia arbitrariamente interpretato. Mi è stato detto tuttavia che politica antisemita, misure come espulsione Smothers e diffida data Minisie, nonché specialmente nuovi continui attacchi stampa, personali e specifici contro Presidente America pesano seriamente su rapporti due Governi e pertanto due Paesi. Effettivamente generale atmosfera che si era molto rasserenata verso di noi dopo e per conseguenza di Monaco, ora si è andata di nuovo oscurando per fatti elencati e per riflesso Germania.

Phillips intenderebbe comunque trovarsi Roma per Natale.

471 2 In proposito si veda anche il D. 478, nota 5.

473

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6192/144 R. Bucarest, 28 novembre 1938, ore 22,10 (per. ore 3,40 del 29).

Telegramma di V.E. n. 174 1•

Col mio telegramma per corriere n. 070 dell'undici corrente2 prevenivo V.E. che Re Caro) e suo malinconico ministro degli Esteri avrebbero trovato a Londra scarso conforto, scarso interesse e poco o nulla moneta; tali previsioni trovano ora conferma nelle notizie trasmesse dal R. Ambasciatore a Londra a proposito delle quali faccio presente che non credo nemmeno alla probabilità di un intervento finanziario promesso per la base navale di Costanza e per forniture navi leggere che Romania preferisce se possibile comperare da noi.

Nemmeno a Parigi si è nulla concluso 3 . Negoziati commerciali con la Francia pare vadano tramontando e non è improbabile che Delegazione francese parta stasera senza avere nulla ottenuto. Il bluff della creazione di un'ambasciata non riesce a mascherare quadro dei rapporti tra Romania e Francia.

Anche i negoziati economici con la Germania procedono stentatamente per resistenza romena allargare volume dei traffici con il Reich.

Situazione si presenta quindi piuttosto favorevole per noi, sicché non è improbabile si riesca a concludere un buon accordo commerciale. Come ho annunziato con mio rapporto 135 diretto a S.E. Guarneri 4 ho potuto indurre i romeni a rinunziare al diritto di pretendere un parziale pagamento in divisa libera per acquisto grano.

Tutto lascia presumere che riusciremo perciò a portare a casa quattro o cinque milioni quintali di cereali con pagamento totale in clearing, la cui contropartita sarà costituita necessariamente da nostre forniture allo Stato romeno.

Circa viaggio Re Caro! richiamo l'attenzione deii'E.V. sul mio rapporto 25 corrente5 .

473 1 T. 894/174 R. del26 novembre. Trasmetteva un riassunto del D. 449.

473 2 Vedi D. 387.

473 3 Circa la visita di Re Caro! a Parigi, il 20-21 precedenti, l'ambasciatore Guariglia aveva riferito che, stando alle notizie attinte al Quai d'Orsay, il Sovrano aveva sottolineato in modo particolare «le sue preoccupazioni per l'eccessiva influenza tedesca nell'Europa Centrale ed il suo conseguente desiderio di ottenere da parte franco-britannica quell'appoggio, soprattutto economico, che valga a controbilanciarla e a sottrarre il Paese all'eventuale tutela economica germanica». Da parte francese, però, erano state date soltanto delle assicurazioni generiche in attesa del ritorno delle due missioni allora a Bucarest proprio per studiare la possibilità di incrementare i rapporti economici tra i due Paesi (T. per corriere 6136/0216 R. del 23 novembre).

473 4 Non rintracciato.

473 5 Vedi D. 449, nota 6.

474

L'INCARICATO D'AFFARI A V ARSAVIA, CARISSIMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6I93/247 R. Varsavia. 28 novembre 1938, ore 23 (pa ore 5,30 del 29).

Comunicato polacco-sovietico 1 ha provocato vtvtssima sorpresa in questi ambienti diplomatici pur rivelandosi che esso in sostanza non fa che confermare validità noti accordi esistenti da parecchio tempo fra i due Paesi. Nei circoli polacchi infatti si cerca di accreditare quanto possibile che il comunicato stesso sia stato reso necessario dai dubbi esistenti circa rispetto del Patto di non aggressione polacco -sovietico 2 e ciò in seguito alla nota comminatoria di Mosca del settembre scorso 3 (mio telegramma n. 1684 c telespresso n. 966 del 23 settembre scorso 5). Negli stessi circoli si ritiene anche che odierno chiarimento dovrebbe rendere possibile prendere in esame numerose pendenze fra i due Paesi, specie relativamente a incidenti di frontiera. Pur non escludendo fondamento tali interpretazioni è però impressione diffusa in questi circoli politici che il comunicato per quanto riguarda la Polonia abbia lo scopo dimostrativo di ribadire principio indipendenza politica estera polacca anche nei riguardi di Berlino. È da rilevarsi infatti che atteggiamento di alcuni circoli tedeschi nella questione della Rutenia Subcarpatica desta qui apprensioni di possibili ripercussioni in Ucraina6 .

475

L'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

NOTA. Roma. 28 novembre 1938.

At the meeting in Munich Signor Mussolini suggested to the Prime Minister that he should at some future date pay a visit to Rome.

474' Non rintracciato.

474 1' Secondo quanto riferiva l'ambasciatore François-Poncet, lo stesso 28 novembre Ciano, nel

ricevere un gruppo di studenti polacchi, aveva pronunciato un breve discorso -di cui era stato vietato alla stampa dare notizia -nel quale aveva affermato che l'Italia considerava essenziale il ruolo della Polonia come grande Potenza e che, se si fosse di nuovo parlato di un Patto a Quattro-che peraltro l'Italia non intendeva riproporre-la Polonia doveva essere chiamata a prendervi parte come quinta Potenza. Dichiarazioni -osservava François-Poncet-alle quali i diplomatici polacchi assegnavano grande valore in quanto toccavano due punti ritenuti fondamentali per il loro Paese (si veda DDF, vol. XII, D. 435). Il ruolo che spettava alla Polonia come grande Potenza era sottolineato anche da Mussolini nel colloquio con François-Poncet del giorno successivo (ibid., D. 433).

As an opportunity for making such a visit might occur during the forthcoming Parliamentary recess enquiries were made as to whether a date in the first half of January would be suitable to Signor Mussolini.

His Excellency has stated that he would in principle welcome a visit from the Prime Minister and the Foreign Secretary about that time 1 .

474 1 Riferimento alla dichiarazione polacco-sovietica del 26 novembre precedente. Vedi D. 476.

474 2 Del 25 luglio 1932: vedi D. 121, nota 2.

474 1 1\ota del 23 settembre con cui si avvertiva che qualora la Polonia avesse invaso il territorio cecoslovacco l 'Unione Sovietica avrebbe denunciato il trattato di non aggressione del 1932.

474 4 Vedi D. 121.

476

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 4792/1933. Mosca, 28 novembre 1938. (per. il 5 dicembre).

Rif. miei telegrammi n. 91 del26 corr. e n. 140 di ieri 2•

Già col mio telespresso n. 4596/1876 del 14 corrente 3 avevo segnalato a V.E. i sintomi di un nuovo orientamento nelle relazioni fra U.R.S.S. e Polonia. Il comunicato ufficiale diramato dalla agenzia Tass (e del quale il mio collega polacco mi aveva cortesemente informato in anticipo) è venuto ieri a confermare le previsioni.

L'accordo raggiunto fra Mosca e Varsavia comprende tre punti:

0 ) affermazione del pieno vigore del Trattato di non aggressione polonosovietico4;

2°) sviluppo degli scambi commerciali;

3°) pronto regolamento delle vertenze pendenti.

Da un punto di vista formale questo accordo può apparire come una semplice «normalizzazione» delle relazioni fra i due Paesi: i rispettivi governi hanno cioè deciso di mettere un termine all'attitudine di sfiducia e di ostilità che caratterizzava la loro politica reciproca durante gli ultimi anni, per intrattenere d'ora innanzi dei rapporti di buon vicinato. Essi non hanno assunto alcun impegno nuovo, ma si sono limitati ad affermare che i trattati esistenti, compreso quello di non aggressione del I 932 (valido

fino al 1944) «hanno una base abbastanza larga per garantire l'inviolabilità delle relazioni pacifiche fra ambedue gli Stati». Senonché, dato il momento in cui viene annunziato, e tenendo conto delle circostanze che lo hanno verosimilmente provocato, non vi è dubbio che l'accordo rappresenta qualche cosa di più di un atto di politica ordinaria, diretto unicamente a rendere normale una situazione rimasta fino ad oggi piuttosto tesa. In realtà, la punta antigermanica di questa improvvisa «normalizzazione» dei rapporti polono-sovietici è troppo evidente per non attribuire ali 'accordo l'aspetto di una svolta abbastanza brusca della politica polacca nei confronti dei due suoi più potenti vicini.

Da quale parte sia stata presa l'iniziativa del riavvicinamento non sono in grado di affermare con sicurezza. Nella conversazione che ebbi una quindicina di giorni fa con l'Ambasciatore di Polonia (e che riferii col mio telespresso del 14 corr.), il Signor Grzybowski aveva insistito sulla attitudine molto conciliante ed ingraziante assunta nei di lui riguardi dal Signor Litvinov. Con ciò il mio collega aveva evidentemente voluto darmi l'impressione che il primo passo fosse stato fatto dal governo sovietico. Nutro però dei dubbi in proposito e mi chiedo se l 'iniziativa non sia invece venuta da Varsavia, ansiosa di migliorare le relazioni col vicino dell'Est in un momento in cui quelle col vicino di occidente incominciavano a marcare una certa tensione.

Non potrei naturalmente avanzare che delle ipotesi se volessi esaminare la fondatezza delle preoccupazioni polacche verso la Germania e precisare se l 'avvicinamento a Mosca sia stato provocato dalla irritazione di Varsavia contro Berlino per l'opposizione tàtta al piano polacco-ungherese di frontiera comune, oppure dai timori per una possibile azione tedesca favorente il movimento autonomo ucraino, o dalle preoccupazioni per il corridoio polacco, o ancora dali 'incidente sorto in seguito alla espulsione degli ebrei polacchi dalla Germania. Molto probabilmente diversi tàttori hanno contribuito a determinare la mossa del Governo di Varsavia, e su di essi riferirà, certo con maggior conoscenza di causa, il mio collega in Polonia. Per parte mia posso soltanto osservare che, nella sua attuale situazione di relativo isolamento, il governo dell'U.R.S.S. non poteva che affrettarsi a sfruttare l'occasione favorevole che gli veniva offerta per raggiungere dei risultati che costituiscono indubbiamente un successo per la politica sovietica.

L'avvicinamento alla Polonia comporta infatti per l'U.R.S.S. numerosi vantaggi, ottenuti senza alcun rischio o sacrifizio.

I vantaggi consistono in primo luogo ne li 'acquisto di una maggiore sicurezza alla frontiera occidentale. In secondo luogo, nella possibilità di sviluppare scambi commerciali col Paese confinante. In terzo luogo, nella sensazione di un minore isolamento in Europa.

Il vantaggio maggiore però-anche se di carattere negativo -sarebbe quello di veder sorgere una situazione di antagonismo e di ostilità fra due Paesi la cui collaborazione politica aveva rappresentato fino a ieri la minaccia più grave per l'U.R.S.S. Se, come non sembra da escludere, l'accordo polono-sovietico è destinato a provocare una tensione dei rapporti fra Berlino e Varsavia, l'U.R.S.S. avrà raggiunto senza sforzo un notevole risultato e cioè la disunione fra due suoi avversari potenziali.

A ciò si aggiunga che il Governo di Mosca avrà buon gioco per sfruttare largamente il presente accordo ai fini della sua propaganda, mettendo in mostra, con nuovi argomenti, il tanto decantato spirito pacifico e collaborazionista della politica dell'U.R.S.S.

Considerando da una parte questi vantaggi e dall'altra parte le conseguenze sfavorevoli, e forse molto pericolose, che l'accordo può comportare per la Polonia nei rispetti della Germania, si deve concludere che l'U.R.S.S. ne sarà la principale, se non la sola, beneficiaria.

Sarà intanto interessante di seguire le reazioni che l'accordo susciterà nei piccoli Paesi «neutrali» (specialmente negli Stati Baltici ed in Finlandia), i cui rappresentanti a Mosca si mostrano particolarmente impressionati dali' avvicinamento polono-sovietico.

È troppo presto per fare previsioni sui possibili sviluppi dell'accordo e per esaminare se l'avvicinamento odierno sia destinato a consolidarsi e ad evolvere fino a diventare una vera e propria intesa politica. Fra l'Unione Sovietica e la Polonia esistono troppe incompatibilità congenite, troppe diffidenze ereditarie e troppe occasioni di malintesi ed incidenti perché simile evoluzione appaia di facile e di pronta realizzazione. Molto dipenderà però dalla sorte dei rapporti tedesco-polacchi ed in genere dai futuri sviluppi della situazione politica nell'Europa orientale5•

475 1 Questa nota costituiva il testo di un comunicato diffuso lo stesso 28 novembre a Roma e a Londra dopo che, per una fuga di notizie, la stampa francese aveva rivelato che erano in corso contatti per la visita di Chamberlain a Roma (vedi ED, vol. Il!, DD. 458 e 459). È solo dopo questa indiscrezione che l'ambasciatore von Mackensen veniva informato da Ciano della visita che si stava preparando e delle sue origini (vedi DDT, vol. IV, D. 410).

476 1 T. 6160/91 R. del 26 novembre. Comunicava l'imminente conclusione di un accordo tra Polonia e Unione Sovietica che avrebbe rappresentato «una svolta importante della politica di Mosca e di Varsavia».

476 2 Riferimento a telegramma Stefàni.

476 3 Vedi D. 399.

476 4 VediD.121,nota2.

477

IL MINISTRO AD ATENE, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 7863/985. Atene, 28 novembre 1938 1•

Al suo ritorno da Ankara il Presidente Metaxas ha fatto alla stampa una dichiarazione sulla politica estera della Grecia di cui trasmetto qui unito il testo francese pubblicato dal Messager d'Athènes di ieri.

Quantunque il Presidente greco abbia creduto opportuno di premettere che nulla è mutato circa la situazione internazionale della Grecia, la sua comunicazione venendo alla luce oggi, e cioè dopo i recenti viaggi dei Sovrani balcanici, i loro convegni e

quelli dei loro capi di governo, è un nuovo segno dell'inquietudine e delle preoccupazioni che si sono fatte strada nell'opinione pubblica e nel governo ellenico, dopo la soluzione della crisi cecoslovacca. Le decisioni di Monaco infatti -sanando molte delle ingiustizie dei trattati di Versaglia-hanno ridato attualità ai rapporti fra la Bulgaria e gli altri Stati balcanici ed hanno risvegliato le aspirazioni territoriali bulgare che sembravano sopite dopo gli accordi di Belgrado 2 e di Salonicco3•

Non è mio compito riferire sulle ripercussioni dirette che le decisioni di Monaco e di Vienna hanno provocato in Bulgaria, ma le mie conversazioni con Metaxas e con alcuni miei colleghi balcanici mi fanno ritenere che di tali ripercussioni si sono preoccupati e si preoccupano grandemente i governanti greci. Il convegno fra Stojadinovié e Kiosseivanov a Nis 4 , la visita del Principe Paolo al Re Carol 5 , e soprattutto l'azione che-a quanto mi è stato recentemente confermato da varie attendibili fonti -avrebbe svolto l'Inghilterra, coadiuvata dalla Francia, presso gli Stati balcanici per indurii a <<contentare» la Bulgaria non potevano non preoccupare il governo greco. Metaxas si è forse domandato se -in caso di crisi -la Grecia avrebbe potuto fare cieco affidamento su tutti i suoi alleati o se piuttosto questi non avrebbero cercato di tacitare la Bulgaria a spese della Grecia.

Altro motivo se non d'inquietudine almeno di ansietà per il goverrno ellenico è quello di sapere se la politica della Turchia di lsmet sarà, nei riguardi della Grecia, identica alla politica di Kemal. Le notizie che qui circolano sulla personalità di Ismet, sulle sue simpatie per la Germania e sul suo desiderio di fare una politica per così dire meno mondiale e più balcanica di quella del suo predecessore, spiegano l'ansietà greca soprattutto se si tiene presente che la cordiale amicizia con la Turchia è stata finora uno dei caposaldi della politica estera ellenica.

Una prova diretta delle preoccupazioni greche è data dal fatto che questa stampa (controllata dal Governo) non solo non ha fatto cenno del discorso del Signor Moscianov circa le rivendicazioni territoriali bulgare6 ma-a quanto mi ha assicurato questo mio collega bulgaro7 -nel riprodurre la dichiarazione di politica estera fatta dal Presidente del Consiglio Kiosseivanov alla Camera ne ha completamente trasformato i l testo nella parte che si riferisce ai rapporti greco-bulgari8. Non solo, ma alle rimostranze del Ministro di Bulgaria questo Sottosegretario permanente al Ministero degli Affari Esteri ha risposto che la «modificazione» era stata fatta per evitare false interpretazioni ed incresciose ripercussioni nell'opinione pubblica greca.

(vedi D. 223, nota 4).

477 1' Vedi D. 375, nota 16.

477 s Nel suo discorso alla Camera del 17 novembre, Kiosseivanov aveva dichiarato che il gover

no bulgaro avrebbe continuato i suoi sforzi per risolvere in modo soddisfacente le questioni in sospeso con Grecia e Romania. 11 testo delle dichiarazioni di Kiosseivanov è in Relazioni Internazionali, p. 844.

476 5 L'importanza dell'intesa raggiunta tra Polonia e U.R.S.S. era sottolineata anche dall'incaricato d'aftàri a Varsavia, Carissimo, che, pur constatando come i due governi si fossero limitati a confermare gli accordi precedenti senza aggiungerne di nuovi, osservava: «Ciò però non toglie che il chiarimento nelle relazioni con l'U.R.S.S. abbia per la Polonia un'importanza sul piano internazionale che non conviene sottovalutare. Da alcuni si vuole vedere intanto in quest'atteggiamento polacco un avvertimento all'indirizzo della Germania, la cui posizione nella questione della Russia Subcarpatica in relazione a supposte mire di un'azione tedesca da svolgere in avvenire in Ucraina, ha prodotto in Polonia un malcelato disappunto .... Da altri, si vuole vedere anche un avvertimento alla Romania, la cui attitudine più recente ha scontentato la Polonia. E infine non manca chi vede nel chiarimento dei rapporti polacco-sovietici un avvertimento di Varsavia all'indirizzo della Francia, la quale, a seguito della crisi cecoslovacca e dell'atteggiamento della Polonia durante la crisi stessa, mostra di attenuare il suo interessamento al problema della sicurezza dell'Europa Orientale» (telespresso 3210/1176 del 2 dicembre). Sull'argomento si veda altresì il D. 492 da Berlino.

477 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

477 2 Riferimento al trattato di amicizia tra Bulgaria e Jugoslavia del24 gennaio 1937 (vedi D. 363, nota 5). 477' Riferimento agli accordi del 31 luglio 1938 tra la Bulgaria e gli Stati dell'Intesa Balcanica

477 4 Del 31 ottobre. Su di esso si veda il D. 375.

477 5 Del 4-5 novembre, a Bucarest. Vedi D. 387.

477 7 Dimitri Chichmanov.

478

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8320/2499. Berlino, 29 novembre 1938 1

Giusta le istruzioni impartitemi dalla E.V. con telegramma n. 450 del 26 corrente2 , ho intrattenuto Ribbentrop circa la questione della garanzia alla Cecoslovacchia.

Von Ribbentrop si è mostrato da principio in materia un po' «vago». Gli ho allora tradotto quasi per intero il promemoria rimesso dal Chvalkovsky a Fransoni 3 .

La cosa è prematura, egli mi ha risposto: bisogna aspettare. Del resto, la questione della garanzia internazionale della Cecoslovacchia è meno chiara di quanto si creda. Da una parte, Inghilterra e Francia hanno dichiarato di considerare la propria garanzia come già in atto; dall'altra, è evidente che l'Inghilterra cerca di svincolarsi da un impegno troppo frettolosamente assunto e che la Francia si avvia essa stessa verso il disinteressamento dalla questione cecoslovacca.

Quanto all'Italia, ha proseguito testualmente Ribbentrop, il Duce ha già dichiarato il suo «disinteressamento». Resta la Germania, «la cui garanzia è l'unica che conti, e, date le circostanze, possa contare». E la Germania non garantirà niente fin quando non sia sicura che la Cecoslovacchia dia a sua volta garanzia di non ricadere nella politica di Benes (vedansi le dichiarazioni fatte dal FUhrer all'Ambasciatore del Belgio: mio rapporto n. 8233/2493 del 25 corrente 4).

Su questo punto, ritenuto da parte tedesca essenziale, Ribbentrop mi ha detto che si riserva di intrattenersi personalmente con Chvalkovsky a Berlino: in quale data ancora non sa.

Frattanto, la questione della garanzia, segna automaticamente il passo e non è da escludere che qui si pensi o a far svaporare. per così dire. l'impegno di Monaco per una garanzia «internazionale» alla Cecoslovacchia, oppure a mettere la garanzia tedesca sopra un piano diverso da quella degli altri garanti 5•

Dal promemoria su questo colloquio redatto da von Ribbentrop (in DDT, vol. IV, D. 408) risulta che il ministro degli Esteri tedesco informò Attolico che il governo ungherese si era rivolto a Berlino offrendo di aderire al Patto Anticomintern e che von Ribbentrop aveva fatto rispondere di essere in linea di principio favorevole ma allo stesso tempo aveva fatto chiedere agli ungheresi se erano pronti ad abbandonare la Società delle Nazioni. Von Ribbentrop, nell'incaricare Attolico di portare tuttociò a conoscenza di Ciano, aveva espresso il desiderio che Italia e Germania dessero contemporaneamente una risposta affermativa agli ungheresi.

478 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

478 2 Vedi D. 468.

478 3 Vedi D. 448.

478 4 Vedi D. 464.

478 5 Il documento ha il visto di Mussolini.

479

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 8321/2500. Berlino, 29 novembre 1938 (per. il 2 dicembre).

Dopo aver parlato d'altro, ho domandato ieri a Ribbentrop se vi fosse qualcosa di nuovo per quanto riguarda la Rutenia. Egli mi ha risposto di no, al tempo stesso riassumendo nuovamente il pensiero suo e del Ftihrer sulla questione. Questo riassunto merita di essere segnalato alla E.V.

<< We are rather uninterested in the questiom> egli ha incominciato. Tuttavia, abbiamo pensato che, a poche settimane dall'arbitrato di Vienna, una qualunque azione ungherese in Rutenia fosse ((per il momento» inopportuna. Fra l'altro, un'azione intrapresa, alle porte stesse del Reich, e di cui nessuno poteva prevedere gli sviluppi, avrebbe potuto finire per coinvolgere la stessa Germania e ciò in un momento in cui questa non sarebbe stata, né pronta, né disposta a lasciarsi trascinare in un'avventura.

Come si vede, questo linguaggio era evidentemente, se non in contrasto, per lo meno non del tutto corrispondente-nel suo tono e nella sua portata-a quello tenutomi ancora dieci giorni fa 1• Lo stesso Ribbentrop se ne è accorto e mi ha aggiunto che, in fondo, la ragione vera del risentimento a suo tempo manifestato dal Ftihrer e da lui era che non si poteva, a così breve distanza dall'arbitrato di Vienna intraprendere un'azione che praticamente avrebbe suonato sfida all'arbitrato stesso. L'Ungheria deve d'altra parte capire. ha concluso Ribbentrop, che essa non può «scherzare così con la Germania», né-ha aggiunto subito dopo-con l'Italia.

È questo un linguaggio molto interessante e che merita, ripeto, essere segnalato alla E.Y. 2 .

480

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 8335/2513 1 . Berlino, 29 novembre 1938 2 .

Telegramma di Y.E. n. 4443 e mio telegramma n. 559 del 25 corrente 4 . Ho rinnovato ieri a Ribbentrop la domanda che avevo posto giorni fa a Woermann: cosa è stato fatto di «nuovo» a Parigi?

Risposta: di nuovo, niente. È chiaro però che, sulla base degli accordi già esistenti, i governi francese e inglese, hanno coordinato, meglio ancora che in passato, i loro sistemi di difesa. Prova ne sia l'annunciata visita a Parigi di Kingsley-Wood. Evidentemente egli si occuperà di una più efficace organizzazione della difesa aerea comune.

Ulteriormente richiesto se credesse che l'Inghilterra avesse ceduto alle richieste [francesi per] un rafforzamento del corpo di spedizione [britannico] in Francia previsto per il caso di [guerra. Ribbentrop] mi ha detto di non avere in profposito elemento alcuno.]

Dato il tenore delle [risposte avute io non] mi sono ritenuto autorizzato [a spingermi] oltre, preferendo attendere allo scopo eventuali ulteriori istruzioni delI'E.V.

Devo tuttavia, per l'esattezza, rammentare aii'E.V. che, secondo la concezione di Ribbentrop, mentre gli accordi anglo-francesi non hanno subito a Parigi alcun rafforzamento e tanto meno alcuna trasformazione, gli accordi stessi sono già tali da equivalere. ad ogni effetto, ad una vera e propria alleanza militare 5 .

479 1 Vedi D. 426.

479 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

480 1 Il documento è danneggiato dall'umidità.

480 2 Manca l'indicazione della data di arrivo.

480 3 Vedi D. 456.

480 4 L'ambasciatore Attolico aveva avuto, il 25 novembre, un colloquio con il sottosegretario di Stato alla Wilhelmstrasse, Woermann, sul quale aveva riferito con T. S.N.D. 6150/559 R. dello stesso

481

IL MINISTRO AD ATENE, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATO 7969/988. Atene, 29 novembre 1938 (per. il 4 dicembre).

Credo opportuno riferire a Vostra Eccellenza quanto segue:

l. Alcuni giorni or sono venne a vedermi il Signor Vlachos, proprietario e direttore della Kathimerini, ~uno dei giornali più importanti di Atene; ~ed amico personale di Metaxas. Egli mi disse che era appena ritornato da un viaggio a Sofia, Belgrado, Ankara e Budapest durante il quale aveva avuto agio di constatare che quasi

giorno. Il documento è molto danneggiato dall'umidità. Da quanto si riesce a leggere, Woermann, interrogato in proposito da Attolico, aveva detto che, secondo le notizie giunte a Berlino, i temi principali dell'incontro franco-britannico di Parigi erano stati: a) uno scambio di vedute circa gli armamenti dei due Paesi, ritenendosi insufficiente da parte britannica la forza aerea della Francia e, da parte francese, considerando insufficiente l'entità del previsto corpo di spedizione continentale britannico; b) la concessione della belligeranza a Franco, sulla quale il governo francese continuava a fare delle resistenze; c) il problema della restituzione delle colonie tedesche, problema che entrambi i governi ritenevano inopportuno affrontare in quel momento. Attolico aveva quindi chiesto «con riferimento al primo punto e anche agli effetti delle notevoli ripercussioni sui rapporti itala-tedeschi», se poteva darsi che dall'incontro di Parigi fosse venuta fuori una trasformazione o quanto meno un rafforzamento dei legami tra i due Paesi sul terreno militare: la risposta di Woermann non è leggibile.

Dal breve promemoria redatto da Woermann di questo colloquio (in DDT, vol. IV, D. 363) risulta soltanto che Attolico ricevette il testo della prossima dichiarazione franco-tedesca.

5ll

tutti quei Paesi tàcevano una politica molto più realistica della Grecia e cioè più intonata a quella dell'asse Roma-Berlino. A suo avviso, essi erano nel vero. La Grecia invece -ispirandosi ancora a delle vecchie tradizioni che avevano ormai perduto molto del loro valore-continuava ad agire nell'orbita inglese e ciò facendo si preparava nuove disillusioni. Egli aveva pertanto pensato di iniziare nel suo giornale una campagna in favore di una politica di stretto riavvicinamento all'Italia e chiedeva quindi il mio appoggio. Avrebbe in seguito desiderato di recarsi in Italia per vedere e parlare con Vostra Eccellenza ed, eventualmente, col Duce.

Risposi al signor Vlachos che ero lieto di apprendere le sue constatazioni, ma che sarebbe stato più utile ai fini che si proponeva che tali constatazioni egli avesse comunicato al Signor Metaxas, che era il responsabile della politica estera greca. Quanto al suo viaggio in Italia al momento opportuno ne avremmo riparlato ed io avrei preso le dovute istruzioni da Vostra Eccellenza.

Come ho detto più sopra, il Vlachos è notoriamente amico di Metaxas ed uno dei rari giornalisti che il Presidente greco vede ed ascolta. Non oserei affermare che egli sia stato inviato da me dallo stesso Metaxas, ma ritengo che prima di venire a vedermi lo abbia informato della sua visita e dello scopo di essa.

2. Essendomi lo stesso giorno recato per questioni di ordinaria amministrazione dal Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri ed avendogli fra l'altro portato il diploma dell'onorificenza da Vostra Eccellenza concessa due anni or sono al signor Metaxas, con preghiera di consegnarlo al suo destinatario, il signor Mavrudis mi chiese se avrei avuto difficoltà a rimetterlo personalmente io stesso al Presidente, aggiungendo che questi avrebbe certamente avuto piacere di vedermi e d'intrattenersi con me. Risposi che non avevo pensato di disturbare il Presidente per una così piccola cosa ma che sarei stato in ogni modo anch'io lieto di vederlo; lo pregai pertanto di fissare, egli stesso, la data della mia visita. L'appuntamento mi fu subito fissato e due giorni dopo fui ricevuto da Metaxas. Questi nel ringraziarmi mi disse quanto apprezzasse l'onorificenza italiana, dati i suoi sentimenti di attaccamento ali 'Italia dove aveva lungamente vissuto durante il suo esilio, e di ammirazione per la persona del Duce e per il Governo Fascista ai cui principi egli cercava di ispirarsi nel governare la Grecia. Io so-egli aggiunse subito-che in Italia non si crede alla mia sincerità, eppure essa è vera. Mi rincresce moltissimo che la mia situazione di capo di governo, nelle condizioni speciali che voi conoscete. non mi consenta di assentarmi lungamente da Atene, altrimenti sono convinto che parlando col Conte Ciano e col Duce riuscirei a convincerli. So che in Italia si rimprovera alla Grecia di essersi mostrata troppo ligia alla politica inglese nel Mediterraneo, ma io posso ripetervi ancora una volta che la Grecia ha sempre cercato di fare una politica di equilibrio fra i due Grandi Paesi mediterranei, sentendosi essa stessa troppo piccola per potere parteggiare per l 'uno o per l'altro. Vi sono state -è vero -le sanzioni ma esse furono una deprecabile necessità alla quale furono costretti molti altri Paesi oltre la Grecia. Io non ero al governo a quell'epoca. La Grecia d'altra parte fu uno dei primi Paesi che abolì la sua Legazione ad Addis Abeba, dando così un esempio che fu più tardi seguito dagli altri. Al gesto dell'abolizione non fu-purtroppo -potuto dare lo sviluppo che occorreva, ed io rimpiango che le circostanze internazionali non mi hanno permesso in prosieguo di tempo di accogliere le vostre suggestioni personali, di trovare e patrocinare a Ginevra una formula che sbarazzasse

l'Europa dell'affare etiopico. Occorre però non dimenticare che la Grecia è troppo

piccolo Paese per poter prendere delle iniziative internazionali in contrasto con

quelle delle Grandi Potenze.

Ho risposto a Metaxas che io lo credevo personalmente sincero quando mi parlava con commozione dei ricordi della sua vita di esilio in Italia; che lo sapevo uomo di Stato troppo acuto per dubitare della sua ammirazione per il Duce e per il Governo Fascista e per non ammettere che, nell'interesse della Grecia, egli aveva fatto tesoro, nella sua opera di governo, di molti dei principi dell'ideologia fascista; anzi, io dovevo felicitarmi con lui se grazie ad alcuni di quei principi egli era riuscito in poco tempo a riorganizzare etTtcientemente molte manifestazioni della vita nazionale ellenica. Per quanto però si riferiva alla politica estera praticata dalla Grecia non potevo non rilevare che essa si era finora svolta nell'orbita britannica, non solo, ma, alle volte, aveva anche assunto carattere non amichevole verso l'Italia. Gli ho ricordato Nyon e le famose riserve greche circa le zone di sorveglianza da assegnarsi ali' ltal i a. Ho accennato ali' azione di Politis a Ginevra ed ho concluso che, dopo un mio soggiorno in Grecia che durava ormai da più di tre anni, avevo dovuto convincermi che l'opinione pubblica ellenica non era ancora riuscita a formarsi un'idea esatta di quello che era l'Italia di Mussolini. Essa, giudicando forse su vecchie formule e su tradizioni vuote di contenuto, credeva che fosse suo interesse far pendere la bilancia dal lato opposto a quello dell'Italia. Io potevo anche-a stretto rigore -rendermi conto che era difficile per un piccolo Paese di stabilire la sua linea di condotta di fronte al contrasto di due vicini molto più grandi e potenti di lui, ma lasciavo al suo realismo di uomo di Stato greco di giudicare quale sarebbe stata la posizione della Grecia se, in caso di crisi, essa si fosse trovata dal lato opposto a quello dell'Italia.

Metaxas ha replicato: Vi rinnovo l'assicurazione, già tàttavi in altre occasioni che fra noi e l'Inghilterra non esiste alcun accordo politico ed aggiungo anzi che, anche nell'ora di crisi e di ansia che ha recentemente traversato l'Europa, la situazione della Grecia, da me definita e dichiarata a tutti. era quella della più stretta neutralità. Quanto al! 'infelice episodio di Nyon, cui il vostro governo diede forse un peso eccessivo, esso fit più che altro un errore di tattica da parte nostra, e non era menomamente nelle nostri intenzioni di volerjàre alla Marina italiana una situazione differente di quella fatta al! 'inglese ed alla fi"ancese. D 'altra parte io mi auguro e spero che il Governo italiano voglia dimenticare questo malaugurato incidente e che tutte le volte che io vi parlerò del mio desiderio di fare una politica d 'intesa con l'Italia non mi senta rinfacciare Nyon. Permettetemi infine di dirvi che non è esatto ritenere che l'opinione pubblica ellenica non si renda ancora conto di quello che è l'Italia creata dal Duce e dal Fascismo. Vi posso assicurare che dopo la guerra d'Etiopia, dopo la vostra controversia con l'Inghilterra e la sua soluzione, e -soprattutto -dopo Monaco e Vienna, il giudizio è mutato. I greci, che non sono degli sciocchi («des sots»), si sono resi conto del peso che rappresenta nella politica mondiale l'Italia di Mussolini. Come capo di governo di questo Paese io ne ho avuto innumerevoli prove specialmente nei momenti dell'ultima crisi internazionale. Vi prego-se credetedi riferire quanto io vi ho detto al vostro governo.

Nel prendere congedo ho detto a Metaxas che contando venire fra poco per qualche giorno in Italia avrei riferito a Vostra Eccellenza la nostra conversazione.

3. L'indomani della mia visita al Presidente greco ho incontrato il Sottosegretario permanente al Ministero degli Affari,Esteri, signor Mavrudis. Questi mi ha spontaneamente detto che il suo capo lo aveva esattamente messo al corrente della nostra lunga conversazione. Avendogli chiesto come dovevo interpretare le cose dettemi, mi ha risposto che, dopo aver parlato con Metaxas, egli poteva senza esitazione affermare che esse dovevano esser interpretate come il vivo desiderio di quest'ultimo di ridare cordialità ai rapporti fra l'Italia e la Grecia1•

480 5 Il documento ha il visto di Mussolini.

482

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6214/147 R. Bucarest, 30 novembre 1938, ore 20,45 (per. ore 24).

Ministro degli Affari Esteri mi ha intrattenuto ieri sul vivissimo desiderio di Re Carol che le quattro grandi Potenze consentano idea elevare ad ambasciata loro rappresentanza a Bucarest. Mi ha detto che Gran Bretagna ha manifestato favorevole disposizione pur facendo comprendere non essere in grado di procedere immediatamente avendo dovuto rispondere in senso negativo ad altri che avevano avanzato analoga richiesta. Governo britannico aveva però aggiunto che se altre grandi Potenze oltre Francia avessero elevato ad ambasciata le loro legazioni a Bucarest, Gran Bretagna sarebbe stata lieta fare una eccezione per la Romania. Ho subito fatto rilevare a ministro degli Affari Esteri che in sostanza problema riconoscimento alla Romania di un più alto rango tra le Potenze europee non era stato risolto con la creazione ambasciata di Francia e di Polonia e che soltanto le due nazioni de li'Asse potevano dare alla Romania quell'investitura che Re Caro] agognava da anni. Ministro degli Affari Esteri ne ha convenuto e ha aggiunto essere sua impressione che una richiesta romena a Berlino, che egli si preparava avanzare oggi, avrebbe incontrato favorevole orecchio. Dopo di che si è dilungato a sottolineare quale sviluppo potrebbero avere rapporti italo-romeni dimostrandosi particolarmente ansioso sentire da parte mia parole incoraggianti. Ministro degli Affari Esteri, inoltre, pur senza farsi apertamente interprete delle gravi preoccupazioni ormai qui generalizzate che Romania possa apparire sia all'interno che all'estero come destinata infeudarsi alla Germania, ha insistito tuttavia sulla necessità che l 'Italia venga ad occupare in questo Paese una posizione che, senza essere in contrasto, possa comunque bilanciare posizioni tede

sche. In conclusione, questi signori si rendono conto necessità marciare verso l'Asse. Acquista particolare significato il fatto che, nonostante primo contatto tra Re Caro! e Hitler 1 , qui si continua sperare poter imbroccare la via dell'Asse dalla porta di Roma. Ministro degli Affari Esteri ha ancora alluso sua aspirazione di essere invitato a Roma e soprattutto all'aspirazione di Re Caro! di visitare nostra Corte e prendere diretto contatto con il Duce. Senza raccogliere tali sue allusioni ma avendo cura di non lasciare nulla cadere, ho dichiarato a ministro degli Affari Esteri che al suo governo si presentava in questi giorni occasione di mostrare volontà di una effettiva intima collaborazione con l'Italia dando maggiore ampiezza accordi commerciali in discussione a Bucarest2 . Gli ho detto che, mentre potevo dichiararmi soddisfatto del progresso negoziati, se azione doveva limitarsi al normale intercambio commerciale non mi pareva che trattative si fossero finora spinte su un più vasto piano, il solo capace dare ad esse un vero e proprio significato politico. Su tale argomento mi propongo intrattenere Sovrano a cui ho fatto chiedere udienza per senatore Giannini. Ministro degli Affari Esteri mi ha ringraziato dei miei consigli promettendo agire nel senso da me indicato. Ha tenuto sottolineare che il suo passo presso di me aveva carattere ufficiale e che richiesta analoga Romania avrebbe fatto presente governo di Roma e di Berlino anche attraverso sue rappresentanze. Nel caso V.E. ritenesse che nel mio colloquio con Sovrano io debba usare particolare linguaggio pregherei farmi pervenire con urgenza opportune istruzioni.

481 1 ll documento ha il visto di Mussolini.

483

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1909/1237. Praga, 30 novembre 1938 (per. il 9 dicembre).

Il recente comunicato polacco-sovietico circa i rapporti tra i due Stati 1 ha suscitato in questi circoli politici e nella stampa vasta risonanza.

Il motivo dominante dei commenti è che la Polonia -di fronte alla chiara volontà germanica di impedire la realizzazione della frontiera comune ungaropolacca e di proteggere la minoranza ucraina della Russia Subcarpartica -cerchi

ora nell'U.R.S.S. un appoggio contro mire espansionistiche del Reich verso oriente. Ad eventuali affermazioni di Varsavia che la politica polacca verso la Germania non subirà alcun cambiamento si oppone che, esistendo già un patto di non aggressione polacco-sovietico2 , la nuova intesa deve rappresentare qualche cosa di più e precisamente qualche cosa che è diretta contro la Germania. Si mette poi in rilievo che, mentre un anno fa la Polonia fece cadere il sistema di sicurezza collettiva tentato dalla Francia e preparò alla Germania il terreno per attaccare la politica cecoslovacca verso le minoranze, oggi «la politica di Beck prende una piega inattesa, accorgendosi della situazione effettiva soltanto ora che la Germania rivolge la sua attenzione verso l'est».

In alcuni ambienti, prevedendosi che la dichiarazione polacco-sovietica sarà seguita da una intensificazione di rapporti fra Varsavia e Mosca, si avanza l'ipotesi che possa derivarne un avvicinamento della Romania alla Germania. Bucarest -si dice -ha un patto con Varsavia3 per la reciproca assistenza contro Mosca, ma il valore di tale patto indubbiamente diminuirà con lo stabilirsi di nuove relazioni fra la Polonia e l'U.R.S.S., e allora-si domanda-non è forse possibile che la Romania cerchi la propria sicurezza avvicinandosi al Reich?

Il Prager Tagblatt in una corrispondenza da Berlino scrive: «<l giornale Hamburger Fremdenblatt dichiara che quanto era stato raggiunto a Monaco nei riguardi della Russia viene distrutto dal nuovo accordo russo-polacco. Se Monaco aveva escluso la Russia dall'Europa, la situazione è ora diversa perché la Polonia ha riportato la Russia in Europa».

Naturalmente quasi tutti i commenti della stampa sono ispirati da un certo astio verso la Polonia, astio proveniente dalle vecchie rivalità fra i due popoli slavi e dalle recenti imposizioni di Varsavia a Praga. Il Ceske Slavo dice: «Tenendo presente i rapporti precedentemente esistiti fra la Polonia e i Sovieti, l'accordo odierno ci dice che nel mondo attuale tutto è possibile: è un mondo cinico e brutale in cui valgono soltanto gli interessi più egoistici del momento per i quali tutti i mezzi sono buoni». Spesso affiora una certa speranza che un giorno o l'altro anche Varsavia possa subire la sua umiliazione. «Non auguriamo nulla di male alla Polonia, ma temiamo che essa cerchi di salvarsi troppo tardi»-scrive il Ceske Slavo «L'incubo della quarta spartizione -pubblica il Bohemia -psicologicamente comprensibile presso i patrioti polacchi dopo le tre spartizioni storiche del Paese, non svanirà col tentativo fatto dalla Polonia di cercare protezione presso la Russia sovietica, visto che tale protezione è assai problematica». Il commento più benevolo è quello dello Slovak il quale scrive che la nuova sistemazione dei rapporti polacco-sovietici è «una necessità derivante dalla posizione odierna della Polonia in Europa».

483 3 Riferimento al trattato di garanzia del 26 marzo 1926. Vedi D. 124, nota 4.

482 1 Vedi D. 490, nota 3.

482 2 Una delegazione italiana presieduta dal senatore Giannini era giunta a Bucarest il 6 novembre per negoziare dei nuovi accordi commerciali. Le trattative si concludevano il 3 dicembre con la firma di quattro accordi, due relativi al regime degli scambi e dei pagamenti e altri due concernenti il regime fiscale. Il testo degli accordi è in Trattati e convenzioni, vol. LI Il, pp. 436-480.

483 1 Riferimento alla dichiarazione polacco-sovietica del 26 novembre precedente. Vedi D. 476.

483 2 Vedi D. 121, nota 2.

484

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 5804/2232. Sofia, 30 novembre 1938 1•

Mio te l espresso del 22 corrente 5686/2196 2 . Due circostanze verificatesi nelle scorse settimane non hanno mancato di destare la più viva attenzione di questa opinione pubblica.

Da una parte le replicate dichiarazioni del governo britannico, le quali, riconoscendo l'importanza delle situazioni economiche tedesche in questa parte di Europa, inducono a concludere che vi è da parte dell'Inghilterra una sostanziale rinuncia alla più volte asserita possibilità di un suo maggiore interessamento a questi mercati.

Dali' altra, l'avvenuto accordo economico anglo-americano 3 e la discriminatoria in tale occasione pronunziata rispetto all'applicazione delle clausole preferenziali previste dal detto accordo, nei riguardi della Germania.

Circa il primo punto, mi richiamo ad un comunicato del 2 corrente del DNB, che allude ali' intenzione britannica di non aumentare le proprie posizioni economiche in Romania, comunicato che è stato anche ripubblicato assai largamente da questa stampa, e alle dichiarazioni che sarebbero state fatte ai sensi di un comunicato Havas dello stesso giorno dal presidente del Board of Trade circa la mancanza di basi per nuovi accordi commerciali anche con la Cecoslovacchia.

Circa il secondo punto, cito segnatamente le dichiarazioni del ministro del Commercio britannico signor Stanley alla Camera dei Comuni, il quale avrebbe confermato che «per ciò che consta, le concessioni accordate dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna saranno estese a più Paesi, eccettuato la Germania».

Le considerazioni che vengono desunte da queste circostanze portano tutte alla diffusa convinzione che oramai i mercati del l 'Europa sudorientale si avviano a dover subire una rinnovata ed aumentata pressione dell'economia germanica alla quale i mercati transatlantici accennano ad essere preclusi. Occorre dire che tale convinzione non è disgiunta da assai serie preoccupazioni.

È apparso peraltro un correttivo alla circostanza di cui sopra il fatto, sia dell'invio della missione economica francese 4 della quale ho riferito e che si trova attualmente a Sofia, sia l'asserito viaggio del signor Constantinescu, ministro romeno dell'Economia, a Londra per la stipulazione di un prestito di 2 milioni e mezzo di sterline.

Naturalmente occorre tener presente che la missione economica francese, nonostante la non piccola propaganda di stampa fatta al suo riguardo, si sta per ora dibattendo, almeno nei confronti del governo bulgaro, in sufficienti difficoltà anche per la

pratica applicazione della prima operazione finanziaria stipulata, come è noto, dalla Banca franco-inglese nei mesi scorsi con la Bulgaria, mentre, d'altra parte, la cifra probabile che viene indicata a proposito dell'operazione che andrebbe a stipulare il signor Constantinescu sarebbe singolarmente più esigua di quelle di cui si era parlato in precedenza. Occorre anche aggiungere che nello stesso dibattito del rinnovo del prestito estero bulgaro, che ha avuto ultimamente luogo a Londra non sembra che da parte inglese si sia mostrato di far molto per facilitare la Bulgaria.

Finalmente altro indizio che contrasterebbe con l'affermato disinteressamento britannico in Europa sudorientale sarebbe anche l'invio di una missione economica in Jugoslavia presieduta dal presidente della Camera di commercio di Londra, signor Stevens, con lo scopo di creare alcune filiali di detta Camera nei vari centri della Jugoslavia.

L'interesse con cui questa opinione segue e registra tali indizi che potrebbero dimostrare che il disinteressamento economico francese ed inglese in questa parte di Europa non sarebbe così completo come altri ha voluto affermare, dimostrano per contro la consistenza delle preoccupazioni nutrite per l'eventualità di un aumento della pressione germanica: e trovano anche qualche riscontro nell'ordine politico, laddove, come ho riferito a V.E., si ama di credere ad una comprensione inglese dei problemi nazionali bulgari in vista di un futuro migliore assetto della Balcania.

A quest'ultimo riguardo devo segnalare a V.E. che anche recentemente questo ministro di Germania mi ha mostrato di dare qualche credito a tale possibilità.

484 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

484 2 Non rintracciato.

484 3 Vedi D. 417, nota l.

484 4 La missione economica francese era giunta il 28 novembre a Sofia provienente da Bucarest. Ne ripartì il 6 dicembre.

485

IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 10309/2035. Vienna, 30 novembre 1938 (per. il 4 dicembre).

Mio telespresso del l o corrente n. 9254/1784 1•

Col telespresso qui sopra indicato ebbi a riferire come in questi ambienti polacchi vi fosse una notevole preoccupazione per l'appoggio dato dalle Autorità tedesche agli ucraini residenti in Germania e per il proposito attribuito al Governo del Reich, di creare una Grande Ucraina, composta dall'attuale Ucraina, dalle province polacche della Galizia Orientale e della Russia Subcarpatica.

Recentemente l'Agenzia I. P A. (Jnternationale Presse Agentur) in data 25 corrente ha diramato un comunicato nel quale si combatte l'assegnazione della Russia subcarpatica all'Ungheria e si affronta apertamente la questione della Grande Ucraina. Allego una traduzione di tale comunicato 2 , nel quale si sostiene che l'auto-deci

485 2 Non pubblicato.

sione dei russi subcarpatici può essere contemplata solo nel quadro dell'autodecisione di tutto il popolo ucraino, che è composto di 45 milioni di uomini distribuiti tra Polonia, Cecoslovacchia e Russia sovietica, e si aggiunge: «Presto o tardi verrà una soluzione in questo senso, ed il corso della storia non può essere modificato e fermato da una politica particolare in Ungheria e in Polonia».

L'l.PA. è diretta dal cittadino svizzero Burri; essa, dopo essere stata proibita in Svizzera, ora ha la sua sede in Vienna.

Il surriferito comunicato rispecchia certo il pensiero delle Autorità tedesche e deve ritenersi autorizzato. Esso perciò ha accresciuto le preoccupazioni dei circoli polacchi i quali sono anche impressionati dalle più o meno tendenziose notizie riportate da questa stampa circa agitazioni ucraine nella provincia polacca della Galizia orientale.

Il punto di vista esposto nel comunicato, e cioè che l'arbitrato di Vienna, essendo stato accettato dalle parti interessate, non deve più dar luogo a discussioni, ha una indubbia base giuridica; ma, sia i polacchi, sia gli ungheresi comprendono che la Germania è soprattutto preoccupata che non venga indebolita (come si esprime il comunicato) la millenaria aspirazione del popolo tedesco alla supremazia nell'Oriente. Essi perciò si risentono per la tattica tedesca di fomentare il movimento ucraino nella Russia Subcarpatica al solo scopo di raggiungere le proprie mire espansionistiche. Queste infatti sarebbero impossibilitate dalla frontiera comune polacco-ungherese: i due Stati, che già un tempo furono riuniti sotto i Jagelloni ed hanno comuni tradizioni storiche, formerebbero una barriera non facilmente sormontabile.

D'altra parte, in questi ambienti politici il rinnovamento del patto di non aggressione polacco-sovietico 3 è stato oggetto di seria attenzione; e la Neue Freie Presse del 29 corrente ha commentato la notizia, rilevando che la Polonia continua la sua politica di equilibrio tra Germania e Russia.

Verso l'Ungheria, poi, vi è un vivo senso di irritazione per la sua «incontentabilità». La permanenza al potere di Imredy ed il ritiro di Kanya sono interpretati come un sintomo che prevarrà la politica di moderazione. Le Wiener Neueste Nachrichten hanno pubblicato sulle dimissioni di Kanya4 un articolo intitolato: «Ii Ballhausplatz», nel quale non si mostra alcun rimpianto per il ritiro del Ministro degli Esteri ungherese. In esso si rileva che venti anni dopo la fine della Monarchia austro-ungarica si ritira un diplomatico che era stato funzionario del Ministero degli Esteri Reale ed Imperiale e poi Ministro della Monarchia nel Messico, e che perciò conosceva bene la «scuola» del Ballhausplatz. Dopo aver detto che Kanya aveva ereditato da Andrassy la comprensione della necessità della collaborazione con la Germania, il giornale conclude rilevando che egli è rimasto al suo posto fin quando la politica internazionale era diretta dalle Potenze occidentali, che egli aveva imparato a conoscere al Ballhausplatz; oggi invece la scuola del Ballhausplatz che poneva le pretese delle dinastie e degli Stati al disopra dei diritti dei popoli, è definitivamente superata nell'Europa Centrale 5 .

485 4 Avvenute il 28 novembre. 485' Il documento ha il visto di Mussolini.

485 1 Non rintracciato.

485 1 Riferimento alla dichiarazione polacco-sovietica del26 novembre, per la quale si veda il D. 476.

486

IL PRESIDENTE DEL PARTITO CONTADINO CROATO, MACEK, ALL'INGEGNERE CARNELUTTI

Zagabria, 30 novembre 1938.

Le Soussigné Président du Parti Paysan Croate confirme que M. l'ingénieur Amedeo Carnelutti, membre actif et l'homme de confiance du dit parti est autorisé d'interpréter et expliquer le programme et !es buts du parti paysan croate 1•

487

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 623 i /228 R. Parigi, 1° dicembre 1938, ore 23,40 (pa ore 2,30 del 2).

Bonnet mi ha fatto chiamare d'urgenza stasera per dirmi la grave impressione qui prodotta dalle manifestazioni di ieri alla Camera Fascista e fuori 1•

Secondo una deposizione da lui resa nel marzo 1946 ad una commissione d'inchiesta del tribunale di Zagabria, l'ingegnere Carnelutti ebbe dapprima un colloquio con il capo di Gabinetto Anfuso e fu poi ricevuto da Ciano al quale disse che Macek intendeva ottenere una Croazia autonoma nel quadro di uno Stato federale jugoslavo; da parte sua, Ciano affermò che una Croazia indipendente anche se ali' interno della Jugoslavia rientrava negli interessi dell'Italia che voleva avere ad oriente un vicino tranquillo. Secondo Macek-riferì ancora l'ingegnere Carnelutti -la Croazia avrebbe dovuto comprendere la Croazia, la Slovenia fino alla linea llok-Mitroviza, la Dalmazia con Ragusa ma senza Cattaro e la Bosnia tino ai fiumi Vrbas e Narenta. Ciano domandò perché da parte croata non si chiedeva di più.

Non risulta che l'ingegnere Carnelutti abbia avuto altri contatti a Roma fino al marzo 1939.

Il testo del discorso di Ciano è in Relazioni Internazionali. pp. 838-841.

Lo stesso 30 novembre, Mussolini indicava al Gran Consiglio gli obiettivi di politica estera in una dichiarazione che Ciano così riportava nel suo Diario: «Vi comunico le mete prossime del dinamismo tàscista. Come è stata vendicata Adua, vendicheremo Valona. L'Albania diventerà italiana. Non posso, né voglio ancora dirvi quando e come. Ma lo sarà. Poi, per necessità della nostra sicurezza nel Mediterraneo che ancora ci costringe, abbiamo bisogno della Tunisia e della Corsica. Il conti ne deve andare al Varo. Non punto sulla Savoia perché è tùori dalla cerchia alpina. Tengo invece presente il Ticino perché la Svizzera ha perduto la sua forza di coesione ed è destinata un giorno a venir dislocata, come lo saranno molti piccoli Paesi. Tuttociò è un programma. Non posso tìssare termini di tempo. Segno soltanto le direttrici di marcia. Chiamerei a rispondere di tradimento chi rivelasse in tutto o in parte quanto ho detto».

Governo francese lamentava che tali manifestazioni non avessero determinato nessuna espressione moderatrice da parte del nostro governo. François-Poncet era stato perciò incaricato di intrattenere V.E. al riguardo.

Ho detto a Bonnet che non avevo altre informazioni tranne quelle pubblicate dai giornali, dalle quali risultava che il Presidente della Camera era intervenuto autorevolmente. Nulla potevo dirgli ufficialmente ma era chiaro come le manifestazioni di ieri fossero una prova dello stato d'animo attuale in Italia nei riguardi della Francia, non solo a causa del recente passato, ma anche della perdurante crisi. Parecchie gravi questioni, infatti, sono tuttavia in sospeso tra l'Italia e la Francia e fin quando non si potrà dare ad esse una soddisfacente soluzione non bisognerà illudersi che lo stato d'animo attuale possa modificarsi.

Bonnet mi ha risposto che, secondo le sue informazioni, tutti i francesi che si recavano in Italia vi trovavano le più simpatiche e cordiali accoglienze. Al che io gli ho naturalmente replicato che anche qui a Parigi mi erano state fatte liete accoglienze ma la cortesia non può modificare, né tanto meno risolvere, i gravi problemi politici che ancora incombono sui rapporti italo-francesi. Gli ho aggiunto che se in alcune classi sociali la cortesia e la cordialità non mancano, non si può tuttavia negare che il sentimento popolare italiano sia ostile alla Francia.

Bonnet ha finito insistendo sulle difficoltà della situazione parlamentare francese, le quali difficoltà si aggravano quando i suoi avversari possono avere dei pretesti per affermare il fallimento della sua politica.

Ho veduto oggi pure de Monzie. Egli mi ha detto che Daladier era stato molto colpito dell'accaduto e mi ha tenuto lo stesso discorso di Bonnet.

Gli ho risposto ugualmente, insistendo sull'impossibilità di farsi l'illusione di poter evitare l 'esplosione del nostro sentimento politico senza aver regolato le gravi questioni, tuttora esistenti, tra l'Italia e la Francia2 .

486 1 Nelle carte di Gabinetto non sono stati trovati altri documenti relativi ai colloqui che l'ingegnere Carnelutti ebbe a Roma a seguito dell'incarico avuto da Macek.

487 1 Riferimento alla manifestazione avvenuta il 30 novembre alla Camera italiana, quando, in occasione del discorso pronunciato da Ciano, alcuni deputati avevano gridato, senza che la presidenza dell'assemblea intervenisse, «Tunisi, Corsica» e anche «Nizza, Savoia». La manifestazione era stata ripetuta per le strade da gruppi di persone.

488

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6252/0223 R. Parigi, ] 0 dicembre 1938 (per. il 3).

Sciopero generale 24 ore ordinato dalla Confederazione Generale del Lavoro, ispirata e sostenuta dai comunisti è pressoché completamente fallito in tutta la Francia. Grossa maggioranza masse operaie, ferrovieri, funzionari, ecc. si è rifiutata obbe

487 è Circa il suo colloquio con Bonnet, l'ambasciatore Guariglia segnalava successivamente che il ministro francese aveva trovato modo di dirgli «con marcata insistenza» che il governo britannico, prima di mettere in vigore gli accordi con l'Italia «aveva chiesto il nulla asta della Francia». E aggiungeva: «Dato il trasparente desiderio del ministro di affermare~ in occasione della manifestazione alla Camera fascista~ la solidarietà anglo-francese, lasciai cadere il suo accenno mostrando di non darvi importanza»

(T. per corriere 6279/0224 R. del 5 dicembre).

dire ordine sospensione lavoro. Governo ha predisposto ed adottato misure preventive e repressive efficaci. Salvo a Tolosa, nessun incidente grave è segnalato altrove. Gabinetto Daladier esce da giornata ieri indubbiamente rafforzato. Convocazione Parlamento è prevista per primi prossima settimana 1•

489

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 906/456 R. Roma. 2 dicembre 1938, ore 21,45.

Vostro telegramma s.n. del 28 corrente circa Ungheria e sua adesione patto Anticomintern 1• Ministro Villani ha avuto occasione di parlare anche a me progetto suo governo aderire Patto Anticomintern 2 .

Senza farne una condizione necessaria, gli ho anzitutto parlato di Ginevra. Mi pareva che sottoscrizione Patto Anticomintern e appartenenza Lega fossero infatti, se non formalmente, almeno nella sostanza, in evidente contraddizione. Ho aggiunto che comunque si sarebbe riparlato della cosa a crisi ministeriale ungherese risolta, d'accordo anche con Germania e sentito pure Giappone.

Vedo che risposta Ribbentrop è stata sulle stesse linee. D'accordo in massima anche per quanto riguarda la procedura risposta definitiva e formalità adesione.

490

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6290/073 R. Bucarest, 2 dicembre 1938 (per. il 5).

Col mio breve telegramma n. 148 del30 novembre' ho dato a V.E. la precisa versione dell'eccidio perpetrato da questa polizia, nel quale hanno trovato la morte

489 è Vedi D. 436, nota l.

Codreanu e tredici suoi correligionari. Sono stati accoppati come cani, nel folto di un bosco dove erano stati tradotti, per ordine del Re. La stolta versione ufficiale del tentativo di fuga ha accresciuto l'indignazione dei circoli nazionalisti, ed è unanimemente riprovata dalla pubblica opinione.

Nei sei anni di mia residenza in Romania ho ripetutamente descritto la figura del Sovrano come quella di un essere impulsivo, violento, brutale. Pericoloso nelle sue reazioni, lo è anche nei momenti di depressione quando è vinto dal panico. Egli non manca tuttavia di un certo ingegnaccio e di una certa capacità e serietà di lavoro.

Ho anche descritto la Guardia di Ferro, con pennellate le cui tinte non ho mai cambiate, come gente animata da un generoso ideale, ma incapace di un serio sforzo collettivo: incapace perciò di scendere in piazza e di prendere d'assalto il potere. Sotto i colpi degli avversari, la Guardia ha reagito dapprima piegandosi fino all'umiliazione, facendosi frustare a sangue, facendosi macerare nelle prigioni. Al limite, però, dell'umiliazione e del sacrificio, la Guardia ha poi improvvisamente reagito con l'assassinio isolato ed ultimamente con sporadici attentati terroristici a base di granate e di bombe.

Dopo il mostruoso processo del maggio scorso2 , il Re sembrava, in questo momento, disposto a qualche indulgenza. Ma la Guardia di Ferro, che forse non ha intuito la evoluzione del Sovrano, ha cercato di profittare della sua assenza dal Paese per inscenare in varie località della Romania sanguinosi attentati contro sinagoghe e teatri israeliti nonché contro talune aziende notoriamente ebraiche.

Questa attività terroristica ha ferito profondamente l'amor proprio del Sovrano che voleva presentarsi, a Londra e a Parigi, come il capo autorevole e rispettato di un Paese in piena attività di lavoro, meritevole perciò di interessamento finanziario e politico. Colpito così nel suo prestigio, si è vendicato, e, appena attraversata la frontiera nel suo viaggio di ritorno, ha ordinato l'eccidio.

In taluni circoli è stata sparsa la voce che nell'incontro con il Flihrer3 questi avrebbe dichiarato a Re Caro l di disinteressarsi del movimento guardi sta. Si cerca perciò di far ricadere sul Flihrer l' odiosità del gesto del Sovrano. Tutte le mie informazioni concordano nella versione che effettivamente Re Caro] ha impostato con Hitler il problema della non ingerenza tedesca nelle questioni interne romene (minoranze tedesche e Guardie di Ferro). Il Flihrer avrebbe chiesto ed ottenuto affidamenti per le minoranze ma avrebbe nello stesso tempo negato ogni solidarietà della politica tede

sca col movimento guardista. Da questa affermazione il Re, da buon balcanico, può aver tratto conseguenze estreme4•

Quali previsioni è possibile tàre dopo l'eccidio?

Non c'è dubbio che il movimento delle Guardie di Ferro è stroncato. Molti fra i più audaci, e perciò i più pericolosi, sono in prigione: si parla di 4.000 arresti. Molte altre migliaia di gregari, morto il capitano, abbandonano la lotta e consegnano alla polizia tutte le armi in loro possesso, perfino i tagliacarte. La gran massa dei simpatizzanti, si tratta di almeno centomila individui, piange amaramente ma non ha mai pensato ad agire, né ha avuto mai, neanche nel passato, un effettivo attivismo.

Resta, però, un notevole gruppo di gente decisa, che è sfuggita alla prigione e che ha giurato vendetta. La partita perciò non è chiusa. La vita di Re Caro!, del figlio, della Lupescu, dei ministri più compromessi è da oggi in pericolo. Dove, come, quando la vendetta cercherà di manifestarsi non è possibile dire. Certo pesa sulla Corona una minaccia che sarebbe imprudente tenere in non cale. Re Caro! lo sa ed ha cominciato per eclissarsi. Non pare si trovi attualmente nella Reggia e si ignora dove abbia traspotiato la sua augusta persona.

In questo momento la nota più saliente è il panico: panico nel pubblico in generale, panico fra gli ebrei che temono più gravi rappresaglie, panico fra la massa dei guardisti oppressi e ..... nelle tìle degli oppressori.

Molti nazionalisti, nel timore di essere imprigionati, si sono allontanati dalla loro casa: taluni cercano di passare la frontiera. L'altro giorno, poche ore dopo l'annuncio dell'eccidio, ha varcato la soglia della Legazione uno dei dottrinari del Guardismo, il senatore Manoilescu, e assisosi su una delle poltrone del salotto, ha dichiarato che mi domandava, come vecchio amico dell'Italia, come patriarca del Corporativismo, come uomo politico più volte ammesso alla presenza del Duce, il diritto d'asilo.

Ho richiamato alla ragione il pavido Senatore ma non è stata facile impresa far staccare il fondello dci suoi pantaloni dalla mia poltrona, e ricondurlo dolcemente alla porta.

La situazione è perciò oscurissima. Se gli uomini d'azione che la Guardia conta nel suo seno tenteranno di agire immediatamente, avremo qualche settimana di vita movimentata. Può anche darsi che si tenterà, prima, di riallacciare le fila dell'associazione, di addormentare gli avversari, anche per farne rilassare le sorveglianze. In tal caso la reazione guardista si verificherà solo fra qualche mese, quando il Sovrano e il Governo crederanno di aver guadagnato la partita e di aver la vittoria in pugno.

Quali che siano i futuri sviluppi, non c 'è dubbio che il Re persegue un piano irrealizzabile. In nome dei principi di destra e del principio di autorità, egli ha frantumato i vecchi partiti democratici instaurando la dittatura. Ma in nome dei principi democratici egli schiaccia le correnti di destra, si aliena la gioventù, creando intorno a sé il vuoto assoluto. Ha instaurato in Romania una tirannia tipo russo, con vernice democratica.

Ore tristi aspettano la Romania e la Corona.

490 ~Sulle reazioni tedesche all'uccisione di Codreanu si veda il D. 505.

488 1 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

489 1 Vedi D. 471.

490 1 T. 6212/148 R. del 30 novembre. Comunicava che Re Caro l aveva «ordinato il massacro di tutti i capi legionari compreso Codreanu», ciò che era stato eseguito dallo «sgherro ministro dell'Interno Calinescw>. Il massacro~ avvertiva Sola~ poteva dare luogo «a gravi rappresaglie da parte dei legionari».

490 2 In cui Codreanu era stato condannato a dieci anni di prigione per complotto contro lo Stato.

490 1 Dopo le visite a Londra e a Parigi (si vedano in proposito il D. 449 e il D. 473, nota 3), Re Caro! si era recato in visita in Germania dove era stato ricevuto da Hitler ed aveva avuto un colloquio con Giiring (su ciò si veda DDT, vol. V, DD. 254 e 257). Circa l'incontro Hitler-Re Caro! il ministro Sola così si esprimeva: «Dall'incontro non sono derivate intese concrete. Per ora l'importanza dell'avvenimento risiede nel tàtto che esso abbia potuto verificarsi. Questo primo contatto fra i due Capi di Stato apre dinanzi alla Romania una nuova strada che gli avvenimenti avevano già segnato come fatale direttiva ma il cui percorso sembrava dovesse passare per Roma. Dopo tale incontro, la tappa finale, che è stata sempre Berlino, può essere raggiunta direttamente. Ha contribuito a ciò la circostanza che nella crisi recente per le nuove frontiere rutene la politica romena ha coinciso con quella di Berlino, mentre Roma è stata più vicina a Budapest» (rapporto 3894/l435 del25 novembre).

491

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 2 dicembre 1938.

L'ambasciatore François-Poncet mi ha detto di aver ricevuto istruzioni dal suo Governo di intrattenermi su due punti in relazione alle dimostrazioni antifrancesi prodottesi avant'ieri alla Camera dei Deputati 2 .

l) Egli faceva rilevare che nel corso di una seduta numerosi Deputati prendevano lo spunto da una frase, d'altra parte ineccepibile, nel discorso pronunciato dal Ministro degli Esteri e richiedevano ad alta voce la cessione all'Italia di numerosi territori che fanno parte della Repubblica francese, delle sue colonie e dei suoi protettorati. Il Governo francese, mentre esprimeva il suo rammarico per tali dimostrazioni, doveva aggiungere che tale rammarico era reso più intenso dal fatto che il Capo del Governo e i Ministri presenti non avevano tàtto niente per dissociarsi dai Deputati manifestanti. Desiderava pertanto sapere se le grida dei Deputati potevano rappresentare le direttive della politica estera italiana.

2) Il Governo francese ricordava al Governo italiano l'esistenza degli accordi del 1935 3 che regolavano tra l'altro la questione tunisina, accordi che non sono mai stati messi in esecuzione, benché ratificati, unicamente perché connessi alla redazione di un regolamento che non ha mai avuto luogo. In relazione a quanto si è prodotto avant'ieri, il Governo francese desiderava conoscere dal Governo italiano se considera tuttora in vigore tali Patti e se ritiene di poter servirsi di essi quale base delle relazioni franco-italiane.

Il signor François-Poncet ha diluito queste due domande fondamentali in un lungo discorso tendente a dimostrare l'assoluta necessità di riportare su di un piano di cordialità i rapporti tra l'Italia e la Francia «cioè tra due Paesi che possono tàrsi del bene e che possono anche farsi reciprocamente il più grande male». Debbo aggiungere che il signor Poncet ha tenuto a dare alla conversazione un tono cordiale e a togliere al suo passo ogni carattere di protesta.

Ho risposto al signor Poncet, per quanto concerneva la prima richiesta, che il Governo non può prendere la responsabilità di grida lanciate da tàscisti siano esse state lanciate nell'aula parlamentare o nelle pubbliche piazze. Si limita a prenderne atto come indizio preciso dello stato d'animo del popolo italiano poiché è da tener presente che contrariamente a quanto la stampa francese ha asserito, nessuna dimostrazione era stata precedentemente organizzata: non è consuetudine del Governo di compiere alla Camera nessun gesto per sconfessare eventuali interruttori: la disciplina nell'aula

491 2 Vedi D. 487, nota l. 491 3 Vedi serie settima, vol. XVI, D. 403.

è tenuta dal Presidente della Camera il quale come lo stesso signor Poncet ha visto, ha suonato più volte il campanello per richiamare al silenzio gli interruttori. La sola manifestazione responsabile del Governo fascista era rappresentata dal testo del mio discorso: in esso nessuno potrebbe riconoscere alcunché destinato ad offendere la Francia.

Per quanto concerneva la seconda richiesta ho detto al signor Poncet che la questione che mi veniva posta era d'importanza troppo precisa perché io potessi senz'altro assumere la responsabilità di una risposta e che quindi avrei dovuto prendere ordini dal mio Capo. Però, a titolo preliminare e personale, dovevo far presente che gli Accordi del 1935 erano stati realizzati con dei presupposti che non hanno poi trovato nella pratica la loro conferma: in primo luogo l'atteggiamento non amichevole della Francia durante la campagna etiopica. Perciò mi domandavo se tutta la questione non dovesse venire ulteriormente esaminata sotto una nuova luce 4 .

491 1 Ed. in L 'Europa verso la catastrofe, pp. 386-387.

492

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8429/2533. Berlino. 2 dicembre 1938 (per. il 5).

Telecorriere V.E. del30 novembre n. 191401•

Ho domandato anche a Ribbentrop cosa pensasse della recente dichiarazione polacco-sovietica. Egli sembra accettare la versione già data a me dall'ambasciatore Lipski e da questi confermata anche a lui proprio quest'oggi, trattarsi cioè di un semplice ritorno a quella normalità di rapporti che preesisteva alla crisi cecoslovacca, crisi durante la quale una talora acuta tensione fra i due Paesi si era prodotta, spesso degenerata in incidenti gravi (scontri di pattuglie alle frontiere, abbattimento di aeroplani ecc.). Una restituzione in pristino era necessaria. D'altra parte, l'ambasciatore Lipski aveva ancora una volta dato precise assicurazioni a Ribbentrop sulla immutabilità dell'orientamento tendenzialmente antibolscevico della politica polacca.

Devo peraltro aggiungere che, nei circoli diplomatici, la mossa polacca è stata interpretata anche come una prova di indipendenza di Beck ed una rivincita da parte di quest'ultimo dello scacco subito in occasione del suo ultimo viaggio in Romania2 .

Richiesto da me se nelle negoziazioni russo-polacche si fosse mai parlato di Rutenia, l'ambasciatore Lipski mi ha risposto di no, aggiungendo tuttavia non escludere che il comune interesse polacco-sovietico contrario a fare della Rutenia una leva per una Ucraina indipendente avesse automaticamente potuto pesare, naturalmente in senso favorevole, sulle trattative che hanno portato alla dichiarazione.

In complesso, questa è però generalmente registrata qui come un successo polacco.

491 4 Il documento ha il visto di Mussolini. Sul colloquio si veda anche quanto riferiva l'ambasciatore François-Poncet in DDF, vol. Xlii, D. 15. Prima di questo colloquio, Mussolini aveva così indicato a Ciano «la linea d'azione» da seguire nei confronti della Francia: «far decadere gli accordi Mussolini-Laval del 1935 e sincronizzare le nostre richieste con le rivendicazioni coloniali germaniche. Le nostre richieste sono Gibuti, Tunisi e partecipazione al Canale di Suez» (CIAI'O, Diario, sotto la data del 2 dicembre).

492 1 Ritrasmetteva il D. 474.

492 2 Riferimento all'incontro tra Re Caro] e Beck del 19 ottobre a Galatz. Vedi DD. 292, 302 e 307.

493

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, PREZIOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 5040/1419. Bruxelles, 2 dicembre 1938 1•

Il Ministro sud-africano Pirow è giunto qui ieri 2 . Egli conta proseguire oggi stesso per l'Olanda. Ha già avuto ieri un colloquio con Spaak, che era assistito dai ministri delle Colonie e dei Trasporti, e stamani è stato ricevuto dal Re.

La versione più corrente è che il Pirow abbia voluto entrare in contatto col Governo belga soprattutto per ottenerne il consenso ad un progetto che gli starebbe particolarmente a cuore: quello di un collegamento aereo fra l'Unione sud-africana e Leopoldville. Si sostiene che il Governo belga avrebbe accolto con riserva tale richiesta, trincerandosi dietro alla necessità di un approfondito esame, e si esclude che il Ministro sud-africano abbia potuto efficacemente intrattenere Spaak intorno alla possibilità di trovare una soluzione soddisfacente per le aspirazioni coloniali tedesche in Africa.

Per quanto riguarda le informazioni dei giornali, è visibile la loro esagerata cura nell'escludere che la predetta questione abbia fatto oggetto delle discussioni di ieri, o che possa venire additata nei colloqui di oggi. La parola d'ordine è che il Congo, intangibile possesso belga, è e deve restare al di fuori del problema delle rivendicazioni coloniali tedesche, e che il più assoluto non possumus debba essere opposto ad ogni tentativo inteso a trarre in campo il Congo Belga.

L'opinione pubblica belga resta dunque sulle stesse rigide posizioni segnalate nella mia precedente corrispondenza. Esse comunque sono state ancora una volta esposte e ribadite stamani dall'ex-Ministro delle Colonie, Tschoffen, in un articolo che sviluppa sostanzialmente i seguenti punti:

l) Esclusione assoluta di cessione totale o parziale del Congo. Al massimo il Governo belga potrebbe partecipare ad una conferenza, che si proponesse risolvere il problema delle materie prime; ma assolutamente null'altro.

493 2 Per il viaggio del ministro Pirow in Europa si veda il D. 354, nota l.

2) Nel caso poi che la Francia e l'Inghilterra pensassero di addivenire con la Germania ad una transazione ai danni del Congo, il Governo belga dovrebbe immediatamente significare a Parigi ed a Londra che anche il solo sospetto d'una siffatta loro intenzione provocherebbe ipso facto il completo rovesciamento della politica belga nei confronti di dette due grandi nazioni.

3) Qualora invece dovesse trattarsi del solo problema della restituzione delle ex-colonie tedesche, c quindi del Ruanda-Urandi, il Governo belga potrebbe affrontare la questione ma all'assoluta condizione di esser messo sul medesimo piede giuridico e morale delle altre Nazioni mandatarie.

Da parte loro i giornali nazionalisti, e specie la Nation Belge vanno facendo una viva campagna contro ogni eventuale restituzione alla Germania degli antichi suoi possedimenti coloniali. La loro tesi è che una siffatta evenienza sarebbe del tutto illogica giacché destinata a rafforzare il Reich, e quindi a rendere ancora più pericolosi i suoi già formidabili armamenti.

493 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

494

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TFLESPR. SEGRETO 3216/1219. Roma, 2 dicembre 1938 (pe1: il 3).

Nel corso di pochi giorni si sono avute, in Italia e all'estero, da parte di membri del Sacro Collegio, alcune manifestazioni che non possono essere trascurate.

Il 6 novembre, il Cardinale Faulhaber, Arcivescovo di Monaco, trattava, in una predica, dei rapporti fra l'individuo e la collettività, dal lato spirituale e sotto il punto di vista giuridico, precisando, alla fine del suo discorso, i doveri e i diritti individuali.

Il 13 dello stesso mese seguiva la nota Omelia del Cardinale Schuster Arcivescovo di Milano, «per confutare l'erronea dottrina del razzismo come viene ora propugnala nelle regioni nordiche d'Europa» (v. Osservatore Romano del 18 novembre s.

n. 268).

Il 24 seguente, lo stesso organo ufficioso della Santa Sede, dava notizie di un'allocuzione del Cardinale van Roey, Arcivescovo di Malines, intesa a illustrare la dottrina cattolica di fronte «al razzismo» e pubblicava una fervente lettera di adesione pervenuta al Primate del Belgio dal Cardinale Verdier, Arcivescovo di Parigi.

Alcuni giorni dopo, il 28 novembre u.s., l'Osservatore Romano n. 277, dava un largo sunto di un discorso di S.E. il Cardinale Gonçalves Cerejeira, Patriarca di Lisbona su «Statolatria, razzismo e neo paganesimo».

I discorsi dei Cardinali di Monaco e di Milano si sono tenuti in un campo filosofico-teologico. I Cardinali di Malines, di Parigi e di Lisbona sono stati più vivaci, quasi polemici.

È noto che il Cardinale Faulhaber è una delle menti più elette del Sacro Collegio. Il suo atteggiamento verso il nazismo è troppo noto per insistervi.

Il Cardinale Schuster, al cui filofascismo -mi si consenta dirlo -non ho mai creduto, è un dotto e astuto Prelato. La sua Omelia può essere citata a prova della mia affermazione.

Il Cardinale van Roey è lo stesso che ha combattuto strenuamente il movimento rexista belga, contro il quale la Segretaria di Stato non avanzava obiezioni di principio. Il crollo di Degrelle è opera principale, se non esclusiva, dell'intransigentissimo Primate del Belgio.

Il Cardinale Verdier è noto, come sono notissime le sue accentuate simpatie per il regime nazional-socialista 1 francese.

Fin qui poco si sapeva delle idee del Patriarca di Lisbona. C'è voluta la ricorrenza del nono anniversario della sua elevazione alla Porpora, per indurlo ad assumere un atteggiamento di battaglia.

Bisogna aspettarsi che, sulla falsariga delle dichiarazioni succitate, buon numero di Vescovi, in Italia e ali' estero, riprendano gli argomenti trattati dalle alte Gerarchie ecclesiastiche, per svolgerli nelle Pastorali che usano indirizzare ai fedeli, nel periodo che precede la Quaresima.

Di più, si deve temere che la recente gravissima indisposizione del Pontefice contribuisca a rendere più aspra la critica intrapresa, di quei principi che gli Stati totalitari hanno fatti propri e che la Chiesa dichiara di non potere accettare.

V'è insomma già un'atmosfera da Conclave. Il miglioramento quasi immediato delle condizioni di salute del Papa, dopo la recentissima violenta crisi, non ha ingannato nessuno. Il tàtto che il Santo Padre, dopo l'attacco del Suo male, si è sottoposto a nuove gravi, tàtiche, lascia credere ai più e, a mio avviso, con fondata ragione, che ci si avvicini alla fine del Pontificato di Pio XI. Si è perciò che si assiste ad affrettate revisioni di posizioni personali da parte di coloro che sono più o meno direttamente interessati ali' atteso evento.

Chi ha visto il Papa al Suo ritorno da Castelgandolfo e, più precisamente, in San Pietro durante le tre beatificazioni del mese scorso, si è reso conto che il declino fisico del Pontefice sta assumendo l'aspetto di un crollo. Ed oggi, dopo la grave crisi a stento superata, sono più di ieri giustificate le previsioni di una fine prossima, probabilmente improvvisa, del Papa.

Che le anzidette previsioni si avverino o no importa fino ad un certo punto per lo scopo che mi prefiggo con questo rapporto che è quello di richiamare la Vostra attenzione, Eccellenza, sullo stato d'animo delle Alte Gerarchie ecclesiastiche alla probabile vigilia del Conclave.

A questo proposito non va trascurata una voce che ha circolato con insistenza subito dopo l'attacco di asma che ha colpito il Pontefice, sulla probabile elezione di un Papa straniero. La notizia è certamente uscita dal Vaticano e oserei quasi dire, per

quanto me ne manchi la decisiva prova, che gli ambienti italiani del Vaticano hanno avuto qualche parte in questa divulgazione.

Se il fare profezie è in ogni caso azzardato, sarebbe addirittura temerario provarcisi in tema di elezione del Papa. Vorrei aggiungere, per quel che concerne l'Italia, che potrebbe riuscire pericoloso di patrocinare pubblicamente delle candidature o di pronunciare un veto. In altre parole, è mia convinzione che se nel periodo della sede vacante la stampa italiana terrà un linguaggio denotante il proposito del Governo fascista di non volere menomamente influire sull'elezione, l'azione discreta da spiegare presso i Cardinali nei venti giorni che precedono la loro entrata in Conclave, sarà grandemente facilitata.

Farà d'uopo, certamente, smontare molte prevenzioni che sono venute prendendo piede negli ultimi tempi per il tàtto che il Governo Fascista ha messo sul tappeto problemi delicati che hanno causato una certa frizione fra Chiesa e Stato. Per quanto si sia già fatto il possibile per chiarire e per illuminare i maggiori esponenti del Sacro Collegio, molto resterà da tàre specialmente nei riguardi dei Cardinali italiani che affluiranno a Roma dalle Diocesi e di alcuni Cardinali stranieri sui quali può essere lecito fare affidamento.

Non v'ha dubbio che l'atmostèra di un Conclave che si aprisse a breve scadenza, non sarebbe favorevole agli Stati totalitari. Ma una distinzione fra la Germania e noi si deve pure fare e ci sarà in Conclave, senza fallo, chi avrà cura di metterla in evidenza.

Una delle incognite del Conclave, sarà l'atteggiamento dei Cardinali tedeschi. Credo che non si possa affermare con sicurezza ch'essi porteranno i loro suffragi sul Cardinale Segretario di Stato, il quale-come è noto-ha strenuamente difeso il loro punto di vista nella lotta contro il nazismo. Se l'Episcopato germanico sarà bene ispirato, non potrà fare a meno di considerare che l'indirizzo dalla Santa Sede fin qui seguito verso il Reich ha condotto a risultati disastrosi. È dunque lecito supporre ch'esso raccoglierà i suoi suffragi su di un elemento atto a tentare la conciliazione fì·a la Chiesa e la Germania nazista. È fuori di dubbio che nel Sacro Collegio esiste una forte corrente in tal senso.

Ripeto che qualsiasi previsione sull'elezione del nuovo Papa mi parrebbe oggi avventata anche perché i Cardinali aprono veramente l'animo loro solo in sede vacante. Comunque fra i nomi che si fanno di Cardinali stranieri papabili, raccolgo quelli del Cardinale Villeneuve, Arcivescovo di Quebec e del Cardinale Hlond, salesiano, Arcivescovo di Guesna e Posnania. L'uno e l'altro hanno dimostrato, in ogni circostanza, la più schietta simpatia per il nostro Paese. Ciononostante c'è da augurarsi che non riprenda la serie dei Papi stranieri. Ritengo che bisognerà insistere risolutamente su questo punto per persuadere i Cardinali italiani, che disporranno della maggioranza assoluta (35 contro 29), che sarebbe pericoloso per la Chiesa mettersi su quella strada.

Fra i Cardinali italiani, i nomi più in vista sono quelli dei Cardinali Pacelli, Dalla Costa, Schuster, Fumasoni-Biondi, Maglione, Marmaggi. Probabilmente, anzi quasi certamente, il nuovo Papa sarà scelto fuori dei nomi da me fatti. Tengo a dichiarare, anzi, che ho inteso citare i nomi che corrono, senza riguardo alla maggiore o minore probabilità di riuscita.

Intorno a un nome si sta tàcendo, da qualche tempo, un grande lavorio nel Sacro Collegio ed anche in ambienti ecclesiastici che influiscono indubbiamente nel creare l'atmosfera del Conclave. Si tratta del Cardinale Maglione, già Agente ufficioso presso il Consiglio Federale Svizzero, poi Nunzio nella Svizzera, indi a Parigi e, da pochi mesi, a Capo di una delle più importanti Congregazioni romane, quella del Concilio. Sembra ad alcuni che il Cardinale Maglione il quale ha dimostrato all'estero innegabili doti diplomatiche, sia l'uomo adatto per dirigere la barca di Pietro in momenti particolarmente difficili. A Berna il Cardinale Maglione riuscì a fare ristabilire la Nunziatura, abolita nel 1500, salvo errore, ottenendo per essa il decanato del Corpo Diplomatico. A Parigi ~dopo aver visto ritardato, anzi quasi negato, in un primo tempo, il gradimento per asserita tedescofilia durante la Grande Guerra~ Monsignor Maglione non tardò a farsi una posizione di prim'ordine in ogni ceto ad esclusione degli ambienti ultra nazionalisti de l'Action

française. l Cardinali francesi viventi sono stati quasi tutti nominati in seguito a di lui designazione.

Se le informazioni che certamente possedete, anche da fonte fiduciaria 2 , differissero sostanzialmente da quelle da me riferite, Vi sarei grato, Eccellenza, di comunicarmelo.

494 1 Sic:.

495

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. Il 086/2144. Washington, 2 dicembre 1938 (per. il 16).

Giorni fa ha qui circolato la voce, raccolta soltanto da uno o due fogli, che la Germania, in compenso degli aiuti dati al generale Franco, avrebbe ottenuto la concessione di stabilire basi navali, specialmente per sottomarini, nelle Isole Canarie. Sarebbe anche stata trattata la concessione territoriale di tali Isole 1•

Si tratta probabilmente di pura fantasia, ma di interessante è comunque da notare la reazione sollevata da questa notizia.

Come ho già segnalato col telegramma n. 321 2 per le voci di cessioni e retrocessioni coloniali alla Germania in Africa sulla costa atlantica, la prospettiva di un istallarsi germanico alle Isole Canarie è stata considerata qui con vivo allarme, sollevando la più netta opposizione. Si è perfino parlato in questo caso di passi confidenziali a Parigi e Londra e si è nettamente dichiarato che gli Stati Uniti non potrebbero consentire l'istallarsi nelle Canarie di una Potenza forte e aggressiva come la Germania, che tale fatto altererebbe l'equilibrio dell'Atlantico e interesserebbe pertanto direttamente gli Stati Uniti. Per questa eventualità si è anche detto che gli Stati Uniti sono direttamente interessati al mantenimento della integrità territoriale spagnola.

Per quanto si tratti di eventualità non attuale, l 'episodio mi è sembrato degno di particolare segnalazione.

494 2 Nelle carte di Gabinetto vi è copia di un telegramma circolare del 30 novembre inviato dalla Segreteria di Stato a tutte le Nunziature e Delegazioni apostoliche e intercettato dal S.l.M. in cui si faceva presente che molti ebrei italiani e tedeschi costretti dalle leggi razziali ad abbandonare la loro Patria chiedevano di poter esercitare ali 'estero la loro professione. «Cercate con ogni cautela-terminava il telegramma-di informarvi se costà vi sono università, istituti cattolici, ospedali od altri enti disposti ad assumere dette persone ed a quali condizioni». Un appunto allegato indica che il documento tu inviato in visione a Mussolini il l o dicembre.

495 1 La stessa notizia era stata inviata dal console generale a Santa Cruz de Tenerife, Kellner, il quale precisava che, «secondo fonte degna di fede» i tedeschi intendevano creare delle basi navali nelle isole di La Palma e di Lanzarote, previa concessione per 99 anni (il rappotio del console Kellner era trasmesso al ministero dall'ambasciatore Viola con telespresso 5648/1727 del 17 novembre). In precedenza, il console Kellner aveva riferito più volte sulla crescente presenza germanica nell'arcipelago canario (rapporti 233/53 del 21 aprile, 284/70 del 12 maggio, 395/100 del 19 luglio).

496

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6281/0227 R. Parigi, 3 dicembre 1938 (per. il 5).

Continua vtva reazione questa opmtone pubblica a manifestazioni Camera tàscista 1• Giornali pubblicano comunicato ufficioso relativo colloquio VE. con Poncet 2 , che Stefani trasmette integralmente. Fra interpretazioni correnti segnalo le seguenti: l) manovra italiana tenderebbe tàr pressioni su Francia e Gran Bretagna per ottenere concessione belligeranza Franco;

2) improvvisa offensiva e momento prescelto per attuarla rivelerebbero disappunto italiano per mancata subordinazione della imminente dichiarazione franco-tedesca a precise condizioni soprattutto relative al problema coloniale e al regolamento spagnolo, come contropartite effettive all'appoggio sin qui dato da Roma e Berlino.

Giornali si sforzano di mettere in luce immediata presa di posizione pubblica britannica a tìanco Francia e mancanza ogni specifica indicazione da parte della stampa tedesca nei confronti manifestazione Camera fascista. Correnti filotedesche dentro e fuori governo tentano in conseguenza dare imminente visita Ribbentrop importanza e significato particolari.

495 2 T. 6114/321 R. del 23 novembre, non pubblicato. Il suo contenuto è qui indicato.

496 1 Vedi D. 487, nota l.

496 2 Sul colloquio si veda l'appunto di Ciano (D. 491) ed il resoconto dell'ambasciatore francese in DDF, vol. XIII. D. 15.

497

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8485/2541 R. Berlino. 3 dicembre 1938 (per. il 5).

Ho già segnalato a V.E. le accoglienze prodigate da questa stampa al nuovo ambasciatore di Francia signor Coulondre. Posso aggiungere che altrettanto favorevoli sono state le accoglienze tributate al Coulondre personalmente, specie dal Fiihrer e da Gi:iring.

Il nuovo ambasciatore non fa che decantare queste accoglienze. Egli ha già visto un po' tutti. Fra i più espansivi sarebbe stato il Maresciallo, che l'avrebbe addirittura quasi abbracciato, assicurandolo che la Germania non vuole dalla Francia più niente all'infuori del suo ulteriore consenso ad una penetrazione pacitìca «commerciale» nei Balcani.

Quanto al Fiihrer, egli ha sostanzialmente ripetuto a Coulondre le dichiarazioni già fatte un po' a tutti in precedenza, aggiungendo che anche per le Colonie non aveva nessuna intenzione di insistere e che in ogni caso esse non sarebbero mai state motivo di guerra. Del resto, egli avrebbe aggiunto, tutte le volte che ci saranno delle difficoltà «noi ci consulteremo e vedrete che alla guerra non ci arriveremo mai» 1•

498

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8494/2547. Berlino, 3 dicembre 1938 (pe1~ il 5).

Ho comunicato a Ribbentrop la risposta di V. E. di cui al telegramma di ieri n. 456 1• A mia volta ho domandato se non vi fosse nessuna risposta del Giappone. La risposta è stata negativa.

L'Ambasciatore giapponese, peraltro, da me interrogato in proposito mi disse ritenere che trattandosi di un Paese europeo, il Giappone non possa fare che aderire alle vedute della Germania e dell'Italia.

Lo stesso Ambasciatore mi ha domandato in quale e in quante lingue il documento di adesione dovrebbe essere compilato. Ho detto che, secondo me, dovrebbe essere compilato in quattro testi.

498 1 Vedi D. 489.

L'Ambasciatore Oshima mi ha fatto ulteriormente osservare che l'atto di adesione dell'Ungheria dovrebbe essere tenuto, sia per quanto riguarda la forma, sia per quanto riguarda il suo contenuto sopra un piano diverso da quello dei tre firmatari originali.

Ho risposto, che, a mio avviso, era questo l'intendimento tanto del Governo italiano quanto del Governo tedesco 2 .

497 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

499

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 10736/5685. Parigi, 3 dicembre 1938 1•

Suster mi dice di aver parlato con Allary dell' Havas, il quale gli ha dichiarato che, secondo il governo francese, gli accordi Laval 2 sono definitivi e non moditicabi

li. Questo governo si rifiuterebbe a ridiscuterli in qualsiasi modo. mentre è convinto che la manifestazione parlamentare italiana dell'altro giorno tendeva soltanto a creare una moneta di scambio per eventuali negoziati.

Secondo Allary, la Spagna non è una questione itala-francese ma un problema europeo nei cui riguardi l'Inghilterra sarebbe più intransigente della Francia (sic). Suez sarebbe solo una questione di interesse inglese.

Le suesposte opinioni del signor Allary sono da me riferite soltanto allo scopo di dare un'idea a V.E. del tono che~almeno per ora~ si vuoi dare qui ai servizi informativi ufficiosi.

L'articolo del Temps di questa sera ha più o meno la stessa intonazione 3 .

500

IL MINISTRO AD ATENE, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATO 8040/1009. Atene. 3 dicembre 1938 (per. i/6).

L'accenno ad una possibile azione tedesca, determinante l'attuale, sia pure ancor timido, risveglio delle rivendicazioni bulgare verso la Dobrugia, contenuto nel rap

499 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 499 2 Riferimento agli accordi itala-francesi del gennaio 1935. Vedi serie settima, vol. XVI, D. 403. 499 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

porto del R. Ministro a Sofia in data 8 novembre 1 , trasmessomi da Vostra Eccellenza col telespresso n. 239421 del 24 novembre, ha richiamato alla mia memoria una recente conversazione di un segretario di questa Legazione col consigliere della locale legazione di Germania, conversazione che dal raffronto delle notizie provenienti dalla Bulgaria potrebbe acquistare un qualche valore di chiarimento e di conferma per quanto riguarda le vedute tedesche per un'eventuale sistemazione balcanica nell'ambito di una revisione dei trattati del 1919.

Le parole del diplomatico germanico acquistano anche una certa maggiore importanza in quanto egli è ad Atene da poche settimane e, non avendo una precedente diretta conoscenza delle questioni balcaniche, dava chiaramente a divedere di ripetere argomenti ed opinioni non personali.

Ora, vertendo il colloquio sulla situazione greca in rapporto alle eventuali rivendicazioni bulgare, fra altro che non mette conto di riportare, egli si sarebbe mostrato sorpreso di apprendere che preoccupazioni potessero in Grecia esistere quanto alle frontiere greco-bulgare della Tracia ed avrebbe insistito, come su cosa evidente e pacifica, che le aspirazioni bulgare avrebbero trovato una soddisfazione in Dobrugia.

Questo accenno ho creduto utile segnalare a Vostra Eccellenza non solo per l'interesse ch'esso può presentare come elemento di controllo, in relazione alle voci raccolte dal R. Ministro a Sofia, ma anche perché esso mi offre lo spunto di soffermarmi sulla questione dell'eventuale revisione delle frontiere balcaniche, e specialmente quelle fissate dal trattato di Neuilly, così come può essere vista da Atene in un momento in cui essa non è ancora diplomaticamente posta sul tappeto ma sembra non possa essere definitivamente eliminata, anche se ancora a lungo protratta.

l. La Bulgaria, scottata dalle sue passate disgrazie e dominata da quel «complesso d'inferiorità» che le deriva dall'aver sempre, «puntato sul cavallo perdente», esita ancora a porre la questione delle sue frontiere. Ma è naturale e logico che, dopo Monaco e Vienna, si faccia ogni giorno più strada in quel Paese il convincimento che, se dei trattati di Sèvres, di Versailles, di San Germano e del Trianon, non resta ormai in piedi più nulla o pochi articoli, non sarà certo il trattato di Neuilly destinato a perpetuare, solo, le ingiustizie dei trattati di pace del 1919. Le manifestazioni, sia ufficiali che popolari, in Bulgaria sono un indice di questo stato d'animo che va precisandosi. l governanti bulgari, anche se non deliberatamente promuoverlo, non possono, a lungo andare, ignorarlo, specialmente in un Paese dove le questioni minoritarie, e di frontiera hanno sempre avuto una grande rispondenza nazionale. Che il problema divenga «attuale» ed urgente dipende, più che dal tempo, dall'abilità degli uomini di Stato bulgari; ma esso non può sparire, né essere ignorato. Di ciò si rendono ben conto i vicini della Bulgaria e specialmente, quelli fra cui il trattato di Neuilly ha spartito territori per i quali non può davvero affermarsi, come ha potuto invece fare il signor Stojadinovié per quelli attribuiti alla Jugoslavia, ch'essi sono stati conquistati col ferro e col sangue.

2. È certo nell'interesse della Bulgaria, -e non solo per le ragioni «perentorie» sostenute dal signor Stojadinovié-di non avanzare pretese nel riguardi della Jugoslavia. Tatticamente, rebus sic stantibus, ciò sarebbe un errore che comprometterebbe ogni possibilità di successo per la Bulgaria, da qualunque lato, poiché una minaccia alla Jugoslavia porterebbe a ribadire e rinforzare quel cerchio che intorno alla Bulgaria aveva disposto, per immobilizzarla, l'Intesa Balcanica, e ch'essa appunto è riuscita con pena a spezzare, con l'aiuto di Belgrado.

Né verso la Turchia sono probabili od opinabili rivendicazioni territoriali bulgare; ché, a prescindere anche dalla comunanza di sotie nella guerra mondiale, la Bulgaria non può dimenticare di avere 600.000 turchi nel suo seno, anche a non volere contare i Pomaki che la «laica» Repubblica turca rivendica come «fedeli di Maometto».

Le recenti dichiarazioni del Presidente del Consiglio bulgaro al Regio Ministro a Sofia, confermano del resto queste logiche induzioni, come le conferma anche la distinzione fatta dal signor Kiosseivanov nel suo ultimo discorso alla Commissione degli affari esteri, fra Jugoslavia e Turchia, con le quali la Bulgaria «ha relazioni d'amicizia» e Grecia e Romania con le quali «ha delle questioni pendenti». Può dunque affermarsi che l'attacco alle posizioni di Neuilly non potrà verosimilmente verificarsi che verso Nord o verso Sud, verso la Dobrugia o verso la Tracia Occidentale. Sarà dunque la Romania chiamata questa volta a contribuire alla pacificazione dell'Europa Sud Orientale e alla revisione dei Diktaten del 1919? O sarà la Grecia? O saranno ambedue?

In definitiva, ciò dipenderà dalle circostanze ma, soprattutto, ciò dipenderà dalle Grandi Potenze. Ora, l'atteggiamento delle Grandi Potenze, quale può intravedere un osservatore da Atene in questo scorcio del 1938, sembra possa delinearsi come segue:

a) La Germania ha una situazione di preponderanza economica in tutti gli Stati balcanici, eccetto l'Albania, tale da consentirle la possibilità di tàr sentire, quando voglia, tutto il peso della sua influenza politica. Il suo appoggio per una revisione del trattato di Neuilly non mancherebbe quindi di essere essenziale. Essa d'altra patie ha tutto l'interesse a mantenere e rinforzare l'asse economico Berlino-Ankara di cui ha parlato il Ministro dell'Economia Nazionale Funk2 , ed aumentare il numero dei satelliti gravitanti intorno ad esso. Ma, -e anche per ciò stesso -ha un interesse molto minore, o non ne ha alcuno, a vedere modificato lo statu qua territoriale dei Balcani. In modo specifico, essa non sembra possa avere interesse a insediare un'ingrandita Bulgaria sulle rive dell'Egeo, possibile propaggine di una futura Jugoslavia integrale, blocco di tutti gli Slavi del Sud, dalle Caravanche alla foce della Maritza, più di 22 milioni di solida gente capace di procurare fastidi nella marcia del germanesimo verso Sud-Est.

D'altra parte, la Germania, dopo aver ridotto in pezzi i trattati di Versailles, di San Germano e del Trianon, non può logicamente sottrarsi a sostenere le rivendicazioni bulgare, donde la necessità di dirigere queste rivendicazioni verso la Dobrugia, ciò che, salvaguardando la Grecia come diga alla spinta ed all'ingrandimento degli

Slavi del Sud verso il Mediterraneo, sacrificherebbe, è vero, la Romania, ma sacrificherebbe appunto lo Stato con il quale la Germania ha grossi interessi economici, che non potrebbero in definitiva essere danneggiati, ma con il quale, politicamente ha in tutti i casi ogni probabilità di scontrarsi, nel prossimo avvenire, nella sua eventuale espansione verso l'Est. Non bisogna d'altra parte perdere di vista che con tale atteggiamento, la Germania, oltre che seguire le sue direttive storiche e geografiche, riesce a salvaguardare il principio logico e morale del quale s'è valsa per abbattere l'impalcatura dei trattati: il principio etnico.

Mentre infatti in Tracia, dopo lo scambio delle popolazioni, non vi è quasi più un bulgaro, in Romania, anche a prescindere dagli antichissimi stanziamenti bulgari della Bessarabia e del delta del Danubio e dalle sparse isole bulgare del Banato, e anche a voler prudentemente giudicare le opposte e sempre parziali statistiche, ci sono circa 200 mila bulgari e quasi tutti concentrati nel vecchio «quadrilatero» dobrugiano.

Le considerazioni che precedono spiegherebbero pertanto le voci segnalate dal Regio Ministro a Sofia e quanto da me sopra riferito circa una probabile azione tedesca per polarizzare le aspirazioni revisionistiche bulgare verso la Dobrugia.

b) L'atteggiamento della Gran Bretagna è determinato soprattutto dalla preoccupazione della preponderanza e dell'invadenza tedesca nell'Europa Sud Orientale. Su ciò ho avuto occasione di riferire a Vostra Eccellenza in occasione della conclusione del patto di Salonicco 3 .

I nuovi passi che si attribuiscono all'Inghilterra, da me segnalati a Vostra Eccellenza in questi giorni e sui quali, senza averne potuto avere ancora una esplicita conferma, non mi è dato peraltro di dubitare per altri elementi raccolti anche in una recente conversazione con questo Ministro d'Inghilterra, non sono contradditori con l'azione svolta per indurre la Bulgaria alla firma di Salonicco Ciò che muove l'Inghilterra è il desiderio di veder costituirsi nei Balcani un blocco di Stati concordi nell'opporre una solidale resistenza alla pressione, politica ed economica, della Germania. L'assenza della Bulgaria da questo blocco costituirebbe un fattore di disgregamento e in ogni caso di minore efficienza. L'Inghilterra quindi si preoccupa che la Bulgaria sia posta in condizioni di aggregarsi agli altri Stati balcanici nella comune politica da essa patrocinata. Se gli avvenimenti di settembre hanno tolto ogni effetto all'accordo di Salonicco (cui la Bulgaria-non prevedendo possibilità immediate di mutamenti territoriali -aveva forse aderito anche per controassicurarsi nei riguardi della Jugoslavia), l'Inghilterra si sforza di ottenere che gli effetti desiderati possano conseguirsi adesso attraverso altri mezzi e cioè dando in qualche modo soddisfazione alla Bulgaria. In tal senso credo debbano intendersi i passi inglesi di cui gli ambienti diplomatici e giornalistici delle capitali balcaniche si sono fatti l'eco in queste ultime settimane. Non credo che da parte inglese ci sia un piano determinato e un aggiustamento territoriale preordinato, ma solo il suggerimento generico e generale di un accordo nella linea dei tentativi di revisione pacifica dei trattati, patrocinato dal signor Chamberlain. È da presumersi quin

di che nessuna pregiudizionale vi sia da parte inglese per un'eventuale revisione, sia verso la Dobrugia che verso la Tracia, quando e qualora e ciò si giunga per le vie pacifiche.

c) La Francia non sembra svolga un'attività specifica nei riguardi della questione della possibile revisione del trattato di Neuilly. Il crollo delle posizioni diplomatiche francesi nell'Europa Centrale ha scosso anche la situazione della Francia nei Paesi balcanici !asciandola in una situazione tale da non far prevedere altro che una docile collaborazione da parte di essa a quelle che potranno essere le direttive inglesi.

d) Da quanto precede sembra possa trarsi la conseguenza che, anche in questo problema, l'atteggiamento dell'Italia possa essere determinante e la sua parola decisiva. Da essa potrà in definitiva, al momento opportuno, dipendere se la Bulgaria potrà soddisfare le sua aspirazioni a spese della Romania o della Grecia. Importanti sono i nostri interessi con la Romania altrettanto importanti sono i nostri interessi con la Grecia Paese mediterraneo e confinante. Questi interessi possono non combaciare con quelli della Germania. Non sta naturalmente a me di suggerire quella che Vostra Eccellenza, disponendo di tutti gli elementi, avrà probabilmente già tracciata come linea direttiva per il nostro atteggiamento in questa importante questione.

Sarei in ogni caso grato a Vostra Eccellenza se volesse, ritenendolo possibile ed opportuno, indicarmi il punto di vista del Regio Governo e le linee generali della nostra azione politica in proposito, considerata l'importanza che il problema presenta per le nostre relazioni con questo Paese ed in vista dell'aiuto che potrebbe derivarmi nei miei compiti di osservatore e di esecutore, dalla conoscenza del pensiero di Vostra Eccellenza nei riguardi di questo essenziale aspetto della politica balcanica del prossimo futuro 4 .

498 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

500 1 Vedi D. 375.

500 2 Vedi D. 366, nota 2.

500 1 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 366.

501

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6277/818 R., 6273/819 R. e 6275/820 R. Londra, 4 dicembre 1938, ore 21.23 (per. ore 4, 15 del 5).

Le dettagliate e fotografiche segnalazioni stampa inviate avantieri venerdì, sabato ed oggi domenica riproducono con esattezza situazione di questi giorni.

Discorso di V. E. di giovedì alla Camera 1 ha avuto una favorevole accoglienza nei circoli del governo, del Parlamento, della City e nel pubblico britannico. Accoglienza è stata così favorevole da scoraggiare i soliti tentativi delle opposizioni, che per una volta tanto hanno rinunziato a commentare sgradevolmente o alle solite speculazioni an ti fasciste.

50 l 1 Vedi D. 487, nota 1.

Spontanea dimostrazione 2 con cui Camera fascista, facendo eco al discorso di VE., ha interpretato, fissandole senza equivoci, le sacrosante aspirazioni del popolo e dell'Italia fascista, non ha mancato invece, come era da aspettarsi, di determinare un senso di «meravigliato sgomento». Downing Street ha fatto di tutto, nella giornata di venerdì, per mettere la sordina nella stampa e alla Camera dei Comuni, consigliando moderazione e prudenza ai soliti francofili della sinistra conservatrice. Ambienti francesi di Londra, i quali contavano che il governo britannico si sarebbe subito e spontaneamente associato alla protesta francese, sono rimasti vivamente delusi per quella che essi chiamano mancanza di solidarietà da parte britannica e subito da Parigi sono state messe in moto tutte le possibili leve per ridestare la cosiddetta «sensibilità» del governo britannico, mentre governo francese faceva eseguire un passo formale al Foreign Office 3 . Soliti amici della Francia venivano richiesti di presentare interrogazioni al Primo Ministro allo scopo provocare un dibattito ai Comuni e forzare Chamberlain a rinunziare alla sua visita a Roma (vedi mio telegramma n. 8174).

Nonostante tuttociò, opinione pubblica si è mantenuta abbastanza tranquilla ed escandescenze dei giornali parigini non hanno trovato se non parziale eco in questi circoli politici e in questi giornali, i quali, nella maggioranza, hanno continuato a dare informazioni e cronache obbiettive. Chamberlain ha reagito con la sua nota determinazione e coraggiosamente alle manovre delle sinistre, tendenti sabotare visita Roma ed ha annunziato invece ieri stesso che il suo viaggio era fissato definitivamente per l'undici gennaio.

Questa la situazione nel suo aspetto generale.

Non ho mancato per parte mia e nel limite delle mie possibilità, di agire presso questi organi della stampa e questi uomini di governo e politici, per far comprendere esatta portata e significato della dimostrazione che ha avuto luogo alla Camera fascista. Tale dimostrazione ha fissato davanti al mondo, con la chiarezza necessaria, i veri termini del problema dei rapporti itala-francesi e la necessità improrogabile nonché la potente determinazione del Duce e del Regime di risolverlo.

Alle inevitabili obbiezioni di questi uomini politici, i quali non mancano rivolgermi domande ansiose e preoccupate mettendo avanti, tra l'altro, la stretta solidarietà degli interessi anglo-francesi e la necessità in cui si troverebbe Inghilterra di schierarsi a fianco della Francia nell'eventualità che Inghilterra fosse costretta a scegliere tra l'Italia e la Francia, io ho risposto e risponderò nel modo seguente.

l) Il problema per l'Inghilterra non è quello di schierarsi pro o contro l'Italia o la Francia. L'Inghilterra ha invece un ovvio e urgente interesse, cioè quello di favorire un accordo fra l'Italia e la Francia. Tale accordo non è possibile assolutamente se non siano state risolte, in un modo chiaro, netto e secondo giustizia, le questioni di Tunisi e Suez. Fino a tanto che tali questioni non saranno risolte non si potrà parlare di chiarezza e di accordi fra l'Italia e la Francia;

2) la dimostrazione con cui Camera fascista ha fatto eco parole del mmtstro Ciano è stata lucida ed escandescenze francesi sono assolutamente fuori luogo. Camera fascista è libera esprimere nei riguardi Paesi democratici i propri sentimenti e opinioni con la identica libertà con cui Parlamenti democratici si sono espressi sempre nei riguardi Paesi autoritari. lo ho sentito con le mie orecchie per quattro anni consecutivi nel Parlamento inglese discorsi, espressioni, interruzioni che oltrepassavano ogni limite contro l'Italia fascista. Stessa cosa è avvenuta Parlamento francese. Le democrazie non possono lamentarsi, né protestare se il fascismo applica nei riguardi loro quella «libertà» che è precisamente il feticcio, il luogo comune usato dalle democrazie nelle loro campagne antifasciste: tanto meno possono invocare a loro favore i vantaggi di quel Regime fascista che proprio le democrazie negano e combattono;

3) mentre nostre ragioni su Gibuti e Suez trovano abbastanza comprensione in questi circoli politici, minore è comprensione britannica per nostre giuste sacrosante rivendicazioni su Tunisi. Agli inglesi cerco soprattutto far comprendere che Abissinia e Tunisia sono questioni indissolubilmente legate fra loro nel cuore popolo italiano, nello sviluppo avvenimenti diplomatici, politici e militari tra l'Italia e la Francia. È la stessa Francia che con sua azione ha creato questa indissolubile connessione. Convenzioni Tunisia 1896 5 sono state il ricatto francese all'Italia all'indomani di Adua e già per se stesse una mostruosa ingiustizia. Nel 1918, mentre l'Italia si batteva al fianco alleata Francia e proprio alla vigilia vittoria del Piave che determinava sconfitta Imperi Centrali, il governo francese «osò» denunziare stesse Convenzioni tunisine6 , le quali -preciso -erano già per se stesse una iniquità in quanto rappresentavano una parziale rinunzia imposta all' !tal i a in un momento di debolezza e di crisi internazionale a quelli che erano e sono tuttora i diritti dell'Italia nel Protettorato Tunisi.

A questi «amici inglesi» che sembrano adesso scandalizzati per avere il governo italiano scelto questo momento, e cioè all'indomani del riconoscimento francese dell'Impero, per «sollevare» questione Tunisi, rispondo invariabilmente che la questione Tunisi è esistita sempre e che principalmente francesi l'hanno risollevata denunziando le Convenzioni del 1896 proprio esattamente nel momento in cui i soldati italiani combattevano e morivano per la Francia a Bligny; che il governo francese non può trovare quindi nulla di straordinario o di inesatto se il Governo italiano denunzierà l'accordo del 5 gennaio 1935. Tale accordo non è mai stato formalmente perfezionato e la Francia, pochi mesi dopo, vi ha risposto votando le sanzioni ginevrine, associandosi al tentativo collettivo di strangolamento dell'Italia Fascista, distruggendo così essa stessa le basi formali, politiche e morali dell'accordo del gennaio 1935.

All'indomani di Monaco e dell'Arbitrato di Vienna, che hanno riconosciuto diritti minoranze tedesche, ungheresi e polacche ad essere protette e difese, problema di Tunisi si pone automaticamente e improrogabilmente. Nel Protettorato di Tunisi vi sono

150.000 italiani che da tre quarti di secolo hanno costruito, essi solamente, il nuovo Paese e che il Duce intende difendere e proteggere a tutti i costi. Fino a che-io concludo invariabilmente -francesi ed inglesi non si saranno persuasi di ciò, e finché problema non sarà risolto, non vi sarà pace nel Mediterraneo e lo stesso accordo italo-britannico sarà indirettamente compromesso nel suo funzionamento e nei suoi scopi.

500 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

50 l ' Si veda ibid.

501 1 Vedi DDF, vol. XIII, DD. 4 e Il e ED, vol. III, D. 471.

50 l 4 T. 6254/817 R. del 3 dicembre. Riferiva che alla Camera dei Comuni erano state depositate delle interrogazioni tra cui quella dell'on. Henderson nella quale si chiedeva assicurazione che gli accordi italo-britannici non alterassero gli obblighi della Gran Bretagna verso la Francia e che la visita di Chamberlain a Roma avesse luogo solo dopo che da parte italiana fosse cessata la propaganda ostile alla Francia.

50 l 5 Convenzioni tra Italia, Francia e Tunisia del 2S settembre 1896. Testo in Trattati e convenzioni, vol. XIV, pp. 309-350.

501 6 119 settembre 1918.

502

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 6274/821 R. Londra. 5 dicembre 1938. ore 0,22 (per. ore 4,30).

Con mio telegramma n. 818 1 , ti ho informato sulle ripercussioni in Inghilterra del tuo discorso alla Camera e della manifestazione con cui Assemblea Fascista ha fatto eco alle tue parole 2 .

Secondo tue istruzioni, mi sono astenuto in questi giorni dal fare qualsiasi passo ufficiale al Foreign Office sulle questioni di Tunisi, Gibuti e Suez, !imitandomi svolgere opportune azioni in questi circoli politici e giornalistici. La tua lettera n. 9161 del 14 novembre 3 mi ha dato un orientamento sicuro su quelle che sono le direttive del Duce e tue sulle questioni di Tunisi, Gibuti e Suez e, come tu hai visto dai miei resoconti stampa, molti giornali nell'esaminare problema dei rapporti italo-francesi, indicano già all'opinione pubblica inglese i termini del problema così come tu li hai posti nella tua lettera.

Il tuo discorso e la manifestazione di giovedì alla Camera hanno posto di fronte al mondo il problema essenziale dei nostri rapporti con la Francia con un'evidenza tale che ormai, né Francia, né Inghilterra possono ignorare ovvero eludere.

Salvo tue contrarie istruzioni, mi manterrò sulle stesse linee della tua lettera e cioè mi asterrò dall'intrattenere ufficialmente Foreign Ot1ìce, continuando invece nella mia azione in questi ambienti governativi e politici.

È probabile tuttavia che Halifax, il quale da venti giorni è assente da Londra e sarà di ritorno nell'entrante settimana, mi manderà a chiamare.

Per questa eventualità ti sarei grato telegrafarmi contenuto tuoi colloqui di ieri con codesti ambasciatori Francia e Inghilterra, per mia norma linguaggio nei miei eventuali contatti con Halifax 4•

502 2 Vedi D. 487, nota l. 502 3 Vedi D. 398. 502 ~ Si veda per la risposta il D. 506.

502 1 Vedi D. 501.

503

IL MINISTRO A QUITO, AMADORI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6300/99 R., 6303/ l 00 R. e 630 l /10 l R. Quito. 5 dicembre 1938, ore 4.45 (pe1: ore 9 del 6).

Ho raccolto seguenti considerazioni e prospettive su Conferenza Lima.

Ventuno Stati partecipanti circa questione del l 'affermazione di una solidarietà americana difensiva contro Stati totalitari si raccoglieranno in tre tendenze che diversamente intendono realizzare tale solidarietà:

l) Tendenza patiicolare degli Stati minori per un ordinamento americano tipo patto Ginevra, cioè con sicurezza collettiva, solidarietà contro aggressore, sanzioni, tribunale arbitrale sovrano, uguaglianza Stati. Questo ordinamento vorrebbe servire contro supposti pericoli totalitarismo europeo e anche tranquillizzare piccoli Stati contro prepotere americano.

2) Tendenza Stati Uniti contraria ad impegni assoluti per una Società delle Nazioni americana, ad alleanza militare, alla supremazia di una corte arbitrale perché in tale ordinamento Stati Uniti sarebbero legati dai piccoli Stati. Washington concepisce solidarietà americana soltanto nella misura elastica e creditrice 1 che conviene ai suoi interessi di grande Potenza. Quindi a Lima Stati Uniti vorranno lasciare libero il giuoco della loro superiorità, cercando raggiungere: A) Intese militari di massima snodate e parziali, per una collaborazione alla difesa Continente; B) Un ordinamento elastico della unità americana antieuropea con organi attraverso cui possa realizzarsi, al momento del bisogno, l'atteggiamento comune difensivo. Tali misure di ritorsione nord-americane saranno presentate come un allargamento dottrina di Monroe confermata da tutti continenti americani ed estesa al campo ideologico e militare.

3) Tendenza grandi Stati America Latina con a capo Argentina i quali intendono riservare America Latina alle loro proprio influenze, vogliono difendersi da invadenza nord americana e perciò ritengono loro vitale interesse mantenere contatti attivi con Europa e Ginevra. Tale gruppo agirà conferenza Lima contro prima e seconda tendenza e si affermerà contrario ad ogni patto totale, ad un Ente direttivo Continente americano, ad ogni tribunale superiore perché tali strumenti sarebbero in mano piccoli Stati e Nord America.

Tendenza Argentina preferirà concentrare suoi sforzi su sviluppo decisione conferenza Buenos Aires e per problemi posti da Stati Uniti d'America preferirà rinviare ogni decisione ai casi pratici deli'avvenire.

Lotta alla conferenza Lima sarà fra seconda e terza corrente; si presume Stati Uniti America troveranno maggiori concorsi fra Stati Oceano Atlantico e Stati maggiori. Equatore, considerato da Washington per isola Galapagos elemento essenziale suo sistema ditènsivo Canale di Panama come per Atlantico, sarà particolarmente invitato allinearsi Stati Uniti d'America per difesa continente.

Probabilmente tra le due correnti si giungerà ad un compromesso che vorrà conciliare unità Continente contro totalitarismo europeo e volontà Stati latini di drizzarsi anche contro predominio nordamericano, se non più sotto formule imperialiste di Hoover, sotto formula Roosevelt del buon vicinato.

Il punto di tale compromesso tra piano nordamericano e piano latino-americano sarà fino all'ultimo momento della contèrenza legato agli sviluppi situazione europea.

Non si crede però delegazione americana forzerà conferenza alle sue tesi. Prevedesi allora che conclusioni conferenza consisteranno essenzialmente nella formulazione di postulati teorici per un'azione comune difensiva che dovrebbe servire di base nel futuro a sviluppi pratici eventuali caso per caso e momento per momento.

Saranno esclusi impegni definitivi e totali.

Si giungerà probabilmente anche alla creazione organo consultivo più o meno permanente per studiare nei casi pratici la realizzazione postulati conferenza: vorrebbe essere questo un passo avanti sul principio della consultazione fra governi fissata a Buenos Aires, ma accordo azione concreta sarà lasciato in termini elasti

ci. Stati Uniti d'America raccoglieranno così a Lima molto minore collaborazione desiderata, ma si accontenteranno delle formule vaghe ed elastiche perché penseranno realizzarle in pratica Stato per Stato momento per momento. D'altra parte, un risultato contèrenza potrà essere rafforzamento pace interna americana. Conferenza non giungerà però alla definizione dell'aggressore interamericano e delle sanzioni, limitandosi riaffermare obbligo della semplice neutralità come contèrenza Buenos Aires.

Conferenza Lima lascerà, dunque, sospeso il problema dei rapporti di autorità e di forza fra gli Stati europei totalitari e gli Stati d'America. Ma allora non si può escludere che, quando l'Europa riuscirà ordinarsi e rafforzarsi sulla base Stati totalitari, gli Stati dell'America Latina possano ritornare indietro alle posizioni di cinquanta anni fa lasciando più posto all'autorità dell'Europa ed all'interesse americano dei nuclei immigrati. Attuale tentata opposizione americana al totalitarismo europeo ha profondo significato di difesa degli stessi Stati e nazioni d'America, i quali per esistenza dei gruppi europei e dei più o meno larghi inassimilabili gruppi di colore e per la necessità di nuova immigrazione e di nuovo apporto di capitali e di iniziative dall'Europa, sono e si sentono ancora in fase incerta. Idea totalitaria della razza e del suo vincolo permanente tende ad annullare processo dell'assorbimento immigrati con cui si sono costruite nazioni americane.

Questo si vede benissimo Equatore dove Stato-Nazione è poco più di una compagnia coloniale di sfruttamento per pochissimi su una massa amorfa, inconsistente e indifferente di colorati. Parallelamente Stati Uniti d'America potrebbero essere allora ridotti nei rapporti con Stati Americani ad una posizione uguale a quella odierna di Francia ed Inghilterra verso loro antichi alleati democratici. Ultima parola sui problemi conferenza Lima sarà detta in Europa.

503 1 Sic.

504

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 6295/577 R. Berlino, 5 dicembre 1938, ore 12,45 (per. ore 2 del 6).

Ancora due ore prima di partire, Ribbentrop ha tenuto a chiamarmi alla Wilhelmstrasse per rinnovarmi le più precise assicurazioni circa gli intenti della sua visita a Parigi.

Oltre firma documenti a noi già noti I, non mancherà «il giro di orizzonte» che è di consuetudine in simili occasioni. Ma, a premessa inderogabilità di ogni altra cosa, Ribbentrop chiarirà nel modo più inequivocabile e netto che «l'incrollabile» fondamento della politica tedesca è e rimane l'asse Roma-Berlino. Egli parlerà esplicitamente anche della questione spagnola, facendo comprendere come la sua naturale soluzione, ne Il' interesse stesso della Francia, sia la vittoria di Franco.

Ribbentrop non sa precisamente di quali questioni vorranno parlare i francesi: probabilmente della umanizzazione della guerra. In tal caso, egli si esprimerà al riguardo in maniera affatto generica e sulle linee già segnate dal Flihrer nei suoi discorsi.

È probabile si discuta anche di commercio e Ribbentrop si fa accompagnare per questo anche da direttore generale competente. Per ogni altra questione che fosse sollevata, Ribbentrop non mancherà di tenersi sulle generali ed userà le maggiori possibili riserve.

Permanenza Ribbentrop a Parigi durerà due giorni esatti. Viaggio di ritorno sarà fatto di giorno, sicché egli sarà qui giovedì sera. Mi ha dato già appuntamento per venerdì mattina onde mettermi subito al corrente di tutto 2 .

505

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6297/578 R. Berlino, 5 dicembre 1938, ore 12,50 (per. ore l de/6).

Nonostante apparente riserbo mantenuto dalla stampa in un primo tempo, posso assicurare eccidio Codreanu 1 ha qui provocato una impressione penosissima. Hitler ne è rimasto particolarmente colpito. Ribbentrop a sua volta deplora di aver consigliato il Flihrer ricevere Re Caro l. «Ma-ha soggiunto -chi avrebbe potuto immaginarsi che egli sarebbe stato capace di tanto!».

Ribbentrop ha dato stasera istruzioni perché alla domanda romena di cui al mio telegramma numero 554 2 sia risposto di «no» nella maniera più netta e perentoria.

504 1 Riferimento alla Dichiarazione franco-tedesca del 6 dicembre (vedi D. 507, nota l).

504 2 Nel Diario di Ciano vi è, sotto la data del 5 dicembre, questa annotazione: «in considerazione della prossima visita di Ribbentrop a Parigi, decidiamo col Duce di non drammatizzare gli incidenti e di dare una battuta di arresto alla stampa nella sua polemica antifrancese. Faccio informare di ciò lo stesso Ribbentrop, che se ne dimostra molto soddisfatto». Non è stata trovata documentazione, né delle istruzioni inviate all'ambasciatore Attolico-forse date per telefono-, né di una comunicazione di Attolico in proposito.

505 1 Vedi D. 490.

506

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. S.N.D. PERSONALE 914/248 R. Roma, 5 dicembre 1938, ore 22.

Tuo telegramma n. 821 1•

Approvo la tua linea di condotta.

Il resoconto del mio colloquio con Poncet 2 ti viene inviato col prossimo corriere. Per quanto riguarda il mio colloquio con Perth 3 tieni presente che questo ambasciatore di Inghilterra non ha fatto presso di me un vero e proprio passo, ma è venuto soltanto a chiedermi, in via amichevole, informazioni sull'accaduto facendomi presente il desiderio di conoscere se era nostra intenzione attenerci agli accordi coll'Inghilterra recentemente entrati in vigore. Circa le manifestazioni avvenute alla Camera, gli ho dato spiegazioni analoghe a quelle date a Poncet e che tu troverai nel resoconto del colloquio con quest'ultimo e cioè che si trattava in sostanza di incidenti la cui responsabilità non poteva risalire al governo. Per quanto riguarda gli accordi itala-inglesi mi sono richiamato al mio discorso del 30 novembre 4 e gli ho confermato la nostra intenzione che essi siano operanti.

507

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6315/233 R. Parigi, 6 dicembre 1938, ore 22,55 (per. ore 1,50 del 7).

Ho veduto oggi Ribbentrop subito dopo firma della dichiarazione franco-tedesca1• Egli me ne ha illustrato contenuto e mi ha informato anche della dichiarazione interpretativa2 , aggiunta che rende più ampio e cordiale testo primo documento.

506 ·1 Di questo colloquio non è stata trovata documentazione negli archivi italiani. Si veda il resoconto dell'ambasciatore Perth in BD, vol. III, D. 473.

Mi ha detto che Bonnet gli ha parlato dell'attuale tensione italo-francese, specialmente nei riguardi Tunisia. Ribbentrop gli ha risposto in termini generici, mostrando inevitabilità esplosione rivendicazioni patriottiche in un Paese giovane e fiero quale Italia, specialmente in momenti in cui politica europea si basa sempre più su concetto razza e sua difesa.

Conversazione su questo punto non sarebbe andata più oltre ma ho compreso che si è accennato non esservi analogia tra questione Tunisia e quella sudetica.

Ho creduto dover illustrare per sommi capi a Ribbentrop nostra tesi nei riguardi accordi LavaP, richiamando anche sua attenzione sul fatto che Tunisia non è colonia, né tanto meno territorio francese ma protettorato. Se la Francia non potette o non credette all'epoca pace Versailles, quando tutti facevano sua volontà, trasformare protettorato tunisino in colonia, non è certo oggi momento più opportuno per farlo.

Ribbentrop ha poi vibratamente affermato a Bonnet solidità asse Roma-Berlino che Bonnet ha detto accettare pienamente.

Circa Spagna, Bonnet si sarebbe atlrettato affermare attuale chiusura frontiera al passaggio materiale da guerra. Ho osservato a Ribbentrop che, se non passano armi già pronte, continua passare materiale destinato fabbricarle in Spagna, nonché benzina e viveri destinati mantenere indetìnitivamente resistenza Spagna Rossa4•

In sostanza, per quello che ci riguarda più direttamente nell'attuale situazione politica, nulla di saliente nella visita del ministro tedesco. Ribbentrop è rimasto impressionato dello straordinario spiegamento di forze di polizia al suo arrivo. Egli si è mostrato meco molto interessato alle sorti del Gabinetto Daladier, non nascondendomi desiderio vederlo consolidato, ciò che in verità è certo in questo momento per quanto riguarda opinione pubblica generale del Paese in seguito insuccesso sciopero generale e reazione alle manifestazioni italiane5• Sua situazione parlamentare a più o meno breve scadenza può ridiventare di nuovo incerta.

505 2 Riferimento errato. Si tratta del T. 6285/574 R. del 5 dicembre in cui l'ambasciatore Attolico riferiva che a Berlino si guardava con simpatia al desiderio della Romania di elevare al rango di ambasciata la rappresentanza diplomatica fra i due Paesi ma che in seguito agli avvenimenti romeni (uccisione di Codreanu) si era inclini a considerare la cosa come inopportuna in quel momento.

506 1 Vedi D. 502.

506 2 Vedi D. 491.

506 4 Vedi D. 487, nota l.

507 1 Dichiarazione franco-tedesca del 6 dicembre 1938. Testo in DDT, vol. IV, D. 369 e in DDF, vol. XIII, D. 45, sub l.

507 2 Testo ibid, D. 45, sub Il.

508

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE URGENTE 6308/147 R. Roma. 6 dicembre 1938 (per: stesso giorno).

A te l espresso n. 240245 del 2 corrente 1• La notizia di un intervento del Papa per una «tregua natalizia», non armistizio, fra le due parti in lotta nella Spagna, deve avere qualche fondamento.

(foglio 3441 del 21 novembre) con cui si informava che, secondo notizie di fonte spagnola, il Pontetìce in occasione delle prossime feste natalizie avrebbe rivolto un appello alle due parti che si combattevano in Spagna perché addivenissero ad un armistizio.

Ne ho parlato al cardinale Segretario di Stato stamane e ne ho avuto una risposta confusa che denotava un certo imbarazzo. Il cardinale Pace Ili mi ha detto che qualcuno gli ha parlato della cosa, fingendo di non ricordare di chi fosse stata l'iniziativa. Egli ha soggiunto, poi, che ci vorrebbe una domanda esplicita per parlarne al Papa.

Ho precisato che non avevo nessuna istruzione al riguardo. Mio scopo era esclusivamente quello di controllare un'informazione ch'era giunta al mio orecchio. Se dovessi svolgere una qualsiasi azione in un senso o nell'altro, dovrei ricevere istruzioni immediate da Vostra Eccellenza2 .

507 3 Riferimento agli accordi itala-francesi del 7 gennaio 1935 (testo in serie settima, vol. XVI, D. 403).

507 4 Sulle conversazioni avvenute in occasione della tìrma della dichiarazione franco-tedesca del 6 dicembre si veda anche il D. 514.

507 5 Vedi D. 487, nota l.

508 1 Ritrasmetteva una comunicazione del Comando del C.T.V. aii'Utlìcio Spagna del Ministero

509

IL MINISTRO A LISBONA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6336/069 R. Lisbona, 6 dicembre 1938 (per. il 9).

Mio telegramma per corriere n. 207/066 in data 12 novembre u.s. 1•

Informazioni indirette, ma da fonte generalmente attendibile, confermano che continuano tra il governo portoghese e quello spagnolo le trattative susseguenti allo scambio di note preparato, ma non mai effettuato, per garantirsi reciprocamente la frontiera comune in caso di conflitto.

Le informazioni odierne confermano anche l'accenno già tàttomi da N. Franco, indicando che le trattative sono ormai avviate verso un patto di amicizia e non aggressione. Aggiungono che le due parti sperano di poter addivenire alla firma entro il mese corrente.

Mi riservo di riferire ogni ulteriore precisazione che mi sarà possibile avere in argomento2 .

510

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 3259/1233. Roma, 6 dicembre 1938 (per. il 7).

Ho richiamato l'attenzione del Cardinale Segretario di Stato sulle recenti manifestazioni dei Cardinali Faulhaber, Schuster, van Roey, Verdier e Gonzalves Cerejeira sul razzismo e gli Stati totalitari (mio telespresso segreto del2 corrente n. 3216/1219 1).

508 è Sul documento vi è l'annotazione: «Niente. S.E. il Ministro». 509 1 Vedi D. 391. 509 2 Si veda per il seguito il D. 573. 510 1 Vedi D. 494.

Ho soggiunto che c'è da aspettarsi che Vescovi e Parroci insistano ancora più e con minore tatto, su quelle questioni spinose. Già qualche parroco, in Italia, specialmente nei piccoli centri, aveva dato luogo a lagnanze per intemperanze di linguaggio. C'era poi da temere il peggio da parte dei predicatori delle novene che ricorrono nel corrente mese e specialmente dai predicatori quaresimalisti i quali, verosimilmente, hanno già intrapresa la loro preparazione. Mi sembrava che fosse consigliabile, nelle presenti circostanze, di fare giungere ai Vescovi d'Italia il suggerimento di tralasciare gli argomenti di carattere non strettamente religioso e in ogni caso di scartare con cura le questioni scabrose.

Il Cardinale ha osservato che sarebbe stato facile dare a voce consigli nel senso da me suggerito, ma che, dovendo scrivere la cosa diventava più difficile.

Ho insistito. Il Segretario di Stato ha finito per dirmi che per quel che riguarda la diocesi di Roma, qualcosa era già stato fatto. Ha preso, inoltre, nota scritta della mia domanda, promettendo di studiare il modo di provvedere anche per le rimanenti diocesi d'Italia.

511

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 11155/2172. Washington. 6 dicembre 1938 (pe1~ il 16).

Quest'ambasciata, durante la crisi cecoslovacca ed in immediata presenza dell'accordo raggiunto a Monaco fra le quattro grandi Potenze occidentali, ebbe a segnalare le progressive reazioni con cui l'opinione pubblica ed il governo americano si esprimevano dinanzi agli eventi 1•

Fu allora segnalato uno stato d'animo complesso che, dinanzi aJla pace raggiunta a Monaco, si compiaceva con maggiore indulgenza a soppesare il costo di tale pace che non il valore assoluto per tutti di questa. NeJI'insieme, quindi, con quel distacco reso possibile dalla distanza dal teatro degli eventi e dalla fondamentale sicurezza americana, il sentimento aJlora prevalente fu di delusione, di insoddisfazione e spesso di riprovazione per il tradimento franco-britannico. Dimenticando la giustizia storica e forse anche politica deJJa partizione cecoslovacca, si reagiva soprattutto al metodo con cui questa era stata raggiunta.

All'opinione libera e non solo deJla stampa, corrispondeva certamente un sentimento analogo negli ambienti di governo e forse personale dello stesso Presidente Roosevelt. Tuttavia, negli ambienti ufficiali, riserbo assoluto, astensione da qualsiasi giudizio, e un marcato senso di distacco e di disinteresse per quanto era accaduto o stava per accadere in Europa.

Oggi, a quasi due mesi di distanza dagli eventi storici che si svolsero a Monaco e sulla base di elementi già noti e di pensieri e sentimenti sparsi nell'atmosfera che qui si vive, è forse possibile precisare qualche punto sulle direttive presenti della politica estera americana e sulle ripercussioni che gli eventi dell'autunno scorso hanno e continueranno ad avere al di qua dell'Atlantico.

Non si va forse lontano dal vero osservando che la transazione di Monaco rappresenta una data molto importante nella evoluzione e formulazione della politica estera americana. Essa è stata il solvente che ha distrutto molte illusioni, molte velleità ed ha imposto all'America, come a tanti altri Paesi, la revisione di molte posizioni. Contemporaneamente Monaco ha rafforzato certi motivi e certe tendenze che più o meno hanno sempre fiorito in questo Paese.

Dal famoso discorso di Chicago dell'autunno 1937 2 alla crisi cecoslovacca dell'autunno del 1938, la politica americana con reticenze e pentimenti ha oscillato intorno ad alcune frasi fatte e luoghi comuni politici ed ideologici: Potenze democratiche e Potenze autoritarie; Potenze pacifiche e Potenze aggressive, fronte democratico contro un fronte autoritario. Conseguenze: incoraggiamento verso le resistenze e le incomprensioni delle Potenze cosiddette democratiche per un allineamento collettivo di solidarietà, sfrenata propaganda di parola e di stampa contro le cosiddette Potenze autoritarie. Motivi di questo: presunta minaccia delle Potenze autoritarie contro gli Stati Uniti dal duplice punto di vista di regime interno e di relazioni estere, necessità degli Stati Uniti di difendersi meglio solidalizzandosi con Francia e Inghilterra. Tale atteggiamento è comune nella direzione di tutte le Potenze totalitarie che si identificano in Giappone, Germania e Italia, e si ripercuote nei rapporti con queste Potenze, che assumono contorni vivaci particolarmente per il Giappone per la questione cinese e per la Germania per numerose questioni di carattere vario che vanno dalla politica economica alla politica antisemita.

Verso l'Italia, a parte la questione di Etiopia e quella spagnola che, d'altro canto, non interessano direttamente gli Stati Uniti, l'orizzonte è più sereno e le ombre, specie fino alla recentissima questione ebraica, sono fortemente compensate da alcuni tradizionali eradicati sentimenti di simpatia.

Tuttavia questa politica è stata tutt'altro che lineare. Alle compromissioni presidenziali sono spesso seguite dichiarazioni di rettifica. Pure essendo riuscito a varare il riarmo, un colossale programma di riarmo senza precedenti nella storia americana, il Presidente non è però riuscito a superare le così fondamentali tendenze isolazioniste e astensioniste delle grandi masse americane. Alla crociata ideologica irresponsabile, ha corrisposto appena appariva la possibilità di una effettiva compromissione, una valutazione più realistica e magari egoistica del più diretto e immediato interesse americano.

Sarà da valutare domani in sede storica quale parte di responsabilità abbiano avuto il Presidente Roosevelt e l'opinione americana nello stesso proseguirsi ed acutizzarsi della crisi cecoslovacca, con la loro azione di sobillazione e quella illusoria di appoggio dato, con ripetute manifestazioni, alla politica franco-britannica, fino all'autunno scorso.

Certo si è che, di fronte al precipitare degli eventi europei, alle possibilità grandissime di un conflitto reale e bellico, l'opinione americana, e lo stesso Presidente Roosevelt, da quell'acuto osservatore politico del suo Paese che egli è, hanno dato segni precisi di distacco e di declino di responsabilità, di estrema prudenza e cautela di azione e di linguaggio, tàcendo bene intendere infine che, pure essendo ben precisa la direzione delle proprie simpatie e del proprio cuore, non sarebbe stato il caso di alimentare alcuna illusione sull'immediato orientamento e posto degli Stati Uniti in caso di guerra europea.

In via di parentesi, tuttavia, è anche opportuno aggiungere che, malgrado questo, difficili si presentarono allora le previsioni circa quale sarebbe stato, alla lunga, l'atteggiamento degli Stati Uniti. Non è possibile tacere che l'opinione prevalente era che, neutrali dapprima, gli Stati Uniti avrebbero pur dovuto finire per essere trascinati anche essi nel conflitto. Non posso fare a meno di ricordare che, durante le giornate così cariche di eventi del settembre scorso, la mia impressione personale appoggiata da molti elementi, propendeva per tale valutazione e che valutazioni analoghe e in modo anzi direi più netto e preciso, venivano fatte da questo ambasciatore di Germania.

Comunque, l'esperienza della crisi cecoslovacca-a parte tutte le reazioni e previsioni immediate sopra indicate-non è passata invano, e sono ormai da registrare in conseguenza più o meno diretta di quegli eventi l'accentuarsi di alcune tendenze e il precisarsi di alcuni orientamenti da individuare e indicare nel modo sommario che segue:

l) Rinuncia ad una marcata formulazione di problemi di politica estera in termini ideologici. Può darsi che le frasi di «fronte democratico». «fronte unico» et similia spariscano, almeno per qualche tempo, dal vocabolario politico americano.

II) Maggiore cautela di linguaggio nel parlare di solidarietà con Francia ed Inghilterra.

III) Ripresa in grande di un interesse politico, commerciale e militare degli Stati Uniti in tutto il continente americano. Il Presidente Roosevelt ne ha dato lo spunto con la sua formula della solidarietà di difesa continentale americana. Già molti segni indicano che tale punto avrà notevole sviluppo e anzi accentrerà per qualche tempo, facendo anche perno sulla Conferenza panamericana di Lima, l'attenzione dell' opinione americana.

IV) Politica di riarmo più intensiva col concetto di garantire in modo assoluto la sicurezza navale, aerea e terrestre dell'America del Nord, Canadà compreso (vedi discorso del Presidente Roosevelt del 16 agosto a Kingston 3) e, con qualificazioni maggiori o minori, la sicurezza dell'America meridionale connessa con la difesa del resto degli Stati Uniti.

V) In complesso, un rinnovato isolazionismo per quanto riguarda impegni e compromissioni extra continente americano, con situazione analoga a quella britannica durante gran parte del secolo scorso: «splendid isolation». Insieme, però, esalta

zione della propria individualità nazionale e della propria forza materiale a scopo di sicurezza al cento per cento degli Stati Uniti, di tutela degli interessi commerciali e militari, soprattutto nel Sud America.

VI) La libertà da impegni non pregiudica tuttavia la possibilità avvenire di coalizioni ed alleanze, alla cui base starà intanto la potenza effettiva americana che garantirà già per se stessa indipendenza ed autonomia.

Da quale valutazione parte l'impostazione di una tale politica? A quali pericoli tende ovviare? Quali le conseguenze prossime e quelle più remote? Quali, infine, le possibilità che tale politica si realizzi?

La transazione di Monaco, il dissolversi definitivo del sistema politico nato a Versaglia e coltivato per tanti anni sulle rive ginevrine, la resa franco-inglese, i successivi interventi italo-germanici nell'Europa danubiana a favore dell'Ungheria, hanno sconvolto la nozione che qui si aveva della potenzialità effettiva britannica e francese. Si ha perfino talvolta la sensazione che forse ora si esagera nel pessimismo. L'impressione prevalente, infatti, è che la Gran Bretagna sarebbe tuttora assolutamente impreparata a fronteggiare un conflitto europeo che probabilmente si estenderebbe ali' Asia, con una preparazione militare terrestre assolutamente insufficiente e una vulnerabilità agli attacchi aerei tale da modificare radicalmente i dati tradizionali del programma della difesa delle Isole britanniche. Per la Francia le valutazioni sono meno pessimiste, pure turbate tuttavia dalla considerazione della crisi sociale che agita quel Paese, ma finiscono poi per divenire anch'esse pessimiste quando, esclusa la efficienza dell'apparato britannico, la Francia è considerata materialmente isolata di fronte al blocco Germania-Italia.

Aggiungo tuttavia che ignoro se e quale fondamento abbiano tali valutazioni: certo è che qui sono abbastanza diffuse, anche se può darsi fondate più sulla impressione dell'azione politica franco-britannica di fronte a quella germanica ed italiana, che per conoscenza obiettiva di elementi militari e di fatto.

Da tutto questo tuttavia nasce la visione di una potenza germanica che tendenzialmente già domina l'Europa e che con la prospettiva di ulteriori conquiste in proprio di ordine politico, territoriale ed economico, e con l'apporto italiano si avvia ad una egemonia mondiale che, per la sua forza effettiva, per suo temperamento aggressivo. finirebbe per minacciare gli interessi politici ed economici degli Stati Uniti. Talvolta ci si domanda quanto tale visione abbia elementi di realtà e se non sia piuttosto il frutto di immaginazioni deluse. Certo, devo dire che nelle sue linee è una valutazione che qui sta prendendo molto piede anche presso elementi dirigenti seri e con cui si possono spiegare molti atteggiamenti attuali del governo americano. Vale a dire che, oltre agli interessi ideologici in contrasto, vi è tutta una valutazione obbiettiva di previsioni e di impressioni. Di qui il sospetto e l'inquietudine con cui si sorveglia l'attività tedesca nell'America del Sud, con cui si guarda alla possibilità che la Germania si installi sulla costa atlantica dell'Africa o nelle Canarie, di qui pure la politica di riarmo, anzi di superriarrno che, concentrata naturalmente sulla flotta, si estende all'aviazione, alla difesa anti aerea e perfino all'esercito. Di qui pure lo spostarsi del problema della difesa nazionale dal Pacifico, in cui si era finora sempre concentrata di fronte alla ipotetica minaccia nipponica, ali' Atlantico e non soltanto al nord Atlantico ma, per le sospettate mire ed infiltrazioni germaniche nell'America del Sud, anche all'emisfero atlantico australe.

Si tratta di politica tendenziale, già parzialmente in atto, sebbene ancora in cerca di precisazioni, maturazioni, definizioni, man mano che si preciseranno i dati del problema strategico e militare da risolvere.

Per forza di cose il riarmo sarà prevalentemente navale ed aereo con avvicinamento anche qui nella concezione al compito storico esercitato per tanto tempo dalla flotta britannica.

Il Regio Addetto Navale, con il rapporto che accludo ad ogni buon fine in copia4 , prospetta dal punto di vista delle unità anche aeree quale è il programma di costruzioni in corso, quale eventualmente il nuovo programma integrativo che dovrà essere presentato al prossimo congresso. Si tratta certamente di un programma imponente di costruzioni che trova tuttavia limiti, non finanziari (la capacità finanziaria potenziale del Paese è tale da sopportare carichi del genere) ma tecnici e politici di cui solo i secondi possono essere assoluti.

Vi è in primo luogo la potenzialità delle attuali installazioni che non consente una rapidissima realizzazione di tali costruzioni che dovranno pertanto essere scalate in un certo numero di anni e imporranno una attrezzatura da creare in buona parte di sana pianta, dato che quella esistente è impari al compito e dovrebbe anche essa subire delle profonde trasformazioni. Vi è in secondo luogo la misura della volontà del popolo americano di sobbarcarsi a tale colossale programma di armamenti e al costo che esso comporta: volontà che imporrebbe, al caso, la persuasione della necessità di un tale riarmo e della esistenza, pertanto, effettiva dei pericoli che si paventano. Ecco perché la prossima sessione del Congresso potrà essere

511 "Nel suo rapporto n. 1137 del 6 dicembre il capitano di vascello Cugia faceva presente che, stando a diversi segni, la formula «difesa continentale» enunciata dal Presidente Roosevelt era indicativa della tendenza a spostare il baricentro militare degli Stati Uniti dal Pacifico all'Atlantico come conseguenza della tensione in atto con la Germania. Circa la situazione politica nella quale si inquadrava l'incremento degli armamenti americani, l'addetto militare osservava:

«La imponente campagna per il rianno, inspirata dal Governo. fiancheggiata da associazioni religiose e politiche, da agenzie più o meno occulte. ed esercitata attraverso la stampa quotidiana, i bollettini radiodiffusi ed una completa e vasta letteratura, è riuscita a convincere la maggioranza del pubblico americano che solo in armamenti solleciti e cospicui riposa la difesa dci "minacciati" e vitali interessi degli Stati Uniti.

Gli argomenti che formano la struttura dell'azione propagandistica vengono tutti riferiti alle cosiddette conseguenze del Convegno di Monaco e possono essere così riassunti: -incapacità delle democrazie europee a trenare l'espansione degli Stati totalitari (specialmente tedesca);

-incremento della penetrazione ideologica ed economica germanica nelle Repubbliche dell'America latina, quale riflesso dell'aumentato prestigio della Germania nel vecchio Continente, con danno delle imprese commerciali degli Stati Uniti c con probabili colpi alle istituzioni "democratiche" ed alle credenze religiose in questo emisfero;

-possibilità che si verifichino infringimenti nella Dottrina di Monroe per presunte mire tedesche rivolte ad ampliare le presenti influenze, specialmente ove la lotta civile in Spagna, risolvendosi in una vittoria franchista, susciti reazioni simpatizzanti per regimi a carattere "dittatoriale".

Per converso, il piano "difensivo", come interpretato dalla opinione corrente, implica alcune linee generali:

a) Conseguire armamenti navali, terrestri ed aerei di siffatta imponenza da rendere inconcepibile per un nemico esteriore la realizzazione di disegni territoriali nei riguardi della America latina, ed anzi tali da consentire agli Stati Uniti di rintuzzare la minaccia nel suo punto di origine geografico e prima che riesca a concretarsi.

indicatrice di interessanti tendenze della politica americana con una vibrata battaglia di politica estera ed interna.

Riuscirà il Presidente Roosevelt e la sua Amministrazione a persuadere la grande massa dell'opinione pubblica americana, tendenzialmente pacifista ed isolazionista, della necessità di tale vasto riarmo, nonché della realtà dei pericoli, anche eventuali e solo futuri, che minacciano l'America? Riuscirà il Presidente a vincere le correnti pacifiste ed isolazioniste?

Non è improbabile che certi gesti presidenziali recenti verso la Germania, lo sfruttamento del fenomeno sionista presentato, non più in termini di semitismo ed antisemitismo, ma in quelli più generali di umanità e di vivere civile, la persistente campagna antitotalitaria, le continue denunzie delle mire e degli intrighi germanici neli'America latina, siano tutte mosse tattiche per predisporre il pubblico americano a subire il costo del riarmo.

Certo le forze contrarie sono già in moto e il consueto senatore Borah, rappresentante del più tipico isolazionismo del Middle West, ha preannunziato che il gover

L'applicazione di questo ultimo concetto giunge ben lontano, perché ammette interferenze politiche e militari che superano i limiti insiti nella formula della difesa continentale. Ma vari fatti potrebbero suffragare la conclusione che il pensiero delle masse va sempre più polarizzandosi verso interventi anche estranei all'ambito delle due Americhe. Ne sono prove la constatazione, qui esaltata, che si debba solo alla reazione americana se nell'opinione pubblica britannica guadagnano oggidì orientamenti anti-totalitari, la rinnovata agitazione per togliere l'embargo alla Spagna comunista, e la recentissima presa di posizione governativa e popolare nei confronti della lotta antisemita. Ma, per quanto concerne più particolarmente il settore militare, converrà accennare all'improvviso interesse z!ffìciale dimostrato per il presunto uso delle Canarie quale base navale germanica (Nota del documento: «Il Governo degli S.U. recentemente richiedeva per via diplomatica a quello della Gran Bretagna la conferma o meno circa la notizia secondo la quale la Marina germanica avrebbe stabilito una base per sm. nelle isole Canarie») e segnalare quanto pubblicava settimane or sono ( 19 novembre) l 'Army & Navy Register, organo settimanale che rispecchia assai fèdelmente le opinioni degli ambienti militari e navali: "Se nel corso di una conflagrazione europea apparisse che Francia ed Inghilterra dovessero essere vinte, dal punto di vista militare sarebbe più redditizio per noi di combattere sul suolo del vecchio Continente, anzichè attendere che la guerra dilagasse sino alle

nostre coste".

b) Risvegliare nell'America latina ed anche in Canada il principio della "solidarietà continentale" -altra formula proclamata dal Presidente Roosevelt, intensificando collaborazioni militari, economiche e cultura! i.

c) Combattere in questo Continente ogni ideologia o governo che rappresentino carattere diverso da quello "democratico".

d) Assicurare un fronte politico per porre fuori legge l'aggressore "non americano" a qualunque parte del globo appartenga e generalizzare la dottrina del "non riconoscimento" per conquiste in attrito con i Trattati esistenti.

e) Contrastare nell'America latina, mediante sovvenzioni ai propri commerci, quelli degli Stati totalitari.

t) Considerare come prospettiva oramai ineluttabile che il Giappone, dato il corso degli avvenimenti in Cina, assumerà in Estremo Oriente una posizione predominante sia politica che militare ed infine economica. Quantunque lo si deplori, si riconosce che la situazione non potrebbe essere mutata-e con risultato assai dubbio-che mediante un intervento armato, ciò che si esclude a priori per una serie di motivi, tra i quali:

-verdetto contrario espresso dall'opinione pubblica in precedenti occasioni e quando il prestigio nazionale era stato cimentato (es. affondamento della cannoniera Panay-12 dicembre 1937);

-sensazione che in caso di conflitto mancherebbe il sostegno della Gran Bretagna, data la politica "realistica" ora seguita da quel Governo, né potrebbe farsi soverchio affidamento su quello russo, in considerazione della incerta situazione domestica nell'U.R.S.S.;

no dovrà pure mettere le carte in tavola sui fini e sui limiti della propria politica di riarmo e di quadro estero a cui il riarmo corrisponde.

Pensando, tuttavia, alla relativa facilità con la quale, nell'inverno scorso il Presidente Roosevelt è riuscito già a varare la prima cospicua tranche del riarmo navale americano e non dimenticando che questa politica di riarmo coincide con gli interessi di molte ditte e di molti lavoratori, rientrando nella politica interna di aiuto contro la depressione economica, è forse da prevedere che le forze contrarie -del resto in questi ultimi mesi notevolmente affievolite-finiranno per non impedire l'approvazione dei fondi necessari per la creazione di questo fondamentale strumento di difesa. Questo corrisponde del resto anche ad un sentimento crescente dell'americano medio che gli Stati Uniti hanno ormai la responsabilità ed il compito storico di preservare un sistema di vita internazionale e di organizzazione politica interna, che si identifica, secondo lui, con le ragioni stesse della civiltà, tradita dai nuovi barbari dei due più vecchi continenti:;.

~modesto ammontare degli interessi commerciali degli S.LJ. in Estremo Oriente, in rapporto con la spesa che una azione con le armi comporterebbe;

~ disinteressamento per la sorte dell'Arcipelago filippino, che si considera nei termini di pericoloso peso militare e quale dannoso concorrente economico, sino a che persisteranno gli attuali legami politici.

Rispetto al Giappone, gli Stati Uniti sembrano avviarsi verso una posizione di difesa passiva, convalidata dalla vastità dell'Oceano e dalla catena foranea protettiva (Aieutine-Alaska-Hawaii -Samoa), ciò che consentirà nel futuro di concentrare un maggior sforzo militare in Atlantico. Occorre, tuttavia, rilevare che una abile ed insinuante propaganda nipponica, mentre rappresenta la politica dell'Impero come non pregiudizievole ai fondamentali interessi americani ma bensì esclusivamente rivolta ad instaurare un nuovo ordine in Cina. dal quale quelli non tarderanno a beneficiare, non manca di additare che l'incombente minaccia per gli Stati Uniti sia quella proveniente da Oriente, e questa sola.

Per il momento la maggioranza dell'opinione pubblica americana considera così il "riarmo" nei termini di un imperativo categorico, ma vede in esso anche il mezzo che, imprimendo agli affari nuova lena, risolverà, almeno in pat1e, il problema della disoccupazione. Secondariamente, la imponente corsa agli armamenti. portando la contesa sul vantaggioso terreno economico, potrà-si pensa-sconfiggere alla lunga e senza l'appello ad una decisione cruenta, le "invise" dottrine totalitarie. Ma, a spiegare il generale sentimento di consenso, potrebbe ritrovarsi nel fondo dell'animo popolare anche un motivo di orgoglio nazionale, solleticato dalla persuasione di riuscire a rimorchiare il mondo sulla via dagli Stati Uniti intrapresa, e forse un serpeggiante sentimento anti-europeo maturato nella subcosciente sensazione che una Europa forte e solidale potrebbe rappresentare una reale minaccia, non tosse altro economica, per questo Continente.

L'imminente Conferenza di Lima (9 Dicembre) si appresta ad esaminare. nelle possibili realizzazioni, le formule della "solidarietà" e della "difesa continentale" che formano la struttura della politica testé proclamata dal Presidente Roosevelt. Senza dubbio, questa riunione rappresenterà una pietra miliare per l'orientamento futuro degli Stati Uniti, sia per il risultato positivo che negativo delle conclusioni. La delegazione degli Stati Uniti. formata di delegati appa11enenti tanto al partito del Governo che a quello dell'opposizione. giungerà in Perù con il prestigio che deriva agli Stati Uniti dall'aver testé concluso il Trattato di Commercio con la Gran Bretagna cd il Canada. sanata temporaneamente ed in pa11e la controversia col Messico. assunta una posizione pseudo-morale di fronte alla lotta anti-semitica, e fo11ifìcata dal sostegno generale dell'opinione pubblica. Per il momento, infatti, il pensiero delle masse, polarizzate da un'imponente pubblicità, sembra unanime: ma è assai probabile che nei prossimi mesi e soprattutto attraverso i dibattiti del Congresso, riportato ad interpretazioni più serene e non distolto nella calma analisi della realtà da motivi apparentemente ideologici e religiosi. esso subisca revisioni anche radicali. foriere di inaspettate reazioni».

511 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

511 1 Vedi DD. 31, 78, 98,111 e 173.

511 2 Riferimento al discorso pronunciato dal Presidente Roosevelt il 5 ottobre a Chicago (testo in FRUS, Japan 1931-1941, vol. l, pp. 379-383). Si veda su di esso serie ottava, vol. VII, D. 404.

5 l l 1 Discorso pronunciato dal Presidente Roosevelt il l 8 (non il l 6) agosto precedente, in cui il Presidente aveva atlèrmato che non si poteva impedire al popolo americano di tàrsi un'opinione di fronte a deliberati atti di brutalità, ad azioni antidemocratiche e a sofferenze inflitte a popoli senza difesa. Sulla portata politica attribuita a queste dichiarazioni si veda serie ottava, vol. IX, D. 434.

512

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6317/148 R. Roma, 7 dicembre 1938 (per. stesso giorno).

Facendo seguito al mio telegramma per corriere n. 147 1 , informo V.E. che l'ambasciata di Spagna ha confermato la notizia di un intervento del Papa per una tregua natalizia fra le due parti in lotta nella Spagna. L'ambasciatore di Spagna era stato chiamato oggi dal cardinale Segretario di Stato, ma si è scusato di non potervi andare, per un recente lutto familiare; si recherà in Santa Sede tra qualche giorno. Il rappresentante del governo di Franco comunicherà che è nettamente contrario alla tregua natalizia e consiglierà il cardinale a non dare seguito alla proposta di una tregua.

Sembra che l'iniziativa possa essere partita da elementi ecclesiastici catalani dell'entourage del cardinale Vidal y Barraquer, già arcivescovo di Tarragona attualmente in Italia. Non mancherò di informare V. E. circa quanto mi sarà dato sapere dopo che l'ambasciatore di Spagna avrà visto il cardinale Pacelli 2 .

513

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8620/2581. Berlino. 7 dicembre 1938 (per. il 9).

La stampa tedesca continua a presentare nel modo più vistoso tutte le notizie sul viaggio del ministro von Ribbentrop a Parigi 1 , indicando con ciò l'importanza che negli ambienti dirigenti della Germania si intende attribuire ali 'avvenimento. Il testo della dichiarazione franco-tedesca firmata ieri a Parigi viene pubblicato oggi in prima pagina con grandi titoli da tutti i giornali, che lo fanno seguire dalla riproduzione delle parole pronunciate alla radio dai ministri degli Esteri von Ribbentrop e Bonnet2 notando anche a tale proposito che il ministro degli Esteri tedesco ha fatto egli stesso la traduzione in francese delle sue dichiarazioni.

Nei suoi commenti la stampa non fa che ripetere i concetti già espressi ripetutamente nei giorni scorsi e da me già riferiti nelle parti essenziali. Si pone cioè in particolare rilievo anzitutto l'intangibilità dell'Asse Roma-Berlino che ha reso possibile anche il riavvicinamento franco-tedesco, il quale quindi rappresenta in sostanza un nuovo successo della politica di collaborazione italo-tedesca. Si aggiunge che la dichiarazione franco-tedesca è una espressione del reciproco rispetto fra i due popoli, non separati da nessun problema vitale che non sia possibile risolvere amichevolmente, e che è merito speciale del Fuhrer l'aver reso possibile con la sua chiaroveggenza e lealtà l'inizio di una nuova era nei rapporti fra la Francia e la Germania.

La realizzazione degli intenti di Hitler, si dice ancora, è stata facilitata dal coraggio dimostrato da Daladier, il quale già a Monaco si era dimostrato uomo politico di grande formato. Così, terminano i giornali, il riavvicinamento franco-tedesco ha dimostrato ancora una volta l'inanità degli sforzi dei sabotatori professionali della politica di pace e d'intesa in Europa, politica che la Germania intende seguire come continuazione e sviluppo dei principi di cooperazione internazionale che hanno trionfato a Monaco.

Va rilevato il fatto che tutte le considerazioni della stampa tedesca sono intonate all'affermazione della necessità di un periodo di pace e di tranquillità nelle relazioni fra le Potenze europee, periodo a cui l'accordo franco-tedesco sembra servire di buon auspicio.

Si rileva infine qui che la presa di posizione della stampa italiana di fronte ali 'accordo di Parigi corrisponde ai concetti esposti nella stampa germanica, secondo i quali il riavvicinamento franco-tedesco è stato reso possibile sopratutto dall'amicizia italotedesca, la quale sempre più si va dimostrando il palladio di un giusto e duraturo ordine nuovo in Europa.

512 1 Vedi D. 508.

512 2 Il 12 dicembre, l 'ambasciatore Pignatti comunicava (con T. per corriere 6379/151 R.) che l'ambasciatore spagnolo non aveva ancora visto il cardinale Pacelli ma che gli aveva scritto per chiarire che il suo governo non avrebbe mai accettato, né mediazione, né armistizio.

513 1 Vedi D. 514.

513 2 In DDF, voi.XIII, D. 45, III.

514

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. [ 0869/5732. Parigi. 7 dicembre 1938 (pa il 9).

Ai colloqui che hanno immediatamente seguito la firma della dichiarazione comune I, hanno partecipato da parte francese Bonnet e Léger, da parte tedesca von

Ribbentrop e questo ambasciatore di Germania. Le conversazioni a quattro sono durate quasi tre ore. Nessun esperto è stato chiamato a prendervi pat1e. I commentatori ufficiosi ne riassumono i punti fondamentali nei seguenti termmt.

La conversazione ha avuto carattere generico e cordiale. Von Ribbentrop ha particolarmente sottolineato il desiderio del Filhrcr c del popolo tedesco di ulteriormente procedere sulla strada del riavvicinamento fra i due Paesi, di cui la dichiarazione segna la prima tappa. L'asse Roma-Berlino conserva comunque tutto il suo valore e la sua portata, così come l'intesa Londra-Parigi. Il sistema di assi può tuttavia comportare una certa libertà di movimento da parte dei singoli membri, libertà che possa ad esempio consentire alla Germania e alla Francia di sviluppare, sia sul terreno specificamente politico, sia su quello economico, le premesse poste nella dichiarazione comune.

Nei confronti della Gran Bretagna, von Ribbentrop avrebbe assicurato che la Germania resta sul piano della dichiarazione Hitler-Chamberlain 2• Né le violente manifestazioni contro le misure antisemite adottate dalla Germania, hanno modificato tale punto di vista.

Von Ribbentrop avrebbe quindi riconfermato che la politica della Germania è oggi nettamente orientata verso la paciticazione, non soltanto nei confronti delle Potenze occidentali, ma anche in quelli di tutti gli Stati confinanti.

Per quel che riguarda la Spagna, von Ribbentrop avrebbe assicurato che il suo governo si augura il pronto e definitivo ristabilimento dell'ordine, pur continuando a vivamente auspicare la vittoria dei Nazionali. Bonnet avrebbe ancora una volta sottolineato il desiderio francese di una completa evacuazione dei combattenti stranieri, ed avrebbe osservato che il governo tedesco ha la possibilità di esercitare a Roma la sua influenza in questo senso.

Il problema coloniale non sarebbe stato toccato. Bonnet si sarebbe limitato a ricordare le esplicite dichiarazioni fatte nel novembre scorso in proposito da Daladier3 .

Circa la garanzia internazionale della Cecoslovacchia, si sarebbe affermato da parte tedesca che la Germania attenderà a dare la propria che tutti i Paesi limitrofi si siano dichiarati disposti a concederla.

Sarebbe stato quindi riconosciuto che i rapporti economici franco-tedeschi sono in molti settori suscettibili di utili sviluppi.

I commentatori ufficiosi assicurano infine che von Ribbentrop si sarebbe, a proposito delle manifestazioni italiane 4 limitato ad affermare che esse si sono svolte all'insaputa del governo tedesco 5 .

514 1 Dichiarazione franco-tedesca del 6 dicembre (Vedi D. 507, nota l). Sui colloqui tra von Ribbentrop e Bonnet avvenuti in quella occasione vi è, da parte francese, la nota redatta dal segretario generale del Quai d'Orsay, Léger (in DDF, vol. XIII, D. 58), il successivo telegramma circolare di Bonnet (ibid., D. 122) e la nota dello stesso Bonnet (ibid., D. 126). Questi documenti non sono coincidenti fra loro e si diftèrenziano in alcuni punti importanti dal verbale redatto dall'interprete della Wilhelmstrasse, Pau l Schmidt, (in DDT, vol. IV, D. 370). Si veda, da parte tedesca, anche il promemoria di von Ribbentrop (ibid. 372) e le dichiarazioni dello stesso von Ribrentrop·alllambas~iatore Coulot:Kire del 6 tèbbraio 1939 (ibid., D. 383).

514 2 Vedi D. 194, nota l.

514 3 Riferimento al comunicato diramato il 16 novembre dopo un incontro tra Daladier ed il vice presidente della Commissione delle Colonie della Camera francese, Taittinger, in cui si affermava che «la Francia si sarebbe opposta a qualsiasi attentato al suo impero coloniale e avrebbe difeso risolutamente l'integrità dei suoi possessi coloniali così come erano costituiti alla fine della guerra mondiale».

514 4 Vedi D. 487, nota l.

514 5 Il documento ha il visto di Mussolini.

515

L'AMBASCIATORE A V ARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6327/257 R. Varsavia, 8 dicembre 1938, ore 15, Il (per. ore 18).

Nella conversazione avuta con questo ministro Affari Esteri 1 , gli ho accennato alla opportunità che la Polonia tenga un'attitudine prudente nella questione della Rutenia. Beck, pur confermando che realizzazione frontiera comune con Ungheria è ormai considerata come uno dei postulati della politica polacca, mi ha detto che Polonia non farà nulla che possa complicare situazione.

Ha poi aggiunto che egli si rendeva perfettamente conto che non varrebbe la pena di turbare per la Rutenia rapporti con Germania, con la quale intendeva risolvere in un'atmosfera serena diverse questioni che potrebbero diventare ragione di frizione. Aveva intanto motivo ritenere che anche da parte tedesca non si intenda inasprire situazione. A tale proposito egli poteva dire che avendo fatto richiedere a Berlino qualche chiarimento circa i supposti progetti di costruzione in Rutenia di una autostrada e di una pipe-line per il trasporto del petrolio romeno in Germania con speciale privilegio per il Reich, von Ribbentrop avrebbe risposto trattarsi di notizie assolutamente fantastiche. Quanto alla richiesta di Praga per la garanzia delle frontiere cecoslovacche, Beck mi ha detto di non ritenere di potervi aderire non sentendosi impegnato dalle decisioni di Monaco di Baviera dove Polonia era assente.

516

NOTA N. 25 DELL'INFORMAZIONE DIPLOMATICA 1

Roma. 8 dicembre 1938.

Negli ambienti responsabili romani la firma della dichiarazione franco-germanica di Parigi 2 è stata accolta con piena comprensione delle cause che l'hanno ispirata e con aperto favore, in quanto reca una notevole chiarificazione nei rapporti fra le due Potenze interessate. Nessuna sorpresa da parte italiana, perché il testo di detta dichiarazione fu dal sig. Ribbentrop comunicato al Duce alla fine di ottobre e il Duce con

siderò che una dichiarazione del genere di quella firmata a Parigi sarebbe stata utile ai fini della pace. Nessuna sorpresa anche perché il Ftihrer ripetute volte, in occasioni solenni e con accenti precisi, dichiarò che considerava chiusa l'epoca delle divergenze territoriali fra la Germania e la Francia e definitive le frontiere che separano attualmente i due Paesi. Più volte è stato detto che quella singolare e potente costruzione politica di un genere senza precedenti che si chiama l'Asse Roma-Berlino non è un diaframma. Ecco perché l'Italia ha seguito con simpatia il viaggio di von Ribbentrop a Parigi e l'inizio di migliori relazioni tra la Francia e la Germania, così come la Germania ha salutato a suo tempo con schietto favore gli accordi che ristabilivano nel Mediterraneo rapporti di buon vicinato fra la Gran Bretagna e l'Italia. Come è noto, pur non credendo alla pace perpetua e alla cristallizzazione eterna di speciali interessi o situazioni, l'Italia dà la sua adesione cordiale a tutto ciò che può riavvicinare i popoli. È tuttavia con rammarico che i circoli responsabili romani sono costretti a constatare che la politica di Bonnet incontra violenta ostilità in troppi ambienti francesi, i quali non sanno liberarsi dal residuato spirito di Versaglia e vorrebbero, il che è assurdo, ricondurvi la storia. Può darsi che taluni circoli francesi si illudessero che la dichiarazione di Parigi potesse incrinare in qualche modo l'Asse, ma tale illusione era veramente pietosa e può sbocciare solo nel cervello di chi non conosce ancora la natura, lo stile, lo sviluppo della politica dell'Asse che unisce due Stati, due popoli, due rivoluzioni.

515 1 Il giorno precedente. Interrogato in proposito dall'ambasciatore Arone, il ministro Beck aveva «escluso categoricamente» che con la dichiarazione polacco-sovietica del 26 novembre si fosse voluto modificare la politica della Polonia nei riguardi dell'Unione Sovietica che Varsavia continuava a considerare «uno Stato asiatico che non si ripromette altro in Europa che di turbare l'ordine internazionale» (T. 63 19/254 R. del 7 dicembre).

516 1 Redatta da Mussolini.

516 2 Vedi D. 507, nota l.

517

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA 1• Parigi, 8 dicembre 1938.

Non posso nasconderti che Ribbcntrop ha lasciato in questi ambienti politici l'impressione che la Germania ci segue un po' a malincuore nelle nostre rivendicazioni contro la Francia.

Per dirtela con parole crude, egli si è espresso qui come se considerasse le nostre manifestazioni 2 effetto di «esuberanza di un Paese giovane».

Quando l'altro giorno lessi a grandi caratteri in tutta la stampa francese che Mackensen era venuto a manifestare a Palazzo Chigi il malcontento (sic) di Hitler per l'aggressività della stampa italiana contro la Francia, credetti si trattasse soltanto di una manovra giornalistica francese.

Rimasi perciò alquanto sorpreso quando ieri Ribbentrop mi disse di sua iniziativa di aver pregato Attolico di far sapere a Roma essere desiderio tedesco che la nostra

stampa mettesse un po' d'acqua nel vino durante il soggiorno dello stesso Ribbentrop a Parigi 3 . È mio dovere dirti che il viaggio di quest'ultimo per lo meno non ci è stato di aiuto nell'impostazione delle questioni itala-francesi.

Non so che cosa egli andrà ora a raccontare ad Attolico, col quale mi ha detto che avrebbe conferito al suo arrivo a Berlino4• Ignoro naturalmente quali potranno essere le impressioni di Attolico su quanto gli dirà Ribbentrop. Ma sta di fatto che i francesi, pur rimanendo in maggioranza scettici circa il valore pratico della recente dichiarazione tì·anco-tedesca, si sono piuttosto confermati nella loro opinione corrente «che i tedeschi sono disposti ad appoggiarci solo fino ad un certo punto».

Ribbentrop, personalmente, ha destato curiosità più che simpatia. La sua limitata agilità di spirito e la sua prosopopea non erano fatte per cattivargliene. Ancora una volta l'interessamento francese (come ogni altra reazione morale di questo popolo dal 1870 in poi) è stato determinato unicamente dal timore.

Quanto alle dimostrazioni anti-francesi in Italia, esse in un primo momento hanno destato stupore, poi si è voluto prenderle al tragico rinforzando la nota patriottica a scopo di politica interna.

Si sono organizzate, come sai, reazioni esagerate e violente specie a Tunisi ed in Corsica. Ma nella Francia continentalefìnora si è toccata la nota comica. Stamane i giovinetti dimostranti che sono venuti nei pressi dell'Ambasciata reclamavano l'annessione di Venezia alla Francia. Oggi gli stessi giovinetti a Bordeaux reclamavano la Sicilia!

In generale, però, molto malcontento in tutti gli ambienti, molta disillusione, e rinforzato lavorio degli ambienti antifascisti per pescare nel torbido a proprio uso e consumo.

Daladier, dopo aver approfittato dell'insuccesso dello sciopero generale per rafforzarsi nell'opinione pubblica se non nel Parlamento, approfitta ora delle manifestazioni italiane allo stesso scopo. Ciò che, a quanto mi disse Ribbentrop, «corrisponde ai desideri tedeschi»! (sic).

517 1 Il documento è tratto da R. GtJARICiLIA, Ricordi 1922-1946, Milano, E.S.I., 1950, pp. 375-377. 517 2 Riferimento alla manifestazione del 30 novembre alla Camera italiana: vedi D. 487, nota l.

518

L'AMBASCIATORE IN CINA, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. CONFIDEN7li\LF 6350/427 R. e 6352/428 R. Shanghai, 9 dicembre 1938, ore 12 (per. ore 3 del l 0).

Questo ambasciatore d'lnghilterra1 , dicendomi delle sempre maggiori difficoltà che incontra nella difesa degli interessi inglesi in Cina, sperava trarre qualche vantaggio dalla fermezza dimostrata ancora avantieri alla Camera dei Lords dal governo bri

517 4 Si veda in proposito il D. 522. 518 1 Sir Archibald Clark Kerr.

tannico nei riguardi Trattato Nove Potenze 2 . Gli ho osservato sembrarmi inutile parlare di vecchi impegni e ignorare il fattore nuovo giapponese impegnato a fondo in una guerra decisiva e vittoriosa.

Ambasciatore d'Inghilterra ha ammesso senza altro che molte aspirazioni di Tokio sono più che giustificate e che si deve tenerne conto, ma ha affermato essere necessario arginare la conquista del Giappone in quanto se essa divenisse totale segnerebbe la fine di ogni diritto acquisito straniero in Cina e forse in Estremo Oriente. Con i soliti argomenti egli ha illustrato quella che è la notissima tesi di tutti i diplomatici qui residenti, Incaricato d'Affari di Germania compreso.

Alla mia replica che era giunto il momento di studiare la situazione nella sua realtà per trame subito vantaggi che sarà forse difficile realizzare domani, mio collega ha espresso la convinzione che la Cina nazionalista era tutt'altro che perduta. Si basava sulle constatazioni fatte durante il recente viaggio in Cina meridionale. Soprattutto le nuove generazioni gli erano apparse fedeli al Generalissimo e irriducibilmente contrarie ad ogni collaborazione col Giappone.

A Chang Sha aveva avuto lungo colloquio con Chiang Kai-shek, interprete signora Chiang Kai-shek, che gli era apparsa informatissima. Generalissimo che appariva forte fisicamente e moralmente non aveva nascosto il peso enorme della perdita di Canton che attribuiva non a tradimento ma solo a imperizia dei comandanti.

Aveva tuttavia decisamente affermato la volontà di resistere ad ogni costo sino a che il Giappone non riconsiderasse le inaccettabili condizioni enunciate ai primi di novembre3• Non nascondeva il suo desiderio che si arrivasse ad una intesa onorevole e la sua fiducia nell'aiuto materiale e morale degli Stati Uniti d'America e Inghilterra. Era al corrente di quanto pesasse sul governo britannico l'opinione pubblica filocinese e ciò lo confortava. Tuttavia dal tono della nostra conversazione mi è sembrato intuire che il Generalissimo non aveva nascosto la sua amarezza per l'inazione dell'Inghilterra e che l'ambasciatore d'Inghilterra si fosse doluto di non aver potuto rassicurarlo. Ad ogni modo, apparve chiaro ad ambo le parti che ogni tentativo di mediazione dovesse essere rimandato a tempi migliori. Concludendo, ambasciatore d'Inghilterra mi ha detto di essere sicuro (e in tal senso ha informato sempre il Foreign Oftìce, forse intluendo sulle recenti manifestazioni) di una resistenza nazionalista senza fine, tale se non da fiaccare certo da imbarazzare Giappone, tanto più che il Generalissimo potrebbe contare sulla lealtà assoluta di tutti i suoi collaboratori compreso Wang Ching-Wei che alcuni vogliono considerare esponente di un gruppo indipendente favorevole ad una sollecita intesa con Tokio tramite Roma o Berlino. A conferma di ciò ambasciatore di Inghilterra mi ha detto che Wang Ching-Wei non aveva mancato mai di tenere al corrente Generalissimo anche dei suoi assaggi presso ambasciata di Italia che avrebbero dovuto apparire personali e segreti. Ed anche ambasciata d'Inghilterra risulta avvertita. Ambasciatore d'Inghilterra ritiene che Tokio dovrebbe fare un grande sacrificio di «fàccia» e decidersi a trattare con Generalissimo, il solo

capace di Jàre accettare dal Paese una pace definitiva e di avviare una collaborazione cino-giapponese. Ai vari nuovi governi imposti dallo Stato Maggiore giapponese l'ambasciatore non crede, perché formati da uomini politici senza alcun seguito. Lo aveva chiaramente detto anche a questo ministro del Giappone ricordandogli le tristi esperienze tàtte con tali sistemi dalla Gran Bretagna nel Sud Africa ed in Egitto. Comunicato Roma e Tokio per corriere.

517 1 Su questo punto si veda il D. 504, nota 2.

518 2 Riferimento al Trattato di Washington del 6 tèbbraio 1922 (vedi D. 382, nota 3). 518 3 Riferimento alle dichiarazioni del Primo Ministro Konoye del 3 novembre. Vedi D. 382.

519

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6351/828 R. Londra. 9 dicembre 1938, ore 21,50 (per. ore 3 del l 0).

Mio telegramma n. 811 1• Questo ambasciatore di Germania è venuto oggi informarmi delle istruzioni da lui ricevute da Berlino in relazione questione spagnola e al Comitato non intervento.

Punto di vista governo tedesco-mi ha detto Dircksen-è il seguente:

0 ) Governo tedesco approva conclusione rapporto Hemming 2 e ritiene anche esso che, a meno di riconoscere alla Spagna Nazionale diritto di belligeranza incondizionato e senza riserva, piano Comitato del 5 luglio 3 deve considerarsi morto e sepolto. Governo tedesco riconosce che atteggiamento Franco è pienamente giustificato in quanto a) governo Burgos esercita sovranità su due terzi territorio spagnolo e su tutte le colonie spagnole; b) governo Burgos è stato già riconosciuto dejure o defacto da un gran numero di Paesi; c) governo Burgos ha dato prova buona volontà provvedendo ritiro l O mila legionari italiani. Governo tedesco ritiene inoltre che debbano esser prese in considerazione obiezioni Franco circa alcuni punti del piano 5 luglio che incidono nella sovranità del Governo Nazionale. Governo tedesco non può riconoscere esistenza commissione Società Nazioni inviata a Barcellona per constatare preteso ritiro volontari stranieri Spagna Rossa 4 e non potrebbe quindi accettare risultato indagini della Commissione come base per futuri lavori Comitato non intervento.

2°) Governo tedesco desidera continuazione attuale politica non intervento alla quale esso darà sua piena collaborazione. Governo tedesco esprime rincrescimento per atteggiamento presente di alcuni governi che sembrano decisi a interrom

519 è Vedi D. 445.

pere loro collaborazione nel Comitato o sottocomitato e spera che altri governi non seguiranno questo esempio. Confida comunque che quei governi che ritenessero dover ritirarsi dal Comitato manterranno sempre loro impegni relativamente politica non intervento.

3°) Governo tedesco ritiene inutile un'altra missione Hemming in Spagna. Qualora apparisse un giorno possibilità svolgere negoziati con le due parti tali negoziati dovrebbero essere riservati per via diplomatica alle Potenze cui è diretto rapporto Hemming.

4°) Governo tedesco ritiene essenziale nelle attuali condizioni che si provveda a sostanziale riduzione spese e bilanci degli organi dipendenti dal Comitato.

Nel farmi predetta comunicazione Dircksen ha aggiunto che ulteriori e più precise istruzioni gli erano state annunziate da Berlino per il 14 corr. Egli aveva intanto ricevuto dal suo governo ordine prendere subito contatto con me e di far quindi analoga comunicazione a Plymouth, solo però nel caso io non avessi ricevuto istruzioni diverse dalle sue.

Prego V.E. telegrafarmi istruzioni 5 .

519 1 T. 6223/811 R. del 30 novembre. RiferiYa che lord Plymouth aveva chiesto di conoscere quale fosse l'avviso del governo italiano circa l'avvenire del Comitato di non intervento. Grandi aveva risposto che da parte italiana si desiderava prima esaminare il rapporto Hemming per poi agire d'accordo con i governi di Berlino e di Lisbona.

519 3 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 289.

519 4 Vedi D. 95.

520

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI

TELESPR. SEGRETO 241004. Roma, 9 dicembre 1938 1•

Telegramma di codesta R. Legazione n. 119 del 30 settembre 1938 2 e Rapporto di codesta R. Legazione n. 128 del 2 ottobre c.a. 3• Questo R. Ministero ha preso con interesse visione del Vostro rapporto citato in riferimento e del documento annesso a detto rapporto.

In proposito ritengo utile riepilogare le direttive della nostra attuale azione politica nel Levante a conferma e precisazione della Vostra norma di condotta ed orientamento.

Come è a Voi ben noto, e come è ormai noto in tutti i Paesi arabi, il R. Governo persegue da tempo nei confronti dei detti Paesi una politica di leale e disinteressata amicizia che si inspira ai seguenti concetti fondamentali: preservare l'indipendenza

degli Stati arabi indipendenti, favorire l'emancipazione di quelli tuttora sotto mandato o sotto controllo straniero, consolidare sempre più le cordiali e fiduciose relazioni esistenti fra detti Stati e l' ltal i a.

Tale direttiva politica ha trovato pratiche e concrete applicazioni nel trattati conclusi dall'Italia con la Saudia4 e lo Yemen5 , nell'azione a suo tempo svolta dall'Italia a Ginevra a fàvore dei Paesi arabi sotto mandato, nell'opera quotidianamente svolta dal Governo Fascista a vantaggio delle popolazioni islamiche dell'Impero e della Libia, nell'insegnamento della lingua araba nelle scuole italiane, ecc.

La stessa maggiore potenza ed influenza acquistate dall'Italia nel mondo e in special modo nel Levante dopo la conquista dell'Impero, date le fàvorevoli disposizioni del Governo Fascista per i Paesi arabi, si risolve, come già si è risolta, e ne sono palesi i risultati, a vantaggio di questi Paesi la cui situazione internazionale si trova oggi rafforzata dalla amicizia dell'Italia.

Devesi per altro non perdere di vista il fatto che se i problemi che riguardano il Prossimo Oriente e circa i quali i nostri interessi coincidono in massima con quelli arabi sono per noi di primaria importanza, tali problemi non sono gli unici cui una grande Potenza come l'Italia deve potiare la propria costante attenzione; essi non possono per conseguenza venire esaminati isolatamente, ma considerati nel complesso e più vasto ambito dell'attività e delle esigenze politiche dell'Italia e delle sue relazioni internazionali.

Di qui la necessità di distinguere anche nei problemi che interessano il Levante, come in ogni altro, ciò che costituisce per noi un interesse diretto ed essenziale (nel caso in esame l'indipendenza e l'integrità degli Stati arabi del Mar Rosso) e ciò che costituisce pur sempre un interesse ma meno diretto e immediato, nel caso le questioni relative ai territori di mandato tra cui è anche la questione palestinese.

Per quanto particolarmente riguarda la Saudia l'Italia ha dato ripetute prove della sua ferma intenzione non soltanto di voler rispettare, ma anche di vedere rispettata e consolidata l'indipendenza e la sicurezza di codesto Stato: il R. Governo fù infatti tra i primi a stabilire relazioni amichevoli con lo Stato Saudiano, e a riconoscerne la nuova struttura dopo l'ultima guerra saudiano-yemenita. Nell'intento di rafforzare la posizione della Saudia e di Ibn Saud, abbiamo inviato costì, d'accordo con codesto governo, una Missione Aeronautica, con la relativa attrezzatura tecnica, e abbiamo recentemente fàtto dono al Re di notevole quantitativo di materiale bellico di moderna fabbricazione; è in corso di esame (come noto, e si attende a tale scopo una risposta di codesto governo dopo l'invio costì dei campioni di fucili Mauser) la possibilità di provvedere alla fornitura di altro materiale da guerra desiderato dalla Saudia.

Come importante manifestazione della nostra politica di rafforzamento dell'indipendenza degli Stati arabi in genere e in particolare della Saudia, è poi da annoverarsi anche il solenne impegno assunto dal R. Governo nei recenti accordi italo-bri

520 ~ Trattato di amicizia del l O tèbbraio 1932 (testo in Ti·attati e conven::ioni, vol. XLIV. pp. 75-85).

tannici, e fatto dal R. Governo assumere dalla Gran Bretagna, di non fare alcunché che possa compromettere l 'indipendenza o l'integrità del!' Arabia Saudiana oltreché dello Yemen.

Il R. Governo è deciso a proseguire nei confronti di codesto Paese la politica sinora seguita secondo le direttive dianzi accennate e non mancherà di venire incontro, nei limiti del possibile e nel quadro di tali direttive, a quei desideri che da parte del Re Ibn Saud e di codesto governo dovessero venirgli espressi. Parimenti, saranno presi in attenta considerazione quei suggerimenti che allo scopo di ratTorzare sempre più la situazione interna e internazionale di codesto Paese e di consolidare i rapporti amichevoli italo-saudiani dovessero venire da Voi formulati.

Per quanto si riferisce alla Palestina, è noto, in massima, il pensiero del Governo Fascista. Tale pensiero ha avuto modo di manifestarsi anche in epoca recente nel corso delle trattative itala-britanniche (v. telegrammi di questo Ministero n. 369 del 17 aprile6 e n. 419 del l o maggio c.a. 7), nella Nota pubblicata dall'Informazione Diplomatica del 16 febbraioR e nella deliberazione del Gran Consiglio in data 6 ottobre che, anche per deviare la immigrazione ebraica dalla Palestina, non esclude, in determinate condizioni, una controllata immigrazione di israeliti europei in qualche zona dell'Etiopia.

Tuttavia, per le considerazioni dianzi accennate, e specie dopo l'entrata in vigore degli accordi itala-britannici del 16 aprile c.a., nell'esaminare la questione palestinese non possiamo evidentemente prescindere da considerazioni di più vasta portata che nella specie interessano i rappotii itala-britannici nel Mediterraneo e in Europa ma i cui riflessi interessano non solo i due Paesi interessati ma influiscono sul complesso della situazione europea e indirettamente anche su quella dello stesso Levante.

L'Italia è quindi sempre disposta a facilitare una soluzione del problema palestinese nel senso in massima desiderato dal mondo arabo e non mancherà, come non ha mai mancato, di influire in tal senso ogni qualvolta se ne presenti la possibilità. Ciò rientra del resto nella direttiva generale della politica italiana che in Oriente come in Occidente si ispira a superiori fini di pace e di collaborazione fra i popoli e tende a tale scopo ad eliminare tutte le possibili cause di perturbamento e disordine, attraverso una equa sistemazione delle questioni tuttora insolute. In questo ordine di idee l'azione del Governo Fascista, mentre non potrebbe assumere forme che, nelle circostanze attuali e non per fatto del Governo Italiano, avrebbero come conseguenza inevitabile di aggravare anzichè facilitare la soluzione della questione palestinese, continuerà ad ispirarsi ai principi già enunciati nel telegramma direttoVi in data 21 agosto 1937 n. 909 .

Le considerazioni che precedono sono state riassunte, come ho premesso, per Vostro orientamento e Vostra norma di condotta. Esse contèrmano elementi già noti da cui potrete trovare argomenti quando da parte dei fiduciari del Re Ibn Saud si ritor

520 7 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 35. 520 R Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 162. 520 9 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 257. Il documento ha la data del 31 agosto 1937.

ni sulla questione, affinchè risulti chiaro anche costì come l'Italia continui a seguire con interesse i problemi che stanno a cuore al mondo arabo, e quindi anche quello palestinese, e come, senza assumere intempestive iniziative, essa favorisca con ogni mezzo pacifico una equa soluzione di detto problema.

5 l 9 5 Con T. 927/252 R. del l 4 dicembre, Ciano rispondeva: «D'accordo su punti l, 2, 3, 4 comunicati dal governo tedesco a Dircksen, col quale potrete pertanto concordare comunicazione da fare a Plymouth». Per il seguito si veda il D. 58 l.

520 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

520 2 Vedi D. l 95.

520 3 Vedi D. 210.

520 5 Trattato di amicizia e di relazioni economiche del 2 settembre 1926 (testo in Ti-cttlati e conven::ioni, Vol. XXXVI, pp. 503-505).

520 6 Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 502.

521

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8693/2597. Berlino, 9 dicembre 1938 (pa il 10).

Riferisco qui appresso quanto in conversazioni avute nel pranzo da lui offerto aii'On. Lantini l, S.E. Funk ha avuto occasione di dichiarare in merito alla attuale situazione economica della Germania:

«Durante una conversazione, il ministro Funk, ha dichiarato che la Germania aveva esaurito le riserve di oro e divise e che aveva consumato interamente quanto aveva potuto. sempre di oro e divise, raccogliere in Austria. Egli non ha nascosto le sue preoccupazioni per l'avvenire a causa delle misure restrittive prese dalle altre Nazioni e delle necessità militari tedesche. Se noi potessimo lavorare di più per la esportazione anziché per l'interno, ha detto, non ci mancherebbe certo la possibilità di rifornirei di valute e di materie prime.

Il ministro Funk ha detto poi di aver trascorso in novembre delle settimane penose a causa dell'azione distruttrice compiuta contro gli ebrei. Sono stati apportati dei danni, ha soggiunto, per centinaia di milioni se non per miliardi. Però io-ha continuato-sono riuscito a far approvare dal FUhrer un piano per il quale agli ebrei verranno lasciati mezzi per vivere e per lavorare. Naturalmente verrà continuata la azione per spingerli ad emigrare.

Il Funk ha poi fatto dei commenti piuttosto ironici sugli ordini e contrordini delle settimane scorse ed ha dichiarato di essersi trovato più volte in una difficile situazione. Ora le cose vanno meglio, ha soggiunto, ed egli potrà andare in Italia per riposarsi un po'».

Il ministro Funk partirà il 18 corrente per Taormina, ove giungerà il 20, accompagnato dalla signora Funk convalescente e dal Segretario particolare Oberregierungsrat dott. Walter. Prenderà alloggio all'Albergo San Domenico. Nel suo viaggio di ritorno, Egli spera potersi fermare a Roma 2 giorni (7-8 Gennaio) 2 .

521 1 Il ministro delle Corporazioni, Lantini, era giunto in visita in Germania il 4 dicembre. 521 ' Il documento ha il visto di Mussolini.

522

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8703/260 l. Berlino, 9 dicembre 1938 (pe1: il 10).

Ho visto oggi all'una Ribbentrop che, rientrato a Berlino ieri sera, ha tenuto a mettermi immediatamente al corrente delle conversazioni da lui avute a Parigi 1• Per quanto su di esse abbia senza dubbio già ampiamente riferito all'E.V. il collega Guariglia2, pure stimo opportuno ricapitolare brevemente-per gli opportuni collaudi 3 quanto Ribbentrop mi ha detto.

Ribbentrop mi ha innanzi tutto dichiarato di avere fatto comprendere ai francesi che egli era-nonostante l'attentato a vom Rath-venuto a Parigi a firmare la nota dichiarazione, non solamente nell'intento di fare cosa utile alle relazioni fra i due Paesi, ma anche per aiutare la posizione politica del Gabinetto Daladier.

Dopo i ringraziamenti ed apprezzamenti del caso, Bonnet, per conto suo, ha indicato come possibili obbiettivi immediati dell'incontro:

l) Un esame degli scambi commerciali fra i due Paesi nell'intento di migliorar! i il più possibile.

2) La conclusione di un accordo turistico per facilitare la conoscenza reciproca dei due Paesi da parte dei rispettivi cittadini.

3) Un accordo per scambi culturali, destinato a consolidare i buoni rapporti reciproci.

Ribbentrop ha dichiarato che egli non aveva nulla da obbiettare e che, per quanto lo riguardava, era anzi disposto a mettere tutti e tre gli argomenti allo studio. Conversazioni in questo senso sono state infatti subito iniziate fra i tecnici.

Esaurita così la parte più propriamente franco-tedesca dell'incontro, si è passati al solito giro d'orizzonte: giro iniziato da Bonnet con dei chiari accenni ai rapporti itala-francesi risultanti dagli ultimi incidenti. Bonnet ha rifatto la storia degli incidenti stessi, ha parlato delle conversazioni avute in proposito con S.E. Guariglia4 e delle dichiarazioni fatte fare da François-Poncet5• Egli ha registrato, è vero, la risposta ricevuta, che cioè il nostro ministro degli Esteri non assumeva la responsabilità della dimostrazione occorsa alla Camera dei Deputati italiana. ma ha anche aggiunto che quella risposta non gli sembrava fatta in forma sufficientemente netta e quindi

522' Si veda il D. 514. 522 3 Sic. 522 ~ Vedi D. 487. 522 5 Vedi D. 491.

atta a dissipare senz'altro ogni e qualunque equivoco. Rimane quindi in Francia una considerevole ansietà ed un grande eccitamento. Cosa pensava di questa situazione il collega tedesco?

Ribbentrop ha risposto: l) la Francia doversi rendere conto che il fondamento incrollabile della politica tedesca è e sarà da una parte l'Asse Roma-Berlino, dall'altra l'amicizia col Giappone; 2) egli non essere sufficientemente informato così degli incidenti occorsi come della situazione esistente in Tunisia, di cui quindi non poteva discutere il merito; 3) non potere tuttavia la Germania-per quanto non direttamente interessata nella questione -fare a meno di considerare la situazione creatasi che alla stregua della sua politica di amicizia con l'Italia; 4) ricordare di avere udito occasionai mente di lamenti nostri circa il trattamento usato agli italiani in Tunisia e del malcontento prevalente al riguardo nella Penisola. Faceva quindi rilevare come, in un tempo come il presente-in cui la base razziale sta acquistando ogni giorno maggior valore nei rapporti fra le Nazioni -la politica migliore e più abile fosse quella di concedere sempre e tempestivamente alle minoranze altrui il migliore trattamento possibile. Al riguardo, e appunto per dimostrare quanto importante sia oggigiorno l'elemento della razza, Ribbentrop rammentava quello che era successo per i Sudeti della Cecoslovacchia.

A questo punto Bonnet avrebbe interrotto at1èrmando esser fuori luogo istituire parallelismi del genere, nel caso della Tunisia trattandosi di un vecchio territorio francese, circa il quale la Francia non avrebbe potuto addivenire a compromessi di sorta. Ove quindi delle aspirazioni territoriali italiane in materia esistessero, esse entrerebbero in fatale conflitto con la precisa decisione della Francia di difendere il proprio territorio. Il risultato non potrebbe esserne che una guerra.

Riprendendosi, Ribbentrop ha subito replicato che non intendeva stabilire paralleli di sorta, tanto più-ripeteva-non essendo bene al corrente delle rispettive posizioni e situazioni. Ma un punto essere certo: e cioè che l'Italia di oggi, l'Italia di Mussolini, avrebbe sempre reagito in una maniera particolarmente forte per tutto ciò che riguardasse il trattamento dei propri connazionali, ovunque essi fossero, e in particolare, naturalmente, in Tunisia, dove si trovano in una situazione speciale.

Bonnet abbordò quindi il problema della Spagna. Ribbentrop espose chiaramente al riguardo come l 'interesse della Germania nazionalsocialista fosse di non aver una Spagna bolscevica. Questo interesse coincideva esattamente con quello dell'Italia. Il mezzo migliore, quindi, per evitare questo pericolo, gli sembrava essere la finale vittoria di Franco. Una Spagna nazionalista, sotto la guida di Franco, avrebbe risposto all'interesse generale, compreso il bene inteso interesse francese. In fondo, Mussolini e Hitler, nel sostenere, come hanno fatto, le sorti di Franco, hanno salvato la Francia dal bolscevismo.

Bonnet-premesso che la Francia è ben !ungi dall'avere inclinazioni di sorta per il bolscevismo -ha ricordato di aver chiuso la frontiera dei Pirenei, diventando per questo il bersaglio delle sinistre. Sempreché tutti i volontari stranieri fossero ritirati dalla Spagna, egli Bonnet accetterebbe anche una vittoria di Franco. In questa situazione, gli sembrava che l'interesse di Franco fosse di accettare il piano del Comitato di non intervento 6 , ritirando i volontari. Dopo di che, nessuno avrebbe avuto difficoltà di riconoscere a Franco la belligeranza da lui tanto agognata. Bonnet domandava a Ribbentrop se la Germania non potesse agire su Franco per indurlo ad accettare il piano britannico.

Ribbentrop ha replicato che, mentre da una parte era pronto a studiare nuovamente questo punto, si rendeva conto che le resistenze di Franco all'applicazione del piano di ritiro dei volontari elaborato a Londra dovevano poggiarsi su ragioni molto serie e soprattutto sulla coscienza che (data l'impossibilità di identificare esattamente i volontari rossi, molti dei quali nel frattempo nazionalizzati, immatricolati e definitivamente fusi e confusi colle forze repubblicane) il ritiro completo dei volontari nazionalisti sarebbe rimasto in buona parte un atto unilaterale, che avrebbe potuto danneggiare Franco anche militarmente. Essere d'altra parte essenziale interrompere una volta per sempre l'invio di approvvigionamenti alla Spagna rossa, approvvigionamenti che, se non arrivavano al Governo di Barcellona via terra, arrivavano certo via mare.

Bonnet osservò ulteriormente che, una volta ritirati i volontari, non vi sarebbe stata difficoltà ad un'intesa fra le due parti, Negrin essendosi definitivamente separato dai comunisti. Ribbentrop ha naturalmente espresso in proposito i suoi dubbi, aggiungendo non ritenere che un accordo fra le due parti sarebbe stato facilmente possibile.

Anche questa conversazione sulla Spagna si è risoluta in un semplice scambio di idee. senza per questo arrivare a decisione alcuna. all'infuori, peraltro. di un impegno generico da parte di Ribbentrop a riprendere in esame la possibilità di indurre Franco ad accettare il piano londinese per il ritiro dei volontari.

Ribbentrop ha continuato dicendo che l'impressione generale da lui avuta era che il Gabinetto Daladier fosse pieno di buone intenzioni, ma che le sue difficoltà non fossero tìnite. Indubbiamente, il francese medio, il francese normale è un amico dell'ordine e lo ha dimostrato in occasione dell'ultimo sciopero. Ma la situazione francese rimane in un circolo vizioso, dato che, per quanto ami l'ordine, il francese medio non ama però pagare le tasse. Se l'attuale governo non riuscirà a fargli cambiare attitudine, la situazione francese ritornerà senza uscita. E rimane da vedere se Daladier sarà capace di far fronte a una tale situazione. Egli, mentre da una parte non è sicuro del suo stesso partito ed ha dietro di sé un Herriot altrettanto influente quanto infido, dall'altra non avrà forse il coraggio di sterzare nettamente a destra, formando un Gabinetto a franco tipo autoritario. Ciò nonostante, la Germania ritiene che egli vada aiutato per quanto possibile.

Ribbentrop ha aggiunto che, per quanto riguarda la politica estera, aveva l'impressione che, mentre la Francia riconosceva pienamente l'esistenza dell'Asse, tuttavia non lo amava affatto.

522 r, Approvato dal Comitato il 5 luglio precedente. Si veda serie ottava, vol. IX, D. 289.

Ho ritenuto opportuno a questo punto domandare al mio interlocutore qualche chiarimento sulla portata da dare a certe dichiarazioni da lui fatte in occasione della firma del documento franco-tedesco. In queste dichiarazioni il Ministro degli Esteri tedesco aveva parlato della «possibilità di gettare un ponte tra gli amici della Francia e quelli della Germania» (intervista al Paris Soir).

Ho domandato a Ribbentrop se questo significasse da parte sua un avvicinamento a quella che in un certo momento sembrava la linea di sviluppo della politica tedesca, e cioè un riaccostamento dei due assi ed una possibile cooperazione loro, sia all'infuori, sia nel quadro di possibili accordi a quattro. Gli ho fatto notare che questa idea era stata da taluni attribuita addirittura allo stesso Ftihrer.

Ribbentrop, nel rispondermi. ha evitato di accennare all'atteggiamento personale del Ftihrer. Per conto suo-e per quanto egli ammetta (la constatazione non è senza valore) che la Germania ha in questo momento bisogno di pace-non riterrebbe per ora opportuno un qualunque abbinamento dei due assi, dato che, a suo parere, ogni combinazione a quattro porterebbe fatalmente a un indebolimento, se non dell'Asse Roma-Berlino, almeno dei rapporti dell'Asse con Tokio, cosa secondo lui assolutamente dannosa. Dato e non concesso che in definitiva si debba comunque arrivare ad una guerra, la cooperazione del Giappone e la sua stretta unione ali' Asse Roma-Berlino, gli sembra essenziale. Egli, quindi rimane fermo nel ritenere opportuno un ulteriore approfondimento delle relazioni fra i Paesi del Triangolo 7•

522 1 Vedi D. 514, nota l.

523

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO URGENTE 8704/2602. Berlino. 9 dicembre 1938 (per. l'll).

Ho già, con mio rapporto n. 8320 del29 novembre u.s. 1 richiamato l'attenzione dell'E.Y. sulla tendenza della Germania a prescindere, nei suoi rapporti futuri con la Cecoslovacchia, da possibili «garanzie» di altre Potenze.

Trattandosi tuttavia non di dichiarazioni esplicite da parte di Ribbentrop, ma di illazioni mie, ho creduto opportuno di compiere oggi qualche ulteriore sondaggio. Sono in grado di riferire alla E.V. che Ribbentrop mi ha questa volta, apertis verbis, dichiarato che la Germania non darebbe mai una garanzia alla Cecoslovacchia, se una garanzia analoga fosse data anche dalla Francia e dalla Inghilterra. Secondo lui, la garanzia già data dall'Inghilterra e dalla Francia costituisce semplicemente un gesto morale e non una garanzia vera e propria e l'insistenza da parte di quei due Paesi a

523 1 Vedi D. 478.

garantire, anche oggi, territorialmente la Cecoslovacchia sarebbe interpretata dalla Germania come una continuazione dell'antica politica di illecita ingerenza negli affari altrui.

Ribbentrop non mi ha, neanche ora, parlato esplicitamente dell'Italia, ma ha tuttavia anche questa volta insistito e sottolineato avere l'Italia, per bocca dello stesso Capo del Governo, già dichiarato il suo disinteressamento in materia.

Mi permetto riferire quanto sopra perché. nell'ipotesi che, a giudizio di Y.E. una chiarificazione fosse in proposito necessaria, il presente mi sembrerebbe il momento opportuno per addivenirvi 2 .

522 7 Il documento ha il visto di Mussolini.

524

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELFSPR. 6121/1861. San Sebastiano, 9 dicembre 1938 (per. il 12).

La stampa nazionale ha riportato un telegramma da Parigi secondo il quale Bonnet avrebbe comunicato a Lacaze, presidente della Società Gli amici di Spagna, la decisione di inviare un Agente a Burgos. Il telegramma aggiungeva che la scelta sarebbe caduta con tutta probabilità sul signor Juge, ex addetto commerciale presso l'ambasciata di Francia in Madrid, e che non era ancora noto se le funzioni del detto rappresentante avrebbero avuto carattere commerciale o politico.

Negli ambienti ufficiali di Burgos la notizia è considerata come un ballon d'essai tanto per la qualità che per il nome del rappresentante, perché come è noto questo governo si è mostrato finora contrario a soluzioni di carattere esclusivamente economico, e si continua ad escludere che la Francia tàccia l'errore di iniziare le eventuali relazioni proponendo una persona non grata (mio telesprcsso n. 5766/1758 del22 novembre scorso 1).

Ciò nondimeno ho voluto chiedere nuovamente a Jordana a qual punto fossero le trattative. Egli, per quanto in forma assai reticente, mi ha lasciato intendere che esse sono sempre tenute vive ad iniziativa -a suo dire -francese, sia a mezzo di messaggi attraverso Quifiones de Leon che attraverso personalità francesi; che se mai la sola difficoltà che può essere avanzata da parte spagnola verte sulla persona del sig. Juge il quale, essendo stato per molto tempo a Madrid come addetto commerciale, conferirebbe una fisionomia esclusivamente commerciale alla missione francese mentre, d'altra parte, è sospetto di simpatie e legami coi Rossi.

523 è Il documento ha il visto di Mussolini.

Ho in sostanza avuto la sensazione che da parte spagnola non vengono trascurate le iniziative francesi e che non sia da escludere in definitiva che questo governo si decida ad accettare anche il Juge seppure con funzioni rivestite di forma escludente il carattere commerciale, piuttosto che rinunciare ai vantaggi politici che potrebbero derivargli da una ripresa di contatti ufficiali con la Francia, soprattutto se questa si impegnasse seriamente a mutare atteggiamento nella questione dei rifornimenti ai Rossi.

524 1 L'ambasciatore Viola aveva riferito di aver tratto l'impressione dalle conversazioni avute al ministero degli Esteri spagnolo «che qualche cosa vi sia di vero per quanto riguarda una ripresa dei rapporti tra Parigi e Burgos» ma che comunque da parte spagnola si restava fermamente contrari all'accreditamento di un Agente con funzioni limitate al campo economico-commerciale.

525

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6372/0231 R. Parigi. l O dicembre l 938 (per. il 12).

Dopo 48 ore di chiacchiere, dibattito su politica generale si è chiuso con votazione ordine del giorno puro e semplice su cui governo ha posto questione fiducia. Ordine del giorno è stato adottato con 315 voti favorevoli, 241 contrari, 53 astensioni.

Daladier ha pronunciato serrata requisitoria contro comunisti, dimostrando fra l'altro, sulla base di documenti precisi, che fallito tentativo sciopero generale è stato vero e proprio movimento insurrezionale ispirato da Mosca e diretto contro politica estera governo in generale, convegno Monaco in particolare.

Discorso Blum, in difesa sciopero generale, ha sollevato tumulto e proteste Camera.

Votazione ieri consuma anche sul terreno parlamentare rottura Fronte Popolare già in atto da qualche tempo nel Paese. I 156 socialisti raggiungono i 73 comunisti ali'opposizione.

La nuova maggioranza, che comprende i radicali e tutte le frazioni di centro e di destra, è tuttavia ancor !ungi dal dare garanzie di stabilità. Per mantenerne coesione governo dovrà superare nell'avvenire immediato ostacoli e difficoltà particolarmente gravi 1•

526

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI

LETTERA PERSONALE SEGRETA l 0061. Roma. lO dicembre 1938.

A seguito di precedenti invii del genere e con preghiera di restituzione, ti unisco un estratto relativo alle più recenti notizie pervenute sulla situazione in Alto Adige 1•

In queste segnalazioni, come vedrai, si nota una recrudescenza della propaganda irredentistica che non manca di avere una certa ripercussione negli ambienti allogeni e di destare qualche reazione tra gli italiani dell'Alto Adige2 .

525 1 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

526 1 Nell'estratto veniva segnalato che ultimamente la propaganda irredentista tra gli altoatesini era andata crescendo di intensità, mentre si registrava l'arrivo di emissari del partito nazista che venivano segretamente in Alto Adige per seguire la situazione.

527

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 8738/2607. Berlino, ]()dicembre 1938 (per. i/14).

Questo Addetto militare inglese 1 , nel parlare della situazione generale al nostro Generale Marras, si è dimostrato alquanto pessimista e ha detto che a suo parere l'inverno sarà occupato soltanto da una schermaglia diplomatica più o meno intensa ma che con la buona stagione potrebbero aversi nuovi avvenimenti.

Nei riguardi della questione coloniale, il Fuhrer avrebbe detto a Chamberlain che la Germania non farà una guerra per le colonie. Su questo argomento Chamberlain ha fatto in questi giorni alla Camera dei Comuni una dichiarazione la quale è rassicurante per l'opinione pubblica inglese, salvo un «momentaneamente» che figura nella dichiarazione stessa e che lascerebbe qualche dubbio per l'avvenire.

Comunque è certo che in questo momento Chamberlain non potrebbe fare alcuna concessione alla Germania, perché l'opinione inglese è fortemente ostile. Concessioni alla Germania porterebbero a un sicuro rovesciamento di Chamberlain.

Gli armamenti inglesi -secondo ha dichiarato l'Addetto militare inglese procedono bene. Attualmente l 'Inghilterra dispone complessivamente tra la Madre

Un rapporto della polizia del 5 dicembre, conservato nelle carte di Gabinetto e sul quale è basato l'estratto, faceva presente che l'attività antitaliana si era «risvegliata dopo i discorsi del Duce nelle città venete in cui si affermava il diritto di autodecisione dei popoli, riaccendendo l'ambiente altoatesino che da poco cominciava a rasserenarsi dopo la burrascosa trascorsa primavera. Sintomo eloquente di tale ripresa sono le recenti aumentate istan::e di riacquisto della cittadinanza f?ermanica da parte di allof?eni. il costante aumento di cittadini tedeschi residenti nella zona accresciuti di recente da trecento sudetici iv i residenti e la sottile ma ininterrotta propaganda irradiatasi da lnnsbruck». Agli altoatesini-proseguiva il rapporto -«si decanta la insuperabile potenza militare germanica. che protef?f?e anche l 'Italia. la quale, in corrispettivo, ha per ora adottato la politica della razza e successivamente le cederà l 'Alto Adige». Su questo rapporto, Mussolini ha scritto «importante» ed ha sottolineato le frasi qui riportate in corsivo.

Magistrati rispondeva in una lettera del 13 dicembre, di avere avuto un lungo colloquio con il funzionario della Wilhelmstrasse che, per incarico diretto di von Ribbentrop, si occupava dell'Alto Adige e di avere fatto presente la necessità che le Autorità di Berlino «continuassero a svolgere un'opera attiva per diffondere sempre di più l'impressione che non esiste alcun problema dell'Alto Adige per il Reich, essendo la questione liquidata».

Patria e il bacino del Mediterraneo di dieci divisioni attive. A queste si aggiungono 18 divisioni territoriali le quali, dopo i provvedimenti adottati a loro riguardo, possono ormai considerarsi di efficienza pari a quella delle divisioni attive 2 .

526 2 In calce al documento, Ciano ha aggiunto a penna: «Parlane ai tedeschi, come e quando credi».

527 1 Colonnello F.N. Mason-Macfarlane.

528

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 8739/2608. Berlino, IO dicembre 1938 1•

Questo Addetto Militare belga2 , che è persona molto capace, attiva e bene informata, parlando col nostro Generale Marras sulla situazione generale europea, si sarebbe espresso in termini molto pessimisti per quanto riguarda la situazione nell'Europa Centrale.

Il contegno attuale della Polonia, secondo l'Addetto Militare belga, non è chiaro, né tranquillizzante. Dice che ha adottato improvvisamente un'attitudine molto energica nei confronti della Germania. Quando quest'ultima respinse in Polonia nuclei di ebrei polacchi, la Polonia ha risposto subito espellendo in Germania un forte gruppo di tedeschi, fossero o no ebrei.

Non crede che la Polonia abbia rinunciato ai suoi propositi nella Russia subcarpatica, né ritiene nemmeno inverosimile che possa, in caso di bisogno, valersi di un aiuto dei Sovieti. A questi ultimi (secondo quanto ebbe recentemente a dirgli l'Ambasciatore Oshima) riuscirebbe impossibile indire una mobilitazione generale senza scatenare all'interno una rivoluzione che travolgerebbe l'attuale regime. Ma hanno forze sufficienti per agire con le divisioni permanenti di stanza lungo la loro frontiera meridionale e centrale dell'ovest. Giudica molto incerto, ma altrettanto inquietante il contegno della Romania.

Per un'azione tedesca a breve scadenza alla frontiera orientale e soprattutto in Polonia(??) starebbe il fatto che, solo la stagione invernale (gennaio-fine marzo) permette di percorrere agevolmente con mezzi a motore quei territori poveri di strade. Dal marzo fino all'estate tutto il terreno è coperto da un altissimo strato di fango che impedirebbe ai quadrupedi e alle autovetture di avanzare.

La Germania ha «vassallizzatm> la Cecoslovacchia mettendo le mani sulle sue industrie, economie, vie di comunicazione stradali e ferroviarie, governo, ma una cosa solo ha dimostrato di rispettare: l'esercito ceco. A questo la Germania avrebbe permesso di continuare ad esistere con tutti i suoi «quadri» come se avesse ancora dietro di sé un Paese di 15 milioni di abitanti.

528 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 528 2 B. E. M. Goethals.

L'Addetto Militare belga dice (in base anche a quanto gli avrebbero accennato gli Addetti cechi a Berlino) che tutto ciò è subordinato-e questo sarebbe stato fatto capire all'alto comando ceco-alla più assoluta garanzia che l'esercito non farà mai nulla contro i voleri della Germania. All'occorrenza, secondo l'Addetto Militare belga, esso sarebbe un'ottima massa da lanciare contro i Polacchi sia contro gli Ungheresi per i quali i Cechi non nutrono che una viva inimicizia.

In caso di azione contro la Polonia le due branche della tenaglia tedesca destinata a stritolarla partirebbero da due direzioni: a Nord dalla Lituania (amica o nemica non importa) al Sud dalla Cecoslovacchia.

Nel riferire per debito di ufficio quanto sopra devo aggiungere le mie più espresse riserve per quanto riguarda la possibilità di un'azione tedesca, soprattutto a breve scadenza, contro la Polonia3•

527 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

529

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 8745/2614. Berlino, 10 dicembre 1938 (per. il 13).

Prima di partire, ho voluto vedere anche Neurath e poiché egli era stato il Capo della missione tedesca ai funerali di Atatlirk, gli ho domandato quali notizie portasse da Ankara.

Premesso che egli era un vecchio amico del nuovo Presidente della Repubblica turca, Neurath mi ha detto di aver potuto avere ad Ankara delle conversazioni molto franche ed interessanti.

Fin dal suo arrivo in Turchia, Neurath era rimasto colpito della speciale considerazione da cui era circondata la missione inglese. Avendo egli fatto in proposito qualche indiretto amichevole rilievo, gli era stato risposto dal nuovo Ministro degli Esteri che effettivamente la Turchia aveva particolare interesse a tenersi da conto l'Inghilterra in quanto unico Paese che avrebbe potuto, al caso. difenderla dall'Italia, che essa considera come il proprio nemico.

Questo senso di preoccupazione nei riguardi dell'Italia è aumentato in Turchia dalla convinzione-che colà guadagna sempre maggiore terreno-che cioè il regime staliniano è nell'U.R.S.S. non solo in regresso, ma addirittura in decomposizione. Secondo il giudizio di Ankara -che pur dovrebbe essere ben informata-la situazione in Russia non può continuare così. Naturalmente, non si possono fare previsio

nidi tempo ma un giorno o l'altro qualche cosa di nuovo nell'U.R.S.S. ci sarà. Orbene, il crollo del regime staliniano con le nuove commozioni interne che potrebbero conseguirne creerebbe, secondo i Turchi, un pericolo nuovo e cioè la possibilità per l 'Italia di istallarsi nel Mar Nero. Contro questo pericolo, naturalmente, la Turchia si premunisce, sia riarmando il più possibile gli Stretti, sia stringendo sempre maggiormente i propri rapporti con i nemici presumibili dell'Italia, e soprattutto con l'Inghilterra.

Avendo Neurath domandato l'origine prima di queste così vive apprensioni turche, gli è stato risposto invocando il vecchio argomento di Castellorizzo e della minaccia che il suo riarmo costituisce per la Turchia.

Neurath si affrettò a replicare come tutto il riarmo dell'Italia nel Mediterraneo fosse, se mai, in funzione anti-inglese e non anti-turca, esprimendo quindi la sua sorpresa che si tàcesse tanto caso del riarmo di Castellorizzo. A questo è stato replicato da parte turca che, per premunirsi contro l'Inghilterra, l'Italia aveva altri mezzi ed altre piazze soprattutto quella di Rodi. Castellorizzo, invece secondo Ankara, costituisce esclusivamente una base di aggressione contro i Turchi.

Neurath mi pregava di riferire~ in linea confidenzialissima e personale~ tutto questo a V.E. facendo presente come il perdurare della Turchia in questa orientazione nettamente anti-italiana potrebbe portare ad una saldatura definitiva con l'Inghilterra non solo della Turchia, ma probabilmente anche della Grecia 1•

528 3 Il documento ha il visto di Mussolini.

530

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8746/2615. Berlino, IO dicembre 1938 (per. il 13).

Ho domandato a Ribbentrop se a Parigi fosse ben chiaro che la rinuncia tedesca ad ulteriori rivendicazioni territoriali nei riguardi della Francia non implica tuttavia alcuna rinuncia in materia coloniale.

Ribbentrop mi ha risposto che a chiarire bene questo punto aveva provveduto ancora prima di recarsi nella capitale francese e che, ad ogni buon fine, era stata firmata a Parigi un'apposita dichiarazione aggiuntiva in questo senso 1•

529 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

530 1 Nel corso delle trattative che avevano preceduto la firma della Dichiarazione del 6 dicembre, era stato chiarito, da parte tedesca, che la Dichiarazione non pregiudicava le rivendicazioni della Germania circa le sue ex-colonie sotto mandato della Francia (DDT, vol. IV, DD. 346 e 368). Questo punto era stato ribadito da von Ribbentrop nelle sue conversazioni con Bonnet a Parigi (sulle quali si veda D. 514, nota I) ed entrambe le parti avevano convenuto, verbalmente, che la questione non era da considerarsi attuale.

531

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8748/2617. Berlino, 10 dicembre 1938 (per. il 12).

La questione dell'adesione dell'Ungheria al Patto Anticomintern si trova sempre allo stesso punto: l) Il Giappone non ha ancora risposto alla domanda di consenso che gli è stata rivolta da Ribbentrop.

2) Anche ricevuta la risposta del Giappone, Ribbentrop si riserva di concludere solo dopo aver avuto col nuovo Ministro degli Esteri ungherese, Conte Csaky, una esauriente spiegazione sulla politica generale dell'Ungheria.

Non si sa ancora però quando la visita del Conte Csaky a Berlino possa avere luogo 1•

532

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 8749/2618. Berlino, 10 dicembre 1938 (per. il 13).

Con mia comunicazione del 25 novembre u.s. 8233/2493 1 ho riferito aii'E.V. alcune dichiarazioni fatte dal Fiihrer a questo ambasciatore del Belgio in occasione della presentazione delle sue lettere credenziali.

Sono ora in grado-per informazione datane dall'addetto militare belga al nostro generale Marras-di aggiungere in proposito le seguenti ulteriori precisazioni:

Il Fiihrer ha passato in rivista la situazione in Occidente e ha detto: «alla Francia non abbiamo nulla da chiedere: si tenga pure l'Alsazia Lorena che noi abbiamo tenuto solo per 40 anni. Al massimo potremmo chiedere che i suoi abitanti godessero di una maggiore autonomia, ma è questione del tutto secondaria.

La Francia ha la sua linea Maginot e ne è contenta. Se la tenga. lo sono contento di quello che le abbiamo contrapposto, quantunque avrei desiderato destinare a scopi migliori i miliardi spesi». Qui il Fiihrer ha indicato la cifra che il mio informa

532 1 Vedi D. 464.

tore non ricorda se fosse di 50 o di l 00 miliardi di marchi (tra le due cifre riterrei molto più probabile la prima, la quale abbraccia probabilmente il complesso delle spese a lavori ultimati).

«il Belgio-ha proseguito il Fiihrer-come pure l'Olanda, il Lussemburgo e la Svizzera non hanno nulla da temere; sono Stati neutrali la cui esistenza è necessaria per la pace d'Europa».

Poi, divenendo improvvisamente nervoso, ha proseguito:

«Per quanto sia ora regolata la questione con la Cecoslovacchia, la situazione nell'Europa Centrale non è ancora tranquilla, né stabile. Se l'esercito ceco fosse indotto a tentare qualche cosa in contrasto con gli interessi tedeschi, darei subito ordine alle mie truppe di marciare e di occupare tutto il territorio ancora rimasto alla Cecoslovacchia».

Come si vede, la questione cecoslovacca è, nell'animo del Fiihrer, tutt'altro che liquidata. Molta importanza avranno in proposito i prossimi colloqui con Chvalkovski 2 .

531 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

533

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 8760/2624. Berlino, 10 dicembre 1938 (per. il 13).

Ho già, con mie precedenti comunicazioni dirette anche, per quanto riguarda i commenti della stampa tedesca, al R. Ministero della Cultura Popolare, riferito aii'E.V. circa il viaggio a Parigi del ministro degli Affari Esteri del Reich, signor von Ribbentrop 1•

Inoltre, con il mio rapporto di ieri n. 8703/2601 2 ho avuto anche occasione di comunicare all'E.V. quanto lo stesso signor von Ribbentrop, non appena tornato da Parigi, ha voluto farmi direttamente conoscere circa il contenuto del viaggio ed i contatti da lui avuti con gli uomini politici francesi.

Mi sembra ora utile di tornare sull'argomento per dare uno sguardo di insieme a questo viaggio che ha rappresentato indubbiamente, all'indomani della crisi cecoslovacca e del netto successo in essa riportato dalla Germania, un fatto di politica internazionale di innegabile importanza.

Premetto che l'avvicinamento è stato presentato all'opinione pubblica tedesca con tatto, e vorrei quasi dire con una certa discrezione, non avendo dato luogo ad eccessivi sbandieramenti. Si può anzi dire che sui giornali, nei tre giorni della visita,

533 1 Vedi D. 513. 533 2 Vedi D. 522.

si è con attenzione cercato sempre di equilibrare le notizie provenienti da Parigi con quelle relative agli sviluppi della normale politica tedesca imperniata sull'asse RomaBerlino. Così, alle descrizioni dei ricevimenti svoltisi nella Capitale francese in onore del Rappresentante del Reich ed ai comunicati relativi alla nota «dichiarazione» di buon vicinato franco-tedesca, si sono abbinate sia le notizie ponenti in rilievo, in tono indubbiamente filo-italiano, le intemperanze francesi a danno di italiani a Tunisi ed in Corsica, sia quelle relative alla visita nella Capitale del Reich del nostro ministro delle Corporazioni, S.E. Lantini 3 , visita sulla quale riferisco a parte e che, anche per il momento in cui ha avuto luogo, si è dimostrata, anche nel quadro della politica generale, di notevolissima utilità.

L'opinione pubblica tedesca ha, in ogni modo, visto in generale di buon occhio il viaggio di von Ribbentrop ed il conseguente riavvicinamento franco-tedesco. Ciò si spiega non tanto con la soddisfazione di sentire dissipati i timori di una minaccia francese quanto con il compiacimento di veder suggellata-subito dopo la crisi cecoslovacca-una situazione nuova con una Nazione europea, della quale non si ha ormai più paura.

La visita di von Ribbentrop a Parigi è in fondo una compiacente presa d'atto della nuova situazione internazionale accettata dalla Francia con la sua rinuncia ad esercitare una funzione politica di primo piano in tutta l'Europa Orientale. A ciò si aggiunge che il signor Bonnet ha firmato quella dichiarazione proprio in uno dei momenti peggiori dei rapporti anglo-tedeschi. La Germania ha potuto così far toccare con mano che ormai la stessa Francia ha interesse, pur conoscendo quanto sia scabrosa la situazione tra Londra e Berlino, a tenersi da conto il Reich nazionalsocialista.

Da parte tedesca, d'altronde, questa dichiarazione di buon vicinato significa ili definitiva liberazione del Reich da qualsiasi preoccupazione ad occidente, e quindi la possibilità di continuare indisturbato la sua azione di propulsione ad oriente. Azione che, per essere convenientemente preparata, esige peraltro, indubbiamente, un periodo di tranquillità e di pace. Sintomatica a tale proposito mi è sembrata la dichiarazione fattami ieri in questo senso (mio rapporto suaccennato) dallo stesso von Ribbentrop, il quale non è certo tra gli elementi più timorati e tranquilli dei governo del Reich.

Questo bisogno di pace deriva alla Germania anche dalle difficoltà, tuttora evidenti, della «digestione» dei territori che formavano la Repubblica d'Austria e delle terre sudetiche. L'ex territorio austriaco non si è ancora, ad onta degli sforzi fatti, né convenientemente inserito nella vita del Terzo Reich, né comunque normalizzato. Quanto al problema dei territori sudetici, indubbiamente complesso politicamente ed economicamente, esso si è appena aperto.

A tutto ciò si unisce poi la questione, tuttora non finalizzata, della sistemazione degli israeliti e l'altra, sempre più grave ed acuta, dei rapporti tra lo Stato e le Chiese.

Tutte queste ragioni prese insieme impongono alla Germania la necessità di un respiro. Donde-insieme alla opportunità di consolidare la nuova situazione politica creata per la Germania da Monaco-l'interesse per il Reich di non solo addivenire

ad una intesa con la Francia, ma anche di sottolinearne l'importanza. Solo con questo si spiega il calore ed il colore -altrimenti non strettamente indispensabili -delle dichiarazioni con cui Ribbentrop ha accompagnato la firma del documento e che dimostrano la esistenza di un animus ben diverso da quello che presiedette alla ormai già morta dichiarazione anglo-tedesca di Monaco 4•

Né tutto questo va attribuito a semplice desiderio più o meno esibizionistico di Ribbentrop. Ché, anzi, mi consta che, subito dopo l'assassinio di vom Rath 5 , il ministro tedesco ebbe delle esitazioni e si pose il quesito della opportunità di un rinvio del suo viaggio a Parigi. Ma il quesito trovò una immediata risposta nella decisione del Fuhrer che volle la visita mantenuta ed eseguita secondo il programma già originalmente fissato.

Nonostante, peraltro, il calore ed il colore -ripeto non strettamente necessari -delle dichiarazioni verbali di Ribbentrop alla stampa6 il documento di Parigi non rappresenta il menomo indebolimento della politica dell'Asse. Esso rappresenta però, da un lato, il desiderio da parte tedesca di stabilire come un punto fermo nella linea di sviluppo della sua politica generale, dall'altra, quello di dare e di ricevere una sensazione di momentaneo respiro, necessario alla soluzione di problemi interni la cui soluzione diventa sempre maggiormente necessaria ed urgente 7•

532 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

533 3 Vedi D. 521.

534

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 6929/2132. Budapest, 10 dicembre 1938 (per. il 12).

Ho avuto una lunga conversazione col Ministro di Polonia, da poco rientrato da Varsavia dove si è recato per circa una settimana.

Egli mi ha detto che tutte le questioni territoriali con la Cecoslovacchia sono state completamente definite; restano solo da regolare questioni di dettaglio d'ordine finanziario e amministrativo. Il Governo polacco ha recentemente fatto presente al signor Chvalkovsky che nulla si opponeva ormai a che i rapporti di buon vicinato si stabilissero fra Polonia e Cecoslovacchia, ricordandogli tuttavia che la Polonia non aveva in passato potuto mai dimenticare che subito dopo la guerra, quando essa era alle prese coi russi, la Cecoslovacchia si era impadronita con la violenza dei noti distretti polacchi; che la Polonia sapeva che il Governo cecoslovacco aveva creato

533 5 Vedi D. 384, nota 2. 533 6 Testo in Relazioni Internazionali, p. 866. 533 7 Il documento ha il visto di Mussolini.

nella Russia subcarpatica un focolaio di agitazione e di irredentismo ucraino antipolacco; che la Cecoslovacchia aveva infine sempre ostacolato le comunicazioni fra Polonia e Ungheria. Esprimendo anch'egli il desiderio di iniziare migliori rapporti, Chvalkovsky aveva dato soprattutto su quest'ultimo punto, ogni assicurazione.

Circa i rapporti con la Russia dei Soviet, il Ministro di Polonia mi ha detto che, come noto, al momento culminante della crisi cecoslovacca il Governo sovietico aveva denunciato il patto di non aggressione con la Polonia 1; aveva poi concentrato truppe alle frontiere e ne erano seguiti vari incidenti. Il Governo polacco, fedele al principio di avere buoni rapporti con tutti i vicini, non aveva creduto di respingere recenti approcci sovietici per ristabilire la situazione ed è così che si era giunti alla riconferma del patto di non aggressione 2 , che ha il significato di rimettere le cose al punto in cui si trovavano prima della denuncia e non più di questo. Le relazioni con i soviet riprendono quindi a essere corrette, se non certo cordiali.

Quanto alla Romania, mi ha confermato quanto risulta a Vostra Eccellenza da altre fonti che cioè era completamente vano sperare che potesse attendersi aiuti finanziari dall'Inghilterra. Poiché gli avevo accennato che, a dire del Ministro di Romania, Re Caro! era stato molto soddisfatto del suo incontro con Hitler a Berchtesgaden (mio telegramma per corriere n. 0278 in data odierna3), ha soggiunto che gli sembrava allora strano che poi Re Carol, appena tornato a Bucarest, avesse intrapreso quella violenta repressione del movimento di Codreanu4 , che non aveva mancato di suscitare in Germania la viva irritazione che si conosce.

Quanto al problema della Russia subcarpatica, il signor Orlowsky insisteva a dire che la Germania non avrebbe mai potuto per ragioni geografiche servirsene come una strada per raggiungere la Russia e il Mar Nero; non si rendeva conto quindi dell' opposizione tedesca che egli voleva credere non fosse poi tanto definitiva. Quanto al Governo ungherese riteneva che esso ha definitivamente rinunciato a risolvere la questione con mezzi violenti.

La Polonia non ha preoccupazioni perché la frontiera dei Carpazi è un baluardo quasi insormontabile, come ha dimostrato la Grande Guerra, e tale frontiera sarà del resto ora intensamente fortificata. In fondo, il Governo polacco non teneva a fare del problema subcarpatico una grossa questione e specialmente non voleva mettersi contro la Germania per questo; d'altra parte, la stessa importanza della cosa era stata troppo ingrandita. Sperava tuttavia che il Governo ungherese avrebbe cercato di risolvere la questione per via diplomatica, chiedendo il plebiscito; riteneva che la cosa principale era di convincere la Germania che la contiguità territoriale fra Ungheria e Polonia non aveva alcun scopo antigermanico, mentre era naturale per ragioni geografiche

incontrato Re Caro] di passaggio per l'Ungheria dal suo viaggio nelle capitali europee, escludeva in modo categorico che la Germania intendesse appoggiare le rivendicazioni territoriali ungheresi. 534 4 Riferimento all'uccisione di Codreanu e di altri 13 membri delle Guardie di Ferro. Si veda in proposito il D. 490.

ed economiche che la regione rutena fosse annessa ali 'Ungheria; Orlowski pensava che in questa opera di persuasione molto potrebbe giovare l'influenza italiana sul Governo tedesco, dato che, secondo lui, ciò rispondeva anche all'interesse italiano.

Mi ha detto che era particolarmente interessante il prossimo viaggio a Budapest dell'Eccellenza Vostra.

Quanto allo stato attuale della questione, egli diceva che occorreva affrettarsi a risolverla presto: dato le condizioni della popolazione e le sue limitate esigenze, non sarebbe stato difficile alla Germania di inviare viveri in Rutenia, se avesse voluto.

Non mi ha poi nascosto che non poteva negarsi una consistenza alle voci di progetti germanici circa l'Ucraina in generale: Hitler aveva finora mostrato di voler realizzare tutto il suo programma, e di esso tàceva innegabilmente parte anche il problema ucraino.

Tutto quanto mi ha detto Orlowski, oltre a rivelare nelle sue contraddizioni e reticenze quale sia la posizione polacca allo stato attuale degli sviluppi della questione rutena, è una nuova prova che soprattutto dopo le vicende della questione cecoslovacca, dinanzi al progressivo aumento d'influenza della Germania nella politica di Praga. la Polonia, così come l'Ungheria e gli altri Stati del bacino danubiano, seppure in grado diverso vedono sempre maggiormente ingrandire alle loro frontiere la potenza germanica ed è specialmente in funzione di essa che sentono di dover regolare in un modo o nell'altro la loro politica.

533 4 Vedi D. 194, nota l.

534 1 In realtà, il governo sovietico aveva dichiarato che avrebbe denunciato il patto di non aggressione del 1932 qualora i polacchi avessero violato il territorio della Cecoslovacchia. Si veda il D. 121.

534 2 Il 26 novembre. Vedi D. 476.

534 3 T. 6374/0278 R. del 1 O dicembre. Riferiva che il Ministro di Romania, Bossy, dopo aver

535

L'AMBASCIATORE A SALA MANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6411 IO 111 R. San Sebastiano, 11 dicembre 1938 (per. il 14).

A questo governo è giunta notizia che il Pontefice in occasione del Natale rivolgerebbe un appello a Burgos e a Barcellona per la cessazione della guerra 1• Analoga informazione questo collega di Germania mi dice avere ricevuta da Berlino.

La notizia potrebbe essere messa in relazione con le recenti disposizioni prese da Negrin per il ristabilimento del culto: il governo di Barcellona cioè, cercherebbe di mettersi in regola per rendere possibile un intervento del Vaticano.

Il governo di Burgos, pur non esprimendosi circa l'accoglienza che potrebbe fare a un eventuale appello del Pontefice, non nasconde che esso sarebbe imbarazzante: e frattanto provvede a che la notizia non trapeli, in vista dei pregiudizievoli effetti che potrebbe avere sul morale dei combattenti, nell'imminenza dell'offensiva in Catalogna.

Altra voce che corre con insistenza è quella di un probabile prossimo tentativo di Roosevelt nell'istesso senso. Secondo le informazioni più attendibili, la notizia andrebbe precisata come segue: Barcellona avrebbe invocato l'intervento di Roosevelt e questi si sarebbe riservato di tastare il terreno a Burgos prima di prendere una decisione. Sinora però nessuna azione di sondaggio è stata fatta a Burgos.

Inutile dire che questo governo conferma suo proposito di respingere ogni tentativo, da qualsiasi parte che esso venga, tendente ad una forma di componimento.

535 1 Vedi DD. 508 e 512.

536

L'AMBASCIATORE IN CINA, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6391/431 R. Shanghai, 12 dicembre 1938, ore 12,30 (per. il 13).

Da Chung King Alessandrini mi telegrafa quanto segue: «Kung mi ha detto che ritardo presentazione credenziali da parte V.E. comincia a diventare eccessivamente lungo e che scriverà in proposito al conte Ciano. Mi ha confidato che, in quanto Generalissimo, egli ha deciso invio a Roma ambasciatore Liu Von Tao; ma prima è necessario che nuovo ambasciatore si rechi Chung King». Tale informazione mi fa considerare più o meno ispirato l'interessamento amichevole (da me declinato immediatamente) di questo ambasciatore d'Inghilterra perché io prendessi consollecitudine la via di Chung King.

Comunicato Tokio per corriere.

537

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. S.N.D. 922/461 R. Roma, 12 dicembre 1938, ore 15,15.

Recatevi da Ribbentrop e ditegli per sua informazione e perché ne informi il Fuhrer quanto segue:

l) le recenti manifestazioni svoltesi alla Camera Fascista al termine del mio discorso 1 furono spontanee e non preparate. Altra ne sarebbe stata la portata se esse fossero state volute e organizzate dal governo e dal partito;

2) tali manifestazioni hanno avuto l'inconveniente di suscitare innanzi tempo un senso di allarme presso i francesi, ma hanno avuto il grande vantaggio di approfondire e generalizzare la francofobia del popolo italiano;

3) in rapporto a quanto è avvenuto non intendiamo svolgere alcuna azione diplomatica prima che sia trascorso un certo tempo e di una eventuale azione non prenderemo l'iniziativa. In ogni modo terremo tempestivamente informato di tutto il governo tedesco;

4) in vista della prossima visita di Chamberlain ed Halifax a Roma, poiché tutto quanto si riferisce ai rapporti tra Italia e Inghilterra è regolato, vorremmo conoscere se il governo tedesco gradirebbe che fosse da noi svolta una qualsiasi azione nel suo interesse2•

537 1 Vedi D. 487, nota l.

538

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6450/0 l 03 R. Sofia, 12 dicembre 1938 (per. il 16).

Presidente del Consiglio mi ha detto che, sulla base equo regolamento questione dobrugiana in favore Bulgaria, un nuovo aggruppamento in cambio ormai liquidata Piccola Intesa sarebbe pensabile a suo avviso in Europa Sudorientale, che, orientato asse Roma-Berlino, riunisse Jugoslavia, Bulgaria, Romania. Questa, attualmente esposta aspirazioni Ungheria, Germania, sovieti e della stessa Bulgaria, e in preda grave crisi interna, potrebbe trovare vantaggio procurarsi mediante non grave sacrificio Dobrugia sistema sicurezza.

Gli ho chiesto se aveva avuto occasione esporre queste idee in Jugoslavia. Me lo ha negato ma mi ha soggiunto credere che esse potrebbero corrispondere alla logica delle cose, giacché se per contro Bulgaria si trovasse nella circostanza potere far valere in Dobrugia proprie aspirazioni, che presentandosi favorevole occasione potrebbero anche estendersi tutti restanti territori cisdanubiani della Romania, la Jugoslavia in forza del suo patto di pace perpetua con la Bulgaria 1 , non muoverebbe, come egli ritiene, in suo aiuto, mentre a suo giudizio non avrebbe interesse ad impegnarsi neppure la Turchia che del resto potrebbe essere anche essa in grado richiamarsi patto pace perpetua turco-bulgaro 2 se pure stipulato prima Intesa Balcanica.

Non sarebbe invece improbabile, a suo credere, che eventuale azione bulgara verso Romania possa trovarsi coincidere azione Ungheria e specie Germania cui spinta verso Ucraina egli ritiene certa.

537 2 Si veda per il seguito il D. 549.

538 1 Riferimento al trattato dcl24 gennaio 1937 (vedi D. 363, nota 5).

538 2 Riferimento al trattato di amicizia tra Bulgaria e Turchia del 18 ottobre 1925 (MARTt:NS, vol. XX, pp. 345-349).

539

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE ..../152 R. 1 . Roma, 12 dicembre 1938.

Con telegrammi del 1° e 6 corrente mese, n. 3208/1214 e n. 3258/12322 , Vi segnalavo una frase del Pontefice riferentesi «a cose che lo minaccerebbero».

Non sono in grado, neppure oggi, di dire a quale fatto preciso abbia inteso alludere il Papa. Il Santo Padre attraversa un periodo di abbattimento morale che viene attribuito negli ambienti vaticani anche all'attrito accentuatosi negli ultimi mesi fra la Santa Sede e noi. Il dolore del Papa-è troppo noto-non significa però, rassegnazione. Coloro che gli stanno attorno ed alcuni Cardinali sono stati testimoni di recenti violente crisi d'ira del Pontefice.

La repentina pubblicazione del Decreto-Legge sui matrimoni misti, mentre la Santa Sede si lusingava di potere trascinare la discussione avviata per tramite fiduciario (mio telespresso 5 c.m. n. 3246/1225 3), la notizia pervenuta al Papa, dicesi da fonte quasi ufficiale, che si penserebbe d'introdurre il divorzio nella legislazione italiana e, infine, la voce raccolta negli ambienti vaticani denotante il proposito di praticare la sterilizzazione, da noi, sono le principali cause del presente stato d'animo del Papa.

Il Cardinale Segretario di Stato mi ha accennato di sfuggita, or sono pochi giorni, alle temute suaccennate riforme senza però insistervi, anche perché ho potuto rispondere di non saperne nulla, com'è di fatto.

Altri Cardinali mi hanno parlato senza ambagi dell'irritazione del Papa e dello stato di perplessità che predomina nel Sacro Collegio. Mi ha colpito, specialmente, il tenore di alcune vivacissime dichiarazioni fattemi dal Cardinale Ermenegildo Pellegrinetti, già Segretario del Pontefice alla Nunziatura di Varsavia, e, da ultimo, Nunzio a Belgrado. Il Cardinale Pellegrinetti mi era apparso fin qui, persona calma e ben disposta verso di noi. Il nostro atteggiamento riguardo alla questione della razza e specialmente verso gli ebrei, ha avuto torte ripercussione nel Sacro Collegio che deve considerarsi-ora-in maggioranza poco benevolo verso il Fascismo. Sembra che nell'ambiente Cardinalizio si dica che il Papa raccoglie il frutto della sua politica condiscendente verso l'Italia e che si tiri in ballo anche la Conciliazione da Lui voluta contro il parere di molti.

Il Cardinale Pizzardo è uno dei Porporati che ha subìto ultimamente forti rampogne dal Papa, ma ne ha avuto pure qualche confidenza. Anche a lui il Pontefice ha fatto parte del suo dolore e delle sue preoccupazioni. Ha detto di essere male ricompensato di tutto quello che ha fatto per l'Italia e gli ha manifestato il suo turbamento, al margine della vita, di non avere compiuto interamente il proprio dovere per essersi

539' Si tratta di telespressi, non di telegrammi. Non pubblicati. 539 1 Non rintracciato.

lasciato trasportare dali' affetto nutrito per l'Italia sua Patria. Il Pontefice avrebbe infine minacciato di fare, prima di morire, cosa della quale l'Italia si sarebbe ricordata per un pezzo.

Il Cardinale non ha saputo o voluto dirmi di più. È probabile che il Papa abbia tenuto gli stessi propositi con altri. Procurerò di ottenere precisioni. Fra le eventualità possibili c'è quella di un'Enciclica contro il Fascismo o addirittura della condanna del Fascismo.

Intanto, la voce dell'elezione di un Papa straniero prende piede in Vaticano. Se ne parla come una temuta, ma assai probabile eventualità, anche da persone influenti dei circoli vaticani che hanno dato prove fin qui di nutrire sentimenti italiani. Si va dicendo che dopo l'accordo culturale, con la Germania, c'è sempre più da temere che anche i cattolici italiani debbano subire presto i rigori del Regime 4 .

539 1 Manca il numero di protocollo generale e la data di arrivo.

540

IL PROFESSOR ENDERLE AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma. l 2 dicembre 1938.

In conformità degli ordini di V.E. ho incontrato a Lucerna il Signor Alami, fiduciario del Mufti, in procinto di rientrare in Siria.

Il Signor Alami, dopo avermi pregato di confermare a V.E. i sentimenti di profonda riconoscenza ed amicizia del Mufti mi ha rinnovato da parte di questi la preghiera di un ultimo aiuto di qualsiasi portata in favore della causa palestinese.

Gli ho risposto che non avrei mancato di sottoporre a V.E. un tale appello, ma che tutto mi lasciava ritenere che, nonostante la viva simpatia del R. Governo per la causa araba in Palestina, simpatia che aveva avuto in passato prove tangibili e veramente notevoli, non sarebbe stato assolutamente possibile rivenire su di una questione che si riteneva ormai de.fìnitivamente chiusa.

Se una qualche novità si fosse verificata non avrei mancato di informarlo. Per ciò, e per poter in qualsiasi evenienza mantenere i nostri contatti, abbiamo preso opportuni accordi per tenerci in comunicazione.

Il Signor Alami, prima che ci lasciassimo, mi ha chiesto se sarebbe stato nel! 'interesse del R. Governo provocare serie noie ai francesi in Siria. Il Mufti avrebbe potuto provvedere lui nel senso desiderato, purché gli fossero forniti i mezzi necessari.

Gli ho risposto che in caso affermativo non avrei mancato di farglielo sapere.

Ho l'onore di riferire a V.E. quanto precede per quell'eventuale interesse che esso potrebbe presentare, pur tenendo presente che, con tale offerta il Mufti potrebbe cercare di ottenere per altra via quanto gli abbiamo negato e cioè nuovi fondi.

Il Signor Alami mi ha detto che durante il suo soggiorno in Europa è stato a Londra ove ha avuto contatti con Mac Donald e con persone vicine a Chamberlain.

Gli inglesi si mostrano irriducibili per quanto riguarda concessioni da fare ai palestinesi, nonostante che abbiano ormai definitivamente escluso ogni progetto di spartizione della Palestina e si mostrino propensi a limitare (non ad interrompere) l'immigrazione ebraica.

La Conferenza dei rappresentanti arabi a Londra per cercare una soluzione del problema palestinese sembra per ora destinata a fallire. Il Mufti inizierebbe quanto prima anche il movimento rivoluzionario in Transgiordania; esso però non potrà avere che limitata efficacia 1•

539 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

541

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE. Berlino, 12 dicembre 1938 (per. i/14).

Parte in questi giorni per Londra, per assumere la Direzione presso il Foreign Office dell'Ufficio «Europa Centrale», il Primo Segretario di quest'Ambasciata britannica, signor Kirkpatrick.

Questi ha trascorso a Berlino cinque anni e mezzo ed era un po' considerato la «colonna» della Rappresentanza diplomatica inglese nella Capitale del Reich. Recentemente fu Kirkpatrick il funzionario che ebbe ad accompagnare sempre Chamberlain a Berchtesgaden ed a Godesberg.

Mi sembra quindi interessante riferirti alcune sue impressioni sulla attuale situazione dei rapporti anglo-tedeschi. Premetto che conosco Kirkpatrick da vari anni, da quando egli era Segretario a Roma ed ho mantenuto con lui qui a Berlino seguìti rapporti. Ho ragione quindi di ritenere che quanto egli mi ha detto sia eftèttivamente il suo pensiero.

Al momento di congedarci, e visto che con Kirkpatrick in tempi passati e più vicini avevo avuto molte occasioni di confrontare le nostre impressioni, gli ho chiesto nettamente se, nei confronti del momento del suo arrivo a Berlino nel 1933, egli ritenesse la situazione attuale migliorata o peggiorata nel quadro dei rapporti anglo-tedeschi, ed in linea generale, della situazione europea.

Egli mi ha risposto:

«Nettamente e decisamente peggiorata. Non vedo proprio come la situazione possa presentare sintomi di miglioramenti. Ho l'impressione che tutto ciò sia dovuto particolarmente al Cancelliere Hitler il quale, come ho avuto occasione di personal

mente constatare durante la crisi di settembre, è la sola persona che comanda e dccide in Germania. Ora quest'uomo, che da una parte ha all'interno una potenza illimitata, senza controlli e senza possibilità di critiche, e dall'altra, non conoscendo le lingue straniere, non ha alcuna possibilità di vedere cosa avviene o cosa si pensa oltre le frontiere, si crede oggi, forse a seguito dei successi riportati, veramente al di fuori e al di sopra di tutti e si sente intàllibile. Pensate che pochi giorni or sono, a quanto mi risulta, egli ebbe persino a prendersela con i compilatori dei bollettini metereologici tedeschi perché questi insistevano nel riferire che il tempo era piovoso e cattivo! (Qui devo fare io 1 una parentesi per dire che in questo caso il cancelliere non ha tutti i torti perché effettivamente questi bollettini metereologici tedeschi sono di un pessimismo esasperante, mentre viceversa abbiamo la fortuna di avere da qualche settimana a Berlino un tempo bellissimo!).

Caratteristico è il caso del Conte von Pi.ickler, già corrispondente della Deutsche Allgemeine Zeitung da Londra. Questi fu l'unico giornalista che, durante la crisi di settembre, ebbe ad inviare corrispondenze veritiere, riferendo come a Londra fervessero i preparativi per un'eventuale entrata in guerra. Il Cancelliere non l'ha mai perdonato ed ora ha imposto al giornale il suo ritiro da Londra e la sua esclusione da qualsiasi incarico di carattere giornalistico.

Anche con lo stesso Maresciallo Goring i rapporti del Cancelliere non sono più buoni come una volta, perché il Maresciallo è stato in questi ultimi tempi capace di dire parole di equilibrio. Von Ribbentrop invece è più realista del Re e non perde occasione per spingere il Cancelliere verso esagerati ottimismi sulle possibilità e sulla potenza della Germania. Sono convinto che il Cancelliere rimpiange di non aver fatto la «sua» guerra contro la Cecoslovacchia e di non aver«punito» il signor Benes a colpi di bomba di aeroplano, come sarebbe stato suo desiderio. Eppure egli dovette avere la netta impressione, allorché nella giornata di martedì 27 settembre le truppe tedesche stìlarono per le vie di Berlino tra l'accorata sorpresa dei berlinesi, che l'avventura guerresca era ben lontana dall'essere popolare in Germania. Quella impressione fu tanto forte tra i principali collaboratori del Cancelliere che tutti turono ben felici quando udirono che il Fi.ihrer aveva deciso di accettare la proposta del Duce, nella mattina del 28».

Ho voluto riferirti quanto sopra per darti un'idea di come sia «inspirato» nei confronti della Germania nazionalsocialista il nuovo Capo dell'Ufficio Centro Europa del Foreign Office, ossia l'elemento tecnico destinato a direttamente controllare da Londra il Reich tedesco!

Come vedi, siamo ben lontani da comprensioni anglo-tedesche!

Kirkpatrick ha aggiunto che le condizioni di salute dell'ambasciatore britannico, sir Nevi le Henderson, il quale ha subito un intervento operatorio in una clinica di Londra, non sono affatto buone. Egli, se tutto va bene, non potrà essere a Berlino prima della fine di gennaio.

540 1 Sulla prima pagina del documento, dove si accenna alla richiesta del Mufti di «un ultimo aiuto» alla causa palestinese, Ciano ha scritto: «No».

541 1 Nota del documento autografa di Magistrati: «lo Magistrati e non Kirkpatrick!».

542

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6409/339 R. Washington. 13 dicembre 1938, ore 17,38 (pe1~ ore 2 del l 4).

Pur senza fatti nuovi evidenti, situazione rapporti con Germania come risultato recenti consultazioni Presidente con i suoi ambasciatori di fiducia a Parigi, Berlino e Roma, cui seguiranno fra breve quelli di Londra e Tokio, appare tutt'altro che migliorata.

È evidente campagna di stampa in atto preordinata ad arginare pericolo germanico non soltanto ideologico ma effettivo all'interno ed all'estero, specialmente Sud America. Forse essa è preparazione pel varo del programma riarmo.

Oltre questione spionaggio, si fanno circolare voci movimenti insurrezionali in gestazione in Brasile da parte collettività germaniche con finalità autonomiste, preludio a possibili interventi localizzati Berlino. Ciò allarma. Attuale situazione è considerata pertanto come indefinitivamente prolungabile.

543

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8821/2638. Berlino, l 3 dicembre 1938 (per. il l 5).

Si trova attualmente a Berlino l'ambasciatore del Reich a Washington, signor DieckhotT, il quale come è noto, fu chiamato qui improvvisamente «a conferire» dal ministro von Ribbentrop a seguito delle dichiarazioni tàtte dal presidente Roosevelt ai giornalisti 1 , allorché questi ebbe a tàr comprendere che il viaggio a Washington dell'ambasciatore americano a Berlino, signor Wilson, andava in certo modo collegato con gli avvenimenti di carattere antisemita veritìcatisi in Germania nello scorso novembre.

Il signor Dieckhoff attende ora qui tranquillamente gli eventi e non sa quando e come egli potrà ripartire per l'America. Egli sarà per Natale raggiunto Berlino dall'ambasciatrice, circostanza anche questa che fa supporre piuttosto lontano il giorno di un suo eventuale ritorno nella Capitale della Confederazione.

Ho avuto così oggi occasione di avere con lui una conversazione sullo stato attuale dei rapporti tra gli Stati Uniti ed il Reich, rapporti che appaiono essere in queste settimane particolarmente cattivi.

Egli ha premesso di essere stato veramente sorpreso dalle dichiarazioni del Presidente Roosevelt ai giornalisti, alle quali ho sopra accennato. La circostanza, infatti, che l'ambasciatore americano a Berlino, signor Wilson, era stato chiamato a Washington, dove del resto avrebbe dovuto recarsi a dicembre in regolare congedo, nulla aveva in sé di straordinario ed il governo tedesco non aveva ad essa attribuito alcun particolare significato. Le affermazioni di Roosevelt invece resero necessaria una qualche reazione ufficiale tedesca e così egli venne immediatamente chiamato a conferire a Berlino da von Ribbentrop e lasciò senza indugio gli Stati Uniti. Sono note tutte le circostanze che ebbero ad accompagnare la sua partenza da New York e le interpretazioni date a quel richiamo dalla stampa americana.

L'ambasciatore ha poi aggiunto di essere nel complesso alquanto pessimista sulle possibilità di un miglioramento, almeno nei prossimi mesi, della situazione attuale. L'atteggiamento di Roosevelt, suggerito in gran parte da necessità elettorali e dall'opportunità di ingraziarsi al tempo stesso a mezzo di un suo irrigidimento antinazionalsocialista e antifascista e puritani e ebrei e cattolici, non lasciava sperare granché. Praticamente non si vede intàtti oggi quale sistema possa essere adoperato per modificare l'imperversante campagna americana scatenatasi contro gli Stati totalitari. In questo campo si sono dimostrate, negli Stati Uniti, di grande efficacia, oltre la stampa e la cinematografia, controllate la prima in gran parte, e la seconda totalitariamente da elementi israeliti, le quotidiane trasmissioni radiofoniche. Queste sono udite senza posa nei locali pubblici, nelle case private e persino nelle automobili, da milioni e milioni di Americani dell'Ovest e dell'Est, del Nord e del Sud, contribuiscono potentemente all'intensificazione della sistematica campagna di denigrazione a carattere particolarmente anti-hitleriano. Nei cinematografi, inoltre, non viene mai rappresentata nei giornali luminosi, alcuna scena relativa al Reich tedesco. E persino gli argomenti più innocui relativi alla Germania, dai quali esula qualsiasi accenno politico, sono boicottati letteralmente. Così, ad es., proprio in questi giorni, è apparso impossibile lanciare sul mercato americano, ad onta di tutti gli sforzi, il noto bellissimo film di Leni Riefensthal sulle Olimpiadi di Berlino del 1936. La regista si è recata personalmente a New York e a Hollywood ma nulla è stato dato concludere.

L'influenza israelita appare naturalmente avere grande peso in questa situazione, per quanto l'antisemitismo in America faccia grandi progressi. Su questo punto appare sintomatico ed in certo modo umoristico quanto avviene nei riguardi della immigrazione dalla Germania negli Stati Uniti. Occorre ricordare infatti che gli Stati Uniti, per conservare ali' immigrazione europea un carattere «sassone», avevano stabilito per la Germania una quota di 27.000 persone all'anno. Ora il Reich riempie oggi questi

27.000 posti con elementi israeliti che evidentemente poco hanno a che fare con quel carattere sassone. Da ciò grandi dolori e proteste da parte degli Americani, protettori ufficiali del Semitismo!

Ad una tale cattiva situazione le masse tedesche o americane di origine tedesca residenti negli Stati Uniti reagiscono molto debolmente. Esse, pur non rinnegando la Patria, vogliono innanzi tutto salvare i loro interessi e non appena vedono sorgere difficoltà nei loro rapporti normali di vita, si trincerano dietro il più assoluto assenteismo.

L'ambasciatore ha aggiunto in proposito di avere avuto più volte l'occasione di parlare di un simile atteggiamento con il nostro ambasciatore e di aver notato che in generale gli italiani, anche se anch'essi non eccessivamente, reagiscono meglio che non i tedeschi alla situazione che si è oggi creata negli Stati Uniti.

Venendo a parlare della situazione politica generale, Dieckhoff ha aggiunto che in nessun Paese la crisi dello scorso settembre, terminata praticamente a Monaco con la precisa sconfitta delle democrazie europee, è stata sentita quanto negli Stati Uniti. Tutti erano infatti colà convinti che a Monaco la Germania avrebbe finito per nettamente indietreggiare dinanzi alla coalizione franco-inglese «prima linea della resistenza democratica in Europa contro i Paesi autoritari». La disillusione quindi, allorché si è appreso che la Germania aveva ottenuto il cento per cento delle sue richieste, è stata molto grande. Ma ciò, per le manovre degli elementi coalizzati contro il fascismo ed il nazionalsocialismo si è risolto, in definitiva, in un aumento della campagna scatenata contro la Germania e l'Italia. Ed un tale stato d'animo è stato sfruttato anche dallo stesso Roosevelt allo scopo di ottenere l'approvazione popolare per l'aumento degli armamenti americani.

A tale proposito l'ambasciatore mi ha detto che la flotta americana è in ottime condizioni e che le forze aeree della Confederazione appaiono essere in perfetta efficienza, sia per bontà del materiale, sia per numero e valentia dei piloti. Sarebbe errore il tener poco conto di un apporto militare americano nel caso di una guerra generale.

Nei riguardi della situazione in Estremo Oriente gli Stati Uniti non hanno-ha aggiunto Dieckhoff-reagito come appariva lecito prevedere. Non si può certo dire che esiste attualmente in America un sentimento di vera ostilità contro il Giappone, al quale tutta l'industria americana vende oggi, contro i l pagamento di ottima seta, un'infinità di prodotti e persino di armi che necessitano oggi al Governo di Tokio per le sue grandi operazioni militari in Cina. Il boicottaggio che era stato preordinato ai danni del Giappone si è risolto in un grande fallimento a causa appunto delle vittoriose resistenze opposte da tutto il mondo industriale americano. E l'episodio del bombardamento nipponico delle cannoniere americane sullo Yang-Tsé-Kiang2 appare non aver lasciato traccia. In altre parole quindi un conflitto nel Pacifico non potrebbe scoppiare se non per iniziativa giapponese, perché gli americani non appaiono avere oggi assolutamente alcuna intenzione di muoversi.

L'ambasciatore Dieckhoft~ come ho sopra accennato, resterà in Germania nei prossimi mesi. Egli mi ha detto non essere esatta quella comunicazione apparsa su taluni giornali americani e europei secondo la quale il Dipartimento di Stato di Washington avrebbe annunciato ufficialmente che l'ambasciatore degli Stati Uniti a Berlino, Wilson, dopo due mesi di congedo sarebbe rientrato in Sede. Dalle parole di DieckhotT mi è parso anzi nel complesso di capire che l'allontanamento dei due ambasciatori, rispettivamente da Washington e da Berlino, potrebbe anche prolungarsi per tutti i mesi invernali.

543 1 Nella conferenza stampa del 15 novembre. Si veda sull'argomento il D. 459.

543 2 Riferimento all'«incidente del Panay» del dicembre 1937 (vedi serie ottava, vol. VIli, D. 736, nota 2).

544

L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TLLlSPR. 11404/2222. Washington. 13 dicembre /938 (pe1~ i/21).

L'atteggiamento americano di fronte alla situazione creata in Cina dalla guerra cino-giapponese si è andato sin dall'inizio ispirando ad una concezione formalistica e più giuridica che politica dei propri diritti e della loro difesa. Di qui un continuo riferirsi alle disposizioni dei trattati ed una voluminosa corrispondenza diplomatica: tutto questo unito ad un persistente richiamo alle formule tradizionali della politica americana in Oriente ed all'illusione ed al calcolo, forse, di una efficace resistenza cinese e che insormontabili difficoltà militari ed economiche avrebbero fermato il Giappone nella sua impresa.

Gli eventi della tarda estate e dell'autunno scorso hanno finito per spegnere molte di queste illusioni e far giungere al pettine molti nodi. Anche in questo campo, come in tanti altri, gli Stati Uniti hanno preferito farsi raggiungere dagli eventi anziché precorrer!i. Solo ora si accorgono di trovarsi in presenza di una situazione mutata, che non vogliono accettare e per cui intanto fanno registrare una ennesima protesta.

La nota degli Stati Uniti del 6 ottobre al Giappone l, pubblicata il 26 successivo, la risposta giapponese ultima del 18 novembre" affrontano il problema basilare dei rapporti americano-giapponesi di fronte alla Cina: la tradizionale formula della cosiddetta «open doon>, dell'eguale opportunità di commercio per tutti gli stranieri in Cina. Il Giappone, forte ormai della situazione militare e del controllo che esercita su gran parte del territorio cinese, pur negando in principio la esistenza di violazione della «open door», violazione che, se in quanto sussista, sarebbe poi di carattere transitorio legato con le necessità militari attuali, prospetta tuttavia la esistenza in Cina di una situazione nuova di cui non si può non tener conto.

Le dichiarazioni del Ministro Arita dell'8 corrente3 ispirate al principio della «Asia agli asiatici» e di una posizione preminente del Giappone in Asia, come della inapplicabilità dei vecchi trattati, hanno messo la situazione in termini anche più perentori e precisi.

Di qui le alte grida della stampa americana e le reazioni ufficiali che, sin dal ricevimento della nota giapponese del 19 novembre, dichiaravano la risposta giapponese assolutamente insoddisfacente. In tali termini la situazione è giunta ad un punto abba

544' Testo ibid., pp. 797-800. 544 1 Testo ihid., pp. 816-818.

stanza morto e non si vede, almeno per ora, quale possa essere il suo ulteriore sviluppo. Il Segretario di Stato è assente per la Conferenza di Lima e forse una iniziativa qualsiasi non potrà avvenire che ad anno nuovo.

In quale direzione?

La posizione americana di fronte alla Cina è del resto abbastanza singolare e costituisce una delle non poche contraddizioni in cui si avvolge la politica di questo Paese, che indulge da un lato in formule statiche ed astratte e dall'altro sembra perseguire scopi eminentemente pratici ed antitetici alle prime.

La Cina ne offre un luminoso esempio.

Così, a giudicare dall'interesse di stampa e di opinione per gli affari cinesi, si penserebbe a chi sa quali considerevoli interessi commerciali e finanziari americani in Cina. Le statistiche li rivelano modesti. La partecipazione americana al commercio cinese è !ungi dall'essere preminente. Anzi è, rispetto al complesso degli scambi americani, abbastanza trascurabile. È con il Giappone invece che gli scambi commerciali americani sono attivissimi e di molto notevole volume. Gli interessi americani in Cina sono piuttosto rappresentati da interessi ideali e culturali; missioni religiose protestanti, ospedali, scuole, qualche interesse ferroviario.

Piangono continuamente gli americani sulle stragi della guerra cinese e sulla barbarie giapponese, ma le statistiche denunziano che sono stati proprio gli americani a fornire ai giapponesi il materiale bellico e le materie prime per la condotta della guerra cinese. E se rifornimenti sono stati fatti alla Cina (ora cessati quasi interamente per il controllo marittimo dei porti cinesi esercitato dal Giappone), ciò è avvenuto su base prevalentemente commerciale, anche se facilitato da qualche transazione più complessa, connessa con la cosiddetta politica dell'argento.

Ma si ha qui l'impressione che anche vari punti della politica americana in Oriente sono stati in questi ultimi tempi revisionati. Così la cosiddetta politica di sicurezza americana nel Pacifico di fronte ad una ipotetica minaccia giapponese. Si continuano ad approntare basi e difese ma è subentrata la persuasione che il Giappone potrà al massimo giungere con le sue minacce alle Filippine, che la sua linea di espansione è già abbastanza occupata con mete prossime e remote in Asia per pensare a puntare oltre il Pacifico alla America. Ma queste stesse difficoltà tecniche hanno anche per converso persuaso ormai l'America della impossibilità di un suo intervento isolato anti-giapponese in Estremo Oriente, difficile tecnicamente e di rischio e costo sproporzionati alla sostanza dei presunti interessi da difendere.

Quali allora le possibilità?

Una prospettiva che ha sorriso in passato è stata la collaborazione anglo-americano ed eventualmente anglo-americana-francese in Estremo Oriente. Ma anche qui non pochi americani, gli americani del tipo isolazionista, hanno spesso denunziato che le passate collaborazioni anglo-americane in Estremo Oriente hanno sempre funzionato a tàvore del socio britannico e contro quello americano, non fosse altro per la differenza fondamentale degli interessi dei due soci in Cina: imponenti gli interessi britannici, commerciali; politici, militari, esigui quelli americani di carattere prevalentemente ideale.

Le possibilità di collaborazione anglo-americana in Oriente si presentano oggi con probabilità anche minori di successo. Valgono le obbiezioni di cui sopra con l'aggiunta di un elemento nuovo derivante dalla posizione attuale dell'impero britannico. Vi è la persuasione maturata sulla osservazione della politica britannica in questi ultimi anni che la Gran Bretagna oggi, forse diversamente domani, non avrebbe la forza sufficiente per affrontare in Estremo Oriente un conflitto, con il pericolo di trovarsi presa alla sprovvista in Europa. Sotto questo aspetto il triangolo Roma-Tokio-Berlino ha funzionato egregiamente.

Le recenti dichiarazioni fatte ai Comuni di Londra circa l'atteggiamento britannico di fronte alle ultime dichiarazioni giapponesi 4 , hanno certamente qui interessato e rianimato le speranze che una più ferma solidarietà delle Potenze occidentali induca il Giappone ad atteggiamenti meno intransigenti. Si coltiva anche la speranza, non nuova del resto, che il Giappone possa essere indotto a questo dal desiderio di ottenere la collaborazione tìnanziaria dell'Inghilterra e soprattutto dell' America.

Al Dipartimento di Stato si è mostrato su tutta la materia l 'usuale riserbo e mi è stato soltanto accennato che, pur non prevedendosi nessuna imminente risposta dall' America all'ultima nota giapponese, né potendomi comunicare nulla circa il contenuto del lungo colloquio avuto dali' Ambasciatore d'America, Sig. Grew, con il Ministro Arita giorni addietro\ gli Stati Uniti non sarebbero alieni dal giungere col Giappone e con altri tìrmatari del Trattato delle Nove Potenzé alla conclusione di un nuovo accordo. Ignoro però su quali basi e mi è stato solo indicato che nel Trattato delle Nove Potenze già è prevista la procedura della consultazione per qualsiasi nuova situazione.

Che si pensi ad una seconda contèrenza di Bruxelles 7?

Intanto si annunzia che il Sig. Grew, ambasciatore d'America a Tokio, è stato chiamato a conferire a Washington dal Presidente Rooscvelt per quell'esame d'insieme della situazione politica internazionale che è ora in corso e per cui il Presidente Roosevelt sta convocando per consultazioni personali i titolari delle più importanti ambasciate americane ali'estero.

Come ritèrito in altra sede, sono stati e sono qui ancora gli ambasciatori a Berlino, a Parigi, e a Roma; verrà a giorni l'ambasciatore Kennedy a Londra, è stato chiamato e giungerà più tardi l'ambasciatore a Tokio.

Senza anticipare alcuna netta previsione non è improbabile che come frutto di tale esame si consolidi una più accentuata attenzione dell'America verso i problemi americani in funzione soprattutto europea e germanica con minore pressione di interesse verso l'Estremo Oriente.

Certe recenti disposizioni di carattere militare navale sulla distribuzione delle flotte starebbe anche ad indicarlo.

544 1 Testo in FRUS. Japan 1931-1941, vol. I, pp. 785-790.

544 4 Il 6 dicembre, il sottosegretario agli Esteri, Butler, aveva dichiarato ai Comuni che il governo britannico considerava inaccettabile la creazione di un blocco politico-economico costituito da Giappone, Cina e Manciukuò, la cui formazione avrebbe avuto «ripercussioni incalcolabili», ed aveva poi ribadito che il governo britannico considerava la difesa degli interessi britannici in Cina come «un punto assolutamente fondamentale» della sua politica in Estremo Oriente.

544 5 Avvenuto 1'8 dicembre, per il quale si veda FRUS, Japan 1931-1941, vol. I, pp. 813-816.

544 6 Riferimento al Trattato di Washington del 6 febbraio 1922 (vedi D. 382, nota 3).

544 7 Riferimento alla conferenza degli Stati tìnnatari del Trattato delle Nove Potenze che si era tenuta a Bruxelles dal 3 al 24 novembre !937.

545

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATO 6428/260 R. Varsavia, 14 dicembre 1938, ore 23,26 (per. ore 3,50 del 15).

Mentre questo ministro degli Affari Esteri mi ha recentemente assicurato che egli metteva ogni cura perché i rapporti tra Polonia e Germania si svolgessero normali 1 , da una conversazione avuta oggi con questo ambasciatore di Germania ho riportato impressione che situazione dei rappotii stessi non sia scevra di difficoltà. Questi infatti, dopo avermi accennato ad un certo nervosismo polacco, sia per quanto si riferisce alla Ucraina che alla situazione di Memel, ha formulato delle lagnanze circa trattamento che ricevono in Polonia minoranze tedesche compresa quella dell'Oltre Olza.

Questo ambasciatore di Germania, che si riprometteva di vedere in ogni caso questo ministro degli Affari Esteri, partirà per Berlino questa sera malgrado l'arrivo a Yarsavia del ministro della Giustizia, Frank, preannunziato per domani.

Ho domandato poi a Moltke quali fossero le vere intenzioni della Germania su Memel. Egli ha risposto che non vi era niente di più di quello che si vedeva in superficie, aggiungendo subito dopo «questo almeno per il momento».

Intonazione, però, delle sue parole è stata tale da far nascere dubbio che in tempo meno lungo di quanto non si creda situazione di Memel possa subire importante modifica. Il che certamente non mancherebbe di avere qualche ripercussione anche sui rapporti polacchi-tedeschi.

546

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6452/099 R. Belgrado, 14 dicembre 1938 (per. i/16).

Con te l espresso di pari data 1 riferisco a Vostra Eccellenza circa i risultati della votazione di domenica scorsa, che, malgrado la vittoria-di cui sono del resto tuttora discusse le cifre-appaiono tali da non poter essere considerati da Stojadinovié senza

qualche perplessità. In ispecie perché è stato dimostrato il pericoloso errore che il Presidente ha commesso nel non curare personalmente l'organizzazione del suo partito nella fase di preparazione della lotta elettorale. I ditètti di tale organizzazione, che ora Stojadinovié rimprovera aspramente al Segretario del Partito J.R.Z., Djura Jankovié, sono stati tali che per citare un solo esempio, -menzionatomi da Protié -sono mancati circa 7000 voti nella sola Belgrado, in gran parte d'impiegati statali, per il solo fàtto della non curata iscrizione nelle liste di tali elettori radicali. Koroseé ha tenuto una condotta di qualche ambiguità, limitandosi ad occuparsi dei suoi sloveni e, malgrado i duri argomenti di cui può e quando vuole sa disporre, lasciando che, in ispecie sul Litorale, la coalizione avversaria spadroneggiasse ed intimidisse a suo beneplacito, escludendo perfino dalle sedi delle votazioni, i rappresentanti del pmiito governativo. La sorpresa grave è stata, poi, l'azione personalistica e assai poco illuminata spiegata da Spaho in Bosnia ed in Erzegovina, ove è riuscito a rinfocolare, colla collaborazione del fratello Ras-ul-ulema, vecchie insofferenze ed inimicizie che hanno rivoltato contro Stojadinovié perfino gli ortodossi. Altra sorpresa è il contributo notevolissimo, essenziale, dato alla lista di Stojadinovié dagli albanesi, che hanno affiancato, con perfetta disciplina, la minoranza tedesca e gran parte di quella ungherese. In sostanza, il Presidente ha arrischiato una lotta che si presentava durissima, specie dopo le vicende concordatarie dell'anno scorso 2 , con un embrione di partito, lasciando ottimisticamente agire per loro conto i suoi colleghi, senza concentrare poteri e direttive col rigore che le circostanze esigevano. Quello che è peggio è che la lotta ha lasciato assolutamente integro e saldo lo schieramento croato, contro cui essa era in linea principale diretta, e ciò non può che presentare delle incognite di gravità anche maggiore che per il passato. Stojadinovié ha, peraltro, ora ciò che non ha avuto prima: un partito proprio, anche se non in piena efficienza ed una sicura maggioranza alla Skupcina. Dalle risoluzioni che egli prenderà nei prossimi giorni, prima di lasciar consolidare il dannoso stato d'animo e le posizioni postelettorali, molto dipenderà dell'avvenire del suo regime e degli stessi sviluppi della situazione complessiva del Paese.

545 1 VediD.515.

546 1 Telespresso 7360/1889 del 14 dicembre. Nella sua analisi, il ministro Indelli osservava che, grazie al premio di maggioranza tìssato dalla legge elettorale a tàvore di quella lista che avesse raggiunto il 51%, la posizione parlamentare del governo sarebbe rimasta intatta con i suoi 304 seggi contro i 67 del Partito croato dei contadini ma che Macek aveva ottenuto, con il 40% dei voti, un tale successo da «ricondurre in primo piano sulla scena politica del Paese il problema croato nei suoi termini più crudi: Stato federale o Stato unitario». Le trattative che sarebbe seguite tra le due parti-concludeva il ministro lndellinon sembravano avere probabilità di successo perché le posizioni erano inconciliabili e lo stesso Stojadinovié aveva dichiarato pubblicamente che il federalismo sarebbe stato «il suicidio dello Stato»: Il problema croato sembrava presentarsi con gli stessi caratteri di vent'anni prima ed era da ritenere che sarebbe stato all'origine di altre crisi acute.

547

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVATO 6461/0212 R. Berlino, 14 dicembre 1938 (pe1: il 17).

Il ministro von Ribbentrop mi ha espresso la sua disillusione sull'andamento della guerra in Spagna. «Siamo-ha aggiunto-al terzo inverno e non si vede nulla di preciso nei piani di azione militare del generale Franco. Noi abbiamo continuato

ad inviare aiuti ma non possiamo nasconderei che non siamo affatto soddistàtti del come vanno le cose».

Parlando, poi, dei suoi colloqui di Parigi con il signor Bonnet 1 , il ministro mi ha confermato come il suo interlocutore abbia insistito sulla possibilità di un allontanamento di Negrin dai gruppi estremisti e della conseguente eventualità che si possa giungere in !spagna ad una soluzione di carattere intermedio. Von Ribbentrop ebbe a rispondere a Bonnet che egli non vedeva nella questione stessa alcuna possibilità di compromessi dato che le vittime in !spagna, a causa della violenza bolscevica, sono state troppe e che il popolo spagnolo non intende tornare a formule equivoche capaci di ricondurlo in pochi anni alla tragica situazione attuale.

546 2 Riferimento alle tensioni che nell'estate 1937 si erano manifestate in Jugoslavia in seguito alla presentazione per la ratitìca del Concordato con la Santa Sede che era stato sottoscritto nel luglio 1935 dal governo Jevtié. In proposito si veda serie ottava, vol. VII. D. l 05.

548

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 8895/2656. Berlino, l 4 dicembre 1938 (per. il 17).

Le elezioni del territorio di Memel di domenica scorsa sono state qui seguite, come ho comunicato col mio telegramma n. 584 del 12 u.s. 1 , con attenzione vivissima e le notizie ad esse relative hanno trovato il posto d'onore nella stampa tedesca di questi giorni.

La nuova affermazione popolare di carattere «tedesco» che si va confermando a mano a mano che i risultati del voto divengono noti ha suscitato in tutto il Reich grande soddisfazione ed è stata presentata come una vittoria del Germanesimo che si trova oltre le frontiere politiche della Nazione.

L'organizzazione di quelle elezioni si è rivelata in tutto identica a quella che abbiamo visto in uso per i plebisciti avvenuti in questi ultimi tempi nelle nuove terre del Reich: controllo perfetto sugli elettori, a mezzo di distintivi speciali da portarsi all'occhiello, composizione di squadre destinate ad accompagnare gli infermi nelle sale di voto, organizzazione delle votazioni negli ospedali, ccc. Il risultato pratico è stato che la percentuale dei votanti sugli iscritti è stata, come al solito, enorme, raggiungendo una media di oltre il 95%.

Le elezioni non hanno dato luogo, come è noto, ad alcun grave incidente se si eccettua la bastonatura inferta ad un giornalista americano che, secondo la tesi germanica, avrebbe pronunciato parole offensive all'indirizzo di gruppi di tedeschi.

All'estero, invece, la votazione e soprattutto le informazioni relative alla possibilità di un mutamento immediato nelle condizioni dello Statuto di Memel, hanno dato luogo a molte voci e informazioni di carattere allarmistico. E si è giunti a dire che un colpo di mano tedesco su Memel appariva imminente e sicuro.

Conseguenza di un tale stato di nervosismo è stata una visita che questo ambasciatore di Francia, signor Coulondre, e questo incaricato d'Affari britannico, sir George Ogilvie-Forbes, hanno tàtto nella giornata dell'altro ieri alla Wilhelmstrasse dove sono stati ricevuti dal Sottosegretario di Stato Woerman ed al quale hanno fatto presente l'interesse che Francia e Inghilterra, ambedue firmatarie dello Statuto di Memel, pongono alla conservazione, in certo modo, dello staus qua. I due diplomatici hanno offerto così alla Germania di iniziare senz'altro consultazioni allo scopo di prevenire disordini o turbamenti nella zona di Memel.

Il Sottosegretario di Stato Woennann, come mi ha comunicato lo stesso ministro von Ribbentrop c come ho telegratàto aii'E.V. con il mio telegramma n. 5871 , si è limitato a rispondere semplicemente che le elezioni si erano svolte con tale ordine e con tale disciplina da far ritenere assolutamente inutili quelle proposte consultazioni.

La visita del signor Coulondre e di sir George Ogilvie-Forbes alla Wilhelmstrasse ha fatto però nascere la voce di un vero e proprio «passo» franco-inglese a Berlino sulla questione di Memel.

I tedeschi si affrettarono nella giornata di ieri a smentire subito e recisamente, con un comunicato del Deutsches Nachrichten Bureau destinato solamente ad essere pubblicato ali'estero, l'esistenza di un tale passo, affermando che la visita dei due diplomatici era stata unicamente una Routine-Besuch (visita di ordinaria amministrazione).

Ma in seguito, dato che effettivamente i due rappresentanti di Francia e di Inghilterra avevano parlato proprio di Memel, il Ministro von Ribbentrop diede ieri sera, in mia presenza, ordine che quel comunicato venisse a sua volta corretto. Il risultato è stato che oggi il Deutsches Nachrichten Bureau ha pubblicato una seconda notizia, che qui testualmente trascrivo:

«il contenuto della nostra informazione di ieri n. 108 da Berlino circa informazioni straniere relative a una pretesa visita dell'Ambasciatore francese c d eli' incaricato d' Aftàri inglese al Ministro degli Affàri Esteri del Reich era esatto in quanto informava che una tale visita era stata fatta solamente al Sottosegretario di Stato Woermann, ma è d'altra parte stato erroneamente interpretato nel senso che in questa visita non era stata toccata la questione di Memel. La questione di Memel è stata naturalmente, come è noto, oggetto di discussione nel corso della visita dell' Ambasciatore francese e dell'Incaricato d'Affari inglese al Ministero degli Aftàri Esteri del Reich».

La cosa ad ogni modo non ha avuto, ripeto, alcun seguito e la proposta avanzata dai due diplomatici è stata senz'altro, come ho sopra accennato, lasciata cadere 3•

547 1 In occasione della tìrma, il 6 dicembre, della dichiarazione franco-tedesca (vedi D. 514, nota l). 548 1 T. 6378/584 R. del 12 dicembre, non pubblicato. Il suo contenuto è qui indicato.

548 2 T. 6407/587 R. del 13 dicembre, non pubblicato, che riferiva sull'argomento in questi stessi termini.

548 3 Il documento ha il visto di Mussolini.

549

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 8898/2659. Berlino, 14 dicembre 1938 (per. i/17).

Come ho informato I'E.V. con il mio telegramma n. 589 1 , ho fatto personalmente al ministro degli Affari Esteri, von Ribbentrop, la comunicazione contenuta nel telegramma deii'E.V. n. 461 del 12 u.s.2 , relativa al nostro atteggiamento nell'attuale fase dei rapporti franco-italiani.

Von Ribbentrop, nel prendere nota della comunicazione, ha assicurato che non avrebbe mancato di portarla senza indugio a conoscenza del Cancelliere Hitler e mi ha chiesto alcuni schiarimenti e dettagli particolarmente sulla questione di Tunisi e circa il punto italiano nei confronti del Canale di Suez e della Somalia francese.

Mi ha poi ripetuto quanto aveva già accennato a S.E. l'ambasciatore Attolico (rapporto della R. Ambasciata n. 8703/2601 del 9 u.s.3) circa la conversazione da lui avuta a Parigi con il signor Bonnet nei riguardi della situazione franco-italiana. In quella conversazione, come è noto, Bonnet nei confronti di T uni si si era mostrato particolarmente intransigente. Il problema però -ha aggiunto von Ribbentrop -è ora aperto e, anche se per qualche tempo dovrà rimanere in sordina, non cadrà certo dall'animo del Popolo italiano.

Quanto alla seconda parte della comunicazione deii'E.V. relativa all'intenzione del R. Governo di interporre eventualmente i suoi buoni uffici, se richiesto da Berlino, nel campo delle relazioni anglo-tedesche e ciò in occasione della prossima visita a Roma di Chamberlain e Halifax, von Ribbentrop si è espresso testualmente così: «Ringrazio della comunicazione e mi riservo di farVi sapere qualche cosa in proposito. Devo dirVi però subito che le relazioni tra la Germania e l'Inghilterra sono oggi indubbiamente cattive e non credo che si vada verso un miglioramento4».

550

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE. Berlino, 14 dicembre 1938 (per. i/17).

Scrivo in via ufficiale al Ministero nei riguardi del cosidetto «passo» anglo-francese presso la Wilhelmstrasse, avvenuto l'altro ieri sulla questione di Memel 1•

549 è Vedi D. 537.

549 ~ Il documento ha il visto di Mussolini.

Aggiungo che il Ministro von Ribbentrop desidera fare a Te conoscere, per Tua personale e riservata informazione: l) che la Francia e l'Inghilterra non hanno niente a che vedere con Memel, 2) che lo statuto attuale di Memel non va più 2•

549 1 T. s.n.d. 6405/589 R. del 13 dicembre. Comunicava di aver fatto il passo prescrittogli e preannunciava l'invio di questo telespresso.

549 1 Vedi D. 522.

550 1 Vedi D. 548.

551

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4983/2012. Mosca. 14 dicembre 1938 (pa il 21).

Ho l'onore di trasmettere a V.E. un ritaglio del Journal de Moscou contenente l'editoriale dal titolo «Tensione in Europa» già riassunto in telegramma Stefani Speciale n. 147 di ieri.

Nell'articolo suddetto, l'organo di questo Commissariato degli Esteri comincia con l'esprimere la sua sorpresa ed il suo scettismo sulla recente dichiarazione francotedesca1 che !ungi dall'essere una promessa di pace non farà che accelerare lo sviluppo della seconda guerra imperialista. L'articolista si rifiuta di analizzare dettagliatamente la dichiarazione franco-tedesca che non contiene, nemmeno sulla carta, la garanzia delle frontiere e nessun impegno di non aggressione. Tutto ciò, dice, è calcolato: la Germania, per considerazioni tattiche, ha creduto utile riconoscere le frontiere francesi attuali, ma non vuole garantirne l'intangibilità, desiderando lasciare le mani libere al suo compagno italiano che agisce secondo le sue direttive.

L'articolo continua: alla vigilia del viaggio Ribbentrop a Parigi, le manifèstazioni antifrancesi di Roma hanno rivelato con la più grande franchezza le intenzioni italiane. I circoli ufficiali tedeschi aggiungono che l'Italia si prepara alla guerra e che la Germania ha intenzione di sostenerla, non fosse altro che per «localizzare» il futuro conflitto franco-italiano. Isolata in tal modo la Francia, la Germania conta forzarla a cedere a tutte le esigenze dell'Italia-esigenze di cui si è stabilito il parallelismo da parte italiana fra la questione cecoslovacca e la questione tunisina-ed in seguito a costringerla a nuove concessioni. Evidentemente Hitler non violerà l'intangibilità delle frontiere tì·ancesi che «rispetta», ma cercherà di arrivare ai suoi scopi organizzando un movimento autonomista in Alsazia-Lorena sul modello Henlein.

L'editoriale continua dicendo che gli «aggressori» contano ottenere ora la Spagna come anticipo sulle conquiste avvenire. Ciò sarà facilitato dall'Inghilterra. È chiaro che nelle trattative di Parigi 2 Chamberlain ha tentato di ottenere dalla Francia il

55 l 1 Del 6 dicembre. Vedi D. 507, nota l. 551 2 Riferimento ai colloqui franco-britannici del 24 novembre. Vedi D. 462.

riconoscimento della belligeranza di Franco. Il tentativo non è stato coronato da successo. Ma Chamberlain si propone di insistere e continuare i suoi sforzi nelle sue trattative di Roma del prossimo gennaio. Disgraziatamente in ognuna di queste visite il Premier non cerca di ottenere, ma di concedere qualche cosa. Come a Monaco Chamberlain ha ceduto la Cecoslovacchia alla Germania, si propone ora di consegnare la Spagna agli Stati fascisti. In tal modo il ricatto italiano sulla Tunisia e sulla Corsica e la «promessa» tedesca di rispetto della frontiera, saranno contraccambiate dalla Francia con concessioni in Spagna tàcilmente presentabili come un «gesto di pace» secondo la formula di Monaco.

L'articolo continua affermando che nessun voto di Parlamento può nascondere l'opposizione sempre crescente alla politica di Monaco tanto in Inghilterra che in Francia. Anche alla conferenza panamericana il discorso di Corde!! Hull ha rilevato che gli S.U. si rendono perfettamente conto dei pericoli che minacciano il continente americano.

Con una breve frase di apprezzamento per il gesto della Polonia di rinforzare tutti i suoi impegni con l'U.R.S.S. ed una lunga tirata a favore della Turchia-che per bocca del suo nuovo Ministro degli Esteri ha affermato che l'amicizia sovieticoturca non è una finzione politica ma una vivente realtà-l'articolo conclude dicendo che tutte le forze della pace si rivolgono oggi naturalmente verso l'U.R.S.S. che difende invariabilmente la causa della pace.

Ho tenuto a riassumere largamente quest'articolo editoriale del Journal de Moscou-articolo evidentemente scritto al Narkomindiel-perché ritengo che, nella sua tendenziosità nell'interpretare gli ultimi avvenimenti europei, esso tradisce le due grandi preoccupazioni che in questo momento predominano la politica estera di questo Paese.

In primo luogo, è evidente la preoccupazione ed il malumore di questo Commissariato per gli Affari Esteri per l'assenza, sempre più accentuata dopo Monaco di Baviera, dell'U.R.S.S. dalle grandi trattative europee: ciò si rileva nell'aspra critica, ripetuta in ogni occasione, degli accordi di Monaco, e nell'odierna svalutazione della Dichiarazione franco-tedesca di Parigi che potrebbe contenere in embrione un nuovo orientamento della politica estera francese.

In secondo luogo, è chiara la preoccupazione che la Spagna Rossa possa far le spese e venir sacrificata dalle Potenze europee in un eventuale accordo transatti va tipo Monaco di Baviera.

Chamberlain, ritenuto il maggiore responsabile della capitolazione di Monaco, non è risparmiato. Egli anzi è l'unico uomo politico menzionato e severamente censurato nell'articolo. Occorre rilevare la sfumatura: soprattutto se si consideri che manifestazioni giornalistiche del genere, in questo Paese ove i contatti personali e la raccolta di notizie sono stati da tempo inesorabilmente soppressi, hanno un valore ed un carattere di indiscussa ufficialità.

Il vero timore del Governo sovietico è oggi di dover fronteggiare, da solo, le manovre espansionistiche tedesche verso l'est (vedi citazione riportata di un vecchio articolo della Frankfurter Zeitung) senza poter contare sull'appoggio delle Potenze Occidentali. Non restava quindi al commentatore del Narkomindiel che mettere in forte rilievo le magre realizzazioni di questi ultimi tempi e cioè il rinnovato accordo paiono-sovietico e le dichiarazioni del nuovo Ministro degli Affari Esteri turco.

Scartata dai grandi avvenimenti europei l'U.R.S.S. non può oggi che valorizzare le sue relazioni con gli Stati finitimi consolandosi con il proclamare di essere la vera e grande amica della pace.

550 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

552

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 11071/5825. Parigi, 14 dicembre 1938 (per. il 16).

La dichiarazione fatta da Chamberlain ai Comuni lunedì scorso 1 , a termini della quale il Primo Ministro britannico confermava che nessun trattato o clausole di trattato impegna l'Inghilterra ad appoggiare militarmente la Francia in caso di conflitto con l'Italia, ha provocato qui malumore e sorpresa evidenti.

La stampa pone in conseguenza oggi in particolare rilievo la frase del discorso pronunciato ieri da Chamberlain all'associazione della stampa estera2 : «Le nostre relazioni con la Francia sono così strette che sorpassano i semplici impegni giuridici in quanto sono fondate nell'identità degli interessi reciproci».

Ministro Esteri Bonnet si è comunque reso ieri interprete presso questo Ambasciatore di Inghilterra, sia dell'impressione suscitata presso quest'opinione pubblica della prima dichiarazione di Chamberlain, sia delle interpretazioni «tendenziose» datene dalla stampa italiana.

Nel colloquio Bonnet-Phipps l'Agenzia Reuter ha diramato il seguente comunicato che l'Havas ha riprodotto per intero:

«Nessun comunicato ufficiale è stato pubblicato al termine del colloquio. Negli ambienti politici parigini si ritiene tuttavia che la questione della Tunisia sia stata abbordata alla luce delle risposte date da Chamberlain alle interrogazioni rivoltegli lunedì scorso alla Camera dei Comuni. Non si è mai dubitato qui della sicurezza della cooperazione britannica, avendo Chamberlain dichiarato che le pretese italiane sulla Tunisia potrebbero costituire un'infrazione al patto anglo-italiano, che prevede,

Il 14 dicembre, Chamberlain dichiarava poi, sempre in risposta a delle interrogazioni, che il rispetto dello status quo nel Mediterraneo consacrato nell'accordo anglo-italiano si riferiva certamente anche a Tunisi.

fra l'altro, il mantenimento dello statu-quo nel Mediterraneo. Si ha ragione di pensaare che l'Ambasciatore Phipps ha detto al Ministro Bonnet che la risposta Chamberlain significa che quantunque la Gran Bretagna non sia legata da alcun documento scritto, essa tuttavia comprende i suoi interessi ed è per Londra, ad esempio, di vitale importanza che Biserta non cambi di mano, creando così un eventuale pericoloso passaggio fra quel porto e Pantelleria».

552 1 Nella seduta del 12 dicembre ai Comuni, Chamberlain -rispondendo ad alcune interrogazioni -aveva ribadito che non vi era alcun trattato che impegnasse la Gran Bretagna a portare aiuto alla Francia qualora essa fosse stata aggredita dall'Italia ma aveva aggiunto che il governo britannico non aveva mancato di far presente a Roma che le rivendicazioni italiane producevano «un eftètto molto sfavorevole sulle prospettive di collaborazione fra le quattro Potenze di Monaco». Il testo delle dichiarazioni di Chamberlain è in Relazioni Internazionali, p. 876-877.

552 2 Testo in Relazioni fnterna::ionali, pp. 877-878.

553

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. Il 083/5833. Parigi, 14 dicembre 1938 1•

V.E. è stata ampiamente informata delle ripercussioni e delle reazioni della stampa francese nei riguardi delle recenti manifestazioni italiane per la soluzione delle questioni pendenti fra noi e la Francia.

Ma poiché la stampa, in Francia come altrove comincia a perdere di importanza per le infinite manipolazioni cui va soggetta e per i disparati e contrastanti interessi cui serve, credo utile aggiungere qualche impressione personale, sebbene il brevissimo tempo trascorso dal mio arrivo a Parigi non mi autorizzi ad esprimere giudizi sicuri su di un Paese dal quale sono rimasto tanto tempo lontano.

La manifestazione avvenuta alla Camera Fascista2 giunse come un fulmine a ciel sereno nel momento in cui la pacifica borghesia francese era convinta di aver raggiunte finalmente le soglie di un'era di tranquillità. Sciolti a Monaco i pericolosi legami della politica francese con le questioni dell'Europa orientale, assopita per il momento l'attività bellica spagnola, placate temporaneamente o almeno ridotte le ire dell'estremismo guerrafondaio, riprese le relazioni diplomatiche con l'Italia, fiaccata la minaccia dello sciopero generale, la vita qui ricominciava a tingersi di color di rosa: colore grato non solo a quelli che desideravano godersi una comoda esistenza, ma anche e soprattutto a quelli ai quali la calma ritornata doveva dar modo di dedicarsi al risanamento finanziario ed alla ripresa dell'opera di riarmo morale e militare del Paese.

Le manifestazioni italiane hanno invece dato un brusco colpo a tutti gli ambienti francesi e li hanno irritati tutti senza distinzione: i pacifici borghesi come i politicanti attivi, coloro che volevano riprendere le manifestazioni di amicizia italo-francese a base di banchetti e di luoghi comuni, come coloro che cercavano di circoscrivere nel campo ideologico la loro ostilità contro di noi mostrandosi invece amici di un'Italia astratta e concepita a loro gusto.

Anche quelli che le nostre manifestazioni hanno in sostanza confermati nella loro avversione ad una politica di pacificazione europea, anche quelli che ci sono seriamente e fondamentalmente avversi (per rispettabili ragioni di legittima difesa) cioè i militari sono rimasti in fondo disturbati ed irritati poiché non pensavano che noi avremmo posto subito sul tappeto le nostre più vaste ed importanti questioni nazionali.

Sorpresa generale dunque e dolorosa per tutti, ma strana sorpresa che conferma ancora una volta come questo popolo indubbiamente intelligente manchi di giusto senso politico. Come era possibile credere che l'Italia fascista, conquistate le sue nuove posizioni africane e mediterranee, si astenesse bruscamente dal dare il loro seguito naturale ai problemi che di queste nuove posizioni non sono soltanto la logica, ma la obbligatoria conseguenza?

Eppure qui in Francia tale era l'illusione.

La reazione verificatasi non ha dunque obbedito soltanto ad una parola d'ordine del Governo, ma essa è stata spontanea e torte in tutti gli ambienti, tanto più vivace quanto maggiore era stata prima l'illusione e quanto più inaspettato il richiamo alla realtà.

Non è stato semplicemente il desiderio del Gabinetto Daladier di approfittare delle manifestazioni italiane per cercare di consolidarsi nel Paese, se non nel Parlamento, su di una base di politica estera (così come aveva riunito su di sé maggiori compensi per l'insuccesso dello sciopero generale) non è stato, in altri termini, un riscaldamento a freddo quello che si è verificato nell'opinione francese, ma è stata una spontanea reazione che si è determinata in tutti gli ambienti nessuno escluso.

Ma se la conseguenza di ciò è stata la formazione di una unanimità contro di noi nell'opinione pubblica-unanimità che sempre e dovunque si determina quando si comincia a far balenare l'ombra di un pericolo nazionale-l'aver richiamato l'attenzione del pubblico sull'esistenza di certi problemi dovrebbe poter servire come punto di partenza non solo di eventuali negoziati. ma di nuovi rapporti politici fra i due Paesi.

Qui in Francia infatti era più o meno di dominio pubblico che occorreva trattare ancora con l'Italia per Gibuti e per il canale di Suez. Anche gli ignoranti sapevano che il problema dello sbocco a mare dell'Etiopia, è stato da noi ereditato giacché l' Abissinia del Negus ha sempre sentito la necessità di affacciarsi al Mar Rosso. A maggior ragione deve sentirla ora un'Etiopia appartenente all'Italia, e che l'Italia intende portare al massimo grado di civiltà. Se prima l'Abissinia era unita a Gibuti da un cordone ombelicale attraverso il quale si nutriva di un poco di civiltà, ora è e sarà sempre più la massa etiopica che peserà su Gibuti con irresistibile forza. Quali potrebbero essere però i tempi ed i limiti di tale pressione il pubblico francese lo ignorava e lo ignora, ed ancora oggi non sa se noi intendiamo avanzare subito la pretesa di un dominio territoriale o ammettiamo di riconoscere l'importanza di Gibuti come scalo francese sulla via delle Indie e di Madagascar o se possiamo accontentarci in un primo tempo solo di un accordo per la ferrovia e per l'uso del porto. Ora i francesi credono nella loro maggioranza che noi puntiamo sul dominio territoriale e sarà bene tener! i in tale opinione.

Circa Suez si tratterà soltanto di far uscire la questione dal terreno finanziario ove i francesi vorrebbero farla restare per portarla sul terreno politico.

Ma dove si ha qui l'aria di cadere dalle nuvole è per quanto riguarda l'affermazione nostra che gli accordi Lavai del 1935 sono da considerarsi decaduti. l francesi nella loro enorme maggioranza, ivi compresa la poca gente che conosce le questioni politiche, credevano nella più perfetta buona fede che la questione della nazionalità degli italiani di Tunisia fosse oramai definitivamente regolata. Nessuno in Francia ha mai accettato la tesi che la contropartita dell'abbandono per parte nostra delle convenzioni del 1896 3 fu il consenso di Lavai a darci mano libera in Etiopia. Strano a dirsi, nessuno si è mai domandato qui perché se noi non avessimo avuto in realtà lo scopo di fare accettare dalla Francia il nostro dominio in Etiopia avremmo dovuto cedere nel 1935 sulla questione della nazionalità italiana in Tunisia. Si credeva forse che l'avessimo fatto per guadagnare qualche chilometro quadrato di deserto in più dalla parte del Tibesti? Ma allora ci sarebbe da domandare ai francesi perché l'Italia non addivenne nel 1929 allo stesso accordo. Il giornale i'Ordre accusa me personalmente di aver sabotato (sic) a quell'epoca i tentativi dell'ambasciatore Beaumarchais, ma dimentica di aggiungere che la vera ragione per cui non accettammo allora le proposte francesi fu perché esse non avevano nessuna contropartita politica, mentre nel 1935 ne avevano sì una e molto importante: quella delle mani libere all'Italia in Abissinia.

Stando così le cose, è difficile far comprendere al pubblico francese le conseguenze che noi vogliamo trarre dal fatto che la Francia non tenne i suoi impegni ci ostacolò con le sanzioni e rese praticamente inoperanti gli accordi Lavai.

Ma se il ragionare in questi termini non produce qui alcun effetto, bisogna pur riconoscere che in sostanza questi nostri argomenti sono buoni soltanto per le discussioni sui giornali e intorno ai tavoli diplomatici. La verità è che la Tunisia non è per noi questione di irredentismo, né di priorità storiche, né di trattati, ma questione strategica mediterranea, questione navale determinata oltre tutto dal canale Sicilia-Tunisi la cui poca profondità consente lo sbarramento e dal cambiamento radicale che l 'aviazione ha portato in tutta l'organizzazione della difesa militare nel Mediterraneo.

Tutto ciò gli esponenti militari francesi lo sanno quanto noi e non è stata certo la manifestazione avvenuta alla Camera Fascista che ne ha risvegliate le diffidenze ed i sospetti. Ma il grosso pubblico se ne rendeva poco conto e forse comincerà ora ad accorgersi che i rapporti con l'Italia non possono essere fondati sulle chiacchiere e sulle pretese affinità razziali, ma debbono poggiare sulla fredda considerazione se non sulla risoluzione di alcune basilari questioni mediterranee come Tunisi ed anche come la Corsica per cui mutatis mutandis valgono gli stessi argomenti militari.

Solo, poiché è costume francese di preoccuparsi della sicurezza della Francia senza nemmeno pensare che altri debba preoccuparsi, con altrettanto diritto all'esistenza, della propria sicurezza, è da aspettarsi che per molto tempo ancora qui continuino a stupirsi che l'Italia possa per lo meno desiderare di sopprimere due basi dirette contro di essa come la Tunisia e la Corsica, e che questo desiderio sia legittimo, altrettanto legittimo quanto quello della Francia di conservarla.

Mi sembra però che sia utile considerare da parte nostra (anche allo scopo di fare penetrare più profondamente di ciò che fino ad oggi sia penetrato nelle masse italiane l'intelligenza dei punti estremi di difesa della Patria) l'opportunità di insistere nell'esposizione della nostra tesi sul pericolo che rappresentano per la nostra vita mediterranea la Tunisia e la Corsica in mano di una Francia nemica, più che indugiarsi su

degli argomenti di assai meno fondato valore politico quali sono quelli a base di irredentismo e di nazionalità. Tanto in Francia chi doveva capire ha capito da tempo l'antifona. E coloro che non l'hanno capita troveranno forse più giusta una tesi basata sulla sacrosanta aspirazione di un popolo alla sicurezza nazionale che non sulle sabbie mobili dell'italianità tunisina, per non parlare ahimè dell'italianità corsa!

Un argomento giuridico però che non ho visto sufficientemente esposto anzi mi sembra sia stato trascurato dalla stampa italiana, è quello risultante dall'incontestabile fatto che la Tunisia internazionale non è, né colonia. né tanto meno territorio francese. ma soltanto protettorato. È cosa assai discussa (ed in genere risolta in senso negativo) se il protettore possa legiferare nello Stato protetto equiparando la condizione degli stranieri residenti nel protettorato a quella degli stranieri residenti nella metropoli. Ad ogni modo la realtà è che la Francia non ha osato fino al 1935, né abolire il protettorato (malgrado l'occasione favorevole che le poté essere offerta in occasione del trattato di Versaglia), né abrogare unilateralmente e definitivamente-pur avendole denunziate-le convenzioni del '96, ma ha dovuto sempre ricercare il nostro consenso al mutamento di uno stato di diritto quale è quello esistente in Tunisia, consenso che non ebbe fino al 1935 e che noi ora abbiamo ragione di considerare decaduto. La mancanza di una chiara esposizione da parte nostra di questa solidissima argomentazione giuridica ha fatto sì che anche persone cui si attribuisce una certa infarinatura di scienza politica in Francia abbiano potuto esporre nei giornali la tesi della possibilità di abolizione delle convenzioni del '96 sia o non sia da noi riconosciuto valido l'accordo Lavai del '35.

Per ritornare ora alle impressioni destate in Francia dall'aver noi sollevate le nostre rivendicazioni in un momento in cui pareva che esse non avrebbero dovuto uscire dali' ambito delle Cancellerie, aggiungerò che la notizia dei passi fatti dali' Inghilterra a Roma nonché il viaggio del Sig. Ribbentrop a Parigi non sono stati certo favorevoli all'impostazione della nostra tesi.

Mi duole dire a V.E. che il pubblico francese è rimasto unanimemente irritato e scosso, come già ho avuto l'onore di esporre, ma allo stesso tempo non mi sembra sia rimasto persuaso di tre cose indispensabili a mostrargli in tutta la loro importanza le nostre rivendicazioni ed a condurle a pratici risultati:

0 ) che il popolo italiano senta veramente e fortemente minacciata la propria sicurezza e la propria esistenza mediterranea dal possesso francese della Tunisia e della Corsica;

2°) che l'Inghilterra possa un giorno considerare il cambiamento dello statu qua mediterraneo in senso a noi più favorevole;

3°) che la Germania sia veramente intenzionata di spingere fino alle ultime conseguenze il suo appoggio all'Italia per ottenere un tale mutamento.

Le dichiarazioni dell'Inghilterra per bocca di Chamberlain4 pur non essendo state considerate soddisfacenti al l 00 per l 00 per la Francia non lasciano tuttavia dubbio sull'intervento politico inglese nella risoluzione delle questioni mediterranee che ci preoccupano.

D'altra parte, qui si comprende che il funzionamento dell'asse Roma-Berlino a nostro favore è più difficile che quello a favore della Germania giacché le questioni che interessano Berlino non hanno mai toccato direttamente il territorio francese ed ora più che mai si esercitano lontane dalla Francia, mentre tutte le questioni che interessano noi debbono essere tagliate nel vivo della carne francese.

Perciò le recenti manifestazioni italiane, malgrado il chiasso della stampa e l'irritazione generale qui provocata, sono rimaste tuttavia in superficie sul terreno dei rapporti italo-francesi. Le vertenze relative a Gibuti ed a Suez potranno non difficilmente trovare una soluzione più o meno soddisfacente in trattative diplomatiche a breve scadenza. Ma le questioni di Tunisia e Corsica, queste grandi questioni che rappresentano veramente per l'Italia la sua libertà, la sua definitiva sicurezza nel Mediterraneo non hanno incontrato ancora un'atmosfera internazionale propizia ad una soluzione radicale. Ciò vuoi dire che occorrerà mantenerle sempre vive nella coscienza del nostro Popolo e sempre presenti nella politica europea se vogliamo che un giorno esse siano prese in seria considerazione dai nostri amici e dai nostri nemici e non appaiano invece quali soprastrutture sentimentali di una giovane Nazione, così come amici e nemici nostri, in Francia e tùori di Francia, hanno ancora l'aria di considerarle 5 .

553 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. Il documento risulta inviato in visione a Mussolini il 17 dicembre.

553 2 Vedi D. 487, nota 1.

553 3 Vedi D. 501, nota 5.

553 4 Vedi D. 552, nota l.

554

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6444/261 R. Varsavia, 15 dicembre 1938, ore 22 (per. ore 5, 3 O del 16).

Mio telegramma n. 260 1•

Ho veduto oggi questo ministro degli Affari Esteri. Sebbene egli mi abbia parlato con molta circospezione mi è sembrato scorgere nelle sue parole un certo senso di malessere per l'atmosfera in cui si sono svolte conversazioni tra Berlino e Varsavia sulle note questioni che interessano i due Paesi (trattamento minoranze, Danzica, Memel, ebrei polacchi in Germania, ecc.).

Questo ministro degli Affari Esteri attendeva un rapporto dali 'ambasciatore di Polonia in Berlino che avrebbe dovuto avere oggi una conversazione «chiarificatrice» con Ribbentrop, e non escludeva necessità in futuro di una presa di contatti diretti con quel ministro degli Affari Esteri. Questo ministro degli Affari Esteri ha insistito con me sul desiderio della Polonia di appianare ogni divergenza in uno spirito

conciliativo, dato che nell'attuale delicata situazione giudicava elemento pos1t1vo quanto gli avrebbe comunicato ieri questo ambasciatore di Germania circa intenzioni di von Ribbentrop di risolvere le varie questioni pendenti con la Polonia nel quadro degli accordi del 1934 2 . Sulla portata però di tale dichiarazione Beck si riserva di formarsi un'idea più chiara dopo avere conosciuto risultati conversazioni odierne di Lipski.

Il vero è che il dinamismo tedesco nell'Europa Orientale non fa che aumentare qui le preoccupazioni, mentre a Berlino non si è ancora dimenticata, né attitudine Polonia nella questione della frontiera comune con l'Ungheria, né l'ultima dichiarazione polacco-sovietica3 , che, secondo quanto mi ha detto questo ambasciatore di Germania, è possibile che dai circoli responsabili tedeschi, venga interpretata come un atto dimostrativo anti-tedesco.

553 5 Il documento ha il visto di Mussolini che sulla prima pagina ha scritto: «Importante. Segnalare ad Alfieri per la stampa».

554 1 Vedi D. 545.

555

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE SEGRETO 6439/153 R. Roma. 15 dicembre 1938 (per. stesso giorno).

Mio telegramma per corriere n. 152 del 12 corrente 1• Ho fatto stamane al Cardinale Segretario di Stato la comunicazione oggetto delle istruzioni da Voi impartitemi iersera2 .

Gli ho detto che sono del tutto infondate le voci concernenti l'introduzione nella legislazione italiana dell'istituto del divorzio anche limitatamente a alcuni casi particolari, e la pratica della sterilizzazione.

Il Cardinale Pacelli ha preso nota con soddisfazione delle mie dichiarazioni e mi ha ringraziato. Ha soggiunto che ne informerebbe il Papa il quale sarebbe senza fallo lietissimo della gradita notizia.

Non ho trascurato di dire al Porporato che è stato notato che la Santa Sede intrattiene ottime relazioni con Stati che ammettono il divorzio e ne facilitano un largo uso da parte dei propri sudditi.

gennaio 1934 (testo in DDT, serie C, vol. Il, D. 219).

Ciano. Sul contenuto del colloquio non sono state trovate indicazioni ma quanto riferito dall'ambasciatore circa l'atteggiamento del Pontefice aveva provocato un violento scatto d'ira da parte di Mussolini. Il quale, tuttavia «affermando la necessità di non provocare la crisi col Vaticano nel momento attuale, autorizzava a smentire la notizia circa divorzio e sterilizzazione» (CiANO, Diario, alla data del 14 dicembre).

554 2 Riferimento alla Dichiarazione comune del governo tedesco e del governo polacco del 26

554 1 Del 23 novembre. Vedi D. 476.

555 1 Vedi D. 539.

555 2 Dopo le notizie da lui inviate con il D. 539, l'ambasciatore Pignatti era stato convocato da

556

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 8889/2651. Berlino, 15 dicembre 19 3 81•

Il nostro R. Addetto Militare ha avuto in questi giorni una conversazione con un ufficiale superiore dello Stato Maggiore jugoslavo giunto recentemente a Berlino da Belgrado.

Le impressioni di quell'ufficiale jugoslavo possono, secondo il Generale Marras, così riassumersi:

«Da una conversazione con un ufficiale superiore dello Stato Maggiore jugoslavo giunto recentemente da Belgrado ho tratto le seguenti notizie e le seguenti interpretazioni riguardo alla situazione romena e più in generale circa la situazione nel sudest europeo.

L'Inghilterra compie ogni sforzo per impedire che la Romania cada sotto l'influenza politica tedesca. Essa ha concesso alla Romania un grosso prestito destinato soprattutto ad alimentare i premi di esportazione verso l'Inghilterra e i suoi possedimenti e mandati. In questo momento l'avviamento delle esportazioni romene in tal senso è facilitato dal fatto che l'Inghilterra trae dalla Romania buona parte dei rifornimenti per le truppe in Palestina. Ma è da domandare se l'Inghilterra vorrà o potrà sostenere indefinitamente, nei riguardi della Romania, una politica economica tanto artificiosa. Per questa ragione appunto, afferma il mio informatore, la Germania non mostra di preoccuparsi dell'atteggiamento inglese.

Il recente viaggio del Re Caro! in lnghilterra2 non avrebbe dato i risultati sperati e perciò al suo ritorno egli ha fatto una visita al Fiihrer3 . In questa visita~ che il mio interlocutore definisce una specie di Canossa per Re Caro! ~il Fiihrer avrebbe parlato in modo molto chiaro e anche minaccioso.

L'uccisione di Codreanu4 è un colpo eseguito dagli ebrei romeni, che hanno voluto far trovare il Sovrano di fronte al fatto compiuto. Gli ebrei sono in Romania circa 1.900.000 ossia un numero molto superiore a quello indicato dalle statistiche ufficiali.

l seguaci di Codreanu sono molto numerosi tra la gioventù. Il movimento non aveva alcun carattere antimonarchico. Fu un errore in passato non avere associato al Governo queste forze nuove.

L'influenza economica della Germania nel sud-est è una realtà ed è un fenomeno naturale; sarebbe un torto considerarla soltanto come effetto di una pretesa egemonia politica tedesca.

556 2 Vedi D. 449. 556 3 Vedi D. 490, nota 3. 556 4 Vedi D. 490.

La Jugoslavia ha trovato un'ottima posizione di equilibrio, in quanto essa vende legname, carbone e minerali all'Italia e prodotti agricoli alla Germania. Si può dire pertanto che la Jugoslavia occidentale graviti economicamente verso l'Italia e quella orientale verso la Germania.

Il mio interlocutore mi ha accennato, con termini di molta simpatia, anche alla crescente partecipazione industriale dell'Italia ed in particolare al prossimo impianto di ot1ìcine Fiat in Jugoslavia.

La situazione della Polonia sta diventando difficile. Il movimento autonomista ucraino, favorito dalla Germania, tende a costituire un nuovo forte Stato, il quale costituirebbe un poderoso ostacolo per una collaborazione romeno-polacca.

I successi della politica tedesca sono veramente imponenti e mentre una volta si diceva che la potenza militare tedesca era rimasta sterile per deficienza nella condotta politica, oggi si riconosce che la Germania dispone non soltanto di Forze Armate imponenti ma anche di una ottima direzione politica, per merito del Flihrer.

A partire dalla primavera prossima potremmo trovarci di fronte a nuovi avvenimenti e a nuove realizzazioni tedesche».

556 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

557

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 8909/2666. Berlino, 15 dicembre 19 38 (per. il 17).

La situazione tra la Germania e l'Inghilterra continua a mantenersi, nel complesso, decisamente cattiva. L'ultimo episodio, come ho accennato all'E.V. con i miei telegrammi n. 591 1 e

n. 593 2 , è stato, l'altro ieri, la decisione improvvisa dell'Ambasciatore del Reich a Londra, von Dirksen, e dei giornalisti tedeschi residenti nella Capitale britannica, di

Nel suo discorso, Chamberlain, mentre aveva ribadito la volontà del suo governo di fare ogni possibile sforzo per eliminare le cause di una guerra, aveva sottolineato l'ampiezza e la rapidità del riarmo britannico ed aveva poi deplorato gli attacchi della stampa tedesca contro l'ex Primo Ministro Baldwin (il testo del discorso è in Relazioni Internazionali, pp. 877-878). Proprio per questa critica alla stampa tedesca, l'ambasciatore von Dircksen e i giornalisti tedeschi-ai quali era stato distribuito in anticipo il testo del discorso--avevano deciso all'ultimo momento di non partecipare alla cena, alla quale aveva invece partecipato l'ambasciatore Grandi. «L'episodio-telegratàva Grandi -ha dato luogo ad ogni sorta di commenti ed è stato qui interpretato come un diretto affronto alla persona del Primo Ministro e come un'altra manifestazione dell'attuale stato di tensione dei rapporti anglo-tedeschi» (T. 6413/838 R. del 14 dicembre. Il telegramma fu inviato in visione a Mussolini).

astenersi dal prendere parte al grande banchetto della stampa estera, banchetto durante il quale il primo ministro Chamberlain ha pronunciato il noto discorso di politica internazionale.

L'ambasciatore von Dirksen ebbe conoscenza del testo di quel discorso due ore prima dell'inizio del banchetto e, dopo breve consultazione con i giornalisti tedeschi, ebbe a decidere senz'altro quella astensione. La cosa interessante fu che, per quel banchetto, era partito espressamente da Berlino per Londra lo stesso Capo dell'Ufficio Stampa della Wilhelmstrasse, ministro Aschmann, il quale, dopo aver dovuto anch'egli annunciare di rinunciare ad assistere alla manifestazione, si è deciso a rientrare senz'altro tranquillamente a Berlino.

Le frasi del discorso del primo ministro che hanno causato una tale reazione tedesca sono naturalmente quelle relative alla aperta difesa da lui fatta all'atteggiamento del signor Baldwin contro le critiche mosse a quest'ultimo dalla stampa del Reich, e le altre con le quali Chamberlain ha definito i regimi autoritari come soggetti a facili e rapide evoluzioni.

Qui, in un primo momento, sembrava che quel discorso dovesse suscitare una forte ed aggressiva reazione nei giornali. Viceversa dopo alcune ore di indecisione, si è venuti nella determinazione di sottoporre a critiche le parole del Primo Ministro ma di carattere generale ed in termini moderati, senza diretti attacchi personali contro la sua persona.

Stamane il Segretario di Stato von Weizsacker, nel commentarmi tale episodio, aggiungeva di essere anch'egli personalmente convinto della opportunità che oggi, in vista specialmente dei reiterati attacchi dell'opposizione parlamentare britannica al governo e del viaggio di Eden negli Stati Uniti, siano assolutamente evitati anche in Germania, oltre che in Italia, atteggiamenti capaci di non favorire la situazione del signor Chamberlain, o comunque di creargli difficoltà.

«Con tutto ciò, aggiungeva von Weizsacker, non possiamo farci alcuna illusione sulla realtà e l'importanza dell'intesa anglo-francese. Con tutti i patti ed accordi esistenti o futuri, se la Germania si trovasse in conflitto con l'Inghilterra, si troverebbe contro anche la Francia, e similmente se l'Italia attaccasse la Francia, troverebbe automaticamente schierata nell'altro campo l'Inghilterra. Sotto questo punto di vista l'abile definizione data da Chamberlain, nel suo discorso dell'altro ieri, del parallelismo ed anzi dell'identificazione degli interessi franco-inglesi, non può lasciare dubbi di sorta».

557 1 T. 6416/591 R. del 14 dicembre. Riferiva che il discorso pronunciato la sera precedente da Chamberlain alla cena dell'Associazione stampa estera aveva prodotto a Berlino «pessima impressione».

557 2 T. 6430/593 R. del 15 dicembre. Riferiva che le reazioni della stampa tedesca al discorso di Chamberlain erano state «meno violente di quanto potevasi prevedere» e che le critiche non contenevano attacchi personali al Primo Ministro.

558

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Parigi, 15 dicembre 1938.

Conversazione telefonica con il Sig. Mistler, Presidente della Commissione degli Affari Esteri alla Camera dei deputati -15 dicembre.

Mi ha subito detto che l'atmosfera ieri alla sua Commissione era nettamente ostile all'Italia e che da parte sua non gli era stato possibile di attenuare questo stato degli animi. Ha aggiunto che l'Unione di Tunisi era il principale responsabile di quanto succedeva nel protettorato e che non vedeva che vi fossero ragioni contrarie ad un'eventuale soppressione, tanto più che in Italia era stato soppresso un giornale in lingua francese, chiamato l 'Echo des Vallées.

Ha soggiunto che non comprendeva perché tanto il Governo italiano quanto quello tedesco facevano il possibile per mandare al governo i comunisti in Francia. La conversazione è finita con la sua frase in italiano «il tempo è galantuomo».

Ho avuto ieri sera, 14, una conversazione con un deputato del gruppo Flandin, rispecchiante una certa opinione conservatrice e provinciale e mi ha detto che nei corridoi della Camera era viva l'impressione che la Commissione degli Esteri era stata troppo blanda di fronte all'attitudine italiana. Ha aggiunto che egli vorrebbe che il Governo francese non ci creasse in Etiopia delle difficoltà analoghe a quelle create in Tunisia e in Siria. A questo è stato risposto che i metodi erano sempre gli stessi e che la franchezza e la lealtà erano sempre assenti dai rapporti con i francesi.

Certi ambienti politici rimproverano a Bonnet di non saper fare da sé e di lamentare la debolezza francese di fronte agli inglesi. Il deputato Mistler ha anche aggiunto che nel seno della sua Commissione è risultato che il Governo francese ritiene gli accordi del '35 2 perfettamente vitali.

558 1 Non vi è indicazione circa il modo in cui questo documento fu fatto pervenire a Roma.

559

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATO 6463/835 R. Tokio, 16 dicembre 1938, ore 21 (per. ore 20).

Ambasciatore di Germania mi ha detto che sarebbe anche nostro interesse che Giappone concludesse pace riducendo così sue perdite di uomini e riacquistando libertà d'azione. Gli ho risposto che ne convenivo purché si fosse trattato di pace solida e durevole che avesse veramente restituito al Giappone una vera libertà d'azione. Non sarebbe stato neanche nostro interesse che il giorno in cui Giappone avesse voluto o dovuto impegnarsi altrove si fosse trovato minacciato da una ripresa di ostilità e che dopo essersi impegnato si fosse trovato ad essere attaccato.

Ambasciatore di Germania dopo aver assentito ha detto che quando, nell'estate scorsa, era partito da Berlino, aveva assicurato Hitler e ministro degli Affari Esteri che avrebbe seguito con ogni attenzione avvenimenti in vista delle possibili trattative di

pace pur tenendo presente che, per Giappone, Cina ha assai maggiore importanza che non Russia. Ho risposto che non vedevo per ora possibilità pace.

Perché Chiang Kai-shek si togliesse di mezzo sarebbe condizione necessaria, se non sufficiente, che non potesse fare più affidamento su Inghilterra e altri. Secondo il mio collega, rifornimenti che egli ora riceve sono scarsi a causa difficoltà comunicazioni. L'Inghilterra potrebbe premere su valuta cinese ma non vi si induce. Quanto ai giapponesi che nelle attuali condizioni facessero pace con Chiang Kai-shek dovrebbero fare anche testamento. Infine, una pace fatta ora con Chiang Kai-shek quale credito avrebbe meritato per il futuro?

Comunicato Roma e Shanghai 1•

558 2 Vedi serie settima, vol. XVI, D. 403.

560

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6456/595 R. Berlino, 16 dicembre 1938, ore 21,59 (per. ore 23,40).

Cancelliere Hitler, rientrato a Berlino, deve avere stasera conversazione con Ribbentrop circa programma e contenuto della prossima visita del ministro degli Affari Esteri di Cecoslovacchia.

Mi riservo di inviare precisazioni in proposito ma per intanto prego V. E. di volermi comunicare se concorda circa opportunità di una nostra preventiva chiarificazione con i tedeschi nella questione della garanzia da concedere dopo alla Cecoslovacchia. Mi riferisco particolarmente al rapporto del R. Ambasciatore 2602 del 9 corrente 1•

561

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6481/0 l 04 R. Varsavia, 16 dicembre 1938 (per. i/19).

Lo stato di agitazione della popolazione ucraina nella Galizia Orientale con tendenza autonomista non solo non accenna a cessare, ma dà anzi l'impressione che vada intensificandosi con obbiettivi precisi.

560 1 Vedi D. 523. Si veda per la risposta il D. 565.

Nessuno ormai qui esclude che tale agitazione sia alimentata dal di fuori e se ne fa apertamente risalire l'origine ad organizzazioni esistenti in Germania e in Cecoslovacchia, che sarebbero più o meno direttamente incoraggiate ed appoggiate da elementi responsabili tedeschi. Di fronte a tale situazione il governo polacco, almeno per il momento, non sembra che abbia saputo trovare niente di meglio che esercitare in Galizia una dura repressione. A tale riguardo mi viene riferito che reparti di cavalleria polacca percorrono quella regione, svolgendo, a scopo intimidatorio, un'energica azione di polizia, anche con vie di fatto.

D'altra parte, questo stato di cose non manca di avere sensibile ripercussione in questi circoli dirigenti e nell'opinione pubblica polacca nei confronti della Germania.

Si parla anche di rafforzamento delle guarnigioni alla frontiera occidentale. La notizia, però, merita conferma.

559 1 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

562

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNT0 1 . Roma, 16 dicembre 1938.

DICHIARAZIONI A CHAMBERLAIN.

l) L'Italia vuole la pace e farà una politica di pace. Oltre a motivi di carattere generale-quali il pericolo che una nuova guerra farebbe correre alla civiltà europea -questa politica è dettata all'Italia dalla necessità della messa in valore dei suoi territori d'oltremare.

2) L'Italia applicherà colla massima lealtà gli accordi itala-britannici del 16 aprile 1938.

3) La direttiva politica di base dell'Italia è l'asse che la unisce alla Germania. Tale «asse» è di natura particolare, ma i suoi vincoli sono profondi e vanno penetrando nella coscienza dei due popoli.

4) L'Italia non esclude la possibilità di intese più vaste e permanenti fra le quattro potenze occidentali, ma non assumerà iniziative in materia.

5) Le «aspirazioni naturali» dell'Italia nei confronti della Francia non si rivolgono ai territori metropolitani, quantunque la Corsica sia italiana dal punto di vista storico-geografico, linguistico, razziale e rappresenti in mani nemiche una grave minaccia su tutta l'Italia peninsulare compresa Roma. Le «aspirazioni» italiane hanno come obbiettivo: Tunisi, Gibuti, Suez.

6) Gli accordi Mussolini-Laval 2 sono decaduti de jure e de jàcto.

562 2 Vedi serie settima, vol. XVI, D. 403.

7) Un accordo realizzato fra Francia e Italia sulle questioni sopra elencate, potrebbe avere come contropartita della Francia da parte dell'Italia la conclusione di un accordo analogo a quello Von Ribbentrop-Bonnet3•

8) L'Italia non intende aderire ad accordi mediterranei di carattere plurilaterale.

9) Questione armamenti: si omnes.

562 1 Autografo di Mussolini.

563

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 6465/838 R. Tokio, 17 dicembre 1938, ore 5,40 (per. ore 12, 40).

Mio collega tedesco ha portato con me conversazione su recenti non rari accenni giapponesi circa desiderio rafforzamento Patto Tripartito. Non lo credeva necessario essendo evidente che significato politico del Patto trascende suo formale limitato carattere anticomunista. Nell'ultima crisi europea, per quanto egli avesse preferito una più aperta dichiarazione, l'appoggio del Giappone non era mancato e non era stato privo di effetto per soluzione stessa. D'altronde, non vedeva in che modo Patto avrebbe potuto essere rafforzato.

Gli ho risposto che, se appoggio del Giappone non era stato più aperto, ciò era dipeso dalla sua situazione in Cina, ciò che d'altronde ci era stato fatto notare dai militari. Che forse un rafforzamento sarebbe stato possibile mediante un qualche accordo di una qualche azione concertata per un più visibile appoggio di una o due delle parti in caso di speciali situazioni di una o delle due altre. Che però nessuna proposta mi era stata fatta fino ad ora da questo ministero degli Affari Esteri e nessuno me ne aveva fatte per il momento.

Egli ha replicato potermi dire lo stesso per quanto lo riguarda 1•

562' Vedi D. 507, nota l. Lo stesso 16 dicembre, l'ambasciatore Perth, su apposite istruzioni ricevute da Londra (vedi BD, vol. III, D. 475), tornava ad esprimere, in un colloquio con Ciano, le preoccupazioni del governo britannico per le conseguenze delle manifestazioni avvenute il 30 novembre alla Camera e degli attacchi della stampa italiana contro la Francia. Tuttociò, faceva notare l'ambasciatore, mentre sembrava voler mettere in discussione l'impegno di rispettare lo status quo nel Mediterraneo, creava un'atmosfera negativa alla vigilia della visita dei ministri britannici a Roma, sulla quale le critiche erano divenute anche più forti. Ciano smentiva «vigorosamente» che da parte del governo italiano vi fosse l'intenzione di alterare lo status quo del Mediterraneo e assicurava che sarebbe stato fatto il possibile per moderare il tono della stampa nei riguardi della Francia. Sul colloquio non si è trovata documentazione da parte italiana. Si veda il resoconto dell'ambasciatore Perth ibid., D. 478 e CIAI\0, Diario, sotto la data del 16 dicembre.

563 1 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

564

L'AMBASCIATORE IN CINA, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6474/437 R. Shanghai, 17 dicembre 1938, ore 14 (per. ore 8 del 18).

Mio telegramma 382 1•

Mi sembra opportuno segnalare ad ogni buon fine che questo ambasciatore di Germania2 continua ad adoperarsi con ogni mezzo per mantenere cordiali e fiduciosi rapporti col Governo Nazionale Cinese.

Mentre a Shanghai esso assume verso ogni iniziativa giapponese o filo-giapponese atteggiamento tanto riservato da parere ostile e di favore invece per ogni iniziativa angloamericana, a Chung-King non perde occasione per rinnovare proteste di salda amicizia.

È certo che le simpatie cinesi per la Germania sono vive e che le forniture continuano attivissime. Di recente il signor Rascih si è recato a Kumming dove governo dello Stato studia e tratta impianto di una fabbrica di aeroplani. A Chung-King sono numerosi i rappresentanti dell'organizzazione statale tedesca per l'esportazione; essi concludono tuttora affari rilevanti specialmente in forniture di macchinari e, rinunziando a incassare valuta, vendono partite antimonio, zinco, vollframio e altre materie prime trasportate a parte Hong-Kong con automezzi attraverso le linee giapponesi. Risulta anche che essi riceverebbero partecipazioni in natura sulle merci, che organizzazioni cinesi continuano a fàr passare nel Settlement internazionale e di Shanghai 3 .

Comunicato Roma e Tokio 4•

565

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 931/463 R. Roma. 17 dicembre 1938, ore 24.

Vostro rapporto n. 2602 1 e vostro telegramma n. 595 2• Circa garanzia alla Cecoslovacchia non intendiamo prendere iniziative ma bensì procedere d'accordo con codesto governo. Quanto precede per vostra eventuale norma di linguaggio3•

564 1 Nota dell'Ufficio Cifra: «Riferimento errato». Si tratta probabilmente del D. 389.

564 2 Oskar Trautmann.

564 3 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

564 4 L'ambasciatore Auriti telegrafava a tale proposito che ai giapponesi era «arcinoto che la Germania continuava a trafficare con Chiang Kai-shek» ma che il Giappone si rendeva conto di non poter mutare politica verso la Germania perché non aveva alternative per cui «manda giù bocconi amari e sorride» (T. 6554/855 R. del 24 dicembre). Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

565 1 Vedi D. 523.

565 2 Vedi D. 560.

565 3 Per il seguito si veda il D. 599.

566

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, FRANÇOIS-PONCET

LETTERA 24194 7/172. Roma, 17 dicembre 1938.

Nel colloquio del 2 corr. 1 VE. ebbe ad esprimermi il desiderio del Governo francese di conoscere se il Governo italiano considerasse tuttora in vigore gli Accordi itala-francesi del 7 gennaio 1935 2 e se tali Accordi potessero a suo avviso servire tuttora di base alle relazioni franco-italiane.

Risposi a VE. che la questione aveva carattere ed importanza troppo precisi perché potessi senz'altro dare una risposta definitiva, che richiedeva un più approfondito esame.

Ho ora l'onore di comunicarVi quanto segue a conferma di quello che ebbi a dirvi allora a titolo personale.

Gli Accordi itala-francesi del 7 gennaio 1935, risultano, come VE. ben conosce, da un Trattato relativo al regolamento dei reciproci interessi in Africa e da una serie di Atti con esso strettamente collegati.

L'art. 7 del Trattato stabilisce che esso sarà ratificato, e subordina la sua entrata in vigore allo scambio delle ratifiche. Tale scambio non è però mai avvenuto. Sono state bensì iniziate, subito dopo la firma, le procedure costituzionali preparatorie della ratifica, ma alla ratifica non si è fatto luogo. Nemmeno sono stati mai iniziati i negoziati per la stipulazione della Convenzione speciale per la Tunisia, che -secondo l 'art. l del Trattato -avrebbe dovuto entrare in vigore alla stessa data del Trattato stesso.

Il Trattato itala-francese per il regolamento del reciproci interessi in Africa non è pertanto mai stato perfezionato.

A parte queste constatazioni di ordine giuridico, è poi da tener presente che tanto il Trattato, quanto gli Atti rimanenti, furono conclusi con dei presupposti ben precisi, e che tali presupposti non hanno trovato nella pratica la loro conferma.

Come si sa, gli Accordi del 1935 miravano, mediante il regolamento di tutta una serie di questioni, a sviluppare l'amicizia fra l'Italia e la Francia e ad instaurare tra i due Stati rapporti di fiduciosa collaborazione. In modo particolare l'Italia, con gli Accordi del 1935, si induceva ad accettare notevoli sacrifici, sia nei riguardi dei diritti degli italiani in Tunisia, sia nei riguardi dei diritti che le derivano dall'art. 13 del Patto di Londra del 1915, in considerazione di un'equa comprensione e di un conseguente atteggiamento da parte della Francia relativamente alla necessità di espansione italiana in Africa Orientale.

Ora l'atteggiamento tenuto dalla Francia quando l'Italia fu costretta dall'azione negussita a risolvere definitivamente il problema dei suoi rapporti con l'Etiopia, e

566' Vedi serie settima, vol. XVI, D. 403.

anche successivamente, non fu certo improntato a tali presupposti. Fu anzi, in pieno contrasto con esso. Basti riferirsi (senza che sia qui il caso di rievocarle) alle diverse fasi degli avvenimenti svoltisi dal 1935 in poi.

Gli Accordi del 7 gennaio 1935, che del resto non sono mai stati messi in esecuzione, come V.E. ha avuto ad osservare nel colloquio del 2 corr., sono venuti così svuotandosi di contenuto; e non possono certo essere considerati oggi in vigore.

Essi sono anche storicamente superati.

Nel loro complesso essi si riferivano ad una situazione generale politica, che è stata rapidamente sorpassata dagli avvenimenti susseguenti all'applicazione delle sanzioni. Inoltre, colla costituzione dell'Impero, sono sorti nuovi diritti e nuovi interessi di importanza fondamentale. In queste condizioni i rapporti itala-francesi non potrebbero trovare tuttora la loro base negli Accordi del 1935 nell'interesse stesso del loro migliore andamento, e anche a tal fine questi stessi rapporti vanno evidentemente riesaminati di comune accordo tra i due Governi'.

566 1 Vedi D. 491.

567

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 89708/2678. Berlino, 17 dicembre 1938 (per. i/19).

Collaborazione tecnica tra Esercito tedesco e Esercito italiano.

Telespresso dell'E.V. n. 9372 del 19 novembre u.s. 1•

Allo scopo di iniziare gli scambi di vedute con le autorità militari tedesche nel campo tecnico degli armamenti e delle munizioni è giunta a Berlino una nostra missione guidata dal generale Fautilli, Ispettore dell'Arma di Artiglieria.

La missione ha avuto qui utili ed interessanti conversazioni, sulle quali, il R. Addetto Militare mi comunica quanto segue:

«Nei giorni 15 e 16 corr. la missione del generale Fautilli ha tenuto le riunioni previste col generale Fromm e con altri ufficiali del Comando Superiore dell'Esercito.

In queste riunioni sono state concordate-con riserva di approvazione da parte delle autorità superiori -le modalità in base alle quali verrà attuata la collaborazione nel campo tecnico tra i due eserciti. Questa collaborazione verrà attuata mediante

reciproco invio di ufficiali competenti per le varie questioni i quali si scambieranno dati e notizie sui vari gruppi d'argomenti interessanti problemi militari di carattere tecnico e prenderanno conoscenza di materiali e di impianti.

La missione ha avuto un'accoglienza molto amichevole e da parte tedesca, come da parte nostra, si è dimostrato di essere pronti ad attuare questo scambio senza riserve.

Il Generale Fromm mi ha riferito che, presentandosi al Generale von Brauchitsch per ricevere direttive sull'argomento, questi gli ha detto che nessun segreto deve esistere per l'esercito italiano su quanto forma oggetto della collaborazione tecnica proposta.

La missione Fautilli è stata ricevuta in modo molto cordiale dal Generale von Brauchitsch»2 •

566 1 Circa questo documento vi è la seguente annotazione nel Diario di Ciano sotto la data del 17 dicembre: «Ho dato alla nota un carattere di assoluta serenità e l 'ho conclusa con un velato accenno alla possibilità di riprendere i negoziati. Non conviene. per ora, tirare troppo la corda. Soprattutto non bisogna dare la chance ai francesi di far saltare in aria la visita di Chamberlain».

567 1 Non pubblicato. Dava notizia del D. 422.

568

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 11150/5866. Parigi. 17 dicembre 1938 1•

Mio telespresso n. 10138/5469 del 15 novembre 1938 2•

La stampa francese continua a seguire con vivo interesse e con mal celata apprensione, gli sviluppi della penetrazione economica germanica nel sud-est europeo ed in particolare in Romania.

Nel suo numero del 14 corrente, il Bulletin Quotidien di Parigi, dopo aver ricordato come la Gran Bretagna e la Francia, con aperture di crediti e con la costituzione di nuove società, stiano cercando di arginare la penetrazione tedesca, constata che il Reich continua a progredire, conquistando nuove ed importanti posizioni. Accenna quindi al nuovo trattato di commercio romeno-germanico 3• In mancanza di elementi più precisi, il Bollettino si riferisce a tale proposito, a quanto è stato pubblicato dalla Berliner Borsen Zeitung e ricorda, tra l'altro, che il cambio del lei rispetto al marco è stato fissato nella misura di 40,5-41,5 lei per un marco (invece di 38-39).

L'organo del Comité des Forges rileva, d'altra parte, che attualmente la Germania assorbe il 39% delle importazioni ed il 27% delle esportazioni romene, ma esprime l'avviso che tali percentuali rappresentano limiti difficilmente superabili. Infatti, il

Tornando su li 'argomento in una lettera personale a Ciano del 20 dicembre, Magistrati sottolineava che il generale Fautilli era stato «favorevolmente sorpreso» nel constatare che i tedeschi avevano «finalmente, per la prima volta, mostrato di abbandonare ogni riserva nei nostri confronti» ed erano apparsi «nettamente disposti ad entrare nel vivo del problema di una effettiva collaborazione tecnica fra i due Eserciti».

Reich paga con prodotti tàbbricati, che saturano presto un mercato relativamente ristretto. Lo si è visto in Russia, osserva il giornale, ove il processo di industrializzazione ad opera del Reich ebbe termine nel 1929. Il fenomeno si riproduce attualmente in Jugoslavia, ove le esportazioni germaniche di ghisa e di ferro sono diminuite del 75% rispetto al 1937.

Il Bulletin Quotidien critica, inoltre, il sistema con cui la Germania dirige e controlla la produzione agricola romena, adeguandola al proprio fabbisogno. Secondo l'organo francese, tali sistemi non si riscontravano finora che nelle relazioni economiche di una Nazione con le proprie Colonie. Cita il caso delle piantagioni di soia, organizzate in Romania per tramite della /.G Farhen e per le quali la Germania stabilisce i metodi di cultura, acquistando poi il prodotto a prezzi determinati: 66.000 ettari di terreno sarebbero oggi già piantati in Bessarabia e in Bucovina. I coltivatori romeni sarebbero completamente alla mercè dei dirigenti tedeschi.

Il Bulletin Quotidien non ammette che uno Stato indipendente possa accettare tale soggezione «senza aver sentito effettivamente la pressione delle armi».

567 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

568 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

568 2 Non rintracciato.

568 3 Riferimento agli accordi in materia economica sottoscritti tra Germania e Romania il l O dicembre precedente. Vedi MARTENS, vol. XLI, pp. 241-243.

569

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 11157/5873. Parigi. 17 dicembre 1938 (pe1~ i/19).

Il Ministro degli Esteri Bonnet ha fatto giovedì scorso alla Commissione degli Affari Esteri della Camera ed ha ripetuto ieri dinanzi a quella del Senato un'esposizione sulla situazione internazionale.

Allego il comunicato ufficiale diramato dopo la prima riunione 1•

Il Ministro ha fra l'altro:

l) ripreso e riconfermato le dichiarazioni tàtte da Delbos il 4 dicembre 1936 e precisamente: «Tengo a dichiarare a nome del Governo che tutte le forze della Francia, di terra, di mare e dell'aria, sarebbero spontaneamente e immediatamente utilizzate per la difesa della Gran Bretagna, nel caso di aggressione non provocata». La dichiarazione Delbos e la conferma datane ier l'altro da Bonnet hanno, com'è noto. trasformato l'impegno unilaterale assunto dall'Inghilterra nel marzo 1936 per la difesa delle frontiere renane, in un'alleanza militare comportante degli impegni precisi da ambo le parti. La conferma di Bonnet risponde alla recente dichiarazione

di Chamberlain: «Le relazioni franco-britanniche sono così strette che sorpassano i semplici obblighi legali, in quanto sono fondate sull'identità degli interessi» 2 .

È d'altra parte certo che questo Governo ha fatto in quest'ultimo periodo forti pressioni presso quello britannico per ottenere che gli accordi del 1936 siano allargati in modo da includervi il Mediterraneo e l'Africa. La conferma Bonnet della dichiarazione Delbos, già vecchia di due anni e a tutti nota, può aver cioè lo scopo di facilitare tale estensione di impegni da parte britannica.

2) spiegato la portata della Dichiarazione comune franco tedesca' e delle successive dichiarazioni fatte alla stampa dai due Ministri degli Esteri 4 .

3) esaminato la situazione dei rapporti italo-francesi, a proposito dei quali ha, fra l'altro, dichiarato: «La Francia non accetterà mai di cedere un pollice del suo territorio all'Italia e qualunque tentativo per realizzare una tale pretesa non potrebbe condurre che a un conflitto armato».

In sede di interrogazione, Bonnet ha quindi risposto a una serie di domande rivoltegli dai membri della Commissione. Il Ministro avrebbe fra l'altro assicurato che dalle dichiarazioni fattegli da Ribbentrop a Parigi risulterebbe che «la Germania, pur restando fedele all'asse Roma-Berlino, non ha tuttavia interessi diretti in Mediterraneo».

A proposito della Spagna, Bonnet avrebbe riconfermato il proposito del Governo francese di insistere per il ritiro dei volontari prima di procedere alla concessione della belligeranza. Ribbentrop gli avrebbe a questo riguardo assicurato che «soltanto 3000 o 3500 volontari tedeschi sono attualmente in Spagna, da dove sarebbero partiti a breve scadenza, ed i quali trovansi del resto sin da ora lontani dalla zona di operazione»5.

569 1 Testo in Relazioni Internazionali, p. 879. Il testo del comunicato diramato dopo la relazione di Bonnet al Senato è ibid., pp. 879-880.

570

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2005/1316. Praga, 18 dicembre 1938 (per. il 22).

La questione ucraina comincia ad interessare questi circoli politici ed a trovar posto nella stampa cecoslovacca, pur senza formare ancora oggetto di una vera e propria campagna. Talvolta sono articoli, presentati come corrispondenze dall'estero, che

569' La dichiarazione era stata inserita nel discorso pronunciato il 13 dicembre da Chamberlain all'Associazione della Stampa (vedi D. 552).

illustrano il problema con l'apparente scopo della semplice volgarizzazione per i lettori, ma tra le righe non è difficile leggere il desiderio che sugli altri Stati plurinazionali -e specialmente sulla Polonia-si abbatta lo stesso fato che ha ridotto territorio e popolazione della Cecoslovacchia di Versailles. Il quotidiano Bohemia -che diventerà organo del costituendo partito tedesco nazionalsocialista di Cecoslovacchia e che si occupa frequentemente della questione -in uno dei recenti numeri la chiamava il «problema sudetico» d eli 'Ucraina. I Lido ve Listy scrivono in proposito: «Quando i polacchi imposero con !'ultimatum la consegna di un territorio con 87.000 polacchi e 123.000 cechi non previdero che due mesi dopo i deputati ucraini avrebbero presentato al Sejm un progetto di legge per l'autonomia deli'Ucraina polacca». Talvolta più esplicitamente viene richiamato il paragone tra la Polonia e la Cecoslovacchia di Benes e chiaramente si manifesta quello che si pensa debba essere l'atteggiamento di questo Paese nella questione. «La Polonia d'oggi-pubblicano i Narodni Listy -è la ripetizione in grande della Cecoslovacchia di una volta. Le minoranze ucraina e tedesca di Polonia presentano ora delle richieste che ricordano il programma di Carlsbad di Konrad Henlein 1• Comprendiamo le lamentele dei polacchi: la vicinanza della Russia Subcarpartica indipendente alla Galizia che chiede l'indipendenza, sostenuta dagli ucraini della Russia sovietica che aspirano ad una grande Ucraina indipendente, è certamente assai sgradita ai polacchi. Ma perché noi dovremmo sacrificare la Russia Subcarpatica per gli interessi polacchi?».

Le locali rappresentanze sovietica e polacca non sono rimaste inattive di fronte a questo agitarsi del problema ucraino. Il ministro dell'U.R.S.S., Alexandrovski, si è recato dal ministro degli Esteri per fargli presente che considerava inamichevoli nei riguardi della Russia sovietica gli atteggiamenti di alcuni giornali cecoslovacchi in favore della grande Ucraina. Ma Chvalkovsky se l'è cavata con una risposta molto chiara: la stampa è libera, gli atteggiamenti della stampa non sono quelli del governo. La risposta non deve aver troppo soddisfatto Mosca se si annuncia da varie parti che il governo sovietico sta terminando la costruzione di ben otto stazioni radio in Ucraina per trasmettere-sulle stesse onde delle stazioni slovacche e nelle ore in cui sono diffusi i bollettini in lingua rutena-programmi di propaganda contro i governi di Praga e Bratislava, nonché contro quello di Berlino. Anche la legazione di Polonia si è mossa ed ha consegnato al ministro degli Esteri un promemoria col quale si richiama l'attenzione del governo cecoslovacco «sullo stato di cose risultante dali' esistenza e dali' attività di certi centri ed organizzazioni nel territorio della Repubblica e sulle conseguenze che il permanere di questo stato di cose può avere per i rapporti fra la Polonia e la nuova Cecoslovacchia». Al riguardo, quest'agenzia ufficiosa ha pubblicato il seguente comunicato: «Le circostanze di cui si parla nel memoriale del governo polacco saranno oggetto di severe indagini. Il governo cecoslovacco ha ripetutamente dichiarato per bocca del presidente del consiglio e del ministro degli Esteri che esso mira lealmente e sinceramente a stabilire buoni rapporti con tutti i vicini e quindi anche con la Polo

nia ed ha pure rilevato che non ammetterà sul territorio della Repubblica un'attività irredentistica contro uno Stato estero e quindi neppure contro la repubblica polacca».

Il punto di vista del governo cecoslovacco nella questione ucraina, quale viene attualmente reso noto, è che la soluzione del problema non dipende dalla Cecoslovacchia ma dai fattori della politica mondiale e che, nel desiderio di vivere in rapporti amichevoli con tutti i vicini, non sarà permessa alcuna attività irredentistica, contro la Polonia o contro i Sovietici, nel territorio della Repubblica e tanto meno nella Russia Subcarpartica.

Questo è il punto di vista ufficiale, quello anzi cui oggi si desidera dare pubblicità, ma dietro di esso vi sono il desiderio di vedere la Polonia umiliata e diminuita e, più ancora, gli ordini che verranno da Berlino e che senza dubbio saranno determinanti per il definitivo reale atteggiamento della Cecoslovacchia nei riguardi del problema

• o

ucramo-.

569 1 Del 6 dicembre. Vedi D. 507, nota l.

569 4 Vedi DDF, vol. XIII, D. 45, III.

569 5 Il documento ha il visto di Mussolini.

570 1 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 5.

571

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6503/843 R. Tokio, 20 dicembre 1938, ore 20 (per. ore 4.30 del 21).

Mentre grandi democrazie continuano invocare Trattato 9 Potenze 1 ministro degli Affari Esteri ha letto una dichiarazione ai giornalisti stranieri nella quale non ha menzionato in alcun modo trattato ma ha riaffermato particolare posizione blocco nippo-cinese-mancese e, pur negando propositi contrari al principio della porta aperta a tutti, ha avvertito che le attività economiche delle altre Potenze devono essere sottoposte a restrizioni richieste dalla difesa nazionale, nonché da quella economica2, e non essere connesse perciò con privilegi politici. In seguito domanda di giornalisti ministro degli Affari Esteri ha risposto Giappone non intende abolire trattato ma che questo risente conseguenze di un nuovo stato di fatto derivato dagli avvenimenti.

Ad altra domanda, ministro Affari Esteri ha risposto che prestito americano alla Cina era stato inopportuno e spiacevole ed era inteso a compiere pressioni economiche su Giappone, il quale però non avrebbe mutato sua politica. Questi stessi concetti sono sviluppati da tutta la stampa. Comunicato Roma e Shanghai.

571 1 Vedi D. 382, nota 3. 571 2 Sic.

570 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

572

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6505/154 R. Roma, 20 dicembre 1938 (pe1~ il 21).

Mio telegramma per corriere n. 151 in data 12 corrente 1•

Il Segretario agli Affari Straordinari ha dato oggi conferma di quanto da me riferito una settimana fa: di una mediazione della Santa Sede in Spagna non è più questione, essendosi opposto il governo della Spagna Nazionale. Monsignor Tardini è stato assai meno categorico in tema di tregua di Natale. Ci si pensa forse -ha detto cautamente il Prelato-ma ancora non si sa niente di preciso, perché si ignora la reazione delle due parti interessate.

573

IL MINISTRO A LISBONA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6568/070 R. Lisbona, 20 dicembre 1938 (pa il 27).

Mio telegramma per corriere n. 288/069, in data 6 corrente 1•

In una conversazione di questi giorni Nicolas Franco mi ha detto che rimangono aperte le trattative per la garanzia reciproca della frontiera !uso-spagnola, ma che nessun progresso sostanziale è stato fatto dopo che fu decaduta la necessità dello scambio di note previsto in caso di conflitto, tranne l'impostazione dell'idea di un patto più completo e meglio studiato, possibilmente sotto forma di patto di amicizia e non aggressione. Egli ha così smentito la notizia che continua a circolare con qualche insistenza in alcuni ambienti diplomatici di Lisbona, che la firma sia imminente.

Il marchese di Miraflores, consigliere dell'ambasciata di Spagna, parlando in un'altra occasione delle stesse voci, non solo mi ha confermato tale smentita, ma più apertamente mi ha detto che aveva l'impressione che attualmente da parte portoghese non vi sia alcuna premura di addivenire all'accordo2 .

572 1 VediD.512,nota2.

573 1 Vedi D. 509.

573 2 Anche il ministro degli Esteri spagnolo. Jordana, confermava che continuavano le trattative con il Portogallo per giungere ad un trattato di amicizia e di non aggressione ma che una conclusione appariva ancora lontana. Jm·dana aggiungeva di essere convinto che un patto del genere sarebbe tornato gradito agli Stati amici perché avrebbe assicurato che, nel caso di un conflitto generale, il Portogallo non si sarebbe trovato di fronte all'alternativa di un attacco alla Spagna Nazionale o di un aperto contrasto colle direttive della politica britannica (telespresso Roncalli 6386/191 O del 22 dicembre).

574

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6542/0117 R. San Sebastiano, 21 dicembre 1938 (peT: il 24).

Questo governo ha fatto sapere alla Santa Sede per mezzo del suo ambasciatore, e direttamente al Nunzio Monsignor Cicognani all'uopo chiamato ieri a Burgos, che si sarebbe visto nella necessità di dover rispondere negativamente ad un invito del Pontefice per una tregua natalizia. Di conseguenza era preferibile che all'invito non tosse dato corso.

Il governo di Burgos è convinto che la Santa Sede abbia aderito alle insistenze delle Autorità di Barcellona e delle democrazie francesi ed è deciso a respingere qualsiasi pressione, giacché alla vigilia delle note operazioni la tregua sarebbe stata a completo vantaggio dei Rossi dando loro il tempo di mettere in opera i numerosi mezzi forniti dalla Francia e che da qualche giorno stanno transitando la frontiera dei Pirenei.

L'inopportuno progetto vaticano, aggiunto all'ambiguo atteggiamento in genere tenuto dalla Santa Sede nei riguardi della Spagna Nazionale, ha causato molto risentimento negli ambienti di questo governo.

575

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 21 dicembre 1938.

L'incaricato d'Affari del Giappone è venuto a fare la comunicazione, d'ordine del suo Governo, che il Giappone, aderendo alla richiesta già una volta ripetuta del Manciukuò di entrare a far parte insieme alla Germania, all'Italia e al Giappone del patto anti-comunista, sarebbe venuto nella determinazione di accogliere tale richiesta, rivolgendo invito ai termini dell'art. 2° del patto, al Manciukuò.

Il Signor Sakamoto è stato incaricato: l) di presentire il Governo italiano per ottenerne l'adesione; 2) di conoscere se il Governo italiano è d'accordo con l'Ungheria per un'ana

loga adesione di quel Paese al patto; 3) di chiedere nel caso che anche l'Ungheria fosse pronta, che l'adesione ungherese avvenga contemporaneamente a quella del Manciukuò;

4) di esaminare con il Governo italiano la procedura da adottare per tale adesione; 5) di chiedere se l'Italia crede che altri Paesi potrebbero eventualmente dare la loro adesione 1•

576

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TLLESPR. RISERVAro 9084/2725. Berlino, 21 dicembre 1938 (per. il 24).

Questo ministro di Ungheria, signor Sztojay, è rientrato a Berlino da Budapest dove, dopo una conversazione da lui qui avuta con il signor von Ribbentrop due settimane tà, si era recato per conferire con il suo governo.

Egli, nel confermarmi come, per molte circostanze, si sia reso necessario rinviare al mese di gennaio la progettata visita alla capitale del Reich del nuovo ministro degli Esteri, conte Csaky, mi ha espresso alcune sue preoccupazioni circa l'attuale atteggiamento tedesco nei confronti dei problemi dell'Europa Orientale.

Il signor Sztojay deve essere evidentemente ritornato da Budapest con nuovi argomenti da presentare ai tedeschi per mostrare loro i non piccoli pericoli che appaiono legati ad una radicale soluzione della cosiddetta questione ucraina, sulla quale si accentra oggi tutta l'attenzione dei Paesi dell'Oriente europeo. Anche in Germania, del resto, come è noto non sono pochi oggi i sintomi che fanno prevedere come effettivamente, per quanto ufficialmente sia mantenuto il più assoluto silenzio, il problema ucraino sia oggetto in questi tempi di attentissimo esame.

La netta polarizzazione del l'attenzione tedesca, anche se ancora in forme indefinite, verso Oriente; un certo crescente disagio, più o meno malcelato, nei confronti della Polonia; l'intensificarsi dell'attività dei gruppi ucraini residenti nel Reich; le voci relative agli scopi del viaggio in Germania del Granduca Vladimiro Romanov; c soprattutto l'affiorare a più riprese, in pubblicazioni ed in conversa

R. del 24 dicembre).

zioni, di temi già contenuti in tale materia nel classico vangelo della Germania nazionalsocialista, il Mein Kampf, dimostrano come l'argomento sia all'ordine del giorno.

A ciò si aggiunge la circostanza che, nel disagio economico indubbiamente provato attualmente dal Reich, la tentazione, abilmente sollecitata dagli ucraini che frequentano Berlino, costituita dalla possibilità che la Germania possa domani trovare nelle terre ucraine tutte le principali materie prime, dal petrolio al grano che oggi le fanno difetto, non è piccola.

Questa situazione appare quindi preoccupare non poco il Rappresentante magiaro, il quale, ben ricordando i tempi dell'anteguerra, comincia qui a parlare nuovamente di «panslavismo». Evidentemente a Budapest la possibilità della creazione di un Paese slavo quale l'Ucraina, il quale, in un avvenire più o meno prossimo, a mezzo di una frontiera diretta con la Rutenia, potrebbe da una parte dare nuovo valore slavo a quanto resta della Cecoslovacchia e dall'altra, con la padronanza dei Carpazi, ritornare ad affacciarsi verso le pianure danubiane, è vista con occhi di viva e profonda diftìdenza. Domani, con la creazione di uno Stato slavo a base ultra nazionalista (e non potrebbe essere altrimenti dopo un così lungo periodo di internazionalismo bolscevico) potrebbe rivivere il sogno panslavista che, con le basi jugoslave e bulgare, potrebbe respingere gli slavi verso le coste mediterranee, con la conseguente soffocazione del Paese magiaro.

Ora, invece, aggiungeva il signor Sztojay, non possiamo certo dire che la Russia sovietica, qualunque sia la sua ideologia, faccia della politica panslavista. L'abbandono completo della Cecoslovacchia nel 1938 ha costituito la prova provata dell'impotenza militare e della rinuncia morale del più grande Paese slavo.

I tedeschi dovrebbero comprendere-egli concludeva-come le loro speranze nel veder colpita a morte, mediante la creazione di un'Ucraina indipendente e nazionalista, l'Unione Sovietica, potrebbero tramutarsi in avvenire nella realtà di un rinnovato grave pericolo slavo per il Germanesimo. La guerra del 1914 dovrebbe costituire in proposito un'interessante esperienza. Ora invece sono proprio i tedeschi quelli che, impedendo all'Ungheria di tagliare, mediante l'assorbimento della Rutenia, il cordone che ancora unisce gli slavi della Cecoslovacchia all'Ucraina, rischiano di far circolare nuovamente e liberamente il sangue slavo nell'Europa Orientale e Balcanica.

Ho avuto occasione di parlare della questione ucraina anche con questo ambasciatore di Polonia, signor Lipski, il quale partirà domani per Varsavia. Egli, a sua volta, mi ha confermato come la questione, per quanto non abbia ancora fatto oggetto di precise e dirette conversazioni tra la Germania e la Polonia e per quanto i maggiori esponenti della politica tedesca continuino a dichiarare di non aver ancora in mente alcun programma definito in merito, è qui ora attentamente considerata. Gli elementi ucraini si agitano molto e particolarmente quelli del noto gruppo di Vienna. Si parla anche della creazione di un centro di «osservazione» ucraino, ad ispirazione e controllo tedesco, del quale dovrebbe far parte anche il signor Woldemaras, l'antico dittatore lituano, il quale vive a Parigi ma ha soggiornato in questi tempi in Germania, e che è, tra l'altro, professore di lingua ucraina.

575 1 Del passo compiuto dall'incaricato d'aftàri giapponese Ciano dava comunicazione all'ambasciata a Berlino nei termini esatti di questo appunto e con la seguente aggiunta: «Da parte mia avrei intenzione di rispondere: l) Governo italiano è d'accordo per adesione Manciukuò al Patto Anticomintern a termini art. 2 del Patto stesso; 2) Governo italiano è d'accordo con quello ungherese per analoga adesione Ungheria al Patto; 3) O ve Germania e Giappone concordino, procedura da adottare per adesione Ungheria e Manciukuò potrebbe essere quella suggerita da von Ribbentrop, e cioè invito verrebbe rivolto all'Ungheria e rispettivamente al Manciukuò attraverso i Rappresentanti a Budapest e a HsingKing dei tre Stati firmatari del patto. Prego telegrafare se codesto governo concordi» (T. per corriere 938

577

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 11269/5924. Parigi, 21 dicembre 1938 (pe1~ il 24).

Si è riparlato in molti ambienti nei giorni scorsi con frequenza di una mediazione in Spagna, soprattutto attraverso una proposta di armistizio o di tregua provvisoria in occasione del Natale e del Capodanno. Il cardinale Verdier ne avrebbe intrattenuto Bonnet e le grandi associazioni combattentistiche hanno pubblicato in proposito ordini del giorno e comunicati.

Si delinea altresì una campagna soprattutto sui giornali ufficiosi e comunque vicini al Quai d'Orsay in tàvore di una normalizzazione dei rapporti diplomatici con la Spagna Nazionale.

Il signor Jules Henry, recentemente nominato ambasciatore di Francia a Barcellona, non ha d'altra parte ancora raggiunto il suo posto, nonostante sia ormai trascorso oltre un mese dalla sua nomina.

Secondo voci diffuse, Bonnet intenderebbe far coincidere l'invio dell'ambasciatore a Barcellona con la nomina di un Agente sul tipo britannico presso il generale Franco. Tale nomina dovrebbe aver luogo dopo la chiusura della sessione parlamentare tuttora in corso. La notizia merita comunque conferma.

578

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 7509/1946. Belgrado, 21 dicembre 1938'

Mio rapporto n. 7360/1889 del 14 corrente2 .

l giornali più vicini al Governo riprendono in esame, si può dire quotidianamente, le cifre dei suffragi e le sottopongono a minuziose analisi tecniche dirette a mettere in luce la vittoria del Governo e a svalutare i risultati ottenuti dall'opposizione.

Non si può dire che lo tàcciano molto abilmente. Leggendo questi articoli e comunicati si ha l'impressione che il Governo si ripieghi su posizioni di gretta difesa e sminuisca la sua stessa vittoria trascurando di rincuorare i suoi seguaci con l'enunciazione di un risoluto programma politico e, limitandosi invece a sfogare in recriminazioni contro gli avversari dell'opposizione serba il suo disappunto per l'esito delle

578 2 Vedi D. 546, nota l.

elezioni che, indubbiamente, si attendeva ben diverso. Ai giornali governativi riesce facile dimostrare che la vittoria di Stojadinovié in Serbia, nella Vojvodina e nel Montenegro è stata netta e indiscutibile. Ma per far questo essi sono costretti a mettere ancora più in rilievo la compattezza della votazione riportata da Macek nelle province croate. Se si considerano come irrimediabilmente battute le opposizioni serbe, il risultato delle elezioni può interpretarsi soltanto in un modo; che, scomparse le figure minori, restano in campo con programmi che, almeno apparentemente, sono irriconciliabili, due soli gruppi avversari: il blocco serbo e quello croato.

E, d'altra parte, le ottimistiche valutazioni ufficiali non sembrano molto convincenti. Si dimentica di tener conto, quanto meno, dei seguenti elementi:

l -Mentre la partecipazione alle urne in Croazia e nel Littorale è stata enorme (in alcuni distretti ha raggiunto il 98%) e notevolissima quella della Sloveniaove si è votato per Koroseé e non per Stojadinovié -la percentuale dei votanti nei territori serbi è stata invece molto bassa. Il totale degli astenuti raggiunge il milione, cioè dal 30 al 40% a seconda delle regioni. Ora, se in condizioni normali gli astenuti si debbono contare a favore del governo, in questo caso sembra che si verifichi piuttosto il contrario; sembra, cioè, che molti elettori serbi, perplessi di fronte al dilemma se votare per Stojadinovié o per oppositori alleati al tèderalismo croato, abbiano preferito astenersi.

2 -A favore del Governo, invece, hanno votato compatte tutte le minoranze nazionali: tedesca, ungherese, albanese. Sono voti di opportunità, non di convinzione, voti che in ogni caso, puntualmente e tradizionalmente, vanno al Governo e al partito che si trova al potere e che sono quindi sempre disponibili per un'eventuale opposizione diventata Governo.

Queste considerazioni, che naturalmente non appaiono sulla stampa ma che sono correnti nei circoli dell'opposizione, rendono ancora meno convincente la già scarsa maggioranza riportata dal Governo e soprattutto ne infirmano il suo valore come affermazione di una volontà nazionale.

Per quanto riguarda lo stato d'animo in Croazia, e in special modo nei circoli del partito demo-rurale ove del resto non sembra per ora vi sia molta fermezza e chiarezza di propositi, trasmetto per conoscenza copia di un rapporto con il quale il R. Console Generale a Zagabria riferisce sulle dichiarazioni che sono state tàtte da Macek ad un suo collaboratore 3• La parte che riguarda l'atteggiamento del Partito di fronte all'Italia e soprattutto le considerazioni circa la politica francese vanno accolte con molta

578' Il console generale a Zagabria, Gobbi, aveva riferito-con rapporto 6374 del 17 dicembre -su un colloquio che Macek aveva avuto con l'ex-ministro Kovacevié e che quest'ultimo aveva riportato ad un suo collaboratore. Circa l'atteggiamento del partito croato nei confronti dell'Italia, Macek aveva detto: «So che dall'antitesi italo-francese il Duce vuole avere qui pace, ma dal nuovo regime non l'avrà, dai croati invece sì. Il Duce sa ciò molto bene; duole pertanto l'atteggiamento anti croato della stampa italiana che segna l'apice delle invettive e delle ingiurie contro i croati nel Corriere della Sera giunto qui oggi». Macek si riferiva, probabilmente ad un articolo pubblicato con il titolo «Nasce il regime di Stojadinovié» sul Corriere della Sera del 13 ottobre. Nell'articolo, mentre si presentavano i risultati delle elezioni jugoslave come un grande successo dell'Unione Radicale di Stojadinovié, veniva sottolineato che Macek era rimasto «isolato sulle sue roccaforti di Dalmazia e di Croazia», dove, per di più, il voto era stato falsato dai metodi intimidatori dei seguaci dell'esponente croato che non avevano esitato a bruciare i raccolti o ad avvelenare il bestiame dei contadini che non simpatizzavano per loro.

riserva ma nell'insieme le parole attribuite al capo croato rispecchiano abbastanza fedelmente la situazione locale all'indomani delle elezioni. Situazione che si presenta alquanto confusa. Macek, sentendo che l'occasione e il momento gli sono favorevoli, cercherà indubbiamente di sfruttare subito un successo innegabile, che in ogni modo è reso ancora più sensibile dall'atteggiamento passivo, e quasi disorientato, del Governo. Ma si ignora, e probabilmente egli stesso ignora, quali protranno essere i suoi obiettivi concreti. Circola la voce, probabilmente fondata, ch'egli chiederà in questi giorni un'udienza al Principe Reggente per esporgli il punto di vista del movimento croato. Sarà, in un certo senso, la consacrazione ufficiale e formale della nuova situazione. Ma, una volta ottenuta questa soddisfazione, la traduzione pratica dei postulati di Macek appare tutt'altro che di facile realizzazione.

Negli ambienti dell'opposizione circolano voci della prossima convocazione di una Dieta croata a Zagabria o in altra località, della quale dovrebbero far parte tutti i deputati croati eletti nell'ultima votazione: o addirittura della proclamazione della Repubblica croata che si rivolgerebbe poi alle Grandi Potenze per ottenere il loro appoggio. Ma sono propositi che non tengono conto delle reali possibilità del movimento croato e che sembra debbano infrangersi dinanzi alla forza dello Stato che è e rimane con tutto il suo peso materiale in mani serbe.

Trasmetto infine un diagramma pubblicato dall'Avala4 con il quale si risponde alle insinuazioni delle opposizioni e si dimostra, con un curioso parallelo con il sistema inglese, che, anche senza la legge elettorale in vigore che assicura automaticamente una larga maggioranza parlamentare, i risultati darebbero a Stojadinovié una netta prevalenza nel nuovo Parlamento.

578 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

579

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 6522/850 R. Tokio, 22 dicembre 1938, ore 14.27 (pe1~ ore 13).

Militari che seguono con molta attenzione questione Tunisi e in genere svolgimento nostre rivendicazioni territoriali mi hanno fatto confidenzialmente sapere essere pronti sostenerci nel modo che noi riterremmo opportuno e a loro fosse possibile per ricambiare appoggio disinteressato avuto da noi in varie circostanze 1•

A proposito dell'azione francese, Macek aveva poi dichiarato: «l francesi hanno condotto, con abilità, secondo le direttive della massoneria, una politica contro Stojadinovié, mirante a scuotere l'influenza tedesco-italiana e sostituirvi l'indirizzo differente già accennato. La finalità fì·ancese è di fare qui una politica anti-italiana per alleggerire la Francia di fronte alle pressanti richieste italiane. Ai risultati a sfavore di Stojadinovié hanno contribuito molto gli impiegati statali. L'azione del generale Nedié e di altre alte autorità militari significa che l'esercito non ha certamente mostrato il suo appoggio a Stojadinovié».

578 ~ Non pubblicato.

579 1 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

580

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE. Berlino, 22 dicembre 1938 1•

Questo Ambasciatore del Giappone, Generale Oshima, mi ha raccontato le sue giornate romane. È stato molto soddisfatto delle conversazioni avute con il Duce e con Te2 .

Tu conosci oramai esattamente le sue idee. Egli è il classico esponente degli ambienti militari nipponici ed è quindi un convinto anti-inglese. L'Inghilterra viene da lui considerata il nemico n. l, prima ancora della Russia.

Egli, come ho telegrafato ufficialmente, mi ha parlato del progetto giapponese dell'ammissione del Manciukuò, insieme con l'Ungheria, nel Patto anticomintern 3 . Credo che il Ministro di Germania a Budapest, von Erdmannsdorff, per incarico del suo collega giapponese, te ne abbia già accennato. Evidentemente, e questa è anche l'idea di von Weizsacker, con il quale ho avuto occasione di parlarne, Germania edItalia non possono sollevare obbiezioni ad una tale adesione. Si tratta solamente di studiare sotto quale forma gli Stati aderenti entrino a far parte de li'Accordo, che ha, per così dire, tre Stati fondatori: Italia, Germania e Giappone. È una questione di carattere puramente formale che sarà senza dubbio sollecitamente risolta.

Certamente il tema dell'adesione ungherese al Patto sarà tra gli argomenti che verranno trattati nelle conversazioni Csaky-Ribbentrop. previste per il prossimo gennaio 4 .

581

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 6391/2693. Londra, 22 dicembre 1938 (per. il 26). Telegramma di V.E. n. 252 1•

D'accordo con questo ambasciatore di Germania, che ha svolto passo analogo, ho fatto oggi a Plymouth una comunicazione sulle linee del telegramma di questa ambasciata n. 828 2 .

580 è Sulle conversazioni avute da Oshima con Mussolini e con Ciano non è stata trovata documentazione. Per il colloquio con Mussolini vi è nel Diario di Ciano questa annotazione sotto la data del 15 dicembre: «[Oshima] ha attaccato la Russia ed ha detto che il Giappone intende smembrarla in tanti Stati da rendere vano e assurdo ogni pensiero di rivincita; ha detto che il Giappone vuole eliminare ogni interesse britannico in Cina e in genere nel Pacifico. Ha prospettato in luce tragica la posizione inglese nelle Indie. Il Duce ha ripetuto le consuete argomentazioni sulla necessità di ritardare la trasformazione del Patto ed ha indicato quale sarebbe l'epoca in cui prenderà le sue decisioni: quella che va da metà gennaio a metà febbraio».

580 4 Il documento ha il visto di Mussolini. 581 1 Vedi D. 519, nota 5. 581 2 Vedi D. 519.

Plymouth mi ha risposto che comprendeva pienamente il punto di vista del Governo Fascista sulla situazione presente del «non-intervento», in seguito alle conclusioni tratte da Hemming nel corso della sua visita a Burgos e registrate nel suo recente rapporto. Egli, Plymouth, non era un esperto in diritto internazionale e non si sentiva quindi in grado di esprimere un giudizio sulla questione della belligeranza; ma era pronto ad ammettere la fondatezza della tesi che il Governo di Franco ha, e da tempo, tutti i requisiti richiesti per essere riconosciuto quale belligerante. Il Governo Britannico tuttavia, nel sottoscrivere la risoluzione del 5 luglio, si era vincolato a riconoscere la belligeranza solo in certe determinate condizioni, e con certe contropartite. Lo scopo principale che il Governo Britannico persegue di fronte al problema spagnolo, è quello di impedire o limitare le sue ripercussioni sulla politica di pace e distensione in Europa ed a questo fine esso vorrebbe vedere al più presto ritirati dalle due parti in Spagna tutti i volontari stranieri. Questa considerazione ha spinto il Governo Britannico, fin dal luglio 1937, a collegare e rendere interdipendenti fra loro la questione della belligeranza con quelle del ritiro dei volontari e del controllo. «Franco ora--ha continuato Plymouth-rifiuta questo collegamento: vuole avere la belligeranza incondizionata, e senza impegnarsi a nulla. Voi capirete come, insieme al Governo Britannico, altri Governi egualmente vincolati dalla risoluzione del 5 luglio 3 si trovino oggi in un certo imbarazzo».

Ho fatto osservare a Plymouth che il Governo Fascista fin dall'inizio, pur accettando il collegamento tra belligeranza, controllo e ritiro dei volontari, aveva sostenuto che la belligeranza doveva essere riconosciuta per prima, trattandosi di un diritto che, senza alcuna giustificazione plausibile era stato fino allora negato al Governo Nazionale Spagnolo. D'altra parte, la situazione generale si era fondamentalmente mutata dal giorno in cui il piano britannico era stato per la prima volta sottoposto al Comitato nel luglio 1937 e bisognava camminare con i tempi se si voleva fare qualcosa di concreto e di utile. Comunque, non vedevo nel rapporto Hemming nulla che potesse indurre a pensare che Franco, una volta ottenuti i diritti di belligeranza, non sarebbe stato disposto a entrare in trattative in vista di un ritiro completo dei volontari.

Plymouth ha replicato che si rendeva conto di tutte le considerazioni che gli svolgevo, ma che-per il momento-non poteva fare altro che ripetermi quanto, sul problema della belligeranza, avevano recentemente dichiarato, in riunioni pubbliche e in Parlamento, membri responsabili del Governo Britannico, a cominciare dal Primo Ministro nel suo discorso del 19 dicembre (mio fonogramma n. 843 4). «Ma voi sapete-ha continuato Plymouth con ovvio accenno al prossimo viaggio a Roma di Chamberlain-che personalità molto più alte ed autorevoli di me hanno preso in mano questa questione della belligeranza, e si propongono di trattarla con i Capi

responsabili dei Governi interessati. Non spetta dunque a me aggiungere altro in questo momento».

Plymouth mi ha poi chiesto di fargli avere un appunto scritto che contenesse il sunto della comunicazione che gli avevo fatto a nome del mio Governo. Ha aggiunto che aveva rivolto la stessa richiesta ali' Ambasciatore di Germania, il quale era stato da lui poco prima di me, e che Dirksen aveva acconsentito.

Effettivamente Dirksen mi ha immediatamente dopo ragguagliato sul contenuto del suo colloquio con Plymouth, e mi ha detto che aveva promesso a Plymouth di inviargli un appunto che sunteggiasse la comunicazione fattagli.

Dirksen e io siamo rimasti d'accordo che avremmo sottoposto ai nostri rispettivi Governi, per la loro eventuale approvazione, i progetti di comunicazioni scritte da farsi a Plymouth.

Tanto il progetto che invio qui allegato quanto quello che sottoporrà Dirksen al suo Governo, sono stati concordati tra noi due e seguono in sostanza le stesse linee, con poche varianti nella torma, dovute anche al fatto che il testo di Dirksen è redatto in tedesco, mentre il nostro è redatto in italiano.

Sarò grato a V.E. volermi far conoscere se non ha obiezioni a che io faccia pervenire a Plymouth l'appunto da lui richiesto, ed in tal caso se V.E. approva l'unito progetto di comunicazione 5 .

ALLEGATO

Il Governo Fascista avendo esaminato attentamente il rapporto presentato dal signor Hemming circa la sua ultimata missione presso il Governo Nazionalista Spagnolo, precisa come segue il proprio punto di vista al riguardo:

0 ) Il Governo Fascista condivide l'opinione espressa dal signor Hemming nel suo rapporto, nel senso che qualsiasi progetto diretto a conseguire il ritiro dei volontari stranieri sarebbe destinato a insuccesso sin quando non venissero riconosciuti senza condizioni o riserve i diritti di belligeranza al Governo Nazionale Spagnolo. Il Governo Fascista, confermando del resto a questo riguardo l'opinione da esso sostenuta sin dagli inizi del conflitto spagnolo, considera che la richiesta del Governo Nazionale è pienamente giustificata in linea di diritto, in vista del fatto che il Generale Franco è il capo di un Governo che ha tutti i requisiti richiesti a tal uopo dal diritto internazionale, e che, oltre controllare i due terzi del territorio spagnolo, ha già ricevuto un riconoscimento, dejure o de facto, dalla maggioranza degli altri Stati. Una ulteriore giustificazione per il riconoscimento dei diritti di belligeranza è data, a giudizio del Governo Fascista, dal fatto che il generale Franco ha già proceduto alla evacuazione di l 0.000 volontari stranieri mentre dali' altro lato, come viene spiegato ai paragrafi 6, 7 ed 8 delle Conclusioni presentate dal signor Hemming, le premesse e le considerazioni tecniche che erano a fondamento del piano del 5 luglio sono state nel frattempo superate dagli avvenimenti.

2°) Il Governo Fascista è d'opinione che un ulteriore viaggio del signor Hemming in Spagna non sarebbe, nelle presenti circostanze, suscettibile di condurre ad alcun risultato utile.

3°) Il Governo Fascista accoglie con favore le considerazioni espresse dal signor Hemming nel suo rapporto circa la possibilità di procedere ad una riduzione del costo dello Schema per il ritiro dei volontari. Esso anzi ritiene necessaria una radicale revisione e riduzione di questi costi nonché di tutti gli altri contributi mensili.

4°) Circa la procedura da seguirsi, il Governo Fascista ritiene che il rapporto del signor Hemming dovrebbe essere esaminato in uno scambio di vedute per via diplomatica tra le cinque potenze che ebbero a conferire al signor Hemming il mandato di recarsi in Spagna.

5°) Il Governo Fascista attribuisce la massima importanza alla continuazione della politica del non intervento alla quale per parte sua intende pienamente collaborare. l l Governo Fascista sarebbe dolente se altri Stati dovessero ritirarsi dal Comitato di Non-intervento. Qualora tuttavia vi fossero Governi che ritenessero adottare una simile decisione, il Governo Fascista confida che i Governi in parola vorranno ciò nonostante continuare a considerarsi impegnati dai principi del non-intervento.

6°) In vista della grande pubblicità data dalle autorità di Barcellona alla Commissione colà inviata dalla Società delle Nazioni in relazione al ritiro dei volontari, il Governo Fascista desidera fin d'ora far presente che esso non potrà che declinare di accettare come base di discussione in seno al Comitato le conclusioni e i risultati raggiunti dalla predetta commissione. Il Governo Fascista considera la Commissione della Società delle Nazioni come non esistente c gli risulta che tale opinione è condivisa dal Governo Nazionale Spagnolo.

580 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

580 3 Vedi D. 575.

581 1 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 289.

581 4 T. 6492/843 R. del 20 dicembre. Nel suo discorso ai Comuni del 19 dicembre Chamberlain aveva dichiarato, a proposito del riconoscimento dei diritti di belligeranza alle due parti spagnole, che il governo britannico non intendeva procedere a tale riconoscimento fino a quando vi fossero state forze straniere in Spagna. Altrimenti, il governo britannico avrebbe riconosciuto i diritti di belligeranza solo ai termini del piano adottato dal Comitato di non intervento il 5 luglio precedente. Il testo del discorso è in Relazioni Internazionali, pp. 890-891.

581 5 Ciano rispondeva con T. 20483/260 P.R. del 28 dicembre: «Vostro rapporto n. 6391/2693. Potete rimettere a Plymouth promemoria allegato rapporto surriferito, sempre che Dirksen riceva istruzioni nello stesso senso».

582

IL MINISTRO A PRAGA, FRANSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2032/1333. Praga. 22 dicembre 1938 (pa il 30).

Il viaggio di Vostra Eccellenza a Budapest 1 è stato seguito con viva attenzione da questa stampa. Subito si è qui avuta la sensazione che si trattasse di un avvenimento importante tanto che il Ceske Slavo ha senz'altro parlato di «avvenimento del giorno».

«Nel Governo trovo un'aria nuova. Parlo con tì·anchezza di quella che dovrà essere la nuova politica magiara: adesione aperta, sicura non equivoca all'Asse. Sono tutti d'accordo, benché l'atmosfera sia di aperta ostilità nei confronti della Germania. Si teme la Germania. Csaky non nasconde la sua ansia e lmredy del pari. Ciò spiega l'intransigenza mostrata nei confronti del partito ungarista di Szalazy, che però guadagna terreno nella gioventù. Assicuro gli ungheresi che noi non permetteremmo mai alla Germania di agire verso l'Ungheria come è stato agito nei contì·onti dell'Austria. Vi erano ben altre ragioni che rendevano logica, quindi accettabile una tale politica. Questa mia affermazione dà molta tranquillità ai miei interlocutori. l quali, infine, giungono a concretare la loro politica su queste basi: adesione al Patto anti-comintern dopo il viaggio di Csaky a Berlino: uscita da Ginevra a maggio, dopo aver provocato una crisi con la S.d.N. presentando un memoriale sulle minoranze che sia assolutamente inaccettabile; riavvicinamento alla Jugoslavia. A tal fine mi pregano di volere, in occasione del mio prossimo incontro con Stojadinovié, mettere le basi di un accordo. Ciò va molto bene. Niente deve essere fatto che possa acquistare un gusto antigermanico, ma è bene che, ad ogni fine, venga stretto il blocco tra l'Italia, la Jugoslavia e l'Ungheria.

Si è posto, fra l'altro, in evidenza come l'amicizia itala-ungherese sia ormai da considerarsi una «costante» della politica europea. Tale amicizia-si è dettoha fruttato ali 'Ungheria la revisione delle frontiere cecoslovacche, ma il lodo arbitrale di Vienna ha lasciata insoddisfatta quella parte degli ungheresi che puntava sull'occupazione della Russia Subcarpatica e magari della Slovacchia. A causa di tale insoddisfazione-scrive il Ceske Slavo si rende necessario un consolidamento del governo di Imredy ed il viaggio del ministro italiano servirebbe appunto a rafforzare la politica di Imredy. I Narodni Listy hanno pubblicato che il viaggio di Vostra Eccellenza avrebbe lo scopo di conciliare gli interessi della politica dell'asse Roma-Berlino con quelle dell'amicizia itala-ungherese. E l'odierno Abendzeitung mette in rilievo che il risultato della visita di V.E. sarà un avvicinamento fra Budapest e Belgrado, che prelude alla formazione di un nuovo blocco: ItaliaUngheria-Jugoslavia2.

582 1 Ciano era stato in visita ufficiale a Budapest dal 19 al 21 dicembre. Sui colloqui avvenuti in quella occasione vi è, da parte italiana, soltanto quanto lo stesso Ciano annotava nel suo Diario:

583

L'AMBASCIATORE IN CINA, TALIANJ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6543/451 R. Shanghai, 23 dicembre 1938, ore 13 (pa ore 6 del 24).

Notizie stampa circa prestito americano e inglese a Chiang Kai-shek trovano qui piena conferma. All'ambasciatore d'Inghilterra e all'incaricato d'affari di Francia 1 che dimostravano apertamente gioia e soddisfazione feci subito presente pericolo insito nel gesto e inevitabili rappresaglie giapponesi.

Come è noto, Londra si è decisa a seguire Washington soprattutto in seguito all'appello della Camera di Commercio appoggiato da calorosi telegrammi dell'ambasciatore e dell'ammiraglio inglesi. In essi si diceva che tutte le piccole ditte inglesi sono sull'orlo del fallimento e che le grandi imprese, se la Gran Bretagna non adotterà subito una decisa politica di resistenza e di difesa, saranno obbligate a venire a disastrosi patti col Giappone.

Nei confronti della Romania, lo stato d'animo ungherese è molto ostile. Me ne ha tàtto un cenno Csaky, subito interrotto da lmredy che aveva previsto le mie obiezioni. Ma più apertamente mi ha parlato il Reggente di un possibile attacco contro la Romania, dicendo anche che il Duce a Roma gli avrebbe significato la sua approvazione per un'azione del genere. Ho messo acqua nel vino. Ed ho lasciato intendere che una decisione del genere meriterebbe un riesame alla luce delle situazioni che si sono successivamente prodotte».

Si vedano in proposito anche le dichiarazioni di Ciano al ministro di Germania a Budapest, von Erdmannsdorff, in DDT, vol. V, D. 265.

La gioia prodotta dalla notizia del prestito è stata però di assai breve durata, non tanto per la reazione giapponese, quanto perché l'aiuto finanziario anglo-americano è considerato troppo inferiore ai bisogni. Finita la breve oscillazione favorevole nei cambi, si ammette che i prestiti delle due grandi Potenze democratiche non potranno per nulla modificare la situazione. Chung-King si aspettava di più e apprezza di più collaborazione della Russia che avrebbe fornito in questi giorni 180 aeroplani. Inoltre si sottolinea che a garanzia dei prestiti suddetti (soltanto l'americano è garantito dallo Stato per il 70%) si insisterebbe per concessioni minerarie e industriali.

L'evidente carattere politico del gesto anglo-americano si stempera dunque nell'urto di contradittori fattori: esso non fa che complicare la situazione e acuirla dando buon motivo allo Stato Maggiore giapponese per intensificare la sua intransigenza.

A detta dei maggiori esponenti finanziari britannici bisogna oggi contentarsi di considerare aiuto anglo-americano soltanto come un concorso per galvanizzare e mettere in valore le cinque province ancora controllate da Chiang-Kai-shek e per conservare almeno in Cina un campo libero alle iniziative straniere e in grado di fornire ancora buoni guadagni: il che è anche nei voti di questa ambasciata di Germania. Una riassicurazione insomma contro le perdite scontate e previste nella Cina centrale e settentrionale.

Comunicato Roma e Tokio 2•

582 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

583 1 Frédéric Knobel.

584

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6538/849 R. Tokio, 23 dicembre 1938, ore 15 (per. ore 7,15 del 24).

Nessuna decisione presa ancora circa costituzione governo centrale cinese. Vi sono inoltre difficoltà per mettere d'accordo governo Pechino con quello di N anchino e per di più Wu Pei-fu non si decide ancora ad accettare di porsi a capo governo centrale. Intanto, operazioni contro Cina sono state sospese e si provvede alla riorganizzazione territori occupati. Si approfitta di questa sosta per il riordinamento ed il completamento truppe che hanno molto sofferto a causa fatiche e disagi ultimi mesi 1•

584 1 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

583 2 Il documento fu inviato in visione a Mussolini.

585

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6566/0105 R. Varsavia, 23 dicembre 1938 (per. il 27). Miei telegrammi nn. 260 e 261 1•

A quanto mi risulta non sembra che il colloquio avuto il 15 corr. dall'ambasciatore Lipski col signor Ribbentrop abbia rivestito quell'importanza chiarificatrice che si riprometteva questo ministro degli Affari Esteri. Ad ogni modo, ho l'impressione di un lieve miglioramento nella situazione dei rapporti tra la Polonia e la Germania rispetto alle ultime settimane. Peraltro, l'insieme dei rapporti stessi rimane influenzato da elementi negativi e da altri positivi. Tra i primi occorre tener presente la persistente convinzione polacca che il movimento ucraino riceva incoraggiamenti dalla Germania, alla quale farebbero capo i diversi comitati di agitazione che, secondo quanto si afferma a questo ministero degli Affari Esteri, sarebbero stati costituiti non solo in Cecoslovacchia ma anche in altri centri come a Kovno ed a Memel. Un'altra ragione di malessere è certamente costituita dalla divergenza di vedute tra Varsavia e Berlino sul modo di considerare le questioni relative a Danzica, il governo tedesco non sembrando disposto a tener conto dello Statuto della città Libera, che considera ormai sorpassato dagli avvenimenti. Elemento positivo invece è il vivo desiderio del signor Beck, che sembra di essere in ciò assecondato anche da Berlino, di non inasprire la situazione, di risolvere anzi le attuali questioni nello spirito dell'accordo del 1934 2 . Allo stato delle cose è lecito quindi sperare che un chiarimento effettivo possa essere raggiunto. Comunque è da prevedere che le conversazioni fra i due governi saranno lunghe e laboriose.

586

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 6564/0 l 07 R. Varsavia. 23 dicembre 1938 (per. il 27).

All'impressione di sorpresa prodotta dall'enunciazione delle nostre rivendicazioni nei confronti della Francia è subentrato qui un senso di preoccupazione di cui si è fatto anche eco nei giorni scorsi a fini polemici qualche giornale di opposizione. In sostanza, in questi circoli politici, com'è noto estremamente sensibili all'atteggiamento delle gran

di Potenze, si va facendo strada il timore che, qualora l'Italia si dovesse trovare impegnata a fondo in Occidente, sarebbe portata ad allontanarsi dai problemi che riguardano l'Europa Orientale; dal che deriverebbe in questo settore una maggiore libertà di azione tedesca che potrebbe in definitiva svolgersi anche ai danni degli interessi polacchi.

585 1 Vedi DD. 545 e 554. 585 2 Vedi D. 554, nota 2.

587

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 9176/2733. Berlino, 23 dicembre 1938 (per. il 28).

Ho chiesto in questi giorni tanto all'Ambasciatore di Polonia, Signor Lipski, quanto al Segretario di Stato della Wilhelmstrasse, von Weizsacker, se vi siano novità nei rapporti tedesco-polacchi. E ciò particolarmente nei confronti delle varie voci che, specialmente a seguito delle divergenze sorte quale conseguenza della crisi cecoslovacca tra Varsavia e Berlino, vorrebbero che le relazioni tra i due Paesi, basate sempre sull'Accordo del 1934 1 , siano oggi meno buone che non nello scorso inverno.

Ambedue mi hanno confermato che sostanzialmente non esiste nulla di nuovo.

Nessun oggetto di divergenza è stato posto ufficialmente sul tappeto della discussione. E anche il problema ucraino non è mai stato sottoposto ad una qualsiasi conversazione. Tutto procede come per il passato.

Questo da un punto di vista ufficiale. Ma indubbiamente l'ingranaggio dell' Accordo polacco-tedesco non funziona più tanto agilmente come in precedenza. Da una parte esiste sempre, ed è inutile negarlo, la circostanza che per i Tedeschi di oggi, anche dopo l'Austria e la Cecoslovacchia, i problemi più vivi e sentiti sono quelli relativi alle minoranze tedesche viventi oltre i confini della Patria. E la questione delle popolazioni tedesche del Corridoio e della Slesia polacca è sempre, anche se in sordina, ali'ordine del giorno.

Ho, in proposito, altra volta accennato al fàtto che negli ambienti dirigenti tedeschi e, a quanto mi è stato assicurato da fonte assolutamente sicura, nell'animo dello stesso Fuhrer, l'atteggiamento tenuto dai Polacchi nei confronti dei Tedeschi nelle zone cecoslovacche passate alla Polonia, ha prodotto un'impressione oltremodo penosa. Tutte le scuole e le istituzioni tedesche, che vivevano e fiorivano sotto il Governo di Praga, sono state immediatamente chiuse. E lo stesso von Weizsacker ieri si esprimeva esattamente così: «Una persona di quei Paesi mi ha detto che per venti anni, sotto il Governo cecoslovacco, si era in Paradiso ed ora invece ... ».

D'altra parte, tutti i programmi che vengono ora attribuiti alla Germania nell'Oriente europeo, da Memel aii'Ucraina, sono fatti per dare fastidio alla Polonia. E il carattere dei Polacchi, estremamente diftìci1e, reagisce nervosamente a questa situazione.

Circa il Corridoio, non è stato possibile fino ad ora trovare un qualche sistema che renda meno penosa per la Germania la netta separazione di una provincia, di così alto significato politico e storico quale la Prussia Orientale, dal nuovo grande Reich tedesco. Oggi la Prussia Orientale è di fatto una vera e propria «isola».

I Tedeschi hanno tentato a più riprese di persuadere la Polonia a concedere la costruzione di una grande autostrada, eventualmente sopraelevata (ricordo in proposito un primo progetto del nostro Senatore Puricelli), capace di collegare direttamente le due Prussie e di permettere il libero transito automobilistico dei Tedeschi, senza difficoltà di passaporti e di cambi monetari. Ma la Polonia è stata irremovibile.

Ora il problema torna indirettamente a riaffacciarsi a seguito della nota concessione che il Governo cecoslovacco ha dovuto fare alla Germania, permettendo la costruzione della grande autostrada fra Breslavia e Vienna, attraverso Bri.inn, la quale per ben 65 km. correrà in territorio cecoslovacco. Mi riferisco in proposito al telespresso di questa R. Ambasciata

n. 8124/2447 del23 novembre u.s. 2 e al telespresso dell'E.V. n. 241926/c. del 17 dicembre3 , contenente una comunicazione della nostra R. Legazione in Praga relativa alle dichiarazioni fatte alla stampa cecoslovacca, in merito a quella autostrad~ dal Ministro dei Lavori Pubblici di Cecoslovacchia, Generale Husarek.

Da quelle dichiarazioni si ha la conferma, anche da parte cecoslovacca, che la strada sarà di proprietà della Società germanica e che la Polizia stradale sarà tedesca. In altre parole si creerà una vera e propria extraterritorialità a favore dei Tedeschi per quella arteria che taglierà nettamente in due la Cecoslovacchia, distaccando la Boemia dai Paesi slovacchi. La strada, per la cui costruzione verranno occupati circa 40.000 operai, dovrebbe essere pronta entro il 1940.

È chiaro che i Tedeschi, forti di questo esempio, non mancheranno di fare nuove pressioni sulla Polonia per ottenere altrettanto attraverso il Corridoio. Ma evidentemente la situazione è ben diversa e tutto fa prevedere una nuova vivace resistenza da parte di Varsavia4•

587 1 Vedi D. 554, nota 2.

588

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA

LETTERA PERSONALE l 0628. Roma, 24 dicembre 1938.

Ho rilevato che alcuni organi della stampa francese (specialmente il Figaro, la Liberté e I'Information) dimostrano una certa comprensione per l'attuale atteggiamento dell'Italia nei riguardi della Francia e non escludono la possibilità di ricercare

587 3 Non rintracciato. 587 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

un accordo su basi diverse da quelle del gennaiO 1935 venendo in qualche modo incontro ai nostri desideri.

Sarà opportuno che codesta Ambasciata si adoperi ad incoraggiare tali correnti di opinione segnalandomi se del caso la necessità di disporre di appositi fondi riservati.

Per quanto concerne la Liberté, questo Ministero avendo già avuto precedenti contatti col giornale, vi provvederà direttamente 1•

587 2 Non pubblicato.

589

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 11332/5955. Parigi, 24 dicembre 1938 (pe1: il 28).

L'altra sera in casa di un comune amico ho avuto occasionalmente una conversazione coll'ex Presidente del Consiglio Flandin. Era molto seccato per la denunzia da parte nostra degli accordi del '35 1 , di cui si considerava anch'egli fattore responsabile. Mi disse che «la tanto auspicata unanimità dei francesi si era ricostituita ora finalmente dopo molto tempo, ma, con vivo suo rincrescimento, contro l'Italia».

Riconosceva che Stresa2 era superata, non disperava che un giorno si potesse, malgrado tutto, raggiungere un nuovo accordo fra i nostri due Paesi, ma dato lo stato d'animo dell'opinione pubblica francese ed il rafforzamento che derivava al Gabinetto Daladier dall'avere assunto un atteggiamento intransigente verso l'Italia (atteggiamento che appunto gli aveva dato modo di cambiare la sua maggioranza parlamentare), riteneva che molto tempo dovesse trascorrere prima che si riformasse un'atmosfera propizia a nuovi negoziati.

Feci naturalmente del mio meglio per illustrare a Flandin la nostra tesi e gli lasciai considerare poi quanto esagerate, anzi volutamente esagerate, fossero state le reazioni della stampa francese e le manifestazioni di piazza organizzate specialmente a Tunisi per rispondere ad una dimostrazione parlamentare di cui il Governo italiano aveva dichiarato non assumere alcuna responsabilità e che quindi era per lo meno da equipararsi ad una di quelle tante dimostrazioni avvenute nel Parlamento francese contro l'Italia fascista.

589 1 Vedi D. 566. 589 2 Riferimento agli accordi itala-franco-britannici dell'aprile 1935 (vedi serie settima, vol. XVI,

D. 922). Per gli accordi itala-francesi del gennaio 1935 si veda ibid, D. 403.

Poichè lo stesso Flandin ammetteva che Stresa fosse ormai superata, occorreva pure trovare nuove basi su cui poggiare i rapporti italo-francesi, e dare una soluzione diversa alle questioni pendenti.

Bisogna pure, gli dissi, che in Francia si persuadano una buona volta che l 'opinione pubblica non è un monopolio dei Paesi democratici ma che anche in Italia Paese totalitario-ce n'è una, ed il Governo deve tenerne conto quanto e più di qualsiasi governo democratico.

I miei ragionamenti non ebbero naturalmente effetto alcuno, giacché, quanto lo stesso Flandin ebbe a dirmi corrisponde esattamente a verità: nel momento attuale l'unanimità dei francesi si è fatta contro di noi. il vecchio sciovinismo delle destre si è unito facilmente al neo-bellicismo delle sinistre in un comune ritornello patriottico al cui suono il Governo Daladier raddrizza la testa, e fa votare i sacrifici finanziari imposti al Paese e i considerevoli aumenti delle spese militari.

Così il patriottismo risvegliato, la già raggiunta potenza degli armamenti, l'innegabile grande ricchezza del Paese che rende trascurabili le vicende della moneta, la fiducia nell'aiuto inglese, la persuasione che la Germania non spingerà fino alle ultime conseguenze il suo appoggio all'Italia nelle questioni mediterranee ed africane imbaldanziscono il pubblico francese ed anche i suoi dirigenti.

Flandin mi dette l'impressione che una cosa sola lo rendesse un poco perplesso, e cioè la prossima visita di Chamberlain a Roma di cui qui si sarebbe tanto volentieri visto il rinvio3•

588 1 La risposta dell'ambasciatore Guariglia è qui pubblicata come D. 603.

590

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 11343/5962. Parigi, 24 dicembre 1938 1•

A telespresso n. 242300-A.E.M. Uff. I del21 corr. 2 . Leggo il rapporto del R. Ambasciatore a Berlino circa la visita di Ribbentrop a Parigi.

Constato che malgrado le amplificazioni che quest'ultimo ha potuto, a mente riposata, dare alla sua conversazione col predetto Ambasciatore, risulta confermato quanto riferii a V.E. col mio telegramma n. 233 del 6 dicembre 3 . E cioè:

l) Che Ribbentrop ha sostanzialmente escluso un possibile parallelismo della questione dei sudeti con quella degli italiani a Tunisi, ciò che ha dato naturalmente ai francesi l'impressione che questa seconda non potrà assumere forme di azione politica analoghe a quelle assunte dalla prima.

590 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 590 2 Non rintracciato. Probabilmente ritrasmetteva il D. 522. 590 3 Vedi D. 507.

2) Che Ribbentrop ha mostrato ai francesi di essere assolutamente ignorante non solo della questione tunisina, ma di tutte le altre questioni itala-francesi attualmente pendenti, ciò che ha dato, come è logico, ai francesi la sensazione che un polo dell'asse Roma-Berlino ha trascurato di informarsi, prima di concludere un accordo con la Francia, dei problemi interessanti l'altro polo.

Questa trascuranza è apparsa ai francesi come scarso interessamento da parte tedesca alle cose che maggiormente stanno a cuore dell'Italia e li ha resi perciò scettici sulle probabilità che il governo germanico voglia snudare la spada per difendere questioni che il suo Ministro degli Esteri neanche conosce, né si dà pena di conoscere. Ma forse il signor Ribbentrop ci dirà che la sua affettata ignoranza era nient'altro che un'astuzia diplomatica.

3) Che la Germania malgrado i giudizi pronunziati dal signor Ribbentrop sulla situazione interna della Francia (giudizi che rassomigliano a quelli ormai stereotipati sulla politica francese) desidera il rafforzamento del Gabinetto Daladier. Ora è proprio il Gabinetto Daladier che fonda le sue fortune su di un atteggiamento di violenta ripulsa delle rivendicazioni italiane.

L'affermazione finale del signor Ribbentrop che «la Germania ha bisogno di pace» dimostra a sufficienza il tono che egli ha dato alle conversazioni da lui tenute a Parigi, e conferma quanto ho già detto a V.E. col mio rapporto del 16 dicembre corrente n. 11157/58734 che la visita dei Ministro degli Affari Esteri tedesco non ha certo giovato all'impostazione delle nostre questioni con la Francia.

Meno male che egli ha avuto qui agio di constatare (vedi pagina 5 del rapporto cui mi riferisco) che la Francia «non ama l'asse Roma-Berlino». Occorreva certo fare un viaggio in Francia, patria del signor de la Palisse, per proclamare questa lapalissiana verità.

589 3 Il documento ha il visto di Mussolini.

591

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3443/1303. Roma, 24 dicembre 1938 (per. stesso giorno).

Il Papa, rispondendo stamane agli auguri del Sacro Collegio ha pronunciato un discorso che concerne esclusivamente l'Italia.

Invio, qui, unito, il testo stenografico rimessomi da Mons. Pucci. Il testo ufficiale sarà pubblicato da L 'Osservatore Romano probabilmente questa sera stessa.

Il Pontefice ha preso per argomento del suo discorso la Conciliazione e ha elevato aspre lagnanze. Sapevo di lamentele degli ambienti vaticani per fatti accaduti a Messina e Torino. Ieri la Segreteria di Stato ha informato il Consigliere deli' Ambasciata della situazione che si è venuta creando a Milano. Gli incidenti di Bergamo sono stati composti e, per quanto mi risulta, vi è pace in quella provincia.

La reazione del Pontefice mi sembra, a prima vista, sproporzionata ai fatti. Ma essa è senza dubbio dettata dal timore del peggio. La Santa Sede ha l'impressione che da noi sia in atto la tendenza di pesare sempre più la mano sui cattolici. Essa teme, considero mio dovere dirlo, più che il Governo Fascista, l'indirizzo ostile che il Partito sembra volere adottare verso la Chiesa cattolica 1•

590 4 Riferimento errato. Il telespresso 11157/5873, che è del 17 dicembre, qui pubblicato come D. 569, si riferisce ad altro argomento. Sui riflessi negativi che, secondo l'ambasciatore Guariglia, la visita a Parigi di von Ribbentrop aveva avuto sulla posizione dell'Italia nei confronti della Francia, si veda il D. 517.

592

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE. Berlino, 24 dicembre 1938 1•

Come conosci, negli scorsi giorni io feci direttamente a von Ribbentrop, a norma dell'istruzione contenuta nel tuo telegramma n. 461 2 , la comunicazione relativa alla situazione italo-francese. Comunicai quindi che «prima che sia trascorso un certo tempo non intendiamo svolgere alcuna azione diplomatica in rapporto a quanto è avvenuto e non prenderemo l'iniziativa di un'eventuale azione. Informeremo in ogni modo tempestivamente il Governo del Reich» 3 .

Ora, ieri sera e stamane tutta la stampa tedesca ha dato rilievo alla comunicazione da noi fatta al Governo francese circa il nostro punto di vista nei confronti dell' Accordo franco-italiano del 1935 4 , che consideriamo decaduto.

Ti sarei grato se tu volessi cortesemente farmi comunicare cosa contenga esattamente questa nostra dichiarazione diretta a Parigi e se significhi l 'inizio di una nostra azione diplomatica nei confronti dei problemi franco-italiani. E ciò in vista appunto di quella nostra comunicazione ai Tedeschi, alla quale ho sopra accennato.

592 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 592 2 Vedi D. 537. 592 3 Vedi D. 549. 592 4 Vedi D. 566.

591 1 Sul documento vi è questa annotazione «Visto dal Duce e da S.E. Ciano. Originale al Gabinetto».

593

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6563/858 R. Tokio, 26 dicembre 1938, ore 10 (per. ore 4,35 del 27).

Dichiarazioni ufficiali giapponesi, persino quelle di militari, hanno sempre intonazione tratta da pacifismo filosofico confuciano, rispettano principio convenientemente collegandosi con dichiarazioni precedenti di cui ripetono maggior parte concetti con vecchie e nuove parole e rifuggono pertanto verbalmente da cosiddetto colpo di scena.

Tutto ciò può asserirsi una volta di più circa recenti dichiarazioni di Konoye 1 di cui agenzie hanno telegrafato sunto e di cui trasmetto per posta testo ufficiale. Nuove condizioni pace specificate ora dal Primo Ministro contenute in nuce in quelle offerte alla fine scorso anno da Hirota2 . Differenze maggiori sono che Hirota non accentuava interessi economici giapponesi nel nord, parlava di indennità e prometteva di rispettare concessioni straniere Shanghai. Circa tale questione, Konoye, pur non dicendo apertamente il contrario, avvisa indirettamente terzi Stati di rassegnarsi a perderle tutte in quanto afferma possibilità restituzione Cina di ogni concessione e stabilimento giapponese. Secondo ambasciatore di Germania, tale ultimo concetto non era stato compreso nella prima stesura delle dichiarazioni ed è stato aggiunto all'ultimo momento come rappresaglia per prestito anglosassone alla Cina già concesso o in procinto concessione. Ad ogni modo, mi sembra mossa abile perché sollecita amor proprio Cina e mette in difficile posizione Chiang Kai-shek.

Credo che sarebbe utile cominciassimo considerare quali compensi chiedere in cambio nostre rinunzie. Se, come sembra fatale, vi si dovrà giungere sarà utile essere i primi per far virtù della necessità e trarre vantaggio.

Comunicato Roma e Shanghai.

593 1 Il 22 dicembre, il Primo Ministro, Konoye, aveva dichiarato che il Giappone desiderava creare insieme alla Cina e al Manciukuò un Nuovo Ordine nell'Asia Centrale, basato innanzitutto sulla comune difesa contro il comunismo. Sul piano economico, il Giappone non intendeva instaurare un suo monopolio in Cina, né chiedere alla Cina di limitare gli interessi di quelle Potenze che avessero «compreso» il Nuovo Ordine ma chiedeva che gli fossero riconosciute delle tàcilitazioni per lo sviluppo delle risorse naturali della Cina, specie nelle regioni settentrionali. Il Giappone, infine, non solo voleva rispettare la sovranità della Cina ma era «disposto ad esaminare seriamente le questioni dell'abolizione dell'extra-territorialità e dell'abolizione delle concessioni e dei settlements stranieri, questioni che sono necessarie per la piena indipendenza della Cina». Il testo delle dichiarazioni di Konoye è in Relazioni Internazionali, p. 892.

593 2 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 737.

594

L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, FRANçOIS-PONCET, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA. Roma, 26 dicembre 1938.

Parsa lettre du 17 Décembre 1 Votre Excellence a bien voulu me faire savoir que, de l'avis du Gouvernement Royal, les rapports franco-italiens ne sauraient avoir pour base à l'heure présente les accords de 1935 2•

Votre Excellence estime devoir appuyer cette opinion d'observations de caractère à la fois juridique et politique.

D'une part, le traité franco-italien pour le règlement des intérèts réciproques en Afrique n'ajamais été parachevé, Jes négociations pour la stipulation de la convention spéciale concernant la Tunisie, qui devait entrer en vigueur à la mème date que le Traité, n'ayant pas été entreprises.

D'autre part, !es événements politiques survenus depuis 1935, et notamment l'attitude de la France dans l'affaire d'Ethiopie, auraient «vidé de Jeur contenu» ces accords qui se trouveraient aujourd'hui «historiquement dépassés».

Sans vouloir discuter Jes conséquences que peut comporter une telle communication mon Gouvernement se doit de formuler !es constatations suivantes:

l) Les accords du 7 Janvier 1935 qui ont établi la base du règlement de tous ]es différends subsistant entre la France et l'Italie et qui avaient pour objet d'assurer le développement de leurs relations amicales ont été approuvés à l'unanimité moins neuf voix par le Parlement francais les 22 et 26 Mars 1935. Si les ratifications n'ont pu en ètre échangées, par suite de l'ajournement de l'établissement de la Convention Tunisienne3 qui devait précéder cet échange, la France n'est pas responsable de l'appréciation des circonstances qui ont amené l'Italie à souhaiter elle-mème cet ajournement.

Au surplus, avant mème Jeur ratification, ces accords ont reçu, de la part de la France, au seui bénefice de l'ltalie, un commencement d'application puisque, anticipant sur l'exécution de l'un de ses engagements, le Gouvernement Français a assuré la cession effective par le groupe français de la Compagnie concessionnaire du Chemin de fer de Djibouti à Addis Abeba de 2.500 actions de cette Société à un groupe italien.

Du còtè mème des répresentants italiens, dans !es négociations franco-italiennes qui se sont déroulées à Paris en 1937 pour l'aménagement des règlements économiques prévus en Afrique4, l es accords de 1935 ont été considérés comme références de base. Et récemment encore le 12 Mai 1938 5 , examinant avec le Chargé d' Affaires de France le programme de négociations soumis au Gouvernement Italien le 22 Avril 19386 , Votre Exel

lence, tout en tàisant quelques observations de tònne, n'a élevé aucune objection de principe à la mise en oeuvre des Accords africains du 7 Janvier 1935 qui se trouvait suggérée sous !es points 9, lOet Il de ce programme. Elle a mème précisé qu'en ce qui concemait la convention tunisienne le Palais Chigi n'envisageait pas de changement substantiel au texte proposé par le Gouvemement Français, texte dont M. Bionde! a pourtant fait observer qu'il était tiré des accords de 1935. Aucune considération politique ne s'opposait donc, alors, dans la pensée du Gouvemement italien, au maintien de ces accords.

2) Aucun acte politique du Gouvernement Français n'a jamais pu ètre invoqué, depuis cette époque, pour justifier un changement des dispositions manifestées par le Gouvernement Royal. Le Gouvernement Français a pris, au contraire, toutes les initiatives qui lui avaient été représentées camme de nature à faciliter l'amélioration des rapports entre !es deux Pays. Le 12 Mai 1938, le Gouvernement Français adoptait à Genève la position de principe qui devait lui assurer sa liberté d'action pour la reconnaissance de la souveraineté i tal i enne en Ethiopie 7• Quelques mois plus tard, le 12 Octobre, il accréditait un Ambassadeur auprès de Sa Majesté le Roi d'Italie, Empereur d'Ethiopie.

3) Quant au tàit antérieur de l'attitude observée par la France au regard de l'affaire d'Ethiopie, le Gouvernement italien n'ajamais ignoré !es données générales et constantes de la politique française avec !es obligations internationales qu'elles comportaient. Elles ont toujours été loyalement rappelées en temps opportun au Gouvernement italien par le Chefdu Gouvernement français, M. Pierre Lavai, qui dirigeait alors la politique extérieure.

Mais le Gouvernement italien sait dans quel esprit cette politique a été conduite par le Gouvernement français. M. Mussolini a bien voulu exprimer à plusieurs reprises à l' Ambassadeur de France pendant l' évolution de la procédure en cours à Genève toute son appréciation de l'action modératrice de la France et de l'effort constant de la Délegation Française pour concilier autant que possible le respect des obligations du Pacte et le ménagement de l'amitié franco-italienne.

Le Gouvernement français a tenu a rappeler ces faits à Votre Excellence en Lui accusant réception de sa communication.

594 1 Vedi D. 566.

594 2 Riferimento agli accordi itala-francesi del gennaio 1935. Vedi serie settima, vol. XVI, D. 403.

594 3 Vedi D. 50 l, nota 5.

594 4 Si vedano in proposito i documenti pubblicati nel volume sesto di questa serie.

594 5 La conversazione a cui si fa riferimento ebbe luogo l' 11 maggio. Su di essa si veda serie ottava, vol. IX, D. 70, nota l.

594 6 Vedi serie ottava, vol. VIII, D. 528.

595

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI

T. URGENTE 940/229 R. 1 . Roma, 27 dicembre 1938, ore 24.

Recatevi da Csaky e ditegli a mio nome che nell'attuale situazione sarebbe utile che l'adesione al Patto Anticomintern da parte dell'Ungheria avesse luogo al più presto e comunque prima della visita di Chamberlain a Roma.

595 1 Minuta autografa.

Con Csaky restammo d'intesa che egli avrebbe definito questione in occasione suo viaggio a Berlino ma poiché tale viaggio è stato ritardato di qualche tempo sarebbe conveniente accelerare pratiche relative adesione. Qualora non fosse possibile perfezionare pratiche stesse in questo tempo, sarebbe sufficiente ai fini che perseguiamo che governo ungherese facesse pubblicamente conoscere in forma ufficiale sua volontà di aderire al Patto. In tal senso mi sono espresso anche con Berlino e Tokio 2 .

594 7 Vedi serie ottava, vol. IX, D. 79.

596

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI

T. URGENTE 942/469 R. Roma. 27 dicembre 1938. ore 24.

Faccio seguito al telegramma per corriere n. 938 del 24 corrente 1• Sarebbe a mio avviso opportuno che adesione Ungheria al Patto Anticomintern avesse luogo al più presto, possibilmente entro prima decade di gennaio.

Nel fare al governo tedesco comunicazione di cui al mio telegramma per corriere soprariferito, esprimetevi in modo da sollecitare una rapida definizione della questione, rapida definizione che ritengo essere di comune interesse italo-tedesco nella presente situazione internazionale, anche al di sopra dei particolari rapporti italaungheresi e tedesco-ungheresi.

In attesa di esplicare procedura relativa alla formale adesione dell'Ungheria, procedura che per necessità di cose (invito a tre, compilazione dei testi, questione adesione Manciukuò ecc.) prenderà ancora del tempo, suggerisco al governo ungherese 2 di far pubblicamente conoscere in forma ufficiale la sua volontà di aderire al Patto, pendenti pratiche relative a tale adesione.

Analogamente telegrafo a Tokio 3 . Prego telegrafare 4 .

L'ambasciatore Auriti rispondeva (con T. 6583/866 R. del 28 dicembre) che da parte nipponica ci si riservava di dare una risposta circa l'opportunità che, in attesa di espletare la procedura necessaria, il governo del Manciukuò manifestasse pubblicamente e in forma ufficiale la sua volontà di aderire al Patto Anticomintern.

595 2 Vedi D. 596 e D. 596, nota 3.

596 1 Vedi D. 575, nota l.

596 2 Vedi D. 595.

596 3 Nel telegramma a Tokio (T. 941/435 R. del 27 dicembre) si aggiungeva che, qualora il governo giapponese lo avesse desiderato, si sarebbe potuta seguire nei contì·onti del Manciukuò la stessa procedura suggerita per l'Ungheria.

596 4 Per la risposta di Magistrati si veda il D. 600.

597

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PFR CORRIERE 30/0 l 05 R. Ankara, 27 dicembre 1938 (per. ilio gennaio 1939).

Con l'acuirsi della questione dell'equilibrio del Mediterraneo -in seguito soprattutto alle rivendicazioni italiane ed alle resistenze francesi-si nota un aumentato interessamento della Gran Bretagna e della Francia verso questo settore. Le notizie già pubblicate di un'ulteriore concessione di credito da parte della Gran Bretagna alla Turchia sono confermate in ambienti bancari dove si prevede anche che l'ammontare del nuovo credito sarà di 4 milioni di sterline.

Sembra tuttavia che questo supplemento di prestito sia destinato non ad istallazioni di raffinerie o a forniture di macchinari agricoli, sibbene, come gli altri 16 milioni già concessi, al riarmo della Turchia ed all'attrezzatura dei suoi porti.

Evidentemente non è lo sviluppo agricolo ed economico della Turchia che interessa l'Inghilterra, ma la sua efficienza bellica: rafforzare la Turchia per disporne eventualmente nel Mediterraneo orientale e per farne baluardo alla espansione tedesca verso Bagdad e l'Oriente.

Negli stessi ambienti bancari si dice che la Francia -la quale finora si era tenuta estranea alla competizione anglo-tedesca per il predominio in Turchia-sia per entrare nell'ordine di idee di concedere prestiti alla Turchia per potenziarla militarmente.

Seguo con tutto l'interesse che meritano questi sviluppi della politica anglofrancese.

598

IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA MARINA, CAVAGNARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA RISERVATA. Roma, 27 dicembre 1938.

A seguito della lettera del Comandante Giorgis sul noto argomento n. l S/S del lOottobre 1938 -XVI che Ti feci pervenire nello scorso novembre 1 , Ti accludo altro rapporto n. 2 S/S in data 16 novembre 1938 -XVII.

ALLEGATO

L'ADDETTO NAVALE A TOKIO, GIORGIS, AL SOTTOSEGRETARIO DI STATO ALLA MARINA, CAVAGNARI

RAPPORTO 2 S/S. Tokio, I6 novembre I938.

I) PATTO MILITARE A TRE ANTICOMUNISTA.

Nel precedente Rapporto n. I S/S in data I Oottobre avevo accennato alle notizie qui raccolte circa il rafforzamento militare del Patto a tre anticomunista, rafforzamento che dall' Ambasciatore del Giappone a Berlino, Gen. Oshima, sarebbe stato proposto a von Ribbentrop e da questi avrebbe dovuto essere prospettato a Roma a S.E. Ciano.

I commenti della stampa che hanno seguito i colloqui Ciano-von Ribbentrop sono qui sembrati una conferma delle notizie suddette. Inoltre nelle varie manifestazioni qui svoltesi in occasione dell'anniversario (6 novembre) della firma italiana del Patto anticomunista, non sono mancati accenni, alcuni dei quali insolitamente espliciti, ad un rafforzamento del Patto. Indizi raccolti presso l'Ambasciata tedesca in Tokio indicherebbero infine che gli ambienti tedeschi siano più propensi a stringere legami d'ordine militare col Giappone di quanto non fossero in passato quando il Giappone non aveva ancora colto in Cina i recenti successi bellici. Comunque nessuna comunicazione in proposito è pervenuta da Roma a questa Ambasciata, né si è avuta alcun'altra notizia circa il progresso della questione.

Il) ATTEGGIAMENTO ANGLO-FRANCO-AMERICANO. La vita politica giapponese è stata nel mese scorso, ed è tuttora, dominata dagli avvenimenti in Cina. Dopo la presa di Hankow e di Canton, il Presidente del Consiglio Konoye ha precisato in un suo discorso ufficiale la futura condotta del Giappone in Cina quando il regime di Chiang Kai-shek sarà scomparso. L'accenno da lui fatto ad una teoria di Monroe applicabile ad uso giapponese ali' Estremo Oriente ha suscitato le proteste anglo-americane fondate sul Patto delle 9 Potenze2 circa la «porta aperta» in Cina. Non è tuttavia da escludere che dietro questa tàcciata di intransigenza verbale la realtà induca le Potenze interessate a rivedere le proprie posizioni. In particolare non è da escludersi che Inghilterra, e di conseguenza Stati Uniti e Francia, qualora giudichino il collasso subito da Chiang Kai-shek irrimediabile, cerchino di salvare il salvabile venendo a patti col Giappone anch'esso interessato a mettere fine alle ostilità fortemente dispendiose, conciliando la teoria neo-giapponese di Monroe con quella anglo-sassone della «porta aperta».

III) PATTO MILITARE ITALO-GIAPPONESE. È probabile che l'incertezza della situazione politica, derivante da quanto sopra esposto, abbia indotto gli ambienti giapponesi ad un rallentamento ne11a questione del Patto militare itala-giapponese che dovrebbe evidentemente inquadrarsi in quella situazione. L' atteggiamento in questi riguardi dei vari ambienti è il seguente:

Ministero Affari Esteri

Il nuovo Ambasciatore del Giappone a Roma, Signor Shiratori, che prossimamente lascerà Tokio per l'Italia, non è ancora a tutt'oggi al corrente del progettato Patto militare itala-giapponese. È probabile che la sua partenza, che viene continuamente ritardata, lo sia

appunto per aspettare che, rischiarandosi la situazione, sia possibile dargli direttive esplicite in proposito. Tale ipotesi viene attentamente seguita da questo Regio Ambasciatore.

Ministero della Guerra.

Il Ministro della Guerra durante un pranzo offerto a questo Regio Ambasciatore ed agli Addetti Militare ed Aeronautico, ha sottolineata l'attitudine dell'Esercito favorevole ad una intesa militare itala-giapponese. (La riunione era privata ed il discorso non è stato dato alla stampa).

Tale immutata attitudine dell'Esercito continua del resto ad essere confermata dai portavoce dello Stato Maggiore al nostro Addetto Militare.

Ministero della Marina.

A prosecuzione dci precedenti contatti, sono stato esplicitamente informato dal Comandante Yokoyama (Gabinetto) che lo Stato Maggiore della Marina ha iniziato lo studio della cooperazione militare nei riguardi dei rifornimenti di cui il Giappone abbisognerebbe dall'Italia durante la neutralità benevola prevista dal Patto progettato.

Con l'autorizzazione di questo R. Ambasciatore, ho obiettato che questo studio unilaterale avrebbe portato ad una perdita di tempo non trovando corrispondenza presso lo Stato Maggiore della Marina a Roma e che per mettermi personalmente nelle condizioni di poter comunicare al mio Ministero quanto necessario per poter procedere parallelamente nello studio occorreva:

a) Addivenire anzittutto ad una determinazione esatta degli aspetti militari del Patto sulla base degli elementi già comunicati ed accettati (vedi Rapp. l S/S comma l) e cioè: ipotesi fondamentale di guerra, interpretazione da darsi nel campo militare al concetto di neutralità benevola, ecc.

b) Procedere, su tale base, alla determinazione di un programma di lavoro consistente nella enumerazione di tutte le questioni da mettere allo studio nei due Stati Maggiori (rifornimenti reciproci, appoggio alle forze navali ed ai piroscafi sorpresi dalle ostilità lontani dai mari e dalle basi nazionali, servizio informazioni, cifrari e codici comuni, ecc.).

Ho ben specificato che tali determinazioni programmatiche non dovevano essere interpretate come un passo impegnativo da parte dei due Stati Maggiori (cosa possibile solo quando il Patto sarà stato politicamente perfezionato dai due Governi) ma solo per dare agli studi degli Stati Maggiori una base concreta temporanea indispensabile per poter preparare il materiale tecnico necessario.

Il Gabinetto della Marina, dopo congrua ponderazione, (ogni mia comunicazione viene annotata dal Comandante Yokoyama che ne riferisce alle superiori autorità le quali studiano la risposta che arriva dopo una diecina di giorni) mi ha comunicato la sua adesione al mio punto di vista, cd insieme al Comandante Yokoyama ed al Comandante Hanaoca ho recentemente proceduto ad un primo scambio di idee sull'argomento di cui al comma a).

Quando lo scopo di avere una precisazione preventiva delle idee della Marina Giapponese circa l'estensione e le possibilità di mutua cooperazione tra le due Marine sarà per tale via raggiunto, gli ulteriori studi tecnici potranno poi svolgersi con il ritmo che sarà dettato dalle contingenze poi i tiche.

IV) PROPOSTA. Comunque riterrei opportuno che codesto Stato Maggiore iniziasse, in modo analogo a quanto sta facendo la Marina Giapponese nei suoi riguardi, la coordinazione dei dati relativi ai rifornimenti e contrabbandi bellici che, in caso di guerra che portasse al blocco di Suez, sarebbero necessari all'Etiopia.

V) COMUNICAZIONI.

Faccio presente che, attenendomi a quanto ordinato da codesto Ministero con telegramma 87119 in data 2 luglio 3 evito qualsiasi comunicazione telegrafica cifrata sull'argomento in oggetto. In caso di necessità farò trasmettere le mie comunicazioni via Ministero Esteri, dato che questa Ambasciata tratta per cifra tale argomento 4•

598 1 Vedi D. 255.

598 2 Vedi D. 382, nota 3.

599

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 9258/2757 R. Berlino, 28 dicembre 1938 (per. il 30).

Mi riferisco al telegramma dell'E. V. n. 466 del 23 u.s. 1•

Il Segretario di Stato von Weizsacker mi ha informato che, con ogni probabilità, la progettata visita a Berlino del Ministro degli Affari Esteri di Cecoslovacchia, Chvalkovski, potrà finalmente avvenire nella seconda decade di gennaio e cioè dopo il ritorno alla Capitale del Reich del Cancelliere Hitler, il quale ha fissato, per la giornata del 12, la cerimonia della presentazione degli auguri annuali da parte del Corpo diplomatico.

Ho confermato al Segretario di Stato, secondo la norma di linguaggio indicatami, l'intenzione italiana di procedere d'accordo con il Governo del Reich nella questione della garanzia, pur non intendendo prendere iniziative al riguardo.

Il mio interlocutore mi ha allora posto al corrente di una conversazione da lui avuta nella scorsa settimana con il nuovo Ambasciatore di Francia, Signor Coulondre, proprio sulla questione della garanzia alla Cecoslovacchia.

Il Signor Coulondre. recatosi presso il Segretario di Stato per una prima presa di contatto. gli ha ad un certo momento prospettato l'eventualità di una qualche conversazione tra Francia e Germania per definire appunto la questione della futura situazione giuridica della Cecoslovacchia nei confronti degli altri Stati.

Due giorni più tardi, Ciano riceveva in visita di presentazione il nuovo ambasciatore del Giappone, Shiratori, che, pur dichiarandosi sostenitore di un rafforzamento dei rapporti con le Potenze dell'Asse, non gli nascondeva che in Giappone esisteva «tuttora un torte partito in tàvore del riavvicinamento con la Gran Bretagna e l'America» (ibid., alla data del 31 dicembre). Negli archivi non è stata trovata documentazione di questi colloqui.

In risposta, von Weizsacker ha esposto subito all'Ambasciatore il noto punto di vista tedesco nella questione: essere cioè la situazione della Cecoslovacchia di oggi ben diversa da quella della Cecoslovacchia dell'estate 1938. La Germania ritiene quindi necessario parlare chiaro fin dal primo momento e far comprendere alla Francia l'opportunità che essa non entri più in questioni e combinazioni relative alla situazione delle frontiere orientali del Reich.

Il Signor Coulondre ha allora risposto che evidentemente la Francia si rende conto di una tale nuova situazione ma, quale grande Potenza europea, non vorrebbe dare l'impressione che una sua completa ritirata da ogni questione dell'Oriente europeo finisse per toccare gravemente il suo prestigio. E, a tale proposito, l'Ambasciatore ha riferito a von Weizsacker, con una certa sorpresa, la constatazione da lui fatta nelle prime conversazioni avute a Berlino con uomini del Regime nazionalsocialista, come oggi in Germania tutti siano convinti che la Francia, forte della recente esperienza e proprio anche per dissipare le nebbie ancora esistenti nella amicizia franco-tedesca, deve assolutamente astenersi da entrare nelle questioni del! 'Oriente europeo.

A queste considerazioni dell'Ambasciatore, von Weizsacker ha replicato asserendo che nessuno pensa in Germania di toccare il prestigio di grande Potenza della Francia ma che è bene che a Parigi tutti si convincano che, in materia di Cecoslovacchia, una sola garanzia oggi conta, quella della Germania, e che quindi tocca al Reich di dire in merito la prima parola nella questione, senza che Francia o Inghilterra prendano iniziative o compiano passi al riguardo.

Il Signor Coulondre non ha insistito sulle sue argomentazioni e si è limitato ad aggiungere che, in occasione del suo viaggio a Parigi per le Feste Natalizie, avrebbe riferito al suo Governo circa questi suoi primi contatti e queste sue prime impressioni berlinesi 2 .

598 3 Non rintracciato.

598 4 Il 29 dicembre, Ciano aveva un colloquio con l'ex addetto navale a Tokio, comandante Ghè, il quale consigliava di non fare troppo affidamento sul Giappone che, dopo la conquista della Cina, avrebbe avuto bisogno «di capitali e quiete e non vorrà sacrificare i propri interessi per nessun Paese straniero» (CIAI':O, Diario, alla data corrispondente).

599 1 T. 937/466 R. del 23 dicembre con cui era stato comunicato che il ministro degli Esteri cecoslovacco, Chvalkovsky, aveva manifestato il desiderio di recarsi in visita a Roma agli inizi del nuovo anno: gli era stato indicato il mese di tèbbraio come l'epoca più opportuna e l'ambasciatore Attolico era incaricato di darne notizia al governo tedesco, che in precedenza aveva informato Roma della visita di Chvalkovsky in Germania.

600

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 9263/2762. Berlino, 28 dicembre 1938 (per. il 30).

Mi riferisco al telegramma dell'E.V. n. 469 di ieri 1 ed al telegramma per corriere dell'E. V. n. 938 del 24 u.s. 2 .

599 è Il documento ha il visto di Mussolini. 600 1 Vedi D. 596. 600 è Vedi D. 575, nvta l.

Come ho informato l'E.V. con il mio telegramma odierno n. 6103 ho fatto stamane al Segretario di Stato von Weizsiicker, che ha assunto in questi giorni, nell'assenza di von Ribbentrop, partito in congedo natalizio, la direzione della Wilhelmstrasse, le due comunicazioni relative all'adesione dell'Ungheria al Patto Anticomintern ed alla richiesta rivolta dal Manciukuò al Giappone per una sua simile, contemporanea adesione.

Quanto al Manciukuò, i Tedeschi hanno avuto identica comunicazione a mezzo di questo Ambasciatore del Giappone ed in linea generale non pensano di sollevare alcuna abbiezione e di dare quindi risposta affermativa. Per l'Ungheria le favorevoli disposizioni tedesche sono già note.

Mi è stata però prospettata dal mio interlocutore innanzi tutto e direi quasi pregiudizialmente, una questione che non è solamente di forma, ma anche e soprattutto di sostanza: come una tale adesione dovrebbe avvenire.

L'art. 2 del Patto Anticomintern si limita a dire che le tre Potenze firmatarie potranno invitare i «terzi» Stati a partecipare al Patto. Ma in quale forma e con quali diritti? In altre parole, si tratta di porre i nuovi firmatari in una condizione assolutamente identica a quella dei tre «fondatori» del Patto? O viceversa converrebbe, in una forma qualsiasi immaginare e definire una qualche sfumatura capace di porre l'Italia, la Germania ed il Giappone in una situazione se non altro di «decanato» o di «precedenza» dinanzi ai futuri Stati aderenti?

Da quanto ho capito la Wilhelmstrasse desidererebbe non perdere questo diritto di priorità. E lo stesso von Ribbentrop, sempre secondo le parole di von Weizsiicker, pur non avendo precisato il suo pensiero in merito, si è già espresso, in linea generale, in questo senso. Si è anche parlato, per analogia, della situazione di Ginevra nella quale le grandi Potenze originariamente firmatarie del Patto sono rimaste di diritto Membri permanenti del Consiglio.

l Tedeschi naturalmente comprendono come non sia troppo facile trovare immediatamente una soluzione definitiva. E comprendono anche come la conservazione di un tale diritto di «precedenza» dovrebbe essere formulata in maniera da non toccare assolutamente e in alcuna forma la dignità ed i diritti degli Stati aderenti.

Dal canto mio ho in proposito fatto presente a von Weizsiicker come il Patto Anticomintern abbia mutato poco a poco la sua fisonomia iniziale. Concepito da Germania e Giappone come un atto particolarmente e limitatamente antirusso, si è poi, con l'adesione dell'Italia, allargato tìno a prendere la fisonomia di una «carta» fondamentale per una nuova costellazione di Stati, rivoltatisi contro i soprusi e le ideologie ginevrine. In tali condizioni, acquistando valore universale, è interesse, di carattere internazionale, e particolarmente negli attuali momenti, delle tre Potenze firmatarie di non intralciare, con formule atte ad adombrare gli Stati che vi volessero aderire, le possibilità di vedere aumentato il numero dei partecipanti.

Von Weizsiicker si è dichiarato d'accordo ma è ritornato sul! 'argomento del! 'opportunità di salvare quel diritto di precedenza, aggiungendo che la questione andava discussa e decisa proprio ora, essendo quello dell'Ungheria e del Manciukuò il primo caso presentatosi, capace quindi di creare il precedente per l'avvenire.

In tali condizioni la Wilhelmstrasse sarebbe grata se potesse conoscere, con urgenza le nostre idee in proposito. Aggiungo che evidentemente von Weizsiicker, pur prospettando il problema, non vuole prendere subito e personalmente decisioni in merito e ciò per l'attuale assenza da Berlino di von Ribbentrop, vero fondatore e tutore del Patto Anticomintern, il quale non sarà qui di ritorno prima del 3 o 4 gennaio.

Venendo poi a parlare delle formalità relative all'adesione ungherese e cioè all'opportunità, secondo l'idea contenuta nel telegramma dell'E.V. n. 469 di suggerire a Budapest una qualche dichiarazione ufficiale atta a dimostrare senza indugio il desiderio dell'Ungheria di aderire al Patto, il Segretario di Stato si è dimostrato, in linea generale, e pur riservandosi di dare una precisa risposta in merito, d'accordo. Tale dichiarazione ungherese, che dovrebbe apparire assolutamente spontanea e non riferirsi ad alcun precendente, sarebbe appunto la base e la ragione per la quale, immediatamente dopo, Italia, Germania e Giappone farebbero pervenire a Budapest, a mezzo dei loro Rappresentanti diplomatici in quella Capitale, l'invito per l'adesione.

Von Weizsiicker infine mi ha chiesto se, in queste ultime battute della questione, sia stata nuovamente prospettata tra Roma e Budapest l'opportunità di un ritiro ungherese dalla S.d.N., in occasione appunto dell'ingresso dell'Ungheria nel Patto Anticomintem. Riferendomi alle precedenti comunicazioni, dalle quali risulta come la questione sia stata in precedenza accennata solamente in linea generale, mi sono riservato di fornirgli ulteriori precisazioni. E similmente, come ho sopra indicato, nei riguardi del nostro punto di vista sulla questione di carattere pregiudiziale relativa ali' opportunità o meno che sia conservata ai tre Stati fondatori del Patto, in una qualsiasi forma, un certo diritto di priorità4•

Sarò quindi grato all'E.V. se vorrà eventualmente inviarmi le opportune istruzioni in merito.

600 1 T. 6585/61 O R. del 28 dicembre. Comunicava di avere effettuato alla Wilhelmstrasse passo sul quale qui riferisce più diffusamente.

601

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 9264/2763. Berlino. 28 dicembre 1938 (per. il 30).

Mi riferisco al telegramma dell'E.V. n. 471 di oggi 1•

Come ho confermato aii'E.V. con il mio telegramma n. 613 2 , ho fatto nelle prime ore del pomeriggio al Segretario di Stato von Weizsiicker, che, nell'assenza di von Ribbentrop, regge la Wilhelmstrasse, la comunicazione relativa alla assoluta necessi

tà che il Governo del Reich faccia, per conto suo, chiaramente comprendere al Generale Franco l'importanza che esso attribuisce allo sviluppo, fino al successo definitivo e con l'impiego di tutti i mezzi, dell'attuale offensiva.

Von Weizsacker, nel darmi assicurazione che il Governo del Reich sarebbe intervenuto senza indugio in quel senso presso il Governo di Spagna, mi ha detto di essere rimasto anch'egli sorpreso dal constatare come, nelle operazioni di Catalogna, dopo lo sfondamento iniziale, le ali siano rimaste ferme o quasi. Tale sorpresa era condivisa dagli ambienti competenti tedeschi, i quali avevano persino immaginato che un tale modo di agire potesse nascondere un piano tattico non ancora svelatosi.

Aggiungo che proprio stamane avevo avuto occasione di parlare con questo Ambasciatore di Spagna, Marchese di Magaz, rientrato ora a Berlino dopo un soggiorno a San Sebastiano ed a Burgos dove si era recato per conferire con il Generalissimo Franco e per rivedere il figlio il quale, fatto prigioniero dai Rossi a Teruel, è stato ora liberato a seguito di scambio con un ufficiale dell'esercito catalano.

Il Marchese di Magaz è tornato questa volta piuttosto ottimista e mi ha detto che molti nella Spagna Nazionale pensano che il 1939 potrebbe veramente segnare il successo definitivo della causa di Franco.

Parlando dell'offensiva in corso egli mi ha detto che vi risultano impegnati, da parte nazionale, circa 300.000 uomini e che, in generale, il piano sarebbe quello di impiegare progressivamente le forze in maniera da non lasciare riposo all'avversario, e di impedirgli assolutamente la costruzione di nuove linee difensive. Si era pensato in un primo tempo ad un'offensiva su Madrid e poi su Valencia: ma poi, anche per ragioni politiche, si è visto che il campo più redditizio può essere proprio la Catalogna, appunto per dare alla Francia confinante il senso preciso della vittoria di Franco.

Venendo a parlare dei rapporti tra Germania e Spagna, il Marchese di Magaz ha aggiunto che in questi ultimi tempi i Tedeschi sono piuttosto larghi nel concedere le armi e munizioni richieste. Anzi, particolarmente nella fornitura dei fucili e delle mitragliatrici, le spedizioni si sono susseguite regolarmente e persino con celerità non prevista. Viceversa nessun uomo è stato inviato in Spagna dalla Germania e le poche forze della Legione Condor restano quindi più o meno immutate.

Qualche strascico ha lasciato indubbiamente -aggiungeva l'Ambasciatore quel passo compiuto a Berlino, come del resto a Roma, dal Governo di Franco nel settembre scorso 3 , pochi giorni prima di Monaco, allorché Burgos dovette, per forza di cose, far sapere agli amici tedeschi e italiani, come esso, nel caso di un conflitto armato europeo, avrebbe dovuto scegliere la via della neutralità4•

In un primo tempo i Tedeschi accolsero tale dichiarazione senza risentimenti e dimostrando anzi di comprendere il punto di vista del Generale Franco, ma ora, dopo tre mesi da tale avvenimento, riaftiora ogni tanto, in conversazioni, un certo senso di

60 l -l Su tutto ciò si vedano i DD. 155, 166, 168, 183 e 242.

dubbio sull'efficienza e sulla sicurezza dell'amicizia della Spagna Nazionale nel caso di una crisi europea.

Eppure-concludeva di Magaz-un tale nostro atteggiamento fu dettato dalla circostanza che a Burgos si conosceva perfettamente come la Francia avesse deciso, nel caso di una guerra europea, di cominciare le operazioni proprio in terra di Spagna per liberare subito e senz'altro il proprio fianco dalla minaccia costituita dalle forze nazionali spagnole, aiutate da unità italiane e tedesche. Forse sarebbe stato più utile attendere, prima di compiere quel passo, l 'inizio della guerra, ma d'altra parte tutti sanno che oggi le guerre si fanno e non si dichiarano e che quindi la Spagna Nazionale si sarebbe potuta trovare, da un momento all'altro, dinanzi a fatti compiuti senza aver più possibilità di decidere circa il suo atteggiamento.

L'Ambasciatore del Reich presso la Spagna Nazionale, Signor von Stohrer, si trova attualmente in Germania e non rientrerà in sede se non dopo le feste di Capodanno5.

600 4 Su questo colloquio von Weizsacker-Magistrati si veda anche il promemoria di von Weizsacker in DDT, vol. V, D. 267.

601 1 T. 5.N.D. 943/471 R. del28 dicembre. Vi si dava incarico di sollecitare presso von Ribbentrop un appoggio per indurre il Comando spagnolo a far partecipare i due corpi d'armata laterali all'azione condotta dal Corpo Truppe Volontarie che aveva sfondato su un fronte di 40 chilometri di larghezza per circa 40 chilometri di profondità con una manovra che in caso di successo poteva avere carattere risolutivo.

60 l 2 T. S.!';.D. 6586/613 R. del 28 dicembre con cui Magistrati assicurava di avere compiuto il passo prescrittogli e che il governo germanico sarebbe intervenuto senza indugio.

601 1 Vedi DD. 155 e 168.

602

IL MINISTRO A BUCAREST, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4316/1574. Bucarest. 28 dicembre 1938 (per. il 3 gennaio 1939).

Il Maresciallo di questa Corte, Ministro Plenipotenziario Barone Fiondar, in una conversazione con uno dei segretari di questa Legazione gli ha detto fra l'altro:

«Occorre che l'Italia ci comprenda e ci aiuti in questo esperimento di Governo autoritario che il nostro Sovrano ha così coraggiosamente intrapreso. Capisco l'orrore suscitato dalla morte di Codreanu 1 ma .... non potevamo farne a meno. lo stesso che vi parlo sono stato il trait-d'union tra la Corona e Codreanu (attraverso un mio fratello, fervente legionario) ... Ebbene non è stato possibile nous rallier il movimento. Vi erano, e specialmente in Bucovina, molti comunisti (tra cui quasi tutti i quattrocentomila ucraini che vi sono in Romania), i quali avevano preso la mano al "capitano" e lavoravano in senso nettamente sovversivo.

In Italia si deve comprendere ciò e non si deve pensare che siano state le note dichiarazioni di Codreanu (appena sarò al potere, dopo 24 ore la Romania si inserirà nell'asse Roma-Berlino) a determinare sul Re la decisione di sbarrare la strada al suo movimento» 2•

602 1 Vedi D. 490. 602 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

601 5 li documento ha il visto di Mussolini.

603

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE 11432/6007. Parigi, 28 dicembre 1938.

Rispondo alla tua del 24 corr. n. l 0628 1 .

L'impressione da te avuta circa una certa comprensione del nostro atteggiamento da parte del Figaro, della Liberté, della Information, è stata esatta per qualche giorno, ma poi questi tre giornali si sono uniti anch'essi a gran voce al coro che sta urlando contro di noi unanimemente.

Il Figaro ha avuto articoli estremamente violenti, specie quello di D'Ormesson del 26 corr. Inoltre le corrispondenze da Londra del Boutelleau coincidono esattamente col tono dei vari Pertinax, Tabouis, Buré, ecc.

L' Jnformation ha fatto più o meno come gli altri. Solo la Liberté ha avuto qualche corrente meno ostile: mi auguro che codesto Ministero possa provvedere direttamente a rendere questo giornale un po' più favorevole a noi, ma è notorio che il settore di opinione pubblica cui esso si dirige conta, almeno per ora, un bello zero.

Come sai, quasi tutta la stampa francese può essere influenzata e in un modo solo, cioè finanziariamente: si tratta di cifre più o meno elevate secondo i giornali e le circostanze.

Nell'attuale stato dell'opinione pubblica francese, trattandosi cioè di questioni che non riguardano indirettamente la Francia, ma che la toccano sul vivo, i prezzi sarebbero, come è naturale, elevatissimi.

Per il Figaro non credo che sia nemmeno da pensarci. Ma si potrebbe cercare di lavorare con qualche spesa l'Jnformation, l'Excelsior, il Matin, il Temps, il Journal, persino I'Oeuvre ed anche il Paris-Soir, tentando di smussare gli angoli col Sauerwein e tastando per via indiretta l'argomento denaro.

Ricordo di passaggio che di alcuni di questi giornali è proibita l'entrata in Italia.

Questa Ambasciata ha già cominciato qualche prudentissimo contatto coll'Excelsior e coll' Jnformation.

Tuttavia per poter andare avanti verso qualche obbiettivo più concreto, occorre anzitutto che io chiarisca un punto e cioè:

essere verissimo che tutta la stampa francese, salvo poche eccezioni, è venale, ma essere anche vero che tale venalità non giunge al punto di poter apertamente favorire la cessione ad altri di una parte del territorio francese.

Voglio dirti con questo che il successo di una qualche nostra azione sulla stampa di Parigi dipenderà bensì dai quattrini che vorremo dedicarle, ma anzitutto dalla possibilità che le nostre conversazioni cogli esponenti della stampa stessa possano basarsi sulla pregiudiziale che le rivendicazioni italiane non hanno carattere territoriale.

Se questa ambasciata potrà essere da te autorizzata ad escludere, nei suoi contatti coi giornalisti francesi, tale carattere e, beninteso, se tali discorsi ufficiosi de Il' Ambasciata stessa troveranno qualche eco in qualche giornale italiano, i denari che spenderemmo daranno qualche frutto. Altrimenti, te lo dico francamente, saranno buttati in mare. E varrà meglio irrigidirei con tutti e contro tutti in un atteggiamento intransigente da mantenere fino al momento in cui la situazione politica ce lo consiglierà, piuttosto che spendere soldi inutilmente per avere il bel gusto di procurarci tre o quattro articoli meno ostili su qualche giornale francese screditato nell'opinione pubblica, come lo sono ormai tutti senza distinzione.

Rimango ad ogni modo in attesa di tuoi ordini 2•

603 1 Vedi D. 588.

604

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6571/361 R. Budapest, 29 dicembre 1938. ore 0,47 (pe1: ore 3. l 0).

Telegramma di VE. n. 229 1•

Mi sono espresso con Csaky secondo le istruzioni dell'E.Y.

Egli mi ha risposto in sostanza:

l) Che non gli è possibile, per le ragioni che ha esposto all'E.V, definire la questione prima di recarsi a Berlino per non suscitare suscettibilità e sospetti tedeschi, dato che già Daranyi aveva iniziato la cosa a Berchtesgaden in ottobre2•

Che egli del resto aveva già fatto conoscere ciò a questo ministro Germania, dopo la visita di VE., e stamane al ministro del Giappone.

2) Che egli, non potendo per gli stessi motivi tàre ora una dichiarazione ufficiale, pensa tuttavia, sentito il presidente del Consiglio dei Ministri, di pubblicare un atiicolo sul Pester Lloyd di domenica con allusioni comprensibili sulle intenzioni ungheresi nei riguardi del Patto.

3) Che probabilmente si recherà in Germania il 15 gennaio; intanto Chamberlain potrà essere informato a Roma dalla E.V della volontà ungherese di aderire al patto, d'accordo con i due governi di Roma e di Berlino, e della genesi della questione. Egli mi ha vivamente pregato di far presente ali'E.V di non poter fare altrimenti, per le gravi ragioni che aveva dettagliatamente illustrato aii'E.V3 .

603 è Il documento ha il visto di Mussolini. 604 1 Vedi D. 595. 604 è Riferimento al colloquio del 14 ottobre che si tenne a Monaco (DDT, vol. IV, D. 62). 604 3 II documento fu inviato in visione a Mussolini.

605

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 6428/2709. Londra, 29 dicembre 1938 (pe1~ il 2 gennaio 1939).

La vigilante e preoccupata attenzione con cui l'intera opinione pubblica britannica segue le successive fasi del conflitto cino-giapponese trova riscontro, ancora una volta, nelle immediate ripercussioni avute in questa stampa e in questi circoli politici e finanziari dalle proposte di accordo recentemente fommlate dal Primo Ministro giapponese 1•

Con sintomatica concordanza di vedute e di giudizi-a parte le inevitabili sfumature dipendenti dalle rispettive posizioni politiche -i principali quotidiani hanno commentato dettagliatamente le dichiarazioni del Principe Konoye, affermando che sotto un'apparente moderazione, esse condurrebbero ugualmente ad una effettiva manomissione dell'intera Cina, mentre vi si vuoi vedere nello stesso tempo la prova delle difficoltà sempre maggiori che ostacolerebbero l'azione giapponese e della necessità urgente, per il Governo di Tokio, di mettere fine alla guerra per potersi dedicare allo sfruttamento estensivo ed integrale delle posizioni acquisite in Cina.

La decisione del Governo britannico -su cui ho riferito con il mio rapporto 6256/2629 del 19 corr. 2 -di mettere a disposizione del Govemo di Chiang Kai-shek un prestito di 500.000 sterline e l'annuncio di un'analoga apertura di credito da parte degli Stati Uniti per la somma di 25 milioni di dollari, sono anche menzionati come una delle cause che potrebbero aver indotto il Governo di Tokio ad avanzare nuove proposte di pace.

Risulta comunque sempre più evidente il desiderio britannico di tutelare nel miglior modo possibile-ma senza prendere una posizione nettamente definita e continuando forse a sperare in una futura proficua mediazione-i propri interessi in Cina. Tale atteggiamento si riflette nella presentazione che è stata qui data alle proposte Konoye, il cui rifiuto da parte di Chiang Kai-shek viene annunziato stamani con notevole ed unanime rilievo.

606

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 11504/6026. Parigi, 29 dicembre 1938 (per. il 2 gennaio 1939).

Si delinea da qualche settimana in Francia una tendenza a considerare come privo ormai di valore il patto franco-sovietico. Il Ministro Bonnet, in circoli di suoi amici, non ha esitato a sostenere questa tesi, ed è stato perché i socialisti si sono resi conto che

605 2 Non pubblicato. Si veda sull'argomento il D. 583.

essa si avviava a diventare politica di Governo che il recente congresso socialista ne ha lungamente discusso, anzi si è diviso in due opinioni contrarie. Léon Blum ha difeso il patto con i sovieti, Pau! Faure lo ha dichiarato pericoloso ed inutile 1•

Ora il dibattito affiora nei giornali di destra, prima con un articolo del Temps pieno di punti interrogativi ufficiosamente ispirati, oggi con un articolo di D'Ormesson sul Figaro, il quale sostiene che il patto franco-sovietico dipende in sostanza dal Patto di Locarno e che petianto la sua esecuzione è soggetta all'apprezzamento dei cogaranti di Locarno, cioè Inghilterra ed Italia. Ora-dice l'articolo -se Locarno esiste (ed esiste in realtà perché gli accordi franco-inglesi del '36 2 sono fondati su di esso), l'Inghilterra non è certo disposta ad avallare una politica franco-sovietica, e l'Italia è passata nell'altro campo. Se Locarno non esiste più, tutta la questione deve essere di nuovo riveduta e d'accordo con l'Inghilterra.

Questo attacco più o meno uftìcioso al patto con i sovieti che si inizia ora nella stampa (mentre la tesi del Figaro non deve dispiacere certo all'Inghilterra, con la quale quel giornale ha rappotii-dicono-anche d'indole finanziaria) ha un significato di politica interna ed uno di politica estera.

In politica interna significa che il Governo Daladier si sente più forte, tanto da poter ricercare l 'appoggio delle destre (garantitogli in occasione delle divergenze con l'Italia su cui il Governo ha abilmente speculato) e di una parte dei socialisti dissidenti, un tentativo cioè di costituzione di una nuova maggioranza.

In politica estera significa l'accentuarsi della tendenza a disinteressarsi degli avvenimenti e delle questioni relative all'Europa Orientale, l'abbandono cioè delle teste di ponte verso l'est per consolidare unicamente la difesa dei territori francesi.

Alcuni giornali hanno perfino osato di dirlo chiaramente: la Francia deve dare mani libere alla Germania nella sua marcia verso l'est per poter essere lasciata definitivamente tranquilla in casa propria, e per poter combattere in Mediterraneo le invadenze italiane.

La Germania non può davvero essere troppo scontenta di questa tendenza, sia pure teorica, quantunque essa lasci l'Italia un po' troppo a tu per tu con la Francia. Di qui il desiderio degli uomini politici tedeschi (desiderio espressomi del resto chiaramente dal Signor Ribbentrop) di vedere rafforzato il Gabinetto Daladier, perché capace di combattere ... il comunismo!

Non mi sembra però che, né l'Inghilterra voglia spingere tìno alle ultime conseguenze il disinteresse per le questioni orientali per !asciarci soli a discutere con la Francia in Mediterraneo, né che lo stesso Gabinetto Daladier possa accettare completamente questa tesi.

Mi pare invece che il Governo francese dovrebbe far sua la linea di condotta che è riassunta chiaramente in fine dell'odierno articolo del Figaro:

«La ragione vuole che la si finisca con questi protocolli imbrogliati e che ci si limiti, come tà l'Inghilterra, a dei principi generali che permettano di fare ciò che è opportuno senza imporre ciò che non lo è».

Giuste parole e giusto concetto, in cui del resto anche la Germania potrebbe forse in avvenire trovare ragione di soddisfazione.

606' Riferimento agli accordi conclusi nel dicembre 1935-gennaio 1936 per garantirsi assistenza nel caso di un conflitto derivante dall'applicazione dell'art. 16 del Covenant nei confronti dell'Italia.

605 1 Vedi D. 593.

606 1 In proposito si veda il D. 608.

607

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 6606/617 R. Berlino. 30 dicembre 1938. ore 20,45 (pet: ore 23).

Telegramma di V. E. n. 469 del 27 corrente e mio rapporto n. 2762 del 28 corrente 1• Ribbentrop, interpellato telefonicamente da Weizsacker, ha fatto conoscere in via preliminare quanto segue:

l) egli ritiene assolutamente opportuno che governo ungherese, prima di fare pubblicazione relativa a sua volontà aderire a Patto Anticomintern prenda impegni di carattere «interno» con l'Italia e la Germania che esso nel maggio prossimo abbandonerà Ginevra;

2) Germania ritiene opportuna adesione contemporanea Ungheria e Manciukuò;

3) egli concorda circa oppmiunità che dichiarazione spontanea dell'Ungheria

avvenga al più presto. Tale pubblicazione dovrebbe però contenere una qualche allusione a parallelismo della politica ungherese con quella delle tre Potenze firmatarie del Patto; 4) invito delle tre Potenze ad aderire dovrebbe avvenire subito dopo pubbli

cazione spontanea di Budapest: 5) identica procedura dovrebbe avvenire per contemporanea adesione Manciukuò; 6) egli ha dato disposizioni perché sia studiata formula migliore capace conservare certa priorità ai tre primi firmatari, senza tuttavia toccare suscettibilità nuovi Stati aderenti. Sarebbe grato se in proposito potesse conoscere con urgenza idee di V.E.

Gradirebbe cortesemente conoscere se concordi con n. l) perché possano essere inviate senza indugio istruzioni ai rappresentanti dei due Paesi a Budapest2 .

608

L'AMBASCIATORE A PARIGI, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 11505/6027. Parigi, 30 dicembre 1938 (per. il 3 gennaio 1939).

Il crollo della sicurezza collettiva e del sistema su cui si era imperniata la costruzione politica francese del dopoguerra ha, dopo Monaco, amaramente risvegliato la coscienza degli ambienti politici francesi sulla nuova situazione determinatasi nei

riguardi dell'avvenire politico della Repubblica. Esso ha fatto apparire la necessità impellente di rivedere delle posizioni ormai sorpassate e di fissare conseguentemente le nuove direttive di politica estera. Un chiaro dilemma si è posto: continuare a svolgere ogni possibile tentativo per salvare il salvabile, riannodare alleanze precostituite-più

o meno vacillanti-per tentare di arginare l'espansionismo tedesco. Oppure ripresa di ogni libertà di azione-disinteressamento degli affari europei con il ripiegamento delle forze francesi sull'immenso impero coloniale da difendere e da valorizzare.

Gli ambienti di destra e moderati, quelli stessi che formano oggi la piattaforma parlamentare del Gabinetto Daladier, si sono piuttosto indirizzati verso la seconda soluzione: le rivendicazioni italiane ne hanno consolidato la tendenza. Gli ambienti di sinistra si sono indirizzati invece verso la prima soluzione.

La questione è stata comunque discussa, ma non ancora risolta. L'unico partito che ha posto nettamente il problema di fronte alla coscienza dei suoi militanti è stato il Partito socialista, che ha convocato all'uopo un congresso straordinario tenutosi a Montrouge il 25-26-27 dicembre.

Tale determinazione è stata praticamente provocata anche dal desiderio di sanare e comunque di definire le divergenze sorte in seno al pmiito stesso tra la corrente capeggiata da Blum, nettamente ostile alla politica di Monaco, e l'altra capeggiata da Paul Faure, Segretario Generale del Partito, favorevole alle decisioni di Monaco.

Due mozioni sono state presentate al congresso: due mozioni che riproducono sostanzialmente i due aspetti sopraindicati del problema, sia pure attraverso una maschera di espressioni demagogiche care al linguaggio delle assemblee socialiste democratiche.

Le due mozioni poriano ambedue il presupposto della necessità di assicurare la difesa nazionale attuando una ferma politica di armamenti. La mozione Blum dichiara tuttavia che il compito della Francia non può risolversi nella sola preoccupazione di poriare al più alto grado di efficienza l'allestimento della difesa nazionale. La Francia non potrebbe resistere da sola ad una coalizione di avversari. «Essa non può più ormai contare sul sistema della sicurezza collettiva. La simpatia attiva delle grandi democrazie, come la democrazia americana, è preziosa e necessaria alla Francia, ma essa non può bastarle. La sua sicurezza implica necessariamente l'esistenza di patti di mutua assistenza» con gli Stati che sono legati alla Francia da comunità di interessi. Politica continentale insomma, basata sui due perni fondamentali: intesa franco-britannica e patto franco-sovietico, intorno a cui si dovrebbero creare o rafforzare patti complementari, preparando nel contempo il riavvicinamento fra le democrazie inglese ed americana e la Russia sovietica.

Formazione, quindi, di un blocco democratico che dovrebbe sbarrare la strada all'espansionismo degli Stati totalitari. Questa formazione, ostile decisamente ad ogni risoluzione che provenga da un Patto a Quattro, preconizza la riunione di una grande conferenza internazionale, a cui tutti gli Stati, piccoli e grandi, dovrebbero essere chiamati a partecipare.

La mozione Faure, partigiana delle decisioni di Monaco, si pronunzia invece contro ogni guerra ideologica e stima che una collaborazione pacifica può essere realizzata tra Stati democratici e Stati totalitari. Essa dichiara innanzi tutto che la Francia deve rivedere la posizione dei suoi impegni internazionali, eliminando sostanzialmente quelli che possono coinvolgerla da sola in azioni belliche. La deliberazione e l'accordo preventivo tra la Francia e la Gran Bretagna devono rimanere i presupposti fondamentali di ogni patto che dovesse sopravvivere per la sicurezza dei due Paesi e la sicurezza dell'Europa. Il Partito socialista, secondo tale mozione, dovrebbe vedere con gioia il suggello di un'intesa tra la Francia e la Germania, come prodromo di un'intesa più generale.

Queste, in sintesi, sono le due tendenze che si sono agitate e affrontate in seno al Partito socialista, senza che sia stato possibile, dopo due giorni di laboriose discussioni, di arrivare ad un'armonizzazione tra di esse. Il congresso, posto di fronte al dilemma, ha concesso la sua maggioranza alla mozione Blum con la votazione seguente: per la mozione Blum 4322 mandati-per la mozione Faure 2837-astensioni 1014. Risultati, quindi, che mantengono in seno allo stesso Partito socialista di opposizione parlamentare quella stessa incertezza che regna ancora in tutti gli ambienti politici del Paese.

Conscio delle ripercussioni che tali divergenze di vedute avrebbero potuto portare sull'influenza del partito nel Paese, il congresso ha curato che una mozione di unanimità, proposta da Blum, sulla politica interna chiudesse i lavori dell'assemblea straordinaria. Principio ispiratore di tale mozione, la conferma decisa dell'opposizione al Governo attuale e il rigetto dell'idea, già pur nel passato lanciata da Blum, per la formazione di un Governo di blocco nazionale.

Principale considerazione da trarre quindi dal congresso straordinario socialista è che la compattezza del partito subisce una nuova crisi interna, che, se non ha portato ad una nuova scissione, ne indebolisce certamente il prestigio e la forza. Colpito dallo stesso male che ha colpito la borghesia conservatrice, con la quale per il suo reclutamento in parte si identifica, il socialismo francese minaccia anche di non sopravvivere, come tale, se non per i suoi quadri e per la sua forza numerica. Tutto nell'azione domani lo potrà paralizzare. I «pacifisti» potranno essere condotti ad un'alleanza con i radicali, fautori di Monaco, ed i «bellicisti», spinti all'unità organica con i comunisti, coi quali hanno ormai concretato una quasi identità di vedute in materia di politica estera.

Blum esce poi, a sua volta, fortemente sminuito, nonostante la maggioranza della sua mozione. Siamo già lontani da quella unanimità che sembrava ormai acquisita al leader del socialismo francese.

607 1 Vedi DD. 596 e 600.

607 2 Sul colloquio von Weizsiicker-Magistrati si veda anche il promemoria di von Weizsiicker in DDT, vol. V, D. 268.

609

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 6610/203 R. San Sebastiano. 31 dicembre 1938, ore 0,30 (per. ore 10.20).

Telegramma di V. E. n. 2971 1•

Ho fatto oggi presso Franco il passo prescrittomi assistito dal Capo di Stato Maggiore Colonnello Bodini in rappresentanza di Gambara. Non senza difficoltà abbiamo

convinto Franco che il Corpo Legionario non può prolungare senza pericolo l'attuale sosta sulle posizioni raggiunte in attesa che avanzi l'ala sinistra e non può d'altra parte proseguire la sua azione in profondità con i fianchi scoperti.

Ho inoltre insistito sulle varie ragioni di ordine generale e politico che richiedono al più presto un successo tangibile se pure parziale nello svolgimento della battaglia di Catalogna e quindi sulla necessità di sfruttare lo sfondamento iniziale del fronte rosso senza dar tempo e modo di riprendersi.

In conclusione, Franco ha autorizzato il Corpo dei Legionari a proseguire l'azione verso obiettivi stabiliti ed a tale effetto provvede alla protezione del suo fianco sinistro mediante elementi di una divisione spagnola di riserva ed alla protezione del suo fianco destro mediante una manovra convergente del Corpo di Navarra verso quello legionario.

Va notato però che i Corpi del Nord (Maestrazco e Aragona), ostacolati dal terreno e dal tempo, hanno fatto tuttavia progressi sensibili negli ultimi due giorni.

609 1 T. Uff. Spagna 2971 del 28 dicembre. Incaricava l'ambasciatore di recarsi insieme al generale Gambara da Franco per tàr presente l'assoluta necessità che le forze spagnole appoggiassero l'azione di sfondamento effettuata dai reparti italiani in Catalogna. Il telegramma riproduceva il T. UfT. Spagna 2970 dello stesso giorno inviato da Mussolini al generale Gambara.

610

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 39/0121 R. San Sebastiano. 31 dicembre 1938 (pe1: il1° gennaio 1939).

Franco si è espresso meco in forma molto risentita circa atteggiamento della Francia nei riguardi della Spagna Nazionale. Mi ha detto che aveva ricevuto informazioni fresche sulla ripresa di aiuti francesi ai Rossi, in coincidenza coll'inizio dell'attuale offensiva. Si è mostrato altresì molto suscettibile alla rincrudita propaganda di Barcellona sul tema che «l'otTensiva in Catalogna è condotta essenzialmente dagli italiani e dai tedeschi e che una vittoria nazionale rappresenterebbe uno smacco ed un pericolo per la Francia»; tema ripreso da gran parte della stampa francese anche non di sinistra (v. Kérillis ed altri bellicisti) e agitato in funzione dell'attuale tensione rapporti itala-francesi.

Egli ha prospettato l'ipotesi che il persistere di questa agitazione mano mano alimentata dai prevedibili successi nazionali in Catalogna e dalla parte preponderante che su essi potranno avere certamente le forze legionarie, possa a un certo momento determinare la Francia, sotto la pressione di correnti estremiste e guerrafondaie, a compiere un ultimo gesto in favore della resistenza rossa, in forma concreta e immediata come ad esempio con un massiccio invio di unità aeree 1•

61 O1 Questo telegramma fu ritrasmesso a Londra con T. 154/3 P.R. del 4 gennaio 1939 con la seguente aggiunta «Prego intrattenere opportunamente codesto governo tàcendo presente che, ove eventualità temuta da Franco dovesse realizzarsi, saremmo, per evidenti ragioni, costretti a riconsiderare il nostro atteggiamento nei riguardi della questione spagnola alla luce delle nuove circostanze». Fu ritrasmesso a Berlino con T. 154/6 P.R. con la seguente aggiunta: «Prego informare codesto governo, aggiungendo che, ove eventualità temuta da Franco dovesse realizzarsi e secondo abbiamo avuto già occasione di far presente precedentemente, non esiteremmo a controbattere subito e nel modo più energico l'attacco francese».

Pur non sopravalutando gli effetti di una tale eventualità, il Generalissimo ci sarebbe grato se volessimo anche da parte nostra sorvegliare la suaccennata artificiosa agitazione francese nei suoi sviluppi, fornendogli se del caso tutti quegli utili elementi che la modesta organizzazione informativa spagnola in Francia difficilmente potrebbe procurargli.

611

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 9374/2795. Berlino, 31 dicembre 1938 (per. il 2 gennaio 1939).

Il discorso pronunciato dal Sommo Pontefice l'antivigilia di Natale 1 , ha avuto scarsissima eco in Germania, dove la stampa nell'insieme lo ha praticamente ignorato.

Tra i giornali di Berlino soltanto lo Angriff, in una nota scomparsa dalle edizioni tardive, ha rimproverato al Papa di non protestare contro le atrocità inglesi in Palestina e in genere di occuparsi quasi esclusivamente della questione ebraica.

Dei giornali di provincia lo Hamburger Fremdenblatt si è mostrato stupito che il Papa, precisamente, nella ricorrenza della festa essenzialmente di pace, sia uscito dal terreno religioso per entrare in quello della politica ed abbia attaccato l'amicizia tra i due Paesi autoritari.

Reazioni più violente ha destato l'articolo de L 'Osservatore Romano che parla della paganizzazione della festa del Natale in Germania. A tale proposito una corrispondenza da Roma al Volkischer Beobachter. pubblicata in prima pagina nel numero del 28 corr., scrive che le idee private di un «fuoruscito nero» nella redazione dell'organo pontificio sono indifferenti. ma che è interessante notare come L 'Osservatore Romano esprima il suo malcontento perché il popolo tedesco, fiero di se stesso e della sua forza, festeggi il Natale colle generazioni che crescono attualmente ed osi paragonare il Natale del popolo tedesco colla festa che i bolscevichi in Russia hanno profanato2 .

611 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

611 1 Vedi D. 591.

<
APPENDICI

APPENDICE I

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

(12 settembre-31 dicembre 1938)

MINISTRO

CIANO DI CoRTELLAZZO Galeazzo, ambasciatore.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO

BASTIANINI Giuseppe, ambasciatore.

GABINETTO

Coordinamento generale -Affari confidenziali -Ricerche e studi in relazione al lavoro del ministro -Rapporti con la Real Casa, con la Presidenza del Consiglio e col PN.F -Relazioni del ministro col Parlamento e col Corpo diplomatico -Udienze -Tribuna Diplomatica.

Capo di gabinetto: ANruso Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Vice capo di gabinetto: CARUSO Casto, console di 2a classe.

Capo della segreteria particolare del ministro: NATALI Umberto, console generale di 2" classe.

Ufficio del gabinetto: CASERTANO Raffaele, console di 2a classe, dal 27 dicembre; SETTI Giuseppe, LANZA o'AJETA Blasco, MoscATO Niccolò, consoli di 3a classe; DE BosoARI Girolamo, console di 3a classe, fino all'ottobre; DE FERRARIIS SALZANO Carlo, vice console di l a classe; LUCIOLLI Mario, vice console di l a classe; FAV RETTI Luciano, vice console di 2a classe, fino all'ottobre; SPINOLA Luigi, vice segretario; FARACE Alessandro, addetto consolare; MoRozzo DELLA RoecA Antonino, volontario.

Ufficio della segreteria: NICHETTI Carlo, console di 2a classe; SANFELICE Antonio, BELLIA Franco, vice consoli di l" classe; MARIENI Alessandro, vice console di 2a classe.

Segreteria particolare del sottosegretario: AssETTATI Augusto, console di 2a classe; PURI PURINI Giuseppe, vice console di 2a classe.

UFFICIO SPAGNA

Capo ufficio: PIETROMARCHI Luca, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Segretari: ALOISI DE LARDEREL Folco, vice console di l a classe; CoNTARINI Giuseppe, vice console di 2a classe; Duce! Roberto, addetto consolare, fino al novembre.

UFFICIO DEL CERIMONIALE

Regole del cerimoniale-Lettere reali-Credenziali-Lettere di richiamo Pieni poteri -Privilegi ed immunità degli agenti diplomatici e consolari Franchigie in materia doganale ai regi agenti al! 'estero e agli agenti stranieri in Italia -Massimario -Visite e passaggi di capi di Stato, principi e autorità estere -Decorazioni nazionali ed estere.

Capo ufficio: CoRTINI Claudio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Segretari: CITTADINI Pier Adolfo, primo segretario di l a classe, fino all'ottobre; DEL DRAGO Marcello, primo segretario di l a classe, dal novembre; SALLIER DE LA TouR CORIO Paolo, primo segretario di 2a classe; EMo CAPODILISTA Gabriele, vice console di l a classe.

UFFICIO DI INTENDENZA

Archivio storico -Biblioteca-Pubblicazioni di carattere amministrativo Custodia e manutenzione della sede del ministero -Servizi automobilistici e telefonici -Disciplina del personale di servizio.

Capo ufficio: TOSCANI Angelo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di l a classe.

Addetto all'ufficio: N.N.

Archivio storico

Direttore: N.N.

Biblioteca

Bibliotecario: PIRONE Raffaele.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI DI EUROPA E DEL MEDITERRANEO

Direttore generale: Bun Gino, ambasciatore.

Vice direttore generale: GuARNASCHELLI Giovanni Battista, console generale di la classe.

Addetti alla direzione generale: GALLI Guido, console generale di 2a classe; SIOTTO PINTOR Aureliano, volontario.

UFFICIO I

Belgio -Danimarca -Francia -Germania -Gran Bretagna -Lussemburgo -Paesi Bassi -Polonia -Portogallo -Stati Baltici -Stati Scandinavi -Svizzera -Unione delle repubbliche sovietiche socialiste.

Capo ufficio: DEL BALZO DI PRESENZANO Giulio, console di 2a classe.

Segretari: CASTELLANI Augusto, console di 3a classe; GuASTONE BELCREDI Enrico, vice console di l a classe; MACCAFERRI Franco, volontario.

UFFICIO II

Bulgaria-Cecoslovacchia-Grecia-Jugoslavia-Romania-Turchia Ungheria -Affari concernenti le isole italiane del! 'Egeo.

Capo ufficio: DE PAOLIS Pietro, primo segretario di la classe.

Segretari: SCAGLIONE Roberto, console di 2a classe.

UFFICIO III

Mediterraneo -Paesi del Mediterraneo e del Mar Rosso -Africa Orientale Italiana.

Capo ufficio: GUARNASCHELLI Giovanni Battista, predetto.

Segretari: ZOPPI Vittorio, consigliere; ARCHI Pio, console di 3a classe; NAVARRINI Guido, console di 3a classe.

UFFICIO IV

Albania.

Capo ufficio: STRANE() Carlo Alberto, primo segretario di la classe.

Segretari: CAPPELLANI DELLA FORMICA Raftàele, console di 3a classe; CATALANO Felice, volontario.

UFFICIO V

Affari con la Santa Sede. Capo ufficio: GuGLIELMINETTI Giuseppe, consigliere. Segretario: N.N.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI

Direttore generale: GRAZZI Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Vice direttore generale: BONARELLI DI CASTELBOMPIANO Vittorio Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

UFFICIO I

Africa (eccetto i paesi di competenza di altri uffici). Capo ufficio: N.N. Segretario: N.N.

UFFICIO II Asia (eccetto i paesi di competenza di altri uffici) -Oceania.

Capo ufficio: BoNARELLI DI CASTELBOMPIANO Vittorio Emanuele, predetto.

Segretario: MACCHI DI CELERE Francesco, console di 3a classe, dal l Oottobre; GAJA Roberto, addetto consolare, fino al novembre.

UFFICIO III

America del Nord

Capo ufficio: N.N.

Segretario: FERRERO Andrea, console di 3a classe, dal 21 novembre; DE MICHELIS Paolo, addetto consolare, fino all'ottobre.

UFFICIO IV

America latina.

Capo ufficio: CONFALONIERI Giuseppe Vitaliano, pnmo segretario di legazione di 2a classe.

Segretari: MENGARINI Bruno, console di 3a classe; TERRUZZI Giulio, addetto consolare, fino al settembre; BoccHINI Marcello, volontario.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI GENERALI

Direttore generale: VITETTI Leonardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 1 a classe.

Vice direttore generale: VIDAU Luigi, console generale di 1 a classe. Addetto alla direzione generale: MACCOTTA Giuseppe, volontario.

UFFICIO I Istituti internazionali -Conferenze e congressi internazionali Coordinamento culturale.

Capo ufficio: GRAZZI Umberto, primo segretario di l a classe.

Segretari: SPALAZZI Giorgio, primo segretario di 2a classe, fino al settembre; CAMPANELLA Paolo, vice console di l a classe, dal 26 settembre.

UFFICIO II Coordinamento militare, navale ed aeronautico -Missioni militari Commissione suprema di difesa-Materiali di guerra.

Capo ufficio: N.N.

Segretario: N.N.

UFFICIO III

Trattati ed atti.

Capo ufficio: LANZARA Giuseppe, console di l a classe. Segretario: LANZETTA Umberto, console di 2a classe.

UFFICIO IV

Affari riservati.

Capo ufficio: VIDAU Luigi, predetto.

Segretari: GALLINA Vitale, console di 2a classe; GULLI Vincenzo, console di 3a classe; SEGANTI Vittorio, console di 3a classe, fino all'ottobre; MARTINA Gian Luigi, vice console di l a classe, dal 31 ottobre; DAINELLI Luca, volontario; CORSI Fernando, ispettore.

UFFICIO V

Storico-diplomatico. Ricerche e studi su materie storiche e questioni internazionali Schedari -Rubriche -Pubblicazioni di carattere storico-diplomatico Sezione geografica.

Capo ufficio: MONACO Adriano, consigliere di legazione, dal 4 novembre.

Segretari: BIANCONI Alberto, console di l a classe, dal 21 novembre; WIEL Ferdinando, console di 2a classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI COMMERCIALI

Direttore generale: GIANNINI Amedeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario onorario con rango di l a classe, consigliere di Stato, senatore.

Vice direttore generale: CALISSE Alberto, console generale di 2a classe.

UFFICIO I Affari generali -Comunicazioni aeree, terrestri e marittime Fiere, congressi, esposizioni.

Capo ufficio: MoscA Bernardo, consigliere. Segretario: BERTUCCIOLI Rom o lo, console di l a classe.

UFFICIO Il

Commercio coi paesi d'Europa e del Mediterraneo.

Capo ufficio: CALISSE Alberto, predetto.

Segretari: FoRMICHELLA Giovanni, console di 2a classe; SENSI Federico, addetto consolare.

UFFICIO III

Commercio transoceanico.

Capo ufficio: BENZONI Giorgio, console di l a classe. Segretari: SIMONE Nicola, console di 3a classe; VINCI Piero, volontario.

DIREZIONE GENERALE DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO Direttore generale: DE Cieco Attilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario

di 2a classe. Vice direttore generale: RULLI Guglielmo, primo segretario di legazione di l a classe. Addetti alla direzione generale: CuNEO Giovanni Battista, console di la classe; BARIL

LARI Michele, ispettore superiore; DINI Ottavio, vice ispettore.

UFFICIO l

Case d'Italia-Dopolavoro al! 'estero-Propaganda e Assistenza.

Capo ufficio: NoBILI VITELLESCHI Pietro, console di l a classe.

Segretari: PINNA CABONI Mario, vice console di l a classe; SIMONIS Giuseppe Casimiro, volontario; TEDESCO Pietro Paolo, ispettore; FLAMINI Pietro, vice ispettore; Lo BALSAMO Michele, vice segretario.

UFFICIO Il

Affari privati.

Capo ufficio: MENZINGER DI PREISENTHAL Enrico, consigliere.

Segretari: BIANCONI Alberto, console di la classe, fino al 20 novembre; BARBARI SI Guglielmo, console di 2a classe; EYNARD Carlo, console di 3a classe; SEBASTIANI Lucio, TRIONFI Riccardo, volontari.

UFFICIO III

Scuole all'estero -Attività culturali-Istituti di Cultura.

Capo ufficio:CAROSI Mario, console di la classe.

Segretari: PARENTI Francesco, console di 2a classe, dal 23 novembre; PERRONE CAPANO Carlo, volontario.

UFFICIO IV

Lavoro Italiano all'estero.

Capo ufficio: GERBASI Francesco, ispettore generale capo.

Segretari: MASI Corrado, MARONE Vincenzo, ispettori superiori; MANCA Elio, ispettore capo; CANNONE Nicolò, ispettore; BEVILACQUA Michele, ispettore, dal 7 novembre; V ACCIIELLI Alessandro, vice ispettore.

DIREZIONE GENERALE DEL PERSONALE E DELL'AMMINISTRAZIONE INTERNA

Direttore generale: LEQUIO Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di la classe.

Addetti alla direzione generale: MARZIANI Luigi, ispettore generale capo; EMILIANI Luigi, primo commissario consolare; GRANDINETTI Eugenio, ispettore superiore.

UFFICIO I

Personale di gruppo A delle carriere dipendenti dal Ministero degli affari esteri -Personale consolare di seconda categoria -Uffici diplomatici e consolari all'estero-Ispezioni degli uffici all'estero-Questioni che si riferiscono all'ordinamento del ministero e delle carriere diplomatica, consolare e degli interpreti-Concorsi, nomine ed ammissioni, commissioni di avanzamento, consigli, commissioni e comitati presso l 'Amministrazione centrale -Addetti militari, navali, aeronautici, commerciali, per la stampa e loro uffici -Personale e uffici diplomatici e consolari esteri in Italia-Bollettini del personale-Passaporti diplomatici, di servizio e ordinari, libretti e richieste ferroviarie per il personale -Rapporti con il PN.F, la M VS.N. e le Amministrazioni dello Stato, per quanto riguarda il personale dipendente dal Ministero degli affari esteri.

Capo ufficio: N .N.

Segretari: SILJ Francesco, console di 2a classe; CASTRONuovo Manlio, console di 3a classe; GIGLIOLI Carlo Enrico, addetto consolare, fino all'ottobre; PAscucci RIGHI Giulio, volontario; FERRINI Guglielmo, ispettore capo, dal 7 novembre.

UFFICIO II

Personale dei gruppi B e C e personale subalterno delle carriere dipendenti dal Ministero degli affari esteri, escluso il personale delle scuole italiane all'estero. Concorsi, nomine e ammissioni -Commissione di avanzamento e consigli del ministero, ed in generale tutte le questioni relative alla carriera e all'ordinamento del personale suddetto -Bollettini che si riferiscono al personale stesso -Personale di ogni gruppo appartenente ad altre Amministrazioni e comandato presso il Ministero degli affari esteri-Personale avventizio in servizio presso l 'Amministrazione centrale e gli ujjìci del!' emigrazione nel Regno -Personale locale in servizio presso le regie rappresentanze diplomatiche e consolari.

Capo ufficio: SERPI Giuseppe, console generale di 2a classe.

Segretari: BOBBA Franco, volontario.

UFFICIO III

Edifici demaniali. Gestione di tutti gli stabili e locali adibiti ad uso dell'Amministrazione centrale e dei RR. Uffici all'estero -Acquisto, vendita, affitto, permuta, manutenzione ordinaria e straordinaria, miglioramento e arredamento Assicurazioni, inventari e contratti -Locazioni di immobili e locali per uso dei RR. Uffici-Ufficio del consegnatario -Deposito e distribuzione marche consolari e passaporti.

Capo ufficio: AssERETO Tommaso, consigliere.

Segretario: FossATI Mario, vice segretario.

UFFICIO IV

Servizi amministrativi.

Capo ufficio: MoNTESI Giuseppe, console generale di 2a classe.

Segretari: AGOSTEO Cesare, capo divisione dei commissari consolari; CERACCHI Giuseppe, capo sezione dei commissari consolari; LIVINALI Alessandro, capo sezione dei commissari consolari; FERME Antonio, primo commissario consolare; PISANI Salvatore, commissario consolare.

Addetti all'ufficio: RENGANESCHI Vittorio, BLANDI Silvio, ispettori capo; PIRODDI Mario, vice ispettore.

Cassa

BoNAVINO Arturo, capo divisione dei commissari consolari.

UFFICIO V Corrispondenza e archivi -Tipografia riservata. Organizzazione, sorveglianza degli archivi -Corrispondenza in arrivo e in partenza: accettazione, registrazione, spedizione ecc. -Controllo del carteggio degli uffici in relazione alla corrispondenza in arrivo -Archivi correnti -Servizio dei corrieri.

Capo ufficio: GROSSJ\RDI Antonio, console generale di l a classe.

Segretario: Busi Gino, console di 2a classe.

Tipografia riservata

Direttore: BERNI Fedele.

UFFICIO VI

Cifra.

Capo ufficio: CANCELLARlO o'ALENA Francesco, console generale di 2a classe, fino all'ottobre; PERVAN Edoardo, console generale di 2a classe, dal 7 novembre.

Segretari: DI RovASENDA Vittorio, consigliere; Rossi Paolo Alberto, console generale di 23 classe, fino ali' ottobre; CANNICCI Achille Angelo, console di l a classe; BuzZI GRADENIGO Cesare Pier Alberto, console di 2a classe; LAORCA Orazio, console di

3

classe; SAVINA Paolo, vice ispettore.

APPENDICE II

AMBASCIATE E LEGAZIONI ITALIANE ALL'ESTERO (l2 settembre -31 dicembre 1938)

AFGHANISTAN

Kabul-QuARONI Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ANZILOTTI Enrico, primo segretario.

ALBANIA

Tirana -JACOMONI Francesco, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario; BABUSCIO Rizzo Francesco, primo segretario; PRATO Eugenio, secondo segretario; SOLARI Pietro, terzo segretario; GABRIELLI Manlio, colonnello di fanteria, addetto militare.

ARABO-SAUDIANO (Regno)

Gedda-SILLITTI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; P AVERI FoNTANA Alberto, primo segretario.

ARGENTINA

Buenos Aires -GuARIGLIA Raffaele, ambasciatore, fino a novembre; SERENA DI LAPIGIO Ottavio, consigliere; BARBARICH Alberto, primo segretario; MAJOLI Mario, secondo segretario; FIORI Romeo, consigliere dell'emigrazione; MARIANI Erminio, consigliere commerciale; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro ); MARCATILI Michele, capitano di fregata, addetto navale (residente a Rio de Janeiro); CABALZAR Ferruccio Guido, addetto stampa.

BELGIO

Bruxelles -PREZIOSI Gabriele, ambasciatore; SILENZI Renato, consigliere; PANSA Mario, primo segretario; DucA Giovanni, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare sostituito da BONELLI Aldo, tenente colonnello; MARGOTTINI Carlo, capitano di fregata, addetto navale (residente a Parigi); GAGLIANI Luigi, maggiore dell'aeronautica, addetto aeronautico.

BOLIVIA

La Paz -MARIANI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

BRASILE

Rio de Janeiro -LoJACONO Vincenzo, ambasciatore; TELESIO Giuseppe, primo segretario; ANTINORI Orazio, secondo segretario; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico.

BULGARIA

Sofia-TALAMO ATENOLFI Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DANEO Silvio, primo segretario; PAULUCCI Mario, secondo segretario; LIBRANDO Gaetano, addetto commerciale; SovERA Tullio, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare e aeronautico; FERRERO RoGNONI Raul, capitano di vascello, addetto navale (residente ad Ankara).

CECOSLOVACCHIA

Praga -FRANSONI Francesco, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario; BoRGA Guido, primo segretario; SILVESTRELU Luigi, secondo segretario; ZECCHIN Guido, secondo segretario, dal 21 ottobre; ENEA Giuseppe, addetto commerciale; VALFRÈ DI BoNzo Corrado, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare sostituito da BoNFATTI Luigi, tenente colonnello di Stato Maggiore; PALOTTA Natale, tenente colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Budapest).

CILE

Santiago -MARCHI Giovanni, ambasciatore; 0TTAVIANI Luigi, consigliere; MARINI Vittorio, primo segretario, tino al 24 dicembre; GRAZIANI Orazio, secondo segretano dal 25 settembre; TRONCELLITI Francesco, reggente l'ufficio commerciale; LoNGa Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro); MARCATILI Michele, capitano di fregata, addetto navale (residente a Rio de Janeiro).

CINA

Pechino -CaRA Giuliano, ambasciatore, fino al 16 ottobre; TALIANI DE MARCHIO Francesco, ambasciatore, dal 28 ottobre; ALESSANDRINI Adolfo, consigliere; RosSET DESANDRE' Antonio, primo segretario; GIUSTI DEL GIARDINO Justo, secondo segretario; VINCENTI MARERI Francesco, interprete; PRINCIPINI Omero, tenente colonnello, addetto militare ed aeronautico; RUTA Mario, tenente di vascello, comandante la guardia dell'ambasciata, con funzioni di addetto navale.

COLOMBIA

Bogotà-CANTONI MARCA Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

COSTARICA

S. José-ScADUTO MENDOLA Gioacchino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

CUBA

L 'Avana -PERSICO Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SPINELLI Pier Pasquale, primo segretario; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

DANIMARCA

Copenaghen -SAPUPPO Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LA TERZA Pierluigi, primo segretario; Luzi Renato, addetto commerciale; MARRAS Efisio, generale di brigata, addetto militare (residente a Berlino); PECORI GIRALDI Corso, capitano di fregata, addetto navale (residente a Berlino); GAGLIANI Luigi, tenente colonnello dell'aeronautica (residente a Bruxelles).

DOMINICANA (Repubblica)

Ciudad Trujillo-PoRTA Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Porto Principe); LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

EGITTO

Cairo -MAZZOLINI Serafino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BALDONI Corrado, primo segretario; FARACE Ruggero, secondo segretario; DE CLEMENTI Alberto, terzo segretario; 0MAR Umberto, interprete, fino a settembre; SPERANZA Vincenzo, console interprete dal 1o dicembre; BUFFONI Decio, reggente la delegazione commerciale.

EL SALVADOR (Repubblica di)

San Salvador -BOMBIERI Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala); LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

EQUATORE

Quito -AMADORI Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario dal 24 novembre; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

ESTONIA

Tallinn -ClccoNARDI Vincenzo, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario; FERRETTI Raffaele, primo segretario; ROERO DI CORTANZE Giuseppe, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare (residente a Varsavia).

FINLANDIA

Helsinki -KocH Ottaviano Armando, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CorPINI Maurilio, primo segretario; MARRAS Efisio, generale di brigata, addetto militare (residente a Berlino) sostituito da ROERO DI CoRTANZE Giuseppe, tenente colonnello di cavalleria (residente a Varsavia); LIOTTA Aurelio, generale di squadra aerea, addetto aeronautico (residente a Berlino).

FRANCIA

Parigi-PRUNAS Renato, consigliere, incaricato d'affari fino al 19 novembre; GUARIGLIA Raffaele, ambasciatore, dal 20 novembre; LANDINI Amedeo, console generale; DELLA PORTA Francesco, primo segretario; CoRRIAS Angelino, secondo segretario; BARATTIERI DI SAN PIETRO Ludovico, terzo segretario, fino al I 8 novembre; DEL BoNo Giorgio, terzo segretario dal 19 novembre; THEODOLI Livio, quarto segretario; ToMMASINI Mario, consigliere dell'emigrazione; SALLIER DE LA TouR Carlo, vice consigliere dell'emigrazione; VISCONTI PRASCA Sebastiano, generale di divisione, addetto militare; RosATI Ulisse, maggiore di artiglieria, addetto militare aggiunto; MARGOTTINI Carlo, capitano di vascello, addetto navale; ERCOLE Ercole, colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico.

GERMANIA

Berlino-Anouco Bernardo, ambasciatore; MAGISTRATI Massimo, consigliere; ZAMBONI Guelfo, primo segretario; VENTURINI Antonio, secondo segretario; o'AQUINO DI CARAMANICO Alfonso, terzo segretario; RICCIARDI Adelchi, consigliere commerciale; MARRAS Efisio, generale di brigata, addetto militare; BADINI Damiano, tenente colonnello di artiglieria, addetto militare aggiunto; PECORI GIRALDI Corso, capitano di fregata, addetto navale; LIOTTA Aurelio, generale di squadra aerea, addetto aeronautico; GASPERI Mario, capitano, addetto aeronautico aggiunto.

GIAPPONE

Tokio -AuRITJ Giacinto, ambasciatore; ScAMMACCA Michele, consigliere; MACCHI DI CELLERE Pio, primo segretario; BouNous Franco, secondo segretario; MELKAY Almo, interprete; ScALJSE Guglielmo, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; BRUNETTI Nerio, tenente colonnello, addetto aeronautico; GJORGIS Giorgio, capitano di vascello, addetto navale.

GRAN BRETAGNA

Londra -GRANDI Dino, ambasciatore; CROLLA Guido, consigliere; FRACASSI RATTI MENTONE Cristoforo, primo segretario; CASARDI Aubrey, secondo segretario; Gozzi Giorgio, terzo segretario; ORTONA Egidio, quarto segretario; DE FACCI NEGRATI Gaetano, addetto; CECCATO Giovanni Battista, consigliere commerciale; RuGGERI LADERCHI Cesare, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; BRIVONESI Bruno, contrammiraglio, addetto navale; CALDERARA Attilio, colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico.

GRECIA

Atene -BoscARELLI Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; JANNELLI Pasquale, primo segretario; SERAFINI Giorgio, secondo segretario; DE SANTO Demetrio, interprete; MORIN Sebastiano, capitano di vascello, addetto navale; BoGLIONE Gabriele, colonnello di artiglieria, addetto militare ed aeronautico (residente ad Ankara) sostituito da MONDINI Luigi, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

GUATEMALA

Guatemala-BoMBIERI Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Muzi FALCONI Filippo, primo segretario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

HAITI

Porto Principe -PORTA Mario, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario, LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

HONDURAS

Tegucigalpa -BoMBIERI Enrico, inviato straordinario e m1mstro plenipotenziario (residente a Guatemala); LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

IRAN

Teheran-PETRUCCI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIARDINI Renato, primo segretario; MoLÀ Luigi, capitano di corvetta, assistente addetto navale; PENNACCHIO Luigi, interprete.

IRAQ

Bagdad-GABBRIELLI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; POLLICI Dante, interprete.

IRLANDA

Dublino-LoDI FE' Romano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 20 novembre; BERARDIS Vincenzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 21 novembre; MALASPINA Folchetto, primo segretario; RuGGERI LADERCHI Cesare, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Londra); BRIVONESI Bruno, contrammiraglio, addetto navale (residente a Londra); CALDERARA Attilio, colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Londra).

JUGOSLAVIA

Belgrado -INDELLI Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CAPRANICA DEL GRILLO Giuliano, primo segretario; Gumorn Gastone, primo segretario; BAISTROCCHI Ettore, secondo segretario; SCADUTO MENDOLA Antonio, terzo segretario; ScELDIA Antonio, interprete; BENEDETTI Giovanni Paolo, addetto commerciale; CoRONATI Emilio, colonnello d'artiglieria, addetto militare; MoRIN Sebastiano, capitano di vascello, addetto navale (residente ad Atene); PIRODDI Mario, addetto aeronautico.

LETTONIA

Riga -RoGERI DI VILLANOVA Delfino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RICCIO Luigi, primo segretario; RoERO DI CoRTANZE Giuseppe, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare (residente a Varsavia).

LITUANIA

Kaunas-DI GIURA Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CIPPIco Tristram Alvise, primo segretario; MARRAS Efisio, generale di brigata, addetto militare (residente a Berlino); LIOTTA Aurelio, generale di squadra aerea, addetto aeronautico (residente a Berlino).

LUSSEMBURGO

Lussemburgo-DIANA Pasquale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario fino al l O dicembre, TAMBURINI Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dali' Il dicembre .

MANCIUKUÒ

Hsin King-CoRTESE Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GuADAGNINI Piero, vice console.

MESSICO

Messico -MARCHETTI or MuRrAGLIO Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CATTANI Attilio, primo segretario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro ).

NICARAGUA

Managua-SCADUTO MENDOLA Gioacchino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a S. José di Costarica); LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

NORVEGIA

Oslo-AMADORI Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 23 novembre, Loor FÉ Romano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 12 dicembre; STAFFETTI Pier Carlo, primo segretario; Luzr Renato, addetto commerciale (residente a Copenaghen); PECORI GrRALDI Corso, capitano di fregata, addetto navale (residente a Berlino); GAGLIANI Luigi, tenente colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Bruxelles);

PAESI BASSI

L 'Aja -TALIANI DE MARCHIO Francesco Maria, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 16 ottobre; DIANA Pasquale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario dall' 11 dicembre; DE VERA o'ARAGONA Carlo Alberto, primo segretario; NOTARANGELI Tommaso, addetto commerciale; BoNELLI Aldo, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; PECORI GrRALDI Corso, capitano di fregata, addetto navale (residente a Berlino); GAGLIANI Luigi, capitano, maggiore dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Bruxelles).

PANAMA

Panama -CAPANNI Italo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro ).

PARAGUAY

Assunzione-ToNI Piero, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 28 settembre; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro ).

PERÙ

Lima -FARALLI Iginio Ugo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GARBACelo Livio, primo segretario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro); MARCATILI Michele, capitano di fregata, addetto navale (residente a Rio de Janeiro).

POLONIA

Varsavia -ARONE DI VALENTINO Pietro, ambasciatore; CARISSIMO Agostino, consigliere; Dr STEFANO Mario, primo segretario; ClRAOLO Giorgio, secondo segretario, fino al settembre; SORO Giovanni, secondo segretario dal 15 ottobre; PIETRABISSA Francesco, addetto commerciale; ROERO DI CoRTANZE Giuseppe, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare navale e aeronautico.

PORTOGALLO

Lisbona-MAMELI Francesco Giorgio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GERBORE Pietro, primo segretario; RALLO Pietro, consigliere commerciale (residente a Salamanca); MONICO Umberto, capitano di vascello, addetto navale (residente a Salamanca); FERRARIN Francesco, tenente colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico e militare.

ROMANIA

Bucarest -SoLA Ugo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 22 dicembre; GHIGI Pellegrino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario dal 23 dicembre; CAPECE GALEOTA Giuseppe, primo segretario; DALLA RosA PRATI Rolando, secondo segretario; MrzzAN Ezio, terzo segretario; CosENTINI Giuseppe, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare e aeronautico; FERRERO RoGNONI Raul, capitano di vascello, addetto navale (residente ad Ankara).

SANTA SEDE

Roma -PIGNATTI MoRANO DI CusTOZA Bonifacio, ambasciatore; FECIA DI CossATO Carlo, consigliere; GruSTINIANI Raimondo, primo segretario.

SIAM

Bangkok-UMILTÀ Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIORGIS Giorgio, capitano di vascello, addetto navale (residente a Tokio).

SPAGNA

Salamanca-VIOLA Guido, ambasciatore; RONCA! LI Guido, consigliere; V ANNI o' ARCHIRAFI Francesco Paolo, primo segretario; GAETANI DELL'AQUILA o' ARAGONA Massimo, secondo segretario; RALLO Pietro, addetto commerciale; MONICO Umberto, capitano di vascello, addetto navale.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -SuviCH Fulvio, ambasciatore; CosMELLI Giuseppe, consigliere; DEL DRAGO Marcello, primo segretario, fino a novembre; CAPOMAZZA Benedetto, secondo segretario; ROBERTI Guerino, terzo segretario; BoNARDELLI Eugenio, consigliere dell'emigrazione; BIFULCO Vittorio, vice consigliere dell'emigrazione; BALLERINI Elisio, consigliere commerciale; CuGIA DI SANT'ORSOLA Umberto, capitano di fregata, addetto navale; COPPOLA Vincenzo, colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico e militare.

SUD AFRICA

Pretoria-CORTESE Paolo, incaricato d'affari; STRIGARI Vittorio, primo segretario.

SVEZIA

Stoccolma-MELI LUPI DI SORAGNA TARASCONI Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MONACO Adriano, primo segretario, fino ad ottobre; SPALAZZI Giorgio, primo segretario, dal 26 ottobre; MARRAS Etìsio, generale di brigata, addetto militare (residente a Berlino); PECORI GIRALDI Corso, capitano di fregata, addetto navale (residente a Berlino); GAGLIANI Luigi, maggiore dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Bruxelles).

SVIZZERA

Berna -TAMARO Attilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MASCIA Luciano, primo segretario, fino ad ottobre; CITTADINI Pier Adolfo, primo segretario dal 31 ottobre; PESCATORI Federico, secondo segretario dal 5 ottobre; PAZZAGLIA Gino, consigliere dell'emigrazione; PELLEGRINI Vincenzo, addetto commerciale; BIANCHI Tancredi, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; ERCOLE Ercole, colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Parigi).

TURCHIA

Ankara -DE PEPPO Ottavio, ambasciatore; BERlO Alberto, consigliere; CARACCIOLO Filippo, secondo segretario; BARIGIANI Andrea, addetto commerciale; BOGLIONE Gabriele, colonnello d'artiglieria, addetto militare ed aeronautico; FERRERO RoGNONI Raul, capitano di vascello, addetto navale.

UNGHERIA

Budapest-VINCI GIGLIUCCI Luigi Orazio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FORMENTINI Omero, primo segretario; REVEDIN DI SAN MARTINO Giovanni, secondo segretario; CLEMENTI Raffaele, terzo segretario; GARIGIOLI Arnaldo, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; PALOTTA Natale, tenente colonnello del!'aeronautica, addetto aeronautico.

UNIONE DELLE REPUBBLICHE SOCIALISTE SOVIETICHE

Mosca -Rosso Augusto, ambasciatore; BERARDIS Vincenzo, consigliere, fino al 20 novembre; MASCIA Luciano, consigliere, dal 30 novembre; MIGONE Bartolomeo, primo segretario; DE FRANCHIS Carlo, secondo segretario, dal 22 novembre; BoNFATTI Luigi, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare navale ed aeronautico; RELLI Guido, interprete.

URUGUAY

Montevideo-BELLARDI RICCI Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

VENEZUELA

Caracas -CAFFARELLI Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA (12 settembre -3 I dicembre 19 38)

Afghanistan -SAMAD Abdul khan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RASSOUL Mohammed khan, segretario.

Albania-BERATTI Dimetrio, inviato straordinario e ministro; LIBOHOVA Assaf, secondo segretario; KOKALARI Hamit, terzo segretario.

Arabo-Saudiano (Regno)-N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Argentina -MIGUENS Carlos, consigliere, incaricato d'affari ad interim fino al 4 novembre, dal 5 novembre MALABRAN Manuel E., ambasciatore; ONETO AsTENGO Oscar, consigliere; RoDRIGUEZ ARAYA Raul, primo segretario; CoMOLLI Guido, addetto commerciale; RoGGERO Arturo, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare ed aeronautico fino al 15 dicembre, dal 16 dicembre ZucAL Virginio, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare ed aeronautico.

Belgio -DE KERCHOVE DE DENTERGHEM André, ambasciatore; DU CHASTEL DE LA HowARDERIE Ferdinand, consigliere; DE MEEUS Hadelin, primo segretario; LAMY Léon, addetto; CARLIER Georges, addetto.

Bolivia-CAMPERO ARCE Antonio, ministro plenipotenziario, incaricato d'affari ad interim; CESPEDES RIVERA Guillermo , segretario; RIVERA Juan Antonio, capitano, addetto militare ed aeronautico aggiunto fino al 16 settembre, dal 17 settembre TovAR VILLA Raul, addetto militare; OLMOS Secundino, generale, addetto alla legazione come capo della missione militare, dal 28 ottobre.

Brasile-GuERRA DuvAL Adalberto, ambasciatore; DE SouzA QUARTIM Adriano, consigliere; SPARANO Luiz, consigliere commerciale; DE SouzA GoMES Henrique, secondo segretario; LATOUR Jorge, secondo segretario.

Bulgaria -POMENOV Svétoslav, inviato straordinario e m1mstro plenipotenziario; KARANDJULOV Anton, primo segretario; RADEV lvan, terzo segretario; TONTCHEV Petr, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare, aeronautico e navale; BLASKOV Simeon, consigliere commerciale dal 26 settembre.

Cecoslovacchia -CHVALKOVSKY Frantisek, inviato straordinario e ministro plenipotenziario fino al 3 ottobre; BRAUNER Vladimir, consigliere; HERMAN Frantisek, consigliere; STANE Yojtech, segretario; KusKA Theodor, consigliere per la stampa; KLECANDA Vladimir, generale di divisione, addetto militare e aeronautico.

Cile -CARIOLA MAFFEI Luis Alberto, ambasciatore; CuEVAS IRARRAZABAL Hernan, consigliere; INFANTE BIGGS Raul, primo segretario; BARRIGA ERAZURRIZ Jorge, consigliere commerciale; FIRMANI René, addetto commerciale; TRONCOSO PALACIOS Guillermo, capitano di vascello, addetto navale; NUNEZ MoRGADO E., comandante, addetto aeronautico.

Cina-L1u VoN-TAo, ambasciatore (assente); HsO OAU-LIN, consigliere, incaricato d'affari dal 14 settembre; CHU YIN, primo segretario; HWANG TA-CHUNG, secondo segretario; TCHANG KIEN, secondo segretario; YoH LuN, terzo segretario; L1u TsrEN, terzo segretario; MAo CHr-KENG, addetto; CHANG Augusta, addetta; TcHENG CHAO-TSHENG, colonnello, addetto militare.

Colombia -CAICEDO CASTILLA José Joaquin, mrmstro plenipotenziario, incaricato d'affari, fino al 2 novembre, RESTREPO don Saturnino, incaricato d'affari, dal 3 novembre; F AILLACE Carlos A., addetto.

Cuba -ZAYAS Y Rurz Enrique, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario (assente); TABERNILLA Y DoLz Carlos, consigliere, incaricato d'affari ad interim; CRUZ Y FERNANDEZ America, secondo segretario; F!GUEROA Y MIRANDA Miguel, terzo segretario.

Danimarca-KRUSE Johan Christian Westergaard, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; WICHFELD Hubert, consigliere.

Dominicana (Repubblica) -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CALDERON Telesforo R., primo segretario, incaricato d'affari ad interim; TRUJILLO MoLINA Anibal, generale di brigata, addetto militare (assente).

Egitto -EL-SADEK Mostafà, bey, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; OMAR Mohamed Osni, primo segretario; CHOUKRI FANOUS C., addetto.

El Salvador (Repubblica di)-N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Equatore-PENA-HERRERA Luis Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GuzMAN AsPIAZU Carlos, consigliere commerciale; ICAZA Pedro Antonio, colonnello, addetto militare ed aeronautico, fino al 16 ottobre, RIBADENEIRA Josè E., addetto militare e aeronautico, dal 17 ottobre; ALOMIA LORREA Antonio, tenente colonnello, addetto militare aggiunto.

Estonia -LEPPIK Johan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; 1ANSON David, primo segretario.

Finlandia-JARNEFELT Eero, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SAIKKU Olavi, addetto; SUNDMAN Victor Alonzo, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare ed aeronautico (residente a Berlino).

Francia -BLONDEL Jules François, ministro plenipotenziario, incaricato d'affari ad interim; dal 19 novembre FRANçois-PoNCET André, ambasciatore; GUERIN Hubert, consigliere; GARNIER Jean-Paul, secondo segretario, dal 13 dicembre primo segretario; BÉRARD Armand, secondo segretario dal 13 dicembre; DE MARGERIE Christian, addetto; SANGUINETTI Joseph, console generale, consigliere commerciale; MINGALON André, addetto commerciale aggiunto; TousSAINT Jean, generale di brigata, addetto militare; DE LAFOND Gervais, capitano di vascello, addetto navale; PoUPON Roger, colonnello, addetto aeronautico; DONATI Louis, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare aggiunto.

Germania-VON MACKENSEN Hans Georg, ambasciatore; VON PLESSEN Johann, consigliere; VON STRAUTZ Felix, consigliere; ETTEL Erwin, consigliere; PFEIFFER Peter, consigliere, dal 20 settembre; SPAKLER Wolfgang, consigliere governativo; RITTER voN REICHERT Hans Joachim, segretario; BERGER Karl, segretario; WITTE Alexander, addetto; GRAEFF Friedrich, addetto commerciale; KoEHLER Fritz, addetto per l'agricoltura; MoLLIER Hans, addetto stampa; VON RINTELEN Enno, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; PRETZELL Gerhard, maggiore, addetto militare aggiunto; LANGE Werner, capitano di vascello, addetto navale; VON BOLOW Hilmar, generale dell'arma aeronautica, addetto aeronautico; BADER Karl, tenente colonnello, addetto aeronautico aggiunto.

Giappone-HOTTA Massa-aki, ambasciatore; MATSUMIYA Hajime, consigliere; SAKAMOTO TAMAO, primo segretario dal 24 novembre; TERASAKI Taro, secondo segretario; HARA Kaoru, terzo segretario; EIJIRO Mihara, terzo segretario dal 30 dicembre; YosHIURA Morizumi, segretario interprete di seconda classe; NAGAI Mikizo, addetto; KABAYAMA Sukehide, addetto; ARISUE Seizo, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare ed aeronautico per l'esercito; HIRAIDE Hideo, capitano di fregata, addetto navale ed aeronautico per la marina; TAMURA Kyuzo, capitano di fregata, addetto navale aggiunto dal 27 settembre; FuZIMATU Tatuzi, capitano di fregata, addetto aeronautico per la marina aggiunto, dal 3 dicembre;ToKI Hokoji, tenente colonnello di artiglieria, addetto militare ed aeronautico aggiunto per l'esercito, KAWABE Tyuzaburo, maggiore, addetto aeronautico per l'esercito aggiunto dal 3 dicembre; NAKAJUMA Yoshio, maggiore, addetto militare aggiunto dal 3 dicembre.

Gran Bretagna-PERTH sir Eric DRUMMOND, ambasciatore; CHARLES sir Noel, consigliere; NoswORTHY Richard Lysle, consigliere per gli affari commerciali; Mc CLURE sir William, addetto stampa con rango di consigliere; YENCKEN A. F., primo segretario; DrxoN Pierson John, secondo segretario; GREY P.F., terzo segretario; LAVER W.S., assistente del consigliere commerciale; SHARP G.R. addetto onorario, dal 31 dicembre; BURROWS M.B., colonnello, addetto militare; BEVAN R.H. capitano di vascello, addetto navale; MEDHURST C.E., colonnello, addetto aeronautico; BARCLAY Walter P., maggiore, addetto militare aggiunto; HEARSON G., comandante, addetto navale aggiunto (residente a Berlino).

Grecia-METAXAS Petros, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ROMANOS Johannes, consigliere; AssiMACOPOULOS Aleksandros, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

Guatemala-DuRA N MOLLINEDO Vietar, generale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DURAN Y FIGUEROS J. Ramiro, segretario.

Haiti-LARAQUE Enrico Alfonso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Iran-ADLE Mustafà, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SAMSAMI Gholam-Ali, primo segretario, dali' 11 novembre; KHOSROVI Abdullah, addetto.

Iraq -AL-PACHACHI Muzahim, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario; SULAIMAN Alì Haidar, terzo segretario ; AL-PACHACHI Taher, addetto.

Irlanda-MAc WHITE Michael, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Jugoslavia-CHRISTié Bochko, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BELJANSKI Pavle, consigliere; CHETCHEROVIé Voukachine, primo segretario; PLAMENAC Ilia, addetto; TROJANOVIé Radmilo, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare, navale ed aeronautico; JuNGié Dragoslav, maggiore di aeronautica, addetto militare, navale ed aeronautico aggiunto.

Lettonia -SPEKKE Arnolds, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RIEKSTINS Janis, primo segretario.

Lituania-LozORAITIS Stasys, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (assente); GAURILIUS Juozas, segretario, incaricato d'affari ad interim; NASTOPKA Jaroslavas, addetto.

Manciukuò -Hsu SHAO-CHING, inviato straordinario e mmtstro plenipotenziario; AKIO MAJSHIRO, consigliere; Yu HSIAO-LAN, primo segretario; ATSUSHI ITOGA, secondo segretario.

Messico-MAPLES ARCE Manuel, consigliere, incaricato d'affari ad interim; RENNOW German, terzo segretario; ALAMILLO FLORES Luis, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare (residente a Parigi).

Monaco -COUGET Fernand, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Nicaragua-MEDINA Tomas Francisco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Norvegia -IRGENS Johannes, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VANGENSTEN Ove C.L., primo segretario; BAKKE Arnold, consigliere commerciale (residente a Berna).

Paesi Bassi-HUBRECHT Jan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VAN DE WEEDE Mare W., primo segretario.

Panama-BRIN Ernesto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Paraguay-N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NoGUES Carlos, incaricato d'affari ad interim; DI PAOLA Nuncio, segretario.

Perù -MANZANILLA José Matias, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (assente); LANAfA CouDY Luis F., primo segretario incaricato d'affari; CHOCANO Jorge E., addetto commerciale (residente a Genova), dal 2 novembre; VARGAS Jorge, colonnello, addetto militare; GILARDI VERA Carlos A., colonnello, addetto aeronautico.

Polonia -WIENIAWA DLUGOSZOWSKI Boleslav, ambasciatore; ZAWISZA Aleksander, consigliere; MAZURKIEWICZ Roman, consigliere commerciale; SzELISKI Jan, addetto; LASOCKI Jerzy, addetto; MIKlJLSKI Boleslaw, addetto onorario; MICHALOWSKI Jozef, addetto onorario; RoMEYKO Mariano, tenente colonnello, addetto militare, navale ed aeronautico.

Portogallo-LoBo o'AviLA LIMA José, inviato straordinario e ministro p leni potenziario; V AZ SARAFANA José Eduardo, primo segretario.

Romania -ZAMFIRESCU Alexandru Duiliu, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SoLACOLU Nicolae, consigliere; DAIANU Joachim, primo segretario; PoRN Eugen, consigliere commerciale; AoAMIU Aureliano, addetto; KIRITZESCU Alexandru, consigliere per la stampa; DAMACEANlJ Dimitru, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare, fino al 24 ottobre, FuNDATZEANU Preda, capitano di vascello, addetto militare, dal 25 ottobre; Guo.1u lon, maggiore di aviazione, addetto aeronautico e navale tino al 14 dicembre, STAFANESCU Mihail, tenente colonnello, addetto navale e aeronautico dal 15 dicembre.

Santa Sede-BoRGONGINI DucA Francesco, monsignore, nunzio apostolico; MISURACA Giuseppe, consigliere.

Siam -N.N. inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VISUTRA VIRA.JJADES Luang, incaricato d'affari ad interim.

Spagna -GARCIA CONDE Pedro, ambasciatore; FoRNS Rafael, primo segretario; JORRO Jaime, secondo segretario; JosÉ DEL CASTILLO Francisco, secondo segretario dal 17 novembre; MERRY DEL VAL Alfonso, secondo segretario, dal 15 novembre; MARTINEZ-MERELLO Luis, segretario aggiunto; BERME.JO José Maria, segretario aggiunto; MosQUERA Antonio, addetto commerciale; MoNTESINOS Gregorio, addetto per gli affari economici, dal 12 dicembre; CARRASCO Manuel, addetto onorario (residente a Bologna); VILLEGAS GARDOQUI Manuel, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare ed aeronautico; GENOVA Arturo, capitano di fregata, addetto navale; EsPINOSA Manuel, capitano di corvetta, addetto navale aggiunto.

Stati Uniti d'America-PHILLIPS William, ambasciatore; REED Edward L., consigliere; RoGERS Alan S., secondo segretario; REBER Samuel, secondo segretario; DowLING Walter C., terzo segretario; LIVENGOOD Charles A., addetto commerciale; HOOPER Malcom P., addetto commerciale aggiunto; PAINE George Harris, colonnello di artiglieria, addetto militare ed aeronautico per l'esercito; HoDGSON Jack Clemens, maggiore dell'arma aeronautica, addetto militare ed aeronautico aggiunto; THOMSON Thaddeus Austin, capitano di vascello, addetto navale e aeronautico per la marina, fino al 19 novembre; KINKAID Thomas, capitano di vascello, addetto navale e aeronautico per la marina, dal 20 novembre; NELSON Gordon W., capitano del genio navale, addetto navale aggiunto (residente a Londra); THORNTON Proctor M., capitano di corvetta, addetto navale aggiunto; CASSADY John Howard, capitano di corvetta, addetto navale ed aeronautico aggiunto per la marina, DE KAY Charles, tenente di commissariato, addetto navale aggiunto (residente a Parigi), dal 12 ottobre.

Sud Africa (Unione del)-HEYMANS Albert, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; KIRSTEN Robert, segretario in funzione; GELDENHUYS Frans Eduard, consigliere commerciale; BRUCE J.E., addetto.

Svezia-AF WIRSEN Cari Einar Thure, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; 8RUSEWITZ Sven, addetto, fino al 18 dicembre; MALLING Jens Henrik, addetto, dal 19 dicembre; WESTER Harry, maggiore di artiglieria, addetto militare e aeronautico; HAMMARGREN O.H.L., tenente di vascello, addetto navale ed aeronautico per la marina; HOLMSTROM, tenente del genio, addetto militare aggiunto, dal 3 ottobre.

Svizzera -RuEGGER Pau!, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MICHELI Louis H., consigliere; FuMAsou Mario, primo segretario; MALLET Bernard, secondo segretario; SEIFERT Otto, addetto; DE WATTEVILLE Charles, colonnello, comandante di brigata, addetto militare.

Turchia-8AYDUR Huseyin Ragip, ambasciatore; ARBEL Bedi, consigliere; GoRK Haydar, primo segretario; BELBEZ Nejdet Tahir, secondo segretario; KuRAL ADNAN, secondo segretario dal lo ottobre; Fu AT Inal, addetto commerciale; 0LGUN Raif, addetto commerciale aggiunto, dal22 novembre; HAYIROGUJ Mahmut Nedim, addetto stampa; KOMUT Ziya, capitano di Stato Maggiore, addetto militare ed aeronautico aggiunto; ARNOM Refet, capitano di corvetta di Stato Maggiore, addetto navale.

Ungheria-VILLANI Frigyes, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NAGY DE GALANTHA Laszlo, consigliere; DE HERTELENDY Laszlò, segretario; DE MARFFYMANTUANO Tamas, segretario; BETHLEN Gabor, addetto, dal l Oottobre segretario; HuszKA Istvan, addetto stampa; SzAB6 Laszl6, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; DE PuY Jeno, maggiore, addetto militare aggiunto.

Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche-STEIN Boris, ambasciatore; HELFAND Lev, consigliere; KULAJENKOV Anatolij, secondo segretario; IAKOVLEV Dimitrij, addetto; Porov lvan, rappresentante commerciale aggiunto; CERNAIEV Nikifor, ingegnere, addetto militare ed aeronautico aggiunto.

Uruguay -GRONWALDT CUESTAS Federico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FABREGAT Gilberto Caetano, segretario; GRIMOLDI Americo, addetto; MoRELLI Vicente, addetto; GoMENSORO Domingo, capitano di vascello, addetto navale.

Venezuela-KEY AYALA Santiago, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CASAS BRICENO J.M., consigliere; PERAZZO Nicolas, addetto.